Terapia antitrombotica nelle sindromi coronariche acute

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1 Terapia antitrombotica nelle sindromi coronariche acute Il trattamento antitrombotico nella fase pre-ospedaliera (o upstream ) dello STEMI UOC di Cardiologia, Ospedale Maggiore, Bologna Progetto scientifico a cura di

2 Introduzione L infarto miocardico acuto ST elevato (STEMI) è la manifestazione clinica più drammatica dell aterosclerosi per il rischio elevato di eventi cardiaci precoci (1). Lo STEMI è causato nella quasi totalità dei casi dalla rottura di una placca aterosclerotica e dalla conseguente trombosi endoluminale (persistente o transitoria), la quale causa l occlusione completa o parziale dell arteria coronarica e l ischemia del tessuto miocardico a valle (2) (Slide 1). Questo evolve rapidamente verso la morte cellulare, se non è riperfuso tempestivamente. Nello STEMI il concetto che il tempo (ritardo) è muscolo (perso) è un dogma inconfutabile e la necessità di una rapida ed efficace riperfusione urge fin dal primo momento di osservazione (3). Slide 1 La diagnosi ECG pre-ospedaliera e il rapido accesso alla riperfusione sono i pilastri sui quali sono state costruite le reti per l infarto (1). Se gli obiettivi, fin dalla prima diagnosi di STEMI, sono anticipare la riperfusione, controbattere la forte attivazione trombotica spontanea e facilitare la rivascolarizzazione è naturale che negli anni diversi farmaci antitrombotici e antipiastrinici siano stati valutati nella fase pre-ospedaliera (1). Purtroppo nonostante le favorevoli premesse fisiopatologiche, i risultati sono stati contrastanti. A tutt oggi l uso della maggior parte degli antitrombotici, fatta eccezione della trombolisi pre-ospedaliera, non è sostenuto da un livello di evidenza elevato (1). Questo è dovuto alla mancanza di specifiche sperimentazioni cliniche randomizzate (Randomized Controller Trial - RCT), ai risultati spesso contrastanti di questi trial e al perseguimento di obiettivi distanti dalle caratteristiche dei farmaci utilizzati (1). Le sindromi coronariche acute non ST elevato sono una patologia meno tempo-dipendente e il trattamento può essere iniziato in ospedale. Nei prossimi paragrafi saranno discusse le diverse scelte terapeutiche in ambito pre-ospedaliero per lo STEMI e il peso a loro attribuito dalle Linee Guida. 2

3 Premesse fisiopatologiche Nello STEMI l improvvisa occlusione coronarica causa una progressiva e rapida morte del tessuto muscolare irrorato dall arteria di necrosi ed esiste una chiara relazione diretta tra la rapidità della riperfusione, la riduzione del danno miocardico e di conseguenza la mortalità (2,3). Il beneficio è massimo se la riperfusione avviene nelle prime 2-3 ore dall esordio dei sintomi, mentre si riduce drasticamente dopo 6-12 ore (3) (Slide 2). Slide 2 La riperfusione può essere ottenuta con farmaci (fibrinolitici) o meccanicamente (angioplastica - PCI - primaria). Quest ultima garantisce la riperfusione in un maggior numero di pazienti rispetto alla trombolisi e non presenta le medesime controindicazioni, ma richiede tempo per la sua attuazione (ha intrinseci ritardi logistici e non è eseguibile in qualsiasi ospedale) (1). Il ritardo aggiuntivo richiesto dall organizzazione della PCI primaria può essere nefasto visto che i benefici della riperfusione si attenuano dopo 6 ore; quindi è molto utile disporre di trattamenti atti a ricanalizzare l arteria di necrosi anticipatamente. È stato documentato che se al momento della PCI primaria l arteria di necrosi è già aperta (spontaneamente o grazie ai farmaci) i risultati della procedura sono migliori, minore è l area infartuale e migliore è la prognosi (Slide 3). Slide 3 Questa evidenza ha stimolato alcuni anni fa molti RCT sulla terapia di facilitazione con fibrinolitici o inibitori del recettore 2b/3a con l obiettivo di anticipare la riperfusione e preparare il terreno migliore per la PCI primaria. Infatti, gli stessi meccanismi che consentono all angioplastica di riaprire il vaso (schiacciamento, frammentazione-rottura del trombo e della placca, espansione della placca e stiramento del vaso con l impianto di uno stent) causano a loro volta una forte attivazione emo-coagulativa e una pericolosa micro-embolizzazione distale. Nei pazienti stabili 3

4 è documentato che maggiore è il livello d inibizione piastrinica raggiunto durante la PCI, minore è il rischio di eventi cardiaci; lo stesso avviene anche nella PCI primaria. Lo stimolo pro-trombotico causato dalla rottura di placca è poi un fenomeno persistente e la stessa neo-endotelizzazione dello stent impiantato richiede tempo, tanto che la riocclusione coronarica o la trombosi di stent non sono rari nei giorni o mesi successivi all evento acuto qualora non si utilizzi un trattamento antitrombotico aggressivo. Queste brevi premesse vogliono sottolineare tre momenti fondamentali durante i quali un trattamento antitrombotico pre-ospedaliero può servire (Slide 4). Il primo è rappresentato dal momento della prima osservazione medica, quando gli effetti de-trombotici o fibrinolitici della terapia dovrebbero anticipare-facilitare la riperfusione. Il secondo coincide con la riperfusione stessa quando gli antitrombotici dovrebbero antagonizzare la forte aggregabilità piastrinica spontanea o causata dall attivazione della trombina, e la micro-embolizzazione legata alla frammentazione del trombo e della placca. Il terzo infine copre il periodo successivo alla riperfusione quando è necessario prevenire la riocclusione del vaso appena ricanalizzato o la trombosi dello stent impiantato. Slide 4 Terapia farmacologica utile al momento del primo contatto medico Farmaci fibrinolitici o anticoagulanti Fibrinolitici La riperfusione può essere ottenuta con la fibrinolisi, la quale, pur rappresentando un trattamento facilmente disponibile, comodo e rapido da somministrare, ha perso il confronto con la PCI primaria perché è globalmente meno efficace, ha un elevato rischio emorragico e numerose controindicazioni (1). Tuttavia quando la somministrazione della trombolisi è anticipata dall Unità Coronarica dell Ospedale al momento della prima osservazione medica ha risultati migliori. Una metanalisi degli RCT di confronto tra fibrinolisi ospedaliera e pre-ospedaliera ha documentato che quest ultima anticipa di circa 1 ora la riperfusione (ritardo medio tra dolore-trombolisi pari a 104 minuti nei 4

5 casi trattati fuori dall ospedale e a 162 minuti in quelli trattati in ospedale) consentendo la riduzione del 17% della mortalità a 30 giorni (4). Questo risultato è ragionevole se consideriamo la pendenza della relazione tempo-mortalità nelle prime ore dell infarto (3) (Slide 5). La trombolisi non è sempre efficace, spesso il vaso riperfuso si richiude; per cui i pazienti trattati con la trombolisi pre-ospedaliera devono essere trasportati presso un centro in grado di effettuare in qualsiasi momento una PCI di salvataggio in caso di mancata riperfusione. Questo modello è stato utilizzato nello studio CAPTIM che ha confrontato una strategia di trombolisi pre-ospedaliera, affiancata da un uso estensivo della PCI di salvataggio (nel 26% dei casi), con una di PCI primaria sistematica nei pazienti con STEMI osservati entro 6 ore dall esordio dei sintomi (5). Nel CAPTIM la trombolisi pre-ospedaliera e la PCI primaria sono apparse equivalenti. Una sottoanalisi dello studio ha poi documentato una minor mortalità a 1 anno dei pazienti trattati con trombolisi pre-ospedaliera entro 2 ore dall esordio dei sintomi rispetto a quella dei pazienti trattati con PCI primaria (2,2% trombolisi pre-ospedaliera vs. 5,7% PCI primaria; p=0.057). Questo effetto era accompagnato da una riduzione dell incidenza di shock cardiogeno (6) (Slide 6). Di recente è stato pubblicato lo studio STREAM il quale ha arruolato 1892 pazienti con STEMI osservati nelle prime 3 ore dall esordio dei sintomi e nei quali non era prevedibile l esecuzione della PCI primaria entro 1 ora (7). I pazienti sono stati randomizzati a fibrinolisi (81% dei casi in ambulanza) integrata dalla PCI di salvataggio (36% dei casi) in caso di mancata riperfusione o a PCI primaria; nello studio non sono emerse differenze negli eventi ischemici a 30 giorni tra i trattamenti (7) (Slide 7). È stato invece documentato un incremento delle emorragie intracraniche nei pazienti trattati con fibrinolisi (1,1% fibrinolisi vs 0,2% PCI primaria: P=0.04), poi ridimensionato dopo una riduzione della dose del trombolitico (Slide 8). In base a questi studi, le Linee Guida ESC 2012 sullo STEMI consigliano la fibrinolisi solo nei pazienti soccorsi <2 ore dall esordio dei sintomi, senza controindicazioni al trattamento e con un ritardo stimato per la PCI primaria >120 minuti (1) (Slide 9). Slide 5 Slide 6 Slide 7 Slide 8 Slide 9 5

6 La fibrinolisi pre-ospedaliera richiede un organizzazione complessa e non sempre disponibile (presenza del medico in ambulanza, capacità di eseguire e trasmettere un ECG per una supervisione del cardiologo UTIC in tempo reale, famigliarità con il trattamento). Mantiene controindicazioni e limiti della fibrinolisi ospedaliera e aggiunge, quando fallisce, un sostanziale incremento delle complicanze trombotiche ed emorragiche alla successiva PCI di salvataggio (1). Dal punto di vista pratico, l Italia ha scelto da anni come strategia di riperfusione la PCI primaria e nella maggior parte dei casi la procedura è eseguibile nei tempi raccomandati. Nelle aree più remote, è preferibile la fibrinolisi - in ambulanza o nel Pronto Soccorso dell ospedale periferico - quando la PCI primaria non è fattibile in minuti, i sintomi sono precoci (<2 ore), vi è un ampio territorio a rischio e il paziente ha meno di 75 anni. Dopo la fibrinolisi il paziente dovrà essere centralizzato subito per eseguire la PCI di salvataggio in caso di mancata riperfusione. Farmaci anticoagulanti L attivazione trombotica causata dalla presenza di guide e palloni all interno dei vasi ha reso necessaria la somministrazione di un anticoagulante, in particolare dell eparina non frazionata (UFH), fin dalla prima PCI. Analogamente, tutti i pazienti trattati con fibrinolisi ricevono eparina non frazionata o a basso peso molecolare, nonostante la sua efficacia non sia ben definita. Per questo motivo non vi sono RCT dove l eparina è stata confrontata con il placebo. Vi sono invece studi che hanno valutato l effetto sulla perfusione coronarica pre-pci o sulla prognosi di dosi alte o basse di UFH (8). Questi studi non hanno dimostrato un vantaggio consistente delle dosi più elevate di UFH, ma piuttosto un incremento dose-dipendente del rischio di emorragie. Da queste esperienze è emersa la raccomandazione di utilizzare una dose bassa pari a 60U/kg di UFH (massimo 4000 U) in bolo al momento della prima osservazione, aggiustando poi la dose, durante la procedura, in base al tempo di coagulazione attivato (ACT target: sec se non è utilizzato un inibitore 2b/3a, sec con un inibitore). Questa stessa dose del bolo di UFH è utilizzabile anche con la fibrinolisi. Le eparine a basso peso molecolare (LMWH), più specifiche per il fattore XA dell UFH, sono state studiate in un numero limitato di pazienti con STEMI trattati con PCI primaria. 6

7 Lo studio randomizzato ATOLL (9) ha confrontato UFH ed enoxaparina (0.5 mg/kg ev seguita da somministrazioni sc) nella PCI primaria e ha dimostrato una riduzione del 17% (p=0.063) dell obiettivo composito ischemico/emorragico a 30 giorni; questi dati sono stati ritenuti insufficienti per sostituire l UFH con l enoxaparina in ambito pre-ospedaliero (1). Il fondaparinux invece non è stato studiato in ambito pre-ospedaliero pertanto non deve essere utilizzato in ambulanza. Enoxaparina e fondaparinux sono invece raccomandati nei soggetti con STEMI trattati con fibrinolisi o non riperfusi (1). Può rivelasi interessante in futuro la bivalirudina, inibitore diretto della trombina, più potente e specifico dell UFH e con minor rischio emorragico (1). Nello studio HORIZON-AMI, la bivalirudina ha documentato un maggior beneficio clinico netto rispetto alla terapia standard con UFH e inibitori del recettore piastrinico 2b/3a. Questo beneficio è stato in parte attribuito al minor rischio emorragico della bivalirudina. Purtroppo l assenza di CT di supporto all uso pre-ospedaliero della bivalirudina non consente di raccomandarla in questi casi, pur a fronte degli effetti favorevoli dimostrati nei registri. In conclusione, in ambito pre-ospedaliero il trattamento anticoagulante dei pazienti con STEMI dovrebbe prevedere un bolo di UFH (60 U/kg max U) perché questo farmaco è oggi l unico anticoagulante utilizzabile in questi casi indipendentemente dalla strategia riperfusiva scelta (PCI primaria o fibrinolisi) e dalle terapie antitrombotiche pianificate in ospedale (inibitori del recettore 2b/3a, bivalirudina, inibitori del recettore P2Y12). Farmaci antipiastrinici Acido acetilsalicilico Nello STEMI vi è una forte attivazione piastrinica la quale ne richiede una potente inibizione. Fin dagli anni Ottanta, l acido acetilsalicilico ha rappresentato l antiaggregante di prima scelta (1). Il farmaco riduce del 20% gli eventi coronarici maggiori, presenta poche controindicazioni (ipersensibilità vera, sanguinamento gastro-intestinale in atto, 7

8 gravi diatesi emo-coagulative note o malattia epatica grave) e va somministrato quanto prima. La dose è di mg in forma masticabile (priva di rivestimento gastro-protettivo perché quest ultimo potrebbe rallentarne l assorbimento e l azione), ma può essere sostituita da mg di acetilsalicilato di lisina per via endovenosa, quando la forma orale non è disponibile o il paziente non è in grado di assumerla. Purtroppo non è mai stata confrontata l efficacia delle due diverse somministrazioni. Una dose orale più bassa ( mg) sarà poi utilizzata dal giorno successivo sine die. Antipiastrinici endovenosi bloccanti del recettore piastrinico 2b/3a Accanto o in competizione con la fibrinolisi anche gli inibitori del recettore piastrinico 2b/3a sono stati utilizzati in ambito pre-ospedaliero per cercare di ricanalizzare anticipatamente l arteria di necrosi e preparare il terreno più favorevole all angioplastica primaria. Questi farmaci, pur non avendo alcuna attività fibrinolitica, possono favorire la ricanalizzazione del vaso di necrosi, perché il loro effetto antipiastrinico rapido e molto intenso può bloccare la formazione del trombo piastrinico nelle prime fasi dinamiche dell occlusione e annullare la forte attivazione piastrinica peri-procedurale. La metanalisi su 11 RCT di piccole dimensioni che hanno confrontato l uso degli inibitori 2b/3a prima dell arrivo in ospedale rispetto all uso in sala di emodinamica ha documentato una miglior perfusione del vaso occluso al momento della PCI e una maggior riduzione del sopralivellamento del tratto ST all ECG con il trattamento pre-ospedaliero rispetto a quello in ospedale. Questi effetti sono stati associati a una riduzione non significativa della mortalità (10) (Slide 10). In seguito è stato pubblicato lo studio FINESSE, dove pazienti con STEMI <6 ore, nei quali la PCI era prevedibilmente eseguibile entro 1-4 ore, sono stati randomizzati a tre diversi trattamenti prima della PCI (abciximab da solo, terapia di combinazione con abciximab e metà dose del trombolitico reteplase o placebo - in quest ultimo gruppo l abciximab veniva somministrato in emodinamica). Lo scopo dello studio era confrontare un pre-trattamento di facilitazione (con inibitore del recettore piastrinico 2b/3a da solo o in combinazione con un fibrinolitico) con un trattamento intra-procedurale. Non sono state osservate differenze cliniche sostanziali nei tre gruppi, mentre la terapia di combinazione o l infusione abciximab pre-pci hanno incrementato sensibilmente il rischio emorragico rispetto al trattamento con abciximab in emodinamica (11) (Slide 11). Slide 10 Slide 11 8

9 Solo nei pazienti ad alto rischio, arruolati nei centri periferici e con tempi di trattamento <4 ore vi è stata una minor mortalità ad un anno se trattati con la terapia di facilitazione (12) (Slide 12). Nello studio On-TIME 2 dove i pazienti con STEMI avviati alla PCI primaria sono stati trattati in ambulanza con tirofiban o placebo, è stata evidenziata una miglior perfusione (flusso TIMI 3) pre-procedurale e una maggior riduzione del sopralivellamento ST all ECG nei soggetti trattati con inibitore 2b/3a in ambulanza (13) (Slide 13). Pur documentando una tendenza ad una minor mortalità nei pazienti trattati in ambulanza con l inibitore, lo studio non aveva dimensioni e disegno tali da supportare con forte evidenza questo risultato. Per quanto riguarda la prevenzione del danno da riperfusione (Slide 16), solo gli inibitori 2b/3a, da soli o associati alla fibrinolisi, sono stati valutati per quanto riguarda la loro capacità di mantenere l integrità del microcircolo dopo riperfusione del vaso responsabile dell infarto. Purtroppo la terapia di facilitazione, cioè l anticipazione alla fase pre-ospedaliera, del trattamento con gli inibitori 2b/3a non è stata in grado di dimostrare vantaggi sostanziali in questo ambito. Infatti, una sottoanalisi pre-specificata dello studio FINESSE ha valutato gli effetti del pretrattamento con abciximab da solo o in combinazione con il trombolitico sulla riperfusione tissutale. Quest analisi ha documentato che il pretrattamento antitrombotico determina una maggior pervietà dell arteria di necrosi prima dell angioplastica, ma tale effetto non ha alcun beneficio né sulla pervietà del vaso dopo l angioplastica né sulla pervietà tissutale valutata angiograficamente con il cosiddetto myocardial blush, ovvero l effetto di impregnazione del contrasto a livello del miocardio a rischio, che documenta la raggiunta o mantenuta pervietà del microcircolo (Slide 17). Slide 12 Slide 13 Slide 16 In conclusione, gli inibitori del recettore piastrinico 2b/3a potrebbero essere riservati ai pazienti con STEMI ad alto rischio, osservati nelle prime ore dall esordio dei sintomi, quando l esecuzione della PCI primaria richiede un trasferimento e i tempi di trasporto non superano i 60 minuti. Slide 17 Inibitori orali del recettore P2Y12 La duplice antiaggregazione con acido acetilsalicilico e un inibitore orale del recettore P2Y12 (clopidogrel, prasugrel o ticagrelor) è un cardine terapeutico per i soggetti trattati con angioplastica elettiva o urgente (1). Dal punto di vista 9

10 farmacologico, gli antipiastrinici orali devono esser assorbiti e richiedono più tempo dei farmaci somministrabili per via endovenosa per la loro azione (Slide 14 e 15). Il capostipite di questi farmaci è il Clopidogrel bisolfato ( mg carico orale, seguito da 75 mg/die), un pro-farmaco tienopiridinico soggetto ad una duplice metabolizzazione prima di raggiungere la forma attiva. Non esistono RCT di confronto fra clopidogrel e placebo nei pazienti con STEMI sottoposti a PCI primaria in quanto la duplice antiaggregazione è indispensabile quando si impianta uno stent. Secondo gli studi di registro il pre-trattamento pare migliorare i risultati della PCI primaria e ridurre gli eventi (14) (Slide 18). Lo studio CIPAMI è l unico studio randomizzato che ha confrontato la somministrazione in fase pre-ospedaliera della dose di carico di clopidogrel 600 mg con la somministrazione in laboratorio di emodinamica dopo angiografia coronarica. Lo studio è stato interrotto precocemente a causa del lento arruolamento dei pazienti; i dati sui 337 soggetti inclusi nella randomizzazione non hanno mostrato differenze riguardo all endpoint primario, che era rappresentato dalla pervietà dell arteria coronaria responsabile dell infarto al momento dell angiografia. È risultato peraltro evidenziabile un trend favorevole al pre-trattamento per la prevenzione degli eventi clinici valutati a 7 giorni o al momento della dimissione, senza un significativo aumento dei sanguinamenti. La completa assenza di potenza statistica dello studio, tuttavia, raccomanda di valutare questo trend con molta cautela (15) (Slide 19). Il prasugrel (60 mg carico orale, seguito da 10 mg/die) è un pro-farmaco tienopiridinico, più rapido e potente del clopidogrel. Nello studio TRITON TIMI-38 è stato somministrato dopo l esecuzione della coronarografia in pazienti con sindrome coronarica acuta trattati con PCI determinando una riduzione del 20% degli eventi ischemici maggiori rispetto al clopidogrel. Non esistono dati specifici sul trattamento pre-ospedaliero con prasugrel. Nello studio TRITON il farmaco poteva essere somministrato prima della coronarografia nei soggetti con STEMI (circa 30% della popolazione). In questi casi l obiettivo primario è stato ridotto rispetto a clopidogrel (Hazard Ratio 0,81; Intervallo Confidenza 95% 0,72 0,90), così come la trombosi di stent (16) (Slide 20). Il prasugrel non è indicato nei pazienti 75 anni, di peso <60 kg o con precedente ictus o AIT perché aumenta significativamente il rischio emorragico. Il ticagrelor (180 mg carico orale, seguito da 90 mg ogni 12 ore) è un inibitore del recettore P2Y12 adenosino-simile che consente un inibizione piastrinica più rapida e potente rispetto al clopidogrel. Nello studio PLATO è stato somministrato a pazienti con sindrome coronarica acuta e ha determinato una riduzione Slide 14 Slide 15 Slide 18 Slide 19 Slide 20 10

11 di circa il 20% degli eventi ischemici maggiori rispetto al clopidogrel, indipendentemente dalla strategia terapeutica adottata. Questo beneficio non è stato accompagnato da un incremento del rischio emorragico. Non esistono dati sul trattamento pre-ospedaliero con ticagrelor, ma nello studio PLATO il farmaco è stato somministrato prima di conoscere l anatomia coronarica in tutti i pazienti (17) (Slide 21). Slide 21 In conclusione, le raccomandazioni delle Linee Guida all utilizzo più precoce possibile degli inibitori orali del recettore P2Y12 sono frutto del consenso di esperti vista l assenza di RCT specifici. Tuttavia nella pratica clinica, la scelta di somministrare un inibitore del recettore P2Y12 in ambulanza deve tener conto dei vantaggi del trattamento pre-ospedaliero ma anche dei rischi potenziali legati alla somministrazione di antipiastrinici in larga parte irreversibili (in minor misura per il ticagrelor), farmacocinetica a volte imprevedibile, e in alcuni casi non favorevole (clopidogrel) in un ambiente in cui la diagnosi può essere incerta e le informazioni ancora insufficienti (1). Conclusioni Il trattamento pre-ospedaliero dell infarto ST elevato ha un consistente razionale fisiopatologico, individuato dalla volontà di anticipare la riperfusione, migliorarne i risultati e prevenire la riocclusione del vaso riperfuso (Slide 22). Questo consistente razionale fisiopatologico non è stato per il momento confermato dai risultati degli studi effettuati con farmaci antitrombotici e antipiastrinici. Alcune di queste delusioni sono frutto delle piccole dimensioni degli studi, altre sono legate al perseguimento di obiettivi distanti dalle caratteristiche dei farmaci utilizzati. Oggi, le uniche forti evidenze per il trattamento pre-ospedaliero dell infarto ST elevato riguardano la fibrinolisi nei pazienti osservati nelle prime due ore dall esordio dei sintomi e quando la PCI primaria non sia eseguibile nei tempi raccomandati dalle Linee Guida. In ambito pre-ospedaliero la somministrazione di qualunque altro farmaco antitrombotico, da solo o in combinazione, è per lo più basata su dati di farmacologia clinica o sul consenso di esperti e andrà valutata in base al profilo di rischio ischemico-emorragico del paziente e al modello organizzativo della rete. Slide 22 11

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