PROPOSTA DI LEGGE IN MATERIA DI AUTO E MUTUO AIUTO FAMILIARE

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1 1 PROPOSTA DI LEGGE IN MATERIA DI AUTO E MUTUO AIUTO FAMILIARE (presentata per la 1ª volta nell ambito del Convegno sul tema Il disagio sociale in Italia fra nuove povertà e nuove sociopatie, svoltosi presso la Camera dei Deputati nei giorni mercoledì 11 e giovedì12 luglio 2007) Promozione e sostegno delle associazioni di solidarietà fra le famiglie RELAZIONE ILLUSTRATIVA Dalle ultime rilevazioni effettuate dall Istat e da altri organismi di ricerca e di statistica risulta che negli ultimi anni è aumentata la condizione di povertà relativa delle famiglie nel nostro Paese. Questo impoverimento è reso evidente sia dal calo dei consumi medi familiari sia dalla diminuzione del potere d acquisto dei redditi. Secondo l Unione Europea, tuttavia, per misurare la condizione di benessere delle famiglie occorre guardare più che al livello medio dei consumi, alla media dei redditi percepiti da ogni singolo nucleo familiare e da ogni persona fisica. Il reddito medio di cui dispone una famiglia in Italia si rivela al di sotto di quello medio ritenuto come sufficiente dall Unione europea. D altra parte le indagini, sia quelle condotte dall Istat e dall Isfol sia quelle effettuate da istituti privati di ricerca e assistenza, dimostrano che stanno aumentando nel nostro Paese i così detti gruppi di «auto e mutuo aiuto». Nella maggior parte dei casi questi gruppi nascono per fronteggiare il disagio sociale e psicologico di alcune fasce deboli della popolazione (alcolisti, tossicodipendenti, malati, ecc). La caratteristica in genere di questi gruppi è quella di essere costituiti attraverso l apporto di soggetti diversi: i diretti interessati, portatori del problema, i loro familiari, i volontari (cioè persone esterne che offrono gratuitamente la loro assistenza), gli operatori esperti (psicologi, sociologi, ecc). Si tratta dunque di realtà, formali e a volte informali (cioè costituite in una struttura associativa vera e propria oppure operanti in modo libero), in cui l elemento del volontariato rappresenta solo una delle componenti che le caratterizza. L altra componente importante è appunto quella costituita dalla presenza dei diretti interessati, che unendosi in un gruppo danno aiuto a se stessi e ai loro consimili («auto» e «mutuo» aiuto). In questo quadro da più di trent anni hanno iniziato ad affacciarsi nel nostro Paese gruppi composti da famiglie nucleari che, vuoi per sconfiggere la solitudine che caratterizza le società post-industriali, vuoi (soprattutto negli ultimi anni) per attenuare gli effetti dell impoverimento relativo, hanno deciso di iniziare un esperienza di vita in comune (i così detti «condomini solidali»), ovvero in altri casi di condividere uno o più beni in comune e l adozione di regole e stili di vita condivisi, mantenendo tuttavia la propria separatezza abitativa (così dette «comunità territoriali»). Sede Legale: Roma 00195,Via Carlo Mirabello, 11 Tel./Fax: Cell: C.F.: Sito: info@convoglio-valori.com

2 2 La caratteristica precipua di questi particolari gruppi di auto e mutuo aiuto fra famiglie, la cui esistenza è giustificata dai fattori della povertà, della solitudine, e del senso di abbandono spirituale degli individui, è quella di essere prevalentemente costituite attraverso l azione dei diretti interessati: le famiglie (povere o sole), appunto. L elemento del volontariato, che pure è presente nell ambito di queste realtà, come assistenza a terze persone che vivono situazioni di disagio, costituisce pertanto un elemento secondario e non principale. Ciò che invece qualifica e caratterizza queste formazioni sociali composte da famiglie (compresi gli individui singoli) è il bisogno di uscire dalla condizione di solitudine o isolamento, ovvero di attenuare gli effetti dell impoverimento, attraverso il ricorso a varie forme di sostegno reciproco e mutua solidarietà, sia materiale che spirituale. Allo stato attuale queste forme di auto e mutuo aiuto si sono concretizzate o in modelli di vita in comune (più famiglie e individui vivono all interno di una stessa struttura abitativa, di uno stesso edificio, conservando tuttavia ognuna una collocazione autonoma da quella delle altre), ovvero (in tempi più recenti), nella semplice condivisione di uno o più beni, di uno o più spazi. Ma sia nel primo che nel secondo caso questi gruppi familiari hanno pattuito stili di vita e regole comportamentali da condividere. Attraverso tutti questi modelli,in ogni caso,viene ad essere realizzata una sorta di redistribuzione del reddito e della ricchezza fra le persone: mentre alcuni infatti hanno aderito a queste organizzazioni per scarsità di mezzi e di risorse (povertà), altri invece sono stati spinti a farlo dal senso di solitudine e di inutilità sociale. Tanto gli uni quanto gli altri, dunque, mossi dal desiderio di aiutare «se stessi», hanno finito di fatto per aiutare «gli altri». Orbene, se si rapporta questa nuova situazione di «solidarietà fra famiglie e persone» con la condizione di disagio materiale e psicologico in cui vivono attualmente milioni di persone in Italia, risulta vieppiù evidente la grande «funzione sociale» esercitata nel nostro Paese da questi gruppi. Secondo le ultime rilevazioni, infatti, il tasso di povertà in Italia oscilla tra il 13% (secondo l Istat che tiene conto dei consumi) e il 19% della popolazione (secondo l Unione Europea che tiene conto dei redditi). In questi anni chi è povero è rimasto povero, soprattutto nelle regioni meridionali. È qui che si concentra la maggior parte delle famiglie a rischio di povertà: se complessivamente in Italia sono l 11,1%, al Sud sono più del doppio: ben il 24%! C è dunque una sperequazione territoriale molto forte. Non solo: anche le differenze di genere hanno il loro peso. È a rischio di povertà il 20% delle donne contro il 16% degli uomini. Ma a far riflettere sono ancora di più i dati sui bambini: i minori a rischio di povertà sono 1,7 milioni (le stime oscillano dal 16% al 24% dei minori di 18 anni). Le ricerche ci dicono che un bambino è maggiormente a rischio di povertà se nasce al Sud, se abita in una famiglia con un solo genitore, o di grandi dimensioni (con tre o più minori), se il capofamiglia è donna (soprattutto se la donna ha un occupazione di basso profilo e uno scarso livello culturale), se è disabile o immigrato (ancor di più se è un minore non accompagnato, cioè senza famiglia). Secondo una recente rilevazione fatta dal Censis, e presentata lo scorso 20 giugno 2007, la redistribuzione sociale del reddito nel nostro Paese resta un illusione. Nonostante le misure approntate con la Legge Finanziaria del governo Prodi per il 2007, le situazioni da perequare sono ancora tante: 1) 3 milioni di lavoratori con un salario netto compreso fra i 600 e gli 800 euro; 2) altri 3 milioni circa con una busta paga che a malapena raggiunge i 1000 euro; 3) quasi 4 milioni di anziani con reddito da pensione sotto i 500 euro; 4) 1 milione e 300 mila lavoratori precari con contratto a termine; 5) 1 milione e 700 mila bambini che vivono in contesti di basso reddito. Se si aggregano tutte queste categorie esce fuori un quadro più che allarmante: 13 milioni di persone in Italia sono povere o a rischio di povertà! (Più del 20% della popolazione complessiva). Al disagio materiale si affianca poi il disagio sociale e psicologico di quanti vivono condizioni di solitudine. Secondo l ultimo rapporto Istat sulle trasformazioni familiari si evincono i seguenti dati:

3 3 1) continuano ad essere in calo le famiglie con più generazioni al loro interno; 2) aumentano le persone sole; 3) aumentano gli anziani in coppia senza figli; 4) diminuiscono i giovani che dichiarano di stare bene nella loro famiglia naturale; 5) vi sono oltre 5 milioni di «nuove famiglie» composte da «single» e da «genitori soli non vedovi»; 6) vi sono 563 mila famiglie con figli a carico composte da un solo genitore; 7) per le coppie più mature si riduce il sostegno dei parenti e aumenta quello dei vicini; 8) risultano sempre più svantaggiati nelle relazioni gli anziani soli, separati e divorziati; 9) si è dimezzata la rete familiare per i nuclei mono-genitore; 10) infine, il 22,7 % dei così detti «care giver» fornisce oggi aiuto non più solo ai parenti stretti ma anche agli amici e vicini. In questo contesto di accresciuta povertà e solitudine, ma anche di aumentata solidarietà fra non consanguinei, si inserisce la mission delle così dette «famiglie solidali», qualunque forma esse assumano (coabitazione o semplice condivisione). I principi che accomunano queste nuove forme di vita familiare sono: 1) sobrietà; 2) condivisione; 3) accoglienza. Tutti principi riconducibili al grande valore della solidarietà. Ebbene, nonostante i gruppi costituitisi formalmente (cioè come associazioni) di famiglie solidali in Italia siano oggi, a un trentennio dalla loro prima apparizione, solo una trentina, che coinvolgono appena 150 famiglie (circa 600 persone), l importanza assunta da questi gruppi risulta di particolare evidenza se si pensa alle potenzialità sicuramente benefiche che tali forme di vita hanno in relazione alla situazione drammatica prima descritta. Se dunque ci fosse un intervento da parte delle istituzioni volto a promuovere e sostenere, innanzitutto riconoscendolo giuridicamente, il suddetto fenomeno, esso, ancora sporadico e isolato, troverebbe senz altro larga diffusione, sviluppandosi anche al centro e sud dell Italia, dove attualmente ci sono molti gruppi di famiglie interessati ad abbracciare questa forma di vita, e tuttavia essi sono rimasti restii ad intraprendere questo cammino per una serie di fattori (persistenza di vecchi schemi culturali, paura di essere stigmatizzati e tacciati come «diversi», reticenza a rendere visibili le proprie difficoltà). Per questa ragione è auspicabile che lo Stato intervenga subito per dare un riconoscimento a queste forme nobili ed evolute di solidarietà fra le persone. Le attuali leggi che regolano il cosiddetto «terzo settore» e il «privato sociale» non sembrano infatti idonee a fornire una disciplina compiuta ed organica a queste nuove realtà associative. Non è idonea la legge-quadro sul volontariato (legge 266/91), peraltro oggetto di proposta di modifica in Parlamento, in quanto questa legge richiede la natura «etero-diretta» dell opera fornita dal volontario, o almeno diretta non principalmente a se stesso e agli altri associati della organizzazione cui appartiene, quanto prevalentemente a persone esterne alla sua organizzazione, bisognose di aiuto e protezione. D altra parte questa legge vieta al volontario che presta la sua opera il perseguimento di «ogni fine di lucro, anche indiretto», imponendogli di agire «esclusivamente per fini di solidarietà» (cfr. art. 2 della legge). Mentre, come si è detto, i membri delle «famiglie solidali» possono ricevere un vantaggio anche economico dal fatto di militare in queste organizzazioni attraverso sia la possibilità di attingere eventualmente ad un portafoglio comune, sia soprattutto di usufruire di beni e servizi messi a disposizione dagli altri membri. Pienamente compatibili con la natura e disciplina degli enti di volontariato (di cui alla legge 266) sono invece le Associazioni sorte in Italia negli ultimi anni per promuovere la costituzione delle «famiglie solidali». A differenza di queste ultime, infatti, coloro che dirigono o militano in un associazione che ha per fine la costituzione di un «condominio solidale» o di una «comunità territoriale», operano non a proprio personale vantaggio ma per il maggiore benessere di altri gruppi o persone. Queste Associazioni, pertanto, possono essere definite «organizzazioni di volontariato», ai sensi e per gli effetti della legge succitata. Come

4 di fatto è avvenuto (molte di queste associazioni sono infatti iscritte nei Registri Regionali del Volontariato previsti dalla legge-quadro). Sarebbe quindi opportuno che la legge che in questa sede si propone riconosca espressamente l importante ruolo promozionale svolto da queste Associazioni nel cammino teso alla costituzione di queste forme di vita solidale. Esse potrebbero inoltre svolgere una funzione affatto simile a quella svolta dai Centri di Servizio per il Volontariato. Per nulla adeguate si rivelano poi la legge sulle «cooperative sociali» (legge 381/91) e quella sulle «associazioni di promozione sociale» (legge 383/2000). La prima descrive un fenomeno di «impresa sociale» (oggi regolamentata in forma unitaria col Decr. Legisl. 155/06) che, anche se può avere tra i suoi fini quello di combattere contro la povertà e la solitudine (c.d. cooperative sociali di fascia A, attraverso i servizi sociali e assistenziali resi alle persone e alle famiglie), si basa però prevalentemente sull opera prestata dai soci in modo professionale e retribuito (cioè su un lavoro retribuito), e solo in via complementare ammette l opera di soci volontari. La seconda, poi, regolamenta il fenomeno delle Associazioni (nazionali e/o regionali) che promuovono il progresso culturale, sociale, spirituale della società. Qualcosa di molto diverso dalle organizzazioni di solidarietà fra le famiglie, che peraltro non hanno diffusione né nazionale né regionale, in quanto collocate in un preciso ambito di territorio (quartiere urbano, villaggio rurale, ecc). La mancanza di una legge (nazionale) idonea a disciplinare le forme di auto e mutuo aiuto sopra descritte, costituisce dunque il 2 elemento rilevante per considerare l opportunità di intervenire normativamente in materia. È vero che le forme di auto e mutuo aiuto delle «famiglie solidali», come sopra descritte, costituiscono solo un piccolissimo arcipelago del più ampio universo del fenomeno italiano di auto e mutuo aiuto (in base alla ricerca effettuata dalla Fondazione Istituto Andrea Devoto, i gruppi di auto e mutuo aiuto in Italia ammonterebbero a 3.265; dato confermato nella recentissima ricerca 2007 effettuata dall Isfol su commissione Istat). Ma è anche vero che il fenomeno dell auto-mutuo aiuto è un fenomeno molto sfaccettato e complesso, presente com è negli ultimi anni in tantissime aree del disagio fisico, psichico e sociale. In esso confluiscono esperienze e figure che appartengono, di volta in volta, al fenomeno del volontariato, delle cooperative sociali, delle famiglie del malato, ecc., e dunque è difficile sottoporlo ad una disciplina organica e unitaria (essendo piuttosto preferibile rinviare per ogni diverso operatore di questo variegato sistema alla singola disciplina della categoria di appartenenza). Non è così per le Famiglie Solidali, dove l elemento principale e caratterizzante è costituito appunto dal bisogno di ogni famiglia di trovare sostegno nelle altre famiglie (essendo l assistenza residenziale a terzi svantaggiati o il lavoro professionale commissionato a membri del gruppo specialisti funzioni ulteriori e accessorie a quella dell auto e mutuo aiuto). Il terzo ordine di fattori che milita a favore di un espresso riconoscimento delle associazioni solidaristiche familiari è l essere una tale normativa giustificata e anzi richiesta dai principi e dalle linee guida dell ordinamento giuridico generale, comunitario e italiano. A livello comunitario, una tale manovra di politica legislativa è del tutto coerente col principio di sussidiarietà che informa le Politiche dell Unione Europea: sussidiarietà intesa non solo in senso verticale, come necessità di favorire le forme di governo locale, lasciando agli enti maggiori (Regione, Stato, Unione Europea) la disciplina delle situazioni non facilmente governabili dagli enti minori, ma anche in senso orizzontale, cioè come necessità di favorire le forme di intervento dei diretti interessati, portatori di un problema (auto-amministrazione), relegando agli enti pubblici e istituzionali l amministrazione delle situazioni non facilmente gestibili dai diretti interessati. Tradotto in termini concreti, questo significa che se le politiche sociali di lotta contro la povertà e la solitudine non possono essere affrontate solo dalle persone e dai gruppi che si trovano concretamente a vivere nelle predette condizioni, e ciò a causa della complessità dei fenomeni sopra indicati, che richiedono la cooperazione di tutti i livelli e gli attori istituzionali e sociali, è altresì vero che possibili forme di intervento spontaneo del cittadino che siano in grado di attenuare, per molti o per alcuni, gli effetti pregiudizievoli di situazioni sociali complesse vanno non solo riconosciute, ma finanche promosse e sostenute dallo Stato e dalle Istituzioni. Rispetto all ordinamento interno, questa sussidiarietà orizzontale, che si traduce anche nella promozione della partecipazione democratica e del pluralismo, trova riscontro nel dettato costituzionale, che all articolo 2 sancisce la necessità per la Repubblica di «riconoscere e garantire i diritti inviolabili del cittadino sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità».e trova 4

5 5 riscontro anche nelle più importanti e recenti leggi ordinarie: abbiamo evocato prima la legge-quadro sul volontariato (legge 266/91), la legge sulla disciplina delle imprese sociali (legge 381/91, Decr. Legisl. 155/06), la legge sulle Associazioni di promozione sociale (legge 383/2000); non può mancare in questo genere di richiami il riferimento alla c.d. legge-quadro sulla assistenza sociale e sanitaria (legge 328/2000), che nella stessa intitolazione evoca il fenomeno della integrazione degli interventi e dei servizi sociali tra pubblico e privato. Ritornando al piano comunitario non può disconoscersi il valore programmatico assunto dalle lineeguida indicate nel Consiglio Europeo del 2000 nella c.d. «strategia di Lisbona». In essa l Italia, al pari di ogni altro Paese dell Unione Europea, si è impegnata nella lotta per lo «sradicamento della povertà» entro il Questo ambizioso obiettivo, che almeno per l Italia è ancora lontano da raggiungere, è stato riproposto di recente dalla Commissione Europea come necessità di salvaguardare contemporaneamente sviluppo economico, inclusione sociale, tutela dell ambiente (in nome di un concetto «globale» di «qualità della vita»). Non è un caso, allora, che i vari condomini, quartieri, villaggi «solidali», costituiti da gruppi di famiglie, siano (come dimostrano trenta anni di sperimentazione) capaci di conseguire al tempo stesso maggiore benessere materiale per coloro che vi partecipano, maggiore inclusione sociale di persone svantaggiate (anziani soli, minori abbandonati, ecc), maggiore salvaguardia e valorizzazione del territorio e dell ambiente (attraverso il recupero di edifici abbandonati, il ricorso alla bioedilizia e alla bioingegneria). PROPOSTA DI LEGGE Art 1. La Repubblica riconosce la «funzione sociale» delle associazioni di solidarietà fra le famiglie come uno dei possibili strumenti di lotta contro la povertà, la solitudine, l esclusione sociale. Art 2. Lo Stato impone alle predette associazioni una disciplina giuridica in termini di «organizzazioni non lucrative di utilità sociale» (ONLUS), ai sensi e per gli effetti del decreto legislativo 470/97, richiedendo la natura volontaria, spontanea e non retribuita delle attività prestate dai soci all interno della organizzazione inter-familiare. Art 3. E compito delle Regioni,delle Province e dei Comuni controllare il perseguimento inderogabile da parte di questi enti dei valori di sobrietà, probità, onestà, condivisione, rispetto reciproco, accoglienza. Art 4. Fermi restando l obbligo e i vincoli di cui agli articoli precedenti, lo Stato e le Regioni riconoscono comunque autonomia organizzativa e statutaria alle predette associazioni, nel rispetto pur sempre dei principi fondamentali dell ordinamento. Art 5. Spetta ai Comuni,presso i Dipartimenti delle Politiche per la Famiglia, istituire dei Registri per l iscrizione degli enti suindicati. Art 6. L iscrizione ai predetti Registri è comunque subordinata all avvenuta costituzione dell Associazione,in qualsiasi forma,almeno un anno prima della richiesta. Art 7. Detta iscrizione è condizione indispensabile per la concessione di Contributi e la stipula di Convenzioni con gli Enti Pubblici territoriali.

6 6 Art 8. Prima della iscrizione nei Registri,la legittimazione a chiedere l eventuale concessione in comodato di un bene pubblico, l erogazione di Contributi e la stipula di Convenzioni con gli Enti Pubblici spetta alle Associazioni di volontariato,iscritte nei Registri Regionali e Provinciali,ai sensi della legge 266/91,le quali abbiano come oggetto statutario principale di attività la promozione e il sostegno delle forme di solidarietà tra le famiglie. Art 9. Lo Stato e le Regioni riconoscono la natura di «Centri di Servizio», ai sensi e per gli effetti della disciplina dei Centri di Servizio per il Volontariato di cui alla legge 266/91, alle Associazioni che promuovono e sostengono la solidarietà fra le famiglie sopra indicate. Art 10. Indipendentemente e oltre i Contributi concessi dagli Enti Minori (Comune, Provincia, Regione) e, per particolari progetti sperimentali e innovativi, dall Unione Europea, lo Stato eroga annualmente un apposito Finanziamento alle Associazioni di solidarietà famigliare come sopra costituite e iscritte,attraverso la destinazione diretta di una quota del Fondo Nazionale per l Associazionismo,esistente presso l apposita Direzione Generale del Ministero del Welfare, il cui ammontare dovrà essere stabilito ogni tre anni, con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro del Welfare. Art 11. Presso la medesima Direzione Generale per il Volontariato, l Associazionismo e le Formazioni Sociali del Ministero del Welfare è istituiro l Osservatorio Nazionale delle Associazioni di Solidarietà Familiare, con compiti di monitoraggio, controllo e informazioni varie sulle predette Associazioni. Art 12. Spetta alle Regioni il compito di emanare ulteriori norme, attuative o complementari alle presenti disposizioni, nell ambito della più generale potestà legislativa e funzione di programmazione riconosciuta agli enti regionali in materia di servizi sociali. Il Presidente Avv. Giuseppe Pio Torcicollo

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