REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE D'APPELLO DI ROMA SEZIONE PERSONA E FAMIGLIA composta dai magistrati: Enrica Maria Mazzacane -

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1 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE D'APPELLO DI ROMA SEZIONE PERSONA E FAMIGLIA composta dai magistrati: Enrica Maria Mazzacane - Presidente - Mariagiulia De Marco - Consigliere rel. - Rosanna Scirè Risichella - Consigliere - riunita in camera di consiglio il ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n di Ruolo Generale degli Affari Civili Contenziosi dell'anno 2008 tra T.G., elettivamente domiciliata in Roma, nello lo studio dell'avv. A.B. che la rappresenta e difende come da mandato in atti Appellante e C.M., elettivamente domiciliato in Roma, nello studio dell'avv. T.S., che lo rappresenta e difende come da mandato in atti Appellato e appellante incidentale con l'intervento del Procuratore Generale in sede, che ha chiesto che la corte voglia preliminarmente accertare se la figlia V. conviva con la madre e sia tuttora economicamente non autosufficiente, adottando, all'esito, i provvedimenti eventuali per il mantenimento della stessa; chiede altresì che venga posto a carico del padre un più adeguato contributo per il mantenimento del figlio L.; nulla osserva per il resto. oggetto: appello avverso la sentenza n del Tribunale di Roma in data 18 gennaio 2008 depositata il 2 febbraio conclusioni: all'udienza del i procuratori delle parti si riportano alle conclusioni in atti e chiedono che la causa venga posta in decisione. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso depositato il 23 luglio 2008 T.G. ha proposto appello avverso la sentenza, sopra specificata, con la quale il Tribunale di Roma ha pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio, da lei contratto con C.M. il giorno 16 marzo 1984; ha affidato il figlio minore L., in via esclusiva, alla madre con ampie modalità di frequentazione con il padre, previo avviso e, in ogni caso, per due pomeriggi a settimana e a fine settimana alterni,

2 per sette giorni durante le festività natalizie, alternando negli anni il Natale con il Capodanno, per 20 giorni d'estate, da concordare entro il 20 maggio di ogni anno, e per vacanze pasquali ad anni alterni; ha stabilito, fermo per il passato il provvedimento presidenziale, a decorrere dalla decisione in Euro 250,00 mensili il contributo per il mantenimento del figlio L. a carico del padre, che ha condannato al pagamento da eseguirsi, per le rate future, entro il giorno 5 di ogni mese presso il domicilio della madre, con rivalutazione annuale secondo i criteri indicati dall'istat; ha posto a carico del padre il 50% delle spese straordinarie necessarie per il minore; ha determinato in Euro 200,00 mensili il contributo al mantenimento della figlia V., dovuto dal medesimo che ha condannato relativo pagamento da eseguirsi, per le rate future, entro il giorno 5 di ogni mese presso il domicilio di lei, con rivalutazione annuale secondo i criteri indicati dall'istat; ha rigettato la domanda di assegno divorzile; ha compensato tra le parti le spese di lite. Chiede l'appellante che, a modifica della sentenza impugnata, la Corte dichiari dovuto l'assegno divorzile in favore della moglie, determinandolo in Euro 300,00 mensili; determini in Euro 700,00 mensili l'importo dovuto dal padre a titolo di mantenimento per i figli V. e L.; il tutto con vittoria di spese, competenze ed onorari del doppio grado di giudizio. Lamenta l'appellante l'insufficienza della motivazione nella parte in cui il primo giudice ha ritenuto che nulla sia dovuto a titolo di assegno divorzile per la moglie. Rileva che il tribunale non solo ha omesso di ben valutare le reali condizioni economiche delle parti, ma ha anche omesso di motivare sufficientemente il rigetto della richiesta di assegno divorzile. Richiama la giurisprudenza di legittimità in ordine ai presupposti che consentono di beneficiare dell'assegno, osservando che il tribunale si è semplicemente limitato a riferire che entrambe le parti vivono in affitto con sfratto per finita locazione e che entrambi sono lavoratori dipendenti, il tutto senza tenere nel dovuto conto la forte disparità dei redditi delle parti e la sperequazione degli stessi a totale sfavore dell'appellante. Rileva che, da quanto emerso dall'istruttoria espletata nel corso del giudizio di primo grado attraverso la produzione documentale relativa alle posizioni economiche e reddituali delle parti, è evidente lo stato di profonda

3 indigenza in cui versa la appellante con conseguente necessità non solo del riconoscimento della sussistenza dei presupposti per la determinazione in suo favore di un assegno, ma anche e soprattutto per la rideterminazione dell'importo del contributo per il mantenimento dei figli. Deduce che il detto importo non tiene adeguatamente conto delle esigenze dei figli: L., di anni 13, frequenta la terza media mentre V. iscritta è all'università e non ha alcuna fonte di reddito propria. Lamenta, inoltre, che il primo giudice non ha considerato che in data 31 ottobre 2008 la T. dovrà lasciare l'immobile, adibito ad abitazione con i figli, per trovarne un altro, certamente a un canone di molto superiore a quello di Euro 232,00 mensili pagati in precedenza. Ribadisce che il modesto reddito dell'appellante, pari ad Euro 1.000,00 mensili, non le permette il pagamento di un canone di locazione ai prezzi attuali di mercato, con ciò dovendo ritenersi il buon diritto della stessa ad un contributo da parte dell'ex coniuge - che, invece, lavora stabilmente - per il mantenimento proprio e dei figli. Si è costituito l'appellato chiedendo, in via principale, il rigetto integrale dell'appello perché infondato in fatto e in diritto e, comunque, non provato; in accoglimento dell'appello incidentale, chiede la revoca dell'assegno di mantenimento già previsto per la figlia V. o, in subordine, la riduzione dello stesso all'importo di Euro 100,00 mensili o ad altra somma ritenuta di giustizia, ma comunque inferiore a quella riconosciuta in primo grado; il tutto con vittoria di spese, competenze ed onorari di causa. Quanto alla richiesta di assegno divorzile lamenta la mancata produzione della documentazione fiscale già richiesta del giudice di primo grado, ma mai depositata dall'appellante. Precisa di percepire una retribuzione netta mensile pari ad Euro ,00 mensili, come documentato dai modelli fiscali allegati a fronte degli Euro ,00 mensili guadagnate dalla T., cifra superiore ai Euro 1.000,00 dalla stessa meramente dichiarati. Da tanto deriva che i redditi delle parti in causa sono sostanzialmente uguali sicché nulla giustifica la richiesta di assegno avanzata dal la predetta. Osserva che, qualora fosse posto a suo carico un assegno per la ex moglie, il suo reddito diverrebbe insufficiente alla sua sopravvivenza, considerata la detrazione di Euro 450,00 che deve versare il mantenimento dei figli.

4 Precisa di aver acquistato per vivere, non potendosi per mettersi un appartamento a Roma, un piccolo appartamento in Sutri (VT) per il quale è attualmente gravato da un mutuo con rata mensile pari ad Euro 573,82. Pertanto, detratta dal suo stipendio la rata di mutuo e il contributo per il mantenimento dei figli, residuano per sé Euro 500,00 mensili, appena sufficienti a garantirgli il minimo vitale. Quanto all'assegno per la figlia maggiorenne V., osserva che la T. ha sostenuto che la stessa non svolgerebbe alcuna attività lavorativa e sarebbe studentessa universitaria, contraddicendo quanto da lei stessa affermato in primo grado allorché dichiarava, in sede presidenziale, che la ragazza svolge attività a tempo parziale percependo un reddito di circa Euro 500,00 mensili. Ribadisce che la ragazza attualmente lavora presso un'agenzia della S. con contratto a tempo determinato. Da quanto riferito dalla stessa figlia al padre, percepisce una retribuzione variabile tra Euro 700,00 ed Euro 900,00 a seconda che espleti attività per tre o quattro giorni la settimana. Precisa che, comunque, al di là del reddito di V., l'assegno dovrà essere revocato in quanto la stessa non è più convivente con la madre, essendo andata a convivere, sin dal settembre 2008, con il proprio fidanzato, P.M., presso la di lui abitazione sita in Pavona (Roma) ancorché abbia mantenuto la formale residenza presso l'abitazione materna. Precisa che, quando le capita di terminare tardi il proprio lavoro, V. si trattiene a dormire dalla madre, ma solo in via eccezionale, convivendo di fatto more uxorio con il P.. Osserva che, come pacifico in giurisprudenza, i figli maggiorenni con un lavoro non hanno diritto al mantenimento anche se svolgano attività, come nel nostro caso, che non garantisca stabilità futura, visto il particolare momento economico e le condizioni attuali del mondo del lavoro che molto raramente garantiscono impieghi a carattere definitivo. Inoltre, la circostanza che la ragazza abbia in breve tempo modificato l'attività lavorativa dimostra che la stessa è in possesso di capacità tali da consentirle una rapida ricollocazione nel mercato del lavoro. Inoltre, il reddito paterno non è certo tale da consentire il mantenimento anche di persona con reddito proprio e che abbia di fatto costituito un suo nucleo familiare andando a convivere con il fidanzato.

5 Richiesta dalla Corte ripetutamente alle parti la documentazione fiscale aggiornata, all'udienza del 21 aprile 2011, sulle conclusioni dei procuratori come precisate in epigrafe, la causa è stata trattenuta in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE Ritiene la Corte che l'appello proposto in via principale debba essere, per le ragioni che si diranno, parzialmente accolto quanto alla misura dell'assegno per il figlio L., dovendo rigettarsi nel resto l'appello proposto dalla T. così come l'appello incidentale proposto dal C.. Preliminarmente va osservato, in punto di diritto, che, per quanto attiene la natura dell'assegno divorzile, la giurisprudenza della S.C. ha ritenuto la sua funzione esclusivamente assistenziale e che la sua attribuzione è determinata dall'impossibilità del coniuge richiedente di procurarsi adeguati mezzi per ragioni obiettive, da intendersi come insufficienza dei medesimi, comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali ed altre utilità di cui possa disporre l'istante, a conservare un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del matrimonio - Cass. 3101/2000; 432/ Peraltro, la determinazione dell'assegno di divorzio è indipendente dalle statuizioni patrimoniali operanti, per accordo tra le parti e in virtù di decisione giudiziale, in vigenza di separazione dei coniugi, poiché data la diversità delle discipline sostanziali, della natura, struttura e finalità dei relativi trattamenti, correlate a diversificate situazioni ed alle rispettive decisioni giudiziali, l'assegno divorzile, presupponendo lo scioglimento del matrimonio, prescinde dagli obblighi di mantenimento e di alimenti, operanti nel regime di convivenza e di separazione, e costituisce effetto ro) diretto della pronuncia di divorzio, con la conseguenza che l'assetto economico relativo alla separazione può rappresentare mero indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire utili elementi di valutazione - Cass /2005; 25010/2007; 15610/ Occorre rilevare come l'accertamento del diritto all'assegno di divorzio si articola in due fasi. Nella prima il Giudice è chiamato a verificare l'esistenza del diritto in astratto, in relazione all'inadeguatezza dei mezzi o all'impossibilità di

6 procurarseli per ragioni oggettive raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio o che poteva legittimamente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio. Nella seconda fase, il giudice deve poi procedere alla determinazione in concreto dell'assegno in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri indicati nella L. n. 898 del 1970, art. 5, che quindi agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerabile in astratto, e possono in ipotesi estreme valere anche ad azzerarla, quando la conservazione del tenore di vita assicurato dal matrimonio finisca per risultare incompatibile con detti elementi di quantificazione - Cass. 12 luglio 2007 n ; 22 agosto 2006 n ; 19 marzo 2003, n Pertanto, ai fini del riconoscimento del diritto all'assegno divorzile si impongono l'accertamento della situazione economica familiare al momento della cessazione della convivenza matrimoniale e la sua comparazione con quella del coniuge richiedente al momento della pronuncia per verificare se quest'ultima gli permetta di conservare il tenore di vita corrispondente a quello precedente Ebbene, alla luce dei principi enunciati, ritiene la Corte che, conformemente a quanto sostenuto dal Tribunale, sulla base delle produzioni documentali e fiscali depositate dalle parti non sussistano i presupposti di cui all'art. 5 legge n. 898/70 giustificativi del riconoscimento, in favore della T., di un assegno divorzile per l'assenza di redditi propri, idonei a garantirle il mantenimento di un tenore di vita analogo a quello di cui godeva in costanza di matrimonio. Infatti, richiamata la ricostruzione reddituale in sentenza quanto al passato, deve osservarsi che, sulla base della documentazione aggiornata acquisita, risultano redditi complessivi lordi dichiarati per il C. pari ad Euro ,00 per l'anno 2008, di Euro ,00 per l'anno 2009 e di Euro ,12 per l'anno 2010 come documentato dai Modello 730 del 2009 e 2010 e dal Cud 2011 depositati. Da tali redditi, detratte le imposte, residua un reddito netto mensile pari ad Euro 2.000,00 circa - Euro ,00 da cui detratta l'imposta netta di Euro 6.534,00 residuano Euro 2.080,00 mensili; Euro ,00 da cui detratta l'imposta netta di Euro 6.600,00 residuano Euro 2.066,00 mensili; Euro ,12 per i soli redditi da lavoro da cui detratta l'irpef di Euro 7.955,98 residuano Euro 2.053,00 mensili.

7 Quanto alla T., dai CUD depositati, risultano redditi lordi da lavoro pari ad Euro ,82 per il 2008, di Euro ,48 per l'anno 2009 e di Euro ,14 per l'anno Da tali redditi, detratte le imposte, residua un reddito netto mensile pari ad Euro 1.500,00 circa - Euro ,82 da cui detratte le imposte pari ad Euro 2.891,67 residuano Euro 1.499,00 mensili; Euro ,48 da cui detratte le imposte pari ad Euro 2.880,65 residuano Euro 1.497,00 mensili; Euro ,12 per i soli redditi da lavoro da cui detratta l'irpef di Euro 3.269,00 residuano Euro 1.545,75 mensili-. Osserva la Corte che, a fronte delle spese abitative affrontate dall'appellato per il pagamento del mutuo della casa di abitazione - acquistata nel spese non contestate dalla controparte, non risultano da parte dell'appellante documentate spese abitative non avendo, peraltro, la medesima neanche adempiuto adeguatamente all'ordinanza emessa all'udienza del 18 giugno 2009 e ribadita alle udienze del 28 gennaio 2010 e del 23 settembre 2010 di depositare dichiarazione dei redditi relativa all'ultimo triennio ovvero, in mancanza, una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà attestante che non è tenuta a presentare dichiarazione dei redditi, sicché la mancata produzione di quanto richiesto non può rilevare che in danno della richiedente, sulla quale incombe l'onere di provare il diritto all'assegno divorzile, non essendo idonea la documentazione prodotta ad escludere l'esistenza di redditi diversi da quelli da lavoro dipendente, documentati dai cud prodotti. Anzi, proprio la mancata ottemperanza all'invito della corte, ribadito per ben tre udienze, non può avere altro significato che quello di non intendere fornire esaustiva rappresentazione dei propri redditi, con la conseguenza di dover far ricadere sulla parte onerata le conseguenze delle carenze probatorie rilevate. Premesso che, per costante giurisprudenza di legittimità, le dichiarazioni dei redditi dell'obbligato, in quanto svolgono una funzione tipicamente fiscale, non rivestono, in una controversia, relativa a rapporti estranei al sistema tributario, concernente l'attribuzione o la quantificazione dell'assegno di mantenimento, valore vincolante per il giudice, il quale nella sua valutazione discrezionale, ben può fondare il suo convincimento su altre risultanze probatorie - vedi Cassazione civile sezione prima 12 giugno 2006, numero deve osservarsi che

8 l'attuale situazione reddituale degli ex coniugi - pur per come documentata - non appare tale da legittimare il riconoscimento di un assegno divorzile in favore della T., risultando redditi degli ex coniugi sostanzialmente equivalenti laddove si consideri le documentate spese abitative dell'ex marito a fronte dell'assenza di spese abitative documentate per la T. - che ha subito lo sfratto dall'abitazione coniugale in data 31 ottobre 2008 e per la quale sussiste anche la segnalata la carenza probatoria in ordine ai redditi diversi da quelli derivanti da lavoro subordinato - nonché gli esborsi mensili del padre per il mantenimento dei figli a fronte del prevalente contributo materno casalingo, di cura ed assistenza. A tutto quanto sopra, deve aggiungersi che nessuna prova è stata fornita di un particolare ed elevato tenore di vita durante il matrimonio, considerato che, dalle stesse argomentazioni svolte dalle parti, si evidenzia un tenore di vita modesto, per come consentito dalle entrate reddituali, con casa familiare in locazione, per un canone molto contenuto come dichiarato dalla stessa T. e non essendo state neanche allegate abitudini familiari onerose - vacanze, viaggi, ristoranti etc.. - Sulla base di quanto sopra esposto deve escludersi la sussistenza del presupposto, che solo legittima il riconoscimento di un assegno divorzile, dell'inadeguatezza dei mezzi e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio o che poteva legittimamente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio. Quanto alla richiesta dell'appellante incidentale di revoca ovvero di riduzione dell'assegno determinato a favore della figlia V. che, secondo le sue deduzioni sarebbe economicamente autosufficiente, vivendo more uxorio con il fidanzato per proprio conto -non più, dunque, nell'abitazione materna - e svolgendo attività lavorativa sia pure a tempo determinato. La Corte osserva che il dovere di mantenimento del figlio maggiorenne, gravante sul genitore separato non convivente sotto forma di obbligo di corresponsione di un assegno ex articolo 156 c.c., cessa solo all'atto del conseguimento, da parte del figlio, di uno status di autosufficienza economica consistente nella percezione di un reddito corrispondente alla professionalità, quale che sia, acquisita in relazione alle normali e concrete condizioni di mercato. Ne consegue che, una volta che sia

9 provata la prestazione di attività lavorativa retribuita, resta rimessa alla valutazione del giudice del merito la eventuale esiguità del reddito percepito, al fine di escludere la cessazione dell'obbligo di contributo al mantenimento del figlio a carico del genitore non affidatario - Cass. civ. sez.1, , n Dunque, non qualsiasi reddito e qualsiasi attività produttiva di reddito fa venir meno il dovere di mantenimento del figlio maggiorenne ma solo il raggiungimento di uno status di autosufficienza economica per come sopra detto, la cui prova incombe chiaramente al soggetto obbligato. Ebbene, tanto premesso, non si ritiene che una tale prova sia stata fornita atteso il contenuto delle dichiarazioni rese da V. all'udienza del 28 gennaio 2010 allorché affermava di continuare a vivere con la madre in Bracciano e di lavorare con contratto a progetto - che era stato rinnovato in prossimità dell'udienza e aveva scadenza nell'aprile guadagnando circa Euro 600,00 mensili la somma di per sé certamente non sufficiente a garantirle l'autonomia economica. A tanto deve aggiungersi la precarietà della situazione lavorativa, del resto riconosciuta dallo stesso C., tutti elementi che non consentono di revocare il contributo, certamente minimo di Euro 200,00 mensili determinato dal tribunale la cui decisione, pertanto deve essere confermata. Quanto, invece, al contributo per il figlio L. si ritiene che l'assegno dell'importo di Euro 250,00 mensili sia, oggi, insufficiente tenuto conto dell'età del ragazzo - che ha 18 anni - e delle accresciute esigenze di studio e di relazione del predetto. Tenuto conto delle risorse economiche dei genitori, dei tempi di permanenza presso ciascun genitore, dell'apporto materno e della valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti di ciascun genitore, in parziale accoglimento dell'appello incidentale svolto, ritiene la Corte di dover determinare in Euro 350,00 mensili, con decorrenza dall'odierna pronuncia, il contributo paterno per il mantenimento di L., assegno da rivalutarsi annualmente secondo gli indici Istat. La parziale, reciproca soccombenza delle parti importa la compensazione delle spese del presente giudizio - liquidate complessivamente in Euro 3.600,00 di cui Euro 900,00 per diritti oltre accessori di legge - per la metà, dovendo porsi l'altra metà - pari ad Euro 1.800,00 di cui

10 Euro 450,00 per diritti, oltre accessori di legge - a carico del C. stante la maggiore soccombenza. P.Q.M. la Corte, definitivamente pronunciando sull'appello principale proposto da T.G. nonché sull'appello incidentale proposto da C.M. avverso la sentenza n del Tribunale di Roma in data 18 gennaio 2008 depositata il 2 febbraio 2008, ogni altra istanza ed eccezione disattesa, così provvede: in parziale accoglimento dell'appello principale, determina con decorrenza dall'odierna pronuncia, in Euro 350,00, oltre rivalutazione Istat, l'assegno che il C. dovrà versare alla T. quale contributo per il mantenimento del figlio L.; rigetta l'appello incidentale; compensa tra le parti per la metà le spese del presente grado di giudizio, condannando il C. alla rifusione in favore della T. della restante metà, pari ad Euro 1.800,00 di cui Euro 450,00 per diritti, oltre spese generali al 12,5%, Iva e Ca come per legge. Così deciso in Roma, il 13 luglio Depositata in Cancelleria il 21 settembre 2011.

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