CONDANNATO IN PRIMO GRADO CON LAVITOLA. MA IL PROCESSO È QUASI PRESCRITTO «Corruzione al senato contro Prodi»: 3 anni a Berlusconi IN GIUNTA

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1 CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 2,00 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/23/2013 ANNO XLV. N GIOVEDÌ 9 LUGLIO 2015 EURO 1,50 CONDANNATO IN PRIMO GRADO CON LAVITOLA. MA IL PROCESSO È QUASI PRESCRITTO «Corruzione al senato contro BIANI Prodi»: 3 anni a Berlusconi S ilvio Berlusconi e Valter Lavitola sono stato condannati ieri a tre anni per corruzione dal Tribunale di Napoli per la compravendita di senatori che portò alla caduta del governo Prodi nel Secondo il pm Fabrizio Vanorio, la sentenza «farà giurisprudenza perché è il primo caso in cui si affronta il tema della corruzione parlamentare» anche se il processo andrà prescritto il 6 novembre. In udienza nei mesi scorsi è stato ascoltato anche Prodi: «C erano delle voci, ma, come dissi al giudice, non ne sapevo nulla. Se lo avessi saputo sarei ancora presidente del Consiglio». POLLICE PAGINA 7 IN GIUNTA Azzollini verso l arresto Sì della giunta, il Pd soffre Ma il voto del senato arriverà solo in autunno Il cuore d Europa PAGINA 7 CINA A Shanghai crolla la borsa E ora si teme una «bolla» Sospensione delle contrattazioni di almeno società, nel tentativo di arrestare una caduta che ha portato i listini a bruciare oltre miliardi di dollari. Su altri 710 titoli l impossibilità ad operare è derivata dal congelamento seguito a crolli nelle borse di Shanghai e Shenzhen superiori al 10% PIERANNI PAGINA 5 TRATTATI Ttip, primo sì alle regole per l arbitrato internazionale L Europarlamento ha approvato le regole per il Ttip con 436 sì (Ppe, S&D, Alde), 241 no (Gue, Verdi, destre) e 34 astenuti. In pratica sono state approvati le «raccomandazioni» che includono un sistema alternativo alle controverse corti arbitrali private per le dispute investitori-stati (il cosiddetto Isds) DE SISTO PAGINA 4 STRASBURGO Lo scatto di Tsipras Dimitri Deliolanes C on applausi, abbracci e grandi sorrisi Alexis Tsipras ha fatto ieri il suo primo ingresso al Parlamento Europeo. Non era una passeggiata. Nel suo discorso introduttivo, il premier greco si è concentrato a rispondere, usando il buon senso e la ragionevolezza, a tutte le critiche, spesso del tutto infondate, che sono state mosse in tutti questi mesi contro di lui e la Grecia. Provocando spesso reazioni tempestose, attacchi, persino invettive, da parte di alcuni deputati europei. Innanzitutto Tsipras ha voluto sancire, anche in questa sede, il fallimento del programma di austerità: «I soldi che ci avete prestato non sono andati a favore del popolo greco né a favore dell economia reale. Sono andati alle banche, greche e straniere. La mia patria è stata trasformata in un laboratorio sperimentale che ha portato il popolo greco a esaurire la sua capacità di resistenza facendo fallire l esperimento. Oggi, qualsiasi sia l orientamento di ognuno, tutto il popolo greco sente che non ha altra scelta che lottare per la sua liberazione». La Grecia, ha continuato, ha fatto uno «sforzo senza precedenti di adeguamento» alle richieste dell eurozona. CONTINUA PAGINA 2 STRASBURGO, ALEXIS TSIPRAS PARLA ALL EUROPARLAMENTO LA PRESSE Il leader di Syriza all europarlamento: «L austerità è fallita, finora avete salvato le banche, non certo il popolo». Atene presenta la richiesta di aiuti e insiste per la ristrutturazione del debito «per poterlo restituire». Domenica il vertice Ue PAGINE 2, 3,4 BANCHE SOTTO ASSEDIO L attesa di Atene CRISI GRECA PAGINA 3 Unione senza guida e «socialisti» mutanti PAOLO PINI, ROBERTO ROMANO Angelo Mastrandrea INVIATO A ATENE A tene nel limbo: città «normale» fra mercati e turisti; umanità vera alla cena sociale della sezione di Syriza. Con le banche in asfissia («usate come tanks» dice uno slogan) è indispensabile una boccata d ossigeno: senza liquidità la Grecia rischia di morire strangolata prima del «summit». Nessuno riesce a prevedere finché durerà la paradossale tranquilla emergenza. Resta l orgoglio della culla della democrazia, nell epoca dell Europa dei tiranni. PAGINA 3 L illusione del civil servant modello Bankitalia L idea del popolo eterno fanciullo e il notabilato tecnico europeo. La lezione greca all Italia (sinistra inclusa) ANALISI Tommaso Nencioni pagina 15 BRICS Nasce in Russia la nuova Banca di sviluppo alternativa Si conclude domani a Ufa, in Russia, il VII Vertice dei Brics, ovvero Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica: il 40% della popolazione mondiale e oltre il 30% del Pil globale. E il ministro dello Sviluppo economico russo, Anton Siluanov è il governatore della nuova Banca dello sviluppo, grande invenzione dei Brics COLOTTI PAGINA 5 REPORTAGE DA GAZA Un anno fa raid e codice di sangue MICHELE GIORGIO l PAGINE 8, 9 AMERICA LATINA Papa e Bolivia in movimento GERALDINA COLOTTI l PAGINA 16

2 pagina 2 il manifesto GIOVEDÌ 9 LUGLIO 2015 IL CUORE D EUROPA Strasburgo La Grecia presenta al Mes la richiesta formale per il terzo piano di aiuti: previsti tagli alle pensioni baby e riforma fiscale L orgoglio di Tsipras Il premier greco all europarlamento difende le proprie scelte: «L austerità è fallita, il salvataggio ha riguardato le banche, non il popolo». Poi rassicura l Unione: «Resteremo nell euro» DALLA PRIMA Dimitri Deliolanes «Nessun altro paese sotto programma di salvataggio e con riforme in corso ha fatto uno sforzo simile alla Grecia», ha detto il premier greco. Ma tutto invano. Poi Tsipras ha risposto a chi lo ha accusato di non aver portato proposte martedì alla riunione dell eurogruppo: «Abbiamo inviato un testo di 47 pagine che non comprende le nostre posizioni ma il risultato del difficile negoziato. In queste proposte è compreso il nostro forte impegno a raggiungere gli obiettivi di bilancio che abbiamo fissato. Manteniamo però il nostro diritto, come governo sovrano, di aggiungere o togliere imposte. È un nostro diritto tassare le imprese in utile e non tagliare le pensioni. Se non abbiamo il diritto a trovare da soli i settori in cui risparmiare, allora saremmo condotti in una logica estrema e antipopolare. Si direbbe allora che nei paesi sotto programma di salvataggio non si debbano tenere elezioni, solo nominare dei tecnocrati e che solo loro possano decidere». Il riferimento è alle ripetute interferenze dello stesso presidente del Parlamento europeo Martin Schulz sulla composizione del governo greco. Ma anche un colpo preventivo verso i piani, accarezzati da una parte della destra tedesca, di puntare a risolvere il caso Atene attraverso il rovesciamento del governo. Tsipras ha negato decisamente ogni progetto, segreto o palese, di ritorno alla dracma: «La settimana scorsa la maggior parte delle dichiarazioni consistevano nel dire che il vero quesito del referendum era la scelta tra euro e dracma e che la vittoria del no significava l uscita del paese dall eurozona. I greci hanno votato No. Se avessi voluto far uscire il mio paese TOUR DI VISITE UFFICIALI Merkel nei Balcani Da Tirana a Sarajevo La cancelliera Angela Merkel è in missione nei Balcani; in due giorni visite ufficiali in Albania, Serbia e Bosnia-Erzegovina. Sono i Paesi sempre sulla soglia dell ingresso nell'unione europea, ma che scontano gli effetti della crisi con la Grecia. Dopo la tappa a Tirana, Merkel è attesa nel tardo pomeriggio a Belgrado dove vedrà il premier Aleksandar Vucic e il presidente Tomislav Nikolic. La visita a Sarajevo è prevista, invece, alla vigilia delle commemorazioni solenni di sabato per il 20 anniversario del massacro di 8 mila musulmani a Srebrenica ad opera delle truppe serbo-bosniache di Ratko Mladic. A rappresentare l'italia ci sarà il presidente della Camera Laura Boldrini. dall euro non avrei fatto le dichiarazioni che ho fatto domenica sera». Il referendum rappresenta un «forte messaggio» del popolo greco: «Il forte no di domenica ci ha dato l incarico di rafforzare i nostri sforzi verso una soluzione sostenibile al problema greco, senza ripetere gli errori del passato e senza l eterna e inutile austerità». Rispondendo all attacco di un deputato conservatore tedesco, il premier greco ha sollevato il problema del debito: «Voglio ricordarle che il momento più intenso di solidarietà europea c è stato nel 1953, quando il suo paese usciva pieno di debiti da due guerre mondiali. L Europa e i popoli europei hanno mostrato la massima solidarietà nel momento in cui hanno deciso di tagliare il 60% del debito della Germania e hanno posto, per la restituzione di quello che rimaneva, la condizione che la stessa Germania fosse in fase di sviluppo. Per questo anche noi oggi chiediamo un programma sostenibile che ci porti a essere in grado di restituire i nostri debiti. Quando chiediamo il taglio del debito, lo chiediamo proprio per poterlo restituire». Alle accuse verso il governo di aver mostrato scarso dinamismo riformatore, Tsipras ha risposto elencando orgogliosamente quello che è riuscito a fare nei cinque mesi di governo: «Abbiamo finalmente cominciato a indagare sulla famosa lista Lagarde, che il governo precedente aveva nascosto nel cassetto. Abbiamo cercato e in parte riuscito a portare davanti alla giustizia molti grandi evasori fiscali. Abbiamo firmato un accordo con la Svizzera per poter tassare i greci che hanno conti in quel paese. Abbiamo tassato le transazioni triangolari. Abbiamo chiesto agli editori televisivi di pagare finalmente le tasse arretrate». Un azione riformatrice fortemente in contrasto con le azioni dei governi precedenti di Atene: «Mi assumo la piena responsabilità per tutto quanto è successo in questi ultimi cinque mesi. Dobbiamo però con sincerità tutti riconoscere che la grande responsabilità per lo stallo sul negoziato non pesa tanto sugli ultimi cinque mesi ma sugli ultimi cinque anni». Tsipras ha voluto chiudere il suo discorso con una citazione dall Antigone di Sofocle: «Sofocle ci ha insegnato che la legge superiore a quella degli uomini è la giustizia. Credo che siamo in un momento in cui vige questo principio». IL DIBATTITO IN AULA Bordate e fischi dal Ppe I socialisti mediano Per la prima volta l aula di Strasburgo ha discusso dal vivo, con i protagonisti, il «caso Grecia». Gli interventi successivi al discorso di Tsipras, infatti, hanno offerto uno spaccato delle divisioni che attraversano il continente. Il neocapogruppo del Ppe Weber (tedesco) si è lasciato andare a invettive durissime, accusando Tsipras di aver «distrutto la fiducia dell Europa». Weber ha ripetuto che non possono essere «gli infermieri portoghesi» a pagare i debiti dei greci, perciò «lei, Tsipras, è un provocatore, non vuole nessun accordo». Molto più conciliante il capogruppo S&D Pittella (italiano), secondo il quale messi da parte gli «estremismi di Varoufakis e Schäuble» (stoccata al ministro tedesco) si può discutere anche del debito, e anche con una conferenza europea. In aula Tsipras ha ricevuto anche l invito a resistere di Pablo Iglesias (Podemos) fino alle elezioni spagnole: «Il 2015 è l'anno del cambiamento», tra qualche mese «saremo più forti». m. ba. Reazioni/ OGGI LE PROPOSTE GRECHE, DOMENICA SCADE L'ULTIMATUM, VERTICE DECISIVO Francia contro il «Grexit», S&D prende le distanze da Schulz Anna Maria Merlo PARIGI A lexis Tsipras afferma di fronte all Europarlamento che il «dibattito è politico», ma le istituzioni gli rispondono convocando un Euroworking Group, una riunione dei direttori del Tesoro dei paesi dell Eurozona, per analizzare la richiesta presentata ieri dalla Grecia al Mes (Meccanismo di stabilità) di un piano su tre anni (senza specificarne l entità). Una nuova risposta sprezzante, anche se il presidente del Mes, Klaus Regling, vuole esaminare con la Commissione e la Bce le proposte greche, e chiede l assistenza dell Fmi, per valutare la sostenibilità del debito (ancora ieri il segretario al Tesoro Usa, Jack Lew lo ha giudicato «insostenibile»). L Eurogruppo previsto ieri è stato annullato, forse si riunirà sabato, la vigilia del vertice dei capi di stato e di governo della zona euro, momento dove scade l ultimatum e che, senza impegni precisi da parte di Atene, porterà inevitabilmente al Grexit. Oggi, o al massimo venerdì mattina, la Grecia presenterà le nuove «proposte concrete di riforme affidabili e giuste» al Consiglio, ha precisato Tsipras. Qualcosa si muove. La Francia ha battuto un colpo a favore di Atene. Ieri, Manuel Valls ha organizzato un dibattito all Assemblea nazionale sulla Grecia: «la Grecia è un alleato, un partner che la Francia non può abbandonare, indebolire la Grecia significa indebolire tutti», anche per ragioni geopolitiche (migrazioni, crisi mediorientale, Russia). Il primo ministro ha invitato «a rifiutare l Europa del risentimento, della punizione, dell umiliazione» un Europa del «ripiego su se stessi». Valls, a differenza di Juncker, ha capito che i greci al referendum non hanno detto no all Europa e all euro: «sappiamo ascoltare il messaggio di un popolo che ha subito un austerità senza precedenti». Il primo ministro ha annunciato che ci sarà un voto sull accordo anche in Francia (come in Germania, Olanda e Finlandia). La destra, dopo aver messo sotto accusa Hollande per la sua «passività», ha praticamente disertato l aula (la destra è in stato confusionale, tre rivali alle future primarie per la candidatura all Eliseo coprono tutto lo spettro delle posizioni: Sarkozy è per un Grexit immediato, Juppé ha proposto «un uscita accompagnata», mentre Fillon vuole tenere la Grecia nell euro). Maggiore flessibilità anche in Spagna. Manuel Rajoy ha giudicato «positivo» il «cambiamento di tono» di Tsipras. Note discordanti anche all interno del gruppo S&D, cioè tra i socialdemocratici europei. Il comunicato del gruppo, dopo il discorso di Tsipras, sembra una presa di distanza dalle dichiarazioni aggressive del presidente Martin Schulz nei giorni scorsi, seguite dalla dura presa di posizione di Sigmar Gabriel, ministro dell Economia nel governo Merkel (aveva proposto «aiuti umanitari» per la Grecia). «Un urgente appoggio a un giusto accordo per la Grecia è necessario per salvare l Eurozona», dice il comunicato, che invita a «moderare» i toni, a un progetto che tenga conto dell equilibrio tra solidarietà e responsabilità e si dichiara persino a favore di un prestito-ponte (respinto dalle istituzioni). I paesi dell Eurozona, a un passo dal baratro, cominciano a fare i conti sui costi di un Grexit, che risulta molto più caro di un nuovo piano di aiuti ad Atene: anche se venisse evitato il temuto «contagio» grazie a Mes, Unione bancaria e acquisto di titoli pubblici da parte della Bce, sarebbero da mettere in passivo più di 200 miliardi (142 miliardi prestati dal Fesf, il fondo salva-stati, 53 miliardi di prestiti bilaterali degli stati, 27 miliardi della Bce, oltre a un centinaio di miliardi del sistema di compensazioni bancarie Target 2), cosa molto difficile da spiegare agli elettori. Nella lettera al Mes, la Grecia si impegna a «rispettare leggi e regole», sottolinea i rischi dell instabilità finanziaria e promette, già «la prossima settimana», interventi sulle pensioni e sulla riforma fiscale, oltre ad «azioni supplementari per rafforzare e modernizzare l economia». Christian Noyer, governatore della Banque de France, ha ieri evocato rischi di «scontri» se non verrà ripristinata la fiducia nel sistema bancario, in vista della riapertura delle banche (che restano chiuse fino a venerdì, dal 29 giugno).

3 GIOVEDÌ 9 LUGLIO 2015 il manifesto pagina 3 IL CUORE D EUROPA Atene Mercato, bar e mète turistiche sembrano «normali» Alla cena sociale di Syriza uno spaccato di umanità EUROPARLAMENTO Dalla Grecia al Ttip, il punto è la democrazia TSIPRAS NELL AULA DELL EUROPARLAMENTO. IN BASSO, JUNCKER LA PRESSE ASSEDIO Sportelli chiusi e conti bloccati, come le rimesse dall estero Le banche come tank Angelo Mastrandrea INVIATO A ATENE A questo punto, bisogna prendere tempo per il negoziato e avere una boccata d ossigeno (leggasi liquidità) che consenta di far cessare l asfissia bancaria che rischia di strangolare la Grecia nel giro di pochi giorni. Lo ha detto esplicitamente ieri, davanti all Europarlamento, l ultranovantenne Manolis Glezos, l uomo che nel 1941 ammainò la bandiera nazista dal Partenone, rivolgendosi «a tutti quanti sognano di cacciare la Grecia dall Ue»: «L Europa è una creazione della Grecia e non ve la regaliamo. Chiediamo un margine di tempo in cui non riceveremo prestiti e non pagheremo rate». L analista politico (e fondatore del settimanale Epohi) Pavlos Claudianos aveva detto al manifesto: «Il tempo è dalla nostra parte», perché gli effetti del terremoto politico innescato in tutta Europa dal voto di domenica scorsa si vedranno solo tra un po. È quello che sostiene anche Giorgio Dedegikas, storico esponente della Rete per i diritti sociali e politici Diktio, davanti alla sede nel quartiere di Exarchia: «Bisogna attendere almeno fino alle elezioni spagnole dell autunno per vedere se l aria comincia a cambiare». Che succederebbe, infatti, «se l Italia, o più probabilmente la Spagna di Podemos, seguissero l esempio di Tsipras?» si chiede Rossana Rossanda dal sito Sbilanciamoci.info. Quella che va in scena a Bruxelles è una trattativa in cui una parte (i creditori) negozia tenendo per il MUTAZIONE GENETICA DELLA SOCIALDEMOCRAZIA collo l altra (la Grecia): da una parte si fa finta di discutere e dall altra la Bce nega la liquidità d emergenza che consentirebbe agli istituti di credito di avere un po di respiro. Dunque, nulla da fare anche per questa settimana: banche chiuse e conti correnti bloccati, mentre i trasporti rimangono gratuiti e i cittadini continuano ordinatamente a prelevare i 60 euro al giorno consentiti. Nessuno, qui ad Atene, riesce a prevedere fino a quando durerà questa paradossale situazione di tranquilla emergenza. Ieri il governo greco ha smentito le voci di un possibile ricorso a una moneta parallela, una sorta di «pagherò» con cui far fronte al pagamento di stipendi e pensioni. Ma è evidente che questa situazione non può durare a lungo, e questo alimenta qualche preoccupazione, soprattutto per l atteggiamento Il pilota automatico della Ue L Unione Europea e chi la governa, socialisti e popolari, hanno una idea di Euro- Paolo Pini, Roberto Romano pa e, probabilmente, la porteranno fino so in condizioni estreme considerare un intervento umanitario che, per assurdo, umilia an- i fondo. Qualche rumors avanza; alcuni dubbi si affacciano, ma nella sostanza preferiscono una cor di più le persone. Giornali, riviste e istituzioni di ricerca, formulano ipotesi per superare l at- unione monetaria omogenea nei fondamenti. C è l illusione che senza la zavorra greca l Europa si possa vivere molto meglio. Le parole del a suggerire alcune soluzioni, ma la sensazione è tuale fase di stallo. Noi stessi ci siamo impegnati ministro Padoan sono rappresentative dello stato dell arte: «i fondamentali dell Italia si sono giornali. Dopo alcuni anni tutti gli economisti quella di una discussione utile per riempire i rafforzati ci sarà un po di volatilità ma non concordano sulla profonda inadeguatezza del c è nessun rischio per l Italia che sta facendo le Patto di Stabilità e Sviluppo, al netto dei soliti riforme, che sono la via maestra anche dal punto di vista finanziari». insuperabile), ma le istituzioni europee sono eroi (la coppia Alesina-Giavazzi è un campione Relativamente alla crisi greca il Ministro ri-afferma che «ci vogliono riforme strutturali per rimettere l economia greca su un sentiero di crescita sostenibile. Questa è anche la condizione per rendere il debito sostenibile» (il sole 24 ore, 7 luglio). Per quanto possa apparire impossibile, sono proprio i socialisti a irrigidirsi. Le posizioni del vice cancelliere tedesco Gabriel e del presidente del Parlamento europeo Schulz sono coerenti con una certa idea di socialismo. Il primo ha sostenuto che «un compromesso ormai è quasi impossibile e i paesi europei alla Grecia al massimo possono fornire aiuti umanitari», il secondo si è apertamente schierato con il sì al referendum. Qualcuno parla a ragione di mu- DEPUTATI A STRASBURGO CHIEDONO «LIBERTA PER LA GRECIA» LA PRESSE tazione genetica della socialdemocrazia europea. Come dargli torto appare difficile. formulate dai think tank tedeschi sulla possibili- sorde. Se nemmeno una delle tante proposte Probabilmente sono posizioni condivise da tà di istituire un Fondo unico che raccolga gli eccessi nazionali di debito pubblico, rispetto al tet- tutti o quasi i socialisti europei, mentre i popolari continuano nella deriva istituzionalista. Per la to del 60% del Pil, riesce a fare breccia, vuol dire Germania, inoltre, è opportuno sottolineare la che l Europa ha inserito un pilota automatico. matrice culturale che caratterizza da sempre Probabilmente la paura degli Stati uniti non è legata alla crisi greca, che nei fatti ha solo accelera- questo paese, fino a domandarsi se abbiano mai fatto i conti con la propria storia. L idea stessa di un piano umanitario per la popolazione pea, piuttosto nella perseveranza di politiche reto un problema di governo dell economia euro- greca è la declinazione di una idea di società, cessive e nei rischi geopolitici insiti nella crisi l economia sociale di mercato di natura ordoliberale. Se non adotti il nostro modello e le nomica europea è rimasta sempre la stessa ed è di- dell eurozona. Crisi dopo crisi la politica econostre regole non partecipi alla comunità, ma posventata sempre più autoregolatrice. È un treno su un binario. Al massimo può rallentare o accelerare (i famosi margini di flessibilità di cui tanto si discetta). Nulla di più e nulla di meno. L aspetto sorprendente è come tutto questo sia stato istituzionalizzato a tutti gli effetti. La posizione delle istituzioni europee, lasceremmo da parte il Fmi per la sua posizione che ha recentemente formalizzato, benché il suo presidente sia palesemente vittima della sua brama di potere rielezione alla guida del Fmi -, è granitica perché pensano proprio quello che dicono. L Europa deve avere bilanci pubblici in avanzo, una crescita della offerta di moneta coerente ad un target di inflazione stabile, un mercato del lavoro flessibile, un mercato dei beni interamente guidato dalla concorrenza, debiti pubblici sotto controllo e, preferibilmente, anche quelli privati visto che sono stati introdotti vincoli insormontabili alle banche e alle imprese per accedere al credito per nuovi investimenti (Basilea I, II, III e IV), crescita economica guidata dalle esportazioni e tassi di interesse allineati tra paesi. Questa è la posizione europea e delle sue istituzioni. Sono un pilota automatico che i funzionari seguono pedissequamente. Non a caso sono proprio i funzionari delle istituzioni a guidare la crisi greca, mentre i paesi dominanti, al massimo, concedono ai paesi vassalli di piazzare qualche funzionario qua e la. Abbiamo già dimenticato le formazione della Commissione Europea? Sarebbe anche possibile immaginare uno scenario europeo diverso. Le proposte non mancano, ma i funzionari non hanno il potere di cambiare le politiche. La politica? Forse è diventata un funzionario anch essa. Renzi è forse la versione peggiore, ma Monti non era diverso. Il dibattito non è più se uscire o meno dall euro. Il problema è l Europa. Dopo il 20 luglio, quando la Grecia non pagherà i 3,5 mld alla BCE, vediamo cosa succede. Dispiace dirlo, ma il tema che oggi la sinistra deve affrontare è lo stesso affrontato da Spinelli e da altri grandi europeisti. EXARCHIA, LA CENA SOCIALE NELLA SEZIONE DI SYRIZA FOTO ANDREA SABBADINI ostile - o almeno così viene percepito - delle istituzioni comunitarie e in particolare della Germania. Al momento, non paiono esserci carenze di valuta in circolazione: il mercato mattutino nel centro della città è affollato come al solito e lo stesso può dirsi per bar e trattorie. Gli unici effetti visibili sono che il traffico di automobili è diminuito e ovunque si paga in contanti (anche se i negozi della Plaka, il quartiere turistico sotto l Acropoli, tengono esposti cartelli in cui fanno sapere di accettare le carte di credito) e con banconote di piccolo taglio perché non è facile riuscire a cambiare le banconote da 50 euro in su. Il problema è la mancanza di liquidità delle banche, indotta dai rubinetti chiusi della Banca centrale europea, che ieri sera ha comunicato che lo rimarranno almeno fino a lunedì in attesa dell esito delle trattative. Una decisione affatto neutra che alimenta uno scenario fantapolitico ampiamente in voga ad Atene e riassunto da Dedegikas: «Dopo aver provato a buttar giù Tsipras facendo campagna per il sì al referendum, in maniera tutto sommato soft, ora ci riprovano facendo saltare le banche». Not by tanks, but by banks, «Non con i carri armati, ma con le banche», dicono da queste parti con uno slogan. Tutto ciò provoca diversi effetti collaterali. Ad esempio, l impossibilità di ritirare, oltre ai propri risparmi, pure le rimesse dall estero. Lo si capisce bene a una cena sociale organizzata a Exarchia dalla locale sezione di Syriza, che ha le vetrine incrinate e i poster di Marx e Lenin imbrattati di vernice a causa di un paio di assalti avvenuti negli ultimi mesi. Alcmini, una donna di mezza età che ha perso il lavoro a causa della crisi, resiste grazie al fatto che il marito se n è andato a trovare un impiego in Germania e manda i soldi a casa come facevano gli emigranti italiani negli anni Cinquanta. Grazie ai 60 euro al giorno finora ce l ha fatta, anche perché, se è vero che sono centellinati i prelievi, il governo ha stabilito che si possono pagare in ritardo tasse e bollette senza alcuna sanzione aggiuntiva. Se le banche dovessero essere costrette a chiudere del tutto i rubinetti, non riuscirebbe a reggere in alcun modo: per questo è seriamente in ambasce e sta pensando di abbandonare il paese, forse già nei prossimi giorni. Una piccola storia di vita che spiega la vita sospesa nella Grecia di questa torrida estate Eleonora Forenza* L ordine del giorno della sessione di ieri mattina del Parlamento europeo prevedeva il dibattito sulla situazione in Grecia, alla presenza di Juncker e Tsipras e la votazione sul Ttip, il trattato di commercio tra Ue-Usa. Vero oggetto della discussione in entrambi i casi, filo rosso tra due questioni fondamentali per il presente e il futuro dell Ue, la democrazia in Europa. Da un lato, un primo ministro che ha convocato un referendum anche perché potesse esercitarsi pienamente la sovranità popolare, e che in aula afferma con forza che «o l Europa è democratica o non è»; dall altro la risoluzione su un trattato, il cui mandato negoziale è rimasto a lungo segreto, e la cui applicazione svuoterebbe ulteriormente la democrazia rappresentativa attraverso meccanismi come il consiglio di cooperazione regolatoria e l istituzione di tribunali arbitrali per dirimere le controversie tra Stati e multinazionali. Le parole di Tsipras - accolto dagli abbracci dei deputati del gruppo Gue-Ngl, di cui fa parte anche Syriza - risuonano di quello stesso orgoglio, di quella dignità che ha portato il popolo greco a dire oxi ("no") al ricatto di Fmi e Brussels group: «La mia patria è stata trasformata in laboratorio delle politiche di austerità, ma quelle ricette hanno fallito». Tsipras rivendica che un governo democraticamente eletto debba poter scegliere se reperire risorse tagliando le pensioni o tassando i ricchi. E, dopo aver evocato la necessità di una conferenza europea sul debito in polemica con il capogruppo Ppe Weber, Tsipras chiude citando l Antigone di Sofocle, il «diritto umano» che prevale sulla legge degli uomini, il diritto del popolo greco alla sua dignità che prevale su ogni memorandum. A spazzare via le menzogne di chi rappresentava il referendum come scelta tra euro e dracma, o la vittoria del no come grexit, le parole del partigiano Glezos: «Non solo non lasceremo l Europa. Non vi lasceremo l Europa», rivolto ai paladini dell austerità. A presiedere un dibattito accesissimo Martin Schulz, quello che faceva campagna per il sì nonostante il suo ruolo di Presidente. Lo stesso che nella scorsa plenaria ha cancellato voto e dibattito sul Ttip perché non vi era accordo nella grande coalizione. Ecco, oggi è stato ancora più lampante come chi ha a cuore "almeno" la democrazia debba essere con Tsipras e contro Schulz. E come nella subalternità nel dibattito sulla Grecia e nella complicità con i popolari nel voto sul Ttip i socialisti europei abbiano smarrito qualsiasi funzione storica, per usare un eufemismo. Approvato il compromesso voluto dal duo Malmstrom-Schulz sul punto più controverso (la nuova versione dell Isds), la risoluzione approvata ignora completamente le preoccupazioni manifestate in questi mesi da attivisti e movimenti su questioni fondamentali come il principio di precauzione, la salute alimentare, la perdita di posti di lavoro. Ieri è stata una giornata importante anche per la ridefinizione del ruolo stesso del parlamento europeo, che come Tsipras stesso ha ricordato avrebbe potuto essere coinvolto molto prima nella discussione. Ora, se in Italia smettessimo di discutere di leader e formule, se lavorassimo a unire sostegno alla Grecia e lotta all austerità, contrasto al Ttip e battaglie per il diritto a lavoro e salute, forse potremmo sentire e comprendere meglio l orgoglio di Tsipras e del suo popolo, e costruire una sinistra, una alternativa al socialismo europeo e alle destre che ricordi, almeno vagamente, il Pride (in cui si univano attivisti LGB e minatori) del bel film di Matthew Warchus. *parlamentare europea L'Altra Europa con Tsipras

4 pagina 4 il manifesto GIOVEDÌ 9 LUGLIO 2015 IL CUORE D EUROPA Trattati Gli emendamenti della società civile sono stati sacrificati sull altare della «grosse koalition» che mai come oggi teme il rialzo d orgoglio greco Monica Di Sisto* L Europarlamento ha approvato le regole per il Ttip con 436 sì (Ppe, S&D, Alde), 241 no (Gue, Verdi, destre) e 34 astenuti. In pratica sono state approvati le «raccomandazioni» che includono un sistema alternativo alle controverse corti arbitrali private per le dispute investitori-stati (il cosiddetto Isds). Le regole in Europa - a quanto pare - valgono per il debito greco, ma per la maggioranza del Parlamento europeo, come da paradigma orwellianio, valgono meno. Soprattutto se alla mattina le tribune dell emiciclo a Strasburgo hanno traboccato come mai in almeno vent anni per Alexis Tsipras e al pomeriggio si deve votare la Risoluzione con cui il Parlamento europeo esprime la sua valutazione sul Trattato transatlantico di liberalizzazione di scambi e investimenti tra Usa e Ue. Valgono meno perché se una buona parte delle commissioni parlamentari ha espresso preoccupazioni per come la Commissione europea sta conducendo il negoziato - con scarsa trasparenza e considerando servizi, agricoltura e regole come merce di scambio per l accesso al mercato finanziario, energetico e degli appalti Usa - fuori dal Parlamento gli hanno fatto eco oltre 2 milioni di cittadini che hanno firmato una petizione che chiede lo Stop alle trattative. E ciò fa problema alla cabina di regia dell istituzione Ue. Il convitato di pietra si chiama «franco tiratore»: da ormai da mesi le , i profili Facebook e Twitter degli europarlamentari vengono inondati da migliaia di messaggi di cittadini che gli chiedono di trattare con cura la fragile democrazia IL NO «GRECO» (OXI) AL TTIP NELLE AULE DEL PARLAMENTO EUROPEO /REUTERS VOTAZIONE Sull Isds si erano spaccati i socialdemocratici. La toppa peggio del buco Ttip, ok alla nascita della «super corte» europea e di dar voce, nella risoluzione sul Ttip, alle preoccupazioni diffuse sul contenuto di un trattato che mira a costruire un mercato comune transatlantico che, valendo il 42% del Pil globale, aspira a fare legge per il resto del pianeta. Per questo, con una forzatura procedurale inedita, il presidente dell Europarlamento il socialdemocratico Martin Schulz fa saltare l emendamento 40 al testo, che avrebbe permesso di far esprimere l aula sull'arbitrato internazionale per proteggere gli investitori dalle decisioni degli Stati, il famigerato Isds, su cui proprio il gruppo socialdemocratico si era spaccato. Lo fa esercitando le prerogative del presidente su un argomento controverso e lo fa una seconda volta, scegliendo di porre in votazione un emendamento di compromesso, elaborato dal suo stesso gruppo, in cui l Isds si salva nella sostanza ma non viene più chiamato tale, e anzi si prefigura l introduzione di una «super corte» di giustizia imprecisata nel medio periodo, che è una toppa quasi più brutta del buco alla giustizia ordinaria creato con l Isds. Saltano, così, uno dopotutti gli emendamenti della società civile vengono sacrificati all'altare della «grosse koalition» popolare - socialdemocratica che mai come oggi teme l Europa infiammata dal rialzo d orgoglio greco. l altro gli oltre cento emendamenti presentati in meno di due ore, soprattutto quelli di buon senso sostenuti dalle campagne Stop Ttip. Salta l emendamento sulla Human Rights Clause, che avrebbe anteposto la tutela vincolante dei diritti umani rispetto alle dinamiche di mercato. Resta un capitolo sullo sviluppo sostenibile solamente consultivo senza nessuno strumento impositivo. Viene bocciata la lista positiva per i servizi pubblici, che avrebbe permesso di scrivere nero su bianco i servizi che si vogliono mettere sul mercato, salvaguardando quelli non elencati. Viene bocciata la possibilità di inserire il riferimento a settori sensibili da escludere dal negoziato, come dovrebbe avvenire per alcune produzioni agricole, fortemente a rischio di estinzione. La Commissaria al Commercio Cecilia Malmstrom, furbescamente, ringrazia via Twitter il Parlamento per il sostegno ricevuto, ma sottolinea anche che l Isds è morto, cui contrappone la sua proposta, quella che, per dirla con la campagna «Stop Ttip» europea, mette il rossetto al maiale pretendendo che diventi qualcos altro. Ma i conti non tornano per la coalizione di maggioranza, che tanto grossa non è più. 241 sono stati i voti contrari alla Risoluzione, molti di più di quelli algebrici tra maggioranza e opposizione. Si attende la lista del voto palese per capire chi c è stato e chi no a far finta, per l ennesima volta, di voler la democrazia impedendone l esercizio. E se l Isds s ha da cambiare, come ammette anche la Commissaria, vanno riaperti anche gli accordi commerciali con Canada e Singapore, che contengono l Isds ed espongono già a rischio di cause i nostri governi. Da lunedì 13 Usa e Ue si rivedranno a Bruxelles per un nuovo ciclo di negoziati transatlantici, e ritroveranno ad accoglierli le stesse proteste e gli stessi dubbi di ieri. Il Parlamento ha perso l occasione di farsene interprete, di diventare parte del cambiamento e non del problema democratico europeo che verrà affrontato dalla grande mobilitazione Stop Ttip di ottobre, che sembra necessaria oggi ancor più di ieri. *Portavoce della Campagna stop TTIP Italia MEMORANDUM Il salvataggio nascosto delle banche francesi mette nei guai l Italia Benn Steil, Dinah Walker N el marzo 2010, due mesi prima dell annuncio del primo salvataggio greco, le banche europee avevano crediti verso la Grecia pari a 134 miliardi di euro. Tra queste, le banche francesi erano le più esposte con 52 miliardi, 1,6 volte più della Germania, 11 volte più dell'italia, 62 volte più della Spagna. Il prestito da 110 miliardi erogato alla Grecia dal Fmi e dall Eurozona nel maggio 2010 ha permesso ad Atene di evitare il default delle sue obbligazioni verso queste banche. In assenza di tali prestiti, la Francia sarebbe stata costretta a un massiccio piano di salvataggio del suo sistema bancario. In questo modo, invece, le banche francesi sono state in grado di eliminare virtualmente la propria esposizione verso la Grecia e di condividerla all interno di tutta l area euro. L impatto di questo «salvataggio nascosto» delle banche tedesche e francesi si avverte oggi, quando la Grecia è sul precipizio di un default storico. Mentre nel marzo 2010 circa il 40% del totale dei prestiti europei per la Grecia è finito alle banche francesi, oggi lo è solo per lo 0,6%. I governi infatti hanno riempito la voragine nei conti non in proporzione all esposizione bancaria del 2010 ma in proporzione alle proprie quote nella Bce, che nel caso della Francia è solo del 20% (e non del 40%, ndr). Di conseguenza, la Francia è effettivamente riuscita a ridurre la sua esposizione netta totale (banche e stato) verso la Grecia di 8 miliardi di euro. Al contrario l Italia, che nel 2010 praticamente non aveva nessuna esposizione verso la Grecia, oggi è esposta in modo massiccio: 39 miliardi di euro. Idem la Spagna che da un rischio zero è schizzata ai 25 miliardi di euro di oggi. In breve, la Francia è riuscita a utilizzare il salvataggio greco per scaricare 8 miliardi di debito spazzatura sui propri vicini e caricarli con decine di miliardi di debito in più che avrebbero potuto evitare se la Grecia fosse finita in default nel Il risultato è che Italia e Spagna sono molto più vicine alla crisi finanziaria oggi di quanto dovrebbero essere. * Benn Steil è senior fellow e director of international economics al Council on Foreign Relations di New York ( C è un tratto comune che cementa le reazioni stizzite che hanno pervaso l establishment dell Ue all indomani del voto greco: il fastidio per la democrazia. Un fastidio atavico che è parte integrante del modo in cui il processo di integrazione europea si è venuto condensando in questi decenni. La questione del «deficit democratico» europeo, trattata marginalmente nei manuali di diritto, è finalmente esplosa. E i suoi effetti sono dirompenti. Il discorso tenuto da Tsipras ieri al parlamento europeo prende atto di tale esito e ciò gli consente di rovesciare l ordine del discorso. La questione che il premier greco pone ai leader europei non è più solo la Grecia e cosa la Grecia intende fare per l Europa, ma la Ue e cosa la Ue intende fare per se stessa e per il suo futuro. La pretesa di costruire l Unione al riparo dei popoli è fallita e le istituzioni europee iniziano a comprenderlo. Potranno anche illudersi che la soluzione sia scacciare la Grecia dall Unione, fare finta che nulla sia successo e provare così a ristabilire l ordine. Ma il velo è oramai stato squarciato dal popolo greco e rattopparlo non è più possibile. Lo sarebbe stato se il governo greco avesse giocato la sua partita sulla difensiva, chiudendosi nel recinto delle «piccole patrie», esasperando i rigurgiti nazionalisti oggi drammaticamente presenti anche in Grecia, ponendo al popolo l alternativa tra euro e dracma. I governi europei (in primis, il presidente Renzi) ci hanno sperato. Ma così non è stato. La questione che Tsipras ha posto, indicendo il referendum, è la questione dell Europa e del suo futuro. Che prima o poi ciò sarebbe successo era nei fatti. L Ue ha in questi decenni provato ad arginare gli «eccessi democratici» del costituzionalismo del novecento smantellandone le forme e le sue conquiste più significative. E di tale insanabile rottura finanche la cd. costituzione europea (travolta dal voto referendario in Olanda e Francia nel 2005) ne portava impresse, nel suo corpo normativo, tutti i traumi. Basti pensare soltanto all impianto semantico del Preambolo che al posto del mitico «We the People» della Costituzione americana del 1787, aveva preferito ostentare una sorta di beffardo «We the Kings (Queens) and Presidents of European Union», riproducendo poi in calce l elenco integrale di tutti i presidenti e di tutte le teste coronate degli Stati dell Unione europea. Un espediente verbale assai poco in linea con la tradizione del costituzionalismo democratico, ma tuttavia del tutto coerente con l assetto istituzionale dell Unione. Un assetto EUROPA C è un deficit di democrazia Claudio De Fiores debole, esposto agli impulsi dell antipolitica, e in ragione di ciò sguarnito di quelle procedure di partecipazione indispensabili per governare il conflitto, come il caso greco oggi dimostra. Ed è, invece, proprio dal conflitto che bisogna ripartire per costruire la nuova Europa. E per provare a ridefinire originalmente, su basi democratiche, il rapporto tra prima e dopo, tra dentro e fuori, rompendo gli angusti schemi che hanno in questi anni drammaticamente alimentato la contrapposizione tra creditori e debitori, tra cittadini ed stranieri, tra comunitari ed extracomunitari. Sia però ben chiaro. Costruire il futuro dell integrazione non vuol dire però che l Europa debba voltare riottosamente le spalle al suo passato. Perché è evidente che nessun progetto di integrazione sarà mai possibile se ci si isola dal passato, se ci si sottrae cioè all onere di fare i conti con quelle che sono le contraddizioni, la storia, la dimensione politica e costituzionale di un popolo o di un intero continente. Ma la dimensione costituzionale dell Europa non va però rintracciata nell acquis communautaire, nei Trattati, nelle sentenze della Corte di giustizia, nelle risoluzioni dei Comitati come gran parte dei politologi e taluni studiosi di diritto si ostinano ancora oggi a fare. La sua identità costituzionale risiede, piuttosto, nel suo modello sociale, in quella che è stata in passato la sua originale capacità di piegare gli assetti della produzione capitalista alle istanze dell eguaglianza sociale, nella sua sperimentata attitudine a regolare le dinamiche del mercato vincolandole al perseguimento di politiche redistributive e alla tutela (invenzione tutta europea) dei diritti sociali. Per realizzare tale prospettiva l Europa deve tornare ad assumere un ruolo attivo sul piano politico, ponendo immediatamente fine alle tiritere sulla produttività, la flessibilità, lo smaltimento integrale dei debiti. D altronde sono stati proprio questi gli ingredienti che hanno in questi anni determinato il naufragio del «sogno europeo». L Europa ha oggi bisogno di una nuova politica. Una politica all altezza delle sfide che la (post)modernità le pone, ma allo stesso tempo capace di farsi carico dei drammi sociali dell intero continente: dalla condizione dei migranti al vertiginoso aumento delle disuguaglianze sociali, dalle questioni ambientali alla disperata espansione delle aree di povertà. Vere e proprie distorsioni del sistema che l intransigente ostentazione del rigorismo finanziario imposto dalla troika ha, in questi anni, contribuito ad accrescere oltre misura.

5 GIOVEDÌ 9 LUGLIO 2015 il manifesto pagina 5 BRICS CINA Da un mese il mercato azionario è in caduta verticale. Pesa «l azzardo» dei piccoli azionisti Crollo borsa a Shanghai bruciati 3mila miliardi Il listino cresciuto del 150% in un anno. Dal 12 giugno il «panic sentiment» DIPLOMAZIA Primo incontro tra Putin e Xi L asse Mosca-Pechino alla «prova greca» Simone Pieranni C hi gioca in borsa e lo fa con un particolare azzardo, ben presto decide di investire più di quello che possiede, facendo ricorso a prestiti. Quando un autorità decide di bloccare questi prestiti, perché c è il rischio di una bolla speculativa, il giocatore d azzardo è probabile vada fuori di testa. E in Cina questi «giocatori d azzardo» sono almeno 90 milioni. I tecnici chiamano la sensazione che deve averli catturati panic sentiment. Un termine che la dice lunga su tutte le speculazioni tecniche che possono farsi per spiegare un tonfo clamoroso. Paura, sfiducia, corse rapide, gambe all aria, fuga; terminologia che nasconde quanto realmente accaduto, meccanismi che si perdono in sofismi finanziari, prestiti, «marginalità» che alla fine determinano il crollo. I quotidiani economici e finanziari già avvertono che questo tonfo potrebbe essere più grave del rischio di un uscita della Grecia dall euro. E per ora il governo cinese ha imposto la chiusura: nessuna azione in borsa per i prossimi sei mesi, per molte delle aziende quotate in borsa; stop alla vendita di azioni di chi possiede più del 5 per cento di un titolo. Un gesto tutto da verificare nella sua reale utilità. Nessuno dimentica che cosa potrebbe significare una Cina in ginocchio finanziariamente, e del resto questo crollo è una lenta e inesorabile azione in corso da giorni, da settimane e forse era perfino prevedibile se da anni in Cina un rischio bolla ne sostituisce un altro. L alchimia di un mercato controllato, secondo alcuni falchi in Cina, comincia a dare i propri segnali negativi. Secondo Bloomberg ieri il disastro ha provocato la sospensione delle contrattazioni di almeno società, «nel tentativo di arrestare una caduta che ha portato i listini a bruciare oltre miliardi di dollari». Su altri 710 titoli l impossibilità ad operare è derivata dal congelamento seguito a crolli nelle borse di Shanghai e Shenzhen superiori al 10%. Gli operatori finanziari, però, hanno ben presente il rischio del crollo, ma rimangono ad ora piuttosto nebulose le cause e soprattutto le conseguenze (si parla di un «1929 cinese»), specie alla luce dei primi provvedimenti del governo cinese che non hanno sortito l effetto voluto. Ieri, poi, Pechino ha ordinato alle aziende di stato di comprare e non vendere nel tentativo di fare rientrare almeno il panic sentiment. Ma perché è avvenuto questo apparente disastro? Innanzitutto è bene precisare che la BROKER DISPERATO A SHANGAI LAPRESSE-REUTERS composizione degli azionisti cinesi è particolare. In questi giorni molti media hanno sottolineato la rilevanza dei piccoli azionisti. Persone appartenenti alla middle class, spinti a operare in borsa. Questo fenomeno era già accaduto a inizio del 2008, quando gli uffici nel retro delle banche venivano presi d assalto da tanti negozianti, lavoratori, piccoli imprenditori, casalinghe, anziani, desiderosi di comprare azioni. Questa traiettoria si modificò ben presto: l economia reale cinese andava a gonfie vele - crescita a doppia cifra - e i risparmiatori nazionali videro bene di prelevare il contante da sotto il materasso per investirlo nel mattone, aspettando tempi migliori per la Borsa. Grazie all opera ingente di urbanizzazione - dal 2011 la Cina ha una popolazione più urbana che rurale - il settore immobiliare era diventato ormai una sorta di cassa di sicurezza nazionale. Anche in quel caso ci furono speculazioni, si attivò ben presto un meccanismo di banche ombra, perché lo Stato fu costretto a chiudere i rubinetti del credito, a causa del rischio bolla immobiliare. A quel punto di fronte al rischio, si è aperto un altro rischio: si è tornati sul mercato azionario, dove agiscono 90 milioni di piccoli azionisti (gli iscritto al partito sono 88 milioni, per fare un paragone), piuttosto volatili e talvolta incomprensibili nelle loro azioni. Propensi per altro a giocare d azzardo, causando così quel sommovimento che ha finito per creare il rischio di un salto nel vuoto, quando in soldoni il governo ha stretto le maglie dei «prestiti per investire» cui gli azionisti erano ricorsi. Fino al 12 giugno la Cina ha permesso la realizzazione di tanti soldi ai suoi azionisti (una crescita di oltre il 150% che consente un bilancio rispetto all'anno scorso, nonostante il tonfo di oltre +80%) poi è cominciata la china discendente, che si è concretizzata nella settimana dell annuncio del referendum della Grecia. Si tratta di una connessione che però - a parte nei primi istanti- è finita nelle retrovie delle giustificazioni. Secondo gli analisti di Schroders infatti, la storia sarebbe andata in altro modo: quando il regolatore agisce per ridurre la volatilità, «si assiste a forti crolli giornalieri». Sarebbe dunque l azione del governo, attraverso la restrizione ai finanziamenti sul margine, ovvero una sorta di prestito che viene chiesto per investire, ad aver prodotto l attuale «sell-off». Non mancano i segnali che a Pechino vengono letti come incoraggianti: il presidente Xi Jinping, nonostante la situazione di grande incertezza, si è recato in Russia al vertice Brics, facendo intendere che tutto sarebbe sotto controllo, tanto da non richiedere la sua presenza in patria. In Cina questo genere di «gesti» ha sempre una doppia lettura e nella giornata che ha visto ogni tipo di speculazione, non è mancata anche quella che vuole Xi Jinping lasciare al proprio destino il premier Li Keqiang, responsabile delle politiche economiche del paese. Tanto che qualche fonte vicina al premier avrebbe raccontato al Financial Times l ira di Li, una volta tornato in Cina dal viaggio in Europa, per «dover fare fronte da solo alle difficoltà finanziarie». Non sono segnali positivi, neanche questi. Anche la Grecia potrebbe usufruire della nuova architettura finanziaria che non richiede piani di aggiustamento strutturali Geraldina Colotti S i conclude domani a Ufa, in Russia, il VII Vertice dei Brics, ovvero Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica: il 40% della popolazione mondiale e oltre il 30% del Pil globale. A Mosca tocca la presidenza di turno, dopo il precedente incarico del Brasile, che ha ospitato il summit dell anno scorso. E il ministro dello Sviluppo economico russo, Anton Siluanov è il governatore della nuova Banca dello sviluppo, grande invenzione dei Brics. L altro ieri, le banche centrali dei cinque grandi emergenti hanno firmato un accordo operativo che regola il funzionamento del fondo di riserve monetarie comune, pari a milioni di dollari. La Cina metterà 41 miliardi di dollari, Russia, India e Brasile 18 miliardi ciascuno e il Sudafrica 5 miliardi. La sede sarà a Shanghai, ma un altro centro regionale si troverà in Sudafrica. La Banca è dotata di un consiglio di amministrazione, il cui primo presidente è Siluanov, di un direttivo a conduzione brasiliana e da una presidenza, a cui è stato nominato l indiano Kundapur Vaman Kamath, affiancato da 4 vicepresidenti degli altri 4 paesi. La nuova Banca di sviluppo comincerà ad essere operativa entro la fine di aprile del Obiettivo del fondo comune sarà quello di concedere prestiti ai paesi partecipanti in caso di problemi con la liquidità in dollari. La decisione di dotarsi di una banca è stata presa dai Brics l anno scorso, durante il vertice di Fortaleza, in Brasile. Se ne discute però dal 2009, con il primo vertice dell organismo. Ora, l intenzione dei cinque paesi è quella di farne un organismo finanziario globale «specializzato in progetti di infrastruttura»: il disegno di una nuova architettura finanziaria, alternativo al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale (che ha un patrimonio di 490 miliardi di dollari), egemonizzati dagli Usa. I Brics hanno dichiarato la loro disponibilità ad incorporare altri stati fondatori, ma le modalità sono ancora da definire. L indirizzo è però dichiarato: una logica di prestiti senza il cappio al collo degli aggiustamenti strutturali richiesti dall Fmi, presso cui i Brics hanno solo il 10,3% del diritto di voto. Un atteggiamento importante dato il dislivello esistente all interno dei paesi membri, ove S. Pie. R ussia e Cina si ritrovano all incontro dei Brics, al termine di un periodo di incontri bilaterali rilevanti e aggiornamenti costanti sulla situazione internazionale. Da parte di Pechino ci sarà la volontà di affermare la propria posizione riguardo la questione greca, che attualmente è motivo, minimo, di distanza da Mosca. Anzi, si può affermare che proprio Pechino abbia finito per trainare Mosca su posizioni abbastanza caute anche in relazione alla crisi greca. Cina e Russia sono molte vicine sia su questioni di geopolitica, sia per affari e giro commerciale, non ultimo il contratto trentennale per il gas, conclusosi al termine di uno dei momenti più duri per Mosca della crisi ucraina. E bisogna pur specificare che se Pechino ha sostenuto in modo blando la posizione russa sul conflitto in Ucraina, quell accordo ha permesso a Putin di «vendersi» la nascita di un potenziale «asse» russo cinese. Né Mosca né Pechino - forse - ci credono troppo, perché potenzialmente troppi sono i punti di contrasto. Ma entrambi i paesi agitano lo spauracchio di un alleanza solida in relazione a situazioni internazionali, contrapponendo la propria vicinanza in primo luogo agli Stati uniti. Entrambi i paesi sono accomunati da una visione multipolare del mondo, in contrasto RUSSIA In corso a Ufa fino a domani il VII Vertice di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica Fondata la nuova Banca di sviluppo anti-fmi l economia cinese è 28 volte quella del Sudafrica, e date le differenti modalità di governo adottate dai singoli paesi. Verso la fine dell egemonia del dollaro? Intanto, i Brics ragionano sull istituzione di una moneta comune. Intanto, costituiscono una sponda per la Russia colpita dalle sanzioni. E potrebbero lanciare un salvagente anche all economia greca, nell ottica di una politica di Atene a più dimensioni, in cui i Brics giocherebbero un ruolo principale. A fine maggio, la Grecia ha manifestato interesse per la nuova Banca di sviluppo. E anche se Atene non potrà certo apportare contributi iniziali, potrebbe ricevere un credito non condizionato e un appoggio finanziario significativo. Di recente, il presidente russo Vladimir Putin ha detto che la crisi greca è fuori dall agenda della Banca di sviluppo, ma non da quella del vertice, e che se ne dovrebbe discutere in una colazione di lavoro, insieme ad altri temi di interesse internazionale come l Ucraina o la minaccia del Califfato. L anno scorso, l Argentina ricattata dai fondi avvoltoio, posizionati a Washington, è stata presente a Fortaleza e la presidente Cristina Kirchner ha posto decisamente l esigenza dei paesi del sud di impostare un sistema finanziario alternativo. Presenti anche i presidenti dei paesi socialisti latinoamericani, che - Venezuela in testa - hanno inaugurato una logica solidale alternativa negli scambi sud-sud. Domani, sempre a Ufa, si svolge anche un altro importante vertice finanziario, quello dell Organizzazione di cooperazione di Shanghai (Ocs), che attualmente include Russia, Cina, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan, e prevede l entrata di India e Pakistan per configurarsi come un nuovo G8. con il tentativo Usa di difendere una posizione di dominio assoluto. Mosca e Pechino ritengono che ormai i centri di potere regionale abbiano finito per riequilibrare i rapporti di forza. Ma Xi Jinping sembra credere a questo soprattutto nelle aree che la Cina ritiene «proprie», vale a dire nel mar cinese del sud e in quello orientale, dove le zone contese con altri paesi asiatici creano periodicamente tensione. È in quelle zone che Pechino smette i panni del partner conciliante e disponibile, per diventare più aggressivo, in quella che ritiene essere la propria zona di casa e dove i militari cinesi vedono dal vivo i militari americani, che entro il 2020 sposteranno il 60 per cento della propria marina militare in quelle zone. Nel resto del mondo la Cina non segue la spericolatezza di Putin, anzi. Pechino, pur mantenendo le proprie posizioni di critica a Usa e all occidente, rispetto ad altre zone del mondo è molto più disponibile al dialogo di quanto Washington non voglia far credere. Sull Ucraina ha difeso la Russia, ma non ha nascosto il proprio fastidio nei confronti dell «operazione Crimea», che si scontra con la posizione cinese che non vuole interferenze in affari interni di altri stati, in modo da non doverne subire di altrettanti in casa (vedi Tibet e Xinjiang). Sulla Grecia, infine, la Cina ha fin da subito spinto per una soluzione della crisi capace di tenere insieme l Europa, non tanto per questioni politiche, quanto per necessità economiche del paese. Pechino in Europa sta investendo, sia acquistando asset industriali e nell innovazione, sia come mercato di riferimento. Pechino ha bisogno assoluto di stabilità, non solo internamente, ma anche a livello politico internazionale e lo sconquasso di un uscita della Grecia, eventualmente, creerebbe solo problemi alle aziende cinesi. Diversa - al riguardo - la posizione della Russia, che ad Atene ha già fatto capire di essere disposta ad un aiuto, sempre che Tsipras lo richieda. Ma si è trattato di un primo approccio poi sfumato, come confermato nei giorni scorsi, quando Mosca ha tenuto a precisare che la telefonata tra Tsipras e Putin era intercorsa per volontà del leader greco e non il contrario. Recentemente il Guardian ha ospitato l intervento di vari autori proprio riguardo l eventuale e possibile «asse» Pechino Mosca. A questo proposito si specificava, utilizzando le parole di Liu Jun, esperto di studi russi alla East China University, che «è del tutto possibile che la Cina abbia la volontà di sviluppare le sue relazioni con i paesi dell Asia centrale senza sfidare la Russia, ed è vero che la Russia appare preoccupata dell influenza crescente della Cina in Asia centrale, ma le preoccupazioni non sono al momento un intoppo all ambito principale delle relazioni bilaterali: ci sono più vantaggi nella cooperazione». Per ora.

6 pagina 6 il manifesto GIOVEDÌ 9 LUGLIO 2015 ITALIA La crisi per gli over 65 non è mai finita e per loro non arriva mai la stagione degli aumenti. Ispezioni: ben l 81% delle imprese è irregolare Antonio Sciotto U n italia che non riesce a liberarsi dalla crisi, e che anzi vede numeri sulla povertà sempre più preoccupanti: il rapporto Inps sul 2014, presentato ieri dal presidente Tito Boeri, è una sfilza di cifre raggelanti. Ben 1,9 milioni di pensionati percepiscono assegni medi mensili sotto i 300 euro, per l esattezza 286,9 euro, mentre ammontano a 4,7 milioni quelli la cui pensione media non supera i 700 euro mensili. Complessivamente un esercito di 6,6 milioni di persone, il 42,5% del totale, dunque, non arriva a 700 euro. L Inps accende un faro più generale sulla povertà, visto che eroga anche istituti come la cassa integrazione, e non a caso ieri Boeri ha ribadito l idea di pensare a un ammortizzatore speciale dedicato agli over 55 che hanno perso il lavoro, ancora troppo lontani dal pernsionamento. La crisi che dal 2008 ha falcidiato il Paese ha infatti lasciato dietro di sé una lunga scia di povertà aggravando e peggiorando le condizioni dei più deboli, perciò servirebbero interventi speciali, mirati sulle vittime della crisi. In cinque anni la quota totale di persone povere, spiegano all Inps, è aumentata del 7% fino a raggiungere il 25% della popolazione, ovvero 15 milioni di persone. Non solo. Il 10% più povero della popolazione ha sperimentato, tra il 2008 e il 2013, una contrazione reale del proprio reddito vicino al 30% mentre, nello stesso periodo, la diseguaglianza dei redditi è cresciuta a tassi sostenuti, con un incremento dell indice relativo pari al 39% tra il 2008 e il 2013 (da 0,21 nel 2008 a 0,32 nel 2013). Un trend, questo, che si intreccia con l'andamento dell occupazione - la crisi ha lasciato sul terreno dal 2008 al 2014 circa 800 mila posti di lavoro - ma soprattutto con il «forte, prolungato aumento della disoccupazione». È tra i disoccupati che il rischio di povertà è aumentato: in particolare tra gli over 50, il cui numero dei senza lavoro è triplicato nell arco di 6 anni. E se la povertà aumenta, i dati sono purtroppo molto più pesanti per le donne: le pensionate sono ben lontane dalla parità di genere, visto che la discontinuità della loro vita lavorativa assegna una concentrazione maggiore nelle classi di importo più basso e una progressiva riduzione del loro peso al crescere dell assegno. Tra le pensioni sotto sotto i 500 euro, ben il 62,6%, sono femminili contro il 37,4% degli uomini; e oltre i 3 mila euro, soltanto 1 pensionato su 4 è donna. E se parliamo di pensioni alte non possiamo non citare quelle dei magistrati: tra i lavoratori pubblici sono infatti questi ultimi a percepire l'assegno previdenziale più alto, pari a euro lordi medi mensili. Segue l Università con euro medi mensili e le Forze armate con oltre 3 mila euro. Ma l Inps è anche uno degli istituti che compie le ispezioni sui luoghi di lavoro: nel 2014 ne ha fatte oltre 58 mila, registrando irregolarità nell 81% delle aziende (oltre 47 mila). Si è ridotto il numero delle ispezioni rispetto al 2013 (-19,2%) ma i controlli, secondo l Inps, sono stati più mirati, portando a un accertamento lordo (comprese le prestazioni indebite annullate) per 1,3 miliardi (+5,8% sul 2013). Nel complesso sono stati scoperti oltre 77 mila lavoratori in posizione irregolare (erano nel 2013). Infine Boeri ha commentato in SERVIZIO PUBBLICO La riforma Rai si tinge sempre più di azzurro C hi si rivede, il «presidente di garanzia». La commissione lavori pubblici del senato, dove è in discussione la riforma Rai, approva l emendamento firmato da Maurizio Gasparri in base al quale la nomina del presidente della tv pubblica dovrà essere ratificata dai due terzi della commissione parlamentare di vigilanza. Come avviene nella attuale legge, che porta la firma proprio di Gasparri. Altro subemendamento approvato ieri, sempre firmato Gasparri, stempera i poter dell amministratore delegato, il «capo azienda» voluto da Renzi, rafforzando quelli del consiglio d amministrazione, sulle nomine dei direttori. In base a un emendamento dei relatori, sulla scelta dei dirigenti apicali - direttori di canale, rete e testata - l ad dovrà acquisire il parere obbligatorio del cda. Con la modifica di Fi si stabilisce che il parere, se è espresso dai due terzi del cda, diventa vincolante. E un altro emendamento ancora di Gasparri e Minzolini, approvato, dice che le linee editoriali e le direttive sulla programmazione sono non solo adottate, ma anche formulate dal cda. «Come annunciato, il governo IKEA PROTESTA Sabato lo stop. L azienda: «Regolarmente aperti» Resta confermato per sabato, dopodomani, lo sciopero nazionale di Ikea: indetto da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil, vedrà anche la partecipazione dei sindacati di base, come la Flaica Cub. Ci si aspetta una partecipazione massiccia, visto che i lavoratori operano in buona parte con contratti part time e non concordano con il piano di tagli ai salari prospettato dalla multinazionale svedese: dalla trasformazione del fisso in variabile all abbassamento delle maggiorazioni domenicali e festive, la perdita per le buste paga potrebbe essere sostanziosa. Secondo Giancarlo Desiderati, della Flaica Cub di Roma, «Ikea vuole rimodulare al ribasso il contratto integrativo aziendale che incide in maniera rilevante sulla busta paga dei dipendenti, e questo vuol dire che i lavoratori subiranno un taglio netto della retribuzione di quasi 200 euro». Già in occasione dello sciopero per territori del 6 giugno scorso, secondo la Filcams Cgil si erano verificati dei rallentamenti e delle code più lunghe del previsto in diversi locali. Ikea Italia, in relazione alla possibilità di una chiusura o del blocco di alcuni locali che il manifesto aveva prospettato nell ultima cronaca, ha tenuto a specificare che «sabato prossimo, 11 luglio, tutti i negozi saranno aperti dalle ore 10 del mattino, come previsto». Roberto Ciccarelli S ono almeno tre le strade che l opposizione alla riforma della scuola prenderà dopo che il Ddl sarà votato oggi in maniera definitiva dalla Camera. In maniera unitaria, tutti i sindacati della scuola ricorreranno alla Corte costituzionale contro i profili di incostituzionalità contenuti nella chiamata diretta dei docenti da parte dei «presidi manager» imposti da Renzi, Giannini e il partito Democratico. La via giudiziaria non si ferma qui perché, da settembre il Miur sarà travolto da migliaia di ricorsi volti a garantire in tribunale i diritti dei docenti precari aventi diritti ma esclusi dalla maxi stabilizzazione di oltre 102 mila persone. Sarà una strada lunga, ma le sigle intendono così affrontare la FOTO TAM TAM CRISI EDITORIA Oggi Radio città futura in sciopero PENSIONATI Inps: la metà sotto i 700 euro al mese. E con meno di 500 ci sono soprattutto donne I poveri di Renzi & Boeri sta seguendo il percorso parlamentare ascoltando i suggerimenti di tutta l opposizione: ora stiamo raccogliendo i frutti di questa scelta», sottolinea il sottosegretario alle comunicazioni Antonio Giacomelli. E in effetti che Forza Italia avrebbe dato una mano sulla «riforma» (non per generosità: in cambio della nomina di una presidente gradita a Silvio Berlusconi, Luisa Todini) lo aveva scritto nei giorni scorsi il Corriere della sera. A ciò va aggiunto che Renzi ha bisogno di aiuto anche sulla riforme istituzionali, vecchia storia, dunque. Non è detto, comunque, che tutto filerà liscio fino alla nomina dei vertici Rai con la «nuova» legge. Il sottosegretario prevede un paio di settimane per il via libera del senato. Poi toccherà alla camera ma servirebbe una corsia preferenziale per andare spediti e evitare il rinvio a settembre e una lunga proroga del cda scaduto. Insomma, si torna a ipotizzare il rinnovo del consiglio con la Gasparri. Del resto, la «riforma Renzi» già somigliava molto alla legge attuale. E ancora di più grazie ai «suggerimenti» forzisti accolti ieri, con altri in arrivo nei prossimi giorni. (mi.b.) Civati lancia il referendum abrogativo sulla «chiamata diretta» dei docenti Che ne sarà di Radio città futura? E questa la domanda che si pongono i lavoratori dell emittente romana nata negli anni 70. La radio sta vivendo una delle più gravi crisi della sua storia: da cinque mesi tutti i lavoratori sono senza stipendio. Eppure finora non hanno mai fatto mancare l impegno garantendo la messa in onda delle trasmissioni e il normale funzionamento della Radio. Di fronte al prolungarsi di questa situazione i giornalisti di Radio città futura hanno deciso di indire per oggi una giornata di sciopero, per denunciare una situazione che sta diventando insostenibile sia per la progressiva riduzione del fondo editoria, sia per la mancanza di risposte da parte dell azienda, che continua a ribadire di non voler far ricorso a nessun tipo di ammortizzatore sociale. I 97.7 in FM di Radio città futura rischiano insomma di spegnersi. Per evitare che una testata storica sia costretta alla chiusura, i giornalisti hanno deciso lo sciopero. Per alzare la voce, per evitare un silenzio che rischia di diventare assordante. dati sul bilancio (in rosso) dell Inps: nel 2014 l istituto ha avuto un risultato economico di esercizio negativo per 12,7 miliardi e un disavanzo finanziario di competenza di 7,8 miliardi La sostenibilità del sistema però, sempre secondo l Inps, «non è a rischio». Il patrimonio netto è salito da 9,028 a 17,952 miliardi grazie al ripianamento dei debiti verso lo Stato dell ex Inpdap di 21,7 miliardi. In passivo per 6 miliardi il comparto ex Inpdap, per 5-6 la gestione degli artigiani e per 1 quella dei commercianti. Contro le proposte di Boeri si è scatenato un vespaio di polemiche, provenienti anche dalla maggioranza. Secondo Renato Brunetta (Fi) «deve smetterla di fare il ministro ombra». Per Cesare Damiano (Pd) «il ruolo legislativo spetta all esecutivo e alle Camere: e va ricordato che il governo Prodi aveva istituito la quattordicesima per i pensionati sotto i 700 euro». L M5S è contrario a dare un «reddito di cittadinanza» solo agli over 55. Ddl/ IPOTESI DI UN RICORSO ALLA CONSULTA DEI SINDACATI S Scuola, voto finale alla Camera ma la legge finirà in tribunale situazione dei docenti di seconda fascia nelle graduatorie di istituto e dei diplomati magistrali che non sono stati inseriti nelle graduatorie ad esaurimento. La terza strada è quella del referendum abrogativo. Questa opzione presenta numerose difficoltà e insidie e i sindacati della scuola ne sono perfettamente al corrente. Innanzitutto il quesito da sottoporre agli elettori. Poi le firme da raccogliere, mentre la legge sarà entrata in vigore. Infine il quorum da raggiungere in una consultazione che potrebbe essere chiamata quando saranno passati mesi o addirittura anni dall approvazione della legge. Il referendum abrogativo è un ipotesi che ricorre tra le numerose componenti del movimento della scuola (Il manifesto, 30 giugno). Ieri Pippo Civati ne ha lanciato uno dal suo blog «Ciwati». La complicata materia referendaria sarà affrontata con un solo quesito sulla «chiamata diretta». In realtà di punti incostituzionali ce ne sarebbe almeno altri sei o sette, a partire dagli albi territoriali, come qualcuno dei commentatori dello stesso blog ha fatto notare. Civati ha scelto la «chiamata diretta» perché è la «norma-bandiera» della contro-riforma Renzi-Giannini. Si vedrà in autunno dove in molti stanno meditando di presentare una gragnuola di referendum abrogativi contro le principali leggi approvate dal governo Renzi: dal Jobs Act allo Sblocca Italia. In questo pacchetto la scuola rischia di scomparire, come del resto anche le altre istanze.quanto ai sindacati, sarà necessario perlomeno contare sulla loro partecipazione, anche per eliminare una crescente sensazione di confusione tra istanze e proposte che rischiano di sovrapporsi. L opposizione dei docenti - nelle piazze, sui social network - resta fortissima anche in piena estate. Ieri, la loro indignazione è esplosa in rete quando la ministra dell Istruzione Stefania Giannini ha ritenuto opportuno caricare sul suoscarno profilo facebook il video del discorso tenuto alla Camera sulla riforma. Il profilo, che è stato aperto con l auspicio di un confronto tardivo e infelice con il «mondo della scuola», è stato travolto nelle prime otto ore da circa 400 commenti. In pochi minuti la bacheca si è trasformata in un rodeo di insulti, invettive, accuse al partito democratico. Un altro caso disastroso di comunicazione del governo Renzi. Su tutti questo commento: «Esigua ministra nel caso avesse l'impressione che con oggi 7 luglio possa considerarsi chiusa la questione perché si sbaglia di grosso; gli insegnanti non dimenticheranno mai la violenza perpetrata da questo governicchio di non eletti sulla scuola». Giannini non ha ancora risposto a nessuno ma in compenso ha detto: «Non facciamo riforme per placare le proteste». Una frase inopportuna presa alla lettera dai docenti. Dalle 10 di oggi il presidio dei sindacati a Montecitorio. CARLO GIULIANI La provocazione del Coisp: «Via la targa che lo ricorda» GENOVA N onostante lo neghi, quella che il Coisp si prepara a fare il prossimo 20 luglio, 14esimo anniversario della morte di Carlo Giuliani, è l'ennesima provocazione di un sindacato di polizia capace solo di accendere polemiche. Tra una settimana sarà l'anniversario del G e il Coisp vuole manifestare in pazza Alimonda, dove Carlo Giuliani morì colpito dal proiettile sparato da un carabiniere al quale si stava avvicinando con un estintore in mano. Obiettivo del sindacato è quello di promuovere una raccolta di firme per rimuovere la targa che ricorda il giovane ucciso. «Finalmente dopo 14 anni saremo in piazza Alimonda per ricordare gli scontri di piazza, le scene di devastazione e saccheggio con il pensiero che un estintore possa diventare un'arma da usare contro le forze dell'ordine» ha affermato in una nota il segretario del Coisp Liguria Matteo Bianchi. «Vogliamo un momento costruttivo dal quale però far emergere il G8 genovese in tutta la sua cruda e difficile realtà, evitando che diventi per l'ennesima volta solo un pretesto per attaccare le forze di polizia». Il Coisp non è nuove a iniziative di questo genere. Si tratta dello stesso sindacato che in passato ha promosso a Ferrara un sit in sotto le finestre dell'ufficio in cui lavora Patrizia Moretti, mamma di Federico Aldrovandi, per difendere i quattro agenti condannati per la morte del giovane. Adesso quest'ennesima iniziativa che il Coisp nega si tratti di una provocazione della quale fa parte anche un dibattito: «Questo sarà il nostro 20 luglio dal titolo 'L estintore quale strumento di pace: un evoluzione lunga 14 anni! Dalla devastazione ed il saccheggio al reato di tortura, dal divieto di manifestare con il volto travisato al numero identificativo per le Forze dell Ordine», ha proseguito il Coisp. Solo due giorni fa, in una conferenza stampa al Senato, proprio Patrizia Moretti ha annunciato l'intenzione di ritirare la querela al segretario del Coisp Franco Maccari, l organizzatore del sit in sotto il suo ufficio che accusò la famiglia Aldrovandi di usare il dolore per spargere veleno contro la polizia. Saputo della manifestazione, Giuliano Giuliani ha preferito evitare ogni polemica: «Non commento una cosa come questa, una cosa che non esiste. Non voglio fare ulteriore pubblicità a questa gente, vogliono solo questo», ha detto i padre di Carlo. «Il 20 luglio saremo in piazza Alimonda per ricordare Carlo - ha concluso -. C'è la nostra manifestazione nel ricordo di una cosa ingiusta nei confronti della quale non è mai stata fatta giustizia». Altri, invece, hanno condannato senza mezzi termini l'iniziativa. Per il deputato di Sel Nicola Fratoianni si tratta di una «provocazione inaccettabile», mentre l'arci chiede «che chi ne ha l autorità impedisca per tempo che quest offesa alla memoria della città e del paese si compia. Come ogni anno prosegue l'associazione - quelle drammatiche giornate vanno invece ricordate non nel nome dell odio ma in quello della speranza per un mondo più giusto, non segnato da diseguaglianze e da guerre, che erano gli ideali che animavano le centinaia di migliaia di manifestanti in quel luglio del 2001».

7 GIOVEDÌ 9 LUGLIO 2015 il manifesto pagina 7 POLITICA COMPRAVENDITA SENATORI Sentenza di primo grado: «Pagato De Gregorio per far cadere Prodi» Berlusconi condannato a 3 anni Stessa pena per Lavitola. La prescrizione arriverà a novembre. Ma secondo il pm Fabrizio Vanorio questo «primo caso in cui si affronta il tema della corruzione parlamentare farà giurisprudenza» Adriana Pollice S ilvio Berlusconi e Valter Lavitola sono stati condannati ieri a 3 anni per corruzione dal Tribunale di Napoli per la compravendita di senatori che portò alla caduta del governo Prodi nel Secondo il pm Fabrizio Vanorio, la sentenza «farà giurisprudenza perché è il primo caso in cui si affronta il tema della corruzione parlamentare» anche se il processo andrà prescritto il 6 novembre. In udienza nei mesi scorsi è stato ascoltato anche Prodi: «C erano voci, ma, come dissi al giudice, non ne sapevo nulla. Se lo avessi saputo sarei ancora presidente del Consiglio». Duro il pm Henry John Woodcock: «Siamo di fronte, in fondo, a un banale contratto illecito, una questione di vile pecunia, di scambio, di baratto tra soldi e tutto ciò che rientra nella funzione parlamentare. I motivi politici rimangono sullo sfondo». E per chiarire il concetto è ricorso al delitto Matteotti: «Chi può negare che vi siano stati motivi politici? E ciò elide la rilevanza penale? io dico no». «È una sentenza che riteniamo clamorosamente ingiusta e ingiustificata. Siamo convinti che in appello e in Cassazione ci sarà l assoluzione nel merito. Decideremo se rinunciare alla prescrizione quando questa maturerà» ha commentato a caldo Niccolò Ghedini. Lo scontro tra accusa e difesa è ruotato intorno all articolo 318 del Codice penale secondo la formulazione fatta nel 2012, in cui si parla di «asservimento» della funzione pubblica. I legali della difesa hanno sostenuto che non poteva essere applicato in quanto emanato in un periodo successivo ai fatti contestati. Secondo i legali di Berlusconi, Michele Cerabona e lo stesso Ghedini, e quelli N on è proprio un rinvio a settembre ma pochissimo ci manca. L ufficio di presidenza della commissione Affari costituzionali del Senato ha fissato il calendario della terza lettura della riforma costituzionale. Il termine per presentare gli emendamenti è il 31 luglio: sino a quel momento si procederà con la discussione generale. Poi ci sarà la prima settimana di agosto per iniziare le votazioni. Ma difficilmente la commissione riuscirà a macinarne molte. In aula la legge ci arriverà a settembre e a quel punto sarà una corsa contro il tempo: il rischio di scavallare il termine ultimo per fissare il referendum nel giugno 2016 sarà tutt altro che immaginario. Non è la tabella di marcia che voleva la ministra Boschi, decisa a portare la riforma in aula subito per farla approvare prima della pausa estiva. Sarebbe stato un azzardo esagerato persino per Renzi, con una parità in commissione, 14 senatori di maggioranza, 14 d opposizione, ma con almeno tre del Pd decisi a ottenere sostanziali modifiche e altri tre, dell Ncd, di dubbia fedeltà. Di qui a settembre, governo e maggioranza dovranno quadrare diversi cerchi. Il primo obiettivo è riequilibrare le proporzioni in commissione. Ma Grasso ha già fatto sapere che di Fi, Franco Coppi e Bruno Larosa, sono state «ragioni essenzialmente ed eminentemente politiche» quelle invocate dalla pubblica accusa. Per la difesa non ci fu invece alcun reato: i tre milioni consegnati all allora senatore Sergio De Gregorio, uno dei quali al suo movimento Italiani nel Mondo, rientravano nell ambito del finanziamento alla politica. De Gregorio, che con le sue dichiarazioni diede avvio all inchiesta, ha già patteggiato un anno e 8 mesi di reclusione. Alla fine i giudici hanno dato ragione all accusa, si è trattato di «un colossale investimento economico» per far cadere il governo che si reggeva, a Palazzo Madama, su una maggioranza di 158 a 156. «Operazione libertà» l avevano chiamata. L ex cavaliere aveva anche provato a smontare il processo presentando un istanza di insindacabilità alla Giunta delle autorizzazioni della camera: avrebbe dovuto presentarsi ieri in parlamento ma martedì ha deciso di ritirarla poiché era apparso chiaro che la sua tesi sarebbe stata bocciata, cioè che i voti di De Gregorio sarebbero stati coperti dall insindacabilità dell azione parlamentare e quindi dall immunità. M5S pronti alle barricate e Pd non disposto al salvataggio, Berlusconi ha evitato di moltiplicare la sconfitta, nonostante Ignazio La Russa si fosse speso in soccorso, promettendo un attenta valutazione. L indagine era cominciata grazie a tre interrogatori di De Gregorio. La presidenza della commissione difesa del Senato, ottenuta SENATO La riforma in aula solo a settembre BERLUSCONI SALUTA DE GREGORIO A PALAZZO MADAMA, NEL MAGGIO 2008 LAPRESSE comporterebbe una clamorosa violazione dei regolamenti. Poi bisogna trovare una via molto traversa per rimettere mano alle norme con cui eleggere i senatori. Inventarsi una qualche forma di elezione diretta o semidiretta è fondamentale: il rischio di ritrovarsi sconfitti in aula è alto. Solo che bisogna farlo senza toccare l art. 2, che altrimenti dovrebbe tornare alla Camera. La presidente Finocchiaro si sta scervellando per trovare una via d uscita, ma il vicolo sembra cieco, l idea di procedere per legge ordinaria è stata cassata, l ipotesi di attaccare le norme a un altro articolo appare un po surreale. Infine, bisogna trovare i numeri per avere la certezza di passare in aula senza che vengano approvati emendamenti tali da modificare l impalcatura renziana della legge. La via maestra sarebbe trovare un accordo con i 25 senatori della minoranza Pd che chiedono numerose ma non esiziali modifiche. Ma Renzi spera anche in una mezza resurrezione del Nazareno, offrendo in cambio l accordo di fatto concluso sulla Rai. Il capogruppo di Fi Romani è entusiasta dell idea. Molti senatori sono con lui, ma molti altri no. Berlusconi è invece contrario, almeno lo era fino a ieri. Se lo resterà anche dopo la condanna lo si capirà prestissimo. con i voti della destra, e tre milioni di euro sarebbero stati il prezzo pagato dall ex premier per farlo passare dall Idv a Forza Italia per fare cadere il governo Prodi: «L accordo si consumò nel ha raccontato - con il mio incontro con Berlusconi a palazzo Grazioli che servì a sancire che la mia previsione di cassa. Ho ricevuto 2 milioni in contanti da Lavitola a tranche da 200/300mila euro». Affari e politica legano il leader di Fi a Valter Lavitola, ex direttore dell Avanti!, faccendiere e imprenditore. A inguaiare Valterino una lettera ritrovata nel computer di Carmelo Pintabona, 20 pagine datate 2011 in cui elenca i favori che avrebbe fatto a Berlusconi: 500mila euro per distruggere Fini, l impegno per comprare i senatori, la distruzione di foto dell ex premier con alcuni camorristi. Lettera che è costata nel 2013 a Lavitola una condanna definitiva a un anno e 4 mesi per la tentata estorsione. Eleonora Martini ROMA A ppena arrivata ieri nelle mani del ministro dell Interno Angelino Alfano, la relazione del prefetto Franco Gabrielli sul Comune di Roma ha già sortito i primi (deflagranti) effetti, ma soprattutto nel Pd locale. Secondo le prime indiscrezioni, infatti, sono tutti a guida dem, i tre i municipi che, insieme a quattro dipartimenti dell amministrazione comunale, sarebbero sulla via del commissariamento. E ovviamente i minisindaci non l hanno presa bene, in alcuni casi sono perfino volate accuse di epurazione da parte dei renziani del partito. Mentre sembra appurato ormai - come già anticipato dal manifesto nei giorni scorsi - che il Campidoglio non subirà l onta dello scioglimento per infiltrazioni mafiose. Su questa rotta, infatti, si sviluppa la relazione del prefetto Gabrielli, sostanziata dalla convinzione del procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone che tra l attuale giunta di Ignazio Marino e la precedente di Gianni Alemanno ci sia una netta «discontinuità», nel livello di commistione con il "mondo GIUNTA PER LE AUTORIZZAZIONI Azzollini, sì all arresto Ma in aula il voto slitta S i era dimesso da presidente della commissione Bilancio in mattinata, dieci ore prima che la giunta per le autorizzazioni - in tarda serata - dicesse sì all arresto, su proposta del presidente Dario Stefàno (Sel) per il quale «non c è fumus persecutionis». Si mettono male le cose per Antonio Azzollini. La procura di Trani ha chiesto il via libera di palazzo Madama per eseguire gli arresti domiciliari nell ambito dell inchiesta dal discutibile titolo Oro pro nobis, che sembra uscito più dalla penna di un autore di satira che dalle carte di un solerte inquirente. L indagine riguarda il crac della Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza, con sedi a Bisceglie, Foggia e Potenza. Un buco da 500 milioni di euro, oltre 350 di debito verso lo Stato. Dieci gli arresti richiesti dalla procura, nove eseguiti - fra cui quelli di suor Marcella Cesa e suor Assunta Pulzello, finite ai domiciliari per presunta associazione a delinquere -, cioè tutti tranne quello del senatore Azzollini, accusato di corruzione per induzione e concorso in bancarotta fraudolenta e considerato dagli inquirenti uno dei capi del presunto gruppo di malaffare. Dopo una riunione con il ministro Alfano, ieri al senato per una informativa ma con l occasione ha riunito i suoi, Azzolini si è dimesso dalla presidenza della commissione Bilancio ribadendo «la totale infondatezza dei fatti giudiziari» che gli vengono contestati, ma ammettendo che la delicata commissione che presiede «ha bisogno di decisioni che richiedono dedizione assoluta e tempo pieno». Ed evidentemente dai domiciliari ai quali presto potrebbe essere costretto, non potrà occuparsi dei conti pubblici. Il gesto, tardivo e dovuto, lo ha trasformato in un eroe civile agli occhi dei suoi compagni di partito: «Le dimissioni di Azzollini sono un gesto di responsabilità e di alto senso delle istituzioni», è il commento di Renato Schifani. Ma anche a quelli dei senatori del Pd: «Una scelta di grande rispetto istituzionale. A prescindere dalla vicenda che lo riguarda, tutto il Parlamento dovrebbe sottolinearne il valore», è il commento del renzianissimo Andrea Marcucci. Tanto basta a mostrare che non solo il partito di Alfano cerca ancora di convincere l alleato di governo a salvare il suo senatore, ma anche nel Pd il mal di pancia è forte. Ora la parola passa all aula. Quasi certo lo slittamento del voto dopo la pausa estiva. MAFIA CAPITALE Da Alfano la relazione di Gabrielli. Solo dipartimenti e municipi dem da commissariare. Maretta nel Pd Si allontana lo spettro scioglimento per mafia del comune. Il ministro dell Interno: «Seguirò il lavoro del prefetto» di mezzo" di Buzzi e Carminati. Alfano, cui spetta l ultima parola, ha ora tre mesi di tempo per decidere, ma ha già detto che spera di non usarli tutti. Quanto al giudizio finale, il titolare del Viminale non si discosterà molto probabilmente dalla linea tracciata dall ex capo della Protezione civile. «La mia non sarà una decisione preconfezionata o precostituita», ha assicurato ieri Alfano, aggiungendo: «Occorrerà che formi il mio convincimento sulla base del lavoro del prefetto Gabrielli». E il verdetto prefettizio sembra colpire, nella macchina amministrativa «prona ed abituata alla corruzione», soprattutto i dipartimenti Lavori Pubblici, Verde, Sociale e forse anche Scuola. Da bonificare usando l articolo 143 comma 5 del Testo Unico sugli Enti locali che dà al ministro dell Interno il potere di sospendere dall impiego i dipendenti dei dipartimenti "commissariati", ovvero destinarli «ad altro ufficio o altra mansione, con obbligo di avvio del procedimento disciplinare da parte dell'autorità competente». Provvedimenti che in realtà aiuterebbero e non poco il sindaco Marino che da molti mesi lamenta l impossibilità di rimuovere o demansionare dirigenti e dipendenti amministrativi entrati in massa durante l amministrazione Alemanno. Almeno tre, invece, sarebbero i municipi da commissariare perché particolarmente inquinati da fenomeni di illegalità e corruzione: il III, quello che si estende da Montesacro a Talenti, verso il nord di Roma, il X, quello di Ostia, già commissariato e con l ex presidente Andrea Tassone già arrestato nell ambito dell inchiesta su Mafia Capitale, e il VI, quello di Tor Bella Monaca. Il cui presidente dem Marco Scipioni ieri si è sfogato: «Spero di sbagliarmi ma temo che il Pd voglia far fuori tutti quelli che non sono sponsorizzati all interno del Palazzo. Se così fosse, allora non è proprio cambiato nulla». Matteo Orfini invece sembra intenzionato ad andare avanti per cambiare tutto, a Roma, proprio come il sindaco Marino. Il presidente del Pd, infatti, annuncia «entro luglio» una delibera per disegnare la nuova mappa dei circoli dem romani, dopo aver incrociato «le valutazioni fatte da Barca con le verifiche» sul territorio, e ovviamente aver valutato la situazione politica con il segretario Renzi. Ma secondo alcune indiscrezioni starebbe patteggiando con i presidenti dei municipi dimissioni senza strappi. Mentre Marino, forte della "blindatura" di prefetto e procuratore capo, rilancia il suo impegno fino al Brucia i grillini annunciando che tutte le riunioni della giunta d ora in poi saranno «aperte alla stampa o in streaming», in modo da «evitare manipolazioni». E incontrando gli eletti di Sel dice loro: «Siete una forza politica straordinariamente credibile. Credo che insieme dobbiamo decidere quali correzioni mettere in atto ma anche trasmettere un messaggio di positività alla città. La città non può più attendere. Dobbiamo moltiplicare la velocità degli atti».

8 pagina 8 il manifesto GIOVEDÌ 9 LUGLIO 2015 REPORTAGE GAZA CITY, 9 LUGLIO 2014 DONNE E BAMBINI PALESTINESI IN FUGA DAI RAID ISRAELIANI. ACCANTO, E SOTTO, IL BOMBARDAMENTO DI RAFAH. A DESTRA PATTUGLIA ISRAELIANA FOTO REUTERS Un anno fa, esattamente in questi giorni, Israele lanciava «Margine Protettivo». Tra le pagine più insanguinate dell offensiva militare c è il «Venerdì nero» di Rafah, quando i comandi israeliani usarono il codice di condotta previsto nel caso di cattura di un loro soldato Michele Giorgio INVIATO A RAFAH (STRISCIA DI GAZA) U na lacrima scende lentamente sul bel viso di Fatma Abu Musa. Si ferma all altezza del labbro superiore. Una mano corre veloce ad asciugarla, per farla sparire subito. È un dolore composto quello della giovane donna, tenuto dentro, manifestato solo a tratti dalla voce rotta dall emozione. «Karam era la mia migliore amica, ci volevamo bene. L avevo aiutata io a indossare l abito da sposa e quattro mesi dopo sono stata io a lavare il suo corpo prima della sepoltura. Delle volte mi dico...è stato solo un brutto sogno e presto ti sveglierai... ma non è così. Karam non c è più», racconta Fatma, tecnico di laboratorio dell ospedale "Kuwaiti" di Rafah. La sua amica Karam Dheir, 26 anni, è rimasta uccisa il 1 agosto del 2014 durante quello che rimarrà scolpito nella memoria collettiva della popolazione di Rafah come il "Venerdì Nero". E delle pagine più insanguinate dell offensiva militare israeliana "Margine Protettivo" cominciata l 8 luglio dello scorso anno e andata avanti fino al 26 agosto. Cinquanta giorni di bombardamenti aerei, tiri di mezzi corazzati e di artiglieria, cannonate dal mare, di incursioni e combattimenti che hanno ucciso circa palestinesi, tra i quali molte centinaia di civili indifesi, oltre 500 bambini e ragazzi. Tante famiglie sono state decimate, colpite da bombe mentre erano riunite in casa. Undicimila i feriti, centinaia di migliaia di persone sfollate per settimane, decine di migliaia di case ed edifici distrutti o danneggiati gravemente, anche ospedali, in particolare nella fascia orientale di Gaza. Beit Hanoun, Shujayea, Khuzaa, Zayton, Zannah e, appunto Rafah, sono i nomi di alcuni dei centri abitati ridotti a una distesa di rovine. Migliaia sono i razzi e i colpi di mortaio che il movimento islamico Hamas e altre organizzazioni palestinesi hanno sparato verso il territorio israeliano, facendo sette morti civili (tra i quali un bambino di 4 anni) e centinaia di feriti. 66 sono i soldati israeliani rimasti uccisi un anno fa, quasi tutti, negli scontri a fuoco con i combattenti di Hamas e di altri gruppi. La tregua era una trappola Uno di questi militari morti era il sottotenente Hadar Goldin, di una unità di ricognizione della Brigata Givati, caduto quel 1 agosto. La sua vicenda genera ancora emozione nell opinione pubblica israeliana. Il suo corpo, e quello del sergente Oron Shaul, sempre della Givati, sarebbero nelle mani di Hamas. Per i palestinesi il nome di Goldin invece è sinonimo di strage, di civili fatti a pezzi dalle cannonate. Il 1 agosto 2014 gli abitanti di Rafah hanno appreso sulla loro pelle dell esistenza della "Direttiva Annibale". «Era stata annunciata una tregua di diverse ore a Rafah ricorda Fatma Abu Musa, perciò andai al lavoro più rilassata rispetto agli altri giorni. Le Gaza 2014, «Direttiva A EFFETTI «COLLATERALI» L incubo della spirale di violenza secondo gli specialisti Traumi psicologici infiniti per i bambini Eleonora Pochi «L a strade erano affollate, alcuni andavano ai forni per comprare il pane, altri si procuravano un po di frutta e ortaggi. Tanti ancora ne approfittavano per tornare per qualche ora alle case che avevamo dovuto abbandonare perchè troppo esposte alle cannonate». Poco dopo, aggiunge Fatma, si sarebbe scatenato l inferno: «All improvviso cominciarono a cadere bombe sulla parte est di Rafah, le esplosioni erano continue, tanti scappavano urlando e in preda al panico. I colleghi dell ospedale Abu Yusef al Najjar (il principale di Rafah, ndr) ci dissero di tenerci pronti perchè loro erano in pieno codice rosso per l arrivo di decine di feriti in condizioni gravissime e che presto ci sarebbe stato bisogno del nostro intervento». Saleh Mohsen, quel giorno era in Sharaa Bildesi, una delle strade più colpite. «Chiedevo a Dio di farmi ritrovare in vita la mia famiglia - dice Mohsen - non mi importava di morire, pensavo solo alla salvezza dei miei figli. I colpi cadevano ogni 10 secondi, in modo indiscriminato». Alle ore 12 i morti erano già decine, centinaia i feriti. Fu colpito da due missili, secondo testimoni palestinesi - anche l ospedale "Abu Yousef al Najjar" e i medici furono costretti ad evacuare i feriti e gli ammalati. «Cominciarono a portarli da noi, nonostante si trattasse di un ospedale specializzato in ostetricia e guerra più devastante per la Striscia di Gaza» come viene definita dai palestinesi, ha provocato un tragico deterioramento del benessere psicofisico di adulti e minori. Circa il 98.3% dei bambini presenta sintomi riconducibili ad una diagnosi di PTSD (Post Traumatic Stress Disorder). Tuttavia resta sempre molto difficile parlare di disturbi da stress «post» traumatico poiché nella Striscia i traumi continuano a ripetersi e a mantenere livelli ricorrenti. I sintomi più diffusi - secondo specialisti locali - sono tra quelli della «ipervigilanza»: aggressività, flashback ed incubi; nella valutazione psicologica del bambino, sono da considerare non solo i comportamenti manifesti ma anche il percorso di sviluppo, il funzionamento del sistema familiare, le caratteristiche individuali dei genitori e della loro relazione di coppia. La presa in carico del bambino comporta spesso un supporto anche alla coppia genitoriale. Molto spesso i genitori soffrono di depressione a causa del senso di impotenza dovuto al non riuscire a proteggere i loro figli come vorrebbero. Da una situazione ambientale altamente ostile e mortificante - come ad esempio l esposizione cronica all umiliazione intenzionale - scaturisce la repressione di pulsioni che porta talvolta all abuso sessuale di minori da parte di membri di sesso maschile all interno del nucleo familiare. Inoltre, il bambino che vive eventi traumatici tipici di contesti di conflitto armato percepisce i genitori come incapaci di proteggerlo. La morte violenta di una figura d attaccamento genera nel minore uno stress grave e delle reazioni depressive. Sono sempre le madri che si rivolgono agli specialisti e quelle che segnalano eventuali abusi corrono il rischio di ripercussioni, poiché a livello sociale e culturale è una pratica inaccettabile. Per quanto riguarda i bambini rimasti orfani dalla guerra, sono presi in carico da cugini o parenti, grazie ad un forte senso di solidarietà. Alcune delle esperienze traumatiche causate dall operazione militare «Protective Edge» sono state: la fuga da un bombardamento in corso, l irruzione di soldati in casa durante la notte, essere utilizzati come scudi umani dall esercito israeliano, avere la percezione di non essere mai in un posto sicuro, vedere distrutta la propria casa e perdere qualsiasi cosa, sopravvivere con una o più disabilità croniche. Delle case danneggiate o distrutte durante l ultima guerra, nessuna è stata ricostruita. Attualmente migliaia di bambini non hanno accesso all istruzione e molti di quelli che riescono a raggiungere scuole o strutture adibite dall Unrwa hanno scarsa capacità di concentrazione che riescono a riacquistare pian piano con il supporto di operatori e specialisti, poiché anche gli insegnanti molto spesso trovano difficoltà a gestire livelli così alti di stress. Solo nella parte della costa, quasi 300 edifici scolastici sono stati danneggiati da «Protective Edge». In un contesto simile, il lavoro minorile diviene uno strumento di sopravvivenza. Durante una visita al Gaza Community Mental Healt Program, il direttore generale Yasser Jamei ha spiegato: «Durante l ultima guerra noi del Gcmhp siamo stati costretti a restare in casa, nonostante l istinto ci ginecologia spiega Fatma Abu Musa, nelle nostre piccole sale operatorie i medici facevano quattro inteventi chirurgici alla volta. Era talmente continuo l afflusso dei feriti che chiedemmo ai proprietari delle case vicine di ospitare quelli meno gravi». Andò avanti così per tre giorni. Ad un certo punto, aggiunge Fatma, spingesse inesorabilmente in strada per dare supporto ed aiuto alle persone. Noi specialisti della salute mentale dobbiamo cercare di preservarci, per quanto possibile, dai traumi perchè altrimenti come potremmo curare i bambini e la gente... È un compito estremamente difficile. Molti operatori di Ong, anche internazionali, sono scesi nelle strade, negli ospedali, durante i bombardamenti per dare il loro aiuto, si sono fatti guidare dall istinto. Ma il risultato è stato che dopo poche settimane erano distrutti, traumatizzati, stressati, non in grado di operare. Ed è proprio quando finiscono di fumare le macerie che noi entriamo in azione. Perché da lì il crollo è invisibile, ma egualmente devastante». L incubo più ricorrente per i bambini di Gaza è il serpente, rappresentazione di un male incontrollabile, ostile ed insidioso. «Ascoltano la radio, guardano la Tv, vedono cadaveri, sentono le bombe, il rumore assordante dei vetri che scoppiano, ascoltano storie di guerra. Sono terrorizzati». Le parole del fondatore del Gaza Community Mental Healt Program, Eyad Serraj, anche se riferite all attacco armato del 2012, sono sempre tristemente attuali. Lo scenario che si disegna è preoccupante; rappresenta un quadro in cui il bambino si trova chiuso in una spirale di traumi dalle quale non gli è possibile uscire perchè le uniche vie di fuga, le relazioni familiari e sociali, sono a loro volta compromesse e «traumatizzate». Uno scenario caratterizzato da un eterna, angosciante attesa del prossimo bombardamento. * Specialista di supporto psicosociale ai minori

9 GIOVEDÌ 9 LUGLIO 2015 il manifesto pagina 9 REPORTAGE Nei giorni più duri quasi mezzo milione di persone costrette ad abbandonare le loro abitazioni RAPPORTO La commissione d inchiesta Onu Nella Striscia morti e case distrutte S i sono svolte con giudizi e finalità opposte, le commemorazioni di palestinesi e israeliani per il primo anniversario dell inizio dell offensiva «Margine Protettivo» contro Gaza. Furono 50 giorni di bombardamenti israeliani e di lanci di razzi palestinesi, costati la vita a oltre abitanti di Gaza (solo una parte erano miliziani armati) e a 72 israeliani, 66 dei quali soldati. Un offensiva devastante condannata dagli organismi internazionali, con il Consiglio dell Onu per i diritti umani che il mese scorso, con un rapporto della sua commissione d inchiesta, ha denunciato che Israele e anche il movimento islamico Hamas hanno commesso crimini di guerra. Tel Aviv ha respinto ogni accusa. Il premier Netanyahu ha difeso l operazione a Gaza e ammonito i «nemici di Israele» dal lanciare attacchi, altrimenti, ha aggiunto, saranno puniti severamente. In casa palestinese le commemorazioni hanno puntato sulla solidarietà con le famiglie delle vittime e le decine di migliaia di persone che hanno perduto la casa. In un anno si è fatto davvero poco per riparare e ricostruire gli edifici e le infrastrutture distrutte dall attacco israeliano. Il rapporto pubblicato lunedì da Ocha, l Ufficio dell Onu per il coordinamento degli affari umanitari, riferisce che abitazioni sono state completamente distrutte, altre danneggiate seriamente. E famiglie (circa 100 mila persone) sono state costrette a sfollare. Ma nei giorni più duri di «Margine Protettivo» furono quasi mezzo milione i palestinesi che abbandonarono le loro case, 300 mila dei quali vennero accolti in scuole e strutture dell Unrwa, l agenzia delle Nazioni Unite che assiste i profughi palestinesi. Sino ad oggi non una singola abitazione tra quelle distrutte completamente è stata ricostruita, denuncia Ocha. Altre abitazioni sono state danneggiate e i proprietari da soli cercano di ripararle. Se tiene conto anche delle altre due operazioni militari («Piombo fuso» e «Colonna di difesa») subite da Gaza tra il e il 2014, si stima che sia arrivato nella Striscia soltanto l 1% del cemento e dei materiali necessari per la ricostruzione. Inoltre solo una parte delle famiglie senza casa ha ricevuto la donazione di dollari al mese (per un semestre) stabilito dalle agenzie internazionali per aiutare chi ha perduto tutto e oggi vive in case prefabbricate, tende, rifugi di lamiera e tra ciò che resta delle abitazioni. Persone che hanno un accesso limitato ai servizi igienici, all acqua potabile e all energia elettrica. Senza dimenticare i rischi causati dalla presenza di ordigni inesplosi tra le rovine e l impossibilità, almeno sino ad oggi, di effettuare uno screening per accertare la presenza di radiottività nelle macerie (i proiettili di artiglieria e i missili spesso contengono uranio impoverito). mi. gio. nnibale» «con l obitorio pieno, svuotammo i frigoriferi dei gelati nelle sale di attesa e li usammo per conservare i cadaveri dei bambini e i corpi smembrati che i medici non avevano potuto ricomporre». Fatma in quei giorni si sarebbe trovata davanti agli occhi anche il corpo senza vita della sua amica Karam, uccisa dall esplosione di missile sganciato da un drone, nessuno sa contro chi e contro cosa. La terza città della Striscia Quel "Venerdì nero" 1 agosto scattò la "Direttiva Annibale", in risposta all uccisione di due soldati israeliani e alla cattura ma forse era già morto - del sottotenente Hadar Goldin da parte di uomini di Hamas. Si tratta di un codice di condotta delle forze armate israeliane - deciso nel 1986 e revocato nel 2003 ma tornato in vigore dopo il caso del caporale Ghilad Shalit, fatto prigioniero da un commando palestinese nel 2006 e tornato a casa solo nel 2011 in cambio della liberazione di un migliaio di detenuti politici - che impone di "non lasciare indietro nessuno" a costo di ucciderlo: meglio un soldato morto che prigioniero del nemico. La direttiva prevede un bombardamento violento e intenso, per ore, dell area dove potrebbe trovarsi il militare catturato. Rafah però non è un deserto o una enorme campagna vuota e disabitata. È la terza città della Striscia di Gaza per numero di abitanti. Sparare a tappeto sulla zona est della città e i suoi sobborghi significa provocare una strage di civili. Quella mattina del 1 agosto tutto comincia a cavallo dell inizio della tregua. Le versioni di Israele e di Hamas sono opposte. I soldati, afferma Tel Aviv, erano in perlustrazione, alla ricerca di tunnel sotterranei e Hamas avrebbe approfittato della cessazione delle ostilità per tendere un agguato alla pattuglia, fare prigioniero un militare e trascinarlo dentro Gaza attraverso un tunnel. Il movimento islamico nega e afferma che sarebbe stato proprio l esercito israeliano a violare la tregua mandando in esplorazione i suoi soldati a ridosso delle linee palestinesi in segno di sfida e per provocare la ripresa dello scontro. I civili diventano obiettivi Neppure la Commissione d inchiesta del Consiglio dell Onu per i Diritti umani, che ha ascoltato 22 testimoni, visionato filmati e immagini satellitari sui fatti del 1 agosto, è stata in grado di determinare se lo scontro a fuoco e la cattura di Goldin siano avvenuti prima o dopo l inizio della tregua. Ha accertato però che Rafah finì sotto un bombardamento spaventoso, con i civili in trappola. Una pioggia di oltre 1000 proiettili solo nelle prime tre ore, caduta su strade e case. Un grandine di fuoco che ha devastato Mashru Amer, Tannur, Hay al Jneina, Via Uruba, Al Shawka, Zallata, la zona dell aeroporto e la superstrada Salahuddin. Il 95 per cento delle vittime della "Direttiva Annibale" viveva in queste zone. Un caso riferito alla Commissione delle Nazioni unite è quello di un ambulanza colpita mentre trasportava civili feriti a Msabbeh. Il veicolo prese fuoco uccidendo le otto persone a bordo. Secondo i dati delle Nazioni Unite a Rafah si sono avuti 100 morti solo il 1 agosto, tra cui 75 civili (24 bambini e 18 donne). I media palestinesi hanno parlato di circa 200 morti a Rafah dopo la cattura di Hadar Goldin. Il bagno di sangue è andato avanti anche nei giorni successivi, segnati dalla strage (10 morti), il 3 agosto, in una scuola dell Unrwa (Onu) che, come molte altre di Gaza in quei giorni, ospitava sfollati. I comandi israeliani dissero di aver ordinato di sparare contro miliziani armati e non verso la scuola. Tutti i mezzi sono leciti In Israele della "Direttiva Annibale" si discute ancora, e sui fatti del 1 agosto ha indagato la Procura militare. Ma solo in riferimento al sottotenente Goldin e a una possibile negligenza che potrebbe avere segnato la sorte della pattuglia finita sotto attacco. Non certo per le conseguenze devastanti che la sua applicazione ha avuto sulla popolazione di Rafah. Il tenente colonnello Eli Gino, comandante durante "Margine Protettivo" delle unità di ricognizione della Brigata Givati, ha dichiarato che il fuoco delle forze armate israeliane è stato «proporzionato» e sottolineato che quando «viene rapito un soldato, tutti i mezzi sono leciti» anche se esigono un prezzo elevato. Il 26 settembre 2014, il quotidiano Yediot Ahronot ha ricostruito l accaduto in un lungo articolo, "Impedire un altro incidente Ghilad Shalit", in cui si ribadisce che la linea seguita era quella di impedire, ad ogni costo, che Goldin rimanesse vivo nelle mani di Hamas. E nonostante Israele sostenga, contro gli esiti delle indagini dell Onu, di non aver commesso alcun crimine la scorsa estate, l esercito si è premurato di nascondere l identità di un capitano e di un maggiore che, si comprende dallo stesso articolo di Yediot Ahnorot, sono coinvolti nella attuazione della direttiva e rischiano di finire davanti alla Corte penale internazionale. La "Direttiva Annibale è l inizio del fascismo in Israele", scrisse l opinionista Uri Arad il 12 agosto del Inizio del fascismo non per la strage di civili innocenti a Rafah in quel "Venerdì nero" ma perché il premier Netanyahu riteneva e forse ancora ritiene sacrificabile la vita di un soldato israeliano.

10 pagina 10 il manifesto GIOVEDÌ 9 LUGLIO 2015 CULTURE POMPEI NELL ARTE Lo sguardo tra i lapilli Valentina Porcheddu U na nube fuori dall ordinario, simile alla silhouette di un pino che si slancia verticalmente per poi ramificarsi: è l immagine dell eruzione del Vesuvio che Plinio il Giovane affiderà a Tacito affinché la fama di suo zio Plinio il Vecchio - «deceduto nel disastro delle più incantevoli plaghe» - divenga imperitura. Il 79 d.c. è una data memorabile già per gli antichi. Il 24 agosto di quell anno, Pompei, Ercolano, Stabia e Oplontis - luoghi ameni della Roma repubblicana e dell impero - vengono travolte da un implacabile pioggia di lapilli e ceneri. La danza dei fauni si ferma in punta di piedi mentre specchi finemente cesellati vanno in pezzi, infrangendo gli sguardi di Veneri ammalianti. Persino le dimore degli dèi soccombono alla furia del vulcano, il fato appone un malinconico sigillo sulla bellezza dei giardini in fiore. Bisognerà attendere il 1748 per veder riemergere dalla terra le tracce di quel funesto evento, a testimoniare che se la morte fu dolorosa, la grazia dell arte sopravvisse per conquistare i posteri. Ed è proprio alla fascinazione che la scoperta fortuita delle metropoli vesuviane provocò tra XVIII e XX secolo su artisti e intellettuali, che è dedicata la mostra Pompei e l Europa al Museo archeologico nazionale di Napoli (fino al 2 novembre). Promossa dalla Soprintendenza speciale per Pompei, Ercolano e Stabia e dalla Direzione Generale del Grande Progetto Pompei con il Man, la rassegna è organizzata da Electa e vanta il patrocinio di Expo I meandri della Storia Più di 200 opere tra reperti antichi e meraviglie moderne - dipinti, disegni, stampe, progetti architettonici, fotografie, sculture, oggetti, libri - provenienti da grandi musei italiani e stranieri sono riunite nel salone della Meridiana del Man, a cura di Massimo Osanna, Maria Teresa Caracciolo e Luigi Gallo. L allestimento è di Francesco Venezia, architetto internazionalmente noto e sensibile al rapporto tra forma, memoria e sentimento (suo il progetto del museo di Gibellina). È lui stesso a spiegarci come ha plasmato la materia delle idee per arrivare a un percorso espositivo coinvolgente: «Con i suoi 20 metri d altezza e 1200 metri quadri di superficie, l aula della Meridiana divora lo sguardo, catalizzandolo verso l alto. Una mediazione tra opere e sala era indispensabile e perciò ho realizzato una copertura che favorisse la circolazione dei visitatori in strade periferiche e strette, le quali confluiscono nel vuoto dello spazio centrale. Quest ultimo è racchiuso in un trapezio, una figura geometrica arcaica apprezzata anche da Michelangelo». Il meandro concepito da Venezia si fa così metafora del perenne ritorno di Pompei e del suo affacciarsi, in tempi diversi, alla Storia. E se nel 1804 Chateaubriand sognava di tramutare la città vesuviana nel plus merveilleux musée de la terre, lo scopo della mostra al Man è perseguire il cammino della conoscenza, riconsegnandoci quel potere evocativo che favorì l irraggiamento culturale del sito. La scoperta di Ercolano e Pompei, seppellite da un tragico prodigio e custodite per millenni nelle utopie di chi ne vagheggiava il risveglio, fu una delle più sorprendenti rivelazioni del Settecento europeo. Espressione di tale euforia è il clin d œil d ingresso all esposizione simboleggiato dal bronzo d Hippolyte Moulin Una scoperta a Pompei (1863), in prestito dal Museo d Orsay di Parigi. Le rovine di Ercolano riaffiorano nel 1738, seguite - dieci anni dopo - da quelle di Pompei, che dal 1764 diviene il principale fulcro di ricerca per gli archeologi, grazie a una maggiore facilità di scavo nel lapillo rispetto all ostica lava stratificatasi a Ercolano. La Campania costituiva allora l epicentro del Regno delle due Sicilie, retto dalla dinastia dei Borbone di Napoli. L entusiasmo suscitato da Pompei nei viaggiatori si coglie nel ritratto di Goethe eseguito da Wilhelm Tischbein nel 1787, che - con la prima rappresentazione dell eruzione del Vesuvio di Jacob More (1780), iconografia di successo dell ultimo giorno di Pompei - apre emotivamente la mostra. «Ritorna indietro il passato? Greci, Romani, oh venite! Vedete, risorta è l antica Pompei, di nuovo si erge la città di Ercole!», scriveva nel 1796 Friedrich Schiller. A trascinarci da subito in quel clima di frenesia per l Antico cantato dal poeta tedesco sono le vedute di Louis-Jean Desprez, che immortala con acquerelli in tinte scure il tempio di Iside, scatenando una dirompente egittomania. Nel Settecento, gli scavi strappano oggetti d arte e pitture al contesto e gli affreschi pompeiani s impongono come modelli figurativi. Anche Antonio Canova cede al loro richiamo, seducendoci ancor oggi con due tempere su carta leggiadre e superbe - Cinque danzatrici che reggono corone; Cinque danzatrici con velo e corone ( ) - e una diafana tela in cui riappare il Mercato degli Amorini ( ). Nel contempo, i temi derivati dalle antichità vesuviane offrono spunti alle arti decorative; ceramiche e mobilio destinati a residenze principesche ne portano segni e rivisitazioni, come nel Giuoco souvenir delle Due Sicilie, teiera con eruzione del Vesuvio e tazze e piattini con centauri della Real Fabrica di Porcellana di Napoli ( ?). Nel 1780, sotto la direzione dell architetto Francesco La Vega, comincia il restauro parziale degli edifici pompeiani e gli artisti di tutta Europa si affrettano I CALCHI NELLA PIRAMIDE DI FRANCESCO VENEZIA, ANFITEATRO POMPEI FOTO DI ANDREA JEMOLO a illustrarne l aspetto. Fra essi, spiccano Jean-Honoré Fragonard e Giovanni Battista Piranesi, dei quali il Man di Napoli ospita alcune raffinate vedute. Figure rappresentative nella storia di Pompei sono anche gli allievi dell Accademia di Francia a Roma: attraverso i loro disegni ammiriamo «dal vero» e in una ricostruzione visionaria gli edifici del Foro, del Tempio di Apollo e del Quartiere dei Teatri. «Ognuno poteva immaginare che gli fosse stato consentito, risalendo nel corso dei secoli, di percorrere le strade e le piazze della città addormentata», narrava nel 1854 Gérard de Nerval. Al museo archeologico di Napoli, reperti e opere moderne illustrano i sogni dei viaggiatori. E nell Anfiteatro del sito, i calchi dei defunti sono custoditi dalla piramide di Francesco Venezia ARTURO MARTINI, «IL BEVITORE» O «LA SETE», Sensualità e compassione La riflessione sull architettura domestica e il suo decoro costituisce uno degli elementi più innovativi nell approccio al sito archeologico. Nel museo di Napoli, gli artisti scrutano gli affreschi antichi e ne riproducono copie. In mostra, ritroviamo l opera di Gustave Moreau Frammento di Achille e Briseide (1859), affiancata all originale della Casa del poeta tragico a Pompei (metà del I secolo d.c.). Ancora Moreau ripeterà con nostalgico moto Achille e Chirone (1859), dopo esser stato soggiogato dall omonimo dipinto svelato nell Augusteum di Ercolano. Siamo ormai nella temperie ottocentesca e mentre gli studiosi mirano all approfondimento scientifico, gli adepti del Romanticismo trasformano le rovine pompeiane in scenario per romanzi, poemi e opere liriche. Emblematico, in questo senso, è il best-seller di Edward Bulwer-Lytton, Gli ultimi giorni di Pompei (1834), al quale seguiranno le numerose pellicole cinematografiche dal medesimo titolo. Sin dagli inizi dell Ottocento era stata la sensualità delle figure femminili pompeiane e la «dolcezza» dei costumi a colpire l immaginario degli artisti. Fra le opere in prestito al Man, Fanciulla nuda in un labrum pompeiano ( ) di Paul Delaroche e Il mercato dei fiori (1868) di Lawrence Alma-Tadema esprimono al meglio questa tendenza. Ma alla fine del XIX secolo avviene qualcosa di singolare. Gli archeologi riportano alla luce i corpi imprigionati nella cenere degli abitanti di Pompei. Giuseppe Fiorelli, primo direttore degli scavi dell Italia unita, avrà un ambizione divina: liberare le ossa e restituire i morti all umanità. Da allora, lo sguardo dell Arte su Pompei si farà meno «lascivo» e più compassionevole, come nella composizione di figure tra buio e luce creata da Mario Sironi nel 1935 o nell onirica fuga di Due donne che corrono lungo la spiaggia, scaturita dall estro di Picasso nel Arturo Martini attingerà direttamente dai calchi in gesso di Fiorelli per scolpire Il Bevitore ( ) in una pietra a tratti ferita, mentre Giorgio de Chirico renderà omaggio a Pompei con un tributo di «classico» (Gladiatori, 1935). Pompei e l Europa si accommiata dai visitatori attraverso una galleria di foto e schizzi: alle vecchie schede della Soprintendenza che rinviano agli albori degli scavi, si affiancano i coevi carnets di Le Corbusier nella veste di esploratore d interni pompeiani. E se il 1748 sembrava aver riconsegnato la più magnificente delle città vesuviane all illusione della rinascita, il 1943 sarà l anno dell oltraggio inferto dalle bombe ai monumenti. L antico è anche presente Rapiti alla morte, a cura di Massimo Osanna e Adele Lagi, è la sezione allestita nello spazio dell Anfiteatro di Pompei, in cui per la prima volta dopo il restauro vengono presentati al pubblico 20 calchi, a partire da quelli realizzati da Fiorelli rilevando le impronte lasciate dalle vittime dell eruzione nel materiale vulcanico. Ad accoglierli, un progetto dell architetto Francesco Venezia pensato per ospitare - a compimento del percorso - anche la mostra La fotografia, curata da Massimo Osanna, Ernesto De Carolis e Grete Stefani. Un contributo documentario, quest ultimo, che dà ai visitatori l opportunità di ripercorrere le tappe salienti di una scoperta sbalorditiva. I defunti di gesso sono stati racchiusi dentro una piramide - struttura provvisoria in legno - la quale, inserita nell arena dell anfiteatro, provoca, a primo impatto, una sensazione di spaesamento, come fossimo trasportati in un universo «alieno». Tuttavia, ci dice Venezia, «la piramide non è un simbolo invasivo. È un estrusione e, in quanto tale, la sua forma è complementare a quella del cratere dell anfiteatro. Principio già operante nella grandiosa concezione del paesaggio dantesco della Divina Commedia». All obiezione che l anfiteatro era un edificio per spettacoli e non un luogo di sepoltura, Venezia ribatte che se catalogare gli edifici in base alla loro funzione antica è compito e «vezzo» degli archeologi, all architetto interessa piuttosto il modo in cui tali monumenti si collocano nel presente e come - attraversandoli - il passato si ponga in dialogo con noi per «trasformarci». I calchi sono stati disposti, elevandoli tramite piedistalli, in una conca oscura che ricorda la matrice del terreno che fece di Fiorelli un moderno demiurgo. L esposizione dei corpi è stata progettata, inoltre, per permettere a chi li guarda di vedere a sua volta altri osservatori. Una condivisione circolare del pathos, una compartecipazione a un dolore antico eppure sempre nuovo. Non sono, forse, gli sventurati abitanti di Pompei gli stessi uomini schiacciati oggi da tsunami e terremoti, da bombe «intelligenti» e raid aerei, che la mediatizzazione della morte ci consegna come salme senza nome?

11 GIOVEDÌ 9 LUGLIO 2015 il manifesto pagina 11 CULTURE oltre tutto LA SECONDA EDIZIONE DEL GIALLO FERRARA Parte domani la seconda edizione del «Festival Giallo Ferrara». Organizzato dall associazione «Gruppo del Tasso» con il sostegno del Comune di Ferrara, la kermesse si propone come una tre giorni itinerante. Tra gli ospiti, gli scrittori Roberto Costantini, Enrico Pandiani, Giampaolo Simi, Stefano Tura, che da dieci anni non rimpatria, Giuliano Pasini, Romano De Marco, Patrizia Debike Van Der Noot, Giulio Perrone, Rosa Mogliasso e gli incontenibili Matteo Strukul e Piergiorgio Pulixi. Il Chiostro di San Paolo ospiterò disegni, strisce e performance di Kriminal, Corto Maltese e Diabolik. Perfino i più piccoli avranno modo di fronteggiare l arcano sotto il grande albero delle storie: per loro i burattini ribelli di Davide Bregola e la caccia al tesoro organizzata da Sara Magnoli. Fabrizio Denunzio S empre molto attenta alle tendenze più attuali del mercato editoriale, Orthotes manda in libreria un piccolo classico del pensiero comunista, Il giovane Marx di György Lukács (a cura di Piergiorgio Bianchi, pp. 101, euro 14). Come in precedenza fatto col volume di Mladen Dolar, La voce del padrone, la casa editrice cerca di inserire questo Giovane Marx in una corrente d interesse preesistente e consolidata. Se nel primo caso metteva Dolar nella scia del lungo successo di Slavoy Zizek (essendo, al pari di questi, tra i fondatori della Scuola Psicoanalitica di Lubiana, in possesso, quindi, dello stesso stile argomentativo), nel secondo, con Lukács, cerca di sfruttare il rinnovato interesse del pubblico italiano per il giovane Marx. Un interesse che avuto un momento importante nella pubblicazione nel 2010 di Pro e contro Marx (Erickson) del sociologo Edgar Morin e che riterremo definitivamente fondato quando si tradurrà il Marx Les «Thèses» sur Feuerbach (2008) di un grande filosofo amico della sociologia, Pierre Macherey. Un testo d altri tempi Non è la prima volta che il testo di Lukács esce in Italia. Come ci ricorda il curatore di questa nuova edizione, Il giovane Marx, dopo essere stato pubblicato in rivista («Deutsche Zietschrift für Philosophie») nel lontano 1954, e poi un altro paio di volte in volume (1965 e 1967), è stato tradotto per Editori Riuniti nel 1978 da Angelo Bolaffi. Il destino editoriale del testo, con tanto di ricezione italiana, coincide con quella che fu la vita della prima società industriale: dal boom economico del secondo dopoguerra fino ai prodomi della crisi del fordismo. In breve, è un libro che appartiene a un altra era della nostra civilità, a quando l organizzazione sociale si poteva spiegare nei termini della fabbrica, Un libro di un altra era che non va letto come un introduzione all autore del «Capitale» SAGGI «Il giovane Marx» di György Lukács per la casa editrice Orthotes Insolita chiave d accesso al mondo dei media dei partiti e dello Stato. E a quando, nel marxismo post-stalinista europeo, ci si azzuffava sul rapporto Hegel-Marx, sulla necessità di individuarne la rottura e sul ruolo in essa giocato per l appunto dalla produzione teorica giovanile del filosofo di Treviri. Per intenderci, questo Giovane Marx ha l età di Galvano Della Volpe e di Louis Althusser. Naturalmente, se non lo avesse scritto Lukács e se fosse ancora all ordine del giorno del marxismo contemporaneo il tema della «rottura epistemica» tra Marx e Hegel, questo libretto segnerebbe un epoca. L autore, con perizia filologica impareggiabile e grande sicurezza interpretativa, passa in rassegna tutti i lavori del giovane Marx dal 1841 al 1844: dalla dissertazione di laurea (Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro) agli scritti giornalistici sulla «Gazzetta renana»; dai contributi agli Annali franco-tedeschi (La questione ebraica e Per la critica della filosofia del diritto di Hegel) ai Manoscritti economico-filosofici. In ognuno di essi viene indicato con precisione chirurgica il punto esatto della rottura, così che alla fine della lettura davvero crediamo che sin da subito tra il giovane Marx e il vecchio Hegel «l opposizione» sia «insanabile». Purtroppo, però, a essere l autore di questa ricostruzione è proprio Lukács e, per nostra fortuna, il marxismo contemporaneo ha ben altri problemi da risolvere che non questo della discontinuità tra i due grandi, assillato com è da globalizzazione, migrazioni, conflitti di genere, trasformazione del lavoro e controffensiva neoliberista. È giusto dire perché sia la stessa firma di Lukács a gettare un ombra di dubbio sull operazione tentata ne Il giovane Marx. Solo poche parole: in un testo formativo come Storia e coscienza di classe lo stesso autore aveva annullato MEETING Da oggi a Chieri (Torino) il «Festival dei beni comuni» La buona ricetta dei «commons» Jacopo Rosatelli L a circostanza è casuale: il primo festival internazionale dei beni comuni, che comincia oggi a Chieri (sulla collina di Torino), si svolge proprio nel pieno dello scontro politico europeo sulla Grecia. Ma la casualità suggerisce un accostamento non indebito: il voto ellenico di domenica scorsa è un nuovo episodio della stessa storia di cui sono parte i referendum italiani sui servizi pubblici locali e sull acqua. La vittoria dei «sì» nel giugno del 2011 rese evidente il rifiuto popolare delle ricette neoliberiste, e la successiva lettera della Bce all indirizzo del governo Berlusconi rese altrettanto chiaro che i poteri reali della governance sovranazionale non erano disposti ad accettare quel responso: bisognava ignorare le urne, perché l unica democrazia possibile è quella che privatizza. In questi giorni in Europa accade la stessa cosa: la volontà dei greci non può valere, perché non è conforme a quella della trojka. La rassegna chierese si carica, dunque, di grande significato politico: «La primavera italiana del 2011 ci indicò una strada che non riuscimmo a percorrere - afferma il giurista Ugo Mattei, ideatore e curatore della manifestazione -. Dobbiamo fare autocritica per non essere riusciti a costruire egemonia dopo quel risultato: per questo oggi in Italia non abbiamo Syriza o Podemos. Il festival continua Mattei è il tentativo di fare tesoro di quell errore, riproponendo il valore politico-culturale dei commons, ma aprendoci a contributi di mondi diversi, compreso quello cattolico: il magistero di papa Francesco non può essere ignorato». Fino a domenica un fitto programma di incontri e dibattiti Da Rodotà a Negri, da Veloso a Gil: per tre giorni la cittadina ospiterà incontri e concerti per ragionare in astratto, ma anche per esaminare le strade già battute in concreto, come il progetto per l area dell ex cotonificio Tabasso nella cittadina che ospita l evento, alla ricerca di modi efficaci per sottrarre all appropriazione esclusiva di soggetti pubblici e privati quelle «cose che esprimono utilità funzionali all esercizio dei diritti fondamentali e al libero sviluppo delle persone» (secondo la definizione di beni comuni che diede la commissione Rodotà). Numerosi anche gli spettacoli, con appuntamenti di ogni differenza tra Hegel e Marx per consentire al marxismo di acquisire la categoria della totalità, o meglio, del processo produttivo totale. Questo netto passaggio dalla fusione completa (Marx in Hegel) all espulsione (Marx fuori da Hegel) spinge a credere che la valutazione di tale rapporto dipenda non tanto da una rigorosa e sentita necessità scientifica, ma da opportunismo politico: come nel primo caso Lukács abiurò la tesi su comando dall Internazionale Comunista, nel secondo tenne ben presente il giudizio negativo di Stalin su Hegel. Eppure Il giovane Marx va salvato ben oltre ciò che lo condanna. Contro la sua storia e contro Lukács, questo libro consente non tanto un accesso generico a Marx quanto un accesso attuale alla sua opera giovanile. Un attualità che può essere garantita grazie al confronto con i problemi posti dagli apparati di comunicazione. Uno fra tutti: il rapporto tra informazione e censura. Da questa prospettiva, l esperienza giornalistica di Marx alla guida della «Gazzetta renana» diventa strategica. Dice Lukács: «L attività di Marx quale redattore fu caratterizzata dalla lotta ininterrotta contro la censura prussiana. Egli mise in luce in tal senso una straordinaria abilità e una grande inventiva nello scoprire le forme che consentissero di dire di fronte alla censura le cose più radicali in un modo che non dovesse portare all immediata proibizione del giornale, per arrivare così, mediante una propaganda paziente e tenace, alla raccolta di tutte le forze progressiste». Un modello di comunicazione Dal Marx giornalista, allora, possiamo ricavare un modello generale di lavoro astratto nei media orientato eticamente (dire la verità), informato da precise strategie retoriche (dire la verità in modo da raggirare la censura) e animato da un progetto politico (dire la verità evitando la censura così da comporre un analisi reale del mondo sociale che possa fungere da collante per tutte le forze innovatrici della Germania che si vogliano opporre all ultra reazionario Impero prussiano di Federico Guglielmo IV). Se non lo si fa più dipendere dall abituale sistema culturale di riferimento (evoluzione interna del pensiero di Lukács e storia del marxismo occidentale) e si inizia a metterlo in relazione col sistema produttivo dei media, ebbene, questo Giovane Marx può ancora sorprenderci. musica, teatro, cinema. Il clou è senz altro domani alle 21 (in Piazza Dante, a pagamento) con il concerto di Caetano Veloso e Gilberto Gil, per la prima italiana del loro tour insieme. Il via oggi alle con un dialogo fra Salvatore Settis e Gustavo Zagrebelsky, nei prossimi giorni toccherà, fra gli altri, a Sandro Mezzadra, Toni Negri, Judith Revel, Pierre Dardot, Vandana Shiva, Stefano Rodotà, Carlo Freccero, Michela Murgia, Davide Ferrario e Marco Paolini. Tra i temi affrontati: i commons digitali, la difesa del territorio, le esperienze (nazionali e internazionali) di riutilizzo degli spazi abbandonati, l arte e la scienza come beni comuni (il programma completo sul sito festivalbenicomuni.it). A fare da sfondo all intera rassegna è lo sforzo di riannodare un alleanza fra la cultura giuridica e i movimenti sociali, fra diritto e lotte, attraverso la quale creare strumenti (quelle «istituzioni del comune» teorizzate da Negri) per sottrarre ai governi il controllo totale della politica. Quello fu il senso dei referendum del 2011 e poi del giudizio della Corte costituzionale dell anno dopo, che ristabilì il vincolo referendario contro le norme, imposte dalla lettera della Bce, che lo avevano immediatamente disatteso, imponendo nuovamente le privatizzazioni dei servizi pubblici locali. Alla vigilia di un festival carico di pensiero critico, la cui realizzazione è in capo al comune di Chieri di cui Mattei è vicesindaco, non potevano mancare i malumori e le polemiche, anche molto aspre. Dalla destra, ma anche dal Partito democratico (socio di maggioranza nell amministrazione locale): inaccettabili gli inviti al «cattivo maestro» Negri e alla redattrice di questo giornale Geraldina Colotti, che ha scontato 27 anni di carcere per la sua appartenenza alle Brigate Rosse. Dopo giorni di tensione, i responsabili dell iniziativa sono riusciti a «salvare» la presenza di Negri, ma non quella di Colotti: vista la sua assenza forzata, però, l organizzazione ha deciso di cancellare l intero panel di discussione sulle politiche dei beni comuni in America latina al quale la giornalista avrebbe dovuto portare il proprio contributo. Il messaggio agli avversari del festival è chiaro: «o tutti, o nessuno». Per Mattei si è trattato di polemiche strumentali: «Hanno creato la paura del terrorista con il solito meccanismo che i potenti usano quando si cerca di fare qualcosa di significativo: è quello che vediamo ormai da anni anche a ogni manifestazione di piazza». Nulla di cui stupirsi, purtroppo. CONSUMI CULTURALI Federculture: investimenti pubblici pochi e disordinati Roberto Ciccarelli S i legge sempre meno, l'astensione a teatro raggiunge il 90%, un quinto degli italiani (il 19,3%) non partecipa a nessuna attività culturale, con picchi del 30% al Sud, e in crescita di cinque punti percentuali dal Gli investimenti pubblici, dopo anni di tagli ai beni culturali e allo spettacolo, come a scuola e università, continuano ad essere il fanalino d'europa: lo 0,13% rispetto al Prodotto Interno Lordo. Quest'anno il ministero dei beni culturali (Mibact) festeggia per la prima volta da anni, un aumento del finanziamento passati da 1,5 a 1,6 miliardi annui. Ma crollano le erogazioni liberali (-19%) e i fondi bancari (-12%) con i quali qualcuno sperava di rimediare al taglio dei fondi pubblici. Questo è il macroscenario economico sui consumi culturali in Italia emerso dall'undicesimo rapporto annuale Federculture 2015 presentato ieri a Roma. «La crisi della finanza pubblica locale che negli ultimi anni ha colpito Comuni grandi e piccoli, generando una pesante contrazione degli investimenti, anche nel settore culturale, non sembra ancora superata» si legge nel rapporto. Ci si consola con l'aumento della spesa delle famiglie italiane per cultura e ricreazione dopo due anni di crisi. Secondo il rapporto sono pari a 66,1 miliardi di euro nel 2014, circa 1,4 miliardi in più rispetto al 2013 (+2,1%), contro il -5% del 2013 e il -10% del Crescono anche i visitatori a musei e mostre (+7,7%), ai siti archeologici e monumenti (+5,8%), seguiti dal teatro (+2,2). Grande è la disparità tra aree geografiche del paese. In numeri assoluti i turisti in tutto il Sud nel 2014 sono meno di quelli arrivati nella sola Toscana, 8,6 milioni. Dopo Napoli, Roma è la città che investe meno in cultura sia come incidenza della spesa sul totale del bilancio comunale, sia come spesa dell'amministrazione comunale per abitante: quella della Capitale è di 56 euro per cittadino circa un terzo di Firenze dove si spendono 183 euro per abitante. La giunta Marino ha destinato nel 2014 alla cultura il 2,4% del bilancio totale, era circa il 4% nel 2008 e nel 2010 raggiungeva il 4,5%. A discolpa di Marino si possono citare il buco di bilancio, lo strangolamento di una città con l austerità, il patto di bilancio che Renzi gli ha di fatto imposto, ma certo riuscire a fare peggio di Alemanno non era impresa facile. In mancanza di una chiara analisi critica dell austerità, ci si consola con l auspicio che il «turismo culturale» salvi il paese dell Expo e del «made in Italy». Dal 2009 al 2013 gli arrivi nelle città d'arte sono aumentati del 14,4%. I turisti culturali hanno speso 12,5 miliardi di euro nel 2014, il 5,6% in più dell'anno precedente. Dati che attestano la «disneyizzazione» irreversibile delle città d arte come Roma, Venezia o Firenze. Il presidente di Federculture Grossi sollecita a una visione «unitaria» dell offerta turistica, ma ha anche precisato che la cultura «non è una vetrina, ma è qualcosa che deve servire nella vita di tutti i giorni». Il ministro dei beni culturali Franceschini ha lanciato il suo personale piano per lo sviluppo dell alta velocità: i super-treni da 80 euro al biglietto dovrebbero collegare Salerno e la Sicilia e Bologna con Taranto. Sempre per permettere ai «turisti culturali» o ai manager di farsi una vacanza in Italia. Non a chi possiede redditi normali a viaggiare, o lavorare, in un paese civile.

12 pagina 12 il manifesto GIOVEDÌ 9 LUGLIO 2015 Cinema VISIONI Più che un biopic un ritratto d artista, «Antonia» di Ferdinando Cito Filomarino, ispirato alla poetessa milanese morta nel 38. In gara al festival di Karloy Vary «L esperienza di Antonia Pozzi è per me molto attuale. La sua è una generazione confusa che mi fa pensare ai suoi coetanei di oggi. Non capisce cosa fare, se ascoltare i propri desideri o conformarsi al mondo dei padri» La poesia di una vita Cristina Piccino MILANO L appuntamento U na trombetta riffa una marcetta buffa. Lei è vestita di nero, spalle scoperte, capelli raccolti in alto alla maniera retrò. È una figurina bidimensionale, come quelle bamboline ritagliate nella carta lungo la linea tratteggiata a cui si possono posare addosso vestiti diversi tramite i quadratini bianchi da ripiegare in alcune zone per lasciarglieli lì. Viso scolpito, bocca delineata da rossetto scuro, sopracciglia ad ali di rondine, cappellino con gli strass, al collo un sottilissimo giro di piume. «Mi sembra d'impazzire» canta, e siamo già impazzite pure noi, assieme a lei, in giro per Milano e dintorni. Le gambe fanno il tip tap, i piedi a destra e a sinistra, girandole di dettagli come ologrammi, tutto è candido come i cieli Femmine Folli Un guanto e una pistola Fabiana Sargentini è in una pasticceria storicamente «classica» della città, una domenica mattina d estate. Perché Antonia, gli chiedo subito. Antonia, cioè Antonia Pozzi, poetessa poco conosciuta, milanese, figlia dell alta borghesia, morta suicida nel 1938 a ventisei anni senza riuscire a pubblicare nessuna delle sue poesie guardate con sufficienza dal mondo letterario (tutto maschile) del tempo, che il padre fascista distruggerà censurando l insopportabile (per lui) male di vivere e l irruenza di quella «scandalosa» figlia. Il film di Ferdinando Cito Filomarino, Antonia, racconta tutto questo ma non nella forma della biografia tradizionale. Le sue immagini cercano piuttosto una corrispondenza con l universo poetico della protagonista che diviene lo specchio, o il controcampo della sua esistenza, dei suoi amori impossibili, dei gesti ribelli, delle angosce sul futuro, di una condizione emozionale personalissima e poco accordata alle convenzioni sociali a cui ogni buona figlia e fanciulla doveva conformarsi. Una bella sfida per un opera prima e per un giovane regista il cui talento si era già rivelato nel corto Diarchia, gioco amoroso divertito di morbida sensualità, e che qui conferma uno sguardo speciale, molto lontano (per fortuna) dal format di un cinema italiano di «giovani» più o meno alla ricerca di sé. Pure se poi questa sua Antonia dei vent anni incarna il sentimento universale di confusione e attese nella parola e nel corpo che si incontrano, nel respiro dei gesti e nel movimento delle immagini punteggiate dalla metrica del montaggio di Walter Fasano. Adolescente (è la brava e giovanissima Linda Caridi) sui banchi di scuola Antonia è innamorata del professore di greco, o forse della sua lettura di versi antichi. Diventeranno incontri clandestini, baci rubati all angolo della strada finché la famiglia metterà fine a questo amore sconveniente. Antonia scrive lettere, poesie, un diario: le sue parole sono dolcemente taglienti, cadono giù sul foglio spogliando l anima, quasi impudiche ma con riserbo dicono di sentimenti e desideri, e di un irrequietezza che è quella del suo tempo. Cito Filomarino compone le immagini come i versi della poetessa, frammenta la narrazione, suggerisce, fa parlare i dettagli, segue il suo sguardo, il suo movimento intimo: frasi, fisicità, slanci improvvisi, traiettorie sfuggenti di una vita. «Antonia» più della biografia sembra cercare la vita della protagonista nella sua scrittura poetica. Avevo in mente sin dall inizio un ritratto d artista più che la storia della vita di un artista. Antonia ha una vita molto normale, è il modo in cui la vive la chiave interessante. Nel caso degli artisti, e dei poeti soprattutto, la poesia e la vita finiscono con essere la stessa cosa. Per lei forse ancora di più: lo sfogo della vita di Antonia avviene nella parola, lì trovano voce i suoi tormenti. L evocazione del mondo poetico ha generato parte della concezione del film. Si leggono anche alcune delle sue poesie ma la struttura narrativa nasce dalle sue lettere, dai diari, dalle poesie, dalle fotografie. Antonia nella scrittura si riferiva a momenti molto specifici della sua esistenza che rivelano inevitabilmente anche la sua arte. Una dipende dall altra e viceversa. Il racconto inizia con Antonia ancora studentessa e arriva alla sua morte. La narrazione procede per frammenti, e anche visivamente inquadri spesso dei dettagli, le mani, il foglio con le parole, l evocazione dei suoi sogni. Nella poesia di Antonia c'è sempre un elemento di ambiguità. Lei non vive quasi mai la bellezza del presente ma immagina sempre quanto accadrà dopo: se parla di un viso che ha davanti a sé, il volto amato, pensa subito a quando non ci sarà più... Mi sembrava che accostare dei dettagli mi permettesse di ritrovare il senso e il movimento delle sue poesie. La sua scrittura vive nella relazione tra piccole e grandi cose. Per questo mi piaceva l idea di mostrare come Antonia si muoveva nel mondo, una sua fisicità plastica che rivelasse qualcosa di importante. La cosa bella nel fare un ritratto d artista è avere delle scuse per immaginare come funziona il suo processo di creazione, e renderlo attraverso un altro atto creativo che è quello del cinema in cui possono convivere vari strati, presente e futuro. All inizio Antonia appare come un eroina tormentata, aveva dodici anni quando il fascismo prende il potere, ed è cresciuta in quel clima. Lei viveva al di fuori della politica anche se era inevitabile che questa entrasse nelle case, nella vita delle persone, nel modo di essere degli uomini e delle donne. Suo padre col suo agire autoritario rappresentava quel pensiero fascista, e anche la madre con la sua passività. Antonia di tutto questo ne parlava poco ma nei suoi scritti fa riferimento alle leggi razziali, quando i suoi amici, i Treves, sono costretti a fuggire. Alla fine però era già troppo distante dal mondo e dagli altri esseri viventi, scriveva anche molto poco. La tua lettura ci rende una figura implosa, è come se ci fosse sempre un confine invisibile tra i suoi impulsi interiori e la sua postura nel mondo. Molto dipende dalla sua estrazione sociale, un alta borghesia milanese con regole di comportamento molto rigide. Più in generale i poeti, e il cinema non ne ha raccontati molti, spesso sono persone normali che si mimetizzanto nel contesto. Tutto succede dietro le quinte o dentro di loro, e lo stesso accade a lei. Antonia Pozzi viene vista da molta critica letteraria come un autrice «minore». E la poca considerazione per la sua poesia appare come uno dei suoi più grandi dolori. All epoca si ha l impressione che subisca anche il fatto di essere donna, e quell idea che la poesia femminile non ha valore. In vita Antonia non è riuscita a pubblicare le sue opere. La sua poesia bianchi nei film muti, il risvolto del vestito è una stoffa preziosa. Una ruota si allarga a dismisura dietro il viso di Lei che rischia di impazzire e non è più sola, è un'altra e poi un'altra e un'altra ancora essendo sempre lei... La spirale diventa bianca, il fondo nero, siamo il pubblico di un gioco illusionista da mal di testa. Ora Lei è in bianco, il suo opposto cromatico, abito charleston a vita bassa, doppio giro di perle fino alle ginocchia, urla parole che escono dalla bocca e si stagliano in stampatello grande su uno schermo dietro di lei. Rodcenko come Zang Tumb Tumb. «Sono la figlia del lontano futuro». Sono i primi del Novecento e noi non siamo più qui. Pavimento a scacchi, Lei è sdraiata e dichiara ciò che tutti attendevamo: «Sono la terza guerra mondiale». Diventa lancetta di orologio che va all'indietro e finisce a testa in giù... Ci porta via con lei, sciagura o salvezza, miracolo o perdono... «Sono allergica a mia madre», chi non lo è stato almeno un giorno. Mani afferrano la sagoma e la portano via. Con la testa nel vuoto tutto intorno si fa nero. Ombre, ritorni e indietreggiamenti. Matrioske urlanti follie imperanti. Figure geometriche prospettiche una dentro l'altra, dentro l'altra, dentro l'altra... Motivi ornamentali essenziali, linee fisse, precise, che puntano all'infinito e non si incontreranno mai mai mai e poi mai... Idea di movimento statico, fissato nel tempo, immobile e irrefrenabile insieme. Corsa sul posto, corsa per fuggire, corsa per non arrivare da nessuna parte. Tentativi di capire. Di raccontare. Di trovare una ragione per stare. E allora chi ti può aiutare. Forse i tuoi cari ricercare. Figure partite lasciate sottratte alla realtà ormai. Luci drammatiche, da cinema espressionista, di taglio, dure e falsificanti, siamo una maschera, rischiamo di impazzire... Lei diventa un esercito di combattenti era molto intima, e legata a un urgenza soggettiva che in quel momento non sembrava avere alcuna ragione di essere. Sarà Montale a pubblicare la prima edizione seria della sue poesie che il padre dopo la sua morte aveva manomesso e censurato. Ma c era la guerra, lei era morta, e anche a distanza di anni il suo mondo appariva troppo astratto. La storia di Antonia è anche un racconto della giovinezza, una sorta di romanzo di formazione senza esiti positivi di una crisi e di una profonda solitudine. In questo senso per me la sua esperienza è molto attuale. Quella di Antonia è una generazione confusa che mi fa pensare ai suoi coetanei oggi. Non capisce cosa fare, se ascoltare i propri desideri o conformarsi al mondo che i padri hanno preparato per loro. Antonia ne incarna l apoetosi, la figura più appassionata. È questo che ti ha attratto in lei? Sì insieme a molte altre cose, il paesaggio che la circonda, Milano e fuori, luoghi che conosco bene e che mi appartengono. La difficoltà più grande è stata invece confrontarsi con una persona realmente esistita anche se a me non interessava trovare delle risposte su di lei, spiegare il suo suicidio. Era piuttosto la realtà della sua poesia a affascinarmi, una dimensione che è anch essa legata a questa città, dove vedi palazzi che sembrano anonimi, e quando apri il portone rivelano dei meravigliosi e inaspettati giardini. zingare come gatte in preda a una crisi economica erotica. Ribadisce di essere la terza guerra mondiale, guanto setato si fa arma puntata verso chi guarda, pistola pronta, tutte le carte tornano a posto, braccia composte lungo il corpo, piedi chiusi, i bianchi con i bianchi i neri con i neri, crescendo musicale. Lei è sperduta o sola o sovrastata da bocche aperte, cinque per lato, il nero la circonda e lei se ne pasce, con le mani imbrattate si tocca il viso che piano piano sparisce, «chiamatemi terza guerra mondiale» e sparisce. Ci restano solo occhi tra la pece ed un «ahah». Mi sembra d'impazzire. (Mimosa Campironi è nata il 21 ottobre 1986 a Pavia)

13 GIOVEDÌ 9 LUGLIO 2015 il manifesto pagina 13 VISIONI BALTASAR KORMÁKUR Il suo «Everest» aprirà fuori concorso la 72esima edizione del Festival del Cinema di Venezia ( 2-12 settembre 2015). Ispirato agli straordinari fatti avvenuti durante il tentativo di raggiungere la cima della montagna più alta del mondo, «Everest» narra il viaggio incredibile di due spedizioni che si sono spinte oltre ogni limite per affrontare una delle tempeste di nevi più terribili che mai uomo ricordi. Mentre il loro coraggio è messo a dura prova dalla furia degli elementi, gli alpinisti dovranno superare ostacoli quasi impossibili e l ossessione di una vita si trasformerà in una lotta senza quartiere per la sopravvivenza. Cast d eccezione - Jason Clarke, Josh Brolin, John Hawkes, Robin Wright, Michael Kelly, Sam Worthington, Keira Knightley, Emily Watson e Jake Gyllenhaal - «Everest» è stato girato in Nepal alle pendici dell Everest, sulle Alpi italiane, negli Studi di Cinecittà a Rome e ai Pinewood Studios in Gran Bretagna. In Italia il film uscirà nelle sale il 24 settembre. HORROR Il sogno artigianale di Jennifer Kent lavora sulle inquietudini più destabilizzanti L assedio dell uomo nero FESTIVAL DI LOCARNO A Michael Cimino il Pardo d oro Il regista, sceneggiatore e produttore statunitense Michael Cimino riceverà il Pardo d onore del 68 Festival del film Locarno. Nato a New York, si trasferisce successivamente a Hollywood dove debutta alla regia con «Thunderbolt and Lightfoot» («Una calibro 20 per lo specialista», 74), con Clint Eastwood e un giovane Jeff Bridges. Il pubblico del Festival avrà la possibilità di assistere a una conversazione con il regista allo Spazio Cinema (Forum). L omaggio è corredato dalle proiezioni di «Thunderbolt and Lightfoot», «The Deer Hunter», «Heaven s Gate» (I cancelli del cielo, 1980) e «Year of the Dragon» (L anno del dragone, 1985). GIOVANI SI DIVENTA DI NOAH BAUMBACH CON NAOMI WATTS, AMANDA SEYFRIED, BEN STILLER, USA 2015 Giulia D Agnolo Vallan S ono due i film di Noah Baumbach in uscita quest anno: la quasi solare, molto hawksiana, commedia Mistress America, presentata al Sundance Film Festival e non ancora arrivata in Italia, e Giovani si diventa. Il primo è un piccolo film autoprodotto da Baumbach e cosceneggiato insieme alla sua compagna e star Greta Gerwig, il secondo una produzione molto più grossa, firmata Scott Rudin, con un cast di seria A che include Ben Stiller, Naomi Watts, Adam Driver e Amanda Seyfried. Se Mistress sembra un proseguimento logico dei temi e dell estetica di Frances Ha, Giovani si diventa rimanda più a Greenberg, interpretato non a caso da Ben Stiller, prodotto anche lui da Rudin e distribuito nel 2010 dalla mini major Focus Film. È infatti un film a budget più alto, più patinato, formalmente più convenzionale, che intesse alcune delle ossessioni di Baumbach (autobiografia, crisi di identità generazionale, misantropia, BABADOOK DI JENNIFER KENT. CON ESSIE DAVIS, NOAH WISEMAN, DANIEL HENSHALL, AUSTRALIA 2014 Giona A. Nazzaro C ome ai bei tempi, l'horror torna a fare paura. Per davvero. Quale migliore incentivo per affrontare la calura estiva e andare al cinema se non la notizia che la Rai ha censurato il trailer di The Babadook ritenendolo troppo «spaventoso»? Quale miglior complimento per la regista Jennifer Kent che nell epoca del torture porn e delle home invasion riesce a terrorizzare con un personaggio che salta fuori da un libro per ragazzi? Bidimensionale come un sogno artigianale di cartone quando domina la dittatura della verosimiglianza digitale, il Babadook assomiglia in maniera sconcertante al dottor Caligari di Robert Wiene. Tarchiato, con un sospetto di pancia da buongustaio ma, essendo di carta, quindi molto sottile, si nasconde nei meandri più bui di un armadio, con il suo cappello a cilindro e una corona di denti aguzzi come solo i fratelli Grimm avrebbero potuto immaginare. Un'invenzione a dir poco fuori dalla norma e dai canoni del cinema dell'orrore contemporaneo. Jennifer Kent, come ai bei tempi della Ozploitation, ossia l'ondata di cinema di genere proveniente dall'australia che ci ha regalato fra l'altro Patrick e Mad Max, scompagina le regole del cinema «da paura» contemporaneo come è più del pur eccellente Wolf Creek 2. Rispetto al sanguinario film di Greg McLean, The Babadook non gioca con le viscere dello spettatore, non porta il suo attacco frontalmente. Mettendo in campo un'intelligenza formale davvero sorprendente, Jennifer Kent opta per un cinema dell'inquietudine che riesce a praticare senza risultare vittima di evidenti modelli di riferimento (Polanski su tutti, ovviamen- COMMEDIA Noah Baumbach, manie di una generazione Quei due strani quarantenni sulle tracce della giovinezza UN IMMAGINE DA «BABADOOK» te). Nel perimetro limitato di uno spazio domestico dove si consuma l'elaborazione del lutto per la morte del marito e del padre, compare, dal «profondo della notte», un mostro antico (il riferimento puntuale all'espressionismo), unghiuto, sincretico (il Babadook è la versione pre-moderna di Freddy Kruger, il bozzeto cartaceo del predatore pedofilo di Elm Street). Quest uomo nero, facile immaginarlo somigliante alle descrizioni che i londinesi davano di Jack lo Squartatore, in grado di superare a sinistra persino il Bughuul di Sinister (di cui è in arrivo il seguito), restituisce ai villain del cinema dell'orrore la dignità perduta che una serialità priva di immaginazione ha sottratto loro in nome del profitto. Kent, infatti, lavora lo spazio della casa privata della presenza maschile, come un corpo del desiderio esplorato istericamente in presenza di un tabù infrangibile. Come dire, un «mostro» e un «monito». Il desiderio frustrato nei confronti di un amante morto, si manifesta come un surplus immaginario che non può essere né trasportato né riversato sul figlio (l'incubo dell'incesto) il quale, invece, non aspira ad altro (inconsciamente) che a sostituire il fallo paterno nei confronti della madre. La madre, per esorcizzare lo spettro del tabù, mette letteralmente in scena, ma come se fosse una creazione del bambino, un «super-fallo» maligno, tanto desiderabile quanto più è temuto e rifiutato. Se il teorema psicanalitico in mani meno abili avrebbe potuto dare luogo a un compitino maldestro, in quelle di Jennifer Kent si rivela micidiale. Lo spazio della casa diventa un assedio da camera ossessivo. I movimenti di macchina esplorano la casa come delle rasoiate. Fra incubo espressionista e casa delle metacinema ) in una storia ambientata sullo sfondo dell attuale moda del documentario. Il soggetto del film è infatti la (patetica) fascinazione di due coniugi quarantenni, Josh e Cornelia (Ben Stiller e Naomi Watts), per un iperattiva, impossibilmente perfetta, coppia di millenials, Jamie e Darby (Adam Driver e Amanda Seyfried). In osservanza del corrente dibattito culturale, Baumbach ha fatto del personaggio di Stiller un documentarista da dieci anni idealisticamente al lavoro sullo stesso progetto, di Driver quello del giovane, spregiudicato, arrivista che gli ruba l idea e la gloria; e ha affidato a Charles Grodin il ruolo di un mitico, ineffabile, pioniere della professione, una sorta di Al Maysles o D.A. Pennebaker, che alla fine - ricevendo un onorificenza al Lincoln Center- fa un lungo discorso sul cinema e la verità. Ambientata in una New York che da Manhattan si protende verso Brooklyn, incarnazione della coolness suprema di Jamie e Derby, il film parte molto bene con Josh e Cornelia che guardano con compassione gli amici la cui vita è stata fagocitata dai figli. Dopo averci provato invano, loro due hanno infatti serenamente deciso di lasciare perdere. Lui sempre impegnato con il suo interminabile documentario, lei con un lavoro qualunque, progressivamente alienati dalle routine famigliari dei coetanei che li circondano, Josh e Cornelia vengono rapiti nell orbita di una coppia molto più giovane di loro quando Jamie, un filmmaker anche lui, si presenta a Josh durante una lecture, professando grande ammirazione. Baumbach, che cha un magnifico orecchio per il linguaggio, un ironia acida e un buon senso del ridicolo, tratteggia a pennellate veloci e molto divertenti, la clamorosa cotta dei quarantaequalcosa per i ventenni e la loro vita marziana in un pianeta dove si viaggia solo in bici, si producono gelati artigianali dai gusti ridicoli e al week end ci si trova con lo sciamano per farsi di Ayohuasca e vomitare, insieme alla radice rossastra, i propri problemi in dei sechielli di plastica. Di fronte allo sguardo sbigottito dei loro amici, Josh e Cornelia cambiano stile, abitudini, modo di vestire. Invitato da Josh a collaborare sul suo grande, profondo, incompiuto, Jamie, esente com è dai tormenti creativi del suo «maestro», a poco a poco se ne appropria. E, sotto lo sguardo divertito del mitico suocero regista, il sofferto documentario a sfondo filosofico/sociale muta velocemente in dire- bambole, lo spazio del film si derealizza progressivamente sino a diventare l'immagine di un cervello che funziona a pieno regime come una catena di montaggio del desiderio surriscaldata e sul punto di collassare. Straordinario saggio sull'isteria e la mancanza (oltre che la minaccia della sessualità), The Babadook, proprio come i fondisti del cinema di genere di una volta, si è imposto all'attenzione della del pubblico e della distribuzione proiezione dopo proiezione. Un film genuinamente fuori dal coro, pieno di invenzioni visive, mai banale, sempre rigorosamente nel campo del cinema, senza nulla concedere ai nerd, in grado di dimostrare che la Tra Polanski e riferimenti al Caligari tedesco, la regista australiana costruisce uno spazio domestico di paura ossessiva "paura", quella cinematografica almeno, è questione di inquadrature e profondità di campo; di stacchi di montaggio e movimenti di macchina. E, soprattutto, di creazione di uno spazio alternativo al reale, in grado di invocare l'unico miracolo, stando a Jean Beaudrillard, ossia la sospensione della realtà, la sua discontinuazione. Ovviamente è presto per dire se Jennifer Kent possa sin d'ora candidarsi a un ruolo di primo piano nel rinnovamento del cinema dell'orrore contemporaneo. Lo sapremo al momento giusto. Ciò che è certo è che raramente negli ultimi anni nell'horror si sono visti esordi più solidi e maturi di The Babadook. Film in grado di rimettere in gioco radicalmente possibilità del genere e paure profonde con tanta sicurezza; visceralità ed eleganza, unendole a senso e gusto del cinema tanto potente quanto disturbante. zione di un lacrimoso reality, con colpi di scena e reenactment. Se - ci dice Baumbach- l insicurezza e il narcisissimo sono gli ingredienti principali della crisi di mezza età della middle class intellettuale newyorkese delle generazione di Josh e Cornelia, le «nuove leve» hanno un Dna tutto a base di ambizione spregiudicata e superificialità. Dipinto com è su uno sfondo urbano, popolato di molti personaggi, Giovani si diventa (con Stiller che è un buon alter ego del regista) è una commedia di maniere e nevrosi che ricorda quelle di Woody Allen. Che però non avrebbe mai tradito il film con il paraculissimo colpo di scena finale che si vede qui. Un compromesso tutto dei nostri tempi. DRAMMATICO La guerra oscura del soldato Gary nella Belfast del «71» 71 DI YANN DEMANGE CON JACK O'CONNELL, SAM REID, PAUL ANDERSON, GB 2014 Mazzino Montinari Y ann Demange, autore che dopo molta fiction televisiva e un documentario esordisce con il film a soggetto 71, è uno di quei registi che evidentemente ama mettere tutte le cose al loro posto prima di intraprendere un viaggio. Almeno sembra a giudicare dalla sua opera prima, ambientata come evidenzia il titolo nel 1971, nella Belfast martoriata da una guerra sanguinosa che rammenta ai nostalgici degli anni Settanta quanto uomini e donne fossero anche allora pezzi di carne da sacrificare per cause insensate. In modo didascalico si inizia con il protagonista che si esercita duramente per diventare un soldato britannico. Il nostro ha la responsabilità di un ragazzino confinato in un istituto, anche perché nel frattempo il soldato viene spedito a Belfast per il precipitare della situazione. Giunto in Irlanda del Nord entra a far parte di un battaglione che deve occuparsi del conflitto tra i protestanti lealisti a est (friendly) e i nazionalisti cattolici a ovest (hostiles). Inoltre all interno dell IRA esiste una scissione che divide i vecchi elementi da quelli giovani, più radicali e violenti. A completare il quadro degli agenti in borghese incaricati di infiltrarsi tra le linee nemiche (linee che non sempre sembrano ben demarcate) e che agiscono fuori dal controllo dell esercito. Il soldato ha anche un nome, Gary Hook, uno che non sa nemmeno se è cattolico o protestante e che dopo l addestramento pensava che sarebbe andato altrove, forse in Germania, ma non in quell inferno di Belfast. Visto che l espressione tra il corrucciato e lo spaesato potrebbe non essere sufficiente a far comprendere la paura del protagonista, il giovane soldato viene fatto alzare in piena notte in preda all insonnia e all ansia e in cinque secondi la pratica è sistemata. Tra le cose da mettere al loro posto, l ambientazione da guerra di quartiere, che omologa l Irlanda alla Palestina o all Iraq, e l ostilità della popolazione, impersonata in prima battuta da dei ragazzini che lanciano contro gli sprovveduti commilitoni, invece di pietre, dei gavettoni di piscio. Prima di entrare nel cuore della storia mancano pochi dettagli: il conflitto tra chi percepisce quei soldati come degli invasori e i militari che per gioventù, paura e ingenuità diventano delle vittime sacrificali, al cospetto di superiori senza scrupoli e di doppiogiochisti. I liquidi corporei presto si trasformano in pietre e le pallottole iniziano a volare. Nella sommossa, i soldati hanno la peggio e battono in ritirata, ma nella foga abbandonano in territorio ostile, il povero Gary. E qui, dopo che tutti gli elementi sono stati messi al loro posto (chiuso il gas, controllato che le finestre siano chiuse, che le piante ricevano la quantità necessaria d acqua, che il vicino abbia le chiavi in caso d emergenza) inizia il film con il soldato che cerca una via di scampo, e che per questo richiama lo spettatore a una forzosa empatia. Gary, che fino alla sera precedente non sapeva in che zona fosse la sua caserma, e che non ha né google map né WhatsApp, non può fare altro che affidarsi a chi gli promette aiuto, in balia di un destino che lo sballotta da est a ovest, da un orrore all altro, senza che lui possa opporvisi in alcun modo. Anche perché Belfast è veramente piccola e tutti si incontrano con tutti. Forse è stato tralasciato un particolare: il film è ben realizzato, un po come quelle partenze intelligenti che, però, conducono in una località piuttosto nota e affollata.

14 pagina 14 il manifesto GIOVEDÌ 9 LUGLIO 2015 I BAMBINI CI PARLANO «embedded» ci propinano tutti Sulla frutta a scuola Giuseppe Caliceti O ggi parliamo insieme del progetto Frutta nelle scuole. Cioè di quando a scuola arrivano delle casse di frutta da mangiare per merenda invece della merenda di tutti i giorni. Mi dite bene come funziona? Chi se lo ricorda? «Funziona come hai detto tu, maestro: che devi mangiare la frutta che ci dai. Non la merenda solita». «Certe volte ci sono le arance, certe volte le mele. Oppure le pere». «Le pere e i cachi però sono molto maturi. Molto duri. Ti spaccano i denti». «Anche a me fanno male i denti a mangiare le pere. Poi una volta mi è venuto via anche il dente, a morsicarla». «Le bidelle alla ricreazione bussano alla porta e ci danno la cassa di frutta e dopo tu dai la frutta a noi». «Però delle volte ci sono anche i cachi». «Guarda che i cachi sono sempre frutta, veh?». «Però delle volte ci sono anche i pomodorini rossi che si mangiano crudi e i pomodorini rossi sono una verdura!». Ma chi è secondo voi che ci dà questa frutta? E se la fa pagare o è un regalo? «Per me è un regalo che ci fanno dei contadini perché loro hanno troppa frutta e non sanno dove metterla». «Sono degli ortolani. Per me la frutta non ce la regalano. La dobbiamo pagare. La pagano i maestri». «No, la frutta la compra la bidella con i suoi soldi». «Mia mamma mi ha detto che la comprano dei signori a Roma e dopo con i camion ce la portano qui e ce la regalano a tutti». «Però non è buona da mangiare, delle volte. Per me, se ce le regalavano, dovevano essere più buone, le pere. Altrimenti io non le voglio». «Io le mangio a casa, non a scuola». «Io preferisco mangiare lo gnocco». «Io la cioccolata». «A me piacciono solo i mandarini clementini, però senza semini». «A me piace di più la banana». «Forse sono le cuoche della mensa che ci portano la frutta a ricreazione. Anche perché dopo anche a mensa, dopo il primo e il secondo piatto, noi mangiamo la frutta». «A me la frutta non piace, nemmeno la verdura». «A me piace la banana, ma alla ricreazione non la portano quasi mai!». Ma perché alla ricreazione ci portano la frutta e non le merendine al cioccolato? «Perché costa meno? Mi sembra che è perché costa meno, la frutta». «Perché ne hanno troppa e non sanno dove metterla e allora, se non la mangiano neppure i bambini, dopo la buttano via e non sta bene buttare via la frutta e il mangiare perché ci sono tanti bambini che muoiono di fame nel mondo». «Mia mamma ha detto che loro, i contadini, ci portano la loro frutta e la loro verdura così noi impariamo a mangiare anche la frutta e la verdura. Perché a tanti bambini la frutta e la verdura non piace molto. Neanche a me. Ma così siamo costretti a mangiarla». «Anche mio papà mi ha detto così. Perché poi fa bene, mangiarla». «Anche mia mamma ha detto che ci portano la frutta gratis perché sono buoni, quei contadini. Perché loro ci vogliono bene e vogliono che noi cresciamo bene. Invece se mangi sempre le banane e non mangi mai i pomodori, mio padre mi ha detto che non va bene, perché poi ti può crescere molto un orecchio e invece non ti cresce il naso o la gamba e insomma, se non mangi tutta la frutta e la verdura che c è da mangiare, dopo puoi crescere anche un po male, con un orecchio grosso e un naso e una gamba piccola. E dopo non cammini bene». «Anche mia mamma ha detto che bisogna mangiare molta verdura e molta frutta così dopo non ingrassi. Anche lei la mangia sempre la frutta e la verdura». le lettere INVIATE I VOSTRI COMMENTI SU: lettere@ilmanifesto.it Ho visto il disastro Sono stato la prima settimana in Grecia per una vacanza e ho potuto vedere con i miei occhi i disastri che ha prodotto l intervento della politica dell Europa negli anni scorsi verso questo Paese però anche la dignità di questo Popolo; la nostra guida turistica che dalle sue parole ci chiedeva un aiuto per la sua terra, ero a Salonicco. Sappiamo bene che fine hanno fatto i miliardi di euro prestati negli anni precedenti nonostante un bilancio che sapevano falso, il 70% di questo prestito è ritornato alle banche tedesche e francesi; anche quelli erano soldi nostri ma ciò non ci è mai stato detto per mera sudditanza alle LUTTO Oggi a Roma il saluto a Giuseppina Per chi volesse dare l ultimo saluto alla nostra cara Giuseppina Ciuffreda, tra le fondatrici del manifesto, scomparsa l altro ieri dopo una lunga malattia che ha tenacemente combattuto fino all ultimo, i funerali si terranno questa mattina a Roma, nel quartiere Esquilino, il suo quartiere. L appuntamento è alle 12 nella chiesa di Santa Maria Addolorata, in via San Quintino 4. COMMUNITY istituzioni europee e anche questo fatto non ha contribuito a ravvivare nei popoli la nozione di Europa, L Europa senza la Grecia non sarebbe più l Unione Europea che Altiero Spinelli e Rossi dall esilio di Ventotene avevano sognato, rinuncio quindi anch io al mio credito greco. Sergio Job Per la dignità della Grecia Rinuncio al mio credito greco. Non voglio che un popolo debba continuare a soffrire. Voglio che tutto il popolo greco possa tornare a vivere in modo dignitoso. Annalisa Tommasi Un debito illegittimo Il debito dei greci verso i creditori internazionali è stato dimostrato essere in larga parte illecito, illegittimo ed odioso: il che costituisce una solida base giuridica per il suo annullamento. E ciò vale pure per noi italiani ancorché siamo nella incivile ed illegale condizione di dover sopportare da tempo nel nostro paese istituzioni politiche di grado elevato, come: Presidenza della Repubblica, Parlamento, Governo, del tutto illegittimi per sentenza inequivocabile della Corte costituzionale. Per contrarre quel credito i creditori internazionali sono ricorsi a pesanti violazioni del diritto assieme, come sanno fare bene i criminali, a pratiche diffuse di corruzione. La situazione che si è creata, a seguito di una austerità applicata in senso unidirezionale e dimostratasi fallimentare nei suoi propositi, ha leso diritti umani, democrazia, dignità dei popoli ed arricchito, a spese dei più deboli, la canaglia degli speculatori internazionali e i loro scagnozzi. L Italia vanta un credito di 40 miliardi ca.: trattandosi di un credito di tutti i cittadini, quindi anche mio, io rinuncio alla mia parte di credito. Piuttosto che una Europa senza la Grecia, è meglio che ognuno vada per la sua strada fino a creare una nuova Europa democratica, laica, rivoluzionaria. Manlio Padovan Occorre una svolta Rinuncio al mio credito greco perché ritengo insopportabile che si continui a tartassare il popolo greco con continui tagli e vessazioni con completa compromissione dell economia greca per diversi decenni. Mi appare necessaria una svolta della politica europea perché trovo del tutto ingiustificata l ostinazione con cui molti personaggi del consiglio europeo e degli organismi europei perseguono politiche di austerità che comportano importante arricchimento e rendite di pochi ed impoverimento massivo della stragrande maggioranza dei lavoratori. Lo smantellamento del welfare, dei diritti dei lavoratori e l allargamento delle disuguaglianze ci espone a grandi rischi; bisogna accrescere le conoscenze dei popoli europei perché dopo la Grecia potrebbe toccare a noi ed altri (Spagna e Portogallo) e perché la crisi economica non è caduta dal cielo come una oscura disgrazia ma ha precise cause che non sono quelle che i media MEMORIA Il suo impegno per i sud del mondo La incontravo sempre più di rado, ma quando capitava Giuseppina era sempre la stessa persona carica di entusiasmo e di calore con gli amici. L ho conosciuta ai tempi della campagna «Nord-Sud Debito e sopravvivenza dei popoli», la campagna promossa nel 1988 da Alex Langer che poneva per la prima volta al centro la questione del «debito ecologico» dell occidente, ed un alternativa concreta per tagliare il debito finanziario dei paesi del Sud del mondo. Negli anni successivi abbiamo i giorni. Salvatore Squillaci Massima solidarità Io rinuncio al mio credito greco perché se l Europa farà fallire la Grecia è come perdere le nostre origini, ma soprattutto non é giusto ridurre in miseria il popolo greco perché se iniziano con loro, poi si sentiranno legittimati a farlo con tutti gli altri paesi. E necessario che ci siano solidarietà e condivisione, per questo rinuncio al mio credito. Forza Grecia!!! Anna Mori L Italia rinuncia L Italia partecipa al credito greco per 40 miliardi. Come cittadina italiana e come europea, rinuncio a tale credito, a beneficio della popolazione greca. Le richieste dell Unione europea, del Fondo monetario internazionale e della Banca centrale europea non sono, a mio parere, né legittime, né sensate. Uno Stato ha il dovere di preoccuparsi della vita e del benessere dei propri cittadini. Le ricette europee impediscono qualsiasi politica di aiuto ai più bisognosi e non permettono una maggior equità economica attraverso una politica fiscale più incisiva nei confronti dei più ricchi. Il debito è un meccanismo perverso, che non consente alcun margine di programmazione economica a vantaggio del Paese, né permette di concentrarsi sui veri problemi di un economia, a iniziare dalla mancanza di investimenti (tutte le risorse sono assorbite dalla voragine del debito) e dalla presenza di corruzione, evasione fiscale e criminalità organizzata. È necessario che l Italia faccia presente all Europa con i fatti, non con le parole, che la politica dell austerità è sbagliata e non può essere imposta contro la volontà di milioni di persone. Chiedo pertanto pubblicamente che il mio Paese rinunci a esigere il suo credito nei confronti della Grecia. Elena Campi condiviso un interesse non comune per l Albania: fu lei che me ne parlò per prima e mi indusse ad andarci per seguire un progetto. È stata sempre Giuseppina che ha spinto il comune amico Wolfgang Sachs a pubblicare sul Manifesto una serie di articoli sul tema «Archeologia dello Sviluppo», che anticipava la questione della «decrescita» e tutto il dibattito di questi anni sull impatto insostenibile di questo modello di sviluppo. Ma, Giuseppina è stata molto di più per tutti coloro che le sono stati amici, anche se la vedevano di rado negli ultimi anni. Grazie Giuseppina per tutto quello che ci hai dato con la tua forza e la tua gentilezza d animo. Tonino Perna UN RICORDO Dall impegno femminista al bellissimo intervento al congresso del Manifesto. Fino all ultima comune battaglia Giuseppina Ciuffreda, una vita tra gli affetti e la politica Lidia Campagnano G iuseppina Ciuffreda, Bianca Maria Frabotta, Liliana Boccarossa, Paola Redaelli... un femminismo che cercava di aggredire una storia ad alta densità di senso - il comunismo, nientemeno - e un nocciolo durissimo e fragile, un partito che alla fine non ne volle sapere e peraltro durò poco. Dopo di che anche noi ci siamo disperse. Nonostante i successi: abbiamo contaminato partiti e sindacati, scuole e quartieri e uffici e fabbriche, «a macchia d olio». Femministe e cocciutamente comuniste, non si sa bene come, tuttavia. Ci siamo disperse nonostante il giornale. Disperse nei pensieri, nelle strade che abbiamo affannosamente cercato per essere fedeli a noi stesse, ciascuna a suo modo. Non che siano mancati anche veri e propri tradimenti. Non che fuori di lì uomini e donne tutte ci abbiano accolto a braccia aperte. L ultima volta che ho incontrato Giuseppina è stato nel corridoio del reparto ospedaliero nel quale ci curavamo tutte e due. Un abbraccio, un rapido scambio di solidarietà per l'ennesima trincea che ci toccava di frequentare, una sorta di assalto al nostro corpo femminile. E un sorriso tra noi, vere signore a modo nostro dal tempo degli zoccoli e delle lunghe gonne a fiori e delle case ospitali. Come vorrei fischiettare per Giuseppina il canto del merlo indiano che mi svegliava, a casa sua, in via Labicana, quando «scendevo» a Roma per il comitato centrale e per sopportarlo avevo un gran bisogno di amicizia e delle sue sgridate, perché davvero ci pativo troppo. Perché ognuna di noi collocava in un luogo diverso della vita la speranza o la pena per il rifiuto maschile, o il sottrarsi, o l'ostilità aperta, la guerra alle nostre invenzioni politiche. Pene d'amore comunque. La strada di una rimeditazione sociale e politica alla luce del femminismo me l'ha aperta lei, insieme alla forza di parlare una lingua ibrida, una lingua contaminata ma anche luminosa. Ricordo l agitazione per il suo intervento al Congresso di scioglimento del Manifesto, all'eur. C era qualcosa di solenne nelle sue parole, e di molto forte. Spiegava, tra l'altro, il piccolo gruppo di autocoscienza e le sue potenzialità rivoluzionarie, il suo carattere egualitario e di democrazia diretta. E collocava la necessità di un rapporto donne-classe operaia come possibile «ricomposizione del proletariato». Così bello quell'intervento che alla fine avevamo tutte le lacrime agli occhi: non eravamo abituate a tanti applausi. E così mi resta un interrogativo, aperto, spalancato: che cosa, davvero, ci ha disperso? Una sconfitta? Quale specifica sconfitta, nostra o almeno in parte o prevalentemente altrui? Oppure (o anche) certe dosi di dolore che nella vita si rovesciano in particolare sulle donne? Che cosa? Giuseppina non c è più. Io non voglio che sia dimenticata o trascurata. Ha dato molto, ha faticato molto, ha saputo lottare, reagire, sorridere con gli occhi luminosi a tante tra noi. Altre e altri sanno delinearne la figura meglio di me. Ma sfido la sua ironia - così romana - per sollevare, ora e ancora, questioni che l'hanno riguardata. Come se fosse qui. Questioni che mi legheranno a lei per sempre, con un tipo di affetto che forse ancora non ha trovato le parole giuste per dirsi.

15 GIOVEDÌ 9 LUGLIO 2015 il manifesto pagina 15 COMMUNITY Noi, indispensabili alla nuova casa L Europa ferita a Calais, a Ventimiglia, l Europa delle vergogne appese sugli scogli di Lampedusa riprende vita lì dove era nata, ai piedi del Partenone. Una vittoria straordinaria, orgogliosa e patriottica, che ripristina uno spazio dialettico dagli esiti, tuttavia, ancora incerti. La partita che l oligarchia europea a guida tedesca sta giocando contro la Grecia di Tsipras è tutta politica, per nulla tecnica, ideologia pura, volontà di potenza contro qualsiasi contagio democratico. Persino la razionalità tecnica avrebbe consigliato maggior cautela come dimostrano le parole di Stiglitz e Piketty su come mettere la Grecia nelle condizioni di pagare il 1,6 miliardi al Fmi favorendo uno swap del debito con titoli Bce in cambio di bond dal fondo di salvataggio con scadenze più lunghe e tassi d interesse più bassi. L Europa è un mostro a cui la vittoria dei no rischia di dare un altra opportunità di futuro. La sovranità popolare, in questi anni, si è trasformata in un simulacro. Il sogno europeo risulta umiliato, spiaggiato come è tra il presidio delle frontiere nazionali e il maglio dell austerità. Un incastro devastante, come quei fazzoletti di terra di nessuno in cui i migranti in transito rimangono intrappolati. I Greci ricattati e derisi ci riconsegnano una chance che i popoli d Europa cogliere. Tsipras ha rilanciato e tenendo in vita la partita tra democrazia e oligarchia. Così come fanno i militanti di Podemos nelle città spagnole e la sinistra turca e curda sul confine estremo del continente. Tuttavia lo spettacolo vergognoso dei socialdemocratici tedeschi è persino peggiore di quello offerto dai conservatori. Come nel caso del vice cancelliere della Spd Sigmar Gabriel, «Tsipras vuole il diritto a non rispettare le condizioni». Così come è imbarazzante la furbizia tattica e la subalternità di Renzi alla cancelliera Merkel, la mossa del giorno ha riguardato, ancora una volta, il tentativo di sostituire a suon di ammiccamenti il patto franco tedesco con uno italo germanico. Ma non convince nessuno: Renzi perde l occasione storica di provare a fare squadra con la Francia e consegna il nostro Paese all irrilevanza. Un altra partita persa dal funambolico leader a corto di idee e strategie di respiro europeo. In questo senso fa riflettere Bifo quando ci ricorda di come abbiamo sconfitto il nazismo senza sconfiggere le condizioni che lo hanno prodotto, «se ci siamo liberati del nazismo come evento storico, ancora non ci siamo liberati da ciò "che ha reso possibile" il nazismo, e precisamente la dipendenza della volontà e dell azione individuale dalla potenza ingovernabile della tecnica». E la piega distruttrice che ha preso l Europa non c entra con la moneta e la sovranità monetaria, non c entra con il primato tecnocratico, c entra scelte esclusivamente politiche. Oligarchiche e politiche. E non c è salvezza nella inversione a U che riconsegna l orizzonte agli Stati nazionali. Meglio continuare a battersi sul terreno europeo magari prendendo sul serio l elaborazione che ha portato i curdi ad abbandonare l idea del potere connessa allo stato nazionale, avviando invece una rielaborazione che pone l accento Massimiliano Smeriglio, Franco Giordano C è un processo costituente da incoraggiare, una sinistra socialmente utile da fare. Ma Sel non deve eccedere in generosità: niente ecumenismo, tutto contendibile, nome, forma, leadership. Senza paracaduti né clausole pattizie. Con l orgoglio di chi porta nella nuova storia un patrimonio sulla dimensione territoriale e la cooperazione tra comunità, generi, vivente umano e non umano. Non comunità di destino né piccole patrie ma l esercizio quotidiano dell autogoverno e dell autoeducazione al cambiamento. Il dibattito a sinistra, per non somigliare a una categoria dello spirito, si situa qui, a metà del guado tra ciò che siamo stati e quello che ancora non siamo. Dentro opportunità e sconfitte su scala continentale. A favore di vento, quello caldo che spira dal mediterraneo, contrapposto alle correnti gelide provenienti da nord. Una discussione importante quella avviata con la fuoriuscita di autorevoli esponenti del Pd, sommovimento ancora tenue che va sostenuto. In Star Wars si racconta che la democrazia muore sotto scroscianti applausi. Noi rischiamo di vederla morire a spalti vuoti, nel disinteresse più generale. Riprendere il filo significa dare potere agli individui, dare l idea che si voglia costruire un processo fatto di persone e non di personaggi, un processo capace di ripopolare il campo, ben oltre lo scambio di figurine, dove peraltro si rischio che i mi manca siano sovrastanti rispetto ai ce l ho. Un processo costituente dunque da incoraggiare, sostenere, allargare. Con i piedi piantati a terra, facendo i conti con la concretezza di un posizionamento politico socialmente utile. Minimo come il reddito, comune come il luogo e la pratica, multiplo come il molteplice. Sel deve decidere collettivamente e in fretta quale ruolo giocare. Ha la possibilità di vedere avverata la propria profezia sulla riapertura della partita. Di investire il proprio insediamento, i nessi amministrativi, i militanti, il gruppo parlamentare, tutto il capitale sociale accumulato in un possibile rimescolamento di culture critiche fondate su processi di moderna uguaglianza e liberazione. Farlo con generosità, senza dare l idea di un atteggiamento ecumenico che potrebbe essere scambiato con un rompete le righe. Perché persino la generosità può diventare una irresponsabile colpa. Non c è urgenza oggi di contemplazione mistica, né di atteggiamenti descrittivi e men che meno del battutismo bulimico, c è invece bisogno di cultura politica e pratica militante capaci di traghettare il cumulo di esperienze in un progetto innovativo e inedito. Dove tutto sia contendibile: dal nome del nuovo soggetto, alla forma, all impianto culturale fino ad arrivare alla leadership. Innovando anche qui, investendo su una leadership plurale, connotata dai generi, dalle generazioni e dall insediamento territoriale. Il tutto per il tramite della democrazia integrale. In rete e in piazza. Senza paracaduti e clausole di salvaguardia pattizie che sanno di muffa. Senza boria, senza timidezze. Con l orgoglio di chi porta nella nuova storia, non solo un punto di vista, o un ceto politico in cerca di riposizionamento, ma un patrimonio indispensabili alla nuova casa. Soprattutto una cultura politica contemporanea capace di coniugare radicalità, diritti individuali, conversione ecologica, attenzione alla nuova composizione sociale precaria con la pratica dell alternativa di governo. Nessun angolo in cui rinchiuderci, ma la voglia di giocare la partita, dentro la crisi e la irrisolta transizione italiana. È il tempo del coraggio. Lo ha avuto Tsipras sfidando i Titani, mettendo in gioco tutto quello che Syriza ha costruito sin qui ridando forza e dignità alla parola politica su scala continentale. Più modestamente possiamo mettere in gioco la nostra quota di coraggio provando fino in fondo a cambiare il Paese. Cominciando dal cambiare noi stessi. Le persone non si rottamano, ma le liturgie autoassolutorie e la prudenza magari sì. Sarebbe un inizio promettente. LEZIONI GRECHE L idea del popolo eterno fanciullo e il neonotabilato tecnico europeo Tommaso Nencioni C iò che colpisce nella prassi politica di movimento operaio, dapprima confluita in Syriza, nelle dichiarazioni e nell atteggiamento dei sui gruppi dirigenti, è la merose scissioni e diaspore, per introiezione Rifondazione comunista e poi dispersa in nu- fiducia nei confronti del popolo. Lo si è potuto notare proprio nel corso di questa delicatissima fase politica, quando, tramite il referendum sulle misure imposte dalla Troika, proprio al popolo ci si è rimessi per sciogliere un nodo dei più intricati. Passando la parola direttamente al popolo greco, si è innestato un cambiamento di una portata probabilmente epocale, tanto nella ridefinizione del terreno della sovranità, quanto in quello delle scelte macro-economiche. Si tratta della stessa sensazione di fiducia che traspare dalla rilettura dei discorsi dei grandi leader del movimento operaio del nostro Novecento. A rileggerli oggi, si ha la sensazione di venire trascinati all intero di una travolgente vicenda collettiva: era il popolo ad esser chiamato in prima persona a farsi carico delle istanze di trasformazione. Non tanto, o non solo, di artifici retorici si trattava. Forte e diffusa era la coscienza che il movimento reale delle classi subalterne, più che la manovra congressuale o parlamentare, costituisse il motore della storia e sostenesse la spinta emancipatrice. estrema della sconfitta epocale si è sentita travolta dal mutamento antropologico, ed ha elaborato una retorica e perfino un estetica della sconfitta. Intellettualmente vivace e ansiosa di novità, si è dispersa in mille rivoli, legando i propri destini a battaglie le più disparate, ma, risultati alla mano, incapace di rinsaldare un blocco storico ed incarnare un alternativa reale. Stante questo deserto, la parte da leone l ha fatta una terza cultura politica, che semplificando potremmo chiamare post-azionista. Una cultura politica che ha avuto i suoi bastioni nella grande editoria e nella tecnocrazia dei civil servant, per lo più provenienti dalla Banca d Italia. Questa eterogenea famiglia - resa diffidente dalle numerose, troppe, occasioni mancate della nostra storia - ha elaborato e affinato negli anni una sorta di impermeabilità alle ragioni di un popolo visto come eterno fanciullo, sempre a rischio di restare avviluppato dai propri bassi istinti e dalle altrui manovre demagogiche. Nell invocazione del vincolo esterno questa parte della sinistra ha trovato la sua La storia della nostra ragion d essere, e prima Repubblica è, da all Italia del vincolo questo punto di vista, la storia di una monumentale, forse irripetibile, operazione di simbiosi tra elaborazione politico-culturale e movimento dal basso delle masse popolari. In tutto questo giocò un esterno ha fornito una coerente narrazione intellettuale ed un personale tecnico di tutto rispetto, che ha guidato con straordinaria continuità le scelte strategiche del Paese a partire dal 93 - con risultati ruolo fondamentale che sono sotto gli occhi l estrazione sociale ed il processo di rinnovamento di gran parte dei gruppi dirigenti, formati spesso in prima di tutti. Ad essa si deve lo sdoganamento a sinistra del governo tecnico, per lunga parte della nostra storia recente persona da elementi la prospettiva provenienti dalle classi subalterne; o che comunque con esse avevano condiviso le dure prove dell esilio e della lotta armata al nazifascismo - esemplare, a questo proposito, la straordinaria biografia di un personaggio come Giorgio Amendola. Quella medesima unità di intenti e fiducia la si ritrova nei volti e nelle parole dei protagonisti attuali della vicenda greca. La distanza con la sinistra italiana dell ultimo ventennio appare siderale: essa, in tutte le sue varie e contraddittorie declinazioni, ha avuto timore, quando non orrore, del popolo. La cultura politica post-comunista uscita maggioritaria dal crollo del , incarnatasi nel Pds e nelle sue successive trasformazioni, ha oscillato tra l accettazione supina e provinciale delle ragioni dell avversario di un tempo - il pop come surrogato del popolo - ed il rifugio in un togliattismo deteriore e malinterpretato, che nel popolo ha visto una mera massa di manovra pronta a tutto digerire, chiamata ad accettare passivamente le svolte impresse nel corpo del fu partito-chiesa dalla nuova élite dei migliori. Niente di più lontano dalla lezione reale di Palmiro Togliatti, che certo può essere sottomessa a critica anche severa, ma che risiede prima di tutto e soprattutto nella necessità di favorire - via il Partito - l esplosione del protagonismo politico diretto delle classi subalterne, in netta discontinuità con le vicende passate della nostra compagine nazionale. L ala minoritaria erede della tradizione del più invisa ai partiti del movimento operaio. Cosa aveva spinto il Pci ad appoggiare la proposta della prima presidenza De Gasperi, se non il timore che i tecnici del pre-fascismo tornassero al potere, marcando la nascente repubblica con un indelebile segno neo-notabilare? E da cosa Pietro Nenni voleva salvare il Paese, se non da un governo tecnico - il governo diretto degli agrari e degli industriali nel gergo politico di allora, sogno proibito della destra liberale di Giovanni Malagodi - quando accettò di traghettare il Psi nel centro-sinistra organico? Pur nella loro eterogeneità - i tentativi di farle convivere sono tutti naufragati - queste culture politiche della seconda repubblica sono state accomunate dalla mancanza di fiducia nel popolo, il quale popolo, cortesemente, ha ricambiato. Ciò che i pellegrini italiani ad Atene in questi giorni si spera abbiano imparato è che il popolo, pur in presenza di sfide ardue, è dotato di un senso superiore di discernimento per comprendere cosa è bene per il popolo. I gruppi dirigenti sono chiamati a rinnovarsi, e a fornire un indirizzo politico chiaro. Senza temere il popolo, e senza vedere nel popolo un indistinta massa incosciente, potenzialmente preda della demagogia e fanciullescamente incapace di autogoverno. Questo lo ha sempre pensato la destra, e continua a pensarlo. Chi sta dalla parte del cambiamento deve avere fiducia nel popolo. SINISTRA Oggi dobbiamo investire su esperienze di unità, come in Liguria Un partito vero, una vera classe dirigente Stefano Quaranta* C è stata una fase in cui giocare la partita del governo era più importante che investire su un partito, c era Monti e il centrosinistra provava a ricostruire con Italia Bene Comune il campo dell alternativa. Nei comuni Pisapia, Zedda e Doria dimostravano che la partita delle idee poteva essere vinta e il Pd non anteponeva la vocazione maggioritaria alla comune ricerca di nuove sperimentazione politiche. In quel quadro Sel rappresentò un innovazione, un cantiere aperto a sinistra e una leadership forte, quella di Vendola. Le elezioni del 2013 segnano uno spartiacque: il Pd sceglie la strada neo centrista fino ad arrivare al partito della nazione di Renzi per continuare le politiche liberiste di Berlusconi e Monti. Anche per Sel oggi si apre una fase nuova, dove la partita coincide con il partito e cioè mettere l esperienza di questi anni al servizio di un progetto più ampio, un soggetto autonomo che abbia come missione principale dare una rappresentanza al mondo del lavoro. Se questo è il tema, sinistra sociale, sinistra politica, associazioni, mondo del lavoro, della scuola e della cultura devono lavorare insieme. Occorre un punto di vista originale sul mondo, sul modello di sviluppo, sui diritti di cittadinanza; la narrazione dei leader deve diventare cultura politica diffusa. Dallo staff del capo si deve tornare ai gruppi dirigenti. Occorre porsi il tema della classe dirigente di questo Paese se abbiamo a cuore che la nostra democrazia non finisca depredata da lobby e poteri economico-finanziari. Quanto accaduto nel Pd devefarci riflettere rispetto al ruolo improprio assunto dalla leadership anche a sinistra e sul fatto che velocità, piglio autoritario e legittimazione popolare con le primarie non producano necessariamente buone idee e innovazione. Il cambiamento richiede al contrario studio, competenze, pluralità di culture. Insomma partiti degni di questo nome: sia sul piano del finanziamento pubblico (in mancanza del quale alla politica si sostituiscono gli interessi privati facoltosi) sia su quello della vita democratica dei partiti. Prima che l antipolitica e i populismi, che si nutrono di mancanza di alternative alle politiche di austerità, prendano il sopravvento o che nel Paese si diffonda un senso di inutilità della politica, occorre investire nella buona politica. Esperienze di unità a sinistra, non di testimonianza o residuali, come quelle realizzatesi nella mia Liguria con Rete a sinistra, dimostrano che il terreno può essere fecondo. Non possiamo più aspettare. *deputato Sel il manifesto DIR. RESPONSABILE Norma Rangeri CONDIRETTORE Tommaso Di Francesco DESK Matteo Bartocci, Marco Boccitto, Micaela Bongi, Massimo Giannetti, Giulia Sbarigia CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE Benedetto Vecchi (presidente), Matteo Bartocci, Norma Rangeri, Silvana Silvestri il nuovo manifesto società coop editrice REDAZIONE, AMMINISTRAZIONE, Roma via A. Bargoni 8 FAX , TEL REDAZIONE redazione@ilmanifesto.it AMMINISTRAZIONE amministrazione@ilmanifesto.it SITO WEB: iscritto al n del registro stampa del tribunale di Roma autorizzazione a giornale murale registro tribunale di Roma n ilmanifesto fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge n.250 ABBONAMENTI POSTALI PER L ITALIA annuo 320e semestrale 180e versamento con bonifico bancario presso Banca Etica intestato a il nuovo manifesto società coop editrice via A. 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16 pagina 16 il manifesto storie Dopo la tappa in Ecuador, papa Bergoglio è in Bolivia, dove ha incontrato il presidente Evo Morales. Oggi parla ai movimenti popolari, riuniti nel Secondo incontro GIOVEDÌ 9 LUGLIO 2015 L ULTIMA Il buen vivir DI SANTA CRUZ Geraldina Colotti D opo la tappa in Ecuador, il papa è da ieri in Bolivia. E' atterrato all'aeroporto internazionale di El Alto, dov'era arrivato, nel maggio del 1988 Giovanni Paolo II. Diverso il contesto, diverso il profilo del primo papa latinoamericano da quello polacco. Wojtyla, la cui elezione venne salutata con giubilo dai rapporti della Cia, scelse il connubio mefitico con Ronald Reagan nella battaglia contro il pericolo rosso. I gesuiti che avevano deciso di camminare a fianco dei comunisti, in America latina, vennero lasciati in balìa dei dittatori graditi agli Usa. I fascicoli per documentare le torture ai contadini, che il vescovo Romero aveva portato con sé dal Salvador, non vennero considerati: e anzi gli venne consigliato di astenersi dall'insistere oltre nella difesa degli ultimi e nella denuncia contro i potenti. Sia il governo di Evo Morales che la chiesa cattolica boliviana hanno dichiarato che Bergoglio non si esprimerà su temi politici quali la domanda di uno sbocco al mare, che Morales vuole SANTA CRUZ, discutere con il Cile per sanare un conil SECONDO tenzioso storico. Quando Bergoglio, INCONTRO DEI scendendo per l'autostrada El Alto-La MOVIMENTI Paz si è fermato nella zona di AchachiPOPOLARI cala, ha però compiuto un gesto esplicopyright citamente politico, che va in senso op2015 posto a quello di Wojtyla. ENCUENTRO Nella sosta, il papa ha reso omaggio MUNDIAL DE al sacerdote Luis Espinal, gesuita comovimientos me lui, brutalmente assassinato in BoliPOPULARES. via dalla dittatura militare di Luis GarSOTTO, PAPA cia Meza e Luis Arce Gomez il 22 marbergoglio zo del 1980: a due giorni di distanza LA PRESSE dall'uccisione, in Salvador, di Oscar Romero. Espinal venne sequestrato mentre usciva dal cinema ed era quasi arrivato a casa quando venne obbligato a salire su una jeep. Poi, fu torturato per ore prima di essere ucciso con 12 colpi di arma da fuoco. Il religioso era arrivato da Barcellona agli inizi degli anni '70 per dedicarsi al cinema e al giornalismo. Un gesuita schierato a fianco di chi sceglieva di resistere agli abusi dei governi militari che si alternavano al potere in quegli anni. Nel 1979, fondò il settimanale autogestito Aqui (Qui), sulle cui pagine, nel 1980, lanciò l'allarme circa l'imminenza di un nuovo golpe in Bolivia, che accadde quattro mesi dopo il suo assassinio. Bergoglio ha sostato davanti al luogo in cui fu ucciso Espinal, i cui seguaci gli hanno chiesto di accelerare il processo per riconoscerlo come «martire della chiesa». Il giorno della sua prima assunzione d'incarico, nel 2006, il presidente Evo Morales ha nominato Espinal quando ha chiesto un minuto di silenzio per i diversi militanti boliviani uccisi. Nel 2007 ha decretato il 22 marzo come giornata nazionale del cinema. E ogni anno, quel giorno, si organizzano visite nel luogo in cui Espinal fu trovato morto. Nella Bolivia di oggi, uno dei paesi in cui negli anni 70 e 80 ha agito la rete criminale del Condor - con cui le dittature sudamericane a guida Cia perseguivano gli oppositori ovunque si trovassero - ci cerca ancora qualche centinaio di desaparecidos. La Procura generale, in questi giorni, ha creato una Banca dati genetica per identificare i resti degli scomparsi, e ha diffuso gli inviti ai famigliari delle vittime di recarsi alla Banca per favorire le ricerche. Agli anni del neoliberismo e al nuovo corso all'insegna della sovranità, inaugurato dopo «la cacciata del Fondo monetario internazionale», ha fatto riferimento anche Morales nel discorso di apertura al Secondo incontro internazionale dei movimenti popolari, in corso a Santa Cruz, dove il papa è atteso oggi. Agli oltre delegati dei cinque continenti, Bergoglio terrà un discorso di 20 minuti. Tra i materiali in discussione, c'è il testo della sua Enciclica sull'ambiente, «Laudato si'» in cui il papa espone il suo pensiero di «un'ecologia integrale». Bergoglio ne ha richiamato i temi nelle diverse occasioni in cui si è rivolto ai fedeli, in Ecuador, e in cui ha offerto a questa nuova America latina, che scommette sul socialismo del XXI secolo, la collaborazione della chiesa «nella ricerca del bene comune». Ha denunciato il profitto e il denaro e ha messo invece l'accento sulla «gratuità», considerata «non un complemento ma un requisito necessario alla giu- stizia». I beni ha detto sono destinati a tutti, e quando qualcuno ne ostenta la proprietà, sappia che pesa su di lui un'ipoteca sociale: perché «il concetto economico di una giustizia basato sul principio di compravendita viene superato da quello di giustizia sociale, che difende il diritto fondamentale della persona a una vita degna». Per Bergoglio, la speranza di un futuro migliore per l'america latina un continente ancora fortemente disuguale comincia con la creazione di posti di lavoro e una crescita economica che raggiunga tutti. Al riguardo, Bergoglio ha preso ad esempio negativo quello di «alcuni paesi europei» in cui la disoccupazione giovanile tocca punte altissime e i giovani «cadono nella dipenden- za, nella depressione o finiscono per suicidarsi». Terra, Tetto, Lavoro e integrazione dei popoli sono i temi del Secondo incontro dei movimenti popolari. Il Primo, fortemente voluto da Bergoglio, si è tenuto in Vaticano qualche mese fa. Morales ha chiesto di unire le forze, insieme a papa Bergoglio, «per liberare i popoli del mondo». Ha parlato delle conquiste realizzate nel suo paese all insegna del buen vivir e ha sottolineato l importanza della lotta politica per ottenere cambiamenti sociali. «Con il Papa - ha detto - abbiamo enormi coincidenze sulle politiche economiche e sociali, coincidenze su come realizzare il buen vivir. Come presidente e come dirigente - ha aggiunto - non avevo mai sentito prima che un papa potesse condividere un messaggio di pace e giustizia sociale. Il nome di Francesco rende onore, orgoglio ai popoli e alla chiesa perché mette in risalto la figura di San Francesco di Assisi, un santo dei poveri». Morales, che ieri ha avuto con il papa un incontro di 50 minuti, ha chiesto ai delegati delle organizzazioni indigene, sindacali, contadine, dei senza tetto e dei raccoglitori di cartoni, di presentare un documento finale in cui esprimano «la sofferenza, il pensiero e il sentimento». Al Primo incontro in Vaticano, Morales era stato invitato dal movimenti non in quanto presidente dello stato plurinazionale di Bolivia, ma come dirigente indigeno, proveniente dal sindacato dei «cocaleros». Ieri, alcuni rappresentanti dei «cocaleros» hanno offerto al papa la tradizionale pasta di foglie di coca, utile a combattere il male da altura. Per la visita del papa, anche alcuni settori sindacali che nei giorni precedenti avevano organizzato contestazioni, hanno deciso di sospenderle. La polizia ha d altronde proibito l esposizione di cartelli esplicitamente politici o rivendicativi. Prima di tornare all'aeroporto di El Alto per recarsi a Santa Cruz, ieri, Bergoglio ha incontrato vescovi e sacerdoti nella cattedrale Metropolitana. Un incontro di mediazione per conciliare i forti contrasti di questi anni con il governo Morales, che ha spesso denunciato ingerenze e complotti delle alte gerarchie cattoliche. Ad aprire l incontro dei movimenti popolari, Bergoglio ha invece inviato il cardinale africano Peter Turkson, presidente del Consiglio pontificio di giustizia e pace.

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