IL COLLEGIO DI MILANO

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1 IL COLLEGIO DI MILANO composto dai signori: - Prof. Avv. Antonio Gambaro Presidente - Prof. Avv. Emanuele Lucchini Guastalla Membro designato dalla Banca d'italia - Prof. Avv. Diana V. Cerini Membro designato dalla Banca d Italia (Estensore) - Dott. Mario Blandini Membro designato dal Conciliatore Bancario Finanziario - Prof. Avv. Andrea Tina Membro designato dal C.N.C.U. nella seduta del 17 maggio 2012, dopo aver esaminato il ricorso e la documentazione allegata; le controdeduzioni dell intermediario e la relativa documentazione; la relazione istruttoria della Segreteria tecnica FATTO Il ricorso odierno è relativo ad un prestito su pegno. Risulta, infatti, che l odierna ricorrente, in data 11/05/2011, inviava una lettera di reclamo alla banca resistente presso la quale aveva stipulato un contratto di pegno costituito su beni in oro per un peso complessivo di grammi 197,60, a garanzia di un prestito, contratto da ultimo rinnovato nel Più precisamente, il pegno garantiva un prestito pari ad 800,00, a fronte di una stima dei beni concessi in pegno pari ad 1.000,00. La reclamante spiegava che, a seguito di rapina a mano armata avvenuta presso la filiale della banca dove erano custoditi gli oggetti, gli stessi erano stati trafugati; in seguito a ciò ed a titolo di rimborso, la banca aveva provveduto a corrisponderle 1.250,00 (si rilevi, per inciso, come nonostante tale affermazione della ricorrente la banca precisi nelle proprie controdeduzioni che il prezzo di rimborso non sia stata ancora versato). Reputando essere la quotazione media dell oro in quel periodo intendendosi probabilmente fare riferimento, da parte della ricorrente, al momento dell offerta di rimborso - di circa 35,00 al grammo, la cliente rammostrava le proprie doglianze alla banca sostenendo che la cifra offerta fosse iniqua in quanto il valore dei beni dovesse essere stimato in 7.000,00; in ragione di ciò, la ricorrente chiedeva all intermediario di essere edotta circa il motivo in base al quale la stima degli oggetti al momento della stipula della polizza fosse stata di soli 1.000,00. La banca forniva riscontro alla cliente con raccomandata del 24/05/2011, chiarendo innanzitutto che, al contrario di quanto affermato dalla ricorrente, nessun importo in realtà era stato ancora liquidato. Il conteggio dell importo liquidabile rappresentava, infatti, solo una proposta di risarcimento a titolo transattivo dei danni conseguenti alla perdita dei beni oggetto del furto. Inoltre l intermediario precisava che la cifra offerta in liquidazione, pari ad 383,27, era stata calcolata in base alle condizioni riportate a tergo della polizza ed in base alla vigente normativa. Difatti, posto che la misura del risarcimento non poteva mai eccedere il valore Pag. 2/7

2 di stima delle cose costituite in pegno, l importo era stato calcolato maggiorando del 25% il valore di stima ( 1.000,00), ottenendo un totale con rivalutazione di 1.250,00. La differenza tra il prestito erogato (pari ad 800,00) ed il predetto ammontare si attestava in questo modo ad 450,00. Considerati infine gli interessi ed accessori da scomputare, pari ad 66,73, l importo da liquidare, a credito della cliente, risultava così di 383,27. Con riguardo, poi, all asserita errata stima del valore dei beni oggetto del pegno, l intermediario ricordava che la loro valutazione era stata indicata nella polizza al momento dell originaria stipula del prestito su pegno e, dunque, accettata in quella sede da parte della cliente. Non ritenendosi soddisfatta di tali indicazioni, la cliente si è rivolta con ricorso a questo Collegio. Dal contenuto del ricorso emerge che la ricorrente, riportandosi a quanto già esposto in sede di reclamo, richiede di essere risarcita per il danno subito in seguito al furto dei beni oggetto del pegno. Al medesimo ricorso è acclusa la seguente documentazione: reclamo all intermediario dell 11/05/2011; fotocopia del duplicato della polizza di prestito su pegno; fotocopia prospetto della banca con importo della liquidazione offerta a definizione della vicenda; risposta al reclamo dell intermediario. In data 27/12/2011 l intermediario ha fatto pervenire alla Segreteria Tecnica le proprie controdeduzioni con le quali, seppur attenendosi a quanto già esposto in sede di risposta al reclamo, ha precisato alcuni aspetti di sicura importanza. In particolare, è stato chiarito che la polizza in oggetto sarebbe stata emessa in data 26/09/2007 e, in seguito, più volte rinnovata alla scadenza (semestrale), con contestuale pagamento degli interessi maturati a quella data. Il rinnovo avveniva mediante ritiro della polizza, contestuale pagamento delle competenze dovute ed emissione della nuova polizza, recante lo stesso numero di quella scaduta, ma con le nuove date di emissione e scadenza. Il 28/09/2010, inoltre, la ricorrente avrebbe presentato denuncia di smarrimento della polizza del 17/03/2010 (data del precedente ultimo rinnovo), avviando così la procedura di ammortamento volta ad ottenere un duplicato della stessa (emesso poi in data 16/05/2011). L intermediario ha, inoltre, evidenziato che la valutazione degli oggetti prestati a garanzia sarebbe avvenuta nel rispetto delle regole interne, sulla base delle quali per importi fino ad 2.000,00 viene riconosciuta piena autonomia in capo allo stimatore. Il prestito erogato ( 800,00) coincideva con il valore del bene stimato, decurtato di ¼. Prosegue l intermediario precisando che la polizza pegno è documento al portatore indicante i dati anagrafici del sottoscrittore, elenco degli oggetti presentati e relativo peso, importo del prestito erogato, stima del prestito, data di emissione e di scadenza, condizioni economiche applicate. Sul retro sono pure riportati i rischi tipici nonché le caratteristiche del servizio, oltre all apposito spazio riservato alla firma del cliente. Infine, l intermediario specifica che in sede di rinnovo, a fronte di specifica richiesta del cliente, si sarebbe potuto provvedere ad un aumento del prestito concesso, nonché all eventuale adeguamento del valore del pegno (con ciò dovendosi necessariamente provvedere ad attribuire un nuovo numero identificativo alla polizza e con aumento del relativo premio). La banca, ribadendo l esattezza del calcolo operato e già comunicato alla ricorrente, ritenendo altresì di aver correttamente adempiuto ai propri doveri di custodia, chiede quindi la reiezione del ricorso. Alle controdeduzioni l intermediario allega i seguenti documenti: reclamo della cliente dell 11/05/2011, lettera di risposta al reclamo del 24/05/2011, copia della polizza emessa a favore della cliente il 26/09/2007. Pag. 3/7

3 DIRITTO La questione sottoposta all odierno esame del Collegio richiede l analisi della fattispecie legale del pegno e del credito sullo stesso alla luce delle consequenzialità dei fatti che hanno condotto l odierna ricorrente a ricorrere a codesto Collegio. In particolare, il riferimento alla normativa circa gli obblighi di custodia in capo al destinatario e all onere della prova, così come le cause di estinzione del pegno, costituiranno elementi dirimenti. Il pegno, come noto, è un diritto reale di garanzia costituito su beni mobili del debitore o di un terzo a garanzia dell obbligazione del debitore medesimo. Tale garanzia viene utilizzata, nel prestito su pegno, al fine di consentire al cliente di ottenere dalla banca o altro finanziatore un prestito o una liquidità immediata. Tale contratto è stato stipulato anche tra l odierna ricorrente e la banca ed è oggi oggetto di controversia in relazione alla sottrazione dei beni offerti in pegno. In proposito, occorre innanzitutto chiarire che la banca ricorrente ha precisato, in controdeduzioni ed a differenza di quanto affermato dalla ricorrente, che la data iniziale del prestito non fu il 17/09/2010, ma il 2007, anno dal quale il prestito su pegno è stato oggetto di successivi rinnovi sino al 17 settembre La stima dei beni effettuati, riprodotta nella c.d. polizza, risale dunque al 2007 in quanto l importo inizialmente valutato non fu mai oggetto di modifica. La stima, nel momento di attivazione del prestito, fu effettuata in base agli obblighi di legge: l esistenza di una polizza che affianca il prestito ha, infatti, origine dal fatto che la normativa di settore (L. 10 maggio 1938, n. 745, art. 10) prevede che le operazioni di prestito su pegno siano emesse dietro il rilascio al prestatario di una polizza, nella quale devono essere indicati il valore di stima attribuito, la data di concessione e quella della scadenza del prestito, l indicazione dei corrispettivi dovuti all intermediario ed altri dati previsti dalla medesima legge dianzi menzionata. Ebbene, la predetta polizza recante n /80, emessa il 26/09/2007 e scaduta il 26/03/2008, prevedeva quale importo del prestito la somma di euro 800,00 ed indicava un valore di stima dei beni pari ad euro 1.000,00; la relativa descrizione del pegno era costituita da n. 2 catene ciondolo, n. 5 bracciali e n. 4 anelli per un peso totale di 197,60 m. g. In data 17/03/2010 la polizza è stata rinnovata sino al 17/09/2010. Dal contenuto della polizza si evince come la ricorrente fosse a conoscenza del valore di stima attribuito ai beni oggetto di pegno già in data 26/09/2007 e, soprattutto, come tale valore non sia mutato in seguito, con i successivi rinnovi delle polizze. Da quanto emerge dalla ricostruzione dei fatti, l odierna ricorrente non ha mai eccepito nulla né in relazione al valore di stima, né al mutamento dello stesso in occasione dei predetti rinnovi delle polizze. Al contrario, la principale doglianza attuale della ricorrente risiede nelle modalità di stima degli oggetti al momento della stipula del contratto di pegno e nell efficacia di tale stima quale riferimento per attribuire oggi un risarcimento per equivalente. Ebbene, a tale proposito occorre precisare che le clausole che regolano il servizio del prestito su pegno sottoscritto dall odierna ricorrente in data 26/09/2007, così come prodotto in atti, affermano testualmente che l operazione di prestito non può essere effettuata se non a seguito di giudizio di stima, eseguito da un perito, della cosa offerta in pegno. Contro tale giudizio non è ammesso nessun reclamo. La stima viene fatta in base al valore commerciale delle cose offerte in pegno omissis Gli stimatori, nel determinare il valore della stima delle cose offerte in pegno, o all atto della nuova stima per il rinnovo del prestito, tengono conto unicamente: del valore strettamente commerciale degli oggetti costituenti la garanzia del prestito; del valore che potrà essere realizzato con la vendita Pag. 4/7

4 coattiva degli oggetti stessi; delle possibili diminuzioni del valore per deterioramento o per altre cause verificabili prima del termine previsto per la vendita all asta. A rafforzare il rigore di tale normativa che, per inciso, esclude altresì ogni possibilità di reclamo del proprietario dei beni - vi è poi un ulteriore clausola contrattuale che riproduce la disciplina del Regio Decreto 25 maggio 1939 n. 1279, art. 45: l intermediario, nel proprio testo contrattuale, precisa infatti che nei casi di assicurazione obbligatoria o quando la Banca è responsabile del danno derivato alle cose date in pegno, la misura del risarcimento non può mai eccedere il valore di stima attribuito alle cose in pegno al momento della concessione del prestito aumentato di un quarto, dedotto, però, l importo del credito della Banca per capitale, interessi ed eventuali diritti accessori. L intermediario ha certamente tenuto conto di quanto qui sopra riportato nel proporre alla cliente la transazione prodotta in atti e che pur qualificandosi come transazione - accoglie sostanzialmente ed integralmente il valore di stima dei beni così come risalente al 2007, senza nulla concedere alla ricorrente oltre a quanto emergerebbe dalla applicazione delle summenzionate normative al caso di specie. Se effettivamente, come afferma la stessa ricorrente, la proposta di transazione e relativa compensazione tra il debito e l indennizzo è già avvenuta, non v è spazio alcuno per l attuale richiesta della ricorrente di ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito della rapina ed il ricorso non può, su queste basi, che essere respinto. Del resto, è la stessa ricorrente ad affermare di aver accettato, mediante corresponsione di Euro 1.250,00 a titolo di rimborso, il valore di stima, aumentato del 25% e dedotte le spese della banca. Peraltro, a margine di tale conclusione, questo Collegio non si può esimere dal rilevare che laddove la transazione e la accettazione della somma offerta non fosse avvenuta, la vicenda avrebbe potuto senz altro avere diverso esito. Va da sé, infatti, che la modalità attraverso la quale si è giunti all estinzione del finanziamento su pegno è alquanto anomala poiché muove dalla volontà dell intermediario (dunque il creditore), e formalizzazione della relativa proposta, di estinguere il rapporto di prestito su pegno, mentre nulla sarebbe stato invece richiesto dalla ricorrente in merito, pur essendo suo diritto proseguire nel rapporto di prestito su pegno. Non v è dubbio, al riguardo, che in via generale la rapina non costituisce causa di risoluzione del prestito su pegno realizzato da un istituto bancario. Semmai, nel diritto civile la rapina può ravvisare, a talune condizioni, gli estremi del fatto non imputabile, idoneo a liberare il depositario dalla responsabilità per mancata restituzione della cosa depositata (Cass. 04/13359). Tale esito, peraltro, non è de plano trasferibile nell ambito dei rapporti bancari in ragione della specifica qualità del depositario. La posizione della banca, quale depositario professionale, richiede la prova dell osservanza di una diligenza specifica, in altri termini la prova non solo di non aver consentito la realizzazione del fatto senza dolo o colpa grave, ma anche la prova in positivo del fortuito: come confermato dalla giurisprudenza di legittimità, la sottrazione del pegno medesimo a seguito di rapina non vale di per sé ad esonerare detto istituto dalla sua responsabilità di depositario, sotto il profilo della ricorrenza di caso fortuito o forza maggiore (art. 45 del r.d. maggio 1939, n. 1279), occorrendo che esso provi il diligente adempimento dei propri doveri di custode, e, quindi l adozione concreta di ogni misura idonea, in relazione alla situazione concreta, a scoraggiare fatti delittuosi, ancorchè caratterizzati da violenza sulle persone (ad esempio porte blindate, doppie chiavi, circuiti televisivi, allarmi) (Cass. Civ. sez. III, 14 febbraio 1987, n. 1653, nonché sez III, 30 ottobre 2007, n ). Solo se la detenzione della cosa è tolta al depositario in conseguenza di un fatto a lui non imputabile, il depositante ha diritto di ricevere ciò che in conseguenza del fatto stesso, il depositario abbia conseguito, e subentra nei diritti spettanti a quest ultimo. La Pag. 5/7

5 giurisprudenza ha confermato l integrale applicabilità della predetta norma anche nel caso in cui l obbligazione della custodia e della riconsegna sia necessariamente compresa nel contenuto del contratto diverso dal deposito o formi parte di un contratto misto nel quale confluiscano le cause del deposito e di altro contratto (sempre la Suprema Corte ha confermato che ( ) in caso di sottrazione della cosa depositata, pertanto, il depositario, per ottenere la liberazione della propria obbligazione, è tenuto a fornire la prova che l inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile. A tal fine, è senz altro ravvisabile fatto non imputabile, idoneo a liberare il depositario dalla responsabilità per mancata restituzione della cosa depositata, quando la cosa stessa gli venga sottratta nel luogo in cui è custodita mediante la commissione di rapina a mano armata, senza che rilevi se egli abbia adottato particolari accorgimenti o cautele nella custodia, essendo i medesimi resi inutili dal diretto impiego della violenza sulla persona - Cass. 05/13359). Pertanto, qualora il negozio transattivo non avesse prodotto i suoi effetti, ed in assenza di una richiesta della ricorrente circa l estinzione del debito, il prestito dovrebbe ritenersi ancora in essere e, conseguentemente la ricorrente avrebbe dritto, al momento dell estinzione del debito, di ottenere la restituzione dei beni offerti in pegno; laddove ciò risulti impossibile, la banca sarebbe tenuta a corrispondere il valore commerciale dei beni. In tale evenienza, l eventuale stima dei beni, realizzata al fine della stipula della polizza, non varrebbe ad escludere il dovere della banca di corrispondere il valore dei beni stessi al momento della richiesta di restituzione. Da un lato, infatti, l intermediario laddove volesse essere esente da responsabilità - dovrebbe provare, aldilà delle generiche affermazioni, che in base alle circostanze intercorse, il fatto abbia un carattere di tale gravità da escludere la responsabilità speciale del depositario-banca, così come sopra configurata. Dall altro lato, è evidente che la stima realizzata nel 2007 era funzionale alla concessione del finanziamento e, dunque, a garantire non tanto il valore dei beni in caso di loro sottrazione, quanto piuttosto che tale valore fosse congruo rispetto all esposizione che il creditore (nel nostro caso la banca) avrebbe sopportato con l erogazione del prestito, e ciò sia nell interesse individuale della banca, sia nel più ampio e generale interesse della clientela della banca che risulta presidiato dalla normativa settoriale in questione. Il risultato della stima effettuata ai fini dell erogazione del prestito, tuttavia, non può essere supinamente assunto come limite del risarcimento dovuto alla proprietaria dei beni in caso di loro mancata restituzione, e ciò per variegati motivi. Innanzitutto, è ben noto come da tempo la Suprema Corte, in relazione all analogo problema della limitazione di responsabilità ad un valore prefissato nell ambito del contratto di cassette di sicurezza, ne abbia chiarito la sostanziale illiceità sia in quanto esso contravviene al principio di cui all art.1229 cod. civ., che rappresenta nel nostro ordinamento norma imperativa, sia in relazione all abuso di posizione contrattuale. Oltre a ciò, non si può non dar conto di come sia pacifico il principio per cui la proprietà sia un diritto non solo assoluto, ma anche elevato al rango di diritto inviolabile dalle carte sovrannazionali, quali in particolare la Carta dei Diritti Fondamentali dell Unione Europea, che rappresenta fonte cogente anche per il nostro ordinamento, come ormai chiaramente affermato dalla giurisprudenza. Orbene tale Carta, come noto, afferma espressamente il diritto dell individuo di godere pienamente della proprietà dei beni che ha acquistato legalmente ed il conseguente diritto al pagamento di una giusta indennità nel caso di perdita e privazione della stessa (così l art.17 Diritto di Proprietà- della Carta dei Diritti Fondamentali dell Unione Europea doc.2000/c 364/01). Ebbene, tale connotazione della proprietà fa sì che essa non possa essere oggetto di espropriazione senza che al proprietario deprivato sia garantita tanto la corresponsione di una giusta indennità tanto il rispetto di tutte le necessarie tutele e ciò sia laddove la privazione si realizzi nella Pag. 6/7

6 dimensione pubblicistica sia che essa avvenga nell ambito dei rapporti gius-privatistici. A quest ultimo proposito, sarà sufficiente ricordare che anche una lettura costituzionalmente orientata del diritto di proprietà civilistico richiede che a tale diritto sia data idonea tutela rivolta in particolare a salvaguardare quel contenuto minimo della proprietà che trova il suo corrispondente anche in un idonea determinazione del giusto valore. Né tale esigenza viene meno laddove il bene sia stato preventivamente oggetto di un diritto reale di garanzia, come avviene nel pegno. Orbene, non v è dubbio che il riconoscimento di un valore, per i beni sottratti, determinato in base ad una stima unilaterale (seppur di un soggetto terzo), non contestabile dal proprietario dei beni stessi (come nel nostro caso prevede il contratto), oltre che effettuata in un momento risalente nel tempo (come in questo caso) equivale ad una espropriazione de facto realizzata nel rapporto tra privati e senza alcuna garanzia di legge. Di tali indicazioni la banca dovrebbe comunque rendere edotta la cliente anche al fine di correttamente impostare il rapporto con la clientela, e ciò anche laddove la transazione sia già intervenuta; se così non fosse stato, la banca avrebbe dovuto riconoscere alla ricorrente il valore commerciale attuale dei beni dati in pegno e non restituiti. P.Q.M. Il Collegio non accoglie il ricorso. Il Collegio dispone altresì di rivolgere all intermediario, ai sensi di cui in motivazione, indicazioni utili a favorire le relazioni con la clientela. IL PRESIDENTE firma 1 Pag. 7/7

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