La natura e la funzione degli interessi nelle obbligazioni pecuniarie in relazione all anatocismo e all usura

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1 La natura e la funzione degli interessi nelle obbligazioni pecuniarie in relazione all anatocismo e all usura Il tema degli interessi nelle obbligazioni pecuniarie presuppone una ricognizione ermeneutica della natura degli interessi e delle interconnessioni tra interessi relativi all anatocismo ed all usura. Le obbligazioni pecuniarie, caratterizzate dall avere ad oggetto denaro, sono disciplinate dagli artt e ss. cc. che apprestano una disciplina speciale in ragione delle peculiarità che caratterizzano questa species di obbligazione. La natura mutevole e cangiante del denaro, sempre più vicina alla dematerializzazione, comporta sempre nuove discipline in tema di obbligazioni pecuniarie sulla cui natura si discute in dottrina. A voci, infatti, che ritengono siano obbligazioni generiche se ne contrappongono altre che, invece, definiscono le stesse una specie a se stante. A governo della intera materia delle obbligazioni pecuniarie si erge il principio nominalistico, cui si affiancano il principio di naturale fecondità del danaro ed il principio degli interessi moratori. Il principio nominalistico, codificato nel nostro ordinamento all art co. 1 cc., si sostanzia nella regola secondo la quale le obbligazioni pecuniarie si estinguono con moneta avente valore legale al momento del pagamento e per il suo valore nominale. In ossequio al principio in esame, al momento della scadenza del termine di adempimento il debitore si libera pagando l importo originariamente dovuto al tempo in cui è sorta l obbligazione. Intimamente connessa alla disciplina delle obbligazioni pecuniarie è la figura degli interessi. Nel codice civile vigente non vi è una definizione di interessi. Essa è piuttosto

2 ricavabile dall art, 1282 cc. a norma del quale gli interessi rappresentano il contenuto della prestazione oggetto di una obbligazione accessoria ad altra, di cose fungibili della stessa specie e che sorge periodicamente per il tempo in cui esiste l obbligazione principale. La dottrina ha poi ulteriormente definito gli interessi prestazioni pecuniarie percentuali e periodiche dovute da chi utilizza un capitale altrui o ne ritarda il pagamento. Avendo riguardo alla funzione economica assolta, essi possono essere suddivisi in interessi moratori, compensativi e corrispettivi. I primi, il cui presupposto è costituito dal ritardo imputabile, hanno funzione risarcitoria, costituendo una liquidazione forfetaria del danno da ritardo nelle obbligazioni pecuniarie; gli interessi compensativi assolvono, invece, ad una funzione remunerativa, rappresentando un compenso dovuto in cambio del vantaggio della disponibilità di una somma di denaro spettante al creditore. La giurisprudenza riconosce l esistenza di una ulteriore categoria, gli interessi corrispettivi, da corrispondere sulle somme date a mutuo e sulle somme liquide ed esigibili. Tuttavia, assolvendo anch essi ad una funzione remunerativa, parte della dottrina non ritiene ragionevole ipotizzare una ulteriore categoria giustapposta a quella degli interessi compensativi. Entrambe le categorie di interessi compensativi e corrispettivi sono innervate dalla funzione compensativa del vantaggio insito nel godimento di denaro altrui, funzione che discende dal principio della naturale fecondità della moneta. Ulteriore distinzione degli interessi è quella che può essere operata in relazione alla fonte, a valore descrittivo e che si concretizza nella delineazione degli interessi legali, convenzionali ed usuali. I primi sono determinati dalla legge nell an e nel quantum e si producono salvo diversa previsione di legge e pattuizione contraria (la misura legale è, attualmente, determinata con decreto dal MEF in relazione a parametri prestabiliti). Se vengono pattuiti, invece, interessi superiori, è necessaria una convenzione a pena di nullità (parziale). Inoltre, gli interessi usuali sono quelli previsti dalle consuetudini. Si tende, ulteriormente, ad ammettere la categoria degli interessi con funzione sanzionatoria, riconosciuti, da esempio, nell art. 5 del D.lgs. 231/2002 (che attua la disciplina europea sui ritardi nei pagamenti relativi alle operazioni commerciali) in quanto automaticamente decorrenti dal primo giorno di ritardo nel pagamento delle somme oggetto di transazioni commerciali. Tale categoria di

3 interessi non ha funzione di ristabilire l equilibrio alterato tra le parti, come avviene con gli interessi compensativi, altresì quella di sanzionare gli interessi che maturano per effetto del ritardo. Gli interessi ora menzionati decorrono automaticamente dal giorno successivo alla scadenza del termine stabilito o 30 giorni dalla ricezione della fattura. Appare proficuo effettuare una preliminare distinzione tra obbligazioni di valuta e di valore, tenendo presente il criterio fornito dalla giurisprudenza per il quale occorre avere riguardo non alla natura dell oggetto nel quale la prestazione avrebbe dovuto concretarsi al momento del fatto dannoso, bensì all oggetto diretto ed originario della prestazione che nelle obbligazioni di valore consiste in una cosa diversa dal denaro, mentre nelle obbligazioni pecuniarie è proprio una somma di denaro. Le obbligazioni di valuta hanno ad oggetto una determinata somma di denaro sin dal momento genetico e sono disciplinate dall art cc. Ne deriva che in caso di inadempimento di obbligazioni pecuniarie decorrono gli interessi moratori nella misura legale o nella misura superiore in cui, eventualmente, erano già dovuti prima della mora stessa. Ai sensi del primo comma dell art cc., gli interessi si producono automaticamente, senza alcun onere di prova da parte del creditore, con decorrenza dal primo giorno di ritardo nel pagamento. Il secondo comma dell art disciplina la richiesta di risarcimento del maggior danno, che deve essere oggetto di specifica domanda, va provato e costituisce rispetto agli interessi moratori, una voce diversa dello stesso danno. La giurisprudenza, onde evitare un ingiustificato arricchimento in capo al creditore, ha ritenuto di poter concedere la rivalutazione unicamente nella misura percentuale risultante superiore al tasso legale degli interessi moratori già dovuti, ciò in quanto nei debiti di valuta non è stato ritenuto ammissibile il cumulo di interessi e della rivalutazione in considerazione della medesima funzione da entrambi assolta. Le obbligazioni di valore hanno, invece, ad oggetto una prestazione di dare diversa dal denaro. Quest ultimo subentra nella prestazione originaria solo nella fase patologica del rapporto giuridico e solo in subordine all impossibilità di richiedere l adempimento in forma specifica. La variegata casistica delle fattispecie sussumibili all interno di siffatta categoria spazia dal risarcimento del danno all indennizzo dovuto per arricchimento senza causa.

4 Diversamente dalle obbligazioni di valuta, esse sono sottratte al principio nominalistico; ne deriva l automatica rivalutazione del credito senza onere della prova per il creditore. Il problema che maggiormente ha suscitato discussioni in dottrina e giurisprudenza è costituito dalla possibilità o meno di cumulare nei debiti di valore, la rivalutazione con gli interessi compensativi. La giurisprudenza sul punto si è assestata sulla posizione che propende a favore del cumulo in ragione della diversa funzione da essi assolta. La rivalutazione, infatti, in ossequio alla funzione risarcitoria, copre il danno emergente, ripristinando lo status quo ante per il creditore, gli interessi aventi funzione remunerativa mirano a ristorare il creditore del lucro cessante coprendo i danni derivati dalla perdita di utilità che il danneggiato avrebbe ottenuto dal bene reale. Quanto alla decorrenza degli interessi compensativi: se vi sarà un illecito extracontrattuale, andranno calcolati dal giorno dell evento dannoso; se vi sarà, invece un illecito contrattuale, gli interessi decorreranno dal giorno della domanda giudiziale, ovvero dalla notifica dell atto di accesso agli arbitri. Connesso alla natura e funzione degli interessi è il peculiare fenomeno giuridico che, nell ambito delle obbligazioni pecuniarie, comporta la produzione sugli interessi dovuti dal debitore di ulteriori interessi: l anatocismo. Nel cc. vigente la fattispecie è disciplinata all art il quale, in mancanza di usi contrari, consente la produzione di interessi sugli interessi scaduti solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza e sempre che si tratti di interessi dovuti per almeno sei mesi. La norma stabilisce il generale divieto di accordi sulla produzione di interessi sugli interessi scaduti, stipulati anteriormente alla scadenza degli stessi e mira a tutelare il debitore, quale contraente debole del rapporto. Orbene, rispetto alle categorie di interessi sopra evidenziate, ci si è chiesto se l anatocismo si riferisca agli interessi corrispettivi o anche ai moratori. In ossequio all art. 120 del TUB si potrebbe sostenere che il riferimento è ai corrispettivi, ossia a quelli dovuti a titolo di corrispettivo su somme date a mutuo o quelli che maturano su crediti liquidi ed esigibili (cd. frutti civili); vi è, tuttavia, dottrina che evidenzia la pertinenza dell anatocismo anche agli interessi moratori. Il settore nel quale trova maggiore applicazione la norma è senz altro quello bancario, dati gli indubbi risvolti che essa presenta nel contesto economico. La giurisprudenza tradizionalmente affermava il principio che era da considerarsi legittima nei contratti di diritto bancario la capitalizzazione degli interessi per

5 periodi inferiori al semestre in presenza di usi attinenti ai contratti di conto corrente bancario. Nel 1999 la Suprema Corte operò un forte revirement stabilendo che, essendo tali usi di carattere esclusivamente negoziale, non fossero idonei a derogare all impianto codicistico dell art cc. Che tale intervento giurisprudenziale avesse una efficacia retroattiva, lo si era percepito dell intervento del legislatore che nel 1999 introduceva un nuovo comma all art. 120 del TUB, attribuendo al CICR il potere di stabilire modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi nell attività bancaria a condizione che ai clienti fosse assicurata la stessa periodicità nel calcolo degli interessi creditori e debitori. Inoltre, il terzo comma dell art. 120 stabiliva che le clausole di anatocismo nei contratti anteriori al 22/04/2000, data di entrata in vigore della delibera CICR, fossero valide sino a tale data e per il periodo successivo dovessero essere adeguate al disposto normativo. Ma la pronuncia della Corte Costituzionale n. 425/2000 vanificava l intervento del legislatore dichiarando illegittima tale norma. Nulle erano le pattuizioni di anatocismo per le controversie inerenti a clausole anteriori al 22/04/2000, mentre per i contratti successivi erano legittime a patto che venisse osservata la pari periodicità nella capitalizzazione degli interessi creditori e debitori. In realtà, vi è da capire se l applicazione dell anatocismo per rapporti anteriori al 2000 possa o meno provocare un peggioramento delle condizioni economiche del cliente. L orientamento prevalente è nel senso che per i contratti anteriori alla delibera CICR, l anatocismo sia consentito a decorrere dal 1 luglio 2000 a seconda che la Banca d Italia abbia osservato o meno le formalità richieste dall art. 7 comma 2 di detta delibera. Dottrina ritiene che la nuova disciplina non sia favorevole al cliente, prevedendo la reciprocità della capitalizzazione. Il legislatore sembra, tuttavia, aver definitivamente segnato il tramonto dell anatocismo bancario con la l. 147/2013 che espressamente lo esclude al novellato art. 120 TUB comma 2 lett. b) e che, in quanto norma speciale rispetto al 1283 cc., pare generare (pronuncia del Trib. Milano 03/04/2015) una preclusione totale del fenomeno. Ove, poi, dovesse consolidarsi tale interpretazione, risulterebbe precluso estendere l anatocismo bancario anche agli interessi moratori, nonostante voci in tal senso concordi. La modalità di corresponsione degli interessi è contenuta anche nell art del cc. Che disciplina il contratto di mutuo, stabilendo che gli interessi sono

6 determinati a norma dell art cc. Tale norma ha suscitato non poche questioni interpretative, anche in relazione ai possibili rapporti con la disciplina penalistica di cui all art. 644 c.p. La legge 108/96 ha inciso sulla disciplina dell usura riformulando anche l art cc. Mediante la previsione della nullità della clausola del contratto di mutuo ove prevedesse interessi usurari, con la conseguenza della debenza di alcun interesse da parte del mutuatario. La valutazione dell interesse come usurario deve effettuarsi nel momento in cui gli interessi sono promessi o convenuti ed a prescindere dal momento del pagamento. In sostanza, ci si riferisce al momento della sottoscrizione del contratto ai fini della qualifica del contratto usurario o meno. Ove, invece, il contratto prevedesse un interesse non usurario al momento della stipula, perchè conforme al tasso soglia vigente alla stipula ma che nel tempo è divenuto usurario, non si applicherà l art co. 2 cc. Ma sarà opportuno rideterminare gli interessi entro i limiti del tasso soglia e quelli eventualmente eccedenti non saranno opponibili al debitore, in ossequio ai principi di buona fede oggettiva che governano le dinamiche contrattuali. La suprema Corte, nel 2013, con pronuncia n. 350 ha stabilito che ai fini della applicazione del 644 c.p. E del 1815 co 2 cc., devono considerarsi usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui sono promessi o convenuti, a qualunque titolo, anche di interesse moratorio (ciò difformemente da quanto statuito dall arbitro bancario finanziario con decisione n. 1875/14 con la quale si evidenzia la portata eccezionale dell art co. 2 cc., non analogicamente applicabile ad un ambito diverso per struttura e funzione quale quello degli interessi moratori. Ma, invero, il ragionamento della Corte per autorevole dottrina appare discutibile in quanto l espressione a qualunque titolo contenuta nella l. 108/96 è da rifarsi alle remunerazioni e non agli interessi e ciò anche avuto riguardo alla comune natura remuneratoria propria degli interessi corrispettivi, delle commissioni delle remunerazioni e non anche certamente degli interessi moratori. Ancora si rileva che l esclusione dell interesse moratorio da siffatto calcolo, prende avvio dallo stesso dato letterale del 644 c.p. Secondo cui l usurarietà degli interessi dovrà determinarsi con riguardo alle commissioni, remunerazioni e spese eccetto quelle per imposte e tasse connesse con l erogazione del credito. In ogni caso, la sommatoria del tasso moratorio a quello corrispettivo è fuori da ogni logica in quanto, ove fosse applicato quello moratorio, quello corrispettivo

7 non verrebbe mai applicato in aggiunta e ciò in quanto l interesse non appena scade il pagamento e diviene disponibile, si trasforma in capitale e la sommatoria, all atto pratico, non esiste. Sarebbe, dunque, auspicabile che la pronuncia del 2013 della Suprema Corte sia madre di un principio generale proiettato alla introduzione di una normativa tesa alla rilevazione di un tasso soglia per gli interessi moratori, nell ottica di una maggiore tutela anche del soggetto debitore, e così da evitare zone d ombra ed incertezza nella applicazione della normativa che nasceva con la speranza di razionalizzare una materia tanto delicata quanto ricca di risvolti pratici. * Il presente elaborato è stato redatto al corso di preparazione al concorso in magistratura ed è stato integrato e adattato alle esigenze editoriali.

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