micro imprese non superiore a 10

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1 Cari Colleghi, a nome dell e mio personale saluto i relatori e i partecipanti al convegno Prospettive di armonizzazione del bilancio delle piccole e medie imprese. Desidero ringraziare, in primo luogo, Confindustria per aver eletto questa sala quale sede della conferenza; un ringraziamento speciale a tutte le associazioni che hanno patrocinato questo prestigioso convegno, in particolare, l Accademia di Economia Aziendale, l Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Roma, il Dipartimento di Studi Aziendali dell Università degli Studi di Napoli Parthenope. Desidero, inoltre, ringraziare tutte le Unità coinvolte nel Progetto di Ricerca coordinato a livello nazionale dalla prof.ssa Lina Ferdinanda Mariniello: la Seconda Università degli Studi di Napoli (responsabile scientifico: prof. Michele Pizzo), l Università degli Studi di Napoli Federico II (responsabile scientifico: prof. Riccardo Viganò), l Università degli Studi di Bologna (responsabile scientifico: prof. Giuseppe Savioli), e, infine, l (responsabile scientifico: prof.ssa Lina Ferdinanda Mariniello). In questi ultimi anni, il processo di internazionalizzazione e di integrazione dei sistemi economici appare sempre più evidente e pervasivo al punto da coinvolgere non solo aziende di grandi dimensioni ma anche realtà economiche riconducibili alla categoria delle PMI, ovvero delle Piccole e Medie Imprese. In un tale contesto, caratterizzato da un crescente ricorso agli scambi internazionali, l esigenza di definire un linguaggio contabile condiviso è avvertita alla stregua di un bene comune di rilevanza internazionale. È noto che parte significativa di tale processo di armonizzazione contabile è stato svolto dall International Accounting Standards Board (IASB) con l emanazione dei principi contabili internazionali, nella veste, prima, di International Accounting Standards (IAS) (fino al 2001) e, poi, di International Financial Reporting Standards (IFRS). 1

2 L Unione Europea, pur lasciando a ciascuno Stato membro margini di discrezionalità, ha omologato all interno dell ordinamento giuridico di sua competenza tali principi contabili. In quest ottica, se da lato, appare doveroso apprezzare gli sforzi degli studiosi tesi a sostenere e valorizzare la convergenza dei principi contabili internazionali da cui derivare un informativa di bilancio comprensibile al più vasto ambito degli utilizzatori, dall altro, appare opportuno valorizzare e potenziare occasioni di dibattito come queste in cui verificare, approfondire e investigare sui termini di applicazione di tali principi nel nostro Paese, sempre più caratterizzato da un tessuto produttivo in cui predominano imprese di media e, soprattutto, di piccola dimensione che più raramente fanno ricorso ai mercati finanziari. In realtà, la varietà del panorama di applicazione dei principi contabili in ambito internazionale costituisce, a mio avviso, una tematica di notevole interesse non solo per aziendalisti in senso stretto ma anche per economisti, statistici economici e finanziari, studiosi di Contabilità Nazionale, e così via. Non a caso, infatti, a livello internazionale, una sostanziale convergenza, in termini di applicabilità, dei principi contabili richiede anche una fattiva armonizzazione definitoria, presupposto fondamentale per la definizione, costruzione e implementazione di indicatori statistici. Con riferimento, ad esempio, alla definizione di piccola e media impresa, in una nota dell OECD (Organization for the Economic and Cooperation Development), una delle principali agenzie statistiche internazionali, si legge: The characteristics of a Small and Medium-sized Entities reflect not only the economic, but also the cultural and social dimensions of a country and, not surprisingly, very different patterns are used across countries and over time. Ne deriva, pertanto, una molteplicità di definizioni della stessa entità (la piccola e media impresa) al variare delle dimensioni socio-culturali e/o economiche del Paese in esame. In realtà, nella varietà dei criteri di classificazione delle imprese, è 2

3 possibile identificare, essenzialmente, nel numero degli addetti, nell entità del capitale investito e nel fatturato, i principali fattori discriminanti, anche in termini dimensionali, delle unità produttive; purtuttavia, vi sono Paesi, tra cui la Gran Bretagna, che ricorrono, invece, a definizioni di ordine giuridico. In generale, sebbene sussista, a livello internazionale, un implicita identità di vedute rispetto ai tratti distintivi della piccola impresa, una minore convergenza traspare, invece, con riferimento alla definizione di impresa di medie dimensioni con non poche ripercussioni in termini di comparabilità internazionale. Il principale criterio adottato a fini statistici dalla maggior parte dei Paesi OECD, tra cui l Italia, nella classificazione delle imprese è costituito proprio dal numero di addetti. In tale ottica, alcune recenti pubblicazioni dell Istat (cfr. Struttura e dimensione delle imprese, Istat, 2006) rilevano, senza ombra di dubbio, come le imprese di piccole e media dimensione dominano la struttura produttiva del nostro Paese. Con riferimento all anno 2004, ad esempio, in Italia, il rapporto tra il numero totale di imprese attive nell industria e nei servizi (cioè le imprese che hanno svolto un attività produttiva per almeno sei mesi nell anno di riferimento in uno dei seguenti settori di attività economica: Industria in senso stretto, Costruzioni, Commercio e alberghi e Altri servizi), stimato in , e il numero totale di addetti, stimato in , rileva che, in media, ogni impresa impiega solo 3,8 addetti. Questo dato conferma, tra l altro, l elevata incidenza, in Italia, di micro imprese ovvero di unità produttive con un numero di lavoratori non superiore a 10 ( su un totale di imprese pari a ). Queste ultime rappresentano, infatti, secondo i dati Istat, circa il 95% delle imprese totali del Paese ed occupano quasi il 47% degli addetti ( su un totale di ). Ovviamente, secondo la definizione Eurostat, le micro imprese (numero di addetti inferiore a 10) rappresentano solo una parte della più ampia categoria di Piccole e Medie Imprese che include tutte le unità produttive che impiegano fino a 249 3

4 addetti, classificate, a loro volta, in piccole, qualora il numero di addetti è compreso tra le 10 e le 49 unità, e in medie, se tale numero è compreso tra le 50 e le 249 unità. In quest ottica, le piccole e medie imprese predominano la struttura produttiva del nostro Paese in quanto rappresentano ben il 99,92% delle imprese totali, occupano praticamente l 80% degli addetti ( su un totale di ) e generano più del 70% del valore aggiunto complessivo (il dato più elevato tra tutti i Paesi UE- 27). Quanto si evince per il panorama economico italiano è sicuramente in linea con quanto si rileva a livello europeo. I dati Eurostat, relativi allo stesso anno (2004), mostrano, infatti, come le piccole e medie imprese, secondo la medesima classificazione Eurostat, costituiscano, in media, circa il 99,8% delle imprese totali nell Europa a 27 Paesi, impiegano i due terzi del totale addetti (66,7%) e generano il 56,9% del valore aggiunto complessivo. In termini generali, l elevata incidenza delle imprese di modesta dimensione nel sistema economico italiano è, altresì, confermata da un analisi basata sul fatturato: quasi il 94% delle aziende fattura meno di un milione di euro ( su un totale di ) ed occupano quasi il 50% degli addetti ( su un totale di ) mentre appena lo 0,11% delle imprese ha un fatturato superiore a 50 milioni di euro (solo su ) ed occupano circa il 18% degli addetti ( su un totale di ). Infine, anche un analisi basata sulla forma giuridica delle imprese, da cui si evince una limitata incidenza di società di capitali, pari a solo il 14,46% del totale ( su ), costituisce un ulteriore prova delle evidenze appena commentate. In un tale scenario, appare, pertanto, evidente come nel nostro Paese sia rilevante il problema della comunicazione di bilancio delle aziende di piccola e media dimensione e come sia importante comprendere e valutare gli impatti esercitati da una diretta applicazione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS sui rispettivi sistemi contabili, in un contesto nel quale si richiede una crescente armonizzazione 4

5 internazionale delle informazioni, così come intravisto dallo IASB. Si rileva, pertanto, cruciale agire non solo sulle diverse dimensioni di qualità delle statistiche aziendali e finanziarie, con particolare attenzione alla chiarezza, rilevanza e accuratezza delle informazioni, ma tentare anche l identificazione delle difformità di ordine definitorio che, in qualche modo, possono inficiare la comparabilità internazionale dell informazione stessa. Sebbene singolari avanzamenti siano stati compiuti in questa direzione, grazie anche ai contributi derivanti dal Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale di cui oggi si discutono i principali risultati, al termine del mio saluto, sarei lieto di sottolineare, ancora una volta, la necessità di creare collaborazioni sinergiche tra studiosi di discipline affini a tale problematica. Solo in tal modo, sarà, infatti, possibile identificare non solo gli ambiti in cui il processo di armonizzazione, sebbene necessario, appare più arduo, ma anche quelle aree in cui la disparità dimensionale delle imprese, in termini di contabilità, potrebbe richiedere profili eterogenei di comunicazione economico-finanziaria e rendere, per l appunto, il processo di armonizzazione meno opportuno. Ovviamente, anche in un tale contesto, non andrebbe trascurata un attenta valutazione delle potenziali implicazioni che ne potrebbero derivare in un ottica di comparabilità internazionale. Solo un ampio dibattito nella definizione delle priorità e un costante scambio di informazioni tra le diverse comunità di studiosi potranno agevolare la definizione di uno schema teorico di riferimento per la valutazione statistica delle principali determinanti della comunicazione economico-finanziaria e dei sistemi di controllo delle piccole e medie imprese. prof. Claudio Quintano Preside della Facoltà di Economia 5

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