Aggiornamento clinico e gestionale nella pratica dello studio odontoiatrico

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1 50 CREDITI E C M PER L ANNO 2013 Aggiornamento clinico e gestionale nella pratica dello studio odontoiatrico evento n RESPONSABILE SCIENTIFICO DEL CORSO: Prof. Enrico Gherlone Ordinario di Clinica Odontoiatrica, Università Vita-Salute San Raffaele, Milano. DURATA: inizio corso 1 marzo 2013, fine corso 31 dicembre STRUTTURA DEL CORSO: 8 Moduli didattici in formato testuale e iconografico pubblicati all interno di Doctor Os. Per la lettura e lo studio dei 8 Moduli didattici che compongono il corso è previsto un impegno di 33 ore. CORSO PER: odontoiatri PROVIDER ECM Provider accreditato ECM FAD nazionale (accreditamento n. 12 del 10/06/2010) a fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni. ISCRIZIONE AL CORSO Il corso FAD, a pagamento, è riservato agli abbonati della rivista Doctor Os L abbonamento alla rivista Doctor Os corso FAD da 50 crediti ECM è offerto a 145,00 anziché 210,00 ed è acquistabile sul sito: IMPORTANTE Per gli odontoiatri che hanno sottoscritto l abbonamento a Doctor Os nel 2012 con scadenza nel 2013 l acquisto del corso FAD da 50 crediti è offerto in promozione a 130 euro invece di 154 euro. Questi abbonati per acquistare e svolgere il corso ECM online devono collegarsi al sito e seguire la procedura indicata. ISTRUZIONI PER L ACQUISTO E LO SVOLGIMENTO DEL CORSO ECM ONLINE 1. Collegarsi al sito Internet: 2. Registrarsi, inserendo (username) e password a propria scelta più i dati anagrafici completi 3. Confermare la registrazione tramite l ricevuta al proprio indirizzo 4. Effettuare l accesso tramite username e password precedentemente scelti 5. Andare alla sezione catalogo corsi e selezionare il corso Aggiornamento clinico e gestionale nella pratica dello studio odontoiatrico cliccando sul tasto Iscriviti 6. Perfezionare il pagamento seguendo le istruzioni a video (Carta di credito, Bonifico bancario o Bollettino postale) 7. Svolgere il corso durante l anno e - al termine dell ultimo Modulo didattico stampato a ottobre stampare/salvare l attestato di partecipazione e l attestato ECM PER OTTENERE I CREDITI È NECESSARIO Rispondere online ai questionari a risposta multipla proposti (pubblicati mensilmente anche sulla rivista, alla fine di ogni Modulo didattico). Per il superamento di ogni test è necessario rispondere correttamente all 75% delle domande proposte Al termine del corso compilare il questionario di gradimento (obbligatorio) Scaricare l attestato ECM (stampare e/o salvare sul proprio PC) L erogazione dei crediti ECM avverrà dopo il completamento di tutto il percorso formativo, la compilazione del questionario di gradimento e dopo aver scaricato l attestato ECM. REQUISITI TECNICI PER LA FRUIZIONE DEL CORSO ONLINE PC con connessione attiva a Internet Software di navigazione (browser es. Internet Explorer 8.0 o successivi) Stampante per stampa attestato ECM (opzionale). Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento n. 12 del 10/06/2010) a fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni. Sanitanova si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di questa attività. 360 APRILE 2013XXIV (4)

2 50 CREDITI E C M PER L ANNO 2013 Aggiornamento clinico e gestionale nella pratica dello studio odontoiatrico evento n MODULO DIDATTICO 4 Attualità nelle riabilitazioni implantoprotesiche del mascellare atrofico Prima parte: introduzione alla moderna implantologia AUTORI Enrico Gherlone*, Enrico Agliardi Istituto Scientifi co Universitario San Raffaele - Milano *Direttore Dipartimento di Odontoiatria DISPONIBILE ONLINE 1 marzo 2013 INDICE DEL CORSO GENNAIO - MODULO 1 La tecnica bidimensionale: diagnosi biomeccanica APRILE - MODULO 4 Attualità nelle riabilitazioni implantoprotesiche del mascellare atrofi co. Prima parte SETTEMBRE - MODULO 7 Protesi fi ssa su dente naturale: dalla diagnosi alla gestione del provvisorio FEBBRAIO - MODULO 2 MARZO - MODULO 3 Protocolli clinici e terapeutici di igiene orale in pazienti affetti da malattie sistemiche MAGGIO - MODULO 5 Attualità nelle riabilitazioni implantoprotesiche del mascellare atrofi co. Seconda e terza parte OTTOBRE - MODULO 8 Viti a diametro ridotto: caratteristiche e indicazioni d uso Diagnostica per immagini in odontostomatologia: ultimi aggiornamenti GIUGNO - MODULO 6 Comunicazione odontoiatrica: un approccio completo alla comunicazione di studio OBIETTIVI DIDATTICI DEL QUARTO MODULO La rivoluzione delle procedure implantoprotesiche negli ultimi anni ha avuto come conseguenza una crescente necessità formativa professionale. Lo sviluppo di nuove tecniche chirurgiche quali all-on-4, V-II-V e chirurgia computer assistita ha portato una riduzione significativa dei tempi chirurgici e protesici, consentendo agli odontoiatri di soddisfare le richieste di risoluzione immediata da parte dei propri pazienti. Gli evidenti vantaggi di una chirurgia semplice e minimamente invasiva, unita alla possibilità di evitare il ricorso ad innesti ossei, e l utilizzo di un carico immediato sono solo alcuni dei punti di forza sui cui si basano tali metodiche. Obiettivo del corso è quello di fornire al clinico le conoscenze teoriche dalle quali partire per un utilizzo quotidiano di tali tecniche, i principi scientifici alla loro base e la letteratura scientifica che li supporta. Verranno inoltre messi in evidenza i risultati estetici e funzionali a lungo termine e spiegate le metodologie di mantenimento nel tempo che hanno permesso di raggiungere un success rate negli anni prossimo al 100%. MODULO 4 XXIV (4) APRILE

3 Attualità nelle riabilitazioni implantoprotesiche del mascellare atrofico Prima parte: introduzione alla moderna implantologia Enrico Gherlone* Enrico Agliardi Istituto Scientifico Universitario San Raffaele - Milano *Direttore Dipartimento di Odontoiatria IntroduzIone: fondamenti di AnAtomIA osso mascellare osso mascellare (1, 2, L 3) è un osso pari, presente in numero di due, che prende parte alla delimitazione di cavità orbitarie, cavità nasale, cavità buccale e fossa infratemporale. I due mascellari si saldano fra loro anteriormente, sotto l apertura delle cavità nasali e nel loro complesso si posizionano caudalmente all osso frontale, alle ossa lacrimali e al labirinto etmoidale; medialmente all osso zigomatico; lateralmente all osso palatino e al cornetto inferiore e anteriormente al processo pterigoideo dello sfenoide. L osso mascellare è costituito da un corpo centrale, nel quale possiamo identificare quattro superfici, e da quattro processi: il processo frontale, che si proietta cranialmente; il processo zigomatico, lateralmente, che si unisce all osso zigomatico; il processo palatino, medialmente, che si congiunge con l omolaterale e infine il processo alveolare, che si proietta verso il basso a formare gli alveoli per i denti dell arcata superiore. Il corpo del mascellare, scavato all interno dal seno mascellare, è assimilabile ad una piramide triangolare in cui la base è rivolta verso la cavità nasale, l apice aggetta nel processo zigomatico e, quanto alle tre facce laterali, quella superiore forma il pavimento dell orbita, quella antero-laterale, o malare, forma parte dello scheletro della faccia e quella posterolaterale, o infra-temporale, è rivolta verso la fossa infra-temporale. Osservando la superficie mediale o nasale, si nota lo hiatus del seno mascellare, un apertura grande e irregolare che dà accesso all omonimo seno. Si osservano poi, sempre posteriormente, una o due depressioni slargate, che completano alcune cellule etmoidali e, vicino al margine posteriore, si osserva un solco slargato, la doccia pterigo-palatina. Considerando la porzione anteriore nel suo insieme appare liscia e leggermente concava e termina con un margine netto che delimita l apertura piriforme. La superficie orbitaria, di forma triangolare, si presenta lievemente inclinata lateralmente e anteriormente. Il margine anteriore si ispessisce medialmente a formare parte del margine infraorbitario, mentre la sua metà laterale continua nella superficie di sutura con l osso zigomatico. Posteriormente va a formare il contorno inferiore della fessura orbitaria inferiore. A partire dal punto di mezzo di questo margine, ha origine un solco che si porta in avanti, decorrendo sul pavimento dell orbita: esso contiene il nervo infraorbitario ed i vasi omonimi e prende il nome di solco infraorbitario che più anteriormente si trasforma nel canale infraorbitario. Il canale orbitario di cui sopra, discende, all interno del mascellare, con direzione anteriore fino a sboccare nel foro infraorbitario. La superficie antero-laterale forma lo scheletro della regione anteriore della guancia e prende pertanto il nome di superficie malare. Nella sua porzione mediale, la superficie antero-laterale, si estende fino al contorno dell apertura piriforme e inferiormente si solleva in una spina aguzza che, con la corrispettiva spina del mascellare controlaterale forma la spina nasale anteriore. Nella sua porzione laterale prosegue col processo zigomatico e presentandosi concava prende il nome di fossa canina. La fossa canina, la cui profondità è variabile da soggetto a soggetto, accoglie l apertura del canale infraorbitario. La superficie postero-laterale, lateralmente continua nella superficie posteriore, concava, del processo zigomatico; medialmente invece prende il nome di superficie infratemporale e rientra nella costituzione della parete anteriore della 362 APRILE 2013 XXIV (4)

4 CORSO FAD superficie di sutura tra osso mascellare e osso zigomatico; la faccia anteriore altro non è che la prosecuzione della superficie antero-laterale del corpo del mascellare; la faccia posteriore, infine, ha forma concava e continua nella superficie convessa infratemporale del mascellare. Il processo palatino è costituito da una lamina orizzontale che, inserendosi sul limite tra corpo mascellare e processo alveolare, si porta medialmente e si salda con la controlaterale a costituire i 2/3 anteriori del palato duro. Il terzo posteriore è formato dalla lamina orizzontale dell osso palatino, dal momento che il processo palatino del mascellare, sull asse antero-posteriore si trova ad essere più corto del mascellare stesso. In corrispondenza dell angolo compreso fra il margine posteriore del processo palatino e la parete mediale del corpo del mascellare è presente un incisura che, con il margine anteriore della lamina orizzontale dell osso palatino, forma il foro palatino maggiore dal quale si prosegue poi anteriormente nel solco palatino, al confine tra osso palatino e processi alveolari, nel quale corrono il nervo palatino anteriore e i relativi vasi. Il palato duro, nella sua porzione anteriore, formata dai processi palatini, presenta una superficie inferiore, volta verso la cavità orale, rugosa e irregolare e una superficie superiore, nasale, liscia e con una concavità trasversale. Sulla linea mediana della superficie nasale, l osso si solleva nella cresta nasale che nella parte posteriore, più bassa, dà inserzione allo scheletro osseo del setto nasale, mentre nella parte anteriore, più rilevata, si articola con lo scheletro cartilagineo del setto. A livello del passaggio tra queste due porzioni, inizia un canale che decorre nel pavimento delle cavità nasali, in prossimità della linea mediana. Detto canale si porta anteriormente medialmente e inferiormentefino a confluire con il controlaterale, formando il cosiddetto canale incisivo o naso-palatino che sbocca nella superficie inferiore del palato duro attraverso il foro palatino anteriore e che dà passaggio ai nervi naso-palatini (di Scarpa) ed ai vasi omonimi. Il canale incisivo segna il limite fra due pareti costitutive dell osso mascellare che si uniscono precocemente nel corso della vita embrionale: il premascellare ed il mascellare propriamente detto. A partire dall apertura nasale del canale incisivo, si può seguire un residuo della linea di fusione fra il premascellare ed i processi palatini dei mascellari; più spesso, i residui della sutura incisiva si reperiscono in corrisponfossa infratemporale. Si tratta di una superficie convessa nella sua porzione mediale, che prende anche il nome di tuberosità del mascellare, e che presenta al centro due o tre piccole aperture, i fori alveolari posteriori superiori, attraverso i quali gli omonimi nervi entrano nell osso mascellare, per poi decorrere, attraverso sottili canali orientati verso il basso e in avanti, nella sottile parete del seno mascellare. I canali alveolari, sia anteriori che posteriori sono in parte aperti verso il seno mascellare, soprattutto in individui anziani, in cui il corpo del mascellare risulta gradualmente invaso dal seno mascellare, che presenta con l età ampiezza sempre maggiore, mentre la porzione laterale si continua nella superficie posteriore, concava, del processo zigomatico. Il processo frontale è una formazione ossea allungata che si inserisce al vertice antero-superiore della base della piramide di cui sopra fino ad unirsi attraverso il proprio margine superiore con l osso frontale. Il margine anteriore prende parte alla formazione dell apertura piriforme e si porta poi verso l alto unendosi all osso nasale omolaterale. Il margine posteriore si mette in contatto con l osso lacrimale. Lateralmente il processo frontale entra a far parte della doccia lacrimale; medialmente invece è attraversato dalla cresta etmoidale, ove si inserisce il cornetto medio dell omonimo osso. Sulla faccia inferiore del mascellare si trova il processo alveolare, formato da due lamine ossee parallele che delimitano un profondo solco, a sua volta suddiviso da sottili setti ossei che delimitano gli alveoli per i denti; gli alveoli che alloggiano denti con più radici, poi, sono a loro volta suddivisi ulteriormente da sottili setti interalveolari o intraradicolari. La lamina alveolare esterna prosegue verso l alto nella superficie antero-laterale e postero-laterale del mascellare, mentre la lamina interna continua nel processo palatino e, dietro l estremità inferiore di quest ultimo, nella superficie nasale del corpo mascellare; lamina esterna e lamina interna si uniscono, dietro all ultimo dente molare, dando forma al tubercolo alveolare, una piccola prominenza rugosa al cui interno si trova spesso una piccola cavità contenente midollo osseo. Il processo zigomatico, che, come detto sopra, può essere assimilato all apice della piramide immaginaria che costituisce il corpo del mascellare, presenta una faccia superiore, una anteriore e una posteriore. La faccia superiore, che costituisce la denza della superficie orale dei processi palatini. Questa formazione ha inizio in corrispondenza del foro incisivo e si porta in avanti, verso il margine mediale dell alveolo per il dente canino. Arcate dentarie e loro rapporti La forma delle arcate dentarie varia considerevolmente. Nell individuo normale o meglio medio, l arcata superiore può essere descritta come ellittica e l arcata inferiore come parabolica. Ciò significa che la divergenza delle regioni molari e premolari diminuisce fortemente in corrispondenza dell arcata superiore, mentre aumenta nell arcata inferiore. Le superfìci masticatorie dei denti non sono di regola situate in un piano orizzontale. Al contrario, l osservazione di profilo dimostra che il piano occlusale è convesso verso il basso. Talvolta, il piano occlusale è inclinato leggermente verso il basso a partire dal canino fino al primo molare, per risalire nuovamente nella regione dei molari; in altri individui, invece, il piano occlusale al davanti del primo molare è orientato in modo pressoché orizzontale. Questo andamento prende il nome di curva di Spee. Soltanto in un piccolo numero di soggetti la curva di Spee si presenta ben pronunciata; più spesso è appena accennata e talvolta manca del tutto. La curva di Spee è determinata dalla tendenza dei singoli denti, mobili e con le loro connessioni individuali, ad assumere nella mandibola quella posizione in cui l asse longitudinale del dente coincide con la direzione delle forze masticatorie risultanti in corrispondenza di questo punto. Tale posizione conferisce a ciascun dente una resistenza ottimale di fronte alla massima forza esercitata dagli elevatori della mandibola, i muscoli massetere, temporale e pterigoideo interno. L obliquità delle forze risultanti determina la posizione obliqua del dente. Le forze nella regione molare si applicano in maniera sempre più inclinata in avanti e la corrispondente posizione dei molari porta alla formazione della curva di Spee. Il rapporto fra denti superiori e denti inferiori, dopo chiusura dei mascellari, prende il nome di occlusione. I rapporti dei denti superiori ed inferiori fra loro durante i movimenti della mandibola prendono il nome di articolato dentale. L occlusione non dovrebbe essere considerata soltanto come un rapporto statico tra denti mascellari e denti mandibolari, dal momento che si verifica un costante spostamento adattativo XXIV (4) APRILE

5 corso fad dei denti in direzione mesio-occlusale. Questi movimenti sono certamente in relazione con l usura di contatto e quella occlusale ed incisale. Pertanto, l occlusione deve essere considerata come uno stato dinamico. I normali rapporti delle due arcate in occlusione sono caratterizzati da una sporgenza dei denti mascellari, determinata dal maggior diametro dell arcata superiore. Gli incisivi e i canini mascellari occludono labialmente rispetto ai denti inferiori; i premolari e i molari dell arcata superiore sono spostati in direzione buccale, in modo tale che le cuspidi buccali dei denti inferiori occludono nei solchi fra le cuspidi buccali e linguali dei denti superiori o, per invertire la descrizione, le cuspidi linguali dei denti superiori sono in contatto con i solchi fra le cuspidi buccali e linguali dei denti inferiori. Mediamente, gli incisivi superiori coprono, durante l occlusione, il terzo incisale del dente inferiore. Distalmente questa sporgenza diminuisce e con essa anche la sovrapposizione dei denti superiori e inferiori, cioè la distanza fra i margini incisali del dente inferiore e del dente superiore, oppure la corrispondente distanza fra le cuspidi. osso mandibolare La mandibola è un osso impari, mediano e simmetrico che si articola con l osso temporale e accoglie, nell arcata alveolare, i denti inferiori. All interno dell osso decorre il canale mandibolare che inizia in corrispondenza del foro mandibolare (faccia interna del ramo) e termina nel foro mentale laterale (faccia esterna del corpo) decorrendo dall alto in basso e da dietro in avanti e contiene il nervo alveolare inferiore. Essa è formata da un corpo che ha la forma di ferro di cavallo con la concavità posteriore e da due rami che fanno seguito all estremità posteriore del corpo. Il corpo della mandibola presenta una faccia esterna, una faccia interna, un margine inferiore o base e uno superiore; quest ultimo costituisce il processo alveolare. La faccia esterna presenta sul mezzo la sinfisi mentale che è il punto mediano di saldatura dei due primitivi abbozzi separati dell osso; la sinfisi mentale termina in basso con la protuberanza mentale. In questa stessa faccia si osserva, a livello del 2 dente premolare, il foro mentale laterale, sbocco del canale della mandibola; a livello del 2 e 3 dente molare si trova una doccia obliqua, il solco buccinatorio, su cui prende origine l omonimo muscolo. L estremità superiore del solco buccinatorio segna il limite tra corpo e ramo. Il labbro laterale del solco assume maggior rilievo e rappresenta la linea obliqua esterna della mandibola. La faccia interna del corpo mandibolare presenta, sulla linea mediana, un rilievo aguzzo che è la spina mentale, talvolta sostituita da quattro rilievi, le apofisi geniene dalle quali hanno origine i due muscoli genioglossi superiormente e i due muscoli genioioidei inferiormente. Al di sopra della spina mentale si trova il foro mentale mentre a lato di esso si osservano, in vicinanza della base, la fossetta digastrica dove ha origine il ventre anteriore del muscolo digastrico e, più in alto e lateralmente, la fossetta per la ghiandola sottolinguale; a livello dei denti molari si trova poi un altra fossetta, più ampia della precedente, per la ghiandola sottomandibolare. Al di sopra di quest ultima, la linea miloioidea decorre con un tragitto flessuoso dall avanti in dietro e dal basso in alto, raggiungendo la faccia interna del ramo; la linea miloioidea si presenta rugosa in quanto riceve l impronta di numerosi tendinetti dalla faccia inferiore del muscolo miloioideo. Il margine inferiore o base della mandibola è arrotondato. Il margine superiore è il processo alveolare in cui sono scavati gli alveoli dentali nei quali si articolano i denti. La faccia esterna del processo alveolare presenta una serie di rilievi, i gioghi alveolari, analoghi a quelli descritti nel processo alveolare dell osso mascellare. I due rami mandibolari si distaccano dalle estremità posteriori del corpo e risalgono formando con questo un angolo ottuso. Ciascun ramo ha forma quadrilatera; vi si considerano una faccia esterna ed una interna. La faccia esterna è piana e presenta alcune rugosità per l inserzione del muscolo massetere. Anche la faccia interna presenta qualche rilievo per l inserzione del muscolo pterigoideo interno. Nel suo mezzo si trova il foro mandibolare che immette nel canale mandibolare che è delimitato medialmente da una spina, la lingula mandibolare, su cui prende inserzione il legamento sfenomandibolare dell articolazione temporomandibolare. Dal contorno posteriore del foro prende inizio il solco miloioideo che passa quindi nel corpo dove decorre al di sotto della linea miloioidea. Il margine inferiore del ramo è la diretta continuazione del margine inferiore del corpo; in corrispondenza dell angolo della mandibola esso continua nel margine posteriore, tozzo e rugoso, che risale fino al condilo. Il margine anteriore del ramo è compreso tra l ultimo dente molare e la base del processo coronoideo; il suo tratto iniziale, dietro l ultimo dente molare, è denominato lembo alveolare retrodentale. Sopra il lembo retrodentale il margine anteriore della mandibola è formato da un labbro esterno e da uno interno, tra i quali vi è una doccia che prosegue inferiormente e all esterno nel solco buccinatorio compreso tra la linea obliqua esterna e la cresta temporale. Il margine superiore del ramo mandibolare presenta due distinti rilievi tra loro separati dall incisura della mandibola, a concavità superiore. Tali rilievi sono il processo coronoideo anteriormente e il processo condiloideo o condilo, posteriormente. Il processo coronoideo, sottile, ha forma triangolare con l apice rivolto in alto; da inserzione al muscolo temporale. muscoli dell apparato masticatorio Sono i muscoli che prendono attacco sulla mandibola e che ne determinano i movimenti e la posizione. I muscoli sovramandibolari sono quattro coppie e cooperano in gruppi e non come unità individuali. Muscolo massetere: è il più superficiale dei muscoli masticatori ed è di forma rettangolare. Ha origine dalla faccia profonda dell arcata zigomatica e si estende fino alla superficie esterna del ramo mandibolare. Presenta due capi che si incrociano formando una X. La sua azione è quella di elevatore della mandibola scaricando una notevole pressione sui denti principalmente nella regione molare. Il fascio profondo ha anche una componente retrusiva molto importante durante la fase di chiusura della bocca. Muscolo temporale: di aspetto triangolare e con l apice rivolto verso il basso, la sua forma ricorda un ventaglio che si apre alla sua origine in corrispondenza della fossa temporale. La funzione del muscolo temporale è quella di elevatore della mandibola; nonostante non sia potente come il massetere, svolge comunque un ruolo molto importante. È diviso in fasci anteriori, medi e posteriori: questi ultimi due permettono una certa retrazione della mandibola dovuta alla loro obliquità. Muscolo pterigoideo interno: con forma di quadrilatero appiattito, origina dalla fossa pterigoidea e si inserisce medialmente sull angolo della mandibola. Rappresenta la controparte anatomica e funzionale del muscolo 364 aprile 2013 XXIV (4)

6 CORSO FAD Figg. 1 massetere. Nella fossa pterigoidea la sua origine è sulla faccia mediale della lamina pterigoidea laterale dello sfenoide. La superficie di inserzione sulla mandibola è di forma triangolare. La sua sinergia con il massetere lo identifica come un elevatore della mandibola. Muscolo pterigoideo esterno: è un bicipite il cui capo superiore origina dalla faccia infratemporale della grande ala dello sfenoide; il capo inferiore origina dalla superficie laterale della lamina pterigoidea laterale dello sfenoide. L inserzione comune è rappresentata dal disco articolare, dalla capsula articolare e dal collo del condilo Contraendosi il muscolo protrude la mandibola e traziona il disco articolare. I muscoli sovraioidei sono quattro e permettono di sollevare l osso ioide se la mandibola è mantenuta in posizione dai muscoli sovramandibolari; altrimenti sono da considerarsi degli abbassatori della mandibola nel caso si contraggano assieme ai sottoioidei. Muscolo digastrico: è costituito da due parti carnose, un ventre anteriore e uno posteriore, connesse tra loro formando un ansa fibrosa. Le sue azioni principali sono: abbassamento (è il primo muscolo ad attivarsi nell apertura della bocca) e retrusione della mandibola, sollevamento dell osso ioide durante la deglutizione e sua stabilizzazione durante la fonazione. Muscolo genioioideo: origina dalla spina mentale della mandibola e si inserisce sulla porzione superiore della faccia anteriore dell osso ioide. Le sue azioni principali sono: abbassamento del pavimento della bocca e quindi della mandibola quando l osso ioide fa da punto fisso (masticazione), innalzamento dell osso ioide anteroposteriore quando la mandibola è fissa (deglutizione) e sua stabilizzazione durante la fonazione. Muscolo miloioideo: è un quadrilatero teso tra la mandibola e l osso ioide. Forma il pavimento della bocca sia dal punto di vista anatomico che funzionale. Le sue azioni principali sono: abbassamento del pavimento della bocca e quindi della mandibola quando l osso ioide fa da punto fisso (masticazione), innalzamento dell osso ioide quando la mandibola è fissa (deglutizione), e la sua stabilizzazione durante la fonazione. Muscolo stiloioideo: Origina dalla faccia laterale ed inferiore del processo stiloideo e si inserisce a livello delle grandi corna dell osso ioide nel punto di congiunzione con il corpo. La sua funzione è quella di elevare e retrarre l osso ioide oppure di stabilizzarlo. Infine i muscoli sottoioidei hanno sede tra l osso ioide superiormente, clavicola, scapola e sterno inferiormente. I due muscoli più superficiali sono lo sternoioideo e l omoioideo, mentre i due più profondi sono lo sternoiodeo e il tiroioideo. Tutti questi muscoli cooperano per abbassare l osso ioide e la laringe, oppure fungono da stabilizzatori dell osso ioide. ConCetto di osteointegrazione L implantologia osteointegrata nasce e si sviluppa come branca dell odontoiatria per la riabilitazione di edentulie parziali o totali delle arcate dentarie, andandosi ad affiancare a discipline utilizzate di routine come la protesi fissa e rimovibile parziale e totale. Il principio biologico sulla quale si fonda è quello dell osteointegrazione, definito da Brånemark come contatto diretto, strutturale e funzionale, tra osso vitale e la superficie di un impianto sottoposto a un carico funzionale (4). Brånemark è senza ombra di dubbio il padre fondatore della moderna implantologia e il concetto di osteointegrazione nasce da uno studio iniziato nel 1952 relativo alla microscopia in vivo sul midollo osseo condotto nella fibula del coniglio. Questi studi inizialmente prevedevano l osservazione per transilluminazione del midollo osseo dopo aver assottigliato il tessuto fino a raggiungere uno spessore di circa 10 micron. In seguito furono impiantate nella tibia e nella fibula del ratto delle camere di titanio contenenti un sistema ottico per la transilluminazione (inizio degli anni 60). Ci si rese conto che il titanio si era completamente incorporato nell osso e che il tessuto mineralizzato era perfettamente conforme alle microirregolarità della superficie del titanio, senza alcun segno di infiammazione (5). Alla luce di queste osservazioni, Brånemark iniziò una serie di sperimentazioni su animali (ratti, conigli e cani) e in particolare un lavoro effettuato sul cane permise a lui e ai suoi collaboratori di analizzare quali fattori fossero in grado di influenzare la stabilità di alcune viti di titanio inserite nell osso e supportanti la relativa componentistica protesica (4) (figg. 1). Il passo successivo era quello della sperimentazione sull uomo, come emerge da un rapporto del 1977 con il quale si hanno i primi risultati a 10 anni dal carico di riabilitazioni implantoprotesiche fisse di mandibole (soprattutto) e di mascelle completamente edentule (6). Lo scetticismo del mondo scientifico dell epoca dipendeva dall impossibilità tecnica di dimostrare questa integrazione ossea mediante dati istologici obiettivi. Il primo ricercatore che riuscì a provare chiaramente l integrazione di un impianto nell osso fu Schroeder che, negli anni 70, incominciò uno studio svincolato dal team svedese. Utilizzando tecniche innovative per sezionare simultaneamente XXIV (4) APRILE

7 corso fad l osso decalcificato e l impianto, senza perdere preventivamente l ancoraggio, la sua equipe rilevò istologicamente l avvenuta integrazione degli impianti con il tessuto osseo (7). Nel 1990 Zarb e Albrektsson definirono l osteointegrazione da un punto di vista clinico come un processo di fissazione rigida e clinicamente asintomatica di un materiale alloplastico con l osso sottoposto a carico funzionale (8). Per ottenere tale risultato è necessario ricercare e mantenere la massima stabilità della fixture che da un punto di vista morfologico è determinata dal contatto tra l osso e la struttura implantare. determinanti del successo In ImPLAntoLogIA Come si valuta il successo clinico di un impianto? Quali parametri dobbiamo prendere in considerazione? (9,10,11,12). Il primo clinico che tentò di rispondere a questa domanda fu Albrekttson (9), che nel 1986 considerava fondamentali i seguenti punti: assenza di mobilità dell impianto all esame clinico; mancanza di radiotrasparenza periimplantare sulle radiografie endorali; perdita di tessuto osseo dopo un anno dall inserimento dell impianto compresa tra 0 e 1 mm in senso corono-apicale e di massimo 0,2 mm per anno negli anni successivi; assenza di segni e sintomi di dolore, flogosi e infezione. Inoltre puntualizzava che una metodica implantare era considerata valida qualora, oltre a rispettare i sopracitati criteri, presentasse una percentuale di successo a 5 anni dell 85% e a 10 anni dell 80%. Nel 1997 Van Steenberghe (12) partendo dalle indicazioni di Albrektsson e tenendo in considerazione le osservazioni di altri studi pubblicati fino a quel momento, stabilì i seguenti punti per la valutazione del successo implantare: assenza di fenomeni allergici e tossici o di reazioni infettive locali o sistemiche; ancoraggio protesico funzionale; assenza di mobilità evidenziata con manovre manuali o grazie a strumenti elettronici; assenza di radiotrasparenza periimplantare evidenziata con radiografie endorali con la metodica del cono lungo e raggi paralleli; assenza di riassorbimento osseo progressivo tale da compromettere l ancoraggio funzionale dopo 20 anni; assenza di perdita di attacco progressiva, misurata mediante sondaggio, tale da compromettere l ancoraggio funzionale dopo 20 anni. Il protocollo per il carico immediato deve essere considerato un alternativa terapeutica riservata a casi che dimostrano di avere alcuni requisiti di base necessari a garantire il successo clinico nel lungo periodo, che elenchiamo qui di seguito. La qualità dell osso rappresenta un elemento di notevole importanza: gran parte del successo di questa tecnica risiede nella scelta della sede implantare in relazione alla buona qualità dell osso. Anche la quantità di osso disponibile nelle tre dimensioni è fondamentale; l impianto, più lungo possibile, deve poter essere posizionato in un contesto pienamente osseo, anche se procedure di rigenerazione guidata dell osso non sono del tutto escluse. L impianto da sottoporre al carico immediato deve essere autofilettato per la capacità di rendere possibile un ingaggio meccanico immediato e garantire una migliore stabilizzazione primaria (press-fit). È ipotizzabile che l inserimento di un impianto secondo un protocollo pressfit possa rappresentare uno stimolo in grado di produrre una risposta biologica che acceleri l organizzazione ossea perimplantare e migliori la qualità del rimodellamento del substrato. Il posizionamento delle fixture deve essere corretto da un punto di vista biomeccanico, andando ad inserire gli impianti in maniera protesicamente guidata. È richiesta l applicazione di tutte le tecniche utili a favorire un inserimento dell impianto di tipo self-tapping, considerato un fattore di ulteriore stabilizzazione. Gli impianti destinati al carico immediato dovrebbero essere solidarizzati tra loro attraverso l utilizzo di protesi provvisorie solide e resistenti, allo scopo di stabilizzare in modo adeguato l interfaccia osso-impianto nei confronti delle forze della masticazione. La stabilizzazione bicorticale, in particolare nella mascella, avviene attraverso l impiego delle corticali ossee del pavimento nasale, della superficie laterale del naso e della parete anteriore del seno mascellare. L applicazione di una tecnica minimamente traumatica. Una distribuzione adeguata degli impianti sulla superficie ossea disponibile può essere più importante del numero totale degli impianti che devono sostenere la protesi provvisoria. BIoLogIA dell InterfACCIA osso-impianto La guarigione del tessuto osseo periimplantare è stata oggetto di molti studi in ambito odontoiatrico ed ortopedico. L osso è una struttura rigida di natura connettivale, vascolarizzata e dinamica ed è sottoposta a rimodellamenti nell arco di tutta la vita. Da un punto di vista strutturale si può parlare di osso corticale (o compatto) e di osso midollare (o trabecolare o spongioso). Il primo è notoriamente più rigido poiché costituito da strati lamellari compressi ed è mineralizzato fino al 95%, mentre il secondo è formato da un intreccio di trabecole ossee e consiste per il 70% di tessuto molle. L inserimento di un impianto causa un traumatismo a livello osseo che innesca un processo di guarigione (caratterizzato da fenomeni di formazione e rimodellamento) che porta nel tempo a un intima adesione tra l impianto e la struttura ossea, ossia al raggiungimento dell osteointegrazione. Le fasi di riparazione dell osso in seguito a tale manovra chirurgica assomigliano a quelle dello sviluppo del tessuto osseo. L ematoma formatosi in conseguenza dell evento traumatico richiama mediatori dal tessuto stesso e dal circolo ematico, portando all accumulo di cellule infiammatorie e mesenchimali, con successiva formazione di tessuto di granulazione; segue una sostituzione di tale tessuto da parte dei macrofagi e delle cellule giganti, una differenziazione delle cellule mesenchimali in osteoblasti e formazione di nuovo osso al quale faranno seguito i processi di rimodellamento (13). Fu per primo J.E. Davies, grazie ai suoi studi in merito alle fasi di guarigione dell osso perimplantare, a dimostrare che a seguito di un evento traumatico, così come anche nel processo di formazione e modellamento osseo, non vi è subito formazione di osso lamellare, ma di una struttura irregolare chiamata woven bone, cioè osso intrecciato o primario, che si forma precocemente e che differisce dall osso lamellare per la microarchitettura irregolare (14, 15). Per quanto riguarda le modalità con cui avviene questa neoformazione ossea, Osborn e Newelsey, già nel 1980, rilevarono come l apposizione di nuovo osso, ad opera degli osteoblasti, avvenisse sia a partire dalla superficie dall osso vitale presente (osteogenesi a distanza) sia a partire dalla superficie implantare (osteogenesi da contatto) (fig. 2). Nella osteogenesi da contatto la formazione di osso avviene da parte di cellule a 366 aprile 2013 XXIV (4)

8 CORSO FAD Fig. 2 Fig. 3 Fig. 4 diretto contatto della superficie implantare, mentre nell osteogenesi a distanza è necessario che la superficie sia prima colonizzata dalle cellule osteoprogenitrici, che solo in seguito, potranno dare il via a un processo di sintesi ossea. La prevalenza di uno o dell altro processo sembra sia in stretta relazione al tipo di osso interessato, ma soprattutto al tipo di superficie implantare, liscia o trattata. Sebbene appaiano come due fenomeni distinti, essi sono presenti entrambi. Studi clinici e in vitro hanno dimostrato la correlazione esistente tra il grado di stabilità primaria e la densità ossea (16). In un osso poco compatto è riscontrabile un livello di stabilità primaria inferiore rispetto a quello registrabile in un osso più denso. Ma i processi di riparazione ossea, innescati in seguito alla manovra chirurgica, fanno sì che la stabilità dell impianto in un osso poco compatto aumenti in misura maggiore rispetto a quella degli impianti posizionati in un osso più denso, in maniera tale che alla fine del periodo di guarigione successivo al carico, i gradi di stabilità degli impianti siano simili in entrambi i casi. Questo fenomeno è legato alle modificazioni strutturali cui è sottoposto l osso nel periodo di guarigione. L osso trabecolare è progressivamente sostituito, anche se non completamente, da osso lamellare. È ovvio, quindi, che tale processo si verifica in misura maggiore in una struttura ossea caratterizzata da una densità minore. Inoltre, questo fenomeno di riparazione sembra essere positivamente influenzato dalla stimolazione dovuta al carico cui esso è sottoposto (13). L osso, infatti, possiede la capacità di adattarsi all ambiente al quale è soggetto, grazie ai processi di modellamento e rimodellamento adattativo, i quali permettono che tale tessuto si adegui alle esigenze funzionali e agli stimoli meccanici. Se il successo nel breve termine dipende dal conseguimento e dal mantenimento della stabilità, il successo nel lungo periodo è indubbiamente influenzato dall attacco del tessuto epiteliale e connettivo alla superficie implantare, che funge da barriera protettiva per l osso sottostante contro gli agenti esterni presenti nel cavo orale. design ImPLAntAre e microstruttura di superficie Le tradizionali superfici implantari possono essere classificate in due grandi categorie: lisce e trattate. È ormai dimostrato come gli impianti con superficie microrugosa stimolino una maggiore e più rapida apposizione di nuovo osso rispetto agli impianti con superficie liscia. Gli impianti microrugosi possono essere ottenuti mediante tecnica additiva, tecnica sottrattiva e tecnica combinata (17). La differenziazione degli osteoblasti e la loro risposta durante l osteointegrazione varia e dipende dalla superficie implantare nei suoi aspetti nano e microtopografici. Diversi fenomeni, come la formazione del coagulo, la ritenzione della trama di fibrina e la differenziazione della popolazione cellulare, sono influenzati dalla topografia superficiale. In questo contesto, è strategico conoscere i fenomeni all interfaccia tra osso e superficie implantare oltre che il materiale (titanio), il design dell impianto (macrostruttura), la risposta dell ospite, la tecnica chirurgica e le condizioni e i tempi del carico. L esposizione all aria della superficie implantare porta alla formazione di uno strato di ossido che costituisce il substrato coinvolto nell interazione con i fluidi dell organismo, primo e fondamentale mediatore di tutti i fenomeni biologici. L inserimento dell impianto e il conseguente trauma chirurgico causano l interruzione dei vasi sanguigni ossei, con susseguente sanguinamento: ciò determina il contatto tra i liquidi biologici dell ospite e la superficie dell impianto appena inserito. L adsorbimento sulla superficie implantare di ioni e macromolecole di origine ematica è immediato e fondamentale anche per la stessa adesione piastrinica e la conseguente osteogenesi (figg. 3, 4). Come accennato più sopra, le superfici implantari sono classificate in due categorie: lisce e trattate (18). Gli impianti con superficie liscia sono macchinati o torniti oppure elettropuliti. Nel caso della tornitura meccanica (19) la superficie presenta striature per l azione del tornio. Questi impianti sono stati i primi a es- XXIV (4) APRILE

9 corso fad sere utilizzati nella clinica. Nel caso della superficie elettropulita, la superficie grezza è sottoposta a trattamento elettrochimico per immersione in soluzione elettrolitica in cui passa corrente, fino a ottenere una superficie lucida. Gli impianti con superficie microrugosa (18) sono stati introdotti ormai più di 30 anni fa al fine di poter ottenere migliori risultati clinici in termini di una maggiore apposizione ossea a livello della superficie dell impianto. È difatti oramai dimostrato che gli impianti con superficie microrugosa stimolano una maggiore apposizione rispetto agli impianti con superficie liscia (17, 18). Questi risultati sono stati confermati da una grande quantità di lavori biomeccanici (removal torque) sugli animali e sull uomo, in cui gli impianti microrugosi hanno evidenziato maggiore resistenza a forze di rimozione (17). Un esempio di impianti microrugosi per aggiunta di materiale è rappresentato dagli impianti plasma spray rivestiti da particelle di titanio (titanium plasma spray, TPS) o per l applicazione di rivestimento in calcio-fosfato o HA. Nel primo caso, la superficie è sabbiata e poi trattata con termospruzzatura con particelle di titanio puro a elevata temperatura. Alla fine si ottiene uno strato di rivestimento rugoso di circa mm di spessore. Nel secondo caso il rivestimento è in HA, di spessore compreso tra mm. Gli impianti microrugosi per sottrazione di materiale sono ottenuti per sabbiatura, acidificazione o combinazione di queste due metodiche. In tutti i casi, la superficie implantare è trattata con getto d aria e abrasivi sotto pressione allo scopo di conseguire una discreta microrugosità. Nella procedura di acidificazione gli impianti sono immersi in soluzioni di acidi e il risultato ottenuto è l erosione della superficie. Le superfici acidificate sono ottenute per trattamento combinato con acidi forti, come l acido cloridrico (HCl) e l acido solforico (H2SO4), oppure con acido fluoridrico (HF) e acido nitrico (HNO3). Le superfici implantari possono essere trattate anche con acidi deboli (acido ossalico e acido maleico) che creano una sequenza di concavità ripetute di dimensioni omogenee e controllate. Infine, vi sono le superfici implantari microrugose ottenute per combinazione di sabbiatura e acidificazione. rivalutazione del ProtoCoLLo BrÅnemArK Dopo molti anni di lavoro, Brånemark pubblicò insieme ai suoi collaboratori il primo studio prospettico a lungo termine su riabilitazioni fisse a sostegno implantare (6). La predicibilità del risultato e il conseguimento di una stabile integrazione osso-impianto erano ottenuti seguendo uno scrupoloso protocollo chirurgico e protesico che poteva essere riassunto in nove punti. Uso di un materiale biocompatibile come il titanio. Procedura chirurgica in due fasi. Periodo di guarigione in assenza di stress di almeno 3 mesi per la mandibola e di 5-6 mesi per la mascella. Tecnica chirurgica minimamente invasiva, con particolare riguardo alla temperatura dell osso durante il fresaggio. Incisione mucobuccale o vestibolare. Condizioni operatorie di sterilità. Uso, dove richiesto, di uno strumentario in titanio. Non effettuare radiografie fino al termine del periodo di guarigione. Uso di una protesi con i contatti occlusali in acrilico. Prima dell introduzione di questo protocollo, gli impianti erano comunemente caricati al momento del loro inserimento, perché si pensava che l immediata stimolazione evitasse il riassorbimento dell osso crestale e favorisse la crescita ossea attorno alle fixture. L interposizione di un tessuto connettivo fibroso che spesse volte si veniva a creare era considerata un ottima risposta da parte dell impianto, perché mimava il naturale legamento parodontale. L idea di abbandonare il carico immediato divenne manifesta quando si scoprì che il tessuto fibroso che si andava a interporre tra la vite e l osso di supporto minacciava la stabilità a lungo termine degli impianti stessi, stabilità che poteva invece realizzarsi solo tramite un diretto contatto con l osso. Dei vari punti che costituivano il protocollo, quello riguardante l attesa necessaria prima della funzionalizzazione protesica è senza ombra di dubbio uno dei più controversi. Il periodo in assenza di carico fu stabilito in 3 mesi per la mandibola e in 5-6 mesi per la mascella. Questo stesso arco di tempo fu però considerato da Brånemark stesso e collaboratori come del tutto empirico e non fondato su evidenze scientifiche, considerate le variazioni di alcuni paramentri durante la sperimentazione e l assenza di dati riferibili ai singoli fattori in gioco. Non era un requisito fondamentale, ma una precauzione terapeutica per il clinico (6). Esigenze estetiche e funzionali, unite alla volontà di diminuire i tempi chirurgici, hanno spinto clinici e ricercatori a studi prima su animali e successivamente sull uomo volti a dimostrare l efficacia di un carico protesico su impianti applicato in un periodo immediatamente successivo al loro inserimento. I primi lavori sul carico immediato furono condotti in pazienti completamente edentuli e riabilitati con overdenture. Nel 1986 Babbush (20) riportò un 88% di sopravvivenza implantare su 1739 impianti inseriti e seguiti fino a 8 anni. Chiapasco e collaboratori (21), in uno studio multicentrico, riabilitarono 226 pazienti a livello mandibolare per un totale di 904 impianti, riportando il 96,9% di successo a un follow-up medio di 6,4 anni. I primi lavori su protesi totale fissa in mandibola prevedevano l inserimento di impianti nella regione interforaminale. Schnitman (22) nel 1997 presentò i risultati a dieci anni con impianti Braånemark. Dieci pazienti ricevettero 63 fixture standard da 3,75 mm di diametro nella mandibola: 28 di queste sono state caricate immediatamente, mentre le altre 35 sono state lasciate sommerse per il periodo usuale di guarigione e poi connesse ai restauri definitivi. Dei 28 impianti sottoposti a carico immediato 8 sono stati persi. Schnitman sosteneva che i fattori determinanti del successo in tale procedura fossero: un fit iniziale intimo, una buona percentuale dell impianto in contatto con la corticale, la densità ossea locale, l eliminazione dei micromovimenti durante il periodo di rimodellamento osseo e infine la scelta della tipologia implantare dal momento che l impianto filettato rende possibile un ingaggio meccanico immediato. Sempre nello stesso anno Tarnow (23) pubblicò i risultati con diversi tipi di impianti inseriti sia nella mandibola che nella mascella. Dieci pazienti, edentuli totali, hanno ricevuto un totale di 107 impianti di cui 69 caricati immediatamente e 38 a carico differito. Due impianti nel primo gruppo fallirono, con una percentuale di successo del 97,4% fino a 5 anni. Testori nel 2003 (24) pubblicò i risultati di 103 impianti inseriti in 15 pazienti con mandibola edentula, con una percentuale di successo del 98,9% fino a 4 anni dal carico. Un altro studio multicentrico dello stesso autore su 325 impianti posizionati in mandibola riporta un tasso cumulativo di successo del 99,4% con un follow-up medio di 28 mesi (range mesi) (25). Nel 2001 Chow e collaboratori (26) pubblicarono la loro esperienza di carico immediato in 27 pazienti con 123 impianti Brånemark System in regione intraforaminale. Il follow-up fu da 3 a 30 mesi con una 368 aprile 2013 XXIV (4)

10 CORSO FAD percentuale di sopravvivenza del 98,3%. Grazie ai lavori di Pilliar, di Brunsky e di Szmukler-Moncler (27, 28, 29), si è valutato come il fallimento implantare non fosse realmente connesso alle tempistiche del carico protesico, ma piuttosto alla presenza di micromovimenti a livello dell interfaccia osso-impianto. Lo stesso autore stabilì in micron l entità massima di questo movimento per non compromettere il raggiungimento dell osteointegrazione. LImItAzIone dei micromo- VImentI ALL InterfACCIA Analizzando i lavori sul carico precoce presentati in letteratura, è possibile notare la presenza di un fattore comune, spesso messo in evidenza dagli autori stessi; il verificarsi, cioè, di micromovimenti pari ad almeno 150 micron a livello dell interfaccia osso/impianto, che conducevano a una guarigione con formazione di tessuto fibroso attorno all impianto (30). Esisteva quindi una relazione tra micromovimenti e differenziazione dei tessuti circostanti l impianto e non era quindi la precocità del carico di per sé il fattore che impediva l osteointegrazione, bensì l incapacità di mantenere al di sotto di una determinata soglia i movimenti indotti dal carico stesso. Gli studi hanno dimostrato che se gli impianti utilizzati possedevano caratteristiche di forma e superficie tali da assicurare una buona stabilità primaria, in grado di contenere i micromovimenti in un determinato range, la guarigione d impianti caricati precocemente rispetto ai 3-6 mesi suggeriti dal protocollo classico, poteva avvenire senza interposizione di tessuto fibroso, ma mediante diretto contatto osso-impianto (29). La soglia consentita fu stabilita in 150 micron. Se si supera quel valore, sia per una insufficiente stabilità primaria che per un carico eccessivo applicato all impianto, si parla di micromovimenti deleteri, o macromovimenti, che hanno una elevata proprietà di condurre a guarigione mediante interposizione di tessuto fibroso. Pertanto il carico precoce o immediato, se visto nell ottica dell applicazione di uno stimolo meccanico di moderata entità, può addirittura costituire un fattore favorente l osteointegrazione, accelerando la risposta del tessuto osseo nella fase di guarigione. A questo proposito andrebbero rivalutati gli studi compiuti da Frost (31, 32, 33, 34) sulle proprietà meccaniche del tessuto osseo e sulla sua capacità di adattarsi ai carichi applicati. Qualora l osso sia sottoposto a forze meccaniche in grado di produrre deformazioni in un range fisiologico compreso tra microstrain per i carichi in compressione, le deformazioni del tessuto sono in equilibrio con la resistenza delle strutture portanti, e non si producono modificazioni della massa ossea. In questo caso il tessuto è soggetto al turnover fisiologico attraverso il normale processo di rimaneggiamento. All interno del carico fisiologico il tessuto è in grado di migliorare le proprie caratteristiche di resistenza e vascolarizzazione mediante modificazioni strutturali: qualora vi siano maggiori esigenze meccaniche e metaboliche, tessuto osseo lamellare può andare a sostituire tessuto osseo preesistente o primario, non sempre in grado di adattarsi a crescenti richieste funzionali. Sollecitazioni di bassissima entità o inesistenti (come nel caso di impianti sommersi), producono deformazioni molto basse, rientranti in una zona critica che conduce ad erosione progressiva del tessuto e può condurre ad atrofia. Una riduzione delle dimensioni dell osso, sebbene possa temporaneamente indebolirlo, è considerata necessaria, nel tentativo di far rientrare il rapporto tra deformazione e dimensione (strain) nella zona di carico fisiologico e quindi stimolare di nuovo il rimaneggiamento che rinforzerà la struttura. D altra parte, un carico elevato che produce una deformazione al di sopra della soglia fisiologica può inizialmente stimolare un aumento della massa ossea (ipertrofia funzionale), per apposizione di osso primario ma, se il carico è eccessivo (sovraccarico patologico), o eccessivamente prolungato, può portare a frattura della porzione ossea. Trasferendo il discorso agli impianti endossei, si potrebbe supporre che se l entità del carico funzionale rimanesse compresa all interno del range fisiologico, un carico applicato anche immediatamente ad impianti che possiedano una buona stabilità primaria (quindi in grado di limitare eccessivi micromovimenti all interfaccia), non solo non è deleterio ma può rappresentare uno stimolo meccanico positivo, in grado di favorire il processo di rimaneggiamento del tessuto osseo attorno all impianto. fondamenti di tecnica CHIrurgICA In ImPLAntoLogIA Una tecnica chirurgica minimamente traumatica è da tutti considerata un fattore ideale per ottenere una rapida guarigione dei tessuti e ridurre al minimo le complicanze postoperatorie. In campo implantare, un eccessivo traumatismo di natura meccanica e termica può portare all osteonecrosi con conseguente incappucciamento fibroso dell impianto. In una recente revisione della letteratura, Tehemar (35) analizza nel dettaglio i fattori che possono riguardare lo sviluppo di calore durante la preparazione del sito chirurgico. Il calore, infatti, è in grado di indebolire il turnover del tessuto osseo causando iperemia, necrosi, fibrosi, degenerazione degli osteociti e aumento dell attività degli osteoclasti. Precedenti studi riportavano che temperature comprese tra 56 e 70 C erano deleterie per il tessuto osseo perché portavano alla denaturazione della fosfatasi alcalina; questa soglia fu in seguito abbassata da Eriksson (36) e stabilita in 53 C. Eriksson e Albrektsson (37) dimostrarono che il tessuto osseo era in grado di sopportare temperature comprese in un range di C per 1 minuto senza compromissione dei processi di rigenerazione; 47 C era considerato il limite massimo al di sopra del quale si verificavano dislocazioni nella struttura minerale dell idrossiapatite e microscopiche deformazioni nell osso compatto. I fattori che entrano in gioco nello sviluppo del calore sono riferiti a: operatore; strumentario; sito chirurgico; paziente. fattori riferiti all operatore Pressione applicata sulla fresa. L entità della forza esercitata non può essere standardizzata perché è un parametro operatore-dipendente. Le temperature sono direttamente proporzionali alla pressione applicata. Fresaggio graduale o One-step. Il sito chirurgico può essere realizzato con un unica fresa di diametro pari a quello dell impianto oppure usando una serie di frese di diametro crescente, come suggerito dalla scuola scandinava. Fresaggio intermittente o continuo. Un fresaggio continuo provoca un aumento della temperatura poiché i liquidi di irrigazione non riescono a penetrare nel sito chirurgico per raffreddare la fresa e per allontanare i detriti del fresaggio, che in questo modo diminuiscono l efficacia di taglio, con conseguente aumento dei XXIV (4) APRILE

11 corso fad tempi operativi. Velocità di fresaggio. Eriksson e Adell (38) evidenziarono come velocità di fresaggio comprese tra e rpm rappresentassero il miglior compromesso. Tempo di fresaggio. Il tempo di fresaggio è direttamente proporzionale alla quantità di calore generato per frizione. fattori riferiti allo strumentario Forma delle frese e geometria del sito chirurgico. Considerata l ampia varietà di sistemi implantari in commercio, fare un confronto tra i diversi tipi di frese in struttura e forma è molto difficile. Sistema di irrigazione. Esiste un sistema di irrigazione interno ed uno esterno, entrambi altrettanto validi e senza differenze significative. Da alcuni anni esiste anche un sistema combinato. Efficacia degli strumenti di taglio. Temperature molto più alte sono state registrate dopo l impiego di strumenti usurati. Le condizioni delle frese dipendono da: frequenza con cui sono usate, pressione esercitata, tecniche di strerilizzazione, densità dell osso, materiale di costruzione e trattamento di superficie. Diametro delle frese. Frese di diametro maggiore generano meno calore rispetto a frese più piccole; uno studio ha dimostrato che frese di 2 mm impiegano un tempo doppio per raffreddarsi e tornare alla temperatura iniziale rispetto a frese di 3 mm. fattori riferiti al sito chirurgico Qualità dell osso. L osso trabecolare sembra condurre meglio il calore rispetto all osso corticale per la più rapida capacità angiogenetica (0,5 mm al giorno per il primo rispetto a 0,05 mm del secondo). Tipo di sito chirurgico. Alcuni autori ritengono che si generi minor calore in un sito in via di guarigione se non addirittura post-estrattivo rispetto ad un alveolo rigenerato. Inoltre, molto spesso in alveoli postestrattivi le frese lavorano solo nella porzione più apicale, riducendo la quantità di calore. Profondità di fresaggio. fattori riferiti al paziente Età anagrafica. Con gli anni la struttura del tessuto osseo tende a diventare più densa e più fragile, le cavità midollari diventano più ampie con una diminuzione dello spessore dell osso corticale e la velocità di guarigione dei tessuti diviene più lenta. Inoltre l osso adulto è caratterizzato da un aumentata cristallizzazione della matrice ossea con un alterazione dei cristalli di apatite. Non esistono, però, studi sulla formazione di calore in relazione all età. Densità e struttura dell osso. Esistono differenze tra individuo e individuo, tra ossa all interno dello stesso scheletro e tra porzioni di osso all interno dello stesso segmento. Sono necessari ulteriori studi. selezione del PAzIente L ospite rappresenta un fattore fondamentale per il successo di ogni terapia, e quella implantologica non rappresenta certo un eccezione. Lekholm (39) ha analizzato separatamente quelle che potrebbero essere limitazioni di ordine sistemico o locale a procedure di carico precoce e immediato. fattori di rischio sistemici Escludendo tutte quelle condizioni che rappresentano una controindicazione anche a protocolli di chirurgia implantare convenzionale (disordini della coagulazione, discrasie ematiche, chemioterapia in corso) soffermiamo la nostra attenzione sui seguenti aspetti: età anagrafica; diabete non compensato; rachitismo vitamina D dipendente; osteoporosi; sindrome di Sjogren; abitudine al fumo. Età anagrafica Molti lavori presenti in letteratura evidenziano come l età avanzata non sembra influenzare il tasso di fallimento implantare in procedure di carico immediato rispetto al protocollo classico. Va però sottolineato che con l avanzare degli anni aumenta il rischio delle complicanze chirurgiche, indipendentemente dalla tecnica adottata, soprattutto a causa del ritardo nella guarigione delle ferite. Rimangono affidate alla coscienza clinica dell odontoiatra le diverse alternative terapeutiche da proporre ai propri pazienti. In uno studio Glauser (40) sottolinea come il numero di fallimenti sia equamente distribuito tra maschi e femmine e senza differenza tra gruppi di età anagrafica diversa. Diabete In accordo con gli studi di Shernoff e di Balshi (41, 42) il diabete, se correttamente compensato, non è considerato un fattore di rischio per riabilitazioni implantari che seguono il protocollo classico. Non si hanno a disposizione dati sufficienti riguardo pazienti diabetici trattati con protocolli di carico precoce o immediato, ma quello che si può dedurre è che il diabete di tipo II non rappresenta un fattore di rischio assoluto per questo tipo di protocolli. Rachitismo vitamina D dipendente Il tasso di fallimento registrato in uno studio in cui sono stati riabilitati con 10 impianti un numero di 4 pazienti affetti da ipofosfatemia correlata al cromosoma X (8 impianti falliti), ci fa considerare il rachitismo come una controindicazione alla terapia implantare, indipendentemente dal protocollo di carico. Osteoporosi È spesso menzionato che pazienti con osteoporosi dovrebbero essere visti come persone a rischio per trattamenti implantari a causa delle condizioni metaboliche dell osso. Non vi è però nulla in letteratura che supporti queste credenze nel momento stesso in cui l osteoporosi è trattata secondo il protocollo di routine. In uno studio retrospettivo di Friberg (43) su pazienti osteoporotici si è raggiunto un tasso di sopravvivenza cumulativa del 97% a 3,3 anni. Durante l inserimento degli impianti sono stati messi in atto degli accorgimenti chirurgici per migliorare la stabilità primaria delle fixture, procedura solitamente adottata in siti con qualità ossea scadente. Non è tanto l osteoporosi quanto la presenza di osso di tipo 4 a rappresentare un rischio nelle procedure di carico precoce o immediato, così come lo è in tutti i casi che presentano scarsa qualità ossea. Sindrome di Sjogren Questa sindrome, caratterizzata da xerostomia, presenta l incoveniente di rendere difficile un tipo di riabilitazione con protesi rimovibili a sostegno mucoso, motivo che spinge i pazienti a richiedere, dove necessario e possibile, un tipo di riabilitazione fissa, anche a sostegno implantare. Nei pochi studi disponibili si registra un alto tasso di fallimento che ci fa considerare questa condizione come un fattore di rischio per protocolli a carico immediato. Fumo È riportato in molti studi che il fumo di sigaretta ha una influenza negativa sulla 370 aprile 2013 XXIV (4)

12 CORSO FAD guarigione degli impianti. In media si registra un numero doppio di fallimenti nei pazienti fumatori rispetto ai non fumatori. Di conseguenza il fumo dovrebbe essere visto come un potenziale fattore di rischio per protocolli di carico precoce o immediato, sebbene molti studi includano pazienti fumatori senza riportare effetti negativi nei risultati. fattori di rischio locali Esistono anche dei fattori di rischio locali, alcuni dei quali possono essere identificati nel preoperatorio, mentre altri emergono solo durante la procedura di inserimento dell impianto. Uno degli aspetti chiave del successo è la necessità di creare un ottima stabilità primaria, che dipende parzialmente dalle condizioni anatomiche presenti e in parte dal protocollo chirurgico adottato. Le due più importanti condizioni anatomiche sono l insufficiente volume osseo e la scarsa qualità del medesimo, ma anche la forma non favorevole della mandibola e la relazione intermascellare dovrebbero essere tenute in considerazione. Volume osseo disponibile Nei casi di funzionalizzazione precoce o immediata, il clinico deve condurre opportune analisi su quelli che sono i rapporti tra lunghezza e diametro degli impianti, qualora non si disponga del quantitativo di osso desiderato e non si voglia o ci si trovi nell impossibilità di attuare manovre terapeutiche correttive in questo senso. Alcuni autori considerano di adottare impianti più lunghi possibile, soprattutto quando si usano diametri standard, altri accettano una lunghezza minima di 10 mm e altri ancora di almeno 7 mm ma associati al diametro maggiore possibile. È importante quindi valutare il grado di riassorbimento osseo, che segue un andamento centrifugo nella mandibola e centripeto nel mascellare superiore. Il volume osseo non sembra essere il fattore determinante a patto che gli impianti siano posizionati in osso di buona qualità, come per esempio quello della regione interforaminale. Si possono inoltre correlare la lunghezza e il diametro degli impianti con il numero totale di fixture inserite; più impianti inseriamo, minore potrebbe essere la loro lunghezza. Un suggerimento di Chow (44) è quello di posizionare impianti più lunghi e larghi possibile nel momento in cui si decida di ridurre il loro numero e di distribuirli in maniera adeguata su tutto l arco mandibolare. Scarsa qualità ossea Come prima menzionato, la qualità ossea è da molti considerata come uno dei maggiori fattori di rischio anche per il protocollo classico. In alcuni lavori, siti con qualità ossea di tipo 4 sono stati esclusi da protocolli di carico immediato, mentre altri autori hanno sottolineato come i maggiori fallimenti si siano riscontrati in siti con densità ossea molto bassa, come le aree distali mandibolari e mascellari. Esistono tutta una serie di accorgimenti nella tecnica chirurgica che è possibile applicare in zone con osso molto poco denso per aumentare la stabilità primaria degli impianti: escludere la maschiatura, minimizzare o abolire il countersink, sottopreparare il sito usando frese di diametro ridotto rispetto alla testa dell impianto, usare fixture più lunghe e larghe possibile in relazione al tipo di riabilitazione, cercare l ancoraggio bicorticale. Inoltre la solidarizzazione degli impianti per mezzo di una struttura rigida riduce i movimenti. L osso di scarsa qualità non sembra quindi rappresentare una controindicazione assoluta al carico immediato, anche se le più alte percentuali di successo si riscontrano in riabilitazioni interforaminali. La qualità ossea è molto importante perché condiziona il livello di stabilità primaria. L osso corticale a struttura lamellare garantisce un ottima guarigione, grazie anche alla sua fine porosità (<10%), che realizza una miglior interconnessione meccanica rispetto all osso trasecolare, che presenta una porosità variabile tra 80-95%. Jaffin e Berman (45) hanno valutato il tasso di successo di 1054 impianti posizionati in differenti densità ossee. Tra tutti gli impianti posizionati in osso di tipo I-II e III, solo il 3% sono falliti, mentre nel 10% degli impianti posizionati in osso di tipo IV con una sottile corticale e una fine trabecolatura, la percentuale di fallimento è stata del 35%. Segni di parafunzioni (bruxismo) Esiste in letteratura solo una piccola evidenza clinica che il bruxismo comporti un alto tasso di fallimento implantare. In alcuni studi pazienti con segni di parafunzioni sono stati esclusi da protocolli di carico immediato, mentre in altri lavori sono stati considerati, registrando, però, le maggiori percentuali di insuccesso. I pazienti con parafunzioni dovrebbero essere quindi visti come soggetti a medio rischio. Mancanza di collaborazione da parte del paziente I pazienti devono dare la loro massima collaborazione soprattutto in caso di riabilitazioni a carico immediato. È fondamentale controllare la placca batterica nelle prime fasi di guarigione ed evitare di sovraccaricare le strutture protesiche nei primi giorni di carico. VALutAzIone diagnostica del PAzIente totalmente edentulo Diverse sono le alternative terapeutiche esistenti per il ripristino funzionale ed estetico di arcate totalmente edentule che hanno come risultato finale una riabilitazione di tipo mobile o fisso e che, secondo i casi, possono prevedere un iter terapeutico più o meno complesso, sia dal punto di vista chirurgico che protesico. Prima di compiere una scelta terapeutica vanno considerati più aspetti che tengano conto dei seguenti punti: condizioni di salute generale del paziente (anamnesi medica e stomatologica); anatomia del distretto da riabilitare; analisi intra ed extra-orale; valutazione rapporti intermascellari; esami radiografici (OPT, TC, teleradiografia L-L); aspettative del paziente; rapporto costi-benefici. Per quanto riguarda l esame dei rapporti intermascellari, vanno considerate la classe scheletrica e la dimensione verticale; particolarmente importante soprattutto in quei pazienti che permangono in una condizione di edentulia da tempo prolungato. L assenza di elementi dentali causa nel tempo un processo di riassorbimento osseo che evolve in maniera differente nel mascellare superiore e nella mandibola. Per quanto riguarda la maxilla, tale processo segue un andamento centripeto, cioè, oltre al riassorbimento verticale sia ha un arretramento della premaxilla dovuto ad un assottigliamento della cresta alveolare in senso antero-posteriore. Nella mandibola, al contrario, il riassorbimentoavviene in modo centrifugo e può essere accompagnato, in relazione alla quantità di tempo in cui il paziente rimane edentulo, da una modificazione della posizione mandibolare, che va in antero-rotazione. Tutto ciò può causare una perdita di dimensione verticale con un alterazione dei rapporti intermascellari che in alcuni casi può portare a un inversione dei rapporti sagittali tra maxilla e mandibola, simulando, ad esempio, una III Classe in un soggetto totalmente edentulo, che, considerato con dimensione verticale corretta, si XXIV (4) APRILE

13 corso fad presenta come I Classe scheletrica. In questi casi la scelta di un tipo di riabilitazione piuttosto che di un altro può essere guidata dalla necessità di compensare proprio questa alterazione dei rapporti tra maxilla e mandibola. Secondo aspetto da valutare è la distanza interarcata. Il suo aumento è legato a una condizione di riassorbimento delle creste ossee edentule. Tale processo interessa precocemente i settori posteriori, ma nel tempo, in assenza di stimoli biomeccanici, può portare a una condizione di atrofia dell intera cresta alveolare, sia in altezza che in spessore. Ciò influenza anche il grado di esposizione dentale e dei tessuti gengivali, aspetto importante per decidere di indirizzarsi su un tipo di protesi che ripristini solamente l assenza degli elementi dentali o che compensi anche il deficit osseo (46). Le modificazioni a livello delle ossa mascellari ovviamente influenzano in maniera notevole anche la fisionomia del volto. Infatti, si ha anche una modifica dei tessuti molli periorali che, in assenza di un adeguato supporto, tendono a conferire al paziente il tipico aspetto vecchieggiante dei soggetti edentuli. Solo in seguito ad una corretta analisi e valutazione dei suddetti criteri si può giungere a una scelta che permetta una riabilitazione ottimale sia dal punto funzionale che estetico. BIBLIogrAfIA 1) DuBrul LE. Anatomia orale di Sicher. Edizione italiana a cura di: Miani A, Ferrario VF. Milano: Edi.Ermes; ) Balboni-Motta AA.VV. Anatomia umana. Milano: Edi.Ermes; ) Bairati A. Trattato di anatomia umana. 2 ed. Torino: Minerva medica; ) Brånemark PI, Adell R, Breine U, Hansson BO, Lindstrom J, Ohlsson A. Intra-osseous anchorage of dental prostheses. I. Experimental studies. Scand J Plast Reconstr Surg. 1969;3(2): ) Breine U, Johansson B, Roylance Pj, Roeckert H, Yoffey JM. Regeneration of bone marrow. A clinical and experimental study following removal of bone marrow by curettage. 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14 test di apprendimento 1) Lo hiatus mascellare dà accesso a a. orbita b. fossa nasale c. seno mascellare d. fossa infratemporale 2) Il forame mentoniero è a livello di a. 2 premolare b. incisivi centrali c. 2 molare d. dente del giudizio 3) Chi è considerato il fondatore della moderna implantologia? a. Lekholm b. Krekmanov c. Brånemark d. Albrektsson 4) Nel 1981 Abrektsson definì l osteointegrazione come a. connessione diretta, funzionale e strutturale tra l osso vitale e la superficie di un impianto sottoposto ad un carico funzionale b. processo di fissazione rigida e clinicamente asintomatica di un materiale alloplastico con l osso sottoposto a carico funzionale c. assenza di mobilità dell impianto d. anchilosi funzionale 5) Chi fu il primo a provare l osteointegrazione di un impianto? a. Schroeder b. Malo c. Simion d. Albrektsson 6) In quali anni Schroeder iniziò le sue sperimentazioni? a b c d ) Quando iniziò la sperimentazione degli impianti in titanio sull uomo? a b c d ) Nelle prime fasi di guarigione dopo l inserimento di un impianto abbiamo la formazione di a. osso lamellare b. osso corticale c. osso midollare d. woven bone 9) La neoformazione ossea intorno all impianto avviene a. a partire dalla superficie dell osso vitale b. a partire dalla superficie implantare c. da entrambe le superfici d. da nessuna delle sue superfici 10) L osteogenesi a distanza a. parte dalla superficie implantare b. parte dalla superficie ossea c. parte dalla gengiva cheratinizzata d. non esiste 11) L osso a quali processi adattativi è soggetto? a. modellamento e rimodellamento adattativo b. erosione adattativa c. infiammazione adattativa d. calcificazione adattativa 12) Nelle fasi di guarigione dopo l inserimento di un impianto l osso trabecolare viene sostituito da osso lamellare? a. sì b. no c. sì, anche se non completamente d. sì ma solo se il paziente assume bifosfonati 13) Il successo implantare nel lungo periodo è influenzato dall attacco epiteliale? a. sì b. no c. sì, ma solo nei pazienti caucasici d. dipende dal tipo di impianto utilizzato 14) Quale superficie implantare supporta meglio l osteogenesi? a. liscia b. a specchio c. a bolle d. microrugosa 15) Quali di questi punti non era previsto nel protocollo Branemark originale? a. uso di materiale biocompatibile come il titanio b. condizioni operatorie di sterilità c. carico immediato d. procedura chirurgica in 2 stadi 16) Il protocollo Brånemark prevedeva un periodo di assenza di carico della durata di a. 3 mesi per la mandibola e 6 mesi per il mascellare b. 6 mesi per mascellare e mandibola c. non prevedeva assenza di carico d. 12 mesi per la mandibola e 6 mesi per il mascellare 17) La soglia di micromovimento oltre la quale si compromette l osteointegrazione è di a. 2 centimetri b. 150 micron c. 500 micron d. 10 micron CORSO FAD 18) Se durante l osteointegrazione abbiamo dei micromovimenti a. non succede nulla b. avviene una guarigione con tessuto fibroso c. viene favorita l osteogenesi d. aumenta l attività osteoblastica 19) Un macromovimento in fase di osteointegrazione può far fallire un impianto? a. sì b. no c. no, se si utilizzano impianti conici d. sì, ma solo in presenza di denti naturali adiacenti l impianto 20) Un eccessivo traumatismo termico durante il fresaggio del sito implantare a. può portare osteonecrosi ed incapsulamento fibroso b. aumenta la vascolarizzazione migliorando la guarigione c. non ha nessuna influenza d. dilata l osso aumentando la stabilità primaria 21) La velocità ideale di fresaggio in implantologia è di a rpm b rpm c rpm d. 500 rpm 22) L età anagrafica del paziente a. influenza fortemente il successo implantare b. un età avanzata aumenta il rischio di fallimento implantare c. un età avanzata riduce il rischio di fallimento implantare d. non influenza il successo implantare 23) Il fumo rappresenta un fatto di rischio per il carico immediato? a. sì b. no c. sì, relativo d. sì, se il paziente fuma più di 10 sigarette al giorno 24) Nella mandibola il riassorbimento osseo è a. centrifugo b. centripeto c. inesistente d. non quantificabile XXIV (4) APRILE

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