I modelli di disoccupazione in Europa. (capp. 3 e 4 - week 3)

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1 1 I modelli di disoccupazione in Europa (capp. 3 e 4 - week 3)

2 Le caratteristiche della disoccupazione in Italia forte penalizzazione di: donne; giovani; persone senza esperienza di lavoro; per contro bassa penalizzazione di: maschi; adulti; con esperienza di lavoro (disoccupati in senso stretto). 2

3 3 Italia a confronto con l'europa, forti differenze per: penalizzazione verso donne; penalizzazione verso giovani; forti divari territoriali.

4 35 fig Tassi di disoccupazione per età (modelli stilizzati) tedesco italiano europeo 4

5 In Italia: cercare lavoro restando a lungo in famiglia La situazione dell'italia (e di Spagna e Grecia) per quanto riguarda la posizione nella famiglia delle persone in cerca di lavoro è ancor più differente da quella degli altri paesi europei di quanto è risultato guardando alla discriminazione per età: poiché i giovani dei paesi dell'europa meridionale escono dalla famiglia di origine in età molto più elevata dopo aver trovato un lavoro; invece, nei paesi dell'europa centrosettentrionale i giovani escono in età molto più giovane, spesso prima di aver trovato un lavoro. 5

6 La protezione della famiglia In Italia e nell'europa meridionale: prevalgono capifamiglia occupati o pensionati che mantengono a lungo figli disoccupati o inattivi; nell Europa centrosettentrionale: i pochi figli che vivono a ancora in famiglia sono più spesso occupati come il proprio capofamiglia. 6

7 Giovani in cerca di lavoro: in Europa meridionale, molti, ma pochi rischiano di vivere in famiglia senza reddito; in Europa centrosettentrionale, pochi, ma 4 su 10 vivono in famiglie senza reddito da lavoro (molti single). Adulte femmine in cerca di lavoro: in Europa meridionale poche, meno probabile che vivano in famiglie senza reddito da lavoro, perché meno probabile che vivano da sole. Adulti maschi e anziani: quasi nessuna differenza tra i paesi europei; vivono per lo più in famiglie ove non entra alcun reddito da lavoro; possono contare soltanto sul sostegno del welfare state: grado di generosità molto diverso tra paesi europei. 7

8 Il modello familistico effetti positivi: pace sociale in contesto di alta disoccupazione; risparmiare sui costi della disoccupazione; effetti negativi: ritardo dell'uscita dei giovani dalla famiglia; famiglia gravata di troppi compiti; natalità ridotta ben oltre quanto dovuto alla maggior partecipazione al lavoro delle donne. 8

9 Il modello familistico entra in crisi capifamiglia disoccupati cominciano a non esser più pochi, come dai primi anni Novanta nel Mezzogiorno; le occupazioni instabili cominciano a interessare anche i maschi quarantenni, impedendo loro di svolgere il ruolo tradizionale di capifamiglia; l'unità della famiglia si frantuma per ragioni culturali. 9

10 Perché le imprese italiane preferiscono assumere adulti con esperienza? no perché non sono in grado di valutare la qualità dei giovani; no perché i differenziali salariali per età non compensano la minore produttività dei giovani; sì perché l'economia è poco innovativa: stereotipo dell'adulto più produttivo si fonda sul fatto di avere esperienza lavorativa, che può essere: professionale: competenze acquisite sul lavoro; socializzazione al lavoro organizzato e subordinato; ma sono le imprese con minore innovazione tecnologica e con uno stile di gestione più tradizionale quelle in cui: l'esperienza del passato fa premio sulla più alta istruzione; la disponibilità a obbedire fa premio sull'entusiasmo poco disciplinato. 10

11 Perché gli adulti sono più «attivi» nella ricerca di lavoro? quando la protezione della disoccupazione è scarsa e i giovani convivono a lungo con i genitori gli adulti, che vivono soli o hanno carichi familiari, sono molto più «pressati» a ritrovare un lavoro in fretta rispetto ai giovani, che possono resistere in una lunga attesa della loro prima occupazione. Le scelte implicite della società: il privilegio dei capifamiglia nelle assunzioni e nei licenziamenti è sostenuto da sindacati e opinione pubblica; quando l'occupazione è scarsa e scarsi sono i sostegni pubblici per i disoccupati, vi è consenso per favorire chi si ritiene abbia più bisogno di lavorare. 11

12 La disoccupazione giovanile è anche intellettuale? Per parlare in modo specifico di disoccupazione intellettuale per i giovani occorre che la più elevata scolarità costituisca una difficoltà aggiuntiva nella ricerca di un lavoro; ciò contrasta con le comuni ipotesi sul ruolo dell'istruzione nel mercato del lavoro. 12

13 La concorrenza tra i diversi livelli di istruzione Secondo la teoria del capitale umano lo sviluppo economico richiede maggiore istruzione, quindi i più istruiti corrono meno rischi di restare in cerca di lavoro; secondo l'ipotesi dell istruzione dovuta alla pressione delle classi subalterne, si ha un eccesso di giovani istruiti che provoca un effetto di spiazzamento, per cui i più istruiti vanno ad occupare posti di lavoro per cui sono richieste competenze inferiori. Per entrambe i più istruiti dovrebbero avere un tasso di disoccupazione inferiore a quelli dei meno istruiti. 13

14 Un confronto europeo 3 livelli di istruzione in Europa: 1. livello basso = sino alla scuola media obbligatoria; 2. livello medio = diploma di scuola media superiore; 3. livello alto = titolo universitario; I tassi di disoccupazione all'entrata nel mercato del lavoro: si considerano i tassi di disoccupazione nei cinque anni successivi all'uscita dal sistema formativo; livello basso da 15 a 19 anni = 100 numero indice; livello medio da 20 a 24 anni; livello alto da 25 a 29 anni. 14

15 100 fig Tassi di disoccupazione all'entrata nel mercato del lavoro per livello di istruzione (media , maschi). Numeri indici: 100 = livello basso Italia Francia Gran Bretagna Spagna Alto (25-29 anni) Medio (20-24 anni) Basso (15-19 anni) 15

16 100 fig Tassi di disoccupazione all'entrata nel mercato del lavoro per livello di istruzione (2007, maschi). Numeri indici: 100 = livello basso Italia Francia Gran Bretagna Spagna Alto (25-29 anni) Medio (20-24 anni) Basso (15-19 anni) 16

17 Una disoccupazione non economicamente seria, ma socialmente grave? Dal punto di vista sociale, la situazione è grave, perché milioni di persone non riescono a ottenere una condizione lavorativa cui aspirano, non importa se per necessità o per desiderio di realizzazione personale; ma finora il disagio sociale poggiava su un sistema economico ricco e soprattutto gli effetti economici della disoccupazione erano attutiti dai processi di aggiustamento interni alle famiglie; quindi, finora,la situazione economica della grande maggioranza dei disoccupati non è stata economicamente seria, nonostante lo scarso rilievo del sostegno pubblico. 17

18 Le conseguenze psicologiche della disoccupazione grave è invece l emergenza sociale di alcune generazioni di giovani che rischiano di incontrare troppo tardi un lavoro in cui realizzare una propria identità personale e professionale: conseguenze sul ciclo di vita: sposarsi e fare figli; conseguenze psicologiche: prolungamento adolescenza; da entrambi questi punti di vista, svolgere «lavoretti» o avere anche più strutturate occupazioni instabili non modifica molto la situazione dei giovani. 18

19 Il divario territoriale in Italia l Italia è il paese in cui le differenze territoriali sono più forti; due mondi: in uno ogni lavoratore deve mantenere un'altra persona oltre a se stesso, nell'altro deve mantenerne altre tre; dal 2000, netta riduzione, ma la caduta del tasso di disoccupazione nel Sud si deve solo in parte alla modesta crescita dell occupazione: ripresa dello scoraggiamento delle donne; ripresa delle migrazioni interne. 19

20 La mobilità interna (Sud Nord) massiccia anni 50-60; da metà degli anni '70 molto bassa, tenuto conto del divario; ripresa da fine anni novanta, ma diversa composizione per livello istruzione; cresce anche la mobilità interna temporanea (pendolarismo); balcanizzazione del mercato del lavoro; il recente ruolo dell immigrazione straniera. 20

21 25.0 fig Tassi di disoccupazione nel Centro-Nord e nel Mezzogiorno Centro-Nord Mezzogiorno 21

22 ISTAT (2018)

23 ISTAT (2018)

24 ISTAT (2018)

25

26 ISTAT (2018)

27 ISTAT (2018)

28 28 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ISTAT (2018) Noi Italia. 100 Statistiche per capire il Paese in cui viviamo ( ) REYNERI E. (2011) Sociologia del mercato del lavoro, Il Mulino, Bologna (vol. I, capp. 3-4)

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