1 Richiami sulla meccanica ondulatoria

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1 1 Richiami sulla meccanica ondulatoria 1.1 Introduzione al concetto di onda L'onda è un formalismo matematico che descrive la propagazione di una perturbazione. Alcuni esempi di onde sono: le onde sonore; le onde elastiche (deformazione locale); le onde sulla supercie dell'acqua (onde di gravità); le onde elettromagnetiche (propagazione di campi E, B; si ritiene nel vuoto). In generale viene descritta da una funzione d'onda del tipo: ξ(x, y, z, t) Il caso particolare delle onde piane è quello in cui l'onda non dipende dalle coordinate y e z: Traslazioni Una funzione ξ y = ξ = 0 ξ = ξ(x, t) z f(x c) (1) ha la stessa forma di f(x) ma è stata spostata di una distanza c a destra (se c > 0), come nel seguente esempio: Se al valore costante c sostituiamo il prodotto della velocità per il tempo otteniamo che f(x vt) descrive la stessa forma in moto verso destra con velocità v e f(x + vt) descrive la stessa forma d'onda in moto verso sinistra con velocità v. 1

2 In generale un'onda avrà quindi la forma ξ(u), con u = (x vt); si ha quindi u ξ x = dξ du x = dξ du ξ t = dξ u dξ du t = ±v du e perciò 2 ξ x 2 = 1 2 ξ v 2 t 2. (3) Un'onda piana è una funzione che soddisfa alla (3). Le soluzioni della (3) sono del tipo ξ(x vt). La (3) è lineare, e quindi la somma (sovrapposizione) di due o più onde è ancora un'onda Onde armoniche Un caso particolare di onda piana è quella descritta dall'equazione (2) ξ(x, t) = ξ 0 sin{k[(x vt) + φ]} (4) dove φ è detto fase e k numero d'onda (l'unità di misura di k è m 1 ). L'onda avrà la seguente forma: dove la lunghezza λ è detta lunghezza d'onda e rappresenta la minima distanza tale che per i intero: ξ(t) = ξ(t + iλ) cioè ci dice a quale distanza, ssato il tempo t, l'onda si ripete uguale a se stessa. In considerazione del teorema di Fourier le onde periodiche si possono esprimere in serie di onde armoniche. Poniamo per il momento φ = 0 (fase nulla); allora ξ(x, t) = ξ 0 sin[k(x vt)] = ξ 0 sin(kx ωt) con ω = kv (5) ω viene detta pulsazione di ξ. La (5) è un modo alternativo di esprimere la (4). Fissato il parametro t, l'onda si ripete quando kx kx ± 2π x x + 2π k 2π k = λ (6) 2

3 Se invece ssiamo x, l'onda si ripete quando ωt ωt ± 2π t t ± 2π ω 2π ω = T (7) T viene detto periodo dell'onda (tempo dopo il quale l'onda si ripete). Riassumendo, alcune proprietà di un'onda periodica armonica ξ(x, t) = ξ 0 sin(kx ωt) sono: Ampiezza: la massima elongazione ξ 0 di un punto dell'onda (il massimo fra i valori che la funzione può assumere, presi in valore assoluto). Lunghezza d'onda: la minima distanza λ oltre la quale l'onda si ripete ad un tempo t ssato (λ = 2π k, con k numero d'onda). Periodo: il tempo T necessario ad un punto per compiere un'oscillazione (T = 2π ω ). Velocità: l'onda si sposta di una lunghezza λ in un periodo T, quindi la sua velocità v è λ T = λν (ν = 1 T è la frequenza, espressa in hertz (Hz), ossia s 1 ) Onde longitudinali e trasverse; polarizzazione Data un'onda piana diretta lungo x, se tutte le grandezze signicative relative alla perturbazione che si propaga hanno direzione coincidente con x, l'onda si dice longitudinale; se la direzione è perpendicolare all'asse delle x, si dice trasversale. longitudinale trasversale Ad esempio, il moto eettivo di ciascuna particella di una corda (quando viene strattonata) è perpendicolare alla direzione di propagazione dell'onda: quindi è un'onda trasversale. In un'onda sonora il moto eettivo delle particelle è parallelo alla direzione di propagazione dell'onda: quindi è un'onda longitudinale. Un'onda trasversale nella quale la variazione di direzione di ξ nel piano yz può venire espressa da una legge precisa si dice polarizzata. Se ξ ha una direzione ssa, allora si dice che ξ è polarizzata linearmente, mentre se ξ y = ξ 0y sin(kx ωt) ξ z = ξ 0z cos(kx ωt) ξ 2 y ξ 2 0y + ξ2 z ξ 2 0z = 1 3

4 si dice polarizzata ellitticamente (un caso particolare è la polarizzazione circolare) Energia di un'onda Un'onda si propaga perché ogni parte del mezzo comunica il moto alle parti adiacenti (poiché viene fatto del lavoro, viene trasferita dell'energia). Se u è la densità di energia per unità di volume, l'energia trasmessa per unità di supercie e di tempo perpendicolarmente alla direzione di propagazione è I = du dsdt = du dx = uv (8) dsdx dt dove u è la densità di energia (l'energia per unità di volume). I è chiamata intensità e si misura in W/m 2 Per un'onda meccanica ξ 0 sin(kx ωt) un punto ssato descrive un'oscillazione armonica, quindi u = 1 2 kξ ω2 ξ 2 0 I 1 2 ω2 ξ 2 0v. (9) L'energia di un'onda è quindi proporzionale al quadrato dell'ampiezza. Da notare che l'origine del usso di energia è nella sorgente delle onde e che abbiamo trascurato gli eetti dissipativi dati, ad esempio, dall'assorbimento. 1.2 Composizione di onde Battimenti Quando due onde che hanno una frequenza molto ravvicinata si sommano, si genera un particolare eetto per cui l'onda risultante ha zone di interferenza costruttive e distruttive. Prendendo due onde per cui ξ 1 = ξ 2 = ξ 0, ω 1 ω 2, v 1 = v 2 e sommandole otteniamo: ( k ξ 0 cos(k 1 x ω 1 t) + ξ 0 cos(k 2 x ω 2 t) = 2ξ 0 cos 2 x ω ) 2 t cos( k x ω t) Il risultato (visivamente) è il seguente: 4

5 Quando in un coro le varie voci non riescono a cogliere la giusta tonalità si ha questo particolare eetto, sentendo un sali-scendi di volume Onde stazionarie e condizioni al contorno Quando due onde, di uguale ampiezza e frequenza (ξ 1 = ξ 2 = ξ 0, ω 1 = ω 2 ) ma di velocità opposta (v 1 = v 2 ) si sommano il risultato è un'onda stazionaria, cioè la sua velocità è costante (v = 0): ξ 0 sin(kx + ωt) + ξ 0 sin(kx ωt) = 2ξ 0 sin(kx) cos(ωt) Quando sin(kx) = 1 (ventri) l'ampiezza di oscillazione è massima, mentre quando sin(kx) = 0 (nodi) l'ampiezza di oscillazione è nulla. Concretamente questo fenomeno si può osservare nel caso di riessione di un'onda elastica su una parete (vedi la sezione successiva per le condizioni al contorno). Nel caso di una corda (come quelle delle chitarre, violini, eccetera) i cui estremi sono ssati i moti stazionari (ossia i moti stabili successivi a un transiente) non sono più rappresentati da onde che si propagano ma da onde stazionarie. Questo ha come conseguenza che solo certe lunghezze d'onda (o frequenze) 5

6 possono esistere. Questa quantizzazione della lunghezza d'onda è un risultato diretto della delimitazione dell'onda. l = 1 2 λ f 1 = ν λ = ν 2l l = λ f 2 = ν λ = ν l = 2f 1 l = 3 2 λ f 3 = ν λ = ν 2 3 l = 3f 1 l è la lunghezza della corda. Si può vedere come il terzo e il secondo nodo normale (detti anche terza armonica e seconda armonica) hanno una frequenza, rispettivamente, 3 e 2 volte maggiore del primo nodo normale (detto anche prima armonica o fondamentale). 1.3 Onde in più dimensioni Ogni onda ξ(x, t) = ξ(x vt) che si propaga lungo l'asse delle x si può scomporre in onde armoniche ξ(x, t) = ξ 0 sin[(kx ωt) + φ]. Per descrivere un'onda che si propaga in una direzione qualunque introduciamo il vettore k def 2π = λ v. Avremo quindi che ξ = ξ 0 sin[( k r ωt) + φ] = ξ 0 sin[(k x x + k y y + k z z ωt) + φ] (10) con k = ω v. Deniamo fronte d'onda una supercie sulla quale a un certo istante la fase è costante (se pensiamo all'onda sonora un fronte d'onda è quella supercie in cui tutte le particelle d'aria hanno la medesima pressione). Deniamo raggio la linea ortogonale al fronte d'onda che rappresenta in quel punto la direzione di propagazione dell'onda e dell'energia a essa associata. Se v è la stessa in tutte le direzioni si ha un fronte d'onda sferico; se v è la stessa in tutte le direzioni rispetto a un asse si ha un fronte d'onda cilindrico Onde sferiche Un corpo sferico che pulsi periodicamente produce un'onda sonora, i cui fronti d'onda sono sfere concentriche al corpo. Tali onde sono chiamate onde sferiche. L'equazione per una componenete armonica è ξ(r, t) = A(r) sin(kr ωt) (usso di energia verso l'esterno). Ammettendo che il uido in cui viaggia l'onda (ad esempio l'aria) sia in quiete e la sua composizione sia uniforme, le onde si propagano verso l'esterno con velocità costante; la lunghezza d'onda, perciò, non dipenderà dalla distanza, mentre l'ampiezza diminuirà allontanandosi dalla sorgente. L'intensità sarà I(r) = CA 2 (r) (dove C è un'opportuna costante: 6

7 confronta con (9) a pagina 4). Se non c'è dispersione allora deve essere costante la potenza trasmessa attraverso una supercie di raggio r: P = I(r)S(r) = CA 2 (r) 4πr 2 = cost. cost. r = A(r) = def ξ 0 r dove S(r) è la supercie (fronte d'onda) di una sfera di raggio r. Quindi l'equazione di un'onda sferica è 2 Forze in natura ξ(r, t) = ξ 0 r 2.1 Forza gravitazionale sin(kr ωt) (11) Tra le forze fondamentali esistenti in natura la prima ad essere scoperta e studiata è stata l'interazione gravitazionale. Il moto dei pianeti attorno al Sole come il moto di un corpo qualsiasi rispetto alla Terra sono regolati dalla legge di Newton che descrive la forza (attrattiva) tra due punti materiali di masse m 1 e m 2 rispettivamente: F 12 = G m 1m 2 r 2 u r. (12) Quindi due corpi di massa m 1 e m 2 posti a distanza r molto maggiore delle loro dimensioni interagiscono con una forza attrattiva la cui intensità è proporzionale al prodotto delle masse e inversamente proporzionale al quadrato della distanza. La costante G Nm 2 /kg 2 (detta costante di gravitazione universale) descrive l'intensità dell'interazione e non dipende dalle caratteristiche delle masse interagenti. Si osservi che la carica nella forza gravitazionale è la massa inerziale; la legge di gravitazione associa quindi due concetti a priori slegati come la gravità e la resistenza al moto. La proporzionalità fra la carica (massa) gravitazionale e la massa inerziale è stata testata con altissime precisioni; la formulazione di una teoria che renda ragione di questa proporzionalità (che diviene un'identità con un'opportuna scelta della costante G) è forse l'argomento di punta della sica teorica dell'ultimo secolo Campo gravitazionale Il campo gravitazionale G 1 generato da una particella di massa m 1 è dato da: G 1 = G m 1 r 2 u r Leggi di Keplero Fin dai tempi più remoti i movimenti dei pianeti, coi loro vagabondaggi sullo sfondo del cielo stellato, hanno rappresentato un aascinante mistero per l'umanità. I volteggi descritti da Marte erano forse i più sorprendenti: si era osservato che il moto di Marte diveniva occasionalmente retrogrado. 7

8 Copernico ( ) aerma che i complicati moti retrogradi dei pianeti spariscono se immaginiamo il Sole fermo al centro del sistema solare e la Terra in rotazione intorno al Sole e su se stessa. Accettando tale ipotesi l'apparente moto retrogrado si riduce a una conseguenza del moto relativo della Terra e dei pianeti e del fatto che i pianeti vengono osservati dalla Terra in movimento. Una tale idea, che toglieva alla Terra la sua posizione privilegiata al centro dell'universo, avrà una straordinaria ripercussione nel modo di pensare in tutto l'occidente. Si parla infatti di rivoluzione copernicana. Keplero ( ), dopo un'intera vita dedicata a questi problemi, arrivò a formulare tre leggi quantitative che governano questi moti. Più tardi Newton ( ) dimostrò come le leggi empiriche di Keplero si possano dedurre dalla sua legge sulla gravitazione. 2.2 Forza elettrostatica La forza elettrostatica è, come la forza gravitazionale, una forza fondamentale tra particelle; a dierenza della forza gravitazionale essa può essere attrattiva o repulsiva. La forza elettrostatica si esercita tra i protoni e gli elettroni, che hanno carica uguale in modulo ma di segno opposto (convenzionalmente la carica degli elettroni è negativa) e che assieme ai neutroni sono i costituenti degli atomi. I protoni e i neutroni formano il nucleo, mentre gli elettroni sono liberi di muoversi attorno ad esso. La forza elettrostatica fra da due particelle cariche (cioè con un numero di elettroni in eccesso rispetto al numero di protoni, o viceversa) è: F 12 = k q 1q 2 r 2 u 12 (13) (legge di Coulomb), dove u 12 è il versore dell'asse che va dalla particella 1 alla particella 2. La forza è dunque attrattiva tra due particelle di segno opposto e repulsiva tra due di segno uguale (protone ed elettrone si attraggono mentre due protoni o due elettroni si respingono tra loro). Un esempio di come la forza si eserciti su sistemi macroscopici è dato dal fenomeno dell'elettrizzazione per stronio. Stronando una bacchetta di bachelite con un panno di lana, il numero degli elettroni sull'estremità della bacchetta aumenta; mettendo poi questa bacchetta a contatto con pezzetti di carta, di carica neutra, gli elettroni della carta si allontanano dalla supercie di contatto, facendo in modo che le cariche positive siano attratte da quelle negative della bacchetta. A questo punto dobbiamo denire una nuova unità di misura per la carica elettrica. Possiamo introdurre l'unità del Sistema Internazionale, il coulomb (C), ssando la costante k nel vuoto: k 1 4πε Nm 2 C 2 con ɛ 0 detta costante dielettrica del vuoto. In base a tale denizione il coulomb è la carica tale che due cariche di 1C poste alla distanza di 1m si respingono con una forza di N. La legge di Coulomb risulta così F = 1 4πɛ 0 q 1 q 2 r 2 u 12. (14) 8

9 La carica dell'elettrone è e = C, mentre quella del protone è e = C. È stato osservato inoltre che la carica elettrica è una grandezza quantizzata: tutte le cariche libere nora misurate sono multipli interi della carica dell'elettrone, detta quindi carica elementare. Un'altra proprietà fondamentale è il principio di conservazione della carica : in un sistema elettrico isolato la somma algebrica di tutte le cariche è costante nel tempo, ossia si conserva. Confrontiamo ora la forza elettrostatica, F e, e la forza gravitazionale, F g, per il sistema elettrone-protone. Il raggio del protone è r p = m, quello dell'elettrone r e < m; la distanza tra essi è dell'ordine di m (circa 53 pm al livello fondamentale dell'atomo d'idrogeno), e dunque le due particelle possono venire considerate puntiformi per il problema. Risulta F e = 1 e 2 4πɛ 0 r N mentre si ha F g = G m 1m 2 r N. Entrambe le forze sono attrattive; si noti che però F e F g, e quindi la forza gravitazionale è trascurabile rispetto a quella elettrostatica Campo elettrostatico q: La (14) consente di denire il campo elettrostatico E generato da una carica ( ) 1 q E = 4πɛ 0 r 2 u r. (15) Partendo da un punto e spostandosi per tratti innitesimi in direzione parallela al campo e verso concorde al campo stesso otteniamo quelle che vengono denite linee di campo. Appare evidente che mentre per il campo gravitazionale tutte le linee di campo entrano nella sorgente, nel caso del campo elettrostatico possono anche uscirne (se la carica è positiva) Calcolo esplicito del campo elettrostatico La (15) consente in linea di principio di calcolare il campo elettrostatico generato da un qualunque insieme di cariche {q i }, utilizzando il principio di sovrapposizione: E = E i. i 2.3 Interazione magnetica Forza di Lorentz Sperimentalmente si osserva che una forza F = q v B si esercita su cariche in moto. 9

10 Tale forza viene detta forza di Lorentz; B è il campo magnetico e la sua unità di misura nel Sistema Internazionale viene chiamata tesla e indicata dal simbolo T. Una forza che dipende da v è compatibile con il principio di relatività? Perpendicolare alla velocità = non fa lavoro = è conservativa. Tenuto conto che vdq = d l dt dq = d l dq dt = Id l si ha che la forza si esercita anche su conduttori percorsi da corrente: df = Id l B. 10

11 11

12 2.3.2 Tipici valori di campi magnetici (T) Supercie di un nucleo Supercie di una pulsar 10 8 Max prodotto in laboratorio (tempi brevi) 10 3 (costante) 30 Magnete di camera a bolle 2 Macchia solare 0.3 Supercie del Sole 10 2 Supercie della Terra In una nebulosa 10 8 Nello spazio interstellare Prodotto dal corpo umano In uma camera antimagnetica Cariche in campo magnetico La forza di forza F = q v B è centripeta. La componente della velocità parallela al campo non viene aetta. La componente normale al campo resta costante in modulo, ma varia in direzione e verso. Le particelle descrivono spirali che seguono le linee di campo. La velocità angolare (di Larmor, o di precessione) è indipendente dalla velocità. Raggio dell'orbita: mω 2 Lr = qvb = qω L rb = ω L = qb m. mv 2 r = qvb = r = p qb. All'aumentare della velocità (e del momento) aumenta il raggio. L'espressione del raggio in funzione del momento è anche relativistica. r = p qb 12

13 2.4 Generazione del campo magnetico: legge di Biot e Savart Si osserva che una carica elettrica in movimento genera campo magnetico (Oersted 1812). Legge di Biot e Savart: d B = k m ( vdq) u r r 2. (16) Il campo è diretto lungo linee circolari coassiali, e ha intensità 1/r 2. Tenuto conto del fatto che vdq = d l dt dq = d l dq dt = Id l l'equazione precedente si può anche scrivere d B = k m I d l u r r 2. (17) 13

14 Nel Sistema Internazionale si pone k m ( µ 0 ) 4π, con ( µ0 ) 10 7 Tm/A = 10 7 N/A 2. 4π 2.5 Ordine di grandezza della forza magnetica Per una carica q la legge di Biot e Savart diviene ( µ0 ) B = q v u r 4π r 2. Se due cariche q e q sono in moto con velocità parallele e concordi di modulo v e v rispettivamente, la forza magnetica su q da parte di q è F mag = q v B ( µ0 ) qq = 4π r 2 vv è Il rapporto tra la forza magnetica e la forza elettrostatica fra le due cariche F ( mag µ0 ) ( ) 1 = vv / = µ 0 ɛ 0 vv vv F el 4π 4πɛ 0 (molto piccolo per velocità ordinarie, ossia molto minori dalla velocità della luce). 3 Le onde elettromagnetiche Le equazioni dell'elettromagnetismo (equazioni di Maxwell) nel vuoto ammettono come soluzione le onde elettromagnetiche, che si propagano a velocità 14

15 c m/s. Nel caso di onda piana esse si traducono nelle 2 E x 2 = 1 2 E c 2 t (18) 2 2 E x 2 = 1 2 B c 2 t. 2 Soluzioni possibili (in una dimensione) sono le E(x, t) = E 0 sin(kx ωt) e B(x, t) = B 0 sin(kx ωt). 3.1 Lo spettro elettromagnetico Le onde elettromagnetiche possono avere qualsiasi lunghezza d'onda tra zero e innito. A basse frequenze ad esempio ci sono le onde prodotte dalle linee elettriche a 50Hz: queste hanno lunghezze d'onda di circa m. All'altra estremità dello spettro delle radiazioni elettromagnetiche osservate vi sono i raggi γ provenienti dallo spazio, che possono avere lunghezze d'onda inferiori a m. La luce visibile è costituita da onde elettromagnetiche nell'intervallo di lunghezze d'onda compreso tra circa 0, m (violetto) e circa 0, m (rosso). 3.2 Principio di Huygens Il principio di Huygens aerma che si può trattare un'apertura grande come un insieme di piccolissime aperture, ciascuna delle quali è una sorgente di onde sferiche (wavelets=ondine) secondarie. Possiamo così calcolare l'ampiezza dell'onda a grande distanza dall'apertura, usando il principio di somma sui contributi delle onde sferiche provenienti da tutte le piccole superci in cui abbiamo suddiviso la grande apertura. La posizione del fronte d'onda è l'inviluppo di tali onde secondarie. 15

16 3.3 Interferenza Consideriamo due sorgenti monocromatiche e coerenti (la luce non può essere in generale resa coerente, risultando da processi casuali).esse interferiscono in un punto generico; la loro interferenza può essere costruttiva o distruttiva. Se vogliamo creare due sorgenti coerenti, possiamo farlo (ad esempio) tramite due fenditure (fori di Young). Per il principio di Huygens le due fenditure possono considerarsi come sorgenti. Nel 1801 l'esperienza di Young dimostrò la natura ondulatoria della luce. L'interferenza è un fenomeno caratteristico della propagazione delle onde, e non ha un analogo per la propagazione dei punti materiali. 16

17 3.3.1 Interferenza di due sorgenti coerenti Se lo schermo su cui si proiettano due raggi è molto lontano dalle sorgenti (cioè L d e L y), allora possiamo considerare i due raggi r 1 e r 2 paralleli rispetto alla bisettrice QP. La distanza δ r 1 r 2 sarà circa uguale a d sin θ e lo sfasamento φ sarà tale che φ 2π = δ λ. Ci sarà un'interferenza costruttiva quando le due onde arrivano su P in fase, ossia quando la dierenza di percorso δ è un numero intero di lunghezze d'onda: δ = d sin θ = mλ con m intero. Sull'asse OQ, dove δ = 0, c'è interferenza costruttiva (infatti m = 0 e θ = 0). Se le sorgenti S 1 e S 2 sono molto lontane dallo schermo si vedranno frange chiare ad angoli per i quali sin θ = ± δ d, ±2 δ d, ±3 δ d,.... Dal fatto che tan θ = y L sin θ abbiamo y L mλ d. Ricavando y otteniamo che le frange chiare si trovano nei punti y = mλ L d per ogni m intero. Queste frange sono quindi equispaziate di λ L d lungo y. Ci sarà interferenza distruttiva, viceversa, quando le due onde che arrivano su P sono in opposizione di fase, ossia quando la dierenza di percorso δ è un numero semintero di lunghezza d'onda δ = d sin θ = (m )λ con m intero. 3.4 Dirazione Consideriamo un fronte d'onda piano di luce di lunghezza d'onda λ, che incide su uno schermo ove sia presente una fenditura di larghezza a. 17

18 Se λ a, le onde passano attraverso la fenditura e lo schermo proietta un'ombra netta. Man mano che restringiamo la fenditura, scopriamo che la luce si espande nella regione che in precedenza si trovava all'ombra dello schermo. Questo fenomeno, noto col nome di dirazione, si manifesta quando la dimensione della fenditura posta sul cammino dell'onda è confrontabile con la lunghezza d'onda. Quindi il tentativo di isolare un raggio di luce riducendo l'ampiezza è destinato a fallire a causa della dirazione, che diventa, ssata la lunghezza d'onda, via via più pronunciata man mano che si riduce la larghezza della fessura a. Se a è la misura della minor dimensione trasversale della fenditura o dell'ostacolo, gli eetti della dirazione possono essere trascurati se il rapporto a λ è abbastanza elevato. In questo caso la luce viaggia per percorsi rettilinei che possiamo rappresentare come raggi. Questa è la condizione che denisce l'ambito dell'ottica geometrica. Il limite intrinseco della risoluzione nel caso di una fenditura singola è sin θ λ a (19) (diventa rilevante quando θ λ). 18

19 Per l'occhio umano la risoluzione è di circa 0, mm 1mm 10 3 rad. 19

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