Diffamazione a mezzo stampa

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1 I D O S S I E R D I T A B L O I D Dicembre 2005 Relazione sulle sentenze emesse dal Tribunale penale di Milano nel biennio Diffamazione a mezzo stampa TRIBUNALE PENALE A cura di Sabrina Peron ed Emilio Galbiati avvocati in Milano

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3 TRIBUNALE PENALE DI MILANO - Diffamazione tramite mass-media. Esaminate 116 sentenze del periodo 2003/2004 Giornalisti alla sbarra: condanne motivate (nella maggior parte dei casi) per difetto del requisito di verità La metà dei procedimenti penali instaurati si sono conclusi con una remissione di querela (45,5%) o con una pronunzia di intervenuta prescrizione (4,5%). Nella quasi totalità dei casi (94%) in cui gli imputati sono stati riconosciuti colpevoli sono stati condannati solo al pagamento di una multa (il cui importo massimo comminato è stato di euro 1.500). La condanna alla reclusione è stata disposta solo nel 6% dei casi (nella misura massima di 4 mesi) ed in nessun caso ha trovato applicazione la condanna congiunta a reclusione e multa. Sono stati riconosciuti e liquidati danni morali in misura, in media, pari ad euro ,73 (contro delle richieste risarcitorie, in media, pari ad euro ,42). Con riferimento a questi dati si precisa che la condanna risarcitoria più elevata è stata di euro ,00, resa a favore di 197 parti lese costituitesi collettivamente Milano, 20 novembre Dopo l analogo lavoro svolto sulle sentenze emesse in sede civile, nel numero 12/2005 di Tabloid verranno pubblicati i risultati della ricerca effettuata, dagli avvocati Sabrina Peron ed Emilio Galbiati, sulle sentenze emesse dal Tribunale di Milano, sezioni penali, nel biennio Tale ricerca è stata autorizzata dal Presidente del Tribunale di Milano che ha demandato alle competenti Cancellerie il rilascio di copie delle sentenze nel rispetto della normativa in materia di privacy. I dati più significativi emersi con riferimento alle 116 sentenze penali di primo grado emesse nel biennio , sono i seguenti: durata del procedimento: la durata del procedimento penale, dalla data del rinvio a giudizio a quella del deposito della sentenza di primo grado, è in media leggermente inferiore ai due anni (666 giorni). Mentre tra la data di pubblicazione del pezzo incriminato alla data di pubblicazione della sentenza trascorrono in media poco più di quattro anni (1.546 giorni); tipologia di testata: i procedimenti per diffamazione a mezzo stampa hanno interessato le seguenti tipologie di testate: - quotidiani nazionali 50% - quotidiani locali 7% - settimanali 25% - periodici 9% - reti televisive 8% - agenzie di stampa 1% 3

4 TRIBUNALE PENALE DI MILANO Diffamazione tramite mass-media. Esaminate 116 sentenze del periodo 2003/2004 tipologia articoli diffamatori: i più colpiti da querela per diffamazione sono gli articoli di cronaca (nel 46% dei casi) quindi le interviste (31%) e per finire gli articoli di critica (23%); professione delle parti offese: tra le persone offese sono principalmente emerse le seguenti categorie professionali: - 21% privati - 18% magistrati - 14% amministratori di persone giuridiche - 9% politici remissione di querela/prescrizione: ben la metà dei procedimenti penali instaurati si sono conclusi con una remissione di querela (45,5%) o con una pronunzia di intervenuta prescrizione (4,5%); percentuali accoglimento/rigetto: sul rimanente 50% dei casi giunti a dibattimento, il Tribunale ha pronunziato condanna per diffamazione nel 55% dei casi; scriminanti assenti in caso di condanna: nella maggior parte dei casi la condanna è motivata, in via principale, per difetto del requisito di verità, anche sotto il profilo della putatività (90%), seguono i casi in cui sono risultati predominanti le violazioni del limite della continenza (7%) e la carenza di interesse pubblico (3%); condanna penale: nella quasi totalità dei casi (94%) gli imputati riconosciuti colpevoli sono stati condannati solo al pagamento di una multa (il cui importo massimo comminato è stato di euro 1.500). La condanna alla reclusione è stata comminata solo nel 6% dei casi (nella 4

5 misura massima di 4 mesi) ed in nessun caso ha trovato applicazione la condanna congiunta a reclusione e multa; condanna risarcitoria: in caso di condanna a favore della parte civile costituitasi in giudizio: - sono stati riconosciuti e liquidati danni morali in misura, in media, pari ad euro ,73 (contro delle richieste risarcitorie, in media, pari ad euro ,42). Con riferimento a questi dati si precisa che la condanna risarcitoria più elevata è stata di euro ,00, resa a favore di 197 parti lese costituitesi collettivamente; - la sanzione civile è stata applicata in misura, in media, pari ad euro 7.116,67 (contro delle richieste di condanna, in media, pari ad euro ,75). Anche con riferimento a questi dati si precisa che la condanna sanzionatoria più elevata è stata di euro ,00, resa a favore di 10 parti lese; - la condanna in via provvisionale è stata disposta in misura, in media, pari ad euro ,00 (contro delle richieste di condanna in via provvisionale, in media, pari ad euro ,80) ed anche qui si precisa che la condanna provvisionale più elevata è stata di euro ,00, resa a favore di 3 parti lese. - spese legali: infine, la media liquidata dal Tribunale di Milano a carico della parte soccombente ammonta ad euro 5.781,94. impugnazione: avverso le sentenze penali è stato proposto appello nel 66% dei casi. 5

6 1 Il quadro della situazione a) Tempistica Anzitutto abbiamo ritenuto opportuno verificare la durata media del processo di primo grado. Premesso che la data del rinvio a giudizio è stata riportata solo su un campione ristretto di 57 sentenze, è comunque emerso che tra tale data ed il deposito della sentenza di primo grado trascorrono in media meno di 2 anni (e, più precisamente, 666 giorni). Abbiamo ritenuto interessante calcolare anche l arco temporale medio che intercorre tra la data di pubblicazione del pezzo incriminato e quella di deposito della sentenza di primo grado. Si è potuto rilevare che le sentenze di primo grado sono rese disponibili, in media, poco più di 4 anni dopo la pubblicazione o la diffusione della notizia incriminata (e, più precisamente, dopo giorni). b) Testate I procedimenti penali di diffamazione a mezzo stampa nel 90% dei casi hanno riguardato testate giornalistiche. Nei casi residui la fattispecie asseritamente diffamatoria si è realizzata attraverso la diffusione di volantini/affissioni (2%), libri (2%), lettere/relazioni (2%), siti internet (2%), programmi TV non giornalistici (2%). Nell ambito delle testate giornalistiche sono state Percentuali testate / volantini / libri / lettere siti internet / programmi TV programmi TV (non giornalistici) 2% testate giornalistiche 90% interessate diverse tipologie di pubblicazione secondo le seguenti percentuali: i quotidiani nazionali per il 50% i quotidiani locali per il 7% i settimanali per il 25% i periodici per il 9% le reti televisive per l 8% le agenzie di stampa per l 1% periodici 9% Tipologia di testate agenzie di stampa reti televisive 1% 8% quotidiani nazionali 50% libri siti internet 2% 2% lettere / relazioni 2% volantini / affissioni 2% settimanali 25% quotidiani locali 7% Altre testate (1) 20% Telelombardia 1,75% Repubblica 1,75% Prima pagina 1,75% L Unità 1,75% Giornale di Lecco 1,75% Il Mondo 1,75% Cronaca Vera 1,75% Percentuali testate Corriere della Sera 23% Giornale di Vimercate 1,75% Antenna 3 1,75% Il Giorno 15% Panorama 13,5% Oggi 3,5% Rai Gazzetta dello Sport 2,5% Bergamo Sette 1,75% La Stampa 2,5% In particolare, nel biennio , i procedimenti di diffamazione a mezzo stampa hanno riguardato gli articoli diffusi dalle seguenti testate: Corriere della Sera (23%), Il Giorno (15%), Panorama (13,5%), Oggi (3,5%) RAI (2,5%), Gazzetta dello Sport (2,5%), La Stampa (2,5%), Antenna 3 (1,75%), Bergamo Sette (1,75%), Cronaca Vera (1,75%), Giornale di Lecco (1,75%), Giornale di Vimercate (1,75%), Il Mondo (1,75%), L Unità (1,75%), Prima pagina (1,75%), Repubblica (1,75%), Telelombardia (1,75%), altre testate con un caso per ciascuna (20%). Di seguito riportiamo i grafici inerenti al numero ed alla percentuale dei procedimenti relativi alle singole testate.

7 Corr Sera Il Giorno Panorama Oggi RAI Gazzetta dello Sport La Stampa Antenna 3 Testate Bergamo Sette Cronaca Vera Giornale di Lecco Giornale di Vimercate Il Mondo L Unità Prima Pagina Repubblica Telelombardia Altre testate (1) (1) Amica; ANSA; Brescia Oggi; Cronaca Proibita; Cuore; Gazzetta di Lecco; Giornale di Brescia; Grand Hotel; Il Giornale; Il Secolo XIX; Il Sole 24 Ore; Italia Oggi; La Provincia di Sondrio; La Voce; La7; Lavaggio Industriale; L Opera; L Operese; M.F.; R.T.I.; Terzo Millennio; Tribuna di Treviso; Visto. c) Professione parte offesa dal reato di diffamazione a mezzo stampa In via preliminare, deve sottolinearsi che la persona offesa dal reato di diffamazione, dopo aver sporto querela, si costituisce parte civile nel relativo processo penale solo nell 80% dei casi. Ciò premesso, la diffamazione a mezzo stampa è un reato che può colpire soggetti appartenenti alle più varie categorie professionali e ciò anche a seconda dei temi di maggior attualità giornalistica in un particolare momento storico. Abbiamo pertanto ritenuto interessante enucleare il dato relativo alle diverse attività professionali delle persone offese: Professione parte offesa privato magistrato amministratore persone giuridiche politico pubblico dipendente (2) persona giuridica avvocato medico / infermiere militare sindacalista imprenditore sportivo artista giornalista impiegato diplomatico ente pubblico notaio professore universitario impiegato 1% giornalista 2% artista 2% sportivo 2% imprenditore 2% sindacalista 3% 7 militare 3% Percentuali professione parte offesa altri (3) 2% medico / infermiere 4% avvocato 4% privato 21% persona giuridica 6% magistrato 18% amministratore persone giuridiche 14% politico 9% pubblico dipendente (2) 7% 18% magistrati; 14% amministratori di persone giuridiche; 9% politici; 7% pubblici dipendenti (2); 6% persone giuridiche; 4% avvocati; 4% medici / infermieri; 3% militari; 3% sindacalisti; 2% imprenditori; 2% sportivi; 2% artisti; 2% giornalisti; 1% impiegati; 2% altri (con un caso ciascuno) (3); 21% soggetti privati (in cui la fattispecie diffamatoria non ha investito o interessato l attività professionale). (2) si precisa che, a fini statistici, è stato conteggiato come un unica parte offesa la situazione giuridica di 197 pubblici dipendenti appartenenti ad una categoria asseritamente diffamata nel suo complesso e che avevano presentato un unica querela. (3) diplomatico; ente pubblico; notaio; professore universitario.

8 d) Tipologia articoli e/o servizi diffamatori Attraverso l analisi delle singole fattispecie si è potuta verificare la tipologia degli articoli e/o servizi diffamatori: sul campione di 111 sentenze portanti il riferimento specifico al contenuto del pezzo incriminato, nel 46% dei casi si trattava di cronaca dei fatti, il 23% riguardava espressioni di critica e il 31% concerneva interviste. Percentuali tipologia articoli diffamatori intervista 31% cronaca 46% critica 23% 2 Le richieste del P.M. e della Parte civile a) Le richieste del P.M Meritano di essere specificamente analizzate le richieste processuali avanzate dalla Pubblica Accusa (con riguardo alle istanze di natura penale) e dalla Parte Civile (con riguardo alle domande civili avanzate in sede penale). 8 Va precisato anzitutto che non sempre da parte del P.M. è stata richiesta la condanna degli imputati. Più precisamente, il P.M. ha richiesto la condanna solo nel 34% dei casi giunti a dibattimento; nel restante 66% dei casi il P.M. ha chiesto l assoluzione dell imputato (anche nella forma della richiesta di non doversi procedere per intervenuti fatti estintivi del reato quali la remissione di querela o la prescrizione). Con particolare riferimento alla tipologia delle richieste di condanna avanzate dalla Pubblica Accusa si deve ricordare che: in caso di diffamazione a mezzo stampa, ai sensi dell art. 595, 3 comma, c.p., è prevista la pena edittale della reclusione da sei mesi a tre anni o, in alternativa, della multa non inferiore a euro 516,46; qualora la diffamazione a mezzo stampa si realizzi nella attribuzione di un fatto determinato, ai sensi dell art. 13 L , n. 47 (come richiamato anche dall art. 30 L , n. 223, sul sistema radiotelevisivo), si applica la pena aggravata della reclusione da uno a sei anni unitamente alla multa non inferiore a euro 258,23. Inoltre, ai sensi del combinato disposto degli articoli 595 e 57 c.p. possono essere imputati del reato di diffamazione a mezzo stampa non solo assoluzioni 66% Percentuali richieste P.M. condanne 34% l autore della pubblicazione (ed eventualmente il soggetto che abbia rilasciato un intervista), ma anche il direttore responsabile che abbia omesso il controllo sulla pubblicazione: quest ultimo, può essere punito con la pena prevista come sopra, diminuita in misura non eccedente un terzo (v. art. 57 c.p.). Dalla disamina delle richieste di condanna avanzate dal P.M., sono stati ricavati i seguenti dati: - solo nel 10% dei casi il P.M. ha fatto richiesta di condanna congiunta sia alla reclusione sia alla multa;

9 - solo nel 7% dei casi il P.M. ha fatto richiesta di condanna alla sola pena della reclusione; - nell 83% dei casi il P.M. ha fatto richiesta di condanna alla sola pena della multa. Più dettagliatamente, la richiesta di condanna alla reclusione viene avanzata dal P.M. nelle seguenti misure: 17% dei casi fino a sei mesi; 83% dei casi da sei mesi a dodici mesi (la richiesta più elevata è stata di condanna a 12 mesi di reclusione); mentre la richiesta di condanna alla multa viene avanzata dal P.M. nei seguenti termini: 89% fino a euro 1.000,00; 11% oltre euro 1.000,00 (la richiesta più elevata è stata di condanna alla multa di euro 2.000,00). Percentuali tipologia richiesta condanna P.M. multa 83% reclusione + multa 10% reclusione 7% Percentuali richiesta reclusione P.M. Percentuali richiesta multa P.M. oltre 12 mesi 0% fino a 6 mesi 17% oltre 1.000,00 euro 11% da 6 a 12 mesi 83% fino a 1.000,00 euro 89% Ciò premesso, deve rimarcarsi il dato relativo alla dialettica processuale, intesa quale rapporto tra le richieste avanzate dalla Pubblica Accusa e le determinazioni adottate dal Tribunale all esito del procedimento di primo grado. Si è potuto rilevare che il Giudice di primo grado ha integralmente rigettato le richieste del P.M. nel 17% dei casi. Il dato generale è di per sé significativo, ma per apprezzarne la reale portata riteniamo opportuno scorporare i dati specifici relativi a: casi di rigetto integrale di domande di assoluzione degli imputati: 5%; casi di rigetto integrale di domande di condanna degli imputati: 38%. Percentuali rigetto / accoglimento richieste assoluzione P.M. Percentuali rigetto / accoglimento richieste condanna P.M. rigetto 5% accoglimento 62% rigetto 38% accoglimento 95% 9

10 b) Le richieste della Parte civile 10 Il reato di diffamazione comporta, quale evento lesivo, una violazione del diritto costituzionalmente garantito all onore ed alla reputazione del soggetto diffamato. La persona offesa da reato di diffamazione ha quindi diritto - ai sensi del combinato disposto degli artt. 185 c.p. e 2043, 2059 c.c. - a conseguire il risarcimento dei danni subiti per la lesione al proprio diritto. Inoltre l art. 186 c.p. prevede (fatto salvo quanto sancito in altre disposizioni di legge, come ad esempio nell art. 9 L , n. 47) che il giudice possa ordinare anche la pubblicazione della sentenza di condanna qualora questa costituisca un mezzo specifico per riparare il danno non patrimoniale cagionato dal reato. Da ultimo ai sensi dell art. 12 L , n. 47, la persona offesa può chiedere, oltre al risarcimento dei danni, una ulteriore somma a titolo di riparazione pecuniaria (c.d. sanzione civile) determinata dal giudice in relazione alla gravità dell offesa ed alla diffusione dello stampato. Per completezza deve aggiungersi che, ai sensi dell art. 539 c.p.p., qualora le prove acquisite non consentano la liquidazione del danno, il giudice può pronunciare condanna generica rimettendo le parti innanzi al giudice civile: in tal caso a richiesta della parte civile, il giudice penale può comunque condannare gli imputati al pagamento di una provvisionale, nei limiti del danno per cui si ritiene già raggiunta la prova. Si noti che, in questo caso, nel successivo giudizio avanti il giudice civile, possono essere convenuti, in solido con l autore ed il direttore responsabile della pubblicazione, anche il proprietario e l editore della testata, civilmente responsabili in via solidale ai sensi dell art. 11 L , n.47. Venendo alla disamina delle specifiche richieste processuali avanzate dalla parte civile nelle pronunzie analizzate, è necessario svolgere una premessa di metodo. Va infatti precisato: - che come già in precedenza osservato al paragrafo 3, la persona offesa si costituisce parte civile nell 80% dei casi: pertanto sono state avanzate richieste di condanna civile in sede penale, solo in 93 sentenze su 116; - che in ben 54 casi, a seguito di presumibili accordi extragiudiziali, la parte civile ha provveduto, prima che la causa venisse introdotta in decisione, a rimettere la querela proposta: pertanto solo in 39 casi la parte civile ha presentato le proprie conclusioni risarcitorie; - che infine in 11 casi le richieste della parte civile sono state formalizzate in una nota allegata agli atti, il cui contenuto non è stato però riportato espressamente in sentenza. In definitiva quindi, i dati relativi alle richieste della parte civile sono stati ricavati da un campione di 28 sentenze. Con riguardo al campione di cui sopra può osservarsi quanto segue: la richiesta di risarcimento dei danni civili è stata avanzata dalla parte civile in tutti i procedimenti esaminati (100%); le richiesta di condanna alla pubblicazione - a titolo risarcitorio - della sentenza di condanna è stata formulata in 5 casi su 28 (18%); la sanzione civile è stata domandata in 6 casi su 28 (21%); la provvisionale è stata richiesta in 20 casi su 28 (71%). Quanto alla tipologia delle richieste di risarcimento dei danni civili, si è potuto rilevare che nel 61% dei casi sono stati lamentati sia danni patrimoniali sia danni morali, nel 7% dei casi solo danni morali, mentre per il restante 32% è stata formulata richiesta di condanna in separata sede civile (in nessun caso è stata richiesta la condanna al risarcimento di soli danni patrimoniali). Percentuali richiesta condanna parte civile solo danni patrimoniali 0% danni patrimoniali + morali 61% solo danni morali 7% liquidazione in separata sede 32% Al di fuori dei casi in cui è stata richiesta la liquidazione dei danni civili in separata sede, abbiamo constatato che le richieste risarcitorie sono state formulate in via equitativa solo nel 4% dei casi ed in misura determinata nel restante 96% dei casi. Percentuali richiesta danni in misura determinata / in via equitativa in via equitativa 4% in misura determinata 96% Infine, laddove le domande sono state formulate in misura determinata, abbiamo potuto calcolare il dato relativo all entità media delle diverse richieste avanzate dalla parte civile: media delle richieste di risarcimento danni (morali e patrimoniali) per la parte civile (campione 18 sentenze): euro ,42 (la richiesta più elevata è stata pari a euro ,00); media delle richieste di sanzione civile da liquidarsi a favore della parte civile (campione 4 sentenze): euro ,75 (la richiesta più elevata è stata pari a euro ,00); media delle richieste di condanna in via di provvisionale per la parte civile (campione 18 sentenze): euro ,80 (la richiesta più elevata è stata pari a euro ,69).

11 3 Esito del processo Con riferimento all esito dei procedimenti penali per diffamazione tramite mass-media, il primo dato che abbiamo raccolto riguarda la percentuale di assoluzioni e di condanne nel biennio Per chiarezza, merita anzitutto di sottolinearsi che il 50% dei giudizi penali oggetto di esame si sono conclusi con una pronunzia in cui il Tribunale ha dato atto di non dover procedere per avvenuta remissione di querela o per intervenuta prescrizione del reato nel corso del processo. In particolare, è avvenuta remissione di querela nel 45,5% dei casi ed è intervenuta prescrizione del reato nel corso del processo nel 4,5% dei casi. Critica: percentuali assoluzioni / condanne condanne 54% assoluzioni 46% Per completezza si aggiunga che in 3 casi (pari statisticamente al 2,5%) il Tribunale ha definito il procedimento pronunziando su questioni di natura meramente processuale. Con riferimento alle pronunzie (47,5%) vertenti sul merito delle fattispecie al vaglio del Tribunale, si è potuta rilevare una leggera prevalenza delle sentenze di condanna (55%) rispetto a quelle di assoluzione (45%). Intervista: percentuali assoluzioni / condanne assoluzioni 57% Percentuali assoluzioni / condanne assoluzioni 45% condanne 43% condanne 55% Le percentuali di cui sopra subiscono lievi ma significative variazioni a seconda della tipologia degli articoli e/o dei servizi diffamatori. E difatti, le condanne sono pari al 61% per i pezzi di cronaca, al 54% per articoli di critica e solo al 43% per le interviste. Abbiamo ritenuto di esaminare nelle motivazioni delle sentenze l accertamento dell assenza delle tre scriminanti elaborate dalla giurisprudenza: la verità della notizia, la continenza espositiva e l interesse pubblico alla diffusione della notizia. I risultati dell indagine possono essere così sintetizzati: nella maggior parte dei casi la condanna è motivata in via principale per difetto del requisito di verità, anche sotto il profilo della putatività (90%) seguono i casi in cui sono risultati predominanti le violazioni del limite della continenza (7%) e la carenza di interesse pubblico (3%). Percentuali scriminanti assenti continenza 7% interesse pubblico 3% verità 90% Cronaca: percentuali assoluzioni / condanne condanne 61% assoluzioni 39% 11 Anche a tale proposito le percentuali di cui sopra variano a seconda della tipologia degli articoli e/o dei servizi diffamatori. Con riguardo ad articoli di cronaca, nel 100% dei casi la condanna è stata pronunziata a seguito

12 dell accertato difetto di verità. Per pezzi di critica o interviste invece, è accaduto che in qualche caso - secondo le percentuali illustrate dai relativi grafici - la principale scriminante assente sia risultata essere la continenza o l interesse pubblico. Critica: percentuali scriminanti assenti continenza 14% interesse pubblico 0% verità 86% Privati: percentuali assoluzioni / condanne condanna 58% assoluzione 42% Intervista: percentuali scriminanti assenti interesse pubblico 17% vertità 66% Magistrati: percentuali assoluzioni condanne condanna 43% assoluzione 57% continenza 17% Per completezza, abbiamo ritenuto interessante enucleare anche il dato relativo al rapporto percentuale tra assoluzioni e condanne in funzione della professione della persona offesa dal reato di diffamazione contestato, con particolare riferimento alle categorie maggiormente interessate secondo quanto rilevato al paragrafo 3 che precede (vale a dire magistrati, amministratori di persone giuridiche / imprenditori, politici ed infine privati). I risultati emersi - per certi versi sorprendenti - possono sintetizzarsi come segue: privati: la percentuale di sentenze di condanna per diffamazione, nel caso in cui la persona offesa sia un privato, è pari al 58%; magistrati: la percentuale di sentenze di condanna è pari al 43%; amministratori di persone giuridiche / imprenditori: la percentuale di sentenze di condanna è pari al 75%; politici: la percentuale di sentenze di condanna è pari al 67%. Amministratori persone giurudiche / imprenditori: percentuali assoluzioni / condanne condanna 75% Politici: percentuali assoluzioni / condanne condanna 67% assoluzione 25% assoluzione 33% a) Condanne penali 12 In via preliminare meritano di sottolinearsi alcune fattispecie particolari: - in ben quattro casi il Tribunale di Milano, pur ritenendo realizzata una fattispecie diffamatoria, ha pronunziato sentenza di condanna solo nei confronti del soggetto intervistato, assolvendo invece il giornalista che aveva raccolto le dichiarazioni lesive ed il direttore che aveva consentito la pubblicazione, per avere questi ultimi rispettato i criteri che contraddistinguono l esercizio del diritto di cronaca; - in ben tre casi il Tribunale di Milano, pur ritenendo realizzata una fattispecie diffamatoria, ha pronunziato sentenza di condanna solo nei confronti del soggetto autore di una lettera al direttore, pubblicata nella relativa rubrica. Ciò posto, si osserva che, per le residue sentenze di condanna, nel 61% dei casi la pena viene comminata - anche se non in misura paritetica - sia all autore del pezzo, sia al direttore responsabile (di regola per omesso controllo sul contenuto della pubblicazione ai sensi dell art. 57 c.p.), mentre nel 30% dei casi la condanna investe solo il direttore responsabile e nel restante 9% solo il giornalista.

13 Percentuali condanne giornalista / direttore multa 94% solo direttore 30% solo giornalista 9% Percentuali tipologia di condanna reclusione 6% giornalista + direttore 61% Premesso quanto sopra deve prendersi in considerazione la tipologia delle condanne comminate in concreto. Nella quasi totalità dei casi (94%) gli imputati riconosciuti colpevoli vengono condannati solo al pagamento di una multa, mentre la condanna alla reclusione viene comminata solo nel 6% dei casi. Si noti che in nessun caso ha trovato applicazione la condanna congiunta a reclusione e multa secondo quanto disposto dall art.13 L.47/1948. multa + reclusione 0% Inoltre, in ordine all entità delle pene comminate, è emerso quanto segue: la condanna alla reclusione non è mai superiore ai 6 mesi e addirittura la misura massima comminata è stata di 4 mesi. la multa di cui viene ingiunto il pagamento, nel 46% dei casi è inferiore ad euro 500,00, nel 52% dei casi oscilla tra euro 500,00 ed euro 1.000,00 e solo nel 2% dei casi supera il valore di euro 1.000,00 (l importo massimo comminato è stato di euro 1.500,00). da euro 500,00 a euro 1.00,00 52% Percentuali condanna alla multa oltre euro 1.00,00 2% fino a euro 500,00 46% In definitiva, secondo i dati raccolti può ritenersi confermata la tendenza manifestatasi nella pratica, alla applicazione quasi esclusiva delle pena della multa: la reclusione, ove comminata, è disposta in misura tale da consentire la sospensione condizionale della pena. Fermo restando il condivisibile principio secondo cui sarebbe opportuno escludere la pena della reclusione per i reati di opinione, la portata pratica del progetto di riforma legislativa allo studio in tal senso risulta minima (gravi invece, secondo molti commentatori, appaiono i rischi derivanti dalla bagatellizzazione del reato prevista dal medesimo progetto). b) Condanne civili in sede penale 13 Venendo alla disamina delle pronunce di condanna civile in sede penale deve svolgersi anche in questo caso una premessa di metodo: su un totale di 116 sentenze esaminate la condanna civile è stata comminata in 28 casi. Con riguardo al campione di cui sopra può osservarsi quanto segue: la condanna al risarcimento dei danni civili è stata accolta in tutti i 28 casi (100%); la condanna alla pubblicazione - a titolo risarcitorio - della sentenza è stata disposta in 10 casi su 28 (36%); la sanzione civile è stata comminata in 6 casi su 28 (21%); la provvisionale in attesa di liquidazione definitiva, è stata riconosciuta in 5 casi su 28 (18%). Quanto alla tipologia delle condanne di risarcimento dei danni civili, si è potuto rilevare che: nel 79% dei casi sono stati riconosciuti e liquidati solo danni morali; per il restante 21% è stata disposta condanna con riserva di liquidazione in separata sede civile; in nessun caso è stata pronunciata condanna al risarcimento di danni patrimoniali. Infine, laddove le condanne sono state disposte in misura determinata, abbiamo potuto calcolare il dato relativo alla media dell entità delle condanne: media delle condanne di risarcimento danni morali a favore della parte civile (campione 22 sentenze): euro ,73; media delle condanne al pagamento della sanzione civile a favore della parte civile (campione 6 sentenze): euro 7.116,67; media delle condanne in via di provvisionale a favore della parte civile (campione 5 sentenze): euro ,00. Per completezza, meritano di evidenziarsi anche gli importi massimi delle condanne risarcitorie o sanzionatorie: - la condanna risarcitoria più elevata è stata di euro ,00, resa a favore di 197 parti lese costituitesi collettivamente; si noti che la condanna più elevata a favore di una singola parte lesa è stata di euro ,00 (si trattava

14 di un politico straniero cui è stata falsamente attribuita una condotta gravissima); - la condanna sanzionatoria più elevata è stata di euro ,00, resa a favore di 10 parti lese: la condanna più elevata a favore di una singola parte lesa è stata di euro 5.000,00; - la condanna provvisionale più elevata è stata di euro ,00, resa a favore di 3 parti lese: la condanna più elevata a favore di una singola parte lesa è stata di euro ,00. Abbiamo infine ritenuto opportuno predisporre anche un grafico idoneo a rappresentare il raffronto tra l entità delle richieste di condanna della parte civile e l entità delle condanne effettivamente comminate, per evidenziare la notevole disparità tra le pretese della parte civile e la misura del loro accoglimento effettivo da parte del giudice penale. Per completezza, viene in rilievo l ulteriore dato relativo alla liquidazione delle spese legali a favore della parte civile in caso di accoglimento delle richieste risarcitorie. In media le spese legali liquidate a favore della parte civile ammontano a euro 5.781,94. Percentuali tipologia di condanna al risarcimento danni separata sede 21% morali 79% patrimoniali 0% Raffronto richieste / condanne civili provvisionale , ,80 richiesta condanna 7.116,67 sanzione civile , ,73 danni ,420 4 Ricorso in appello Da ultimo si evidenzia che avverso le sentenze penali di merito rese dal Tribunale di Milano nel biennio è stato proposto appello nel 66% dei casi. no 34% Percentuali sentenze appellate sì 66% 14

15 5 Considerazioni conclusive in diritto 15 Come ultimo aspetto di questa relazione, ci preme illustrare - anche per una migliore comprensione dei dati sin qui esposti - le motivazioni in diritto elaborate nelle sentenze che abbiamo esaminato. Anzitutto, và detto che la diffamazione è un reato a forma libera dove la condotta materiale si estrinseca nell offesa all onore e al decoro della persona (Trib. Milano, , n. 5487), che si consuma quando, e dove, è avvenuta la comunicazione offensiva della reputazione altrui, con la doverosa precisazione che per offesa non si deve intendere l avvenuta lesione del bene giuridico, essendo sufficiente che esso venga aggredito e messo in pericolo con parole od atti offensivi che rendano probabile la causazione di una effettiva lesione (Trib. Milano, , n. 4171). L art. 595 c.p., tutela la reputazione, ovvero l onore in senso oggettivo, inteso come opinione e valutazione dei consociati rispetto alla personalità morale e sociale di un individuo (Trib. Milano, , n. 1430). Ovviamente, la reputazione non si identifica con la considerazione che ognuno ha di sé o con il semplice amor proprio, ma con il senso della dignità personale in conformità all opinione del gruppo sociale, secondo il particolare contesto storico (Trib. Milano, , n. 5487). Inoltre, in caso di offesa alla memoria di un defunto, sussiste il diritto dei prossimi congiunti a vedere tutelata la sua reputazione, ex art. 597 c.p., in quanto il pregiudizio si estende alla dignità di essi stessi, che subiscono un danno diretto ed immediato dal reato e sono, pertanto, titolari del diritto di querela (Trib. Milano, , n. 6415). A tale proposito merita di sottolinearsi che anche per una persona che ha già subito una condanna penale non può non risultare lesiva la notizia falsa che essa è stata condannata per altri gravi reati. Né può sostenersi che nel caso di soggetti già colti dallo stigma del disonore sociale può aversi diffamazione solo per quei settori morali della loro persona che siano rimasti immuni da elementi disonoranti: tale prospettazione sarebbe contraddittoria con la pienezza della tutela della dignità umana garantita dalla costituzione, che non può tollerare artificiose frammentazioni ed offese ingiustificate, come accadrebbe nel caso in cui si considerasse lecita un offesa se riferita ad alcuni attribuiti della personalità morale ed illecita se riferita ad altri (Trib. Milano, , n In questo senso anche Trib. Milano, , n. 2747, secondo cui a nessuno può consentirsi di cagionare volontariamente il peggioramento della reputazione pur non buona di un soggetto, tanto più quando il peggioramento sia non solo quantitativo, cioè derivante dall attribuzione di una condotta illecita ontologicamente non dissimile da altre realmente tenute, ma qualitativo, cioè riconducibile a pretese condotte sintomatiche di degrado etico, dimostrative di un grave tradimento dei propri ideali ). Per quanto concerne l elemento oggettivo del reato, si rileva che l intento diffamatorio può essere raggiunto non solo con valutazioni o giudizi offensivi dell altrui reputazione, ma anche con mezzi indiretti o con espressioni insinuanti e suggestionanti (Trib. Milano, , n ). In ogni caso, l espressione utilizzata, da valutare dal giudice secondo l opinione della generalità degli uomini in connessione ai tempi, luoghi, ambiente in cui il fatto si svolge ed alle persone coinvolte, ben può assumere, secondo le circostanze in cui è utilizzata, significato lesivo diverso (Trib. Milano, , n. 3261). Quanto, invece, all elemento soggettivo, è sufficiente il dolo generico, inteso come consapevolezza che le espressioni volontariamente utilizzate sono lesive dell altrui reputazione o possono porla a rischio: non si richiede il dolo specifico, nel senso che non occorre l animus nocendi (Trib. Milano, , n e Trib. Milano, , n. 4171). Conseguentemente, ad esempio, l elemento doloso difetta quando la discrasia tra scritto e pensato, è spiegabile con il pessimo uso fatto dal giornalista del principale strumento del suo lavoro, ovvero la lingua italiana (nella fattispecie esaminata dal Tribunale, l articolo risultava male costruito - ripeteva due volte lo stesso concetto con parole diverse e, quindi, determinando un fraintendimento ): i difetti di costruzione dell articolo, di connessione sintattica e grammaticale, se integrano in modo evidente imperizia o negligenza e, quindi, uno stato colposo dell autore, proprio perché tali escludono la consapevole offesa dell altrui reputazione (Trib. Milano, , n. 3261). Sempre in via esemplificativa, vediamo che quando il giornalista ometta il controllo delle

16 fonti o ne compia uno di particolare superficialità, allora non potrà non rappresentarsi, senza poterla escludere, l eventualità della discordanza tra fatto narrato e fatto storico accaduto, in tal modo rientrando il suo atteggiamento soggettivo nella figura del dolo eventuale. Ne consegue che il giornalista sarà in colpa - con conseguente esclusione del reato - quando si sia rappresentato la possibile falsità della notizia, avendola però esclusa mediante un diligente (cioè conforme al comportamento che avrebbe tenuto nelle stesse circostanze il giornalista-tipo) vaglio delle fonti e dei riscontri; il giornalista verserà in dolo quando il dubbio sulla falsità non sia stato risolto o sia stato risolto mediante un procedimento che il giornalista sa essere insufficiente, negligente, difforme dalle regole deontologiche. Sempre con riguardo all onere di controllo fonti: "il giornalista non può esimersi dal vaglio della fonte solo e semplicemente citandola, poiché nel momento in cui diffonde l informazione ricevuta, se ne fa - salvi casi particolari - in quanto propalatore, corresponsabile (Trib. Milano, , n. 1430). In ordine al soggetto leso, affinché possa ipotizzarsi la sussistenza del delitto di diffamazione è necessario che l aggressione alla reputazione sia effettuata nei confronti di un soggetto determinato nella sua individualità soggettiva: a questo fine è irrilevante l indicazione nominativa del diffamato, ma occorre che il riferimento a questi sia deducibile dalla stessa prospettazione oggettiva dell offesa, che deve contenere elementi tali da consentirne in modo diretto o indiretto, ma sempre con ragionevole certezza, l identificazione agevole ed inequivoca anche per esclusione o in via deduttiva nell ambito di una ristretta categoria di persone (Trib. Milano, , n. 2747, nonché, Trib. Milano, , n secondo cui in mancanza di indicazione specifica ( ) è sufficiente che l offeso possa venire individuato per esclusione in via induttiva tra una categoria di persone, a nulla rilevando che in concreto l offeso venga individuato da un ristretto gruppo di persone). Per tale ragione, il criterio da seguire per l individuazione della persona offesa dal reato deve essere quello «oggettivo» a nulla rilevando le intuizioni o le congetture che possono insorgere in chi si senta «soggettivamente» destinatario delle espressioni denigratorie (Trib. Milano, , n. 7170). Sul punto, inoltre, è oramai pacifico che ben possono essere considerate persone offese dal reato sia le persone giuridiche e gli enti collettivi in quanto tali, sia i singoli appartenenti all ente o alla collettività quando attraverso riferimenti espliciti o mediante indiscriminato coinvolgimento nella riferibilità dell accusa risultino danneggiati nella loro onorabilità individuale (Trib. Milano, , n. 7170). Da ultimo, in via generale si ricorda che per determinare il momento consumativo dei reati connessi a mezzo stampa è sufficiente accertare il luogo ove è stata eseguita la stampa, in quanto in tale luogo avviene, una volta messo a disposizione lo stampato di una cerchia più o meno vasta di persone, la prima diffusione intesa in senso potenziale; del resto, uscito lo stampato dalla tipografia, esiste l immediata possibilità che venga letto da persone diverse anche prima dell effettiva distribuzione nelle edicole e di conseguenza il luogo di diffusione coincide con quello in cui avviene la stampa (Trib. Milano, , n. 7088). Con riferimento, invece alla prescrizione, tutte le volte in cui la prescrizione dell azione civile si adegua alla prescrizione penale, ai fini del termine si deve aver riguardo a quello previsto per il reato nella sua iniziale contestazione, senza tener conto delle diminuzioni di pena edittale che possono derivare dall applicazione dell art.62 bis c.p., essendo quest ultima rimessa ad accertamenti compiuti dal giudice di cui il danneggiato non può preventivamente conoscere l esito (Trib. Milano, , n. 2747). Tanto premesso, in tema di diffamazione a mezzo stampa e, più in generale, tramite mass-media, la giurisprudenza ha elaborato una serie di parametri al fine di valutare la sussistenza con portata scriminante del diritto di cronaca o critica. Questi parametri, come è noto, sono: verità della notizia (quantomeno sotto il profilo putativo), continenza espositiva, interesse pubblico. Ciò posto, riteniamo opportuno illustrare l orientamento assunto dal Tribunale penale di Milano con riferimento all interpretazione ed all applicazione dei parametri di cui sopra. a) La verità della notizia 16 Quanto al primo e fondamentale requisito, per verità deve intendersi la sostanziale corrispondenza (adaequatio) tra i fatti come sono accaduti (res gestae) e i fatti come sono narrati (historia rerum gestarum), perché solo la verità come correlazione rigorosa tra il fatto e la notizia soddisfa alle esigenze dell informazione e riporta l azione nel campo dell operatività dell art.51 c.p. rendendo non punibile - nel concorso dei requisiti della continenza e della pertinenza - l eventuale lesione della reputazione altrui) (Trib. Milano, , n. 7148). In particolare il giudice ambrosiano condivide l impostazione rigorosa assunta dalla Cassazione, in forza del quale il comporta-

17 17 mento negligente o imperito del giornalista che non svolge i dovuti controlli prima di diffondere una notizia (...), determina l accettazione del rischio di pubblicare informazioni false e pertanto il suo comportamento (...) è connotato da dolo eventuale: diversamente giudicando si consentirebbe all autore di informazioni destinate alla diffusione di non approfondire l aspetto della veridicità delle medesime e si finirebbe per rendere lecita la diffamazione. Lo stesso ragionamento si applica anche nel caso di travisamento della fonte: se si chiede al giornalista un controllo sulla propria fonte mediante ulteriori accertamenti ricavabili aliunde sulla notizia da pubblicare (...), tanto più si deve pretendere che egli svolga quel controllo ben più modesto sulla corrispondenza di quanto dice alla sua fonte di informazione (...) questa è una richiesta minima alla quale il giornalista deve senz altro adempiere (Trib. Milano, , n. 1018). Malgrado tale rigore il Tribunale di Milano ha comunque precisato che insistere sul punto della verità dei fatti narrati - intesa in senso assoluto - e sull assoluta inesistenza di fonti privilegiate, nonché sulla necessità che il giornalista compia tutti gli accertamenti più completi e penetranti per vagliare l informazione che la fonte porta a sua conoscenza, significa fare incombere al giornalista un rischio penale altissimo, e non coerente alla natura dell attività che istituzionalmente compie, o porlo nella condizione di rinunciare alla pubblicazione anche di notizie che godono comunque di un alto grado di probabilità di aderenza al fatto storico accaduto (Trib. Milano, , n. 4171, il quale ha aggiunto che quando attraverso fonti successive sia possibile ricostruire la realtà dei fatti in modo collimante con la ricostruzione giornalistica, non può e non deve essere preso in considerazione il problema dello stato psicologico del giornalista nel mentre scriveva l articolo incriminato ). La mera convinzione soggettiva del giornalista in ordine alla veridicità o verosimiglianza non può determinare ex sé la liceità della propalazione di notizie difformi dal reale accadimento dei fatti (Trib. Milano, , n. 1079, in una fattispecie dove l evidente difformità delle notizia pubblicata dalla verità storica dei fatti indiziava, con sufficiente gravità e precisione, la mancata esecuzione del controllo delle fonti). A ciò si aggiunga che - qualora il giornalista abbia coscientemente e volontariamente omesso di controllare la verità - non è una scusante la necessità di una assoluta tempestività nella pubblicazione della notizia e la difficoltà di compulsare fonti originarie, perché spetta comunque al cronista dare contezza della cura e della meticolosità con cui abbia indagato sulla genuinità delle sue informazioni - nel caso di specie il cronista non ha dato prova del meticoloso controllo delle fonti (cfr. Trib. Milano, , n , secondo cui in questi casi, anche a voler adottare un interpretazione più favorevole all imputato questi non potrebbe sfuggire alla responsabilità sotto il profilo del dolo eventuale avendo scritto un articolo di sicura lesione della sfera dell onore e del decoro della parte lesa senza essersi curato di accertarsi in modo rigoroso della verità dei fatti: in senso conforme anche Trib. Milano, , n. 5787, in una fattispecie in cui tra i fatti vi era una circostanza rilevantissima che, pur a conoscenza del giornalista, non era stata riportata nell articolo). Ovviamente, è da escludersi che sussista a carico del giornalista, in via generale, un obbligo di sentire previamente il punto di vista della persona interessata dalla pubblicazione di una determinata notizia; semmai l interpello dell interessato può assumere rilievo come uno dei possibili canali attraverso cui può esplicarsi quell attività di controllo della veridicità e della completezza della notizia, che il giornalista è tenuto ad effettuare con diligenza ed alla stregua di tutti gli strumenti utili a sua disposizione (Trib. Milano, , n. 1007, in questo caso, poiché la notizia è risultata vera e riguardava l esito di un procedimento istruito già nel contraddittorio delle parti, il fatto che il querelante non fosse stato previamente interpellato dal giornalista risultava irrilevante ai fini del giudizio). La verità della notizia può venire in rilievo sotto l aspetto della sua putatività, qualora il giornalista abbia svolto i necessari controlli e verifiche o nel caso in cui abbia fatto affidamento su una particolare attendibilità della fonte da cui proviene la notizia : difatti una volta ricondotto il diritto di cronaca all esercizio di un diritto ex art.51 cp non vi è ragione di escludere l applicazione ad esso dell art. 59 ultimo comma cp, secondo il quale, se l agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione delle pena, queste sono sempre valutate a suo favore (Trib. Milano, , n. 4153). Ad ogni modo, la scriminante della verità putativa non può trovare applicazione quando l autore dello scritto diffamante non abbia proceduto a verifica compulsando la fonte originaria (Trib. Milano, , n. 7148, il quale aggiunge che in caso di impossibilità il giornalista assume il rischio della pubblicazione comunque avvenuta : in questo senso anche Trib. Milano, , n. 2276, in una fattispecie in cui le notizie erano prive di attinenza alla verità e non era stato assolto l onere di verificare il nucleo essenziale del fatto specifico attribuito alla persona offesa, neppure in maniera da legittimarne una ricostruzione putativa, ancorché oggettivamente falsata).

18 b) La continenza espressiva Quanto al requisito della continenza nella forma espressiva, il Tribunale di Milano anzitutto osserva che questa non è un valore astratto e cristallizzato, ma deve essere valutato nel concreto ed è suscettibile di diversa estensione a seconda del tema trattato, dovendo in sostanza, risultare proporzionato e commisurato, nei toni e nella scelta delle espressioni usate, alla rilevanza dei comportamenti e dei fatti di cui si discute (Trib. Milano, , n. 8786). Difatti, in materia di diffamazione tramite mass-media il significato delle parole dipende dall uso che se ne fa e dal contesto comunicativo in cui si inseriscono: pertanto anche il riferimento ad indefinite «voci di corridoio» o l uso del modo condizionale può essere idoneo a diffondere una falsa notizia (Trib. Milano, , n. 7148: in questo senso anche Trib. Milano, , n. 4029, relativamente ad una fattispecie in cui l articolo era stato più volte «vivacizzato» con una pluralità di riferimenti poco benevoli riferendo «voci» di malelingue). Così ad esempio il Tribunale di Milano ha ritenuto che l aver addebitato ad un soggetto di professione giornalista un atteggiamento omissivo è affermazione lesiva della sua dignità professionale, poiché lo indica come un manipolatore, di notizie e come dolosamente inadempiente al dovere professionale di fornire una informazione completa (Trib. Milano, , n. 768, anche se nel caso di specie il comportamento risultava scriminato ex art. 599 c.p. costituendo l articolo in questione una risposta agli attacchi pubblicati dal diffamato che si era riferito all imputato con l espressione «stampa tecnica prezzolata»); per un accademico le pubblicazioni sono gli strumenti attraverso i quali far conoscere il proprio valore professionale alla comunità scientifica: su tale presupposto la definizione «pigro di penna» contenuta in un articolo, risulta idonea ad offuscarne l immagine (Trib. Milano, , n. 5487, in cui rilevava come tale frase inserita nel corpo dell articolo dopo un breve curriculum dell interessato la rendeva ancora più verosimile agli occhi del lettore); non è consentito riferirsi ripetutamente ad una persona con l appellativo spregiativo e denigratorio di «mariuolo» tentando di nascondere l ingiuria sotto il gioco di parole riferito al nome del querelante (Trib. Milano, , n , il quale ha rilevato come l offesa fosse stata peraltro sottolineata in modo smaccato e manifesto per essere stata riportata sotto la fotografia del querelante). In ogni caso è ammesso l uso di espressioni colorite ed allusive-caratteristiche del resto dello stile giornalistico-quando l articolo si mantiene nell ambito di un esposizione civile, senza trasmodare in un linguaggio di per sé offensivo (Trib. Milano, , n. 2472, in una fattispecie in cui l attacco del pezzo che paragonava due fratelli a Caino e Abele, con ciò insinuando che il querelante fosse un omicida, in realtà veniva subito sminuito dal tenore complessivo della frase «una sorta di storia di Caino e Abele in tono decisamente minore»). c) Interesse pubblico 18 Con riferimento all interesse pubblico, va in primo luogo evidenziato che questo non discende dalla mera notorietà dei personaggi coinvolti nelle vicende narrate, ma deve essere valutato con riguardo al contenuto della notizia, la quale deve essere di tale rilievo ed importanza per la generalità dei cittadini da prevalere sul diritto alla riservatezza ed alla onorabilità dei singoli. E così, ad esempio, il Tribunale di Milano ha escluso che un organo di stampa possa legittimamente proporsi come portavoce ed amplificatore di «esternazioni» (quali «cicisbeo» che «la induceva a bere e fare uso di stupefacenti»), estranee a i temi d indagine, relative ad una sfera strettamente privata e, peraltro, di impatto potenzialmente dirompente per quanto attiene alla rete di relazioni del soggetto investito delle dichiarazioni pubblicate, che viene così messo rumorosamente alla berlina (Trib. Milano, , n. 2256: in questo senso anche Trib. Milano, , n. 1358, secondo cui, con riferimento a informazioni che attengono alla vita privata della vittima di un omicidio il suo diritto alla riservatezza - tanto più se correlato ad attività moralmente riprovevole secondo il costume corrente - non viene meno per il solo fatto che un omicidio sia stato commesso e può legittimamente subire una compromissione solo a fronte di un effettiva utilità della diffusione della notizia ). Sempre in via esemplificativa, vediamo che il Tribunale di Milano ha ritenuto sussistere l interesse del pubblico alla conoscenza dei fatti: nel caso di una società svolgente un ruolo altamente considerevole sul piano dell economia nazionale, così da poterla qualificare come un soggetto dotato di un ampia dimensione pubblica di vita, condizione che comporta inevitabilmente un altrettanto elevato livello di esposizio-

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