OSSERVATORIO SULLA GIURISPRUDENZA DELL UNIONE EUROPEA AGGIORNATO AL 30 APRILE 2013 A CURA DI MARIA NOVELLA MASSETANI

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1 OSSERVATORIO SULLA GIURISPRUDENZA DELL UNIONE EUROPEA AGGIORNATO AL 30 APRILE 2013 A CURA DI MARIA NOVELLA MASSETANI nella causa C 636 / 11 karl Berger / Freistaat Bayern La causa in oggetto riguarda la valutazione della dannosità degli alimenti e del loro impatto sulla salute umana. Un ufficio veterinario tedesco ha effettuato ispezioni in alcuni stabilimenti di una società, attiva nel settore della trasformazione e distribuzione di carne di selvaggina. Le analisi condotte hanno dimostrato che gli alimenti erano inadatti al consumo umano. La società si è opposta, sostenendo che i prodotti potevano presentare alterazioni di tipo sensoriale, ma che non comportavano rischi per la salute. Il Ministro per la tutela dei consumatori ha annunciato il ritiro dal commercio di tali prodotti poiché era emerso che gli stessi emanavano un odore di muffa, rancido e acido e che era già cominciato il processo di putrefazione. La società ha esperito un azione risarcitoria. Il regolamento sulla sicurezza alimentare, n. 178/20022 del Parlamento europeo e del Consiglio, assicura che nessun alimento a rischio, cioè dannoso per la salute o inadatto al consumo umano, sia immesso sul mercato. E inadatto, continua, al consumo umano un alimento inaccettabile per il consumo umano secondo l uso previsto, in seguito a contaminazione o a deterioramento. La Corte di Giustizia interpellata dichiara che il diritto comunitario non osta a che una normativa nazionale consenta, nel rispetto del segreto professionale, che le informative ai cittadini su alimenti non dannosi per la salute, ma inadatti al consumo umano, riportino la denominazione dell alimento e la denominazione dell impresa, o la ragione sociale, sotto la quale l alimento è stato prodotto o trasformato o immesso nel mercato. 1

2 I giudici comunitari ricordano che un alimento inadatto al consumo umano è considerato a rischio, secondo il regolamento. Tale alimento inadatto al consumo umano può, pertanto, rappresentare una minaccia per gli interessi dei consumatori, la cui tutela è uno degli scopi perseguiti dalla legislazione alimentare. Ne consegue che le autorità nazionali possono informarne i consumatori, nel rispetto degli obblighi del segreto professionale, come previsto dal regolamento n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio. Sentenza della Corte di Giustizia nella causa C- 443 / 11 Jeltes e a. / Raad van bestuur ven het Uivoeringsinstiuut werknemersverzekerringen La controversia che ha originato la pronuncia della Corte di Giustizia esamina l indennità di disoccupazione. Alcuni lavoratori frontalieri di cittadinanza olandese hanno prestato la loro attività lavorativa nel Paesi Bassi, mentre risiedevano alcuni in Germania ed altri in Belgio. Uno di loro è rimasto disoccupato successivamente all entrata in vigore del regolamento europeo. Il regolamento europeo n. 883/2004, come modificato nel 2009, coordina i sistemi nazionali di sicurezza sociale nell Unione europea, in particolare con riferimento ai lavoratori frontalieri. Esso sostituisce il precedente regolamento, n. 1408/71 prevedendo che il lavoratori frontalieri in disoccupazione completa si mettano a disposizione degli uffici del lavoro nel loro Stato di residenza. E prevista anche una clausola transitoria relativa alle regole generali per la determinazione della legislazione applicabile, che però non riguarda espressamente le disposizioni particolari in materia di disoccupazione. Il lavoratore ha chiesto all amministrazione olandese la concessione di un indennità di disoccupazione, ma la richiesta è stata respinta. Altri lavoratori, diversamente, hanno perso il rispettivo lavoro prima dell entrata in vigore del nuovo regolamento e hanno beneficiato dell indennità di disoccupazione da parte dell amministrazione olandese. Successivamente all approvazione del regolamento, hanno ritrovato un occupazione per poi ritrovarsi disoccupati. A questo punto l amministrazione 2

3 ha disposto di non versare l indennità poiché era entrato nel frattempo in vigore il regolamento. E stata adita la Corte di Giustizia per risolvere la questione dell interpretazione del nuovo regolamento. All epoca in cui era vigente il vecchio regolamento, i giudici comunitari hanno affermato che un lavoratore frontaliero atipico aveva maggiori opportunità di reinserimento professionale. Le disposizioni del nuovo regolamento non devono essere interpretate alla luce della giurisprudenza comunitaria precedente. La regola riguardante la corresponsione dell indennità di disoccupazione da parte dello Stato membro di residenza, si applica anche ai lavoratori frontalieri in disoccupazione completa che hanno mantenuto legami con lo Strato membro del loro ultimo impiego. La corte sottolinea che il Trattato prevede un coordinamento e non una armonizzazione dei regimi nazionali di previdenza sociale. Le disposizioni relative alla libera circolazione dei lavoratori devono essere interpretate nel senso che esse non ostano a che uno Stato membro dell ultima occupazione neghi di concedere ad un lavoratore frontaliero disoccupato il beneficio dell indennità di disoccupazione, affermando che è applicabile la normativa dello Stato membro di residenza. I giudici comunitari rilevano che l assenza di una disposizione transitoria applicabile costituisce una lacuna normativa. La previsione transitoria del regolamento deve, pertanto, applicarsi anche ai lavoratori frontalieri che si trovano in disoccupazione completa i quali, stanti i legami che hanno conservato nello Stato membro del loro ultimo impiego, percepiscono da quest ultimo le indennità di disoccupazione sulla base della legislazione di tale Stato membro, fino a che la situazione rimanga immutata. La Corte conclude che un lavoratore frontaliero in disoccupazione può chiedere l indennità di disoccupazione soltanto nello Stato membro di residenza. nelle cause riunite C 401 /11 Blanka Soukupova / Ministerstvo zemedelstvi Nella fattispecie in esame la Corte si occupa del principio di parità di trattamento tra donne e uomini. 3

4 Il diritto ceco prevede che l età nomarle di pensionamento per gli uomini è più alta rispetto a quella prevista per le donne, inoltre, l età del pensionamento diminuisce progressivamente in funzione del numero dei figli. L Unione Europea incentiva il prepensionamento degli imprenditori agricoli che abbiano compiuto almeno 55 anni, ma non abbiano ancora raggiunto l età normale per il pensionamento. Gli imprenditori agricoli che decidono di cessare l attività anticipatamente possono beneficiare di un aiuto al prepensionamento erogato dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia. Un imprenditrice agricola ha raggiunto l età del pensionamento in base al diritto ceco.; la sua domanda per il prepensionamento è stata respinta perché aveva già raggiunto l età normale di pensionamento. Ritenendo di essere vittima di una discriminazione fondata sul sesso a causa della previsione di un età di pensionamento per le donne, in particolare donne che hanno allevato figli, inferiore a quella prevista per gli uomini, decide di adire le competenti autorità. La corte di giustizia interpellata sul punto rileva che l aiuto al prepensionamento in agricoltura costituisce uno strumento della politica agricola comune finanziato dal Fondo sopra citato, il quale è finalizzato a tutelare la redditività delle aziende agricole e non una prestazione previdenziale. Sebbene la materia rientri nella competenza degli Stati membri, questi non possono far leva sulla disparità di trattamento che sono autorizzati a mantenere nell ambito di fissazione dell età di pensionamento nella previdenza sociale. Diversamente nell ambito dell aiuto al prepensionamento degli imprenditori agricoli anziani, gli Stati membri sono tenuti ad assicurare la parità di trattamento fra donne e uomini e pertanto vietare qualsiasi discriminazione fondata sul sesso. Gli imprenditori agricoli anziani di sesso femminile e quelli di sesso maschile si trovano in situazioni simili dal punto di vista dello scopo perseguito con l aiuto al prepensionamento. Il diritto comunitario osta a che le situazioni simili siano trattate in modo diverso e a che gli uomini, senza giustificazione oggettiva, dispongano di un termine più lungo per presentare la loro domanda di aiuto rispetto alle donne. Nella sentenza si ricorda che quando viene contestata una discriminazione contraria al diritto dell Unione e finché non siano adottate misure volte a ripristinare la parità di trattamento, alle persone appartenenti alla categoria sfavorita devono essere concessi gli stessi vantaggi di cui beneficiano le persone che rientrano nella categoria privilegiata. nelle cause riunite C / 11 e C- 337/11 4

5 Ring e skouboe Werge La fattispecie che ha dato origine alla pronuncia della Corte di Giustizia riguarda la normativa in ordine alla lotta contro le discriminazioni fondate sull handicap. La direttiva 2000/78/CE del Consiglio riguarda la parità di trattamento in materia di occupazione. Tale direttiva è stata trasposta nell ordinamento danese. Il diritto danese, infatti, prevede che il datore di lavoro possa porre fine al contratto di lavoro con un preavviso ridotto di un mese qualora il lavoratore sia stato assente per malattia, con mantenimento della retribuzione per 120 giorni nel corso degli ultimi dodici mesi. La Corte di Giustizia è stata investita dalle autorità danesi circa la precisazione della nozione di handicap. L handicap non è definito dalla direttiva, ma i giudici comunitari nella sentenza dell 11 luglio 2006 ne hanno delineato i caratteri: è la limitazione a lungo termine che deriva da menomazioni fisiche, mentali, o psichiche e che ostacola la partecipazione della persona interessata alla vita professionale. A seguito di tale sentenza l Unione ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite relativa ai diritti delle persone con disabilità. Ne consegue che la direttiva deve essere oggetto di un interpretazione conforme alla detta Convenzione. La Corte di Giustizia nella decisione in esame afferma che la nozione di handicap va interpretata nel senso che include uno stato patologico causato da una malattia diagnosticata come curabile o incurabile, ove tale malattia comporti una limitazione, risultante da menomazioni fisiche, mentali o psichiche, che può ostacolare la piena e effettiva partecipazione della persona alla vita professionale su un piano di parità con altri lavoratori e tale limitazione sia di lunga durata. La definizione di handicap non implica necessariamente l esclusione totale dal lavoro o dalla vita professionale. E compito del giudice valutare se nel caso concreto le lavoratrici sono disabili. La Corte afferma che la direttiva impone al datore di lavoro l adozione di misure di adattamento adeguate e ragionevoli per consentire a una persona disabile di accedere a un impiego, di svolgerlo o di avere una promozione. Spetta al giudice nazionale valutare se la riduzione dell orario di lavoro, quale misura di adattamento, rappresenti un onere sproporzionato per i datori di lavoro. La direttiva non ammette una disposizione nazionale che prevede che un datore di lavoro possa porre fine al contratto di lavoro con un preavviso ridotto qualora il lavoratore disabile sia stato assente per malattia con mantenimento della retribuzione per 120 giorni in un 5

6 anno, nel caso in cui tali assenze siano la conseguenza dello messa adozione da parte del datore di lavoro, di misure di adattamento adeguate e ragionevoli, per consentire alla persone disabile di lavorare. Sussiste discriminazione diretta quando, a causa dell handicap, una persona è trattata meno favorevolmente di un altra in una situazione analoga. Una discriminazione indiretta va riconosciuta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere le persone disabili in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone a meno che vi possa essere una giustificazione. La Corte di Giustizia rileva che la disposizione nazionale si applica in modo identico alle persone disabili ed non che siano assenti per malattia per oltre 120 giorni. Non può, pertanto, ritenersi che tale normativa instauri una disparità di trattamento basata direttamente sull handicap. Ma i giudici affermano che un lavoratore disabile è maggiormente esposto al rischio di subire l applicazione del periodo di preavviso ridotto rispetto ad un lavoratore non disabile, poiché è esposto al rischio ulteriore di una malattia collegata sull handicap. La Corte conclude che la direttiva non ammette una simile disposizione interna, salvo nel caso in cui essa persegua un obiettivo legittimo e non vada al di là di quanto sia necessario per realizzare tale scopo, circostanza che è compito del giudice nazionale valutare. In considerazione del margine di discrezionalità riconosciuto agli Stati membri in materia di politica sociale e del lavoro, spetta la giudice nazionale verificare se il legislatore danese, perseguendo le legittime finalità della promozione dell assunzione delle persone malate, e di un ragionevole equilibrio tra gli opposti interessi del lavoratore e del datore di lavoro per quanto riguarda le assenze per la malattia abbia omesso di tener conto degli elementi che riguardano i lavoratori disabili. nelle cause riunite C 274 / 11 e C 295/11 Spagna e Italia / Consiglio La controversia in questione vede coinvolta la decisione del Consiglio che ha autorizzato una cooperazione rafforzata con l intento di istituire una tutela brevettuale unitaria tra 25 Stati membri su 27, poiché l Italia e la Spagna hanno rifiutato di partecipare. 6

7 Le cooperazioni rafforzate sono dirette a promuovere la realizzazione degli obiettivi dell Unione, a proteggere i suoi interessi e a rafforzare il suo processo di integrazione. La decisione che autorizza una cooperazione rafforzata è adottata dal Consiglio in ultima istanza, qualora esso stabilisca che gli obiettivi da essa perseguiti non possono essere conseguiti entro un ragionevole lasso di tempo dall Unione nel suo insieme. E adottata dal Consiglio sulla base di una proposta della Commissione e dopo l approvazione del Parlamento. Nella sentenza in esame, la Corte osserva che il Trattato sul funzionamento dell Unione europea autorizza, nell ambito del mercato interno, a creare titoli europei di proprietà intellettuale. La autorità a stabilire i regimi linguistici di tali titoli è legata alla loro istituzione. Di conseguenza, tali competenze rientrano in un settore di competenze concorrenti tra l Unione e gli Stati membri. Il carattere non esclusivo di tali competenze rende il Consiglio competente ad autorizzare tale cooperazione rafforzata. L Italia e la Spagna addebitano al Consiglio di avere eluso il requisito dell unanimità. La Corte sottolinea che niente vieta agli Stati membri di instaurare tra loro una cooperazione rafforzata nell ambito delle competenze dell Unione che devono essere esercitate all unanimità. Al contrario dal Trattato emerge che tali competenze si prestano a una cooperazione rafforzata e che in tal caso l unanimità sarà costituita dai voti dei soli Stati membri partecipanti. Di conseguenza la decisione di autorizzare una cooperazione rafforzata, dopo aver constatato che il brevetto unitario ed il suo regime linguistico non potevano essere instaurati entro un termine ragionevole dall Unione nel suo insieme, non costituisce un elusione del requisito dell unanimità né un esclusione degli Stati membri che non hanno aderito alle richieste di cooperazione rafforzata, ma stante l impossibilità di pervenire ad un regime comune per l insieme dell Unione entro un termine ragionevole, contribuisce al processo di integrazione. I brevetti europei rilasciati conformemente alle norme della Convenzione sulla concessione di brevetti europei non conferiscono una protezione uniforme negli Stati aderenti a tale convenzione, ma garantiscono una tutela la cui portata è definita dal diritto nazionale. Il brevetto unitario delineato dalla decisione impugnata conferirebbe invece una tutela uniforme sul territorio di tutti gli Stati membri partecipanti alla cooperazione rafforzata. In conclusione la decisione impugnata non arreca pregiudizio al mercato interno né alla coesione economica, sociale e territoriale dell Unione. Inoltre non lede le competenze, i diritti e gli obblighi degli Stati membri non partecipanti alla cooperazione rafforzata. 7

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