LE DISUGUAGLIANZE SOCIALI NELLA SALUTE IN ITALIA

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1 LE DISUGUAGLIANZE SOCIALI NELLA SALUTE IN ITALIA Evidenze, meccanismi di generazione, politiche Documento istruttorio commissionato dal gruppo di lavoro Equità in salute e sanità della commissione Salute della Conferenza delle Regioni

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3 L elaborazione del documento è stata possibile grazie: alla Joint Action Equity Action, azione congiunta promossa dalla Commissione europea e a cui partecipano 16 Paesi euroei, tra cui l Italia, rappresentata dalla Regione Piemonte, dalla Regione Veneto e dall Agenzia nazionale per i servizi sanitari ( ITY/EN/projects/equity_action/); al progetto dell Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà (INMP) Costruzione di capacità di controllo delle disuguaglianze di salute in Italia (coordinato dall ASLTO3 della Regione Piemonte); al progetto del 2012 del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie Realizzazione di un sistema standardizzato di misure delle disuguagilanze di salute, in sistemi di indagine e sorveglianza già disponibili, al fine di identificare priorità e target e valutare l impatto di interventi di contrasto (coordinato da Age.na.s - Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali). Il gruppo di lavoro Equità in salute e sanità, responsabile organizzativo del documento, è coordinato da Giuseppe Costa (Regione Piemonte) ed è composto da: Michela Morandini e Josef Plörer (Provincia autonoma di Bolzano) Bruno Zamparelli (Regione Campania) Nicola Caranci e Alba Carola Finarelli (Regione Emilia Romagna) Luca Lattuada (Regione Friuli-Venezia Giulia) Francesco Quaglia (Regione Liguria) Carlo Zocchetti (Regione Lombardia) Patrizia Carletti (Regione Marche) Michele Marra (Regione Piemonte) Lucia Bisceglia e Michele Virgilio (Regione Puglia) Maria José Caldés e Fabio Voller (Regione Toscana) Paola Casucci (Regione Umbria) Patrizia Vittori (Regione Valle d'aosta) Carla Cogo e Mario Saugo (Regione Veneto). Autori del rapporto sono: Capitolo 1 Giuseppe Costa (ASLTO3 - Regione Piemonte) Capitolo 2 Chiara Marinacci (Ministero della Salute) Marina Maggini (Istituto superiore sanità) Capitolo 3 Nicolas Zengárini (Università di Torino), Teresa Spadea (ASLTO3 - Regione Piemonte) Capitolo 4 Roberto Di Monaco (Università di Torino) Silvia Pilutti (Prospettive SA) Capitolo 5 Cesare Cislaghi (Agenas) Giuseppe Costa (ASLTO3 - Regione Piemonte) Capitolo 6 Nerina Agabiti (Dipartimento di Epidemiologia - Regione Lazio) Anna Maria Bargagli (Dipartimento di Epidemiologia - Regione Lazio) Marina Davoli (Dipartimento di Epidemiologia - Regione Lazio) Teresa Spadea (ASLTO3 - Regione Piemonte) Capitolo 7 Nicola Caranci (Asr - Regione Emilia Romagna) Barbara Pacelli (Asr - Regione Emilia Romagna Andrea Ranzi (ARPA - Regione Emilia Romagna) Capitolo 8 Michele Marra (ASLTO3 - Regione Piemonte) Appendice Roberto Di Monaco (Università di Torino) Silvia Pilutti (Prospettive SA) Il presente documento è ancora in fase di ridefinizione. Si chiede pertanto di non citarne i contenuti. Grazie.

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5 PRIMA PARTE Evidenze, meccanismi di generazione, politiche Capitolo 1 Promuovere equità in salute e in sanità in Italia Il mandato L Italia nel quadro europeo Cosa si vorrebbe sapere sulle disuguglianze di salute per intervenire? Com è lo stato delle disuguaglianze di salute in Italia e quale è il potenziale di salute evitabile con azioni di contrasto delle disuguaglianze? I mezzi per raggiungere il traguardo dell uguaglianza: le spiegazioni delle disuguaglianze (la definizione di priorità) Quale impatto hanno le disuguaglianze di esposizione ai determinanti distali? Quale impatto hanno le disuguaglianze di esposizione ai fattori di rischio? Quali sono i mezzi per raggiungere il traguardo dell uguaglianza? L impatto atteso degli interventi e la loro fattibilità (definire dei target) Le risposte politiche in Europa, in Italia e nelle sue regioni Conclusioni generali e raccomandazioni per i decisori...27 Bibliografia...30 Capitolo 2 Lo stato delle disuguaglianze di salute in Italia Le disuguaglianze di salute in Italia tra geografia e posizione sociale Disuguaglianza nei fattori di rischio comportamentali Condizioni socioeconomiche individuali e salute riferita; associazioni, variazioni temporali e ruolo dell area di residenza Posizione sociale e indicatori di accesso ai servizi sanitari: associazioni e relative variazioni tra il 2000 e il Diseguaglianze sociali nella mortalità generale e per gruppi di cause negli anni duemila, attraverso gli Studi Longitudinali Le diseguaglianze sociali nel contesto europeo e la specificità italiana...52 Bibliografia...54 Capitolo 3 Principali meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute: i determinanti distali e prossimali e il loro impatto relativo...59

6 3.1 Una mappa dei meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute Il primo meccanismo: la stratificazione sociale e i determinanti distali Istruzione Occupazione, lavoro Le risorse materiali: reddito e beni accumulati Il secondo meccanismo: i fattori di rischio e i determinanti prossimali Condizioni di lavoro e fattori psicosociali Condizioni ambientali Stili di vita Il terzo meccanismo: le conseguenze sociali della malattia La salute dei gruppi vulnerabili Bibliografia Capitolo 4 Le azioni di correzione nel senso dell equità delle politiche non sanitarie Dalle evidenze di ricerca alla ricalibratura delle politiche Coordinate per rafforzare l equità delle politiche non sanitarie Contesti di vita e politiche di sistema per la liberta e l autodeterminazione Contestualizzare le teorie Dai determinanti sociali ai sociali determinanti Strategie per curvare politiche e contesti verso l equità Capitolo 5 Le implicazioni delle disuguaglianze di salute per le politiche sanitarie 5.1 Introduzione I livelli di assistenza garantiti Il finanziamento dell assistenza sanitaria L allocazione delle risorse L organizzazione e il funzionamento dell assistenza sanitaria Bibliografia Capitolo 6 Il ruolo della sanità nella generazione o moderazione delle disuguaglianze di salute: il governo clinico Meccanismi di generazione delle disuguaglianze nei percorsi assistenziali Disuguaglianze socioeconomiche nell accesso ad interventi efficaci ed appropriati Interventi di prevenzione Le vaccinazioni non obbligatorie nell infanzia

7 Il monitoraggio fattori di rischio cardiovascolari La salute orale La diagnosi precoce di tumore La gravidanza e il parto Trattamenti terapeutici medico-chirurgici La patologia in età pediatrica Il monitoraggio e il controllo clinico delle patologie croniche dell adulto a livello territoriale L assistenza ospedaliera Disuguaglianze socioeconomiche negli esiti delle cure Efficacia di interventi o azioni in ambito sanitario per la riduzione delle diseguaglianze Conclusioni Capitolo 7 Un sistema di monitoraggio e valutazione dei processi e dei risultati delle azioni da intraprendere in ambito sanitario e ambientale Introduzione Le fonti disponibili in Italia per monitorare le variazioni nella salute Quando i dati sulle covariate sociali sono rilevanti nella fonte del numeratore Rilevazione della posizione sociale nei flussi CedAP, SDO, FAR Rilevazione di informazioni per identificare la popolazione immigrata nei NSIS Un esempio di costruzione di coorti di nati Quando i dati sulla posizione sociale sono rilevati da indagini o sistemi di sorveglianza campionari che sono la fonte sia del numeratore che del denominatore: Multiscopo Istat, PASSI, EU-SILC Costruzione di studi longitudinali campionari (Multiscopo e WHIP salute) Studi longitudinali di popolazione: la rete degli studi multi-metropolitani e indicatori di stato sociale a livello individuale Misure aggregate di stato socio-economico: indicatore di reddito e indice di deprivazione Costruzione (dai dati di altre fonti statistiche agli indicatori) Attribuzione delle covariate su aggregati geografici: tecniche di georeferenziazione Le disuguaglianze di salute ambientale Bibliografia...203

8 Capitolo 8 Lo stato di avanzamento delle politiche nazionali e regionali nel contrasto delle disuguaglianze di salute Cosa si intende per politica di contrasto alle disuguaglianze di salute? Il livello di consapevolezza Gli entry-points e i soggetti attuatori Il target delle politiche La capacità di monitoraggio e la valutazione Lo stato di avanzamento delle politiche di contrasto alle disuguaglianze di salute in Europa Lo stato di avanzamento delle politiche di contrasto in Italia Gli input internazionali e il livello di consapevolezza europeo Il livello di consapevolezza in Italia Gli interventi adottati dal sistema sanitario Gli interventi di contrasto adottati dalle politiche non sanitarie italiane Bibliografia Appendice SECONDA PARTE Evidenze, meccanismi di generazione, politiche Capitolo 9 Le ipotesi sulla radice sociale delle disuguaglianze di salute Effetti sulla salute delle politiche distributive Lavoro e salute: la mediazione cruciale dei contesti organizzativi Cosa si vorrebbe sapere sulle disuguaglianze di salute per intervenire? Il ruolo dell inclusione attiva nei contesti sociali e l effetto sulla salute La potenzialità dei contesti ambientali Capitolo 10 Le evidenze empiriche: effetti dei determinanti sociali di salute Effetti delle disuguaglianze di reddito e risorse economiche La centralità provata del contesto nei primi anni di vita I processi formativi: una leva a geometria variabile per accrescere le capacità delle persone Integrazione sociale e salute attraverso il lavoro di qualità Processi di esclusione sociale e conseguenze sulla salute

9 Essere disoccupati Essere disabili Avere problemi di salute mentale Essere stranieri Essere senza casa Essere monogenitori Essere poveri Essere anziani poveri Gli stili di vita: effetti delle disuguaglianze di salute Capitolo 11 Esperienze da valorizzare nella promozione dell equità nella salute Politiche efficaci per prevenire e risparmiare Prevenire investendo sui sistemi universali di servizi per l infanzia Sviluppare un utilizzo strategico del sistema scolastico Dalle politiche del lavoro alle organizzazioni che fanno crescere Una tipologia degli interventi possibili Ridurre i rischi fisici, chimici e di incidenti Controllare i danni derivanti dalla flessibilità temporale del lavoro Curare l ambiente psicosociale Puntare sui benefici delle politiche formative Esperienze di miglioramento degli stili di vita Difficoltà ad incidere sui comportamenti sociali Efficacia delle azioni di prevenzione Rafforzare le politiche di protezione e inclusione sociale Assumere prospettive di lungo periodo Sostenere i contesti con politiche universalistiche Promuovere l accesso ai servizi del welfare Valorizzare il ritorno delle azioni nell area della salute mentale Vantaggi superiori ai costi: il caso degli interventi rivolti ai monogenitori Rafforzare politiche sanitarie universalistiche contro gli effetti della deprivazione Spazi di intervento efficace sui gruppi a rischio Empowerment per interventi sul territorio e sulle abitazioni Bibliografia...356

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11 Capitolo 1 PROMUOVERE EQUITÀ DI SALUTE E DI SANITÀ IN ITALIA Gruppo di lavoro Equità nella Salute e nella Sanità della Commissione Salute delle Regioni 1.1 Il mandato Questo documento riassume le principali conoscenze disponibili in Italia 1 che sono utili per rispondere alle domande che il Gruppo di lavoro Equità nella salute e nella sanità (ESS) ha ricevuto dalla Commissione Salute della Conferenza delle Regioni. Il mandato era di elaborare proposte di raccomandazioni per una strategia italiana sul contrasto delle disuguaglianze di salute che possa concorrere ad ispirare la programmazione delle politiche sanitarie e non sanitarie anche in risposta alla Comunicazione della Commissione europea sulla solidarietà nella salute e sui determinanti sociali di salute 2. Le conoscenze servono per stabilire quale sia il potenziale di salute che si può guadagnare controllando le disuguaglianze di salute, quali siano i principali punti di ingresso attraverso cui esse si possono contrastare e quali politiche ed interventi meritino di essere ricalibrati per ottenere risultati favorevoli. Da queste valutazioni il gruppo ESS potrà trarre le principali implicazioni per le politiche sanitarie e non sanitarie da collocare nel quadro delle strategie della salute pubblica, italiana ed europea, per sottometterle alle istituzioni competenti dello Stato, delle Regioni e agli attori economico e sociali, affinché ne traggano le conclusioni e scelte che riterranno opportune. È evidente che non basta che le conoscenze scientifiche, che sono patrimonio dei tecnici, siano comunicate ai decisori perché esse diventino scelte. Da un lato occorre anche che queste conoscenze corrispondano alle domande che sono ritenute pertinenti e rilevanti da chi è responsabile della tutela della salute nella società. Dall altro bisogna essere consapevoli che il processo decisionale può utilizzare altri criteri di giudizio oltre a quelli derivanti dalle conoscenze scientifiche, e servirà il contributo delle opinioni dei principali portatori di interesse per completare il quadro iniziale che viene qui fornito. 1 Il rapporto è frutto del contributo scientifico e tecnico di numerosi gruppi italiani di ricerca organizzati in reti finanziate a più riprese dal Ministero della Salute attraverso programmi di ricerca e intervento ex art 12, CCM e INMP; e dal contributo di esperti consultati dal gruppo ESS 2 Commissione delle Comunità Europee. Comunicazione al Parlamento Europeo al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni: Solidarietà in materia di salute, riduzione delle disuguaglianze sanitarie all interno dell UE. Bruxelles, 20 ottobre 2009 COM (2009) 567 1

12 Capitolo 1 Questo capitolo introduttivo sintetizzerà i diversi contributi elaborati nel rapporto per rispondere alle principali domande che un decisore può rivolgere ad un esperto sulle disuguaglianze di salute: quanto sono importanti, da dove nascono, se sono evitabili e contrastabili, su quali priorità concentrare l attenzione e con quali risultati misurarsi come possibili target dell azione. Ogni volta che i risultati lo permetteranno si trarranno le principali implicazioni per le politiche, che poi verranno discusse in conclusione del capitolo. I capitoli che seguono nel rapporto riportano in dettaglio le principali conoscenze che sono disponibili nella letteratura e nei dati italiani per dare risposta a queste domande. 1.2 L Italia nel panorama europeo La situazione europea è stata ben fotografata nel 2005 dalla Conferenza sui determinanti sociali di salute organizzata dalla presidenza europea britannica. In quella circostanza due rassegne analitiche avevano descritto da un lato lo stato delle disuguaglianze nella salute e dall altro l avanzamento dei diversi paesi dell Europa a 15 sulla strada del contrasto delle disuguaglianze di salute (Judge, 2005; Mackenbach, 2005). Da allora pochi studi comparativi hanno permesso di allargare lo sguardo epidemiologico ad alcuni dei nuovi stati membri dell Europa a 25 (Mackenbach, 2008) e sulle azioni e le strategie di contrasto adottate da allora (Euro-GBD-SE, 2012). Da queste fonti comparative risultano disuguaglianze sociali nella mortalità a favore delle categorie più avvantaggiate presenti in tutti i paesi europei. L intensità delle disuguaglianze di salute varia da paese a paese passando da un effetto di media intensità nei paesi dell Europa nordica e occidentale, ad uno di minore intensità tra i paesi mediterranei, ad uno decisamente più intenso nei paesi centro orientali di nuova adesione. L andamento temporale, prima della crisi, già mostrava che le disuguaglianze di mortalità si sono allargate sia in senso assoluto (differenza tra tassi) sia in senso relativo (rapporto tra tassi) nei pochi paesi che hanno dati appropriati e comparabili; nell analisi dei primi anni 2000 il numero di morti attribuibili, invece, rimaneva pressoché invariato grazie alla riduzione della numerosità dei gruppi più svantaggiati (Mackenbach, 2003). Variazioni geografiche simili si possono documentare nella prevalenza dei fattori di rischio per la salute, coerentemente con quanto ci si può aspettare sulla base delle disuguaglianze nelle specifiche cause di morte correlate; queste variazioni suggeriscono la necessità di adottare diversi punti di ingresso per le azioni di contrasto nei differenti paesi (Mackenbach, 2004; Huisman, 2005; Menvielle 2007; Roskam, 2010; Huisman 2005; Avendano, 2006; Avendano 2004). Disuguaglianze negli indicatori soggettivi di salute sono evidenti e a favore delle categorie sociali più avvantaggiate in tutti i paesi europei, ma la loro dimensione e variazione nel tempo sono anche influenzate da fattori culturali e servono di meno per orientare le azioni di contrasto. I paesi europei stanno reagendo a questa situazione con un passo differente, lento in molti paesi dove la misura e il riconoscimento dell esistenza delle disuguaglianze di salute è ancora un problema, incoraggiante in alcuni altri paesi dove diverse iniziative settoriali sono in corso 2

13 Promuovere equità di salute e sanità in Italia ma non esiste ancora un apposita strategia, e più sostenuto nei paesi dove le disuguaglianze di salute sono riconosciute come una priorità e ad esse viene dedicata una strategia specifica e coordinata tra i diversi settori delle politiche. Nel frattempo le istituzioni europee hanno discusso e approvato la Comunicazione della Commissione su La solidarietà nella salute e la riduzione delle disuguaglianze di salute in Europa 3 e molte iniziative sono state intraprese al livello europeo col proposito di stimolare l iniziativa e costruire capacità per dare priorità alle disuguaglianze di salute nelle agende della Commissione e delle istituzioni dei paesi membri. Tra queste iniziative è stata commissionata una rassegna europea sulle disuguaglianze di salute per aggiornare i rapporti del 2005 sotto il profilo epidemiologico e delle politiche (una parallela iniziativa di rassegna è in corso da parte dell Ufficio Europeo dell Organizzazione Mondiale della Sanità 4 ). Inoltre, una Joint Action tra la Commissione e 16 paesi membri sta sviluppando iniziative di valutazione di impatto sulle disuguaglianze di salute di politiche europee, nazionali e regionali, coinvolgendo rappresentanti dei vari portatori di interesse. Infine, le principali lacune conoscitive circa l efficacia delle politiche di contrasto delle disuguaglianze di salute sono oggetto di diversi progetti di ricerca approvati con il bando 2011 del FP7 5. Quando le istituzioni europee parlano di disuguaglianze di salute spesso comprendono sia quelle attribuibili ai determinanti sociali (anche in interazione con altre dimensioni delle disuguaglianze: genere, generazione, origine etnica), sia a quelle geografiche. Dal punto di vista delle disuguaglianze geografiche, nel 2010 la Commissione Europea e l Ufficio europeo dell OMS hanno rilasciato uno strumento applicativo comune (I2SARE) per l analisi delle variazioni temporali nelle disuguaglianze geografiche in Europa nella mortalità e nella morbosità, a livello nazionale e regionale (NUTS1 e NUTS2), e della loro correlazione con indicatori aggregati di deprivazione 6. I dati confermano l esistenza di un importante divario Est- Ovest nella mortalità a favore dei paesi dell Europa a 15, un divario che si andrebbe lentamente riducendo. È un po come se in Europa nel divario Est-Ovest si ripetesse su scala più moderata il ben noto quadro del divario poveri-ricchi nella speranza di vita che si osserva tra i paesi del mondo (Pickett K, Wilkinson K, 2010). I capitoli che seguono nel rapporto riportano in dettaglio le principali conoscenze che sono disponibili nella letteratura e nei dati italiani per dare risposta a queste domande. Le conoscenze suggeriscono che la povertà del paese possa agire non solo come determinante sfavorevole della salute, ma anche come modificatore dell effetto negativo sulla salute della povertà individuale. Allo stesso tempo nell Europa a 15 i paesi mediterranei mostrano una maggiore omogeneità geografica e sociale nella distribuzione del rischio di morte, soprattutto tra le donne, pur essendo tra i paesi europei quelli con maggiori disuguaglianze sociali, fatto che suggerisce che altri fattori potrebbero diminuire la vulnerabilità alle disuguaglianze nei paesi dell area mediterranea. 3 Il testo della comunicazione della Commissione europea è consultabile alla pagina health/social_determinants/policy/commiss ion_c ommunication/ 4 Il testo del primo report realizzato è consultabile alla pagina pro jects/who-european-review 5 Maggiori informazioni sui 4 progetti indicati (GRADIENT, DEMETRIQ, SLINE e SOPHIE) sono rintracciabili sul sito dedicato 6 Maggiori informazioni sul progetto I2SARE alla pagina 3

14 Capitolo 1 Questa è la scena in cui bisogna valutare lo stato delle disuguaglianze di salute in Italia, i suoi determinanti e le possibili implicazioni per le politiche. Quali sono le domande principali che i decisori farebbero ai tecnici per valutare questa situazione, così come vengono formulate dal gruppo ESS? 1.3 Cosa si vorrebbe sapere sulle disuguaglianze di salute per intervenire? La sanità pubblica usa diversi metodi per incorporare le conoscenze scientifiche nei processi decisionali; quelli più formalizzati sono i metodi per la definizione di priorità che si basano sul cosiddetto burden of disease, sul rapporto costo-benefici e costo-efficacia, o sui fattori di rischio. Tuttavia in questi modelli le disuguaglianze sociali non sono mai state incluse esplicitamente nelle formule di definizione di priorità; solo in un recente articolo anche i dati sulle disuguaglianze di esposizione ai fattori di rischio sono stati inclusi nella formula di identificazione di priorità per i programmi di prevenzione delle malattie croniche in Italia, integrandoli insieme ad altri criteri di maggior peso in un semplice modello lineare (Simoes, 2006 e 2012). In questo documento, al contrario, si intende mettere al centro dell attenzione del decisore una stima dell impatto delle disuguaglianze sociali per la salute e della sua quota evitabile per influenzare la scelta di priorità. Facendo riferimento alla classica definizione di bisogno in sanità pubblica To speak of a need is to imply a goal, a measurable deficiency from the goal and a means of achieving the goal (Wilkin et al., 1992), la decisione di accogliere un nuovo bisogno come le disuguaglianze di salute nell agenda delle politiche si dovrebbe basare su una stima e valutazione del potenziale di salute che nasce dalle disuguaglianze di salute e della quantità di questo potenziale che è evitabile con azioni di contrasto dei determinanti (Figura 1). Secondo la Figura 1, il processo decisionale può ritenersi pienamente informato se la conoscenza disponibile permette di valutare: 1) la dimensione del bisogno in termini di una distanza misurabile degli indicatori di salute dal traguardo dell uguaglianza (definita in base a variabili di stratificazione sociale); 2) un bisogno che può essere scomposto nelle frazioni spiegate e quindi attribuibili al contributo indipendente o interdipendente di tutti i determinanti che mediano l effetto della stratificazione sociale sulle disuguaglianze di salute; ognuno di questi determinanti (distali o prossimali) può rappresentare un punto di ingresso per azioni di contrasto; 3) una frazione attribuibile di cui occorre valutare la quota di evitabilità, utilizzando la conoscenza accumulata in letteratura per stabilire quale sia il grado di efficacia teorica degli interventi di contrasto; 4) un grado di evitabilità che deve essere calibrato rispetto alle condizioni (vincoli e opportunità) del contesto in cui devono essere applicati gli interventi di contrasto, condizioni che possono modificare il grado di efficacia teorica attesa. Ad ognuno dei punti dello schema corrispondono altrettante domande che il gruppo ESS ha sottomesso alla comunità scientifica per elaborare le proposte di raccomandazioni di sua 4

15 Promuovere equità di salute e sanità in Italia competenza; i capitoli del rapporto rispondono appunto a queste domande e nei paragrafi che seguono sono riassunti le principali risposte ad ognuna delle domande. 1. gli indicatori di salute mostrano una distanza misurabile dal traguardo di uguaglianza? Traguardo: uguaglianza DISTRIBUZIONE Indicatori di salute (ad es. nella distribuzione (ad es. OSSERVATA mortalità) istruzione) 2. qual è la % di questa distanza che è attribuibile ai determinanti (per permettere la scelta di priorità)? % attribuibile a DET. DISTALE A Es. reddito % attribuibile a DET. DISTALE B Es. occupazione % attribuibile a DET. DISTALE C Es. classe sociale % attribuibile a DET. PROSSIMALE D Es. stili vita % attribuibile a DET. PROSSIMALE E Es. biologici % attribuibile a DET. PROSSIMALE F Es. psicosociali 3. qual è la % di questa distanza che può essere in teoria evitata in teoria grazie a specifici interventi di contrasto, la cui efficacia sia stata valutata in letteratura? % evitabile con INTERVENTO SU A o D % evitabile con INTERVENTO SU B o E % evitabile con INTERVENTO SU C o F 4. qual è la % di questa distanza che può essere evitata nella pratica grazie agli interventi di cui al punto 3, tenuto conto della trasferibilità e dell efficacia dell intervento nella pratica verificate nel contesto reale (permettendo la definizione di un target realistico)? % evitata con INTERVENTO SU A o D % evitata con INTERVENTO SU B o E % evitata con INTERVENTO SU C o F La risposta alle domande 1-4 permette di stimare il beneficio atteso (in termini di riduzione della distanza dal traguardo di uguaglianza) grazie al contrasto dei determinanti (priorità) tramite interventi di efficacia conosciuta e calibrata sul contesto (target) SOMMA DI BENEFICI DA INTERVENTO SU A o D SOMMA DI BENEFICI DA INTERVENTO SU B or E SOMMA DI BENEFICI DA INTERVENTO SU C or F + + = TARGET Figura 1 Domande rilevanti per l analisi dei bisogni, la valutazione di priorità e la definizione di target nel campo delle disuguaglianze di salute 1.4 Com è lo stato delle disuguaglianze di salute in Italia e quale è il potenziale di guadagno di salute con azioni di contrasto delle disuguaglianze? Le disuguaglianze di salute in Italia sono state finora misurate utilizzando in modo integrato diversi sistemi di indagine a copertura nazionale (nel caso degli indicatori di salute e ricorso ai servizi autoriferiti) e locali (nel caso degli indicatori di mortalità, morbosità e uso dei servizi), ottenuti da sistemi di record linkage tra dati di fonte statistica ed amministrativa (cfr Cap. 7). I risultati ottenuti, anche da fonti diverse, sono sufficientemente coerenti tra di loro (cfr Cap. 2) e possono essere riassunti come segue. In Italia si osservano disuguaglianze sociali nella salute a sfavore dei più svantaggiati che 5

16 Capitolo 1 riguardano tutte le dimensioni di salute l incidenza (ammalarsi), la prevalenza (rimanere nello stato di malattia), la letalità (finire male a causa della malattia) e tutte le dimensioni della posizione sociale, sia quelle di carattere relazionale centrate sulla capacità di controllo delle risorse disponibili (classe sociale e credenziali educative), sia quelle di carattere distributivo delle risorse stesse, come reddito e beni posseduti. Le disuguaglianze osservate riguardano sia indicatori obiettivi di morbosità disabilità e mortalità sia indicatori di salute autoriferita i cui risultati vanno nella stessa direzione. Le disuguaglianze di salute sono sempre a vantaggio dei gruppi sociali più favoriti, con rare eccezioni che riguardano alcune malattie determinate da comportamenti tipici dei gruppi sociali più ricchi (ad esempio la posticipazione dell età al primo figlio come fattore di rischio dei tumori femminili più frequente nelle donne in carriera; o l accanimento igienico nell età evolutiva, noto fattore di rischio del disturbo allergico che è più diffuso nei gruppi sociali più elevati). Perfino le malattie più influenzate dal profilo genetico potrebbero essere disugualmente distribuite a causa della minore probabilità di carriera sociale delle persone che ne sono vittime. L andamento temporale di queste disuguaglianze sociali di salute in Italia è stato analizzato in alcune indagini con risultati non conclusivi. Le disuguaglianze relative di mortalità secondo il titolo di studio sembrano crescere in termini di rapporto tra tassi dei meno istruiti rispetto ai più istruiti; le disuguaglianze in termini assoluti di morti attribuibili potrebbero invece non variare nel tempo per il ridimensionamento del numero dei soggetti meno istruiti. Su indicatori di posizione sociale diversi dal titolo di studio la dinamica temporale dell impatto delle disuguaglianze potrebbe essere differente, a causa dell allargamento della platea dei soggetti svantaggiati soprattutto in coincidenza della crisi. Le disuguaglianze di salute in Italia sembrano variare di intensità nelle varie aree del paese. Tutti gli indicatori di salute autoriferita (salute fisica, psichica, malattie croniche e disabilità) mostrano che le regioni del Mezzogiorno manifestano disuguaglianze sociali più pronunciate della media italiana, come se il contesto del Mezzogiorno rendesse i più poveri maggiormente vulnerabili all effetto sulla salute della povertà individuale, similmente a quanto osservato tra i paesi dell Europa Centro Orientale a confronto con quelli dell Europa a 15 nel precedente paragrafo. Questo riscontro nella salute autoriferita potrebbe essere solo l avanguardia di una tendenza che con la dovuta latenza potrebbe nel futuro interessare anche la mortalità. È dunque possibile che la combinazione della particolare concentrazione di povertà individuale nel Mezzogiorno, unitamente alla minore capacità di queste regioni di moderare le disuguaglianze sociali di salute, siano all origine del nuovo divario tra Nord e Sud che si incomincia a manifestare nella maggior parte degli indicatori di salute. Una variabilità importante, ma meno modificabile, è quella che riguarda le variazioni di intensità delle disuguaglianze tra i generi (meno intense tra le donne), le generazioni (meno intense tra gli anziani) e l origine etnica (di intensità variabile tra i diversi gruppi). Queste interazioni hanno spiegazioni abbastanza note, nessuna delle quali aggredibile in modo specifico con le politiche di correzione: i tumori femminili sono più frequenti tra le donne in carriera e questo smorza l intensità delle disuguaglianze femminili di mortalità; i poveri che diventano anziani sono la parte di popolazione povera che è sopravvissuta ai rischi per la salute in età più precoci, e pertanto sono più resistenti all impatto della povertà sulla salute anziana. 6

17 Promuovere equità di salute e sanità in Italia La forma delle disuguaglianze di salute dipende dalla dimensione di salute e dalla voce nosologica che si considera. Molte voci nosologiche possono mostrare disuguaglianze di salute a soglia, nel senso che l effetto sfavorevole sulla salute si manifesterebbe solo a partire da una certa soglia di posizione sociale (sulla scala o dell istruzione, o della classe, o del reddito, o dei beni posseduti ). Altre voci nosologiche, ma soprattutto gli indicatori integrati di salute (come sono la mortalità generale, la disabilità, la salute soggettiva), viceversa, suggeriscono che non esisterebbe una soglia ma un gradiente, ovvero che ad ogni posizione nella scala sociale corrisponderebbe un livello di salute meno favorevole della posizione superiore e più favorevole di quella inferiore. L insieme di queste caratteristiche costitutive fa sì che le disuguaglianze di salute in Italia debbano essere considerate il principale determinante della variabilità della salute nella popolazione, con cui deve fare i conti chi vuole migliorare in modo sensibile la salute della popolazione. Un progetto europeo recentemente concluso (Euro-GBD-SE, 2012) ha provato a dare una risposta alla domanda sul potenziale guadagno di salute, misurando quale fosse la frazione di mortalità che potrebbe essere evitata modificando la stratificazione sociale del nostro paese in direzione di una totale uguaglianza (cfr. Capitolo 3). Più in specifico, questo scenario assume che tutta la popolazione raggiunga gli stessi risultati di salute della parte più educata della popolazione. Il titolo di studio è un buon indicatore sia della posizione sociale della famiglia di origine, sia della propria auto-efficacia, sia della posizione sociale adulta. Il suo ruolo come determinante di salute è stato ben riconosciuto nella ricerca scientifica internazionale: descrive meglio di altri la posizione sociale delle persone perché non è facilmente modificabile nel tempo ed è disponibile per tutti; è facile da comunicare ai decisori che sono più disponibili a considerare di migliorare la distribuzione del livello di istruzione invece che quella del reddito. Il risultato finale di questo esercizio permette di stimare quale sia il massimo potenziale di riduzione delle disuguaglianze di salute che si otterrebbe nel caso che tutta la popolazione raggiungesse il titolo di studio più alto, con ciò adeguandosi alla stessa distribuzione dell esposizione ai determinanti di salute della popolazione più istruita. La proporzione con cui la mortalità generale in ventuno popolazioni europee diminuirebbe se tutte le persone di bassa e media istruzione avessero lo stesso rischio di morte di quelli di alta istruzione (Figura 2 del Capitolo 3) è circa del 30% tra gli uomini e le donne del nord Europa e della Gran Bretagna. In altre popolazioni questa frazione è chiaramente più alta per gli uomini. Nell Europa Centrale è tra il 30 e 35% tra gli uomini e 20-30% tra le donne. Il più basso potenziale per la riduzione della mortalità generale tramite l eliminazione delle disuguaglianze di istruzione si osserva nel Sud Europa 7, dove esso è ancora sostanziale tra gli uomini in Italia e Spagna, più del 20%, ed è tra il 10 e 20% tra le donne del Sud. Il potenziale più ampio si osserva nella regione Centro Orientale dell Europa in particolare tra gli uomini in Ungheria (fino al 50%) e tra le donne in Estonia (40%). Questa variazione geografica nella percentuale di morti attribuibili alla bassa educazione a livello europeo è ancora più 7 Per l Italia il rapporto Euro-GBD-SE utilizza i risultati dei due studi longitudinali metropolitani (Torino e Toscana); la rappresentatività dei risultati di questi studi in relazione al profilo italiano delle disuguaglianze di mortalità è discussa nel capitolo 2. 7

18 Capitolo 1 evidente se la si misura in termini di morti evitabili per persone anno: si passa da 200 nel Sud a 300 nel Centro e nel Nord fino a più di 800 nell Europa Baltica e centro-orientale tra gli uomini; e da nel Sud a nel Centro Nord a nel Centro Est tra le donne. I tumori e altre cause non cardiocircolatorie spiegano la frazione maggiore di morti attribuibili al Sud; mentre la mortalità circolatoria fa la parte del leone nel resto di Europa (Östergren, 2011). Un esercizio simile a quello descritto nella Figura 2 del capitolo 3 è stato fatto usando una misura sintetica di impatto come il numero di anni di vita vissuti con disabilità, ma con uno sguardo limitato ai sette paesi che disponevano di dati comparabili. Le persone più istruite vivono più a lungo e spendono questi anni di vita con minori limitazioni di quelli meno istruiti. Le differenze più ampie negli anni di vita con disabilità si osservano tra gli uomini in Lituania (più di 10 anni), Norvegia Austria e Francia (più di 7 anni) e nelle donne in Lituania (più di 7 anni); mentre sono più ridotte in Italia (4 e 2 anni, rispettivamente tra uomini e donne). A determinare questo risultato italiano contribuiscono la minore disuguaglianza sia nella mortalità sia nella disabilità (Mäki 2011). Alcuni autori hanno stimato che il valore economico di questa perdita di anni di aspettativa di vita causata dalle differenze per istruzione in Europa potrebbe variare tra il 2 e il 9% del prodotto interno lordo europeo, a seconda del criterio che si adotta per dare un valore economico all anno di vita perso (Mackenbach et al,2011). Queste stime permettono di dare un ordine di grandezza a quello che l economia europea perde se non interviene per nulla sulle disuguaglianze di salute. Inoltre le variazioni geografiche nell intensità nella mortalità in Europa a svantaggio dei paesi dell Est riguardano prevalentemente le persone meno istruite (Van Raalte 2012), portando a variazioni geografiche importanti nell intensità delle disuguaglianze di salute osservate in Europa. Questo fatto da un lato suggerisce che si tratta di disuguaglianze non inevitabili: alcuni paesi hanno fatto meglio di altri, dunque qualcosa si può fare. Dall altro il divario Ovest Est nell intensità delle disuguaglianze di mortalità osservato in Europa riflette su scala europea il divario Nord Sud osservabile in Italia nel caso della salute autoriferita: nelle regioni più povere non solo la salute è peggiore, ma sono più intense anche le disuguaglianze di salute come se le politiche e le risorse collettive disponibili in quei contesti non sapessero proteggere la popolazione dall effetto sfavorevole sulla salute della povertà individuale. Un paradosso europeo è come mai il divario tra i sistemi di welfare più generosi del Nord e quelli più selettivi particolaristici e sobri del Sud non si rifletta affatto in un maggior divario sociale nelle disuguaglianze di salute nel Sud, al contrario. Una spiegazione è che i benefici di uno stato sociale universalistico e generoso potrebbero limitarsi a ridurre la mortalità, ma non necessariamente le disuguaglianze nella mortalità; in effetti le persone di bassa istruzione svedesi sono tra gli europei con il più basso rischio di mortalità, ma la loro distanza relativa nel rischio di morte da quello dei più istruiti rimane molto alta. Un altra spiegazione possibile è che in coincidenza con la sfavorevole congiuntura economico sociale anche lo stato sociale scandinavo stia ridimensionando l offerta di servizi e che la compartecipazione alla spesa stia limitando i livelli di protezione sociale delle persone. Infine si è osservato che nei paesi nordici e 8

19 Promuovere equità di salute e sanità in Italia in Gran Bretagna le donne avrebbero guadagnato la non invidiabile parità nel livello di disuguaglianze di mortalità, come se l emancipazione femminile più accelerata in quelle società avesse propagato ai gruppi sociali più svantaggiati anche gli stili di vita insalubri e i relativi effetti sfavorevoli sulla salute. Implicazioni per le politiche 1. Le disuguaglianze sociali in Italia spiegano quasi il 30% della mortalità maschile e intorno al 15% di quella femminile. Non c è nessun singolo determinante capace di spiegare una così grande variazione della salute. La Commissione Europea con un apposita Comunicazione ha invitato i paesi membri a far la loro parte per ridurre queste disuguaglianze di salute, soprattutto in corrispondenza della crisi economica. Occorre dare priorità a questo determinante nella programmazione delle politiche che possono avere un impatto sulla salute. Il Patto per la salute dovrebbe considerare tra le priorità la moderazione delle disuguaglianze di salute attraverso le azioni di diretta responsabilità del SSN e attraverso un azione di indirizzo alle politiche non sanitarie che hanno un impatto sulla salute. 2. Lo svantaggio sociale è un determinante rilevante della salute e quindi del fabbisogno di assistenza; essendo che esso è distribuito in modo non uniforme nel paese e dentro le regioni, occorre che la programmazione sanitaria consideri come assicurare che i livelli di assistenza siano offerti in modo proporzionale alla distribuzione dei bisogni. In sede di allocazione delle risorse correnti le formule allocative dovrebbero distribuire in funzione del bisogno di salute, che corrisponde alla distribuzione dei suoi principali determinanti, compreso lo svantaggio sociale, sia a livello di SSN sia a livello di SSR. 3. Tra i gruppi socialmente svantaggiati la salute è più compromessa nel Mezzogiorno che nel resto del paese, fatto che rimanda alla responsabilità del contesto. L ambiente, i servizi e le comunità meridionali sono meno capaci di proteggere la salute dei più svantaggiati. Questa particolare vulnerabilità dovrebbe essere considerata nei criteri di allocazione delle risorse a livello dei contesti. In sede di programmazione strategica straordinaria dei fondi strutturali l obiettivo di ridurre l intensità delle disuguaglianze di salute dovrebbe essere inclusa tra i criteri di allocazione degli investimenti e di progettazione degli interventi. 4. L Italia (e più in generale le popolazioni mediterranee) è in una posizione relativamente favorevole rispetto a quella di altri paesi europei, dove le disuguaglianze di salute risultano più intense, soprattutto tra le donne; è obiettivo prioritario della ricerca comprendere le ragioni di questa resilienza italiana femminile alle disuguaglianze della salute, per dare importanza nelle politiche ai fattori e alle azioni che la assecondano e rinforzano. I programmi di ricerca sanitaria finalizzata e del CCM dovrebbero dare un contributo alla comprensione dei fattori di resilienza alle disuguaglianze di salute per orientare la prevenzione alla loro promozione. 5. E necessario monitorare sistematicamente le disuguaglianze di salute per valutare se stiano migliorando o peggiorando con la crisi e per capire meglio il passo e la direzione del progresso da imprimere alle politiche. I programmi di ricerca sanitaria finalizzata e del CCM dovrebbero dare un contributo a migliorare le capacità di misura delle disuguaglianze in tutte le dimensioni della salute e dell assistenza sanitaria a tutti i livelli. 9

20 Capitolo I mezzi per raggiungere il traguardo dell uguaglianza: le spiegazioni delle disuguaglianze (la definizione di priorità) La seconda domanda della Figura 1 richiede di identificare i meccanismi di generazione di un così grande numero di casi attribuibili e di stimarne l importanza relativa. Ognuno di questi meccanismi potrebbe diventare un punto di ingresso delle risposte. Il capitolo 3 per rispondere a questa domanda ha adattato il framework concettuale esplicativo di Diderichsen (Diderichsen, 2001), che propone di esaminare il modo con cui la stratificazione sociale (nel nostro caso per titolo di studio), influenza le disuguaglianze di salute attraverso quattro categorie di meccanismi: il contesto economico e sociale e la politica sarebbero i responsabili di come si stratifica la società, cioè di come si distribuiscono i maggiori determinanti distali che permettono ad una persona di avere controllo sulla propria vita (chiamati determinanti sociali): le risorse materiali, le risorse di status e le risorse di aiuto; a sua volta la stratificazione sociale influenzerebbe il modo disuguale con cui i diversi gruppi sociali sono esposti ai principali determinanti prossimali, ovvero a quei fattori di rischio che intermediano l effetto dei determinanti sociali sulla salute: - fattori di rischio materiali, come le condizioni fisiche, chimiche, biologiche ed ergonomiche che creano rischio per la salute negli ambienti di vita e di lavoro; - fattori di rischio psicosociali, come lo squilibrio tra pressione, controllo, remunerazione e supporto di cui si fa esperienza nelle quotidiane condizioni di vita e di lavoro; - i comportamenti insalubri, come il fumo, l alcool, il sovrappeso, la sedentarietà, la dieta, il sesso non protetto; - le condizioni di suscettibilità individuale alla malattia; la stratificazione sociale influenzerebbe anche la distribuzione ineguale delle condizioni di vulnerabilità agli effetti sfavorevoli sulla salute dei suddetti fattori di rischio; analogamente, la stratificazione sociale influenzerebbe la distribuzione iniqua della vulnerabilità alle conseguenze sociali della malattia (la cosiddetta causazione inversa che provoca la discesa nella scala sociale delle persone malate). Nel precedente paragrafo sono riportate le stime relative alla quota di morti attribuibili alla stratificazione sociale. A questo punto, seguendo lo schema di Diderichsen, il decisore vorrebbe avere maggiori informazioni su: quanto sono intense le disuguaglianze sociali nell esposizione ai singoli determinanti distali: informazioni facilmente disponibili in Italia nelle statistiche correnti; il capitolo 3 offre uno sguardo di sintesi su queste disuguaglianze, con particolare attenzione all aggravamento della concentrazione di molti di questi determinanti sociali tra i più poveri in tempi di crisi; quanto sono intense le disuguaglianze sociali nell esposizione ai determinanti prossimali: in questo caso l informazione è facilmente disponibile per una buona parte degli stili di vita attraverso i dati delle indagini multiscopo ISTAT e delle indagini PASSI; per quanto riguarda le condizioni materiali di vita e lavoro le informazioni sono meno ordinariamente disponibili nei sistemi di indagine, anche se non mancano tentativi di standardizzare la valutazione delle disuguaglianze di esposizioni ambientali e lavorative; i Capitoli 2 e 3 offrono un panorama analitico di quanto è noto in Italia sulle disuguaglianze sociali nell esposizione ai 10

21 Promuovere equità di salute e sanità in Italia fattori di rischio rilevanti per la salute, dimostrando che l esposizione ad ognuno dei fattori di rischio considerati cresce con l abbassarsi della posizione sociale; la dimensione delle disuguaglianze negli stati di vulnerabilità all effetto dei fattori di rischio: la conoscenza scientifica su questo è ancora lacunosa, mentre è meglio studiata la distribuzione non equa della vulnerabilità ad una cattiva prognosi delle malattie (il capitolo 6 offre un panorama di quanto è noto in Italia: le vaccinazioni o la diagnosi precoce di alcuni tumori da un lato e la continuità ed appropriatezza di alcuni importanti percorsi di cura sono stati sottoposti ad equity audit mostrando spesso disuguaglianze sociali di accesso, ma meno frequentemente disuguaglianze di esito; però molti percorsi assistenziali importanti non sono ancora stati monitorati quanto all equità); la dimensione delle disuguaglianze nella vulnerabilità sociale alla malattia: il capitolo 3 richiama i pochi risultati disponibili dalla ricerca italiana in questo ambito, mostrando come la trappola della povertà possa essere influenzata dalla esperienza di malattia in modo più intenso tra le basse posizioni sociali. Questa conoscenza sulle disuguaglianze nell esposizione ai determinanti distali e prossimali dovrebbe guidare le strategie e le azioni di contrasto. Tuttavia, conoscere la distribuzione sociale dell esposizione ai determinanti di ogni meccanismo può essere considerato ancora insufficiente, dato che ogni determinante potrebbe avere un impatto differente sulla dimensione delle disuguaglianze di salute a causa della differente frequenza delle malattie che sono il bersaglio del suo meccanismo di azione. Lo stesso progetto Euro-GBD-SE già richiamato sopra ha provato a misurare quale fosse la quota di mortalità attribuibile alle differenze di istruzione che poteva essere spiegata dalle disuguaglianze di esposizione per titolo di studio dei principali determinanti. Di tutti i possibili determinanti ha preso in considerazione solo quelli per i quali c erano prove che la distribuzione sociale dell esposizione fosse disuguale, e che mostravano in letteratura una solida prova di una relazione causale tra il fattore di rischio e la malattia bersaglio, malattia bersaglio per la quale dovevano essere disponibili dati sulle disuguaglianze di mortalità (Eikemo, 2011) (cfr Capitolo 3 per un esame dettagliato dei risultati). Pertanto i paragrafi del capito 3 descrivono la proporzione % di morti attribuibili alle disuguaglianze per istruzione nella mortalità che risulta spiegabile dalle differenze per istruzione nell esposizione ad una prima lista di determinanti/fattori di rischio che rispondevano ai suddetti requisiti. La lista include tre determinanti distali (reddito basso/non basso, attivo/inattivo sul mercato del lavoro, lavoro manuale/non manuale), quattro stili di vita insalubri (tabacco, esercizio fisico, sovrappeso, dieta), un fattore di rischio biologico (diabete) e un fattore di rischio psicosociale (la partecipazione sociale). Tra le 21 popolazioni europee considerate, l Italia è rappresentata dalle popolazioni di Torino e di Firenze, Livorno e Prato attraverso i rispettivi Studi Longitudinali metropolitani (cfr Capitoli 2 e 5 per una discussione sulla loro rappresentatività del quadro italiano). I paragrafi che seguono indicano in che misura l eliminazione delle differenze per istruzione nell esposizione ad ogni determinante della lista potrebbe ridurre quel poco meno del 30% tra gli uomini e 10-20% tra le donne di mortalità attribuibile alle differenze di istruzione in Italia. 11

22 Capitolo Quale impatto hanno le disuguaglianze di esposizione ai determinanti distali? Se si fosse in grado di eliminare completamente le disuguaglianze per istruzione nei determinanti distali, tipo reddito, condizione occupazionale e classe sociale, quali risultati si potrebbero ottenere? Il reddito è il determinante che dà il singolo contributo più alto nei paesi dove esso è misurabile: una riduzione tra 16 e 20% tra i maschi e 10-15% tra le femmine. L informazione non è disponibile per l Italia, ma si può ragionevolmente immaginare che l effetto sia di un ordine di grandezza comparabile. Tra i determinanti legati al lavoro, la condizione occupazionale (attivo verso non attivo) dà un contributo significativo (10-15% nei maschi e 10-27% nelle femmine). Il caso italiano non fa eccezione con un maggiore impatto tra le donne (50%) dovuto all alta prevalenza di popolazione non attiva e alla bassa mortalità attribuibile alle differenze per istruzione. Nel caso della classe sociale (manuale verso non manuale) la variazione geografica dell impatto è più importante (tra 10 e 30%) tra gli uomini, con l Italia sui valori più bassi della forbice. L impatto di ognuno di questi tre determinanti distali non può essere considerato indipendente, dato che le stime di partenza non sono state mutuamente aggiustate. Inoltre il loro contributo potrebbe esser in parte spiegato dall intermediazione dei fattori di rischio prossimali (di cui al successivo paragrafo). Tuttavia il loro alto contributo a spiegare la mortalità attribuibile alle disuguaglianze per istruzione ne fa uno dei punti di ingresso delle azioni di contrasto particolarmente importante Quale impatto hanno le disuguaglianze di esposizione ai fattori di rischio? L impatto sulla mortalità attribuibile alle disuguaglianze di istruzione dovuto alle disuguaglianze di esposizione agli stili di vita insalubri ha dimensioni variabili nei diversi paesi, a seconda delle variazioni geografiche nella frequenza delle malattie bersaglio e della frequenza e disuguaglianza nella frequenza dell esposizione agli stessi fattori di rischio. Le disuguaglianze per istruzione nel fumo tra gli uomini spiegano una larga frazione delle morti attribuibili alla bassa istruzione nei paesi del Nord Ovest e nell Europa Centro Orientale (11-26%), e più bassa nei paesi Mediterranei (2-6%). La stessa bassa proporzione tra le donne compare in tutti i paesi (dall 1-2% nei paesi Mediterranei al 9% in quelli Nordici), con la sola eccezione della Gran Bretagna dove l impatto arriva intorno al 15%. L eliminazione delle disuguaglianze per istruzione nel sovrappeso e nell obesità ridurrebbe la mortalità attribuibile alle disuguaglianze di più tra le donne rispetto agli uomini dappertutto, ad eccezione dei paesi Nordici (dal 20-40% del Sud al 10-20% dell Europa Centro Orientale al 5-10% di quella Centro Occidentale e di quella Baltica tra le donne). Per quanto riguarda l attività fisica, il quadro è simile a quello del sovrappeso e obesità: tra le donne i paesi Mediterranei mostrano frazioni attribuibili più elevate (10-15%), mentre tra gli uomini la proporzione varia tra l 1 e il 9%. Il consumo di frutta e verdura mostra un impatto modesto tra l 1 e l 8% in entrambi i generi. Sommando insieme il contributo della riduzione delle disuguaglianze nei diversi stili di vita insalubri, sotto l assunzione dell indipendenza del loro effetto, la mortalità attribuibile alle 12

23 Promuovere equità di salute e sanità in Italia disuguaglianze si ridurrebbe considerevolmente in tutti i paesi (mai meno del 20% nel caso della somma di fumo e sovrappeso) (Eikemo, 2011). Eliminando le disuguaglianze nel fattore di rischio della presenza di diabete si aggiunge un altra importante spiegazione tra le donne soprattutto nei paesi Mediterranei (da 15 a 30%) e meno del 10% nel resto dei paesi. L unico esempio disponibile di fattore psicosociale per cui sono disponibili stime di questo tipo, la partecipazione sociale, dà un contributo significativo a spiegare le morti attribuibili alle disuguaglianze nei paesi Mediterranei tra gli uomini (10-20%) e Francia e Austria tra le donne (15-21%). Altre misure di impatto (come la speranza di vita) producono risultati simili (Mäki, 2011). Si deve considerare che l impatto così stimato dei determinanti distali e prossimali potrebbe non essere completamente indipendente, date le interazioni e il ruolo di mediazione che giocano le variabili tra loro e che non sono state completamente aggiustate nei dati di partenza di questo esercizio. Questa considerazione invita ad esaminare ogni meccanismo di spiegazione delle disuguaglianze, e quindi ogni punto di ingresso delle azioni di contrasto, in modo integrato, come già accade con i piani di prevenzione che considerano i fattori di rischio comportamentali come bersaglio di azioni comuni. Altre assunzioni utilizzate in questi esercizi non sono completamente fondate, ad esempio quella dell invarianza del loro effetto sulla mortalità nei diversi strati sociali. Del resto le misure di impatto si riferiscono ad effetti che si svilupperanno dopo molti anni di latenza, mentre le misure di esposizione si riferiscono alla situazione attuale: questo sfasamento temporale va tenuto in conto nella valutazione di questi argomenti. Tuttavia, difficilmente queste incertezze possono cambiare l ordine di grandezza delle stime fatte. Piuttosto, tra i meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute passati in rassegna alcuni meccanismi potenzialmente molto importanti non sono stati inclusi nell esercizio di stima delle morti attribuibili perché non erano disponibili dati sufficienti e di formato e qualità comparabili. E, infatti, significativo constatare che nel caso italiano, la somma dell impatto atteso con l eliminazione delle disuguaglianze per istruzione in tutti i fattori di rischio e determinanti (inclusi nelle figure) lascia non spiegata ancora una frazione importante della mortalità attribuibile alle disuguaglianze di istruzione: per Torino il 45% circa mentre per le popolazioni toscane quasi il 72%. Altri importanti stili di vita, come alcool e sesso non protetto, sono socialmente strutturati e andrebbero esaminati. I rischi professionali sono assenti, anche se sono parzialmente catturati dalle differenze tra lavoro manuale e non manuale. I rischi ambientali non sono stimabili, seppur ci siano evidenze di una maggiore segregazione dei gruppi più svantaggiati nelle aree più compromesse dal punto di vista ambientale, come pure di una maggiore vulnerabilità degli stessi gruppi ai rischi ambientali. Forse il più importante di tutti i determinanti prossimali che non viene considerato è il ruolo dell assistenza sanitaria, di cui pure si sa che riveste un importanza sensibile nelle morti attribuibili alle disuguaglianze. In attesa di disporre di dati comparabili per estendere a questi determinanti l esercizio di stima sulle morti attribuibili, è raccomandabile utilizzare l informazione disponibile sulla distribuzione sociale dell esposizione a questi fattori di rischio, pesata per l importanza relativa delle loro malattie bersaglio, per ottenere stime preliminari in questo senso. 13

24 Capitolo 1 Tuttavia l uso di questo approccio per ricercare le priorità potrebbe essere criticato sotto altri profili. Da un lato, la distribuzione di alcuni di questi determinanti è variabile anche nel tempo perché inserita in una curva epidemica ancora in corso, come nel caso del fumo: tra le donne del Sud non si osservano disuguaglianze sociali di esposizione e la mortalità attribuibile è bassa. Ma la probabilità che questo fenomeno si inverta, con la transizione ad una fase più matura della curva epidemica, in cui le donne meno istruite assumerebbero questa abitudine (come già accaduto in altri paesi più avanti nella stessa curva epidemica), potrebbe indurre a considerare come prioritario proprio l obiettivo di interrompere questa transizione nell epidemia (crf. capitolo 2). Del resto, il mancato riscontro di un contributo significativo alle disuguaglianze di un determinante potrebbe anche essere dovuto al fatto che tutta la popolazione ha un alta esposizione al fattore di rischio in questione, incluse le persone molto istruite. In tale situazione sarebbe comunque prioritario intervenire sul fattore di rischio per rimuoverlo, anche senza la presenza di disuguaglianze sociali. Sui grafici della figura 2 si confrontano la proporzione di morti attribuibili ad ogni singolo fattore di rischio, con la proporzione di morti attribuibili alle disuguaglianze nello stesso fattore di rischio, limitatamente alla popolazione torinese, unica popolazione italiana tra quelle considerate nello studio comparativo europeo che avesse una sufficiente potenza statistica per permettere l elaborazione di queste stime. Queste figure conciliano il punto di vista dell impatto delle disuguaglianze sociali nell esposizione ai fattori di rischio con quello dell esposizione ai fattori di rischio tout court, in modo che si possano tenere in conto entrambi nella scelta di priorità. Figura 2 Proporzione di morti attribuibili a ciascuno dei fattori di rischio e determinanti inclusi nel progetto vs. la proporzione di morti attribuibili alle disuguaglianze per istruzione negli stessi fattori e determinanti. Fonte: EuroGBD-SE. Uno scenario alternativo per la valutazione del potenziale di guadagno di salute è quello del benchmarking geografico: ad esempio quale sarebbe il risultato che si otterrebbe se ogni paese avesse il più basso livello di disuguaglianze sociali nell esposizione ad ogni determinante che si può osservare in Europa? (Eikemo, 2004). In questo approccio ci si misurerebbe con il migliore risultato ottenuto in Europa in termini di prevalenza dell esposizione, di disuguaglianze nella prevalenza e di stratificazione sociale. In questo caso, In questo scenario il fumo rimane il principale punto di ingresso della riduzione delle disuguaglianze per molti paesi del Centro Nord. 14

25 Promuovere equità di salute e sanità in Italia Rimane anche il fatto che la scelta di misurarsi con un traguardo di uguaglianza sulla scala del istruzione è una scelta aritmetica di comodo, ma potrebbe non essere condivisa dai gruppi sociali interessati che, dovendo fare scelte, purché in modo informato e libero, potrebbero anche non desiderare affatto di uniformarsi al profilo di comportamento dei gruppi più istruiti. In conclusione, secondo questo scenario di completa eliminazione delle disuguaglianze per istruzione nell esposizione ai determinanti, i determinanti distali reddito e condizione di lavoro attiva soprattutto risultano sempre importanti nello spiegare una quota significativa delle disuguaglianze di mortalità, fatto che interpella così il ruolo delle politiche redistributive e di quelle della protezione dell occupazione e della sicurezza sociale in genere. L importanza delle differenze di classe (manuale e non manuale) è significativa soprattutto tra gli uomini, e ciò chiama in causa il ruolo delle politiche di promozione della qualità delle condizioni di lavoro. L effetto sulle disuguaglianze di salute di questi determinanti distali potrebbe a sua volta essere mediato dall effetto dei fattori di rischio prossimali. Tra questi, l attività fisica, il sovrappeso e il diabete sono i principali punti di ingresso prossimali del contrasto delle disuguaglianze tra le donne nei paesi occidentali e in Italia in particolare, anche se nel caso italiano la quota totale di morti attribuibili alle disuguaglianze di questi determinanti è minore. Viceversa, l impatto delle disuguaglianze nel fumo sono una porta di ingresso importante nell Europa del Nord e Centro Orientale; inoltre, la protezione dal fumo tra le donne meno istruite del Sud potrebbe essere una situazione transitoria destinata ad invertirsi, tale da suggerire ogni sforzo per evitare tale inversione come una priorità nell Europa mediterranea. Occorre considerare che comunque, prese insieme, le disuguaglianze nei fattori di rischio comportamentali oggetto della strategia Guadagnare Salute hanno in tutte le popolazioni un impatto considerevole che li rende una priorità. Anche la partecipazione sociale ha un grande impatto in tutte le popolazioni in cui è misurabile, dando un idea di quanto sia promettente comprendere meglio ed investire sulle disuguaglianze nei fattori di tipo psicosociale. Implicazioni per le politiche 1. Per la prima volta sono disponibili stime sulla quota di disuguaglianze di salute che sono prevenibili ricercando e promuovendo una distribuzione dei fattori di rischio più simile a quella dei gruppi che hanno saputo fare meglio. Si tratta di una conoscenza cruciale per aprire un dialogo con i decisori politici e sociali, al fine di scegliere i fattori di rischio (ambientali, comportamentali, di uso dei servizi) che spiegano di più le disuguaglianze di salute e permettere così di identificare le azioni da ricalibrare verso obiettivi di equità nella salute pubblica nel paese. La programmazione di politiche attente all equità nella salute dovrebbe essere basata sulle azioni che migliorano la distribuzione sociale di quei fattori di rischio che hanno dimostrato di spiegare maggiormente le disuguaglianze di salute; per questo scopo bisogna rendere disponibili ai decisori strumenti previsionali agili, che permettano di personalizzare le previsioni di impatto dei diversi fattori di rischio in specifici contesti, e così stimare quali sono i meccanismi più rilevanti per la genesi delle disuguaglianze di salute nel proprio ambito di competenza. 2. I determinanti distali della salute, come risorse materiali e qualità e sicurezza del lavoro, spiegano più di ogni altro gruppo di fattori le disuguaglianze sociali di salute e sono 15

26 Capitolo 1 particolarmente critici in questa fase di crisi. Pertanto i centri di programmazione delle politiche dell economia, del lavoro, del welfare e del territorio devono essere responsabilizzati sugli effetti sulla salute delle loro scelte, in modo che possano contribuire a prevenire le disuguaglianze di salute o a moderarne l impatto. La promozione di buoni effetti sulla salute e sulle disuguaglianze di salute dovrebbe essere di norma compresa tra obiettivi delle politiche non sanitarie, soprattutto di quelle dello sviluppo, del lavoro, del welfare e del territorio, le quali dovrebbero documentare adeguatamente l impatto atteso sulla salute e sulle disuguaglianze di salute, in particolare in questa fase di programmazione del nuovo ciclo di fondi strutturali europei. Questo impatto, secondo la teoria dei programmi europei e le evidenze di ricerca, non può che nascere da un miglioramento dell integrazione di queste politiche, fondato sul coordinamento e l azione integrata dei loro sistemi di erogazione (istruzione, formazione, servizi lavoro, welfare, ecc.). 3. Quando si considerano tutte insieme le disuguaglianze negli stili di vita insalubri spiegano una quota rilevante delle disuguaglianze di salute: dunque è necessario che le strategie e i programmi di sanità pubblica orientino prioritariamente le loro azioni verso una più equa diffusione degli stili di vita più salubri, se vogliono guadagnare significativi risultati di salute per la popolazione. Le azioni di promozione della salute coordinate nel nostro paese secondo le strategie Guadagnare Salute e Salute in Tutte le Politiche, dovrebbero documentare adeguatamente in quale misura i loro interventi sappiano moderare le disuguaglianze nei fattori di rischio o di promozione della salute singoli o associati, a favore dei gruppi svantaggiati, contribuendo a ridurre le disuguaglianze di salute. 4. I differenti meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute tendono ad essere simili tra i paesi di area Mediterranea, dove le disuguaglianze di salute sono più spiegate dalle disuguaglianze in sovrappeso diabete e sedentarietà e dove la curva epidemica del fumo non è ancora interamente dilagata, soprattutto tra le donne più svantaggiate. Sarebbe opportuno costruire alleanze con i paesi dell area mediterranea a livello europeo. E necessario costruire alleanze con paesi dell area mediterranea che condividono un analogo profilo delle cause delle disuguaglianze di salute, per trovare le soluzioni più idonee a queste cause comuni e per spingere l Europa ad investire prioritariamente su questi sforzi di ricerca, sanità pubblica, capacity building attraverso i propri programmi europei. 1.6 Quali sono i mezzi per avvicinarsi al traguardo dell uguaglianza? L impatto atteso degli interventi e la loro fattibilità (definire dei target) Gli scenari descritti nei precedente paragrafi risultano da semplici manipolazioni aritmetiche, per stimare il potenziale massimo di miglioramento della salute che si può ottenere eliminando gli effetti della stratificazione sociale (istruzione) nella popolazione e nei suoi comportamenti. La questione che si pone a questo punto è la sostenibilità e fattibilità di un tale traguardo e di una tale prospettiva. Un decisore si chiede quale sia la possibilità concreta di raggiungere questo potenziale risultato, date le conoscenze che abbiamo sulle possibili azioni 16

27 Promuovere equità di salute e sanità in Italia di contrasto e sulla loro efficacia attesa. Questa è l informazione che servirebbe per darsi dei target realistici. La Figura 1 distingue tra target che risultano da una valutazione del potenziale beneficio che deriva da azioni di contrasto la cui efficacia sia stata valutata, e target che risultano da una valutazione operativa della applicabilità di queste azioni nel contesto reale, che quindi considerano problemi di trasferibilità, disponibilità di risorse, di capacità, accettabilità, preferenze, valori Sfortunatamente la letteratura sulle azioni di contrasto, pur ricca di esempi, è povera di prove solide di efficacia. I più recenti tentativi di revisione a tutto campo sono da un lato quelli della Commissione OMS sui determinanti sociali, le cui reti di conoscenza hanno prodotto importanti rassegne di letteratura e di opinioni di esperti in materia, ma con uno sguardo globale che non sempre è applicabile alla realtà italiana; e dall altro i tentativi di adattamento di tale conoscenza al livello europeo, come la Marmot review che ha prima esaminato l evidenza scientifica a sostegno delle azioni di contrasto utile per la Gran Bretagna e attualmente sta ripetendo lo stesso esercizio a livello della regione europea dell OMS. È dall analisi e sintesi critica della documentazione della Marmot review, la più vicina alla situazione italiana, che deriva la revisione delle azioni di contrasto riassunta nel capitolo 4 di questo rapporto e riportata integralmente nella seconda parte del rapporto. Lo stesso progetto Euro-GBD-SE prima commentato ha però permesso di valutare l impatto sulla mortalità attribuibile alle disuguaglianze di due delle misure di contrasto più studiate dal punto di vista dell efficacia, quelle di controllo delle disuguaglianze nel fumo e quelle di miglioramento dei livelli di istruzione, dando un idea di come ci si possa confrontare con scenari più realistici. Nel caso del fumo l intervento studiato meglio è quello sul prezzo del tabacco. Mirando ad ottenere il prezzo più alto tra quelli osservati in Europa (quello irlandese), applicando le disuguaglianze nell elasticità al prezzo del fumo osservata nei principali studi valutativi di buona qualità e aggiustando per potere d acquisto nei diversi paesi europei, risulta che il potenziale di riduzione delle disuguaglianze di mortalità è modesto in Gran Bretagna dove il prezzo è già alto, mentre è piuttosto significativo nell Europa Meridionale dove il prezzo è basso e nell Europa del Nord dove la mortalità attribuibile al fumo è più alta (Judge, 2011). Nel caso degli interventi di miglioramento dei livelli di istruzione, lo scenario più fattibile che è stato testato è quello che prevede che nei prossimi 15 anni le nuove generazioni procedano con lo stesso passo di miglioramento dell istruzione osservato nei paesi OCSE negli ultimi 15 anni nella generazione precedente, sotto l assunzione che le differenze relative di salute rimangano uguali con il cambiamento della stratificazione sociale (assunzione non provata). L impatto atteso di questo cambiamento, ad un passo naturale nella distribuzione sociale per titolo di studio, sarebbe in media di una diminuzione del 12% tra gli uomini e del 19% tra le donne del potenziale massimo di riduzione della mortalità attribuibile all eliminazione totale delle differenze di istruzione illustrate nel paragrafo 1.4. Questo impatto può variare da paese a paese, in funzione dell attuale distribuzione della popolazione per titolo di studio, del passo di miglioramento osservato negli ultimi 15 anni e della forza dell associazione tra titolo di studio e mortalità. I risultati suggeriscono che ci sarebbe un importante potenziale di miglioramento della mortalità attribuibile con investimenti di miglioramento sul sistema scolastico. 17

28 Capitolo 1 Un ultimo tipo di scenario realistico che potrebbe essere messo alla prova è quello che deriva dalla verifica dei risultati di applicazione di target aspirazionali espresso in forma di riduzione delle disuguaglianze nella mortalità o nei fattori di rischio. Ad esempio, nel Regno Unito una solida valutazione delle ragioni per cui il paese non ha raggiunto i target di riduzione delle disuguaglianze di mortalità infantile e speranza di vita nel 2010 ha portato a dimostrare che sarebbe stato possibile raggiungerli se nel 2007 si fossero intrapresi gli interventi necessari per aumentare del 40% le capacità di controllo della pressione e del colesterolo tra gli ipertesi ed ipercolesterolemici e se si fosse raddoppiata la capacità di azione dei servizi di cessazione del fumo, mostrando come i target a breve termine sono più facilmente accessibili se si concentrano su azioni di prevenzione di responsabilità del sistema sanitario. Questi scenari che fanno i conti con l efficacia teorica e pratica degli interventi di contrasto ci danno una misura di quanto debbano essere ridimensionate le stime del massimo potenziale di impatto della riduzione delle disuguaglianze sociali di salute espresse nei due paragrafi precedenti, allo scopo di suggerire alla programmazione delle politiche la formulazione di target più realistici. Tuttavia in questi diversi scenari maggiormente realistici non bisogna trascurare il fatto che target definiti sulla base del benchmarking geografico, cioè che si propongono di realizzare gli stessi risultati che altri paesi europei hanno già raggiunto, potrebbero risultare anche più ambiziosi dello stesso target di massimo potenziale di eliminazione delle disuguaglianze. Infatti i paesi più virtuosi scelti come benchmark potrebbero aver agito contemporaneamente non solo sulle disuguaglianze, ma anche sulla prevalenza generale del fattore di rischio e sulla stratificazione sociale per titolo di studio, garantendo risultati maggiori di quelli che si sarebbero ottenuti dalla sola riduzione delle disuguaglianze relative. Il ventaglio delle politiche e degli interventi adottabili La seconda parte del rapporto che documenta le azioni di contrasto passate in rassegna dalla Marmot Review e i capitoli 5 e 6 suggeriscono che tutti gli ambiti delle politiche sanitarie e non sanitarie hanno a disposizione numerose azioni che opportunamente ricalibrate possono concorrere a contrastare o moderare i vari meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute. Questo significa che ogni politica ed intervento dovrebbe essere disegnato previa l attuazione di un sistema di health equity audit dei processi e dei risultati attesi, cioè attraverso un attento scrutinio di come i meccanismi di funzionamento del dispositivo (contesto, destinatari, attori, processi, risultati) possano innescare uno o più dei meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute prima espresse. Più in dettaglio, alla luce delle valutazioni di impatto riportate nei precedenti paragrafi si potrebbero riconoscere come più promettenti le seguenti tipologie di azione. Le politiche di sviluppo e di inclusione sociale, che agiscono sulla stratificazione sociale e sulle sue principali dimensioni, sono quelle da cui ci si dovrebbe aspettare il più alto impatto in termini di rischio attribuibile, cioè di differenze assolute di rischio. Gli interventi di promozione delle competenze con cui i bambini arrivano alla scuola primaria e quelle con cui escono dalla scuola secondaria superiore sono gli investimenti più promettenti per migliorare la stratificazione sociale sul medio-lungo periodo. Parallelamente, le politiche di sviluppo economico e quelle attive del lavoro, che garantiscono successo nell offerta e nella ricerca di un occupazione più sicura e dignitosa, assicurano risultati significativi per l inclusione sociale, lasciando alle politiche sulla povertà il compito di supplire con misure di protezione sociale del reddito, importanti soprattutto in una fase di crisi. 18

29 Promuovere equità di salute e sanità in Italia Per quanto riguarda le politiche sulle condizioni di lavoro, è intuitivo che qualsiasi intervento che migliori le condizioni ambientali ed organizzative del lavoro porti ad una riduzione delle disuguaglianze sociali di salute nel lavoro dipendente, dato che le più sfavorevoli condizioni di lavoro sono concentrate sulle classi manuali, in proporzione crescente con l abbassarsi del livello di qualificazione, e non dipendono dalla scelta discrezionale della persona. Anche dagli interventi sugli stili di vita insalubri ci si potrebbe aspettare risultati molto significativi nella riduzione delle disuguaglianze di salute. Il problema è che gli interventi di controllo dell inizio e quelli di promozione della cessazione degli stili di vita insalubri (soprattutto gli interventi basati sull informazione e sull educazione) mostrano solitamente un efficacia maggiore sulle persone di alta posizione sociale, a meno che gli interventi vengano progettati su misura per promuovere la salute nelle fasce più svantaggiate e in modo coerente e coordinato con altri interventi regolatori e e di facilitazione sul contesto. Dagli interventi e dalle politiche di controllo dei fattori di rischio ambientale ci si aspetta un impatto relativamente più modesto in termine di casi evitati, ma sicuramente più vantaggioso per i soggetti più svantaggiati, laddove la distribuzione sociale delle condizioni ambientali più sfavorevoli (traffico pesante, rifiuti, contaminazione acque e alimenti ) risulti molto diseguale. Gli interventi di prevenzione sanitaria (riconoscimento e presa in carico precoce degli stati di suscettibilità, come gli screening dell ipertensione o dei tumori prevenibili) sono solitamente molto efficaci per la salute, anche sul breve termine, ma risultano in grado di contrastare le disuguaglianze di salute solo se adottano un approccio di iniziativa e non di attesa, pro-attivo e non passivo, a bassa soglia e non ad accesso strutturato e rigido. Gli interventi e le politiche di diagnosi e cura possono contribuire a controllare gli esiti negativi di malattie ormai insorte, attraverso un accesso tempestivo alle cure di qualità per gli eventi acuti e attraverso un appropriata continuità dell assistenza nel tempo. Per contribuire a controllare le disuguaglianze nella mortalità e negli altri esiti prognostici sfavorevoli, l assistenza sanitaria deve imparare a scrutinare ogni ganglio della sua organizzazione e del suo funzionamento, sia a livello di punto di erogazione, sia a livello dell intero percorso assistenziale, per riconoscere i potenziali meccanismi di generazione delle disuguaglianze sociali nell accesso, nella fruizione e nell aderenza al trattamento e per correggerli attraverso idonei interventi di audit clinico ed organizzativo orientato all equità. Nel sistema sanitario i punti maggiormente sensibili alle disuguaglianze sociali sono i diversi meccanismi di controllo della domanda (ticket ed esenzioni, liste di attesa e criteri di priorità), quelli di controllo dell offerta (allocazione delle risorse, definizione dei livelli essenziali di assistenza), e la gestione dell appropriatezza, qualità e continuità delle procedure e della conduzione dei percorsi assistenziali. Gli interventi che contribuiscono a controllare il meccanismo di discriminazione negativa sulle carriere sociali dei malati sono quelli di protezione dal rischio della trappola della povertà, attraverso le esenzioni dalla compartecipazione alla spesa sanitaria per i malati e i programmi di sostegno economico e sociale, e quelli di facilitazione dei percorsi lavorativi dei malati e dei disabili o delle persone con una forte propensione alla malattia (soggetti con dipendenze socialmente riprovevoli). Dal ventaglio delle azioni di contrasto disponibili descritte nel box, si ricava anche un avvertenza. Ricercare la responsabilità delle politiche guardando ad un solo meccanismo di generazione delle disuguaglianze di salute rischia di ridurre il fenomeno ad una responsabilità sostanzialmente individuale delle risorse dei soggetti e del modo con cui esse sono distribuite. 19

30 Capitolo 1 Tutte le evidenze mostrano invece che il rendimento delle risorse individuali debba essere letto anche all interno di processi sociali contestualizzati che giocano un loro ruolo indipendente. Lo spazio di miglioramento delle politiche sarebbe proprio nella valorizzazione delle loro esternalità (facendole diventare centrali) e nelle possibilità di integrazione virtuosa tra politiche diverse, evitando il rischio che le esternalità dell una riducano o annullino l impatto dell altra. Come pure possono essere rilevanti fenomeni di accumulazione degli svantaggi sociali e degli effetti sulla salute che si verificano sia a livello individuale sia dei contesti sociali, legati a percorsi di sviluppo o degrado nel tempo di specifici gruppi e comunità. In questo senso, le esternalità di specifiche esperienze indotte o sostenute da politiche, sono ancora più rilevanti, perché creano la costruzione sociale all interno della quale certe scelte e/o opportunità sono possibili. Per questo, le politiche universalistiche e preventive, che vengono ampiamente promosse dalla Marmot Review, esigono di lavorare innanzitutto sui contesti, per la riduzione delle disuguaglianze. In conclusione si possono distinguere tre classi e livelli di azioni (Tabella 1): 1 curative, rivolte ai soggetti, 2 di audit, rivolte alle politiche, e 3, di promozione, rivolte ai contesti (Capitolo 4). La prima classe di azioni ha come bersaglio l individuo fragile, con un obiettivo essenzialmente curativo, finalizzato a colmare le carenze di risorse e di capacità che generano i danni sulla salute. Questa strategia di intervento mira ad incidere direttamente sulla stratificazione sociale tentando di compensare i soggetti più svantaggiati. Per quanto riguarda l erogazione di risorse, si tratta delle politiche definite passive, come i trasferimenti di reddito a persone disoccupate. Il suo rischio maggiore è di produrre dipendenza e di avere un rapporto costi-benefici poco favorevole. Per quanto riguarda le capacità, possono trovare spazio interventi finalizzati a forme di empowerment individuale per rafforzare alcune abilità della persona, come le capacità di orientamento o alcune abilità sociali. La seconda classe di azioni, attualmente ben poco praticata, riguarda l analisi del ventaglio di politiche non sanitarie esistenti, per identificare gli impatti che queste politiche hanno sui determinanti ed in particolare l impatto asimmetrico che si trasferisce sulla popolazione, aumentando, di fatto, lo svantaggio e le conseguenze sulla salute di alcune fasce o gruppi. Ad esempio, modifiche sulla mobilità nei centri storici, a seconda di come sono attuate, possono ridurre le possibilità di mobilità degli anziani, con effetti sulla loro autonomia. L analisi metodica delle politiche sanitarie (di sistema e di governance clinica) e non sanitarie (mobilità, urbanistica, lavoro, immigrazione, servizi sociali ) alla ricerca degli impatti, spesso asimmetrici, sui determinanti prossimali di salute è un lavoro complesso, che può tuttavia condurre a identificare effetti previsti dalla politica, ma non sufficientemente valutati per le loro conseguenze sulla salute e i relativi costi sociali, oppure effetti non voluti e non previsti, tuttavia reali. Questo tipo di azione è efficace se viene condotta d intesa con il livello istituzionale responsabile delle politiche che vengono esaminate (dal Comune, alla Provincia, alla Regione, fino alle leggi nazionali), in modo che sia possibile intervenire sulle politiche stesse, correggendone gli effetti non previsti e/o non voluti. Il rischio maggiore è dato dal governo della complessità del processo e dalla effettiva disponibilità da parte degli attori politici a modificare politiche esistenti in direzione dell equità. E quindi centrale il mandato iniziale e la governance del processo. Si tratta di investimenti di medio-lungo periodo, basati sull attivazione degli attori politici, la cui pratica sistematica potrebbe progressivamente migliorare l equità di un ventaglio 20

31 Promuovere equità di salute e sanità in Italia di politiche non sanitarie. La terza classe di politiche, su cui ci sono esperienze progettuali più che strategie organiche di sistema, è finalizzata a promuovere l equità attraverso la creazione e la promozione di politiche che hanno per oggetto diretto la qualità dei contesti. L obiettivo è quindi accrescere la qualità delle esperienze che le persone vivono in uno specifico contesto, aumentando la loro autonomia, il loro coinvolgimento, la dotazione di beni collettivi disponibili e creati nel contesto. Questo tipo di politiche mira a generare un effetto liberante permanente, rimuovendo le cause che rendono le persone passive, schiacciate in condizioni sgradite, private di alternative, sguarnite della possibilità di mettere in gioco scambi e risorse di altri, e che vengono liberate quando i contesti funzionano e innalzano la qualità delle esperienze. Un aspetto di queste politiche che non deve sfuggire riguarda la necessità di integrare politiche diverse, che incidono sul medesimo contesto di vita. Il rischio in questo caso è soprattutto legato al metodo: i progetti e le azioni centrate sul coinvolgimento delle persone e sulla loro attivazione debbono applicare metodologie e tempistiche coerenti e devono trovare uno spazio reale nei sistemi di governo delle risorse e delle decisioni, a tutti i livelli. Nel piccolo (un gruppo di lavoro, una classe, un associazione, un condominio, il personale di un impresa, ecc.) come nel grande (un quartiere di una città, un progetto di sviluppo territoriale, un sistema locale di welfare basato sullo scambio, ecc.), all idea del coinvolgimento basato sull apprendimento di nuove pratiche sociali deve corrispondere una reale delega che consenta di cambiare effettivamente la destinazione delle risorse, le norme che disciplinano il contesto, i poteri che lo regolano, pena la disillusione e frustrazione degli attori e il fallimento dell intervento. In tempi di risorse pubbliche scarse, può risultare ancor più importante il contributo dei contesti dove le persone più vulnerabili sotto il profilo economico e sociale possono mettere in atto esperienze positive e non destrutturanti. Tabella 1 Tre livelli delle politiche (collegate al modello di welfare) CURA INDIVIDUALE Intervento sulle risorse e/o capacità individuali RIDISEGNO CORREZIONE Intervento di equity audit sulle politiche non sanitarie CAMBIO DI PARADIGMA Intervento di empowerment sul rendimento del contesto Bersaglio Individuo Politiche Contesto Indicatore Risorse o stato Impatti sulla salute della politica Qualità del contesto e relativi impatti sulla salute Punto di accesso Dotazione individuale e/o capacità Decisori politici Attori e processi sociali Azione Erogazione Pubblica Amministrazione Modifica normativa Cambiamento del coinvolgimento Logica Assistenziale / passiva e/o empowerment Valutativa / Analitica Creativa / partecipativa / integrativa 21

32 Capitolo 1 Implicazioni per le politiche 1. I programmi di moderazione e contrasto delle disuguaglianze di salute in Europa si sono dimostrati tanto più coinvolgenti e responsabili quanto hanno saputo dotarsi di target quantitativi. Per definire target realistici ci si può fondare sulle prove di efficacia delle azioni di contrasto. E necessario che tutti gli esperti di politiche sanitarie e non sanitarie si sforzino di revisionare in questo senso le possibili azioni di contrasto di loro responsabilità, come accaduto nella Marmot Review britannica, per riconoscere quelle più condivise e utili sulla cui efficacia attesa costruire target raggiungibili, e identificare quelle su cui è necessario investire risorse di ricerca per una valutazione di efficacia. E importante definire target specifici di contrasto delle disuguaglianze di salute affinché ogni attore possa concorrervi con le azioni di propria responsabilità; per questo scopo è opportuno che i diversi attori condividano le conoscenze disponibili sull impatto atteso di ogni azione per scegliere target realistici e raggiungibili. Poiché in molti casi si conosce poco sull efficacia delle azioni di contrasto delle disuguaglianze di salute, occorre dare particolare priorità nei programmi di ricerca sanitaria finalizzata alla ricerca sull efficacia degli interventi di questo tipo. 2. Poiché le disuguaglianze di salute in Italia come in Europa si presentano con un gradiente, dove ad ogni data posizione sociale corrisponde un livello di salute migliore della posizione più bassa sulla scala sociale e peggiore della posizione più alta, allora è necessario che i target di contrasto delle disuguaglianze di salute sappiano ridurre la pendenza del gradiente, in modo da ottenere maggiori miglioramenti di salute per tutta la popolazione. Questo significa che occorre preferire azioni di contrasto e strategie di applicazione che siano improntate al cosiddetto universalismo proporzionale, senza trascurare la possibilità di interventi selettivi sui gruppi più vulnerabili, nei casi in cui siano evidenti soglie di svantaggio sociale che aggravano molto gli effetti sfavorevoli sulla salute. I target e le relative azioni di contrasto, sia in ambito sanitario sia non sanitario, di norma dovrebbero essere orientate all universalismo proporzionale al bisogno allo scopo di diminuire lo svantaggio relativo di salute ad ogni livello della scala sociale, e comunque non dovrebbero peggiorare la salute dei gruppi più avvantaggiati; gli interventi selettivi di miglioramento della salute dei soggetti più vulnerabili dovrebbero essere riservati a tutti i casi in cui il danno alla salute si manifesta solo sotto un certo livello di svantaggio sociale. 3. I migliori programmi di contrasto delle disuguaglianze a livello europeo, così come esaminati dalla Marmot Review, hanno mostrato di saper comporre le azioni di contrasto all interno di una strategia che mette in moto e coordina tra loro tre diversi livelli di azione: gli interventi sulle risorse e/o capacità individuali, gli interventi di equity audit sulle politiche, e gli interventi di empowerment sul rendimento del contesto. I programmi di contrasto delle disuguaglianze in Italia dovrebbero mobilitare azioni capaci di migliorare al tempo stesso le risorse e le capacità di promozione del benessere e della salute dell individuo, ma anche quelle del contesto che può facilitare od ostacolare risorse a capacità individuali; senza trascurare il fatto che tutte le politiche a potenziale impatto sulla salute devono sottomettersi a una verifica di impatto sulle disuguaglianze di salute. 22

33 Promuovere equità di salute e sanità in Italia 4. Per quanto riguarda le politiche non sanitarie un ruolo fondamentale giocano le politiche attive del lavoro, retributive e assistenziali che regolamentano il mercato del lavoro e ne controllano le oscillazioni. In questo gruppo risultano particolarmente efficaci nel contrastare le disuguaglianze di salute gli interventi attivi per ridurre la disoccupazione, specialmente all interno di determinati gruppi sociali, o quelli per contrastare la flessibilizzazione non disciplinata del lavoro; le possibili misure fiscali a sostegno delle categorie lavorative più svantaggiate o ancora le potenziali e adottabili misure di welfare state (come i sussidi di disoccupazione, le misure di sostegno del reddito, i servizi sociali per la tutela famigliare o ancora la copertura assicurativa contro la disoccupazione e la malattia); le politiche di pari opportunità che, facilitando la conciliazione casa-lavoro e l integrazione di soggetti fragili nel mondo del lavoro, possono ridurre le disuguaglianze a carico di categorie vulnerabili quali donne, giovani, immigrati e adulti in famigliemonogenitoriali: e le politiche che influenzano l organizzazione del lavoro e che dovrebbero adottare misure per favorire il coinvolgimento e la responsabilizzazione dei lavoratori, per aumentarne l autonomia specie nelle categorie meno qualificate. La sanità dovrebbe farsi portavoce nell ambito della strategia Salute in Tutte le Politiche del ruolo particolare che le politiche del lavoro e del welfare devono avere nella promozione della salute nella popolazione, contribuendo a ricalibrarne obiettivi e bersagli anche in funzione dell impatto sulle disuguaglianze di salute. 5. Per quanto riguarda le politiche sanitarie le conoscenze disponibili sui meccanismi con cui si generano le disuguaglianze nell assistenza sanitaria e negli esiti delle cure suggeriscono che i livelli di assistenza più vulnerabili alle disuguaglianze sociali sono quelli relativi all assistenza territoriale (prevenzione primaria e secondaria e presa in carico globale della continuità delle cure); anche se molti percorsi assistenziali sono ancora da scrutinare per identificare eventuali scostamenti dall obiettivo di parità di opportunità e di esiti di salute nei processi e nei risultati del percorso che è costitutivo per il SSN. Dal punto di vista delle azioni di correzione, ci sono buone prove che approcci pro-attivi di diagnosi e cura, modelli di gestione integrata del paziente e l assunzione di responsabilità a livello centrale sul tema dell equità nel governo clinico possano essere efficaci non solo nel migliorare complessivamente la qualità delle cure, ma anche nel ridurre le disuguaglianze di accesso e di esito di tali cure. E compito della sanità promuovere modelli organizzativi ed assistenziali che nel contesto di un sistema universalistico rimuovano quanto possibile gli ostacoli materiali, culturali ed organizzativi più importanti ad un equo accesso dell assistenza sanitaria, privilegiando programmi pro-attivi e a bassa soglia di diagnosi e cura nei percorsi assistenziali a maggiore impatto sulla salute, e favorendo e incentivando ogni impegno di equity audit ad ogni livello di responsabilità del SSN. 23

34 Capitolo Le risposte politiche in Europa, in Italia e nelle sue regioni Con questi diversi scenari in mente, che descrivono le potenzialità e i limiti delle politiche di contrasto delle disuguaglianze di salute, si possono esaminare le risposte della politica e delle istituzioni alle disuguaglianze di salute. Il Capitolo 8 esamina in dettaglio la situazione delle politiche di contrasto delle disuguaglianze di salute in Europa e in Italia negli ultimi anni. A livello europeo il capitolo descrive una geografia in evoluzione. I paesi del Nord e il Regno Unito con l Irlanda hanno i risultati migliori in termini di capacità di dare priorità alle disuguaglianze di salute, con molte iniziative del governo nel suo complesso e un fuoco speciale sulla riduzione del gradiente relativo. L Europa Centro Occidentale e la Spagna seguono con livelli di priorità intermedi, iniziative globali del governo meno importanti e più iniziative settoriali centrate sui gruppi più vulnerabili. I paesi Baltici, l Ungheria e l Italia seguono a breve distanza con una consapevolezza simile ma con un minor numero di azioni. Francia, Austria, Polonia, Portogallo e Repubblica Ceca rimangono indietro con poca priorità e consapevolezza e con poche iniziative isolate prevalentemente nel settore sanitario. Naturalmente le capacità di monitoraggio seguono più o meno lo stesso rango. Si può constatare una debole coerenza tra i dati epidemiologici e le scelte delle politiche, valutabili ad un livello abbastanza grossolano: i paesi che nei paragrafi precedenti hanno mostrato maggiori potenziali di riduzione delle disuguaglianze di mortalità dai determinanti distali investono di più su questi, mentre quelli che hanno potenziali maggiori dai fattori prossimali mirano più spesso le loro azioni in modo specifico su di essi; i paesi che sono più indietro nella elaborazione di una strategia coordinata sulle disuguaglianze di salute sono quelli che hanno il maggior grado di inconsistenza tra dati e decisioni. Dunque c è ancora molto spazio per migliorare questi processi decisionali facendo conoscere e usare meglio conoscenza ricca disponibile sui meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute e sul loro impatto. L Italia può fare ancora molti progressi in questo senso sia sul piano nazionale sia su quello regionale. Negli ultimi anni le istituzioni sembrano più sensibilizzate e il tema comincia finalmente, anche grazie agli input europei e seppur in misura ancora insufficiente, a far parte dell agenda politica e della programmazione sanitaria. E stata riconosciuta l importanza della prevenzione e della promozione della salute, e quindi di interventi che agiscano non solo sulle fasi finali dei meccanismi di generazione delle disuguaglianze (l accesso al servizio sanitario), ma anche in quelle intermedie e attraverso approcci che intacchino i determinanti distali della salute. Infine, l impatto della comunicazione europea Solidarity in health ha messo in moto una serie di eventi, tra cui la nascita del gruppo ESS e l elaborazione del presente rapporto, che avranno il compito di diffondere l importanza e la risonanza di questa tematica anche in platee normalmente più sorde ai discorsi dell equità nella salute. Tuttavia, nell impostazione italiana al contrasto delle disuguaglianze permangono ancora alcuni forti limiti: innanzitutto non vi sono mandati e disposizioni cogenti per quanto riguarda le procedure e le responsabilità della progettazione, dell implementazione e della valutazione delle misure; in secondo luogo gli interventi, quand anche di promozione e prevenzione della salute, sono spesso rivolti selettivamente ai gruppi vulnerabili, siano essi minori, immigrati, anziani, 24

35 Promuovere equità di salute e sanità in Italia giovani madri, disabili, adolescenti, e non affrontano né il divario con i livelli di salute dei gruppi più avvantaggiat e tanto meno il gradiente sociale, per il quale occorrerebbe un approccio meno selettivo e più universalistico seppur proporzionale, naturalmente senza peggiorare la salute dei più avvantaggiati; per quanto molti sviluppi siano stati fatti in questo senso e le prospettive per il futuro prossimo siano promettenti, alcuni sistemi informativi sono oggi ancora deboli e soltanto in poche aree sono stati sperimentati e consolidati sistemi di analisi longitudinale della popolazione che prevedano il linkage anche con altre fonti amministrative al fine di ottenere informazioni relative allo status socio-economico degli individui; le prove di efficacia sulle azioni messe in repertorio sono ancora molto povere, così come le ricerche sugli impatti differenziali di salute delle politiche. In tal senso la scarsa diffusione e la non obbligatorietà della valutazione di impatto sulla salute risulta un ancora molto pesante; esiste ancora una forte disparità tra le regioni nella capacità sia di introdurre le disuguaglianze di salute nell agenda della programmazione regionale, sia di sperimentare approcci innovativi che possono nascere solo sul campo e non a tavolino nella programmazione nazionale; per quanto molti progetti, facendo tesoro della strategia Salute in tutte le politiche, abbiano sviluppato proficue partnership e responsabilizzato attori non sanitari e stakeholder, tuttavia i settori coinvolti sono stati quasi sempre gli stessi: servizi sociali, scuola e politiche urbane, ovverossia i comparti amministrativi con cui è più facile costruire misure comuni di prevenzione e in generale più propensi ad includere nella propria programmazione i principi di equità. E anche questi settori più coinvolti, in assenza di una regolamentazione attiva, difficilmente, e ancor meno senza una continua azione di advocacy da parte delle politiche sanitarie, tendono a integrare valutazioni di impatto delle proprie azioni sulla salute e sulla sua distribuzione nella popolazione; infine, le politiche sanitarie non sono state capaci fino ad oggi di includere, se non marginalmente, settori il cui impatto è enorme sulla stratificazione sociale e sulla genesi dei meccanismi di generazione, e quindi sulle politiche del lavoro, su quelle economiche e fiscali e di inclusione sociale. Spesso si ribatte che se le politiche che hanno nella riduzione delle disuguaglianze di salute il loro obiettivo finale, o quantomeno uno degli obiettivi espliciti, sono poche, sono invece molte quelle che, pur avendo un impatto diretto o indiretto sulle disuguaglianze di salute, non contemplano questo aspetto tra le ragioni che ne hanno spinto l adozione e l implementazione. Per quanto le seconde, se correttamente indirizzate e implementate, possano contribuire enormemente alla gestione e alla riduzione delle disuguaglianze di salute, tuttavia soltanto le prime in teoria: prevedono l assegnazione concreta di responsabilità sanitarie e la costruzione di partnership e di canali di comunicazione con il settore sanitario per meglio modellare l intervento; includono al loro interno appropriati ed adeguati sistemi di monitoraggio e di valutazione per quantificare l impatto sulla salute e per predirne la trasferibilità in altri contesti socioterritoriali; aumentano la conoscenza sul funzionamento dei singoli meccanismi di generazione delle 25

36 Capitolo 1 disuguaglianze e sull elasticità della salute in funzione di specifici determinanti distali; infine, contribuiscono in maniera significativa al riconoscimento del valore sociale ed economico della salute, facilitando così una loro internalizzazione stabile nell agenda politica e sociale, anche in caso di crisi economica e di conseguenti tagli alla spesa pubblica. In questo contesto come si possono usare le conoscenze quantitative di questo rapporto per far progredire le politiche nazionali e regionali in Italia verso una strategia più mirata e coordinata? Le situazioni che devono ancora acquisire consapevolezza dell importanza delle disuguaglianze di salute possono beneficiare molto delle nuove stime di impatto sulla mortalità attribuibile dei determinanti sociali, soprattutto in tempi di crisi: il valore retorico di queste conoscenze deve ancora essere abbondantemente utilizzato per far conoscere, sensibilizzare e motivare politici, forze sociali, professionisti. Le situazioni che, viceversa, hanno già buone ragioni per impegnarsi nelle azioni di contrasto possono utilizzare efficacemente la conoscenza sull impatto relativo dei diversi meccanismi di azione, per orientare la scelta di priorità. Infine, le situazioni più avanzate intenzionate a costruire strategie coordinate e globali per il contrasto delle disuguaglianze sono mature per usare queste conoscenze e i relativi strumenti metodologici, per disegnare scenari personalizzati, cioè tagliati su misura delle condizioni che vogliono affrontare nei rispettivi contesti, e per definire target appropriati. Implicazioni per le politiche 1. Nelle esperienze più mature a livello europeo le istituzioni e le agenzie che hanno il compito di informare i processi di decisione a livello nazionale e regionale, per le politiche sanitarie e non sanitarie, hanno utilizzato le migliori conoscenze disponibili per tracciare un programma coordinato e globale di contrasto delle disuguaglianze di salute, sotto il coordinamento dell ente ritenuto più autorevole nel contesto di ogni paese per guidare il programma e assicurare intersettorialità degli interventi e delle responsabilità, più spesso la presidenza del governo o il ministero della salute. E compito della sanità promuovere e guidare lo sviluppo di un programma coordinato e globale di contrasto delle disuguaglianze di salute che coinvolga la responsabilità di tutte le istituzioni pubbliche e sociali che hanno influenza sui risultati di salute, valorizzando il Libro Bianco sulle disuguaglianze di salute elaborato dalla Commissione Salute della Conferenza delle Regioni. Un programma coordinato e globale di contrasto delle disuguaglianze di salute deve saper orientare target, azioni e interventi sulla base delle conoscenze disponibili, in modo che responsabilità e partnership per il raggiungimento degli obiettivi siano ben definite ed assicurate, che i processi e i risultati siano adeguatamente monitorati e valutati, che sia prodotta nuova conoscenza su cause e soluzioni meno studiate, e che alla lunga salute e differenze di salute vengano sempre più internalizzate nei processi decisionali delle politiche sanitarie e non sanitarie. 26

37 Promuovere equità di salute e sanità in Italia 1.8 Conclusioni generali e raccomandazioni per i decisori Raccomandazioni per le priorità nella programmazione sanitaria in Italia 1. Le Regioni e lo Stato devono assegnare alta priorità ad un programma nazionale di contrasto e moderazione dell impatto sulla salute dei determinanti sociali nelle loro strategie di sviluppo, dato che questi determinanti sono i principali responsabili delle disuguaglianze di salute nella popolazione italiana. Se ogni politica si proponesse di ottenere lo stesso risultato di equità nella distribuzione dei determinanti di salute ottenuta dai paesi e dalle regioni che hanno fatto meglio in Europa, si otterrebbero risultati molto vicini prossimi alla riduzione totale delle disuguaglianze sociali di mortalità; dunque non bisogna trattenersi dal porsi traguardi ambiziosi, perché il contrasto delle disuguaglianze di salute rappresenta la principale opportunità per la compressione della morbosità nella popolazione. 2. Per queste ragioni queste conoscenze devono essere integrate nelle principali occasioni di programmazione ordinaria e straordinaria delle politiche nel paese e nelle regioni, con particolare urgenza nel presente tempo di crisi. In particolare per quanto riguarda le politiche sanitarie sono il patto per la salute e i relativi atti di programmazione sanitaria ad esso collegati che devono indirizzare la sanità verso una maggiore equità di accesso ed esito dell assistenza sanitaria. Per quanto riguarda le politiche non sanitarie la politica sanitaria negli stessi atti deve richiamare le altre politiche (sviluppo, occupazione e lavoro, scuola, welfare e territorio) ad assumersi la responsabilità dell impatto che possono avere nel ridurre le disuguaglianze di salute, in particolare in occasione delle misure di austerità. 3. Le disuguaglianze di salute hanno un impatto maggiore nelle regioni del Mezzogiorno a causa della maggiore diffusione dello svantaggio sociale. Questa disparità richiede che l allocazione delle risorse dei servizi, non solo quelle sanitarie, sia sempre più capaci di essere proporzionali alla distribuzione del bisogno. Inoltre le disuguaglianze di salute sono anche relativamente più intense nel Mezzogiorno a causa di una minore capacità della società e dei servizi di quelle regioni di proteggere e curare la salute dei loro assistiti. Questa seconda disparità richiede da un lato uno sforzo importante dei SSR di quelle regioni per migliorare le insufficienze di copertura e qualità che colpiscono i gruppi sociali più vulnerabili; dall altro essa deve diventare una priorità per la programmazione straordinaria del nuovo ciclo dei fondi strutturali europei per investire sulle caratteristiche strutturali dei contesti meridionali che impediscono ai poveri di curare la propria salute come nel resto del paese. 4. Le principali priorità per contrastare le disuguaglianze di salute in Italia sul versante delle politiche non sanitarie sono quelle contro la disoccupazione e il lavoro precario, quelle che migliorano le condizioni di lavoro e quelle che integrano il reddito delle persone per un livello dignitoso di vita in salute. 5. Le principali priorità per contrastare le disuguaglianze di salute in Italia sul versante delle politiche di prevenzione sanitaria sono le azioni di promozione di stili di vita salubri, bersaglio della Strategia Guadagnare Salute che dovrà essere indirizzata verso la riduzione delle disuguaglianze nei comportamenti a rischio che spesso tendono a combinarsi insieme nei gruppi sociali più svantaggiati. Una particolare priorità va assegnata alla necessità di rallentare o impedire la progressione della curva epidemica del fumo tra le donne di bassa posizione sociale e alla progressione della concentrazione 27

38 Capitolo 1 di fattori di rischio nel gruppo delle madri sole e con figli dipendenti, due gruppi che attualmente sono ancora protette dai rischi rispetto al resto dell Europa. 6. Le principali priorità per contrastare le disuguaglianze di salute in Italia sul versante delle politiche di assistenza sanitaria sono quelle di salvaguardare il carattere universalistico del SSN, rimuovendo per quanto possibile gli ostacoli materiali, culturali ed organizzativi più importanti ad un equo accesso dell assistenza sanitaria, privilegiando programmi proattivi e a bassa soglia di diagnosi e cura nei percorsi assistenziali a maggiore impatto sulla salute, soprattutto per i gruppi più vulnerabili e favorendo e incentivando ogni impegno di equity audit ad ogni livello di responsabilità del SSN. Raccomandazioni per far crescere la capacità di contrasto delle disuguaglianze di salute 7. La disseminazione e l applicazione delle conoscenze e delle raccomandazioni del Libro Bianco sulle disuguaglianze di salute dovrebbe contestualizzata in ogni settore delle politiche ad ogni livello (nazionale, regionale e locale) coinvolgendone i soggetti, le responsabilità, le agende e i processi tipici per confezionare su misura le conoscenze che sono più utili per una programmazione delle politiche orientata all equità nella salute. In questo modo ogni settore e livello dovrebbe esplicitamente orientare le azioni e gli interventi al contrasto e alla moderazione di quelle disuguaglianze di salute che sono sotto l influenza delle sue scelte, in modo da garantire responsabilità e partnership per il raggiungimento degli obiettivi, essere adeguatamente monitorati e valutati nei processi e nei risultati, produrre nuova conoscenza sulle cause e soluzioni meno note, internalizzando così la salute tra le responsabilità di tutte le politiche come auspicato dalla strategia Salute in Tutte le Politiche. 8. Prerequisito essenziale perché ogni istituzione e soggetto possano fare la loro parte nel contrasto delle disuguaglianze di salute è che ognuno sia messo in condizione di monitorare le disuguaglianze di mortalità, morbosità, disabilità, uso dei servizi sanitarie ed esposizione ai fattori di rischio ad ogni livello, attraverso la disponibilità di almeno una covariata sociale comparabile in tutti i sistemi informativi sanitari. 9. Molte lacune conoscitive sulle cause e le soluzioni delle disuguaglianze di salute e sulla loro trasferibilità nei diversi contesti potrebbero essere colmate se si investisse maggiormente nella ricerca sanitaria finalizzata e nella sperimentazione di trasferibilità: in particolare ci sono alcuni fattori di rischio per i quali mancano ancora stime affidabili di disuguaglianze di impatto sulla salute, come le condizioni ambientali, le condizioni di lavoro, il ruolo dell assistenza sanitaria, il ruolo dei contesti e il ruolo dei corsi di vita; e bisogna imparare a valorizzare meglio le esperienze con adeguati sistemi di valutazione di impatto, in modo da arricchire la documentazione sull efficacia delle soluzioni. 10. Molte categorie di professionisti sanitari hanno già mostrato spontaneamente una grande sensibilità ai temi delle disuguaglianze di salute, ma molto rimane da fare tramite la formazione di base, specialistica e quella continua per farne degli alleati sia nel miglioramento dell equità nei vari snodi del funzionamento dell assistenza sanitaria e per farne degli avvocati dei temi dell equità nella salute nel resto della società. 11. La realizzazione di queste raccomandazioni richiede da un lato una regia unitaria che può derivare solo da un chiaro mandato di intesa delle regioni e dello Stato e dall altro il contributo tecnico del gruppo di lavoro Equità in Salute e Sanità delle regioni, adeguatamente integrato dal Ministero e da altri centri di responsabilità oltre che dalla 28

39 Promuovere equità di salute e sanità in Italia rete dei centri di riferimento che hanno lavorato alla preparazione del Libro Bianco, ai quali andrà affidato il compito di accompagnare da un punto di vista tecnico lo sviluppo delle azioni. 29

40 Capitolo 1 Bibliografia Avendano M, Kunst AE, Huisman M, et al. Educational level and stroke mortality: a comparison of 10 European populations during the 1990s. Stroke 2004;35(2):432-7 Avendano M, Kunst AE, Huisman M, et al. Socioeconomic status and ischaemic heart disease mortality in 10 Western European populations during the 1990s. Heart 2006; 92: Commissione europea, Relazione sulle disuguaglianze sanitarie: le differenze nella speranza di vita e nella mortalità infantile si riducono in tutta l'ue; Diderichsen, Evans and Whitehead The social basis of disparities in health. In: Evans T, Whitehead M, Diderichsen F, Bhuiya A, Wirth M (eds) Challenging inequities in health. New York: Oxford UP. Eikemo T.A., Hoffmann R., Kulik M. C., Kulhánová I., Toch M., Menvielle G., Mackenbach J.P.,The potential for reduction of health inequalities in Europe, in the EURO-GBD-SE project. euro-gbd-se.eu; Euro-GBD-SE project Huisman M, Kunst AE, Bopp M, et al. Educational inequalities in cause-specific mortality in middle-aged and older men and women in eight Western European populations. Lancet 2005;365: Huisman M, Kunst AE, Mackenbach JP. Educational inequalities in smoking among men and women aged 16 years and older in 11 European countries. Tobacco Control 2005;14: Judge K., Platt S., Costongs C. and Jurczak K. Health Inequalities: a Challenge for Europe, UK Presidency of the EU, London Judge K., Scenarios for reducing health inequalities: an evidence-base review, in the EURO- GBD-SE project. euro-gbd-se.eu; Kulhánaová I., Hoffmann R., Judge K., Eikemo T.A., Mackenbach J.P., The potential reduction of mortality attributable to low education: Evidence from 21 European populations, in the EURO- GBD-SE project. euro-gbd-se.eu; Mackenbach, J, Meerding P., Willem J.,Kunst A,. Economic costs of health inequalities in the European Union. Journal of Epidemiology & Community Health; 2011, Vol. 65 Issue 5, p412. Mackenbach 2008; Kunst AE,Bos V, Lahelma E, Bartley M, Lissau I, et al. Trends in socioeconomic inequalities in self-assessed health in 10 European countries. International Journal of Epidemiology 2005;34: Mackenbach J., Stirbu I., Roskam A-J., Schaap M., Menvielle G., Leinsalu M., Kunst A. for The European Union Working Group on Socioeconomic Inequalities in Health (2008). Socioeconomic inequalities in health in 22 European countries, New England Journal of Medicine, 358: Mackenbach JP, Bos V, Andersen O, et al. Widening socioeconomic inequalities in mortality in six Western European countries. Int J Epidemiol Oct;32(5):

41 Promuovere equità di salute e sanità in Italia Mackenbach JP, Health inequalities: Europe in profile, UK Presidency of the EU, London Mackenbach JP, Huisman M, Andersen O, et al. Inequalities in lung cancer mortality by the educational level in 10 European populations. Eur J Cancer 2004; 40: Mäki N., Martikainen P., Eikemo T., Menvielle G., Lundberg O., Ostergren O., Jasilionis D., Mackenbach J., Educational differences in disability-free life expectancy: A comparative study of long-standing activity limitation in eight European countries, in the EURO-GBD-SE project. euro-gbd-se.eu; Menvielle G, Kunst AE, Stirbu I, et al. Socioeconomic inequalities in alcohol related cancer mortality among men: to what extent do they differ between Western European populations? Int J Cancer 2007; 121: Östergren O, Inequalities in mortality across Europe: An international comparative study. in the EURO-GBD-SE project. euro-gbd-se.eu; Pickett K, Wilkinson K, The Spirit Level: Why Greater Equality Makes Societies Stronger. Bloomsbury Publishing, Phillips CJ, Fordham R, Marsh K et al (2010). Exploring the role of economics in prioritization in public health: what do stakeholder think? Eur J Public Health 21(5): Roskam AJ, Kunst AE, Van Oyen H, et al. Comparative appraisal of educational inequalities in overweight and obesity among adults in 19 European countries. Int J Epidemiol 2010; 39: Ryan M, Scot DA, Reeves C, Bate A, van Teijlingen ER, Russel EM, Napper M, Robb CM (2001). Eliciting public preferences for health care: a systematic review of techniques. Health Technol Assess 5: Simoes EJ, Land GZ, Metzger R, Mokdad A (2006). Prioritarization MICA: a Web-based application to prioritize public health resources. J Public Health Manag Pract 12 (2): Simoes EJ, Mariotii S. Rossi A, Heim A, Lobello F, Mokdad HM, Scafato E. (2012) The Italian ealth surveillance (SiVeAS) prioritization approach to reduce chronic disease risk factor. Int J Public Health, 2012 Feb 14. (Epub ahead of print) Van Raalte A., Kunst A.E., Lundberg,O., Leinsalu M., Martikainen P., Artnik B., Deboosere P., Stirbu I., Wojtyniak B., Mackenbach J.P., The contribution of educational inequalities to lifespan variation. Popul Health Metr. 2012; 10: 3. Wilkin D, Hallan L., Dogget M, Measures of need and outcomes in primary health care. Oxford Medical Publications. Oxford, Wright J. Assessing health needs. In: Pencheon D, Guest C, Melzer D and Gray JAM, Edited by. Oxford Handbook of Public Health Practice. Oxford University Press,

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43 Capitolo 2 LO STATO DELLE DISUGUAGLIANZE DI SALUTE IN ITALIA Le disuguaglianze di salute in Italia tra geografia e posizione sociale Fin dai tempi dell unificazione dell Italia la speranza di vita della popolazione italiana è stata caratterizzata da un incremento progressivo e regolare. Questo incremento negli ultimi ventanni è stato, tuttavia, il risultato di dinamiche molto differenti tra le macro-regioni italiane: una crescita molto più pronunciata al Nord, che partiva da livelli più sfavorevoli all inizio degli anni novanta per convergere invece, a partire dall ultimo biennio, verso i valori delle regioni più virtuose del Centro Italia. Al contrario, l incremento dell aspettativa di vita è stato più lento nel Sud e nelle Isole che, connotate da valori più favorevoli della media nazionale fino all inizio degli anni novanta, hanno rallentato i loro progressi per posizionarsi, congiuntamente, ben al di sotto di questa media a partire dal 2010 (ISTAT, 2013). Questo divario emergente a sfavore della salute del Mezzogiorno ha allarmato l epidemiologia italiana che ne ha fatto oggetto di una specifica sessione di studio e discussione nel 2011 (Costa G. et al., 2011). Com è noto la speranza di vita, pur muovendosi su valori che sono prossimi ad un possibile limite biologico, è suscettibile alle modificazioni di comportamenti e fattori di rischio che, distribuendosi in modo disuguale nei sottogruppi della popolazione e ripercuotendosi sul loro stato di salute, ne influenzano in modo disuguale la sopravvivenza attraverso una pluralità di meccanismi. Le nuove indagini multiscopo Istat sulla salute realizzate in collaborazione con il Servizio sanitario nazionale hanno permesso di correlare l andamento più recente della speranza di vita con il quadro ricavabile dagli indicatori che ne caratterizzano i fattori di rischio e lo stato di salute. Le mappe geografiche della sedentarietà, dello stato ponderale, della salute soggettiva, fisica psichica e mentale, delle malattie croniche riferite e della disabilità evidenziavano infatti un divario importante a sfavore del Sud rispetto al Nord del Paese, con il Centro in una posizione intermedia o più vicina al Mezzogiorno (Sabbadini L et al., 2005). Queste differenze tra macro aree del paese si sovrapponevano, a loro volta, alla distribuzione geografica dello svantaggio socioeconomico, i cui indicatori mostrano un profilo costantemente a sfavore delle regioni del Mezzogiorno. 1 Capitolo a cura di Chiara Marinacci (ministero della Salute) e Marina Maggini (Istituto superiore di sanità) 33

44 Capitolo 2 Alcuni studi hanno quindi provato a valutare quanto le differenze nella salute in Italia corrispondessero alle differenze sociali, riscontrando che, dopo aver aggiustato per le caratteristiche sociali delle persone oltre a quelle demografiche, le differenze geografiche tendevano a ridursi (Costa G et al, 2003). Muovendo dunque dall osservazione di differenze geografiche collineari alle differenze sociali nella maggior parte degli indicatori di salute riferita, di prevalenza dei fattori di rischio, di uso dei servizi sanitari e nel più recente andamento della speranza di vita, il presente capitolo tenta di quantificare, con dati aggiornati, il nesso che lega i valori sfavorevoli di tali indicatori alla concentrazione delle persone con svantaggi nelle risorse culturali, familiari e di potere, a livello italiano, dando conto, ove possibile, dell evoluzione temporale di tale nesso e delle sue diverse dimensioni tra le macro-aree del paese Disuguaglianze nei fattori di rischio comportamentali I principali stili di vita considerati prioritari dalla sanità pubblica per il loro impatto sfavorevole sulla salute sono da un lato le dipendenze (alcool e fumo), dall altro l alimentazione squilibrata, il sovrappeso e la sedentarietà, dall altro ancora l ipertensione e il diabete e la mancata aderenza alla prevenzione e alle cure necessarie per queste condizioni. La distribuzione geografica e sociale di questi fattori di rischio per la salute e il loro andamento temporale sono monitorati da indagini campionarie di popolazione (l indagine multiscopo Istat sulla salute e l indagine PASSI) e dall Osservatorio epidemiologico cardiovascolare. Già all inizio degli anni 2000, una maggiore diffusione di fattori di rischio comportamentali (fumo, cattiva alimentazione, eccesso ponderale, sedentarietà) era osservabile nei gruppi sociali più sfavoriti, con diseguaglianze rilevabili in tutte le fasce di età, a parte alcune eccezioni che riguardavano le donne: in particolare, facevano eccezione la maggior frequenza di consumo di alcolici e di fumatrici tra le donne di alta posizione sociale, sebbene il vantaggio delle meno istruite per l abitudine al fumo sembrava si stesse progressivamente riducendo (Costa G et al, 2004). A metà degli anni duemila, i gradienti sociali nella prevalenza di fumatori risultano marcati tra gli uomini su tutto il territorio nazionale, come mostrato dall indagine multiscopo Istat sulla salute Nel sesso femminile, l associazione col basso titolo di studio è inversa, con una minore frequenza di fumatrici nelle donne di più basso livello di istruzione, soprattutto nelle regioni meridionali. Il fumo tra i giovani manifesta anch esso un gradiente sociale: i giovani di famiglie meno abbienti presentano una maggiore propensione a fumare, e ciò si osserva soprattutto per le ragazze del Centro e Sud Italia, mentre nei maschi l associazione è evidente al Nord. Un recente studio (Gorini G et al, 2013), aggiornando un precedente paper (Faggiano et al, 2001) con i più recenti dati delle multiscopo Istat, ha ricostruito l andamento temporale dell abitudine al fumo per istruzione degli ultimi trent anni, analizzandone le differenze di genere e le variazioni sia per area geografica che per classe di età. Lo studio evidenzia un aumento delle diseguaglianze nell abitudine al fumo tra gli uomini e, tra le donne, la transizione del gradiente verso quello maschile, con un ritardo di 2-3 decadi rispetto ai paesi nord-europei e a fasi differenziate, dal Nord al Sud e a partire proprio dalle più giovani alla fine degli anni novanta. Tale fenomeno sembrerebbe il risultato di differenti dinamiche di iniziazione e 34

45 Lo stato delle disuguaglianze in Italia cessazione del fumo al variare delle coorti di nascita: con il risultato che, nelle coorti più giovani, a parità di età, le differenze sociali di espoisizione al fumo nel proprio corso di vita sembrerebberto più pronuunciate di quelle rilevate nelle coorti nate in epoca precedente (Federico et al, 2007). Nel 2005, l associazione tra obesità e basso livello di istruzione risultava altresì marcata, nelle donne in misura maggiore rispetto agli uomini (Mamo C et al, 2008). Alcune stime aggiornate sugli stili di vita e i fattori di rischio comportamentali provengono anche dal sistema di sorveglianza PASSI che ha intervistato, nel triennio , poco meno di individui di età compresa tra 18 e 69 anni, estratti dagli assistiti di un pool di ASL italiane (nelle quali vive circa l 85% della popolazione residente in Italia) (PASSI ). Il 28% del campione ha riferito di fumare sigarette quotidianamente, frequenza che aumenta tra chi possiede, al più, scolarità media inferiore e riferisce di avere molte difficoltà economiche. Il consumo di alcol a rischio, che riguarda circa il 20% del campione nel triennio in studio, è più diffuso tra gli uomini e, in entrambi i generi, tra le persone con scolarità medio-alta, soprattutto tra le donne, e in quelle senza difficoltà economiche (Passi, 2011). Il 29% degli intervistati di nazionalità italiana risulta sedentario (uomini: 27%; donne 31%), con una maggiore prevalenza di sedentari tra le persone con bassa istruzione, quelle con molte difficoltà economiche riferite e quelle che risiedono nelle Regioni centro-meridionali. Circa una persona ogni dieci (12% uomini; 10% donne) di anni è classificabile come obesa e tale proporzione, oltre a crescere con l età, è maggiore nelle persone con molte difficoltà economiche e in quelle con bassa scolarità (nelle donne con bassa istruzione la prevalenza di obesità è circa doppia rispetto alle laureate). La prevalenza di obesità mostra inoltre un chiaro gradiente geografico Nord-Sud. L 8% degli uomini e il 6% delle donne di anni ha dichiarato di aver avuto, da parte di un medico, la diagnosi di diabete mellito (tipo 1 o tipo 2), un altro fattore di rischio importante per la speranza di vita. La prevalenza riferita di diabete è maggiore tra le persone con un basso livello d istruzione e con molte difficoltà economiche. È presente, inoltre, un gradiente geografico con valori più elevati nelle Regioni del Sud. Per valutare l andamento temporale negli anni più recenti le figure che seguono presentano la prevalenza di ogni fattore di rischio, rilevata attraverso i dati più recenti del sistema di sorveglianza PASSI, in sottogruppi distinti per livello di istruzione, con il relativo andamento temporale (tra il e il ) nelle tre macro-regioni italiane. La figura 1 presenta i dati di prevalenza dei fumatori. Tra gli uomini non si riscontrano variazioni temporali nelle differenze sociali, mentre si evidenzia un incremento delle stesse al Centro-Sud, per effetto di un decremento della prevalenza tra i più istruiti e di un lieve incremento della proporzione di fumatori tra i meno istruiti. Tra le donne, il tradizionale gradiente a vantaggio delle meno istruite appare meno visibile, mentre nel periodo più recente, soprattutto al Nord, si evidenziano i segnali di inversione dello stesso. 35

46 Capitolo 2 Figura 1. Prevalenza di fumatori per livello di istruzione e andamento temporale, per macro-area di residenza. Sistema di Sorveglianza PASSI, periodo La figura 2 riporta le differenze per istruzione nelle prevalenze degli altri fattori di rischio presi in considerazione, in entrambi i sessi. Per quanto riguarda la prevalenza di sedentari, al Nord non si riscontrano differenze nel tempo, mentre l aumento della prevalenza di tale condizione al Centro è accompagnato da un lieve incremento delle differenze per istruzione, a svantaggio delle persone meno istruite; al Sud si osserva un decremento della prevalenza che sembra caratterizzare entrambi i sottogruppi della popolazione. Le differenze sociali nella frequenza di persone sovrappeso o obese non mostrano cambiamenti nel tempo nelle regioni del Centro- Nord, mentre al Sud si osserva un incremento delle stesse nell ultimo periodo analizzato, a svantaggio delle persone meno istruite. Decresce nelle tre macro-regioni la prevalenza di diabete soprattutto tra i meno istruiti, dando luogo ad un decremento delle differenze sociali nell ultimo periodo analizzato. Figura 2. Prevalenza e andamento temporale di alcuni fattori di rischio,per livello di istruzione e macroarea di residenza. Sistema di Sorveglianza PASSI, periodo

47 Lo stato delle disuguaglianze in Italia Per quanto riguarda le abitudini alimentari, pochi studi ne hanno approfondito la distribuzione sociale, soprattutto a livello nazionale. I dati delle indagini multiscopo Istat degli anni riportavano un aumento del consumo di salumi, pane, pasta e riso, carne di maiale, pesce, uova e latticini e, viceversa, una diminuzione nel consumo di frutta, sia tra gli imprenditori e liberi professionisti che tra gli operai e assimilati. Questi due gruppi si differenziavano invece nel consumo di verdura, in aumento nelle persone di classe borghese e in diminuzione negli operai, tra i quali emergeva, altresì, aumento del consumo di carne bovina (Costa et al, 2004; Turrini et al, 2004). Le informazioni provenienti dallo studio EPIC, sempre relative agli anni novanta, evidenziavano, nella popolazione meno istruita, una propensione lievemente inferiore a seguire la dieta mediterranea ricca di frutta, verdura, cereali e povera di grassi animali (Vannoni et al, 2003). Il confronto con altri Paesi europei, condotto all inizio del duemila, ha tuttavia messo in evidenza un gradiente sociale negli stili alimentari ben più modesto nei paesi mediterranei (Prattala et al, 2009), rispetto a quelli del Nord, tanto da ipotizzarne l effetto sulla minore intensità di diseguaglianze nelle malattie circolatorie, largamente riscontrata nei paesi dell Europa meridionale. L Osservatorio epidemiologico cardiovascolare (OEC) 2 ha rilevato con parametri obiettivi la prevalenza di condizioni ad alto rischio (ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, abitudine al fumo di sigaretta, inattività fisica, obesità, diabete) e la prevalenza di sindrome metabolica e malattie cardiovascolari di origine arteriosclerotica, oltre a misurare l aderenza alla prevenzione e alle cure. Il confronto tra due Health Examination Survey condotte dall OEC a distanza di dieci anni (rispettivamente nei periodi e ), ha evidenziato, negli uomini, un incremento della prevalenza di Sindrome Metabolica (basata sulla definizione l ATP-III) nel gruppo meno istruito (+1.4% dal 29%, nel gruppo che include le persone con licenza elementare e media inferiore), ma non nel gruppo più avvantaggiato (-2.9% dal 23%); la prevalenza di ipertesi (Pressione Arteriosa Sistolica>=140 mmhg, Pressione Arteriosa Diastolica >=90 mmhg o in trattamento specifico) sembra diminuire tra il ed il in modo omogeneo per istruzione, seppur non significativamente: in particolare gli ipertesi sotto trattamento specifico aumentano in entrambi i livelli socio-economici di circa il 6% partendo dal 25% di prevalenza nel gruppo svantaggiato e dal 16% tra i più istruiti, mentre diminuiscono in modo omogeneo gli ipertesi non trattati (-7.9% dal 36% nel gruppo meno istruito, -6.6% dal 32% nel gruppo più istruito). Nelle donne la prevalenza di Sindrome Metabolica è diminuita maggiormente nel gruppo meno istruito (-3.1% a partire dal 31%), rispetto alle più istruite (-2.4% dal 12%); analogamente la prevalenza di donne ipertese sembra essere diminuita maggiormente nella classe socio- 2 nato nel 1998 dalla collaborazione fra Istituto superiore di sanità (ISS) e Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (ANMCO), è costituito da una rete di centri ospedalieri pubblici (divisioni, servizi o centri di riabilitazione), dislocati in modo omogeneo su tutto il territorio italiano,,l OEC ha come obiettivi principali: la descrizione della distribuzione dei fattori di rischio cardiovascolare nella popolazione italiana la stima della prevalenza di condizioni ad alto rischio la stima della prevalenza delle malattie cardiovascolari di origine arteriosclerotica, come angina pectoris, infarto miocardico, TIA (Transient Ischaemic Attack, attacco ischemico transitorio cerebrale), ictus cerebrale, claudicatio intermittens e fibrillazione atriale. Per approfondimenti: 37

48 Capitolo 2 economica bassa (-5.5% dal 55%) rispetto a quella più elevata (-4.9% dal 30%). Le donne ipertese sotto trattamento specifico aumentano in entrambi i gruppi di oltre il 2%, partendo dal 30% di prevalenza nel gruppo meno istruito e dal 12% nel gruppo rimanente; diminuiscono le donne ipertese ma non in trattamento, in entrambi i sottogruppi distinti per istruzione (-8.3% dal 25% in bassa istruzione, -7.2% dal 19% in alta istruzione) (EACPR, 2013). Negli ultimi 10 anni, il trend dei principali fattori di rischio cardiovascolare sembra essere più favorevole negli uomini con livello d istruzione più elevato; nelle donne questo fenomeno è meno evidente. In conclusione si puo dire che i principali fattori di rischio comportamentali per le malattie croniche (dipendenze, sedentarietà e sovrappeso, diabete, aderenza a prevenzione e cure) presentano disuguaglianze geografiche a sfavore del Mezzogiorno e disuguaglianze sociali a sfavore delle persone meno istruite ed economicamente svantaggiate, in entrambi i generi. Uniche eccezioni sono la dipendenza da fumo e l abuso di alcool tra le donne dove questi stili accompagnano i processi emancipatori e quindi sono più legati alle classi sociali più avvantaggiate, che prima di altre ne sono state protagoniste. Ma tra le giovani donne il quadro sta rapidamente cambiando: già nel caso del fumo, vi si osserva il noto quadro delle disuguaglianze a sfavore dei meno istruiti e più poveri che gli uomini hanno da tempo manifestato. Negli ultimi anni queste disuguaglianze sono relativamente stabili, con l eccezione dell inversione di segno delle disuguaglianze nel caso del fumo tra le donne già citato e della diminuzione delle disuguaglianze nell aderenza alla prevenzione e alle cure per l ipertensione ed il diabete. 38

49 Lo stato delle disuguaglianze in Italia Condizioni socioeconomiche individuali e salute riferita; associazioni, variazioni temporali e ruolo dell area di residenza Il ricco patrimonio informativo delle indagini multiscopo Istat sulla ha permesso di stimare, negli anni duemila, l influenza simultanea dell area di residenza e di diversi indici di posizione sociale nei confronti di una pluralità di indicatori di salute riferita, tra i quali l indice di stato fisico e psicologico 3 e la presenza di una o più malattie croniche gravi. Nelle ultime due edizioni dell indagine (rispettivamente e ), gli uomini mostrano una salute fisica che peggiora al decrescere del livello di istruzione, della condizione socio-occupazionale e della qualità dell abitazione, pur controllando simultaneamente per tutte queste condizioni (Marinacci C. et al., 2011) (Tabella 1). Le persone in possesso di licenza elementare, oltre ai disoccupati o ritirati dal lavoro, mostrano mediamente circa due punti in meno dell indice di stato fisico se confrontati, rispettivamente, con le persone con alta istruzione e con i lavoratori non manuali. Si evidenzia invece, tra le due indagini, una significativa riduzione del gradiente di salute a svantaggio del Mezzogiorno, pur se i suoi residenti continuano a mostrare salute fisica peggiore dei residenti al Nord; tale svantaggio accomuna, nel 2005, tutti i residenti nel Centro-Sud e nelle Isole. Gli uomini meno istruiti, i disoccupati, coloro che vivono in abitazioni piccole o in affitto, oltre a chi è povero di risorse di aiuto familiare, come i monogenitori o gli anziani soli, mostrano svantaggi significativi di dimensione comparabile anche nella salute psicologica, svantaggi che risultano stabili nel tempo; al contrario, i lavoratori manuali mostrano una salute psichica migliore di quella dei lavoratori non manuali. I risultati sopra descritti si accompagnano ad una variabilità regionale significativa nella stima del decremento medio di salute (fisica e psicologica) dei più sfavoriti, in particolare disoccupati o ritirati dal lavoro. La figura 3 riporta, per gli uomini, le graduatorie delle regioni italiane nel 2005, e le relative variazioni rispetto al 2000, basate proprio sugli scostamenti regionali da tali svantaggi di salute dei disoccupati. Le graduatorie nel 2005 presentano un marcato gradiente geografico, soprattutto nella salute fisica, a svantaggio delle regioni del Sud, cui sembra così corrispondere un ulteriore decremento nella salute fisica dei disoccupati, rispetto a quella dei lavoratori non manuali; al contrario di quanto osservato in regioni del Nord, come Valle D Aosta, Friuli e Lombardia, ove i disoccupati sembrano avere uno svantaggio minore. L Abruzzo, oltre alla Toscana, alla Valle D Aosta e alle Marche mostrano un miglioramento, rispetto al 2000, della propria posizione relativa, avendo evidentemente contribuito, nel quinquennio, a ridurre al proprio interno le diseguaglianze di salute fisica per condizione occupazionale. Per la salute mentale tale fenomeno è osservabile soprattutto in Abruzzo e in Sardegna. 3 La rilevazione dello stato di salute nelle indagini multiscopo Istat sulla salute degli anni 2000 e 2005 è stata effettuata anche attraverso la somministrazione del questionario SF12 (Short Form Health Survey), tratto da una versione più estesa (SF36) e già utilizzato in numerosi studi condotti su popolazioni europee. Con l SF12 vengono rilevati, mediante 12 quesiti, otto diversi aspetti dello stato di salute: attività fisica, limitazioni di ruolo dovute alla salute fisica, stato emotivo, dolore fisico, percezione dello stato di salute generale, vitalità, attività sociali e salute mentale. La sintesi dei punteggi consente di costruire due indici dello stato di salute, uno riguardante lo stato fisico (Indice di Stato Fisico), l altro quello psicologico (Indice di Stato Psicologico). I valori degli indici sintetici variano, nell indagine del 2005, da 11,1 a 68,9 per l Indice di Stato Fisico e da 7,5 a 72,3 per l Indice di Stato Psicologico, indicando al loro crescere migliori condizioni di salute psicofisica (Gargiulo, 2008). 39

50 Tabella 1. Indice di stato fisico, indice di stato psicologico e presenza di una o più malattie croniche gravi (coefficienti e ORs da modelli multilivello di regressione ) in funzione di indicatori di posizione sociale (reciprocamente controllati) e ripartizione geografica di residenza. Campioni di uomini, popolazione italiana con età compresa tra 25 e 80 anni - anni 2000 e 2005 Uomini indice di stato fisico indice di stato psicologico una o più malattie croniche gravi trend trend trend coeff IC 95% coeff IC 95% coeff IC 95% coeff IC 95% OR IC 95% OR IC 95% ISTRUZIONE Alta 0,00 0,00 0,00 0,00 1,00 1,00 Media -0,63 (-0.80; -0.45) -0,66 (-0.83; -0.48) -0,14 (-0.34; 0.06) -0,36 (-0.56; -0.16) 1,19 (1.10; 1.30) 1,14 (1.05; 1.23) Bassa -2,07 (-2.28; -1.86) -1,96 (-2.18; -1.74) -0,90 (-1.15; -0.66) -0,95 (-1.20; -0.70) 1,37 (1.26; 1.48) 1,23 (1.14; 1.33) CONDIZIONE SOCIO- OCCUPAZIONALE lavoratore non manuale 0,00 0,00 0,00 0,00 1,00 1,00 lavoratore manuale -0,44 (-0.63; -0.26) -0,58 (-0.77; -0.39) 0,62 (0.40; 0.83) 0,44 (0.22; 0.66) 1,07 (0.97; 1.19) 1,02 (0.93; 1.12) disoccupato, ritirato -1,92 (-2.12; -1.72) -1,79 (-1.99; -1.58) -0,72 (-0.95; -0.49) -0,60 (-0.84; -0.37) 1,56 (1.43; 1.70) 1,47 (1.36; 1.59) TIPOLOGIA FAMILIARE coppia con figli o coppia di anziani 0,00 0,00 0,00 0,00 1,00 1,00 monogenitore o anziano solo 0,05 (-0.23; 0.33) 0,12 (-0.16; 0.40) -0,73 (-1.06; -0.41) -0,81 (-1.13; -0.49) 0,79 (0.70; 0.89) 0,89 (0.80; 1.00) coppia senza figli/altro -0,43 (-0.59; -0.27) -0,15 (-0.31; 0.01) -0,13 (-0.32; 0.05) 0,04 (-0.15; 0.22) 1,07 (1.00; 1.14) 1,06 (0.99; 1.12) TIPOLOGIA ABITAZIONE grande o di proprietà 0,00 0,00 0,00 0,00 1,00 1,00 piccola o in affitto -0,80 (-1.00; -0.60) -0,94 (-1.19; -0.69) -1,01 (-1.24; -0.78) -0,84 (-1.12; -0.55) 1,22 (1.13; 1.33) 1,23 (1.12; 1.35) RIPARTIZIONE GEOGRAFICA Nord 0,00 0,00 0,00 0,00 1,00 1,00 Centro -0,51 (-1.08; 0.07) -0,53 (-0.90; -0.17) -0,32 (-0.97; 0.33) -0,39 (-1.01; 0.23) 1,23 (1.12; 1.36) 1,12 (0.96; 1.31) * Sud -1,18 (-1.68; -0.68) -0,57 (-0.88; -0.25) * -0,87 (-1.44; -0.31) -0,54 (-1.08; 0.00) 1,28 (1.17; 1.39) 1,07 (0.93; 1.23) * Isole -1,17 (-1.89; -0.46) -0,89 (-1.32; -0.45) -0,06 (-0.86; 0.74) 0,11 (-0.65; 0.87) 1,19 (1.06; 1.34) 1,05 (0.86; 1.27) aggiustati per età, dimensione demografica e zona altimetrica del comune di residenza * p-value< 0.05 per l ipotesi di assenza di variazione temporale 40

51 Tabella 2. Indice di stato fisico, indice di stato psicologico e presenza di una o più malattie croniche gravi (coefficienti e ORs da modelli multilivello di regressione ) in funzione di indicatori di posizione sociale (reciprocamente controllati) e ripartizione geografica di residenza. Campioni di donne, popolazione italiana con età compresa tra 25 e 80 anni - anni 2000 e 2005 Donne indice di stato fisico indice di stato psicologico una o più malattie croniche gravi coeff IC 95% coeff IC 95% trend coeff IC 95% coeff IC 95% trend OR IC 95% OR IC 95% trend ISTRUZIONE Alta 0,00 0,00 0,00 0,00 1,00 1,00 Media -0,70 (-0.91; -0.49) -0,58 (-0.78; -0.38) -0,22 (-0.47; -0.04) -0,69 (-0.93; -0.45) * 1,15 (1.04; 1.27) 1,12 (1.03; 1.21) Bassa -2,45 (-2.68; -2.21) -2,19 (-2.43; -1.95) -1,28 (-1.56; -0.99) -1,73 (-2.01; -1.45) 1,58 (1.44; 1.72) 1,32 (1.22; 1.43) * CONDIZIONE SOCIO- OCCUPAZIONALE lavoratrice non manuale 0,00 0,00 0,00 0,00 1,00 1,00 lavoratrice manuale -0,37 (-0.64; -0.10) -0,47 (-0.74; -0.20) 0,79 (0.46; 1.11) 0,34 (0.03; 0.66) 0,96 (0.83; 1.10) 0,95 (0.84; 1.08) Casalinga 0,09 (-0.13; 0.30) -0,15 (-0.36; 0.06) 0,16 (-0.10; 0.42) 0,34 (0.09; 0.59) 1,06 (0.97; 1.16) 1,02 (0.93; 1.11) disoccupata, ritirata -0,39 (-0.61; -0.17) -0,82 (-1.06; -0.57) * 0,07 (-0.20; 0.07) 0,33 (0.04; 0.62) 1,21 (1.11; 1.32) 1,15 (1.05; 1.26) TIPOLOGIA FAMILIARE coppia con figli o coppia di anziani 0,00 0,00 0,00 0,00 1,00 1,00 monogenitore o anziana sola -0,37 (-0.61; -0.14) -0,35 (-0.59; -0.12) -1,61 (-1.89; -1.33) -1,31 (-1.58; -1.03) 1,14 (1.05; 1.23) 1,16 (1.07; 1.25) coppia senza figli/altro -0,29 (-0.47; -0.12) -0,09 (-0.26; 0.09) -0,12 (-0.34; 0.09) 0,03 (-0.17; 0.24) 1,15 (1.08; 1.22) 1,10 (1.03; 1.18) TIPOLOGIA ABITAZIONE grande o di proprietà 0,00 0,00 0,00 0,00 1,00 1,00 piccola o in affitto -1,08 (-1.29; -0.87) -1,47 (-1.72; -1.21) -0,93 (-1.19; -0.68) -1,18 (-1.47; -0.88) 1,17 (1.08; 1.25) 1,21 (1.11; 1.31) RIPARTIZIONE GEOGRAFICA Nord 0,00 0,00 0,00 0,00 1,00 1,00 Centro -0,39 (-0.12; 0.24) -0,79 (-1.26; -0.32) * -0,78 (-1.77; 0.21) -1,14 (-1.83; -0.45) 1,06 (0.96; 1.17) 1,18 (1.04; 1.34) Sud -1,64 (-2.20; -1.09) -1,06 (-1.47; -0.64) * -0,95 (-1.82; -0.09) -0,40 (-1.00; 0.21) 1,24 (1.14; 1.34) 1,14 (1.02; 1.28) * Isole -2,02 (-2.82; -1.23) -1,87 (-2.45; -1.30) -0,68 (-1.92; 0.56) -0,49 (-1.33; 0.35) 1,29 (1.15; 1.44) 1,20 (1.03; 1.40) aggiustati per età, dimensione demografica e zona altimetrica del comune di residenza * p-value< 0.05 per l ipotesi di assenza di variazione temporale 41

52 Lo stato delle disuguaglianze in Italia Figura 3. Indici di stato fisico e psicologico. Graduatorie (anno 2005) e relative variazioni temporali (da 2000 a 2005) degli scostamenti regionali intorno ai coefficienti stimati da modello. Campioni della popolazione italiana di età compresa tra 25 e 80 anni - Anni 2000 e 2005 Uomini. Nota: Scostamenti da coefficienti stimati da modello per disoccupati e ritirati (vs. lavoratori non manuali). Basso rango equivale a maggiore decremento di salute tra disoccupati o ritirati (vs. lavoratori non manuali), viceversa alto rango equivale a minore decremento di salute Nota: Scostamenti da coefficienti stimati da modello per disoccupati e ritirati (vs. lavoratori non manuali). Basso rango equivale a maggiore decremento di salute tra disoccupati o ritirati (vs. lavoratori non manuali), viceversa alto rango equivale a minore decremento di salute Disoccupati e ritirati dal lavoro sembrano presentare la maggiore probabilità di riportare una o più malattie croniche gravi; i meno istruiti e gli uomini residenti in abitazioni disagiate mostrano una prevalenza significativamente maggiore, del 20% circa, di presentare malattie croniche rispetto alle relative categorie di riferimento (Tabella 1). L area geografica di residenza, cui nel 2000 corrispondeva un regolare gradiente di morbosità a svantaggio del Centro e del Sud, nel 2005 non sembra associarsi ad una differente probabilità di riportare cronicità. In entrambi i periodi oggetto d indagine, anche le donne mostrano un indice di stato fisico che peggiora, soprattutto, al decrescere del livello di istruzione, e, in misura più modesta, della condizione socio-occupazionale, della qualità dell abitazione e del grado di supporto familiare (Tabella 2). Si osserva inoltre un significativo peggioramento, tra i due anni di rilevazione, del differenziale di salute tra lavoratrici non manuali e la categoria comprendente disoccupate e ritirate dal lavoro. Gli svantaggi di salute legati all area geografica sembrano ridursi al Sud ma accentuarsi al Centro, evidenziando quindi, come per gli uomini, un divario tra chi risiede al Nord e chi vive nelle restanti aree del paese. Per quanto riguarda la salute psicologica femminile, aumenta significativamente nel tempo il divario tra le donne con alta e bassa istruzione. Si evidenzia, nel 2005, uno stato psicologico peggiore tra le lavoratrici non manuali, con riferimento a tutte le altre categorie socio-occupazionali considerate. Si confermano invece gli svantaggi di salute tra le donne monogenitori o sole, e tra coloro che risiedono in abitazioni piccole o in affitto. Scompare nel 2005 lo svantaggio nella salute psicologica osservato al Sud nel 2000, mentre si evidenziano livelli medi dell indice significativamente peggiori tra le residenti nelle aree del Centro Italia, rispetto al Nord. Anche tra le donne, le stime delle associazioni tra posizione sociale e salute sono caratterizzate dalla presenza di una significativa variabilità regionale nel decremento di salute (fisica e psicologica) delle meno istruite (Figura 4). Le graduatorie degli scostamenti regionali nel 2005 presentano un marcato gradiente geografico: tra le meno istruite, le residenti in alcune regioni del Sud presentano un ulteriore svantaggio nella salute fisica e psicologica, rispetto a quella che si osserva tra le più istruite. Viceversa nel Nord il gradiente per istruzione sembra ridursi. Il Molise presenta un marcato incremento nel proprio rango tra il 2000 e il 2005; al contrario la Basilicata presenta un forte decremento di rango nella salute mentale rispetto al 2000, caratterizzandosi per il maggiore differenziale per istruzione. 42

53 Capitolo 2 Figura 4. Indici di stato fisico e psicologico. Graduatorie (anno 2005) e relative variazioni temporali (da 2000 a 2005) degli scostamenti regionali intorno ai coefficienti stimati da modello. Campioni della popolazione italiana di età compresa tra 25 e 80 anni - Anni 2000 e 2005 Donne. Nota: Scostamenti da coefficienti stimati da modello per le persone in possesso di bassa istruzione (vs. alta) - basso rango equivale a maggiore decremento di salute tra donne con bassa istruzione (vs. donne con alta istruzione), viceversa alto rango equivale a minore decremento di salute. Infine, anche tra le donne, la probabilità di riportare una o più malattie croniche gravi risulta significativamente più elevata al decrescere del livello d istruzione (seppure con gradiente decrescente nel tempo), della consistenza della rete familiare, della qualità dell abitazione ed, infine, è maggiore tra le donne disoccupate o ritirate dal lavoro. Tra le due rilevazioni si osserva una riduzione significativa del differenziale geografico di morbosità a svantaggio del Sud, pur se nel 2005 la geografia della morbosità cronica appare polarizzata tra il Nord, dove la frequenza di malattie è significativamente più bassa, ed il resto d Italia (Tabella 2). Il confronto tra i generi nelle variazioni di salute per posizione sociale evidenzia diseguaglianze per istruzione lievemente più pronunciate tra le donne in tutti gli indicatori di salute, così come a sfavore delle donne monogenitori o sole. I dati del sistema di sorveglianza PASSI confermano questi risultati, mostrando una percezione positiva del proprio stato di salute (intervistati che hanno dichiarato di stare bene o molto bene) nel 71% degli uomini e nel 61% delle donne, con una frequenza maggiore tra le persone con scolarità più alta e quelle senza difficoltà economiche riferite. Al contrario, la presenza di almeno una malattia cronica, riferita dal 18% degli intervistati, risulta più frequente tra le persone con un basso livello d istruzione e tra quelle che riferiscono molte difficoltà economiche (Passi, 2011). In conclusione si può dire che ogni svantaggio nella posizione sociale individuale (basso titolo di studio, disoccupazione, basso valore della casa) influenza negativamente la salute in tutte le sue componenti, sia quelle fisiche e psicologiche della salute riferita, sia quelle relative alle malattie croniche riferite come diagnosticate da un medico, in entrambi i sessi. L intensità di queste disuguaglianze sociali nella salute cresce nel paese muovendo da Nord a Sud, come se il contesto meridionale fosse meno capace di proteggere le persone dall effetto sfavorevole sulla salute dello svantaggio sociale individuale. Queste disuguaglianze sono stabili nel tempo nel corso degli anni duemila. 43

54 Lo stato delle disuguaglianze in Italia Posizione sociale e indicatori di accesso ai servizi sanitari: associazioni e relative variazioni tra il 2000 e il 2005 Le disuguaglianze di salute, una volta manifestate, dovrebbero tradursi in analoghe disuguaglianze negli indicatori di fabbisogno dell assistenza sanitaria: questo significa che i principali Livelli di Assistenza dovrebbero seguire una distribuzione sociale omogenea con quella degli indicatori di salute. Le ultime edizioni delle indagini multiscopo Istat sulla salute hanno rilevato, altresì, informazioni dettagliate su alcuni indicatori di utilizzo dei tre principali Livelli di Assistenza: assistenza ospedaliera, specialistica e cure primarie(ricorso al medico di famiglia), che pertanto sono state analizzate in funzione della posizione sociale e dell area di residenza (Tabelle 3 e 4). In entrambe le indagini al e si è osservato, tra gli uomini, un marcato incremento nella probabilità di ricovero al decrescere dell istruzione, oltre ad un maggior rischio di ospedalizzazione tra disoccupati, ritirati e residenti nelle isole (Marinacci C. et al, 2013) (Tabella 3). Sparisce nel quinquennio, invece, la maggiore frequenza di ospedalizzazione osservata nel 2000 tra i monogenitori o gli anziani soli, tra i residenti in case piccole o in affitto e tra gli abitanti al Centro-Sud. Il ricorso all assistenza specialistica appare invece connotato da un gradiente che cresce regolarmente con il titolo di studio; disoccupati o ritirati vi ricorrono, tuttavia, più frequentemente dei lavoratori non manuali. Si evidenzia, soltanto nel 2005, una probabilità di accesso alla specialistica lievemente maggiore tra i residenti al Centro, rispetto a chi vive al Nord. Il ricorso al medico di famiglia è lievemente maggiore tra gli uomini meno istruiti, più elevato tra disoccupati o ritirati e lavoratori manuali, tra le coppie giovani senza figli o gli anziani non soli e non in coppia, e tra chi possiede un abitazione piccola o in affitto. Non si osservano variazioni in ragione della ripartizione geografica di residenza. 44

55 Tabella 3. Accesso ai servizi sanitari (coefficienti e ORs da modelli multilivello di regressione ) in funzione di indicatori di posizione sociale (reciprocamente controllati) e ripartizione geografica di residenza. Campioni di uomini, popolazione italiana con età compresa tra 25 e 80 anni - anni 2000 e 2005 ricovero negli ultimi 3 mesi prestazione specialistica nelle ultime 4 sett. ricorso a MMG nelle ultime 4 sett trend trend trend ISTRUZIONE OR IC 95% OR IC 95% OR IC 95% OR IC 95% OR IC 95% OR IC 95% alta 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 media 1,26 (1.10; 1.45) 1,20 (1.03; 1.39) 0,92 (0.87; 0.98) 0,90 (0.84; 0.95) 1,10 (1.02; 1.18) 1,01 (0.94; 1.08) bassa 1,38 (1.20; 1.59) 1,34 (1.14; 1.57) 0,79 (0.73; 0.84) 0,86 (0.80; 0.92) * 1,16 (1.07; 1.25) 1,11 (1.02; 1.20) CONDIZIONE SOCIO-OCCUPAZIONALE lavoratore non manuale 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 lavoratore manuale 1,13 (0.97; 1.31) 1,11 (0.93; 1.32) 1,05 (0.98, 1.12) 0,94 (0.88; 1.01) * 1,24 (1.14; 1.34) 1,23 (1.14; 1.33) disoccupato, ritirato 1,43 (1.24; 1.65) 1,24 (1.06; 1.46) 1,24 (1.16; 1.33) 1,14 (1.07; 1.23) 1,40 (1.30; 1.52) 1,43 (1.32; 1.55) TIPOLOGIA FAMILIARE coppie con figli o coppie di anziani 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 monogenitori o anziani soli 1,25 (1.04; 1.49) 1,00 (0.82; 1.24) 0,93 (0.84; 1.02) 0,91 (0.82; 1.00) 1,07 (0.96; 1.20) 1,08 (0.98; 1.20) coppie senza figli/altro 1,08 (0.97; 1.20) 0,98 (0.87; 1.11) 1,13 (1.07; 1.19) 1,03 (0.97; 1.08) 1,15 (1.08; 1.22) 1,08 (1.02; 1.15) TIPOLOGIA ABITAZIONE grande o di proprietà 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 piccola o in affitto 1,22 (1.07; 1.38) 0,98 (0.82; 1.18) * 1,03 (0.96; 1.11) 1,02 (0.94; 1.11) 1,10 (1.02; 1.19) 1,11 (1.01; 1.21) RIPARTIZIONE GEOGRAFICA Nord 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 Centro 1,16 (1.00; 1.35) 0,99 (0.84; 1.18) 1,07 (0.95; 1.21) 1,12 (1.00; 1.25) 1,04 (0.86; 1.25) 1,21 (0.96; 1.53) * Sud 1,45 (1.28; 1.64) 1,05 (0.91; 1.22) * 0,91 (0.82; 1.01) 0,94 (0.85; 1.03) 1,01 (0.86; 1.19) 1,10 (0.90; 1.35) Isole 1,43 (1.21; 1.68) 1,25 (1.04; 1.52) 0,97 (0.83; 1.12) 0,92 (0.81; 1.05) 1,03 (0.82; 1.29) 1,06 (0.80; 1.41) aggiustati per età, dimensione demografica e zona altimetrica del comune di residenza * p-value< 0.05 per l ipotesi di assenza di variazione temporale 45

56 Tabella 4 Accesso ai servizi sanitari (coefficienti e ORs da modelli multilivello di regressione ) in funzione di indicatori di posizione sociale (reciprocamente controllati) e ripartizione geografica di residenza. Campioni di donne, popolazione italiana con età compresa tra 25 e 80 anni - anni 2000 e ISTRUZIONE ricovero negli ultimi 3 mesi prestazione specialistica nelle ultime 4 sett. ricorso a MMG nelle ultime 4 sett trend trend trend OR IC 95% OR IC 95% OR IC 95% OR IC 95% OR IC 95% OR IC 95% alta 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 media 0,97 (0.85; 1.10) 1,11 (0.96; 1.28) 0,86 (0.82; 0.92) 0,94 (0.89; 0.99) 1,02 (0.95; 1.09) 1,08 (1.01; 1.15) bassa 1,21 (1.05; 1.39) 1,31 (1.12; 1.53) 0,81 (0.76; 0.86) 0,91 (0.85; 0.97) * 1,19 (1.10; 1.28) 1,22 (1.14; 1.31) CONDIZIONE SOCIO-OCCUPAZIONALE lavoratrice non manuale 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 lavoratrice manuale 0,96 (0.80; 1.14) 1,01 (0.83; 1.23) 1,00 (0.92; 1.07) 0,91 (0.85; 0.99) 1,13 (1.03; 1.24) 1,10 (1.00; 1.20) casalinga 0,98 (0.86; 1.12) 1,07 (0.92; 1.23) 0,98 (0.92; 1.04) 0,89 (0.84; 0.95) 1,01 (0.94; 1.08) 0,99 (0.92; 1.05) disoccupata, ritirata 1,08 (0.94; 1.23) 1,12 (0.95; 1.32) 1,09 (1.03; 1.16) 0,95 (0.89; 1.02) 1,11 (1.03; 1.19) 1,08 (1.00; 1.17) TIPOLOGIA FAMILIARE coppia con figli o coppia di anziani 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 monogenitore o anziana sola 1,16 (1.02; 1.32) 1,08 (0.93; 1.26) 1,05 (0.99; 1.12) 1,05 (0.98; 1.12) 1,20 (1.12; 1.29) 1,12 (1.04; 1.20) coppia senza figli/altro 0,99 (0.89; 1.10) 1,00 (0.89; 1.13) 1,15 (1.10; 1.21) 1,13 (1.08; 1.19) 1,04 (0.99; 1.10) 1,06 (1.00; 1.12) TIPOLOGIA ABITAZIONE grande o di proprietà 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 piccola o in affitto 1,28 (1.14; 1.43) 1,32 (1.14; 1.54) 1,05 (0.99; 1.11) 1,05 (0.98; 1.13) 1,05 (0.99; 1.12) 1,18 (1.09; 1.27) RIPARTIZIONE GEOGRAFICA Nord 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 Centro 0,92 (0.79; 1.07) 0,97 (0.83; 1.13) 1,05 (0.95; 1.16) 1,12 (1.00; 1.25) 1,08 (0.91; 1.26) 1,12 (0.94; 1.34) Sud 1,21 (1.08; 1.36) 1,12 (0.99; 1.26) 0,90 (0.82; 0.97) 0,89 (0.81; 0.98) 1,12 (0.98; 1.29) 1,14 (0.98; 1.34) Isole 1,14 (0.97; 1.34) 1,08 (0.91; 1.29) 0,97 (0.87; 1.09) 0,93 (0.81; 1.06) 1,14 (0.94; 1.38) 1,21 (0.98; 1.51) * aggiustati per età, dimensione demografica e zona altimetrica del comune di residenza * p-value< 0.05 per l ipotesi di assenza di variazione temporale 46

57 Capitolo 2 Anche le donne con bassa istruzione o condizione abitativa sfavorevole mostrano maggiori probabilità di ricorrere all ospedale (Tabella 4); ciò si evidenziava, nel 2000, anche tra i monogenitori o gli anziani soli e le residenti al Sud. Il ricorso all assistenza specialistica decresce, invece, significativamente al diminuire del livello d istruzione (con una modesta riduzione, nel tempo, di tale divario tra le donne con istruzione, al più, elementare), tra le residenti nel mezzogiorno e, solo più recentemente, tra le casalinghe e le lavoratrici manuali. Le donne giovani in coppia senza figli (o, se anziane, in tipologie familiari diverse dall anziana sola o in coppia) presentano invece maggiori frequenze di accesso a tali forme di assistenza. Il ricorso al medico di famiglia è più frequente tra le meno istruite e tra le giovani monogenitori o le anziane sole, in entrambi i periodi in studio; esso era inoltre maggiore, al 2000, tra le lavoratrici manuali, le disoccupate o ritirate; al 2005 sembrano ricorrervi maggiormente anche le donne in possesso di abitazioni piccole o in affitto. In conclusione l uso dell assistenza ospedaliera e del medico di famiglia presenta la stessa distribuzione sociale degli indicatori di salute, mentre l uso dell assistenza specialistica ha una distribuzione sociale o indifferente o a svantaggio delle basse posizioni sociali. Dunque i Livelli di Assistenza sono accessibili ed utilizzabili in modo proporzionale al bisogno, e quindi equo, solo nel caso dell ospedale e del medico di famiglia, mentre l assistenza specialistica presenta una distribuzione meno che proporzionale al bisogno e, quindi, potenzialmente iniqua Diseguaglianze sociali nella mortalità generale e per gruppi di cause negli anni duemila, attraverso gli Studi Longitudinali Un recente studio si è proposto di analizzare la mortalità, generale e per i principali gruppi di cause, in base alla posizione sociale individuale, attraverso un sistema longitudinale nazionale di monitoraggio delle diseguaglianze a livello nazionale su un campione della popolazione italiana. Lo studio è stato condotto su un campione di circa individui, rappresentativo della popolazione italiana non istituzionalizzata, intervistata nel corso dell indagine trasversale Istat Multiscopo sulla salute del e seguita per la mortalità fino al (Marinacci C. et al., 2013). L analisi delle disuguaglianze di mortalità negli individui con età compresa tra 25 e 74 anni all inizio del follow up (esclusi i residenti delle province autonome di Trento e Bolzano), per un totale di 81,763 persone, evidenziano un lieve gradiente geografico nella mortalità generale: sia tra gli uomini che tra le donne, si osservano tassi di mortalità più elevati al Sud e più bassi al Centro (tassi di mortalità standardizzati per età pari, rispettivamente, a 796.5, e per 100,000 uomini al Nord, Centro e Sud e, rispettivamente, pari a 449.2, e donne del Nord, Centro e Sud). I rischi di mortalità per tutte le cause sembrano crescere regolarmente al decrescere del livello di istruzione (Tabella 5) e risultano significativamente più elevati tra le 1 Lo studio è stato condotto su una coorte di 128,818 individui, ovvero il 92% del campione della popolazione nazionale non istituzionalizzata, intervistata nel corso dell indagine trasversale Istat Multiscopo sulla salute del (Gargiulo L. et al., 2002), in possesso di tutte le informazioni rilevate nell indagine (condizioni socio demografiche, salute e morbosità cronica, fattori di rischio comportamentali, utilizzo dei servizi sanitari) e codice fiscale unico. Tale coorte è stata seguita con follow up di mortalità a partire dalla data dell intervista (effettuata tra settembre 1999 ad agosto 2000) a tutto il 2007, tramite record linkage del campione con l archivio nazionale delle cause di morte dell Istituto Nazionale di Statistica, utilizzando il codice fiscale come chiave di linkage o una sua ricostruzione in base ai dati anagrafici presenti nella scheda di morte. 47

58 Lo stato delle disuguaglianze in Italia persone con bassa istruzione, rispetto ai più istruiti, sia negli uomini che nelle donne: gli uomini con istruzione elementare presentano un rischio di morte dell 80% circa superiore a quello dei più istruiti; tra le donne tale eccesso è di minore entità ma superiore al 60%. Tabella 5. Mortalità generale per livello di istruzione (Deceduti, tassi grezzi e RR da modelli di Poisson aggiustati per età e area geografica). Campione della popolazione italiana con età compresa tra 25 e 74 anni. Livello d ' ist ruzio ne n. d eced ut i T assi g rezz i U o mini Laurea Diploma superiore Lic. media inferiore Lic. elementare o meno 1,588 1, p=0,01 per trend lineare D o nne Laurea Diploma superiore Lic. media inferiore Lic. elementare o meno 1, p=0,06 per trend lineare R R IC al 9 5% L esame della mortalità per grandi gruppi di cause permette di dare conto delle patologie che contribuiscono in maggior misura al gradiente sociale nella mortalità totale (Tabella 6). Tra gli uomini, gli eccessi di mortalità a carico della popolazione meno istruita si presentano maggiori per le malattie del sistema circolatorio. Sia gli uomini che le donne evidenziano un incremento regolare della mortalità per tutti i tumori al decrescere del livello d istruzione: le donne con istruzione elementare presentano un rischio di morire pari a circa il doppio di quello delle più istruite; anche le donne con livello d istruzione medio mostrano un rischio di decesso superiore a quello delle più avvantaggiate. Si osservano incrementi di mortalità, per le cause digerenti e respiratorie nella popolazione meno istruita, ma, probabilmente a causa del breve perido di osservazione e della scarsa numerosità della popolazione-tempo osservata, le differenze non sono statisticamente significative. Non si osservano associazioni significative del livello d istruzione con la mortalità per cause esterne. Un approfondimento condotto con le stesse informazioni ha riportato indizi di una eterogeneità delle disuguaglianze sociali tra le macro-aree del paese: tra gli uomini, gli incrementi del rischio di morte tra i meno istruiti sono risultati maggiori al Nord e al Sud del paese, rispetto a quanto osservato al Centro, mentre le donne del Sud presentano i maggiori gradienti di mortalità per istruzione (Federico B et al, 2013). I risultati dello Studio Longitudinale Italiano confermano quanto già osservato da tempo nei sistemi longitudinali condotti su base metropolitana, come lo Studio Longitudinale Torinese (SLT) (Costa G, Cardano M, Demaria M., 1998) che, grazie all esteso patrimonio di dati sanitari e demografici interconnessi, permettono di disporre di informazioni sulla totalità della popolazione e lungo un più esteso arco temporale. Consentendo di valutare l effetto simultaneo di diversi indici di posizione sociale anche sulla mortalità, reciprocamente controllati. Un approfondimento riferito a 652,108 persone residenti a Torino al censimento 2001 (escluse le 48

59 Capitolo 2 persone inabili al lavoro) e con almeno 25 anni (per un totale di 301,747 uomini e 350,361 donne) (Tabella 7), evidenzia un rischio di mortalità che cresce regolarmente al decrescere del livello d istruzione e della qualità dell abitazione, sia tra gli uomini che tra le donne, seppure con intensità più modesta tra gli anziani (Istituto Nazionale di Statistica. Rapporto Annuale 2012). Tra gli uomini di anni, il rischio di morte dei meno istruiti è più del doppio di quello osservato tra i più istruiti. 49

60 Tabella 6. Mortalità per gruppi di cause, per istruzione. Deceduti, tassi grezzi (per 100,000 anni-persona) e Rischi Relativi (RRs) da modelli di Poisson, aggiustati per età e area geografica di residenza. Campione della popolazione italiana con età compresa tra 25 e 74 anni. UOMINI DONNE Malattie del sistema circolatorio N morti Tassi grezzi RR IC 95% N morti Tassi grezzi RR IC 95% Laurea Diploma superiore Licenza media inferiore Licenza elementare o meno trend lineare p=0.02 p=0.16 Tumori N morti Tassi grezzi RR IC 95% N morti Tassi grezzi RR IC 95% Laurea Diploma superiore Licenza media inferiore Licenza elementare o meno trend lineare p<0.01 p=0.02 Malattie dell apparato respirat N morti Tassi grezzi RR IC 95% N morti Tassi grezzi RR IC 95% Laurea Diploma superiore Licenza media inferiore Licenza elementare o meno trend lineare p=0.05 p=0.12 Malattie dell apparato digerente N morti Tassi grezzi RR IC 95% N morti Tassi grezzi RR IC 95% Laurea Diploma superiore Licenza media inferiore Licenza elementare o meno trend lineare p=0.28 p=0.48 Cause esterne N morti Tassi grezzi RR IC 95% N morti Tassi grezzi RR IC 95% Laurea Diploma superiore Licenza media inferiore Licenza elementare o meno trend lineare p=0.04 p=

61 Capitolo 2 Tra le donne, tale eccesso è di poco inferiore. Un rischio relativo altrettanto elevato si osserva sempre tra le donne per chi vive in abitazioni fortemente disagiate (senza bagno o riscaldamento) rispetto ai chi vive in una casa grande. Tra i giovani e gli adulti disoccupati di sesso maschile si osserva un rischio di mortalità del 60 per cento superiore a quello dei lavoratori non manuali. Il rischio è lievemente inferiore (più 30 per cento rispetto al lavoro non manuale) per le casalinghe di anni. Il lavoro manuale, soltanto tra gli uomini e in entrambe le fasce d età, si associa altresì ad un significativo incremento del rischio di decesso. Tabella 7 Mortalità generale per indicatori di posizione sociale individuale (reciprocamente controllati), sesso e fascia d età (rischi relativi ed intervalli di confidenza al 95% da modelli di Poisson). Popolazione torinese residente al censimento 2001, follow up fino a settembre popolazione con età fra 25 e 64 anni Istruzione Abitazione RR Uomini 95%C.I. alta 1 1 RR Donne media bassa grande %C.I. di proprietà, medio-piccola affitto, medio-piccola senza bagno o riscaldamento Classe e condizione professionale* lavoro non manuale 1 1 lavoro manuale casalinga disoccupato popolazione con età maggiore di 64 anni RR Uomini 95%C.I. RR Donne 95%C.I. Istruzione Abitazione alta 1 1 media bassa grande 1 1 di proprietà, medio-piccola affitto, medio-piccola senza bagno o riscaldamento Classe e condizione professionale* lavoro non manuale 1 1 lavoro manuale casalinga sono esclusi i residenti inabili al lavoro al censimento 2001 *per i ritirati dal lavoro al censimento 2001, l'informazione è riferita ai censimenti precedenti 51

62 Lo stato delle disuguaglianze in Italia In conclusione il profilo di mortalità conferma che in Italia, negli anni Duemila, le disuguaglianze di mortalità crescono con il crescere dello svantaggio sociale, qualsiasi sia la dimensione dello svantaggio sociale considerato, in misura più intensa in età adulta rispetto alle età anziane e leggermente più pronunciata tra gli uomini rispetto alle donne. Il gradiente sociale sembrerebbe caratterizzare tutte le principali cause di morte naturale. 2.2 Le diseguaglianze sociali nel contesto europeo e la specificità italiana Sin dagli anni Ottanta, numerosi studi comparativi europei hanno posto a confronto la relazione tra stato socioeconomico e salute, a livello individuale, tra i diversi paesi. Tutti gli studi condotti hanno sempre dimostrato la presenza di eccessi significativi di mortalità tra le persone più svantaggiate rispetto a quelle più avvantaggiate, in tutti i paesi esaminati, indipendentemente dall indicatore sociale utilizzato (istruzione, classe occupazionale, reddito ) e di minore intensità tra le donne (Costa G. et al., 2011, Commissione europea, 2013). Si è evidenziato, inoltre, un incremento delle disuguaglianze relative nella mortalità totale, a partire dagli anni settanta e sino alla prima metà degli anni novanta, attribuibile alle dinamiche temporali della distribuzione sociale della mortalità cardiovascolare e della diffusione di importanti fattori di rischio comportamentali nei diversi gruppi sociali, come nel caso dell abitudine al fumo (Mackenbach JP. et al, 2003). Le stime italiane, così come quelle relative ad altri paesi sudeuropei partecipanti a tali studi, si discostano dai valori medi europei, evidenziando gradienti sociali più moderati ed incrementi temporali meno pronunciati (Dalmau-Bueno A. et al., 2010). Le patologie che maggiormente spiegano le disuguaglianze nei diversi paesi europei e il loro andamento temporale variano, infatti, con il corrispondente profilo epidemiologico del contesto nazionale: nell Europa del Nord, le malattie cardiovascolari sono più frequenti e rappresentano la causa più rilevante su cui si manifestano le disuguaglianze, mentre nei paesi dell Europa Latina i tumori ed in particolare quelli legati al consumo di alcool e all abitudine al fumo e le malattie dell apparato digerente, presentano, soprattutto tra gli uomini, una distribuzione sociale più marcata (Huisman M. 2005, Menvielle G. 2005, Van der Heyden JHA, 2009). Negli anni Duemila, alcuni studi comparativi hanno esteso il numero dei paesi europei esaminati, confermando le disuguaglianze nella mortalità dei paesi dell Europa a 15, ma evidenziando invece disuguaglianze di intensità anche raddoppiata tra i paesi dell ex blocco sovietico (Mackenbach JP et al., 2007), con notevoli differenze al loro interno, sia rispetto all andamento temporale (Leinsalu M. et al., 2009), che al peso relativo delle diverse cause di morte (Ezendam NPM. et al., 2008). Ne è emersa una distinzione ancora più marcata tra i paesi dell Europa meridionale, dove i gradienti nella mortalità generale si presentano più modesti, e quelli baltici e dell Europa dell est, dove invece le diseguaglianze risultano più pronunciate per effetto di un diverso impatto dei determinanti sociali nei decessi fumo ed alcool correlati o legati ai differenti sistemi sanitari (Mackenbach JP., 2007, Huisman M., 2005). Occorre sottolineare che la documentazione empirica di tali studi comparativi ha incluso, per l Italia, informazioni sulla mortalità provenienti dallo Studio Longitudinale Torinese (Costa G, Cardano M, Demaria M., 1998), un indagine rappresentativa solo di un area metropolitana del nostro paese. I risultati dei più recenti studi italiani già citati sulla mortalità, tenendo conto delle differenze nei rispettivi periodi di follow up e nella classificazione dell istruzione, sembrerebbero comunque comparabili con quanto osservato a Torino, soprattutto per gli uomini. Costituisce eccezione il gradiente sociale nella mortalità per cause tumorali che, nel campione di donne italiane, risulta superiore a quello degli uomini e sembra discostarsi in misura importante da quanto pubblicato per Torino 52

63 Capitolo 2 negli studi comparativi per l area sud-europea (Menvielle G. et al, 2008). Gli studi torinesi sul gradiente sociale nell incidenza di tumori riportano peraltro, al contrario, una maggiore incidenza di tumori tra le donne più istruite, principalmente legata alla maggiore incidenza di tumori ad alta frequenza (come mammella o polmone) in questo gruppo di donne istruite (Spadea T. et al., 2009, Spadea T. et al., 2010); un risultato che, tenuto conto della latenza, risulta coerente con la distribuzione per titolo di studio dei principali fattori di rischio per questi tumori osservata nelle precedenti decadi, in particolar modo quelli legati al fumo o ai comportamenti riproduttivi (Faggiano F. 2001, Federico B. 2007, Cavelaars AEJM. 2000, Dos Santos Silva I. 1997). Analogamente alla mortalità, studi comparativi europei hanno evidenziato anche una maggiore frequenza di morbosità riferite tra le persone di più bassa posizione socioeconomica, con un andamento temporale piuttosto stabile nei decenni trascorsi (Cavelaars AE. 1998, Dalstra JA. 2006, Kunst AE. 2005) e senza nessuna variazione di intensità importante tra le diverse regioni europee. Le persone meno istruite riportano una maggiore prevalenza di ictus, artrosi, diabete, disturbi al sistema nervoso, obesità, e, come osservato per la mortalità, malattie cardiovascolari (Dalstra JA. 2005, Espelt A. 2008, Roskam AJ. 2010). A questo quadro si affianca anche un accesso ridotto da parte delle persone più svantaggiate alla prevenzione e all assistenza specialistica ( Va osservato infine che la maggior parte delle stime pubblicate su scala europea si riferiscono alle persone in età attiva: le popolazioni anziane europee mostrano diseguaglianze relative decrescenti seppur persistenti all avanzare dell età, con differenze assolute tra i tassi di mortalità che però aumentano al crescere dell età (Huisman M, 2004). Tuttavia anche tale profilo presenta delle eterogeneità tra paesi: in alcuni di questi, tra cui l Italia (Torino), le donne manifestano un più lieve decremento delle diseguaglianze relative al crescere dell età. In conclusione l Italia, insieme agli altri paesi che si affacciano sul Mediterraneo, si colloca nel contesto europeo delle disuguaglianze di salute in una posizione abbastanza favorevole. Per quanto riguarda la mortalità, le disuguaglianze sociali sono di intensità più moderata rispetto a quella osservata nel resto dell Europa del nord e continentale. Questa maggiore protezione dall effetto sfavorevole sulla mortalità dello svantaggio sociale non si manifesta, tuttavia, con la stessa efficacia nel caso della salute e della morbosità cronica riferita. 53

64 Lo stato delle disuguaglianze in Italia Bibliografia Cavelaars AE, Kunst AE, Geurts JJ, et al. Morbidity differences by occupational class among men in seven European countries: an application of the Erikson-Goldthorpe social class scheme. J Epidemiol Community Health 1998, 52(4): ; Cavelaars AEJM, Kunst AE, Geurts JJM, et al. Educational differences in smoking: international comparison. BMJ : ; Commissione europea, Relazione sulle disuguaglianze sanitarie: le differenze nella speranza di vita e nella mortalità infantile si riducono in tutta l'ue; Congresso EuroPRevent 2013 organizzato dall European Association for Cardiovascular Prevention and Rehabilitation (EACPR) dal 18 al 20 aprile 2013 a Roma; Costa G, Paci E, Ricciardi W. Salute e sanità a 150 anni dall unità d Italia: più vicini o più lontani? Epidemiol Prev 2011; 35 (5-6) suppl 2 Costa G, Cardano M, Demaria M. Storie di salute in una grande città. Torino: Osservatorio Socioeconomico Torinese. Ufficio Statistico Città di Torino: Torino, 1988; Costa G, Cislaghi C, Zocchetti C, Agabiti N, Biggeri N, Caranci N, Grisotto L, Marinacci C, Petrelli A, Spadea T. Esistono misure valide dell effetto della deprivazione sul fabbisogno. Politiche sanitarie (3): ; Costa G, Marinacci C, Caiazzo A, Spadea T. Individual and contextual determinants of inequalities in health: the Italian case. Int J Health Services, (4): ; Costa G, Spadea T, Cardano M (a cura di), Disuguaglianze di salute in Italia. Epidemiologia e Prevenzione 2004, 28 (3) suppl: 76-81; Dalmau-Bueno A, García-Altés A, Marí-Dell'Olmo M, Pérez K, Kunst AE, Borrell C. Trends in socioeconomic inequalities in mortality over a twenty-two-year period in the city of Barcelona (Spain) Gac Sanit Jan-Feb.24(1):20-7; Dalstra JA, Kunst AE, Borrell C, et al. Socio-economic differences in the prevalence of common chronic diseases: an overview of eight European countries. Int J Epidemiol : ; Dalstra JA, Kunst AE, Mackenbach JP. EU Working Group on Socioeconomic Inequalities in Health. A comparative appraisal of the relationship of education, income and housing tenure with less than good health among the elderly in Europe. Soc Sci Med 2006, 62(8): ; Diseguaglianze sociali e salute. Rapporto nazionale PASSI ; Dos Santos Silva I, Beral V: Socioeconomic differences in reproductive behaviour. In: M. Kogevinas M, Pearce N, Susser M, Boffetta P (eds). Social inequalities and cancer. IARC Scientific Publications, Volume 138: Lyon, 1997; Espelt A, Borrell C, Roskam AJ, et al. Socioeconomic inequalities in diabetes mellitus across Europe at the beginning of the 21st century. Diabetologia 2008, 51:1971-9; 54

65 Capitolo 2 Ezendam NPM, Stirbu I, Leinsalu M, et al. Educational inequalities in cancer mortality differ greatly between countries around the Baltic Sea. Eur J Cancer : ; Faggiano F, Versino E, Lemma P. Decennial trends of social differentials in smoking habits in Italy. Cancer Causes Control (7):665-71; Federico B et al, 2013 Federico B, Mackenbach JP, Eikemo TA, Sebastiani G, Marinacci C, Costa G, Kunst AE. Educational inequalities in mortality in northern, mid and southern Italy and the contribution of smoking. J Epidemiol Community Health Jul.67(7):603-9; Federico B, Costa G, Kunst AE. Educational inequalities in initiation, cessation, and prevalence of smoking among 3 Italian birth cohorts. Am J Public Health (5):838-45; Gargiulo L, Sebastiani G (ed). Le condizioni di salute della popolazione. Indagine multiscopo sulle famiglie "Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari", anni Istituto Nazionale di Statistica: Roma, 2002; Gargiulo L, Iannucci L, Quattrociocchi L,Sebastiani G,Tinto A. Innovazioni di processo nell indagine Istat sulla salute. In: Agenzia Sanitaria per i Servizi Sanitari regionali. I quaderni di Monitor 2008, 22 (Suppl 3):16-27 Gorini G, Carreras G, Allara E, Faggiano F. Decennial trends of social differences in smoking habits in Italy: a 30-year update. Cancer Causes Control Jul; 24(7): doi: /s Ultimo accesso giugno 2013; (accesso il 21 giugno 2013); (accesso il 21 giugno 2013) ; Huisman M, Kunst AE, Andersen O, Bopp M, Borgan JK, Borrell C, Costa G, Deboosere P, Desplanques G, Donkin A, Gadeyne S, Minder C, Regidor E, Spadea T, Valkonen T, Mackenbach JP. Socioeconomic inequalities in mortality among elderly people in 11 European populations. J Epidemiol Community Health Jun.58(6):468-75; Huisman M, Kunst AE, Bopp M, Borgan JK, Borrell C, Costa G, Deboosere P, Gadeyne S, Glickman M, Marinacci C, Minder C, Regidor E, Valkonen T, Mackenbach JP. Educational inequalities in causespecific mortality in middle-aged and older men and women in eight western European populations. Lancet : ; ISTAT ultimo accesso giugno 2013; Istituto Nazionale di Statistica. Rapporto Annuale La situazione del Paese. Roma, 2012: ; Kunst AE, Bos V, Lahelma E, et al. Trends in socioeconomic inequalities in self-assessed health in 10 European countries. Int J Epidemiol 2005, 34: ; 55

66 Lo stato delle disuguaglianze in Italia Leinsalu M, Stirbu I, Vagero D, et al. Educational inequalities in mortality in four Eastern European countries: divergence in trends during the post-communist transition from 1990 to Int J Epidemiol 2009, 38: ; Mackenbach JP, Bos V, Andersen O, et al. Widening socioeconomic inequalities in mortality in six Western European countries. Int J Epidemiol Oct.32(5):830-7; Mackenbach JP, Stirbu I, Roskam AJR, et al.. Socioeconomic Inequalities in Health in 22 European Countries. New Engl J Med :2468-8; Mackenbach JP, Stirbu I, Roskam JA, et al. Socioeconomic inequalities in health in 22 European countries. N Engl J Med 2007, 358: ; Mamo C, Landriscina T, Vannoni F, Costa G. L indagine e il Piano Nazionale della Prevenzione. Spunti per la definizione di target. In: Agenzia Sanitaria per i Servizi Sanitari regionali. I quaderni di Monitor 2008, 22 (Suppl 3): ; Marinacci C, Grippo F, Pappagallo M, Sebastiani G, Demaria M, Vittori P, Caranci N, Costa G. Social inequalities in total and cause-specific mortality of a sample of the Italian population, from 1999 to European Journal of Public Health 2013 Jan 8; Marinacci C, Sebastiani G, Ferracin E, Grippo F, Pappagallo M, Landriscina T, Gargiulo L, Demaria M, Costa G. La distanza tra gli italiani attraverso le disuguaglianze geografiche e socio-economiche. Epidemiologia & Prevenzione (5-6) suppl 2: 68-75; Menvielle G, Kunst AE, Stirbu I, et al. Educational differences in cancer mortality among women and men: a gender pattern that differs across Europe. Br J Cancer : ; Menvielle G, Kunst AE, Stirbu I, et al. Socioeconomic inequalities in alcohol related cancer mortality among men: To what extent do they differ between Western European populations? Int J Cancer 2007, 121: ; Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. Direzione Generale del Sistema Informativo. Relazione sullo Stato Sanitario del Paese Roma 2009, Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali: ; PASSI Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia. Diseguaglianze sociali e salute. Rapporto nazionale Roma, 2011 Prattala R, Hakala S, Roskam AJ, et al. Association between educational level and vegetable use in nine European countries. Public Health Nutr 2009;12: doi: /s x [pubblished Online First: 30 April 2009]. Roskam AJ, Kunst AE, Van Oyen H, et al. Comparative appraisal of educational inequalities in overweight and obesity among adults in 19 European countries. Int J Epidemiol 2010, 39: ; Sabbadini LL, Costa G (a cura di) Informazione statistica e politiche per la promozione della salute. Roma 2004, Istituto Nazionale di Statistica; 56

67 Capitolo 2 Spadea T, d Errico A, Demaria M, et al. Educational inequalities in cancer incidence in Turin, Italy. Eur J Cancer Prev 2009, 18: ; Spadea T, Zengarini N, Kunst A, Zanetti R, Rosso S, Costa G: Cancer risk in relationship to different indicators of adult socioeconomic position in Turin, Italy. Cancer Causes Control 2010, 21: ; Turrini A, De Carli A, D Amicis A, Martinies S, Orsini S. Abitudini alimentari: tendenze evolutive nella popolazione e nei giovani. In: In: Sabbadini LL, Costa G (a cura di) Informazione statistica e politiche per la promozione della salute. Roma 2004, Istituto Nazionale di Statistica Van der Heyden JHA, SchaapMM, Kunst AE, et al. Socioeconomic inequalities in lung cancer mortality in 16 European populations. Lung Cancer 2009, 63: ; Vannoni F, Spadea T, Frasca G, Tumino R, Demaria M, Sacerdote C, Panico S, Celentano E, Palli D, Saieva C, Pala V, Sieri S, Costa G. Association between social class and food consumption in the Italian EPIC population. Tumori Nov-Dec;89(6):

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69 Capitolo 3 PRINCIPALI MECCANISMI DI GENERAZIONE DELLE DISUGUAGLIANZE DI SALUTE: I DETERMINANTI DISTALI E PROSSIMALI E IL LORO IMPATTO RELATIVO Una mappa dei meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute Il secondo capitolo ha descritto la distribuzione italiana delle disuguaglianze sociali nella salute, mettendo in luce come lo svantaggio sociale sia, per intensità e dimensione, il principale determinante delle variazioni di salute nella popolazione. Una società che si proponga di promuovere la salute dei suoi cittadini deve pertanto chiedersi se almeno una parte di queste variazioni sia evitabile ed eliminabile, migliorando al contempo la salute dell intera popolazione. A questa sfida si può rispondere solo cominciando a comprendere i meccanismi che ne spiegano la generazione e a valutare la possibilità di contrastarli. In effetti, le disparità sociali nella salute sono un problema complesso che nasce da una rete fitta di meccanismi di generazione. La Commissione sui Determinanti Sociali della Salute promossa dall Organizzazione Mondiale della Sanità 2 ha passato in rassegna i principali schemi esplicativi utilizzati dalla comunità scientifica per esplorare questi meccanismi. Tra gli schemi proposti, ai fini del presente documento, sembra più adeguato il framework realizzato da Diderichsen (Diderichsen et al., 2001) (Figura 1). Tale schema inquadra quello che la medicina chiama la storia naturale di ogni problema di salute (quella storia che parte dall esposizione ad un fattore di rischio, passa all insorgenza del problema di salute e si conclude con un esito più o meno sfavorevole di salute), all interno della dimensione delle disuguaglianze sociali di salute. Lo schema cioè, da un lato si interroga su come la posizione sociale (degli individui e dei contesti) possa influenzare questa storia, facendola diventare un po meno naturale e un po più socialmente costruita; e dall altro stimola la riflessione sulle conseguenze che una salute compromessa può creare per la carriera sociale di una persona. 1 Capitolo a cura di Nicolás Zengarini (Università di Torino), Teresa Spadea (ASL TO3 Regione Piemonte) e Andrea Ranzi (ARPA Regione Emilia Romagna)

70 Principali meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute Figura 1. Schema esplicativo dei meccanismi di generazione delle disparità nella salute e dei relativi punti di ingresso per le politiche e gli interventi di contrasto. Nello schema la catena centrale descrive le quattro principali categorie di stati/eventi che compongono questa storia: - per posizione sociale si intende qualsiasi dimensione della stratificazione sociale (definita su scala sia relazionale di potere, sia distributiva di risorse) che si caratterizzi per un differente grado di controllo sulle risorse (materiali, di status e di legami) utili a soddisfare i bisogni della persona. Questi sono i determinanti distali che comprendono quei fattori individuali e del contesto 3 che sono responsabili delle disuguaglianze sociali. Scendendo lungo lo schema, dunque, la stratificazione sociale può influenzare una disuguale distribuzione dell esposizione ai principali determinanti prossimali, ossia quei fattori di rischio che intermediano l effetto dei determinanti sociali sulla salute; - per fattori di rischio si intendono tutte quelle caratteristiche della persona che possono generare un danno sulla salute, sia aumentando la probabilità di insorgenza di una malattia, sia esponendo il soggetto alla progressione di un problema di salute verso un esito sfavorevole. In questo gruppo sono compresi tutti i determinanti prossimali, ossia i 3 La possibile interazione tra fattori individuali e di contesto verrà approfondita nel capitolo 8 sulle politiche. 60

71 Capitolo 3 fattori ambientali e lavorativi, come le condizioni fisiche, chimiche, biologiche ed ergonomiche che creano rischio negli ambienti di vita e di lavoro; i fattori psicosociali, quali quelli legati all organizzazione del lavoro; i comportamenti insalubri come l abitudine al fumo, il consumo di alcool, il sovrappeso, la sedentarietà, la dieta squilibrata e il sesso non protetto; infine, la limitazione di disponibilità, accesso ed uso dei fattori protettivi per la salute forniti dai servizi sanitari; - per danno / problema di salute si intendono tutte quelle caratteristiche della salute fisica, psicologica e mentale che qualificano il funzionamento di una persona in un particolare contesto, come ammalarsi di un disturbo o di una malattia (in gergo medico: incidenza), restare nel disturbo o nella malattia (prevalenza), avere un esito infausto della malattia (disabilità o letalità); - per conseguenze (sociali) su risorse si intendono quei processi di mobilità discendente sulla scala sociale o di segregazione sulla scala geografica che comportano una limitazione del livello di controllo sulle risorse che una persona avrebbe raggiunto in assenza del problema di salute. Questo processo, dai determinanti sociali ai fattori di rischio, al danno di salute, alle conseguenze sociali della malattia, può essere influenzato dal contesto sociale e da quello delle politiche ad esso correlate attraverso quattro diversi meccanismi (indicati nello schema con frecce rosse a linea continua); ad ognuno di questi meccanismi corrisponde un punto di potenziale ingresso per gli interventi e le politiche di contrasto, ovvero le azioni più idonee per interrompere, rallentare, o moderare gli effetti del meccanismo (frecce blu tratteggiate). Questa stessa storia, inoltre, si articola secondo almeno altre due dimensioni che non è possibile rappresentare in modo semplice in un unico schema: una è quella del tempo di vita di una persona, da cui scaturiscono molteplici relazioni tra risorse, fattori di rischio, salute e conseguenze, relazioni che portano questi effetti a sovrapporsi in modo cumulativo, o ad agire solo in fasi critiche della vita; la seconda dimensione da aggiungere è quella della contagiosità di questi effetti tra le storie contigue dei membri di uno stesso nucleo familiare, meccanismo per cui l evento che interessa un membro della famiglia può propagare il suo effetto sul figlio o sul coniuge. Infine, è noto che anche il genere, l origine etnica e il luogo di residenza possono giocare un loro ruolo nelle disuguaglianze di salute. In verità la correlazione tra genere e disuguaglianze sociali di salute è piuttosto complessa, perché l intensità delle disuguaglianze tra i generi varia al variare della misura di salute che viene considerata; gli stessi indicatori di posizione sociale hanno una capacità predittiva differente tra i generi. Allo stesso modo, particolari gruppi etnici possono presentare un profilo epidemiologico diversamente vulnerabile alle disuguaglianze sociali. Per quanto riguarda il luogo di residenza, invece, si è già visto che le disuguaglianze geografiche di salute sono interpretabili come un riflesso delle disuguaglianze sociali che affliggono gli individui che vi risiedono e, in misura minore, dei contesti che li ospitano (vedi anche cap. 7). Il quadro di riferimento descritto nella figura 1 invita gli attori coinvolti nelle scelte delle politiche ad interrogarsi su quali siano i meccanismi che producono le disparità nella salute e su quale sia il loro impatto relativo, e conseguentemente, ad identificare le misure più efficaci per 61

72 Principali meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute contrastare i meccanismi più rilevanti. Il presente capitolo esamina in modo più analitico questi meccanismi, focalizzandosi soprattutto sull analisi della distribuzione dei determinati distali, quindi legati ai meccanismi di stratificazione sociale, e quelli prossimali legati ai fattori di rischio di carattere psico-sociale, comportamentale e di esposizione ambientale che mediano tra i determinanti distali e i problemi di salute. I meccanismi legati all accessibilità ai servizi sanitari saranno approfonditi nei capitoli 5 e Il primo meccanismo: la stratificazione sociale e i determinanti distali Il primo meccanismo identificato nello schema è quello che genera la stratificazione sociale stessa; esso dipende dai contesti economici e del lavoro (che, rispettivamente, creano e distribuiscono ricchezza e potere), dai contesti comunitari e di welfare (che ne regolano e moderano gli effetti), e dalla storia e dalla cultura (che ne influenzano i vissuti). Questo meccanismo si esprime sulla traiettoria di vita di una persona attraverso le circostanze di vita quelle economiche, ambientali e psicologiche dell infanzia, a cui si aggiungono quelle del lavoro e di vita in età adulta e anziana che influenzano le disparità nell accesso e nel controllo delle risorse materiali, di status e di aiuto. La correlazione della salute con la stratificazione sociale è chiara da un punto di vista descrittivo, e i capitoli introduttivi hanno ben documentato come ogni indicatore di posizione sociale sia capace di predire la salute. Ma gli indicatori utilizzati in quelle analisi sono solo dei proxy equivalenti di una variabile terza, la stratificazione sociale, o parlano di specifiche differenti dimensioni della stratificazione sociale? Può essere misurato il contributo indipendentemente dato alle disuguaglianze di salute da ognuna di queste dimensioni? Ci sono prove che modificando la distribuzione di una di queste dimensioni sociali si trasformi l intensità, la direzione, l ampiezza delle disuguaglianze di salute? A queste domande la letteratura risponde ancora in modo abbastanza reticente, sia per le difficoltà metodologiche che tali quesiti sollevano sia per carenza di investimenti nella ricerca. Scopo del presente capitolo è tentare di dare una risposta parziale a queste due domande; nel capitolo 6 è possibile rintracciare altri aspetti per integrare la rassegna teorica e applicata delle suddette dimensioni, con alcuni esempi dal contesto italiano. Nello Studio Longitudinale Torinese sono state messe a confronto tutte insieme le dimensioni rilevanti per la stratificazione sociale: le credenziali con cui una persona si affaccia all accesso alle carriere e alle risorse (misurate attraverso il livello di istruzione), la disponibilità corrente di risorse materiali (misurata con la condizione professionale e con il reddito mediano familiare dell isolato di residenza), il livello di ricchezza disponibile alla famiglia (misurata dal possesso di beni come la casa e la sua qualità), lo status sociale e professionale (misurato dalla classe sociale e dalla professione). In uno studio si è misurato l impatto relativo sulla mortalità di istruzione, qualità dell abitazione e deprivazione del quartiere, mostrando una graduatoria che attribuiva maggiore importanza all istruzione, seguita dalla qualità dell abitazione e poi dalla deprivazione di contesto (Marinacci et al., 2004). Uno studio successivo ha valutato quanto delle differenze di mortalità per classe sociale (definita in base a professione e posizione nella professione) fosse spiegato da fattori quali l istruzione, i rischi lavorativi e la qualità dell abitazione, ottenendo una graduatoria che dava maggior peso all istruzione, un peso 62

73 Capitolo 3 minore alla qualità dell abitazione e per ultimo ai rischi lavorativi (Mamo et al., 2005). Rimaneva una quota di mortalità differenziale per classe sociale non spiegata dalla somma di questi fattori, quindi attribuibile almeno in parte ad altri determinanti, ad esempio una diversa esposizione a fattori di rischio psicosociali legati all organizzazione del lavoro o una mobilità lavorativa selettiva. In un terzo studio che ha utilizzato indicatori di reddito, l istruzione individuale è risultata il fattore più correlato alla mortalità, seguita dal reddito mediano di isolato (come proxy del reddito familiare) e poi dalle disuguaglianze di reddito del quartiere (Costa e Marinacci, 2008) (tabella 1). Tabella 1. Mortalità per tutte le cause a Torino per caratteristiche socio-economiche individuali e di contesto. Uomini, anni, RR aggiustati per età Istruzione Reddito mediano di isolato Disuguaglianze di reddito in quartiere (indice di Gini) In grassetto i valori statisticamente significativi al 95% Fonte: Costa e Marinacci, 2008 Alta 1 Media 1,50 Bassa 1,70 Molto basso 1 Basso 0,86 Medio 0,80 Alto 0,71 Molto alto 0,69 Molto bassa 1 Bassa 1,02 Media 0,98 Alta 1,05 Molto alta 1,17 Più recentemente, infine, si è studiato il ruolo indipendente dei diversi indicatori di posizione sociale sull incidenza tumorale, e si è osservata una forte variabilità del peso relativo di istruzione, classe sociale e condizioni abitative in funzione della sede tumorale analizzata, mentre la deprivazione del contesto giocava un ruolo supplementare più marginale; seguendo lo schema teorico rappresentato in Figura 1, ciò fa quindi ipotizzare che ciascun indicatore di posizione sociale possa essere la migliore espressione delle disuguaglianze nella combinazione di fattori di rischio specifici per ciascun tumore (Spadea et al., 2010). Alcuni studi hanno confrontato l impatto della condizione professionale sulla salute e sulla mortalità con quello dell istruzione, osservando un effetto molto forte a carico della disoccupazione (quella individuale, ma anche la concentrazione del fenomeno nelle diverse aree di residenza), specialmente tra gli uomini; si tratta tuttavia di un indicatore che riguarda sottogruppi di popolazione poco numerosi; viceversa, il livello di istruzione e la classe sociale mantenevano un ruolo predittivo sulla salute indipendente che si applicava a tutta la popolazione (Van Lenthe et al., 2005; Marinacci et al., 2007). La maggior parte di questi studi fa capo ad ordinamenti di importanza tra i determinanti sociali che sono parziali, ma coerenti tra loro e che vedono le credenziali educative e la classe sociale 63

74 Principali meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute al primo posto (con la mancanza di lavoro che sta ancora più in alto in graduatoria di intensità dell effetto ma riguarda una platea più ristretta di esposti), il reddito e la qualità dell abitazione a seguire e gli indicatori di contesto all ultimo posto. Va tuttavia notato che questa graduatoria si applica in particolare agli uomini; tra le donne, infatti, l importanza della classe sociale individuale è molto meno accentuata, dato che la più bassa partecipazione alla forza di lavoro seleziona tra le occupate le persone più sane e confina tra le casalinghe le persone meno sane. Se si accetta questa graduatoria preliminare, si può ipotizzare che le politiche capaci di ridurre gli squilibri nell accesso, in ordine decrescente di importanza, alle credenziali educative, al lavoro e a una posizione professionale adeguata (che implica un livello idoneo di reddito corrente e accumulato) e ad appropriati contesti di residenza, sono anche quelle da cui ci si può aspettare un parallelo contributo al controllo delle disuguaglianze di salute. Il fatto che l istruzione sia la dimensione che meglio predice la salute adulta suggerisce due conclusioni. La prima è che, essendo l istruzione la variabile più influenzata dalle condizioni di vita dei primi decenni di vita e dalle caratteristiche della famiglia di origine, un attenzione particolare dovrebbe essere dedicata alle cause delle disuguaglianze nelle condizioni di sviluppo dell infanzia, per l influenza che esse hanno sulla salute adulta. Una ricca letteratura sulla programmazione biologica della salute va in questo senso e gli organismi sanitari internazionali (l OMS e la sua Commission on Social Determinants of Health, ad esempio) considerano le condizioni alla nascita e allo sviluppo cruciali per il successo nella salute adulta (Barker, 1994; Kuh et al., 1997). Del resto i primi indizi epidemiologici italiani sono concordi con questa ipotesi: ad esempio le disuguaglianze di mortalità tra gli adulti torinesi sono influenzate non solo dalla posizione sociale adulta ma anche dalle condizioni di salute alla nascita (basso peso alla nascita), che a sua volta era influenzato dalle condizioni sociali della famiglia di origine (Spadea et al., 2001). Gli indicatori di salute alla nascita sono ancora fortemente segnati dalle disuguaglianze sociali della famiglia di origine: il basso peso alla nascita, principale indicatore di sofferenza nella maturazione del feto in gravidanza, in Italia ricorre con maggiore frequenza tra i figli di madri meno istruite e di madri straniere immigrate da paesi poveri. Qualche anno più tardi, in infanzia e adolescenza, anche la bassa statura, il soprappeso e l obesità, tutte caratteristiche che predicono molto la salute dell adulto, presentano un gradiente di frequenza a sfavore dei ragazzi appartenenti a famiglie di bassa posizione sociale (Gargiulo et al., 2002). Dunque la salute dell adulto e la sua distribuzione sociale è influenzata dalle disuguaglianze sociali di cui le persone hanno fatto esperienza durante il periodo dello sviluppo. La seconda conclusione è che l istruzione conta di per sé, in quanto rappresenta la capacità della persona di costruirsi credenziali educative e competenze adeguate, utili sia per la propria promozione sociale sia per valorizzare le proprie opportunità di salute. I dati dell ultima indagine multiscopo ISTAT sulla salute confermano la graduatoria osservata precedentemente, mostrando che il titolo di studio è il singolo indicatore di posizione sociale degli individui che spiega la maggiore variabilità negli indicatori di salute fisica, psicologica, di morbosità cronica e di disabilità in Italia, seguito da condizione occupazionale e posizione professionale (lavoro) e risorse economiche (tabella 2). Per una maggiore comprensione approfondiremo di seguito ognuna di queste tre dimensioni della dimensione sociale, segnalando soprattutto i cambiamenti legati all attuale crisi economica, in particolare nell ambito del lavoro e del reddito, e il loro possibile impatto sulla salute. 64

75 Capitolo 3 Tabella 2. Indicatori di salute per caratteristiche socioeconomiche e geografiche. Uomini e donne. Italia, Una o più Salute malattie Disabilità percepita croniche gravi PRR* controllati per età e sesso Laurea Livello di istruzione Diploma 1,8 1,22 1,07 Media inferiore 1,51 1,31 1,34 Elementare 2,02 1,55 1,89 Qualità abitazione Alta Bassa 1,18 1,17 1,29 Coppie con figli, anziani soli con figli Tipologia familiare Coppie di anziani senza figli 1,06 1,14 1,06 Anziani soli, fam. monogenitoriali 1,08 1,16 1,35 Soli, coppie senza figli, altro 1,19 1,11 1,13 Non Manuale Condizione occupazionale Manuale 1,11 0,97 1,10 Disoccupato 1,73 1,32 1,11 Inabili al lavoro, altro 1,91 1,19 2,86 Economia percepita Ampiezza demografica Ottime o adeguate Scarse o insufficienti 2,28 1,43 1,52 Area metropolitana Comuni medi 1,01 1,00 1,06 Comuni piccoli 0,94 1,01 1,08 Nord-ovest Ripartizione geografica Nord-est 0,92 1,06 0,90 Centro 1,38 1,15 1,11 Sud e isole 1,33 1,07 1,44 * PRR (prevalence rate ratio): rapporto tra la prevalenza della condizione di salute in ogni specifica posizione sociale e quella della posizione utilizzata come riferimento, controllati per età. In grassetto i valori significativi (p<0.05) Fonte: Elaborazioni a cura del Servizio Sovrazonale di Epidemiologia ASL TO3 su dati ISTAT 65

76 Principali meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute Istruzione Nel Capitolo 2 si è osservato che le disuguaglianze relative di mortalità in funzione del titolo di studio sono aumentate negli ultimi decenni, cioè i meno istruiti tendono a peggiorare il loro rischio di morte relativamente ai più istruiti. Eppure negli stessi decenni la speranza di vita in Italia è migliorata straordinariamente in tutta la popolazione. Questo fatto testimonia di quanto debba essere stato importante l impatto che gli investimenti nell istruzione (e quindi l allargamento della platea delle persone più istruite nella popolazione) hanno avuto sulla salute negli ultimi decenni (cfr. capitolo 8). Poiché il titolo di studio è un buon indicatore sia della posizione sociale della famiglia di origine, sia della propria auto-efficacia, sia della posizione sociale adulta in ambo i generi e in tutte le età, il suo ruolo come determinante sociale di salute è stato ben riconosciuto ed è l indicatore più utilizzato sia in Italia sia a livello internazionale per la ricerca e il monitoraggio sulle disuguaglianze di salute 4. Per queste ragioni il progetto europeo Euro-GBD-SE, recentemente concluso, ha tentato di stimare l impatto delle disuguaglianze sociali di salute, misurando la frazione di mortalità che potrebbe essere evitata modificando la stratificazione sociale (misurata in funzione del titolo di studio) secondo schemi più equi (Eikemo, 2011). In particolare, uno degli scenari controfattuali esplorati da Euro-GBD-SE ha misurato la riduzione della mortalità generale della popolazione derivante da una totale eliminazione delle disuguaglianze nella distribuzione sociale dell istruzione, stimando in altre parole di quanto si ridurrebbe la mortalità se l intera popolazione acquisisse il titolo di studio (e i corrispettivi tassi di mortalità) dei gruppi più istruiti. La proporzione con cui la mortalità generale nelle 22 popolazioni europee studiate diminuirebbe se tutte le persone di bassa e media istruzione avessero lo stesso rischio di morte di quelle d istruzione più elevata è circa del 30% in entrambi i generi nel nord Europa e in Gran Bretagna (figura 2). In altre popolazioni questa proporzione è più alta per gli uomini. Nell Europa centrale è compresa tra il 30% e il 35% per gli uomini e tra il 20% e il 30% per le donne. Il più basso potenziale per la riduzione della mortalità generale tramite l eliminazione delle disuguaglianze di istruzione si osserva nel Sud Europa, inclusa la Svizzera, dove rimane ancora evidente per gli uomini in Italia e Spagna (più del 20%) ed è compreso tra il 10% e 20% per le donne del Sud. Il potenziale più ampio si osserva nella regione Centro Orientale dell Europa, in particolare tra gli uomini in Ungheria (fino al 50%) e tra le donne in Estonia (40%). Questa variazione geografica nella percentuale di morti attribuibili ad un basso titolo di studio a livello europeo è ancora più evidente se la si misura in termini di morti evitabili per persone-anno: si passa da 200 nell Europa del Sud a 300 in quella centrale e settentrionale fino a più di 800 nell Europa Baltica e centro-orientale in particolare per gli uomini; per le donne invece le morti evitabili si ipotizzano da 50 a 70 nel Sud, da 100 a 200 nel Centro Nord e da 250 a 350 nel Centro Est. 4 Per un approfondimento sulla giustificazione degli indicatori di posizione sociale per il monitoraggio delle disuguaglianze di salute si veda il capitolo

77 Capitolo 3 Figura 2 Potenziale riduzione delle disuguaglianze sociali nella salute se tutta la popolazione acquistasse i tassi di mortalità della popolazione più istruita in 21 popolazioni europee. EuroGBS-SE Un esercizio analogo a livello sub nazionale è in corso in Italia per comparare la situazione delle diverse regioni. Attualmente sono disponibili solo i risultati provenienti dal progetto Euro-GBD- SE, riferiti alla città di Torino e alle aree cittadine toscane di Prato, Firenze e Livorno. In queste città la potenziale riduzione della mortalità agendo sulle disuguaglianze d istruzione è del 28% tra gli uomini torinesi e del 32% tra quelli toscani. Per le donne si osserva una possibile riduzione del 10% a Torino e del 18% in Toscana (figura 2). Se consideriamo che le differenze tra i tassi di mortalità per livello di istruzione in Italia sono tra i più esigui in tutta Europa, ne consegue che tali riduzioni siano da attribuire unicamente alla grandezza delle platee educative (Eikemo 2011). D altra parte l Italia presenta uno dei gradi di scolarità più bassi del continente (figura 3): soltanto il 12% della popolazione ha raggiunto i gradi 5 e 6 della scala ISCED (formazione universitaria o successiva). 67

78 Principali meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% Finlandia Belgio Svezia Norvegia Estonia Olanda Regno Unito Danimarca Irlanda Islanda Cipro Spagna Lituania Lussemburgo Germania Lettonia EU 27 Slovenia Grecia Austria Ungheria Polonia Bulgaria Slovacchia Repubblica Ceca Italia Portogallo Romania ISCED 5&6 ISCED 4 ISCED 3 ISCED 2 ISCED 1 ISCED 0 Figura 3 Distribuzione percentuale della popolazione con più di 25 anni per livello di istruzione in vari Paesi europei Ovviamente, osservando la distribuzione dell istruzione per classi di età, nei decenni la situazione è migliorata e in particolare le coorti di donne più giovani hanno superato gli uomini in grado di scolarizzazione. Tra i anni ad esempio il numero di laureate e quasi il 20%, mentre nella popolazione maschile è solo del 17% (figura 4). Tuttavia l istruzione più frequente per tutte le fasce di età considerate è quella più bassa (fino alle medie superiori), un fenomeno che mette il sistema educativo italiano in forte imbarazzo rispetto ai vicini europei. Inoltre permangono forti squilibri territoriali, con le aree del Meridione caratterizzate da una scolarizzazione assai più bassa. 68

79 Capitolo 3 Maschi Femmine % 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% % 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% Basso Medio Alto Basso Medio Alto Figura 4. Distribuzione dell istruzione nella popolazione con più di 30 anni di Torino, maschi (sx) e femmine (dx) Occupazione e lavoro. Il fattore distale occupazione (inteso come disponibilità di un lavoro), continua ad avere un impatto molto rilevante sulla salute, in quanto fonte di reddito, di identità personale, di organizzazione del tempo e della vita e di disponibilità di reti sociali. Già alla fine degli anni 90 alcuni studi di epidemiologia occupazionale riportavano un rischio di mortalità crescente all aumentare del numero di episodi di disoccupazione (Costa et al., 1998) o dello scoraggiamento nella ricerca del lavoro (Cardano et al., 1999) (figura 5). Come si osservava nella tabella 2, anche gli indicatori di salute percepita e quelli di morbosità cronica sono particolarmente influenzati dallo stato di disoccupazione. Le persone più soggette al rischio di disoccupazione sono generalmente uomini, nelle fasce di età estreme (giovani e anziani), di basso titolo di studio e meno qualificati. Va tuttavia sottolineato che i gruppi di popolazione interessati dalle carriere di disoccupazione più sfavorevoli sono di numerosità modesta, e che al loro interno è difficile stabilire cosa è responsabile di cosa: è la salute compromessa che peggiora le chance di lavoro o è la mancanza del lavoro che compromette la salute? Sempre fuori dalla forza lavoro 4.8 Scoraggiato nella ricerca del lavoro 3.9 Sempre disoccupato 2.6 Da lavoro a disoccupazione 2.3 Da lavoro a pensione (manuale) 2.2 Da lavoro a pensione (impiegato) 1.6 Instabilità lavorativa 1.5 Da disoccupazione a lavoro Figura 5. Rischi relativi di mortalità, standardizzati per età, secondo le traiettorie occupazionali tra il 1971 e il 1991 (categoria di riferimento: sempre occupati) tra gli uomini a Torino,

80 Principali meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute L'acuirsi della crisi economica ha determinato negli ultimi anni un aumento consistente della disoccupazione. Idati ISTAT permettono di fare un rapido quadro di tale andamento: la disoccupazione è cresciuta in modo costante tra il 2008 e l inizio del 2010 per poi stabilizzarsi per qualche mese e risalire bruscamente dall ultimo trimestre del 2011; dal 2012 si registra un nuovo calo, anche se la situazione permane radicalmente peggiore rispetto al 2007 (figura 6). Il fenomeno interessa inoltre tutte le fasce di età della forza lavoro. È in aumento anche la durata: un disoccupato su due cerca lavoro da almeno un anno e l incidenza della disoccupazione di lunga durata ha toccato il 51,3% nel 2011 rispetto al 45,0% registrato nel Un articolo recentemente pubblicato suggerisce di porre attenzione alle eventuali ricadute della crisi sulla salute della popolazione: alla luce di questi indicatori di trend e dell associazione tra disoccupazione e salute vista sopra, ci si può attendere infatti che gli effetti della crisi incidano negativamente anche sulla salute (Costa, Marra et al., 2012). Figura 6.Tasso di disoccupazione Anni 2007-terzo trimestre 2012 (contributi in punti percentuali alla variazione tendenziale dell occupazione). Fonte ISTAT: Rilevazione sulle forze di lavoro, anni Un discorso a parte meritano i lavoratori stranieri. È chiaro, infatti, che l attuale crisi economica ha espulso dal mercato del lavoro soprattutto gli italiani (-3,3% nel 2010), mentre l occupazione straniera continua ad aumentare (+7,8%), soprattutto quella femminile. I lavoratori stranieri però subiscono lo svantaggio dell impiego in mansioni meno qualificate, quelle del lavoro precario, della sottoccupazione e, nei casi più estremi, del lavoro nero (Villosio et al. 2011). Alcuni risultati dello studio WHIP-Salute (Work Histories Italian Panel) (cfr. capitolo 7), relativi al periodo e ristretti ai lavoratori dipendenti, maschi e operai, hanno messo in luce un eccesso di rischio infortunistico degli stranieri provenienti da paesi a forte pressione migratoria pari al 7% nei giovani e al 30% nei lavoratori oltre i 35 anni, che si spiega proprio con le caratteristiche di maggiore vulnerabilità dei lavoratori immigrati rispetto a quelli italiani, anche a parità di età, qualifica e anzianità aziendale [Giraudo e Bena 2012], Una volta superato lo scoglio di aver trovato un impiego, diverse dimensioni del lavoro possono avere un impatto sfavorevole sulla salute, in modo particolare in tempi di crisi, sia a causa della crescente precarietà del posto di lavoro, sia per la minore qualità del rapporto di lavoro e infine per il possibile peggioramento delle condizioni lavorative. Ognuno di questi meccanismi può aumentare le disuguaglianze di salute. Alcuni recenti studi sul lavoro precario mostrano come questo sia polarizzato sulle professioni meno qualificate 70

81 Capitolo 3 confinando il suo impatto sfavorevole sulla salute su questi gruppi (Artazcoz et al., 2005, Virtanen et al., 2005; Kim et al., 2008; Natti et al., 2009; Ferracin et al., 2009). Uno di questi studi utilizza dati italiani provenienti dall indagine Multiscopo ISTAT sulla salute del : i risultati mostrano che i lavoratori con contratto atipico presentano un peggior stato psicologico rispetto agli occupati con lavoro a tempo indeterminato e, nel caso delle regioni del Nord Est, anche un peggiore stato di salute fisico (Ferracin et al., 2009). Attualmente si registra un incremento degli occupati dipendenti a tempo determinato e con contratti di collaborazione (+5,3% nel 2011) a fronte di una riduzione significativa per i dipendenti full time con contratto a tempo indeterminato (-0,6% nel 2011) (Figura 7). La crescita è a carico esclusivamente dei lavoratori a tempo parziale, i quali hanno dovuto accettare un lavoro a orario ridotto non riuscendo a trovarne uno a tempo pieno, e dei contratti a breve termine: nel 2011 i contratti fino a 6 mesi sono cresciuti dell 8,8%, mentre sono diminuiti quelli con durata superiore all anno. Figura 7. Variazione trimestrale degli occupati per tipologia lavorativa Fonte ISTAT: Rilevazione sulle forze di lavoro, anni Una minore stabilità lavorativa è pertanto dovuta alla situazione di crisi (Farrer et al. 2011) e si traduce innanzitutto in un aumento della disoccupazione e nell allungamento della sua durata, ma anche, nei casi peggiori, nel fenomeno degli scoraggiati, cioè persone che non avendo la possibilità di trovare un impiego dignitoso, non lo ricercano più e si ritirano dal mercato dal lavoro. Anche la qualità dell occupazione diminuisce. Le difficoltà del settore produttivo e le minori chance occupazionali, anche per chi apparentemente è meno vulnerabile alla crisi come i dipendenti a tempo indeterminato di grandi imprese, si traducono in un maggior senso d insicurezza e stress, legato alla paura di perdita del lavoro e alle crescenti difficoltà che si incontrerebbero nel cercare un nuovo impiego. Vi è poi per alcune categorie di occupati un peggioramento dei livelli retributivi e della loro continuità nel tempo, particolarmente rilevante per i lavoratori precari, autonomi e quasi-autonomi. Inoltre minori livelli di soddisfazione e realizzazione personale sono legati a maggiori difficoltà nel trovare un impiego che corrisponda alle proprie esperienze e competenze. Le persone più vulnerabili a questi rischi sono nuovamente i giovani e i lavoratori meno qualificati, ancor più se immigrati. 71

82 Principali meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute Le risorse materiali: reddito e beni accumulati Il reddito attuale e i beni accumulati contribuiscono in modo significativo a spiegare le differenze di salute. Si è già detto che nelle indagini multiscopo ISTAT sulla salute e nell indagine PASSI la soddisfazione per la situazione economica della famiglia è un determinante indipendente della salute riferita. In Italia è finora stato difficile misurare l impatto del reddito individuale sugli indicatori di salute. A Torino è stata esplorata la relazione tra reddito familiare mediano a livello di isolato e salute, misurata attraverso il tasso di ospedalizzazione (figura 8). La curva che ne descrive la relazione è lineare su due tratti: nel tratto centrale della distribuzione del reddito, a redditi più bassi corrispondono tassi di ospedalizzazione più alti; la relazione tende invece ad appiattirsi in corrispondenza di redditi più elevati, in cui evidentemente il ruolo del reddito di per sé non aggiunge un contributo significativo all utilizzo delle risorse utili per la salute; e dei redditi meno elevati, dove l intervento di aiuti esterni rende meno rilevante il contributo della disponibilità economica, e dove sembra esistere una soglia sotto alla quale l incremento di reddito non produce un corrispondente miglioramento nella salute (Marinacci et al., 2009). In un campione della forza lavoro dipendente del settore privato è stata studiata la relazione tra reddito e mortalità, identificando un effetto sfavorevole significativo solo in corrispondenza degli ultimi tre decili di reddito più basso (Leombruni et al.,2010). Un altro studio sulla popolazione torinese ha riportato eccessi di mortalità e di ricoveri al diminuire del reddito della sezione censuaria di residenza, in particolare per cause circolatorie, respiratorie, digerenti ed esterne (Ferracin et al. 2012). Complessivamente, nella letteratura epidemiologica ed economica c è consenso sull associazione tra reddito e salute, anche se la natura causale di questa associazione è ancora dibattuta. Figura 8. Tassi standardizzati di ospedalizzazione (x 1000 residenti) a Torino in ascissa, standardizzati per età e sesso, in funzione dei percentili di reddito mediano della sezione di censimento in ordinata. Reddito individuale disponibile equivalente (x 100 ) Fonte: Marinacci et al., 2009 Gli indicatori di reddito sono anche stati utilizzati per misurare la qualità del contesto di vita intesa come livello di disuguaglianza di reddito: se si misura la concentrazione del reddito familiare mediano dell isolato all interno di un quartiere attraverso l indice di Gini, allora chi vive in una zona caratterizzata da una distribuzione molto disuguale del reddito (cioè in un ambiente dove sono presenti disparità di status molto evidenti), presenta rischi di mortalità e morbosità 72

83 Capitolo 3 più elevati, a parità di tutte le altre caratteristiche sociali individuali e di contesto (Marinacci et al., 2004; Costa e Marinacci, 2008). Questi eccessi correlati alle disuguaglianze nel contesto di vita risultano di intensità inferiore a quelli osservati in corrispondenza delle disuguaglianze individuali di istruzione, classe sociale, reddito; ma esistono e sono statisticamente significativi, segnalando così la rischiosità delle caratteristiche dei contesti di vita. Significativo, anche se meno rilevante, è il contributo al rischio di mortalità dato dalle caratteristiche legate alla qualità dell abitazione di residenza, ad esempio se si tratta di una casa di proprietà, utilizzate come indicatore di ricchezza accumulata nel corso della vita (Naess et al., 2007). Le risorse materiali sono un determinante distale particolarmente importante da considerare in tempi di crisi, in quanto, insieme al lavoro, rappresentano il punto di maggiore vulnerabilità: negli anni della crisi si è osservata sia una diminuzione del reddito medio sia un aumento di più del 10% nella frequenza della povertà assoluta. Ogni anno la Commissione di indagine sull esclusione sociale (CIES), istituita ex art 27 della legge n. 328 dell 8 novembre 2000 e composta da studiosi ed esperti con qualificata esperienza nel campo dell'analisi e della pratica sociale, presenta un rapporto al Parlamento in cui analizza l andamento nazionale della povertà, dell esclusione sociale e descrive le principali soluzioni di contrasto adottate, anche in collegamento con analoghe iniziative nell ambito dell Unione europea. L ultima edizione del rapporto, presentata nel 2012 e riferita al biennio , documenta un quadro piuttosto preoccupante per l Italia, dominato dalla persistenza della crisi economica e del ristagno del PIL, due fattori che hanno comportato un ulteriore aggravamento della disoccupazione, giunta nel 2012 a quota 10,7% (e salita nel maggio 2013 addirittura al 12,2%, dato più alto registrato nel Paese dal 1977). Per quanto l utilizzo della Cassa integrazione guadagni - opportunamente esteso a tipi di contratti inizialmente esclusi, come l apprendistato, e alle piccole imprese del privato precedentemente non coperte - abbia mitigato la perdita di posti di lavoro e per quanto in alcuni settori l offerta di lavoro sia tornata a crescere, tuttavia la situazione rimane molto critica: i dati Istat del 2013 rilevano, infatti, un intensificazione della disoccupazione, specie nelle fasce femminili e più giovani, oltre che nel Sud del Paese. Inoltre, anche a causa della crescita dell indice dei prezzi al consumo (+2,8%), le retribuzioni nel 2011 in termini reali sono diminuite per la prima volta dal 1995; infine, secondo stime della Banca d Italia, il reddito disponibile equivalente familiare è diminuito tra il 2008 e il 2010 in termini reali dello 0,7%, a seguito di una anche maggior contrazione tra il 2006 e il 2008 (+3,6%) [Banca d Italia, 2012]. L attuale situazione ha provocato un aumento vertiginoso della popolazione a rischio di esclusione sociale e che vivono in condizione di svantaggio socio-economico: una situazione che potrebbe innescare nuovi meccanismi di generazione di disuguaglianze di salute e aumentare dunque il divario di salute con i gruppi socialmente più avvantaggiati. Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2010 in Italia la percentuale di popolazione a rischio di povertà 5 è stata del 18,2%, ovverossia quasi 1 cittadino su 5 ha vissuto in famiglie con un reddito equivalente (reso cioè direttamente confrontabile per famiglie di diversa composizione) inferiore al 60% del reddito equivalente mediano disponibile, al netto dei trasferimenti sociali: per quanto sia stato un valore minore rispetto agli anni precedenti (nel 2007 era al 19,9%), tuttavia è stato superiore alla media europea, sia essa calcolata nell area Euro (16,1%) o 5 Questa è la definizione di povertà relativa adottata dall Unione europea all interno dell indagine EU- SILC. In Italia si calcola anche un secondo indicatore di povertà relativa, basato invece sulla distribuzione della spesa per consumi. In questo caso, il valore è più basso è nel 2011 ed equivale al 13,6%. 73

84 Principali meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute dell Unione a 27 (16,4%) e che comunque nasconde al suo interno dinamiche diverse per sottogruppi di popolazione. In particolare, negli ultimi anni in Italia è peggiorata la condizione delle famiglie più ampie o con molti figli minori e quella delle famiglie monogenitoriali e monoreddito. Inoltre, se passiamo dalla misura relativa a quella assoluta della povertà, basata cioè sulla possibilità economica da parte di una famiglia di acquisire un paniere di beni e servizi che nel contesto italiano e per una determinata tipologia familiare si considerano essenziali per raggiungere uno standard di vita minimamente accettabile, nel 2012 il 6,8% della popolazione vive in questa condizione [Istat, 2012], con nuovamente oscillazioni a sfavore del Meridione, delle famiglie numerose e dei gruppi sociali fragili. In particolare, il rapporto del CIES individua i gruppi a maggior rischio di povertà ed esclusione sociale - e che quindi manifestano fragilità dal punto di vista demografico, sanitario o economico produttivo, tali da compromettere il loro possibile apporto alla vita quotidiana, alla famiglia e alla comunità civile cui appartengono [Micheli, 1999; Fabbris, 2003 a,b] nelle persone con le seguenti caratteristiche: i disoccupati e i precari; gli anziani soli; le famiglie con minori (tra cui le famiglie monogenitoriali e/o con tre o più figli rappresentano un sottogruppo particolarmente vulnerabile); le persone con limitazioni dell autonomia personale, ovvero individui la cui disabilità, cronicizzazione delle malattie e perdita dell autosufficienza riducono l autonomia lavorativa, la capacità di produrre redditi, la capacità di relazione e di partecipazione (loro o della loro famiglia); gli immigrati; e i senza dimora. Infine, due fenomeni contribuiscono a rendere ancor più critica la situazione: da una parte, la trasmissibilità familiare delle condizioni di povertà e di esclusione sociale, per cui spesso, così come può fungere da ammortizzatore e da compensatore dei problemi individuali, la famiglia che cade in povertà determina difficoltà per tutti i componenti, e ha dunque senso compiuto parlare anche di bambini o di disabili poveri e, ancora, di ereditarietà della povertà; dall altra parte, spesso le caratteristiche citate precedentemente convivono all interno dello stesso nucleo familiare, delineando quella che viene definita multidimensionalità dell esclusione sociale e che a sua volta richiede interventi di contrasto complessi, intersettoriali e costosi. Inoltre, il malessere che si è diffuso nella società negli ultimi tempi e che colpisce in modo particolare i giovani non ha origine nella povertà economica in senso stretto, bensì nell assenza di prospettive, aggravata da una crisi di cui non si intravede la fine; nella difficoltà di trovare lavoro non solo durante, ma anche dopo la fine della crisi; nell ottundimento delle speranze esistenziali e nella difficoltà di immaginare traiettorie di realizzazione personale. 74

85 Capitolo 3 Box 1. Il contributo relativo di lavoro e reddito alla mortalità Il progetto Euro-GBD-SE citato in precedenza ha provato anche a misurare quale fosse la quota di mortalità attribuibile alla differente esposizione sociale (misurata come già detto in funzione del titolo di studio) ai principali determinanti distali oggetto di questo paragrafo. Dunque, se si fosse in grado di eliminare completamente le disuguaglianze per istruzione nei determinanti distali come il reddito (basso/non basso), la condizione occupazionale (attivo/inattivo sul mercato del lavoro) e la condizione professionale (lavoro manuale/non manuale), quali risultati si potrebbero ottenere? Il reddito è il determinante che dà il singolo contributo più alto nei paesi dove esso è misurabile: una riduzione compresa tra il16% e il 20% per i maschi e del 10%-15% per le femmine. L informazione non è disponibile per l Italia, ma si può ragionevolmente immaginare che l effetto abbia un ordine di grandezza comparabile. Tra i determinanti legati al lavoro, la condizione occupazionale dà un contributo significativo (10%-15% nei maschi e 10-27% nelle femmine). Il caso italiano non fa eccezione con un maggiore impatto tra le donne (50%), dovuto alla bassa mortalità attribuibile alle differenze per istruzione. Nel caso della condizione professionale la variazione geografica dell impatto è più importante tra gli uomini (tra 10% e 30%), con l Italia sui valori più bassi della forbice. L impatto di questi tre determinanti distali non può essere considerato indipendente dato che le stime di partenza non sono state mutuamente aggiustate. Inoltre il loro contributo potrebbe essere in parte spiegato dall intermediazione con altri fattori di rischio prossimali per i quali le stime non sono state aggiustate. Tuttavia, il loro alto contributo a spiegare la mortalità attribuibile alle disuguaglianze per istruzione ne fa uno dei punti di ingresso delle azioni di contrasto particolarmente importante. 3.3 Il secondo meccanismo: i fattori di rischio e i determinanti prossimali Il secondo meccanismo, in successione, è quello che fa sì che la posizione sociale e le disparità di risorse influenzino la probabilità di esposizione e la dose di esposizione alle quattro categorie principali di fattori di rischio per l insorgenza di un problema di salute (definiti anche determinanti prossimali): fattori psicosociali, stili di vita insalubri, fattori di rischio esterni e condizioni di suscettibilità/fragilità clinica 6. Per ognuna di queste categorie di fattori di rischio è importante stabilire se la probabilità di una persona di esservi esposto sia influenzata dalla propria posizione sociale e quale sia la sua importanza nel mediare l effetto della posizione sociale sull insorgenza e sull aggravamento dei problemi di salute relativamente a quella delle altre tre categorie. La letteratura di medicina sociale che descrive la relazione tra posizione sociale e fattori di rischio si riferisce sia ad essi che ai contesti dove si verificano le esposizioni ai fattori di rischio, ad esempio le condizioni di lavoro. Per passare in rassegna questi dati si utilizzerà quindi una nomenclatura mista. 6 Questa nomenclatura esclude la categoria dei fattori di rischio genetici, perché non c è nessuna prova significativa che la posizione sociale influenzi significativamente le caratteristiche genetiche delle persone. 75

86 Principali meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute Condizioni di lavoro e fattori psicosociali Per esaminare il ruolo dei fattori di rischio esterni e dei fattori di rischio psicosociali, le condizioni di lavoro sono probabilmente il punto di partenza più appropriato. E intuitivo che le condizioni di lavoro più rischiose per la salute (come l esposizione a fattori di rischio meccanici, fisici, chimici, ergonomici e psico-sociali) siano concentrate tra le occupazioni manuali e non manuali meno qualificate (Marinacci et al., 2005). Queste disuguaglianze professionali di esposizione ai rischi per la sicurezza hanno mostrato di spiegare bene le disuguaglianze per classe sociale negli infortuni sul lavoro (Vannoni et al., 2005). Viceversa le disuguaglianze nell esposizione ai fattori di rischio della tradizionale igiene del lavoro (polveri, fumi, vapori, rumore) non erano in grado di spiegare le disuguaglianze per classe sociale nella mortalità in una popolazione metropolitana come quella di Torino (Mamo et al., 2005): questo mancato riscontro potrebbe essere spiegato, oltre che da errori di misurazione propri delle fonti informative usate nello studio, anche dal fatto che i tradizionali rischi da lavoro sarebbero ormai relativamente ben controllati dalla prevenzione, mentre le residue differenze di mortalità e morbosità per classe sociale potrebbero essere correlate all esposizione a fattori di rischio lavorativi meno tradizionali, meno conosciuti e più trascurati negli interventi di prevenzione, ad esempio i rischi ergonomici e psicosociali. In effetti, le differenze occupazionali nell esposizione a fattori psicosociali come il job strain 7 sono molto pronunciate (Marinacci et al., 2005), ed è stato possibile misurare come alcuni componenti di questa esposizione a job strain siano capaci di indurre eccessi significativi di rischio per depressione (Bonde, 2008), determinando alte prevalenze di questi disturbi soprattutto in quelle attività lavorative più critiche negli aspetti organizzativi e di precarietà (Mamo et al., 2007). Anche gli autori che hanno elaborato l ipotesi della Status Syndrome (Marmot, 2004) ritengono che una parte significativa delle disuguaglianze nella salute sia attribuibile a una più bassa possibilità di controllo sulla propria vita delle persone in posizione sociale svantaggiata: la mancanza delle risorse necessarie a soddisfare le proprie aspettative impedisce una piena partecipazione sociale e, quindi, un livello adeguato di soddisfazione e ricompensa. Questa condizione si tradurrebbe in un danno per la salute attraverso la stimolazione cronica dei meccanismi di stress, con ricadute per il sistema cardiovascolare, metabolico, immunitario, la salute mentale e, in generale, con una diminuita capacità di resistenza alle malattie, che si manifesterebbe in misura maggiore dove il contesto esponga a maggiori rischi ambientali o sia più competitivo. 7 Si può definire lo strain (che può nascere in un contesto lavorativo come in qualsiasi altro contesto di vita) in termini di una situazione di squilibrio tra le principali dimensioni psicologiche che caratterizzano il vissuto di una persona: il livello di prestazioni che si richiedono ad una persona; il livello di autonomia e discrezionalità di scelta che viene concesso alla persona per rispondere a tali richieste; l adeguatezza della remunerazione, materiale, simbolica, affettiva che la persona riceve in cambio della sua risposta alle richieste; l adeguatezza dell aiuto di cui dispone per far fronte alle richieste. Di per sé ogni dimensione, singolarmente considerata, può non costituire un fattore di rischio per la salute, ma è lo squilibrio tra queste dimensioni che fa la differenza (alta richiesta, basso controllo, bassa remunerazione, poco aiuto). 76

87 Capitolo Condizioni ambientali Tra i fattori di rischio esterni vanno annoverate anche le esposizioni a rischio ambientale esterne ai luoghi di lavoro. Non esiste una particolare attenzione in letteratura alle differenze sociali nell esposizione ai fattori di rischio ambientali, ma ogni volta che se ne è misurata la distribuzione sociale si sono scoperte disuguaglianze a sfavore delle persone e delle aree più deprivate. Ad esempio, si è osservato che la probabilità per i bambini e ragazzi torinesi di vivere in un abitazione che affaccia su una strada a traffico pesante, e di conseguenza la probabilità di subire maggiori rischi per la salute respiratoria, cresce con l abbassarsi della posizione sociale della famiglia di appartenenza (Berti et al., 2005) (tabella 3). E stato anche osservato come le attività produttive utilizzatrici di asbesto nel passato in Piemonte fossero più spesso insediate in comuni caratterizzati da maggiore deprivazione sociale (d'errico et al., 1999). Tabella 3. Esposizione a traffico di tipo pesante: passaggio frequente nella strada di residenza, per livello di istruzione dei genitori in soggetti di 6-7 anni e anni, Italia Istruzione genitori % bambini esposti (IC 95%) Università 18 (16-20) Scuola secondaria superiore 19 (17-21) Scuola media 22 (20-24) Scuola elementare 27 (23-30) Non è chiaro quanto questo meccanismo di esposizione differenziale a rischi ambientali possa spiegare le disuguaglianze di salute. Nel caso dell inquinamento atmosferico a Roma si è stimato che l impatto delle variazioni giornaliere negli indici di qualità dell aria sulle variazioni giornaliere della mortalità e della morbosità sarebbe di intensità maggiore tra le persone di bassa posizione sociale (Forastiere et al., 2007). Analogamente è stato stimato che in occasione dell ondata di calore dell estate del 2003 l impatto sulla mortalità degli anziani sarebbe stato più intenso tra quelli di più bassa posizione sociale (Michelozzi et al., 2005). In entrambi gli studi non è però possibile distinguere se questo impatto sulla salute, differenziale per posizione sociale, dipendesse da una più alta esposizione ai fattori di rischio ambientali o da una maggiore fragilità clinica tra le persone di bassa posizione sociale, fatto che le renderebbe più vulnerabili sia alle ondate di calore che all inquinamento atmosferico. Dunque, per quanto riguarda il meccanismo dei fattori di rischio ambientali, si può affermare che la disuguale distribuzione sociale delle esposizioni a rischi ambientali è uno dei mediatori delle disuguaglianze sociali nella salute, ma che per adesso in Italia non sono disponibili prove sufficienti per stimarne l impatto relativo rispetto agli altri meccanismi. Più recentemente, nel febbraio 2012 è stato pubblicato il rapporto "Disuguaglianze di salute ambientale in Europa. Relazione di valutazione" 8 come documento conclusivo di un gruppo di esperti sul tema "Ambiente e salute: l'influenza e gli effetti delle disuguaglianze sociali", organizzato dall OMS e tenutasi nel 2009 a Bonn (WHO 2009). Il documento di valutazione prodotto (basato sui dati statistici disponibili provenienti da banche dati nazionali e internazionali) fornisce una buona base di conoscenza dell'entità delle disuguaglianze 8http:// assessment-report 77

88 Principali meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute ambientali in tutta Europa e va considerato come il primo importante passo di un percorso che richiede ancora molto lavoro. L Italia ha contribuito alla scheda relativa al fumo passivo in ambiente lavorativo, con interessanti risultati di esempio di valutazione di una politica, sicuramente portatrice di maggiore benessere di salute nella popolazione, in funzione di alcuni determinanti socio-demografici come la legge la legge Sirchia. (Environmental health inequalities in Europe Assessment report, WHO European Centre for Environment and Health, Bonn Office, WHO Regional Office for Europe) La legge Sirchia, entrata in vigore il 10 gennaio 2005, ha avuto effetti immediati notevoli, portando in breve tempo ad avere il 90% dei locali pubblici liberi da fumo. Per quanto riguarda gli ambienti lavorativi altri da luoghi di intrattenimento, questa percentuale scende dal 90 al 70 (indagine DOXA 2005, 2006, 2007, 2008, 2009), con impatti differenziali sulle categorie sociali dei lavoratori. I dati derivati dalla survey europea Eurobarometer del 2009, mostrano poi disuguaglianze nell esposizione a fumo passivo sul luogo di lavoro, in funzione sia del reddito che del livello professionale (riportato e basato sulle mansioni lavorative), con differenze anche di 20 punti percentuali, a danno principalmente dei lavoratori manuali e autonomi. Alcuni studi hanno mostrato come i livelli di inquinamento da fumo passivo nei luoghi pubblici e lavorativi si siano notevolmente ridotti dall applicazione della legge Sirchia (Valente et al, 2007; Gorini et al 2008), ma la loro distribuzione sociale non è nota. Anche dal punto di vista degli effetti sanitari, studi locali sui ricoveri ospedalieri per scompenso cardiaco hanno suggerito che i divieti di fumo possono essere efficaci anche nel ridurre l'impatto dell esposizione a fumo passivo sulle malattie cardiache (Cesaroni et al. 2008). Tuttavia le disuguaglianze sociali nell esposizione suggeriscono la necessità di sviluppare programmi selettivi per il controllo del rispetto della legge in ambienti professionali. Analizzando anche altri dati, sempre provenienti da survey europee (Eurofound e Eurostat) è risultato interessante, e probabilmente meritevole di indagini più approfondite, il confronto del campione italiano rispetto al resto dell Unione Europea riguardo all accessibilità alle aree verdi in ambito urbano I dati rappresentati nella figura 9 evidenziano una situazione di disagio riferito del campione italiano rispetto alla media EU-27 per questo indicatore (66.7% contro 34.4%), facendo poi emergere come la distribuzione delle risposte in funzione dello stato socioeconomico presenti un pattern differente da quello europeo, con gli strati più disagiati che lamentano maggiore difficoltà nell accesso ad aree verdi. 78

89 Capitolo 3 Figura 9 Distribuzione dell indicatore Lack of access to green/recreational areas in Italia per età e stato socio-economico Un aspetto rilevante sul rapporto ambiente e salute, sul quale sono state fatte esperienze di rilievo negli ultimi anni nelle realtà italiane, riguarda i rischi per la salute derivanti dall esposizione all inquinamento proveniente da impianti di gestione dei rifiuti. Di recente sono stati riportati i pattern di associazione tra residenza in prossimità di impianti di gestione dei rifiuti e deprivazione sociale, sulla base di dati internazionali (Martuzzi M. et al. 2010). A livello italiano, all interno del progetto EU FP-6 INTARESE (Integrated Assessment of Health Risks of Environmental Stressors in Europe) sono stati sviluppati indicatori per le analisi di impatto sulla salute legati ai processi di smaltimento dei rifiuti solidi urbani. La raccolta di informazioni sulla tipologia e dislocazione degli impianti sul territorio nazionale, ha permesso di valutare lo stato socioeconomico, a livello di sezione di censimento, della popolazione residente intorno a impianti di smaltimento dei rifiuti (inceneritori e discariche). La tabella 4 mostra le caratteristiche delle popolazioni residenti in prossimità degli impianti di incenerimento attivi in Italia nel periodo , basate sui dati di censimento Istat Più di un milione di persone, tra cui neonati, risiedono entro 3 km dall impianto, con una percentuale del 19% di popolazione anziana. La distribuzione socio-economico è sbilanciata verso una maggiore deprivazione (il 25% in classe V (più deprivato) contro il 12.6% in classe I (meno deprivato). La maggior parte dei residenti si trova tra i 2 e i 3 km (64,4%). 79

90 Principali meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute Tabella 4 Caratteristiche della popolazione residente entro 3 km da un inceneritore in Italia, 2001 Variabile N % Totale Genere M F Classe di età SES I II III IV V Mancanti Distanza 0-1 Km Km Km Per le discariche (tabella 5), la mancanza di un censimento completo degli impianti e della loro georeferenziazione, ha consentito solo una stima a livello nazionale, basata sui dati reali raccolti per gli impianti censiti al 2001 (118 impianti per le regioni Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Abruzzo e Campania, su un totale nazionale di 619). E stato pertanto assunto (con un livello di confidenza moderato) che le caratteristiche (genere, età e SES) della popolazione residente attorno alle 501 discariche non georeferenziate fossero simili a quelle delle 118 discariche censite. 80

91 Capitolo 3 Tabella 5 Caratteristiche della popolazione residente entro 2 km da una discarica in Italia, 2001 Variabile N (dati osservati) % N (dati stimati) Totale Genere M F Classe di età SES I II III IV V mancanti Distanza 0-1 Km Km Più di persone, di cui neonati, sarebbero residenti entro 2 Km da una discarica, con una percentuale pari al 18.4 di popolazione anziana. Anche in questo caso la distribuzione socioeconomica denota una maggiore deprivazione (26% in classe V contro il 13% in classe I). L 85.7% dei residenti abita tra 1 e 2 km dagli impianti Stili di vita Tra i fattori di rischio da considerare come mediatori delle disuguaglianze sociali nell insorgenza di nuovi problemi di salute ci sono gli stili di vita insalubri, in particolare le dipendenze (fumo, alcool e sostanze), l alimentazione scorretta e l esercizio fisico. Per quanto riguarda le dipendenze, nella letteratura è noto che la deprivazione individuale o familiare influenzano l avvio, il grado di dipendenza e la capacità di cessazione del fumo e dell abuso di alcool, mentre quella del contesto ne rafforza la dipendenza; e questi meccanismi possono interagire con norme familiari e sociali e col sostegno sociale e familiare. Più complessa è la situazione della dipendenza da sostanze, dove la povertà di contesto gioca un ruolo nel favorire l iniziazione e quella individuale nel limitare la cessazione, ma sono le norme, il sostegno e le relazioni sociali e familiari a giocare un ruolo più rilevante (Galea et al., 2004). Analizzando più nel dettaglio l abitudine al fumo, la situazione italiana presenta chiare disuguaglianze sociali, con una maggiore prevalenza di fumatori, una maggiore probabilità di 81

92 Principali meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute iniziare a fumare precocemente, un maggior grado di dipendenza (forti fumatori) e una minore capacità di smettere (prevalenza di ex fumatori) tra le persone con minori risorse economiche e, a parità di risorse economiche, tra quelle con più basso livello di istruzione (Vannoni et al., 1999). L unica categoria protetta risulta quella delle donne adulte e anziane di bassa posizione sociale, che fino ad oggi hanno fumato meno delle loro coetanee di alta posizione sociale; tuttavia tra le donne giovani si osserva oggi che quelle di più bassa posizione sociale presentano un più alto rischio di inizio dell abitudine e una maggiore difficoltà di cessazione (Federico et al., 2007). L impatto che le disuguaglianze sociali nel fumo hanno sulle disuguaglianze sociali nella salute è molto evidente: negli anni Novanta, in tutti i paesi europei esaminati (Italia inclusa), una quota variabile tra il 15% e il 30% delle morti in eccesso tra gli uomini di bassa posizione sociale era attribuibile alla distribuzione sociale del fumo (Mackenbach et al., 2004), impatto che in studi più recenti si conferma superiore al 10% quasi ovunque tra gli uomini e mette in luce una variabilità tra generi e tra paesi legata alle diverse fasi dell epidemia da fumo (Van der Heyden et al., 2009). Per quanto riguarda il consumo in generale in tempi attuali, i dati Istat mostrano a partire dal 2005 una lieve crescita della prevalenza dei fumatori (dopo il calo indotto dall introduzione della legge antifumo), che tuttavia sembrerebbe essersi arrestata e invertita con l impatto della crisi a partire dal Parallelamente dal 2008 si è registrato un aumento relativamente costante dei successi nella cessazione del fumo, anche se con una lieve flessione nel 2012 e una costante e significativa riduzione del numero di sigarette fumate in media al giorno (figura 10). Figura 10. Andamento dell abitudine al fumo in Italia dal 2001 al 2011 nei dati dell indagine Istat multiscopo "Aspetti della vita quotidiana". I dati provenienti da Passi (vedi cap. 2 e 6), che è un sistema di sorveglianza continuo dei principali fattori di rischio qui esplorati e delle relative misure di contenimento con una copertura quasi completa della popolazione adulta Italiana, permettono di esplorare con maggior dettaglio geografico e temporale questi andamenti negli ultimi anni (Figura 11). In questa fonte, osservando il fenomeno per mese, nel quinquennio si osserva che la prevalenza di fumatori si riduce significativamente del 2,5%, cioè dal 30,4% al 27,9% (1,6% nel Nord, 2,9% al Centro e 2,4 % nel Sud Italia). Non varia, tuttavia, la distanza fra le tre macro 82

93 Capitolo 3 aree e per l intero periodo le prevalenze più basse si osservano nel Nord Italia, mentre quelle più alte nelle regioni Centrali e Meridionali. Figura 11. Andamento mensile dell abitudine al fumo in Italia dal 2008 al 2012 nei dati del Sistema di Sorveglianza Passi. Prevalenze mensili - Pool di Asl Passi Fonte: Passi, cit: L indagine Passi segnala invece che i tentativi di smettere di fumare sarebbero in calo, contrariamente alle cessazioni del fumo in aumento secondo i dati dell indagine Istat visti precedentemente. A livello nazionale, significativa è la riduzione del 5,2% della proporzione di fumatori che tenta di smettere di fumare (da 41,3% a 36,1%). Tale riduzione risulta maggiore al Centro (10,9%) e al Sud (8,1%) e minore al Nord Italia (2,4%), fino a raggiungere nel 2012 un pattern geografico in cui le aree con le più alte prevalenze di fumatori (regioni centrali) sono anche quelle con minori tentativi di smettere di fumare che si riducono nel tempo. Le due informazioni non sono incompatibili, un po per la differenza di età delle due popolazioni indagate, un po perché Passi esplora i tentativi di cessazione e sarebbe più sensibile all aggravamento dei fenomeni di dipendenza da fumo che contrastano la scelta di tentare di smettere di fumare. 83

94 Principali meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute Figura 12. Andamento mensile del tentativo di smettere di fumare in Italia dal 2008 al 2012 nei dati dell indagine Passi. Prevalenze mensili Pool di Asl Passi Sempre per quanto riguarda il fumo di tabacco, anche i dati Doxa confermano la diminuzione nella proporzione di fumatori negli ultraquindicenni da 22,7% nel 2011 a 20,8% nel 2012 proseguendo il trend in discesa in atto da molti anni, come pure nel numero di sigarette fumate al giorno: 13 nel 2012, quando erano 14,4 nel La spesa media settimanale è passata da 16,3 euro nel 2009 a 13,9 euro nel Si registra una flessione anche nelle vendite complessive del tabacco (-1,8% nel 2011 rispetto al 2010) a scapito soprattutto delle marche più costose. Aumenta il ricorso al tabacco sfuso che consente di abbassare di circa la metà il costo. Nel 2012 l 8,5% degli italiani, soprattutto tra i giovani, confeziona manualmente le sigarette. Nel 2009 il consumo dei cosiddetti trinciati era del 2,7%. Tuttavia, nonostante la crisi economica, il 76,2% di coloro che continuano a fumare non ha cambiato le sue abitudini, si sente in buona salute - e per questo non pensa di smettere - e le sigarette sono al penultimo posto della lista di cose a cui si rinuncia per effetto appunto della crisi. (Doxa, 2012). In conclusione, le diverse fonti confermano che il fumo, il principale singolo fattore di rischio per la salute, ha interrotto nel corso della crisi la diminuzione del numero di esposti in termini di fumatori e di dosi indipendentemente dalla crisi. Il fatto che i tentativi di cessazione del fumo stiano diminuendo soprattutto nelle aree del paese più colpite dalla crisi come il Mezzogiorno suggerisce di non abbassare la guardia nella sorveglianza di questo stile di vita, poiché potrebbero esserci gruppi sociali o aree del paese maggiormente vulnerabili alla dipendenza da fumo come comportamento adattativo. Un profilo simile a quello del tabacco si osserva per la dipendenza da alcool, che colpisce gli uomini in proporzione allo svantaggio sociale sia nella frequenza dell esposizione sia nella severità della dipendenza e nella frequenza degli esiti sfavorevoli; anche in questo caso le donne di bassa posizione sociale rappresentano un eccezione, con un maggior numero di bevitrici a rischio nelle classi sociali più elevate (Voller e Buiatti, 2006). I dati dell indagine Istat multiscopo mostrano una diminuzione costante nelle diverse forme di abuso di alcol già a partire dalla metà degli anni 2000 (figura 13). Una diminuzione che sembra interrompersi tra il 2008 e il 2010 in corrispondenza dei primi anni della crisi per poi riprendere nel 2011 in tutte le 84

95 Capitolo 3 aree del paese. A risultati simili portano i dati Passi per i consumatori abituali di elevate quantità di bevande alcoliche nei soli anni della crisi. Ad analoghe conclusioni giunge uno studio ecologico italiano che ha mostrato come negli anni il consumo di alcolici non sia correlato con i crescenti tassi di disoccupazione e con le variazioni percentuali di Pil reale. Anche questa indagine tuttavia evidenzia come il 2009 (anno in cui si è avuta la peggiore variazione negativa del Prodotto interno lordo), si sia registrato un incremento nel consumo di alcolici che si discosta dal trend marcatamente in diminuzione del periodo considerato (Mattei 2013). 25,0 20,0 15,0 10,0 5, Nord-ovest Nord-est Centro Mezzogiorno Figura 13.Consumatori di alcol a rischio nell indagine Istat multiscopo "Aspetti della vita quotidiana" Sono presi in considerazione il consumo giornaliero non moderato di vino, birra o altri alcolici (più di 2-3 unità alcoliche al giorno per l uomo, di 1-2 unità per la donna e di 1 sola unità alcolica per gli anziani, da consumarsi durante i pasti) e gli episodi di ubriacatura concentrati in singole occasioni (binge drinking) che comportano comunque un assunzione di quantità eccessive di alcol. Il consumo pro capite annuale di alcol puro è diminuito da 7,7 litri nel 2004 a 6,1 l nel 2012 proseguendo una tendenza ultradecennale alla diminuzione che ha interessato il vino (da 5,3 a 4,0 l) la birra (da 1,5 a 1,4 l) e i superalcolici (da 0,9 a 0,7 l) (Iss 2012). Dal 2001 al 2011 il numero di consumatori giornalieri di bevande alcoliche decresce dal 35% al 28% mentre aumenta la quota di quanti dichiarano di bere alcolici fuori dai pasti (dal 25% nel 2001 al 28% nel 2011 (Istat 2012). Sistemi di sorveglianza locali sugli adolescenti, come Edit in Toscana (Voller et al. 2012), hanno misurato nel 2011 una tendenza all aumento di molti comportamenti a rischio tra i ragazzi anni: più 5% nel binge drinking (rispetto al 2008), più 3% nella diffusione di droghe (rispetto al 2005), più 4-5% nella prevalenza di fumatori regolari rispettivamente in maschi e femmine (rispetto al 2005), più 3,8% nel sovrappeso (rispetto al 2008), ma non sono in grado di distinguere il contributo della crisi da quello dell andamento storico. Ad un livello macroscopico il consumo di alcol non sembra essere particolarmente sensibile agli effetti della crisi, ma le medie potrebbero nascondere differenze importanti tra gruppi più o meno vulnerabili a questo meccanismo di azione della crisi sulla salute. 85

96 Principali meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute Per quanto riguarda l abuso di sostanze, infine, lo studio ESPAD ha mostrato che l alta condizione socioeconomica e l alta istruzione sono protettive per eroina e cocaina, interagendo in vario modo con il ruolo delle relazioni e delle norme familiari (Ministero della Solidarietà Sociale, 2007). I dati piemontesi dello studio Vedette mostrano un livello di istruzione più basso tra i soggetti dipendenti da eroina rispetto alla popolazione generale (Burroni e Faggiano, 2006). Nel loro complesso le dipendenze hanno un impatto molto rilevante sulle disuguaglianze di salute, in particolare su quelle di mortalità: le cause di morte che mostrano la più alta proporzione di morti attribuibili alle differenze sociali sono esattamente quelle associate all abuso di droghe, alcool e sesso insicuro (AIDS, overdose, cirrosi); alla contiguità con la violenza (omicidi) e al fumo (tumori del polmone). Analogamente, le sedi di tumore che presentano un maggior numero di casi attribuibili alla bassa posizione sociale sono quelle associate ad alcool e fumo (cavo orale, faringe, laringe, esofago, polmone e fegato) (Zengarini, 2011). Da altre fonti si osserva una diminuzione nell utilizzo di sostanze illegali, che si inserisce nella tendenza alla diminuzione vista per l alcol e il tabacco. Pur nei problemi di rappresentatività dei dati rilevati attraverso indagini di popolazione, la relazione al parlamento riporta una tendenza alla diminuzione dei consumi di sostanze illegali nel 2011 confermando la tendenza in atto già nel 2010 (Dipartimento politiche antidroga 2012). Anche gli stili di vita non legati alla dipendenza, come i comportamenti alimentari squilibrati o la sedentarietà, affliggono con maggiore frequenza e gravità le persone di bassa posizione sociale e i figli di famiglie di bassa posizione sociale (Vannoni et al., 1999 e 2004); gli ultimi dati nazionali disponibili confermano, ad esempio, un eccesso significativo di persone che non fanno alcun tipo di attività fisica tra gli operai e le operaie (rispettivamente l 85% e il 72% in più), rispetto alle classi dirigenti (Voller e Buiatti, 2006). Non sono disponibili stime su quale sia l impatto delle disuguaglianze nella sedentarietà e nell alimentazione scorretta sulle disuguaglianze nell incidenza e nella mortalità per le patologie ad essi correlati (patologie metaboliche, cardiovascolari, tumorali, osteoarticolari, soprattutto); tuttavia la rilevanza di queste malattie è così significativa che ci si può attendere che una quota importante delle disuguaglianze sociali nella loro incidenza sia attribuibile alla diversa distribuzione sociale dell esposizione a questi fattori di rischio. Nell analizzare gli stili di vita insalubri, seppur consapevoli del diritto delle persone di fare le proprie scelte e valutazioni sui propri comportamenti, bisogna però riconoscere che anche per intraprendere uno stile di vita ci vogliono risorse, motivazioni ed energie. Spesso l adozione e il mantenimento di uno stile di vita insalubre può rappresentare la risposta di adattamento della persona ad una situazione permanente di stress: le persone di bassa posizione sociale sperimentano più di frequente quelle condizioni di scompenso che abbiamo definito job strain, e vi si adattano anche adottando comportamenti compensativi come il fumo o l alcol, la sedentarietà o una dieta squilibrata, alcuni dei quali possono generare dipendenza. Quindi le categorie di fattori di rischio fin qui analizzate, che mediano l impatto sulla salute della posizione sociale, possono a loro volta agire in sequenza influenzandosi vicendevolmente. Come accennato in precedenza Euro-GBD-SE ha provato a misurare quale fosse la quota di mortalità attribuibile alle differenze di istruzione che poteva essere spiegata dalle disuguaglianze di esposizione per livello d istruzione anche ad una serie di determinanti prossimali. Di tutti i possibili determinanti sono stati presi in considerazione dal progetto solo 86

97 Capitolo 3 quelli per i quali si osserva una distribuzione sociale dell esposizione disuguale, e che mostravano in letteratura una solida prova di una relazione causale tra il fattore di rischio e la malattia bersaglio per la quale dovevano essere disponibili dati sulle disuguaglianze di mortalità. La tabella 6 presenta la proporzione di morti attribuibili alle disuguaglianze di mortalità che risulta spiegabile dalle differenze per istruzione nell esposizione ad una prima lista di determinanti/fattori di rischio che rispondevano ai suddetti requisiti. La lista include quattro di stili di vita insalubri (tabacco, esercizio fisico, sovrappeso e dieta, misurata quest ultima dalla prevalenza di consumo di frutta e vegetali), un fattore di rischio biologico (diabete mellito), e un fattore di rischio psicosociale (la partecipazione sociale ad una qualsiasi organizzazione civile) denominato in tabella come rete sociale. L impatto sulla mortalità evitabile dovuto agli stili di vita insalubri ha dimensioni variabili nei diversi paesi a seconda delle variazioni geografiche nella frequenza delle malattie bersaglio e della frequenza e disuguaglianza nella frequenza dell esposizione agli stessi fattori di rischio. Le disuguaglianze per istruzione nel fumo tra gli uomini spiegano una larga frazione delle morti attribuibili alla bassa istruzione nei paesi del Nord Ovest e nell Europa Centro Orientale (all 11% in Olanda al 26 in Gran Bretagna) e più basse nei paesi Mediterranei (tra cui Torino e Toscana) compresa la Francia e l Ungheria (dal 2 al 6%). La stessa bassa proporzione tra le donne compare in tutti I paesi (dal 1-2% nei paesi Mediterranei al 9% in queli nordici), con la sola eccezione della Gran Bretagna dove l impatto arriva intorno al 16%. L eliminazione delle disuguaglianze per istruzione nel sovrappeso e l obesità ridurrebbe di più la mortalità attribuibile alle disuguaglianze tra le donne rispetto agli uomini, dappertutto ad eccezione dei paesi nordici. Il potenziale femminile è molto alto con delle percentuali che vanno dal 20 al 40% tra le donne del Sud tra cui le Italiane, dal dell Europa Centro Orientale, dal 5-10% di quella Centro Occidentale e di quella Baltica. Per quanto riguarda l attività fisica il quadro è simile a quello del sovrappeso e obesità. Tra le donne I paesi Mediterranei insieme con Olanda Belgio Svizzera e Danimarca mostrano frazioni attribuibili più elevate (10-15%). Tra gli uomini la proporzione varia tra 1 e 5%, con I paesi Baltici e Spagna intorno al 8-9%. Il consumo di frutta e verdura mostra un impatto modesto tra 2 e 8% in entrambi i generi, con l eccezione di Svizzera e Estonia che hanno frazioni di meno del 1%. Sommando insieme il contributo della riduzione delle disuguaglianze nei diversi stili di vita insalubri, sotto l assunzione dell indipendenza del loro effetto, la mortalità attribuibile alle disuguaglianze si ridurrebbe considerevolmente in tutti i paesi (mai meno del 20% nel caso della somma di fumo e sovrappeso) (Eikemo T. 2011) Eliminando le disuguaglianze nel fattore di rischio biologico diabete si aggiunge un altra importante spiegazione tra le donne soprattutto nei paesi mediterranei e nella Repubblica Ceca (dal 15 al 30%) e meno del 10% nel resto dei paesi. L unico esempio disponibile di fattore psicosociale, la partecipazione sociale, dà un contributo significativo a spiegare le morti attribuibili alle disuguaglianze nei paesi Mediterranei tra gli uomini (10-20%) e Francia e Austria tra le donne (15-21%). 87

98 Principali meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute Altre misure di impatto (come la speranza di vita) producono risultati simili, con il fumo che spiega il più basso numero di anni di vita persi nelle donne del Sud (Mäki N., 2011). Come detto precedentemente quando osservavamo i risultati relativi ai determinanti distali, si deve considerare che l impatto così stimato dei determinanti prossimali potrebbe non essere completamente indipendente, date le interazioni e il ruolo di mediazione che giocano le variabili tra loro e che non sono state completamente aggiustate nei dati di partenza di questo esercizio. Questa considerazione invita ad esaminare ogni meccanismo di spiegazione delle disuguaglianze e quindi ogni punto di ingresso delle azioni di contrasto in modo integrato, come già accade con i piani di prevenzione che considerano i fattori di rischio comportamentali come bersaglio di azioni comuni. Tabella 6 Proporzione di morti attribuibili alle disuguaglianze di mortalità spiegata dalle differenze per istruzione nell esposizione a cinque determinanti prossimali. Fumo BMI>25 Esercizio Fisico Diabete mellito Frutta&Vegetali Donne Uomini Donne Uomini Donne Uomini Donne Uomini Donne Uomini Popolazione % % % % % % % % % % Finlandia 8% 14% 10% 2% 1% 1% 5% 3% na na Svezia 9% 18% 6% 7% na na 4% 2% na na Norvegia na na 9% 8% 4% 4% 6% 6% na na Danimarca 8% 17% 9% 8% 10% 4% 4% 3% 5% 7% Inghilterra 14% 26% 12% 5% na na 9% 7% na na Scozia 18% 20% 4% 4% na na 5% 4% na na Paesi Bassi 7% 11% 12% 7% 10% 3% 10% 4% na na Bruxelles 2% 6% 13% 7% 16% 5% 8% 3% na na Francia 2% 5% 15% 8% na na 8% na na na Svizzera 2% 6% 20% 9% 11% 5% na na 0% 0% Austria 7% 18% na na na na 16% 5% na na Barcellona 2% 8% 23% 7% 10% 7% 14% 2% 3% 4% Paesi Baschi 6% 9% 33% 4% 16% 9% 8% 2% 4% 5% Madrid 2% 8% 22% 8% 10% 8% 15% 2% 3% 5% Torino 2% 5% 39% 9% 14% 3% 29% 4% 8% 2% Toscana 1% 5% 27% 8% 10% 3% 20% 4% 4% 2% Repubblica Ceca 5% 18% 8% 5% 3% 2% 17% 5% na na Polonia na na na na na na na na na na Ungheria na 2% 12% 3% na na 10% 8% na na Lituania 2% 12% 3% 4% 8% 4% 9% 1% na na Estonian 8% 15% 8% 0% 8% 2% 7% 5% na 0% Note: na = dati non disponibili. Giallo = 0-9% di morti attribuibili dal totale dell eccesso di morti tra i meno istruiti. Verde chiaro = 10-19% di morti attribuibili dal totale dell eccesso di morti tra i meno istruiti. Verde = 20% e > di morti attribuibili dal totale dell eccesso di morti tra i meno istruiti. Fonte: EURO-GBD-SE project. euro-gbd-se.eu; Il terzo meccanismo: la vulnerabilità Il terzo meccanismo è quello secondo il quale la posizione sociale influenza il grado di vulnerabilità delle persone, intesa sia come capacità di far fronte all effetto sfavorevole di un fattore di rischio, prevenendo l insorgenza del danno di salute conseguente, sia come capacità 88

99 Capitolo 3 di far fronte ad un problema di salute già insorto, prevenendone gli esiti peggiori, come la disabilità o la morte, ovvero modificando la velocità di progressione della malattia stessa. Si può parlare in questo caso di stati di suscettibilità individuale o di fragilità clinica, dei quali la posizione sociale può influenzare l evoluzione, in direzione di un esito sfavorevole per la salute. In questo gruppo rientrano due categorie di problemi di salute: - la prima comprende gli stati di predisposizione/suscettibilità attraverso cui si può transitare da un esposizione ad un fattore di rischio ad uno stato di malattia, e per i quali la transizione può essere intercettata e interrotta con specifici interventi: in termini di impatto sulla salute i più importanti esempi sono la suscettibilità ad una infezione; l ipertensione arteriosa, il sovrappeso e l obesità e il rischio di malattia cardiovascolare ad essi associato; gli stati pre-cancerosi asintomatici riconoscibili con test di diagnosi precoci (come nel caso dei tumori del collo dell utero e del colon-retto); - nella seconda categoria rientrano tutte le malattie la cui prognosi, successivamente all insorgenza, può essere modificata con una diagnosi tempestiva e un appropriata presa in carico assistenziale, sia in fase acuta di esordio sia nel follow up successivo; si fa riferimento, in particolare, alle patologie croniche che sono più frequenti e che hanno le conseguenze peggiori per la speranza di vita in salute della popolazione: il diabete, la malattia ischemica di cuore, la depressione, la malattia respiratoria cronica, i tumori delle sedi più frequenti. Una parte significativa di questi stati presenta una distribuzione sociale a sfavore delle persone più svantaggiate: la prevalenza di infezioni HPV al collo dell utero (il principale fattore di rischio per il tumore del collo dell utero) cresce all abbassarsi della posizione sociale (de Sanjosé et al., 1997); la prevalenza di ipertensione arteriosa mostra eccessi significativi tra i più svantaggiati, in particolare tra le donne, ma con una forte interazione con l area geografica di residenza (rischi maggiori al Nord e al Sud) (Giampaoli et al., 2001); la prevalenza del sovrappeso e dell obesità, infine, cresce progressivamente scendendo nella scala sociale sia tra gli adulti (soprattutto tra le donne meridionali) (Voller e Buiatti, 2006) sia tra i bambini e i ragazzi. Inoltre, nella categoria delle patologie croniche più disabilitanti si può ricordare che la prevalenza del diabete adulto (il tipo più frequente, riguardante circa il 4% della popolazione) cresce con l abbassarsi del titolo di studio (Gnavi et al., 2008); la stessa cosa si può dire dell incidenza dell infarto del miocardio (Petrelli et al., 2006), di tutti i tumori (Spadea et al., 2007) e della depressione (de Girolamo et al., 2005), solo per ricordare le patologie che sono più spesso oggetto dei piani di prevenzione attiva. E difficile esaminare tutti i meccanismi attraverso cui la posizione sociale possa condizionare l insorgenza e l evoluzione di questi stati, perché esse sono specifiche di ogni fattore di rischio. Volendo generalizzare si potrebbe dire che una bassa posizione sociale può influenzare la vulnerabilità in tre modi. Il primo è quello di aumentare la suscettibilità all effetto del fattore di rischio sulla salute. Dal punto di vista biologico questo è un meccanismo ben conosciuto, che agisce attraverso le difese immunitarie che impediscono l insorgenza di una malattia o ne rallentano l evoluzione; le prove che lo svantaggio sociale comprometta le difese immunitarie sono ancora molto limitate, 89

100 Principali meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute ma esistono interessanti indizi in questo senso. Rifacendosi a uno studio del 1997 in cui si era dimostrata la capacità delle relazioni sociali di prevenire la progressione del raffreddore comune (Cohen et al., 1997), uno studio più recente ha ritrovato un analogo effetto protettivo da parte dell integrazione in gruppi solidali in una coorte di operai francesi (Berkman et al., 2004). Poiché la disponibilità di supporto e aiuto è anch essa distribuita in modo socialmente selettivo, per questa via la bassa posizione sociale potrebbe influenzare le disuguaglianze nella suscettibilità ad un danno di salute. Una seconda via con cui la posizione sociale modifica la vulnerabilità della persona è quella delle limitazioni di accesso alle opportunità di prevenzione, che servono ad interrompere la progressione da uno stato di suscettibilità/predisposizione ad un danno alla salute (una vaccinazione nel caso delle malattie infettive, un controllo periodico e una modifica degli stili di vita e/o un farmaco nel caso dell ipertensione o del sovrappeso, un test di diagnosi precoce nel caso degli stati pre-cancerosi o pre-invasivi) (vedi capitolo 6). Ora, l adozione di queste azioni preventive da parte di persone sane, ancorché suscettibili, richiede che esse siano informate del rischio e della disponibilità della soluzione, che siano capaci di apprezzare i benefici di una scelta i cui vantaggi sono proiettati nel futuro, e che la soluzione sia accessibile e sostenibile; molte di queste condizioni sono meno presenti nel caso dei gruppi sociali più svantaggiati, soprattutto se l accesso all intervento deve avvenire su iniziativa della persona, come nel caso della medicina cosiddetta di attesa (che è il modo con cui funziona correntemente l offerta di assistenza nel servizio sanitario italiano, anche nella medicina di base). La terza via è quella della progressione di un problema di salute ormai manifestatosi clinicamente, progressione che può essere peggiorata da scelte assistenziali (diagnostiche, terapeutiche, riabilitative) non appropriate per tipo e qualità, per coerenza e continuità di erogazione, per capacità di integrazione con le necessità assistenziali derivanti da altri problemi di salute compresenti (vedi capitolo 6). E probabile che la posizione sociale abbia un influenza su questi diversi punti di vulnerabilità del percorso assistenziale. Infatti, il successo di tale percorso dipende dalle competenze, cognitive e motivazionali, della persona malata, dall elasticità dell offerta assistenziale alle competenze e ai bisogni della persona, e dalle regole di accesso richieste dal sistema; ed è noto che le persone di bassa posizione sociale hanno meno possibilità per informarsi, hanno meno motivazioni per seguire nel tempo il proprio percorso, hanno meno relazioni utili per farsi aiutare nella burocrazia dell organizzazione sanitaria. Il minimo fattor comune di queste tre vie per la vulnerabilità agli effetti sulla salute delle esposizioni a rischio è la disponibilità di aiuto, sia da parte di reti familiari ed amicali, sia da parte del sistema dell offerta di servizi della comunità e dello stato, una disponibilità che può essere distribuita in modo differente tra le posizioni sociali. In generale, la qualità, la consistenza e l estensione della rete delle relazioni personali e impersonali, formali e informali, in cui si svolge la vita delle persone, può influenzarne i livelli di salute, ad esempio attraverso la mediazione dello stress nell insorgenza di cardiopatie (Patti, 1995). L insieme di queste relazioni, ovvero il capitale sociale di un individuo, è generalmente identificato con tre elementi fortemente legati fra loro: il sentimento di fiducia e sicurezza ispirato dalle relazioni con gli altri nel proprio ambiente di vita, la partecipazione attiva alla vita di 90

101 Capitolo 3 comunità, e le relazioni con i vicini e i rapporti di reciprocità (Phongsavan, 2006; Hsieh, 2008). Alcuni autori riportano che la difficoltà ad avere fiducia nelle relazioni interpersonali quotidiane si associa significativamente ad una peggiore salute autoriferita e alla presenza di depressione e ansia, mentre livelli alti di partecipazione sociale sono associati a buoni livelli di salute che si mantengono nel tempo (Phongsavan, 2006; Giordano e Lindstrom, 2010). Tuttavia è difficile documentare questo nesso in Italia, ed inoltre la scarsa produzione scientifica nazionale consente un esplorazione limitata dell ampio campo d indagine del capitale sociale, restringendo le osservazioni alle caratteristiche della famiglia e, raramente, alle relazioni amicali. Le coppie stabili con figli presentano rischi di mortalità minori rispetto alle famiglie disgregate ed a persone o genitori soli e con carichi di cura (Costa et al., 1998); un evento critico (ad esempio la nascita di un figlio) può far emergere il ruolo protettivo esercitato dalla qualità della relazione (in questo caso con il proprio partner) verso la salute degli individui (la salute fisica e mentale delle neo-madri) (Saurel-Cubizolles et al., 2000). Per i giovani, una buona relazione affettiva con i genitori e la sensazione della loro presenza sono protettive verso il disagio psicofisico percepito, più dello stato socioeconomico, così come vivere in un contesto di relazioni formali solidaristiche è protettivo verso i comportamenti parasuicidari (Caiazzo e Cois, 2004). 3.4 Il terzo meccanismo: le conseguenze sociali della malattia Il quarto meccanismo è quello che vede la salute compromessa retro-agire sulla carriera sociale di una persona; è quanto accade nei processi di selezione che, sulla base di una salute compromessa, interrompono o modificano la mobilità sociale, soprattutto quella professionale. Ma è anche quanto accade quando il concorso alla spesa per far fronte a un problema di salute rende socialmente vulnerabili o fa scivolare nella trappola della povertà, innescando storie ricorsive di disuguaglianze di salute in cui non si sa più cosa sia iniziato prima, se il danno di salute o la povertà. Il meccanismo per cui la malattia affligge la carriera sociale della persona può riguardare il modo con cui la malattia compromette le abilità e le competenze che sono necessarie ad una persona per rimanere e progredire in una posizione di lavoro. Questo meccanismo è stato verificato nei dati torinesi, dove si è visto che all interno della forza di lavoro la mancata progressione di carriera tra il 1981 e il 1991 sulla scala del prestigio professionale era influenzata, in ordine decrescente di importanza, dalla bassa istruzione, dall immigrazione dal Mezzogiorno, da una gravidanza e dai problemi di salute abbastanza severi da meritare un ricovero (tabella 7) (Cardano et al., 2004). I problemi di salute e la gravidanza erano anche tra i determinanti dell uscita dalla forza di lavoro per disoccupazione o per pensionamento. Dunque la compromissione della salute può essere uno dei fattori di mobilità sociale discendente, anche se l impatto relativo di questo meccanismo sulle disuguaglianze di salute appare più modesto di quello degli altri fattori analizzati. 91

102 Principali meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute Tabella 7. Determinanti di mobilità occupazionale e di uscita dal lavoro (rif. Lavoratori stabili) Torino. Uomini e donne anni al censimento del 1991, occupati nel Mobilità ascendente Mobilità discendente Disoccupazione o rinuncia (casalinga) Odds ratio e intervalli di confidenza Pensionamento anticipato Donna Bassa istruzione Nato al Sud Madre Ricovero La relazione tra malattia e povertà può anche essere verificata rispetto ai costi dell assistenza: il CEIS ha stimato attraverso i dati dell indagine Istat sui consumi che nel sistema sanitario italiano a copertura universalistica i principali rischi per la vulnerabilità sociale e l impoverimento delle famiglie a causa della salute vengono dai livelli di assistenza non (completamente) garantiti dal settore pubblico, come la salute orale (soprattutto quella dei figli) e l assistenza al soggetto non autosufficiente, e come la compartecipazione alla spesa per i farmaci, gli esami e le visite specialistiche. Inoltre, l abbandono delle cure o la necessità di affrontare spese sanitarie troppo elevate rispetto alle proprie capacità (cosiddette spese catastrofiche che conducono all impoverimento) non sono fenomeni che interessano solo i settori meno abbienti della popolazione, ma coinvolgono ormai anche molte famiglie appartenenti al ceto medio (Di Rocco 2009). In particolare, nel 2007 l 1,4% delle famiglie italiane (corrispondente a più di nuclei) risulta impoverito e il 4,2% è stato soggetto a spese catastrofiche. L alternativa all impoverimento appare la rinuncia a prestazioni sanitarie di cui si avrebbe necessità: nello stesso anno, il 10,9% delle famiglie ha scelto di rinunciare ad una prestazione specialistica o ad una prestazione dentistica, ed in particolare ciò è avvenuto nel 18,7% delle famiglie più povere e nel 9,8% di quelle del ceto medio. In uno studio campionario condotto tra i pazienti di alcuni medici di medicina generale della provincia di Torino, circa un terzo ha dichiarato che qualche componente della propria famiglia ha dovuto rinunciare ad almeno una prestazione sanitaria a causa dei costi che avrebbe dovuto sostenere, e il 10% dei pazienti ha riportato di aver ridotto le spese alimentari per poter sostenere quelle di cura di una malattia (documento disponibile su 92

103 Capitolo La salute dei gruppi vulnerabili Una volta che questi circuiti viziosi malattia-povertà-malattia si sono instaurati, la sede istituzionale che prende in carico questi gruppi sociali ad alto rischio di solito è quella dell assistenza sociale degli enti locali e del terzo settore. Tra le categorie più rappresentate si annoverano quella degli adulti in difficoltà, i bambini e ragazzi di famiglie povere, gli anziani soli poveri, gli stranieri immigrati, i disabili, i senza fissa dimora, i reclusi. Tra gli adulti in difficoltà sono soprattutto i disoccupati a morire prima, ammalarsi di più (Figura 3 e Tabella 2) e a ricoverarsi di più, in condizioni più severe e con esiti più sfavorevoli (Ciccone et al., 1999). In questa stessa categoria, ma in una fase ancora iniziale di vulnerabilità, almeno in Italia, si potrebbero collocare anche le madri sole con figli a carico: uno studio comparativo europeo ha evidenziato in questo gruppo profondi svantaggi nella povertà, nella salute e nell esposizione a fattori di rischio per la salute, come il fumo, particolarmente nei paesi del Nord Europa; in Italia questi svantaggi si starebbero appena manifestando ora (Burstrom et al., 2010). Riguardo al profilo epidemiologico dei bambini e ragazzi in condizioni di povertà, trattandosi di una fascia di età fortunatamente sana, non si possono descrivere disuguaglianze nella morbosità; è noto tuttavia che si tratta del gruppo con la più alta esposizione a comportamenti insalubri (fumo, alcool, sedentarietà, obesità) nocivi per la salute adulta e spesso compromettenti anche per la carriera sociale (Vannoni et al., 2004). Per quanto riguarda gli anziani soli poveri, si è detto che la situazione epidemiologica risulta distorta dal fatto che, avendo i poveri un maggior rischio di mortalità prematura, quelli tra loro che sopravvivono all età più anziana sono selezionati per essere più competitivi dal punto di vista della salute: ciononostante, esistono indizi che la velocità di progressione della disabilità tra gli anziani poveri sia più intensa che tra i non poveri e che, quindi, ci sia una riserva di prevenzione della disabilità tra gli anziani più poveri che non è ancora stata esplorata (Vannoni et al., 2004b). A proposito di immigrati il profilo epidemiologico descrive un quadro ancora relativamente favorevole si ammalano di meno perché hanno scelto di emigrare dal proprio paese coloro che possedevano un buon capitale di salute da scambiare con la forza di lavoro (anche se le persone che stanno immigrando nel nostro paese in forza di processi di ricongiungimento non presentano più questa protezione) ed esprimono minori bisogni di salute anche a causa di difficoltà culturali e materiali all accesso ai servizi (vedi cap. 6). Tuttavia la popolazione immigrata subisce fattori di rischio propri dell area di provenienza (relativamente a malattie cosiddette di importazione, come quelle endemiche o ereditarie tipiche del paese di origine). Inoltre su alcuni problemi di salute questo gruppo di popolazione incomincia a manifestare sensibili eccessi di morbosità e di esiti sfavorevoli, che sono conseguenza o di condizioni di vita o di lavoro poco sicure (come nel caso dei traumi, o di difficoltà nel fruire adeguatamente dei percorsi assistenziali, particolarmente evidenti nel percorso nascita) (Gargiulo et al., 2008; CCM, 2009). 93

104 Principali meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute Infine, la categoria dei senza fissa dimora include gruppi di malati mentali e di tossicodipendenti che presentano profili epidemiologici gravemente sfavorevoli per la maggior parte degli esiti di salute, con fenomeni di co-morbosità estrema ben noti dall esperienza corrente, ma per i quali non sono disponibili misure epidemiologiche valide. Nel loro insieme i soggetti che fruivano di assistenza economica da parte del Comune di Torino negli anni Novanta presentavano una speranza di vita di parecchi anni inferiore a quella osservata per la popolazione generale residente (Costa et al., 1998). Dalle poche stime parziali prima richiamate, si può dedurre che questi meccanismi di segregazione dei malati e dei poveri in condizioni di estrema vulnerabilità circolare abbiano un impatto sulla salute particolarmente estremo per gli appartenenti a questi gruppi, ma che spieghino una porzione significativa ma non maggioritaria delle disuguaglianze di salute osservate nella popolazione. 94

105 Capitolo 3 Bibliografia Agabiti N, Picciotto S, Cesaroni G, et al. The influence of socioeconomic status on utilization and outcomes of elective total hip replacement a multicity population based longitudinal study. Int J Qual Health Care 2007; 19: Agabiti N, Pirani M, Schifano P, et al. for the Italian Study Group on Inequalities in Health Care. Income level and chronic ambulatory care sensitive conditions in adults: a multicity population-based study in Italy. BMC Public Health 2009; 9:457. Artazcoz L, Benach J, Borrell C, Cortès I. Social inequalities in the impact of flexible employment on different domains of psychosocial health. J Epidemiol Community Health 2005; 59: Avendano M, Aro AR, Mackenbach JP. Socioeconomic disparities in physical health in 10 European countries. In: Boersch-Supan A, Brugiavini A, Juerges H, et al. Health, ageing and retirement in Europe. Mannheim, Mannheim Research Institute for the Economics of Ageing, 2005: Barker DJP. Mothers, babies, and disease in later life. London, BMJ Publishing Group, Berkman LF, Melchior M, Chastang JF, Niedhammer I, Leclerc A, Goldberg M. Social integration and mortality: a prospective study of French employees of Electricity of France-Gas of France: the GAZEL Cohort. Am J Epidemiol Jan 15;159(2): Berti G, Migliore E, Cadum E, et al.; Gruppo Collaborativo SIDRIA-2. Outdoor risk factors and adverse effects on respiratory health in childhood. Epidemiol Prev 2005;29(2 Suppl):62-6. Biggeri A, Gorini G, Dreassi E, Kalala N, Lisi C. SLTo (Studio Longitudinale Toscano). Condizione socioeconomica e mortalità in Toscana. Regione Toscana, collana Informazioni Statistiche, Bologna E. (a cura di) La prevenzione dei tumori femminili in Italia: il ricorso a pap test e mammografia, Anni Roma, Istat, Statistiche in breve, 4 dicembre Bonde JPE. Psychosocial factors at work and risk of depression: a systematic review of the epidemiological evidence. Occup Environ Med 2008; Apr 16 in print. Burroni P, Faggiano F (a cura di). VEdeTTE - Valutazione di Efficacia dei Trattamenti per la Tossicodipendenza da Eroina Monografia n.6 (2006) - Risultati della coorte piemontese. Burstrom B, Whitehead M, Clayton S, Fritzell S, Vannoni F, Costa G. Health inequalities between lone and couple mothers and policy under different welfare regimes The example of Italy, Sweden and Britain. Social Science Medicine 2010; 70: Caiazzo A, Cois E. Il supporto sociale. In: Costa G, Spadea T. Cardano M (a cura di). Diseguaglianze di Salute in Italia. Epidemiol Prev 2004, 28 (Suppl 3): Candela S, Cavuto S, Liberto F (a cura di). Condizioni socioeconomiche e mortalità nella popolazione di Reggio Emilia. Reggio Emilia, AUSL Reggio Emilia, 2005, Collana Progetto Salute n. 8. Cardano M, Costa G, Demaria M. Social mobility and health in the Turin longitudinal study. Soc Sci Med 2004; 58: Cardano M, Costa G, Demaria M, Merler E, Biggeri A. Le disuguaglianze di mortalità negli studi longitudinali italiani. Epid Prev 1999; 23: Cavelaars AE, Kunst AE, Geurts JJ, et al. Morbidity differences by occupational class among men in seven European countries: an application of the Erikson-Goldthorpe social class scheme. J Epidemiol Commun H 1998; 52(4): Cavelaars AE, Kunst AE, Geurts JJ, et al. Persistent variations in average height between countries and 95

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113 Capitolo 4 LE AZIONI DI CORREZIONE NEL SENSO DELL EQUITÀ DELLE POLITICHE NON SANITARIE Dalle evidenze di ricerca alla ricalibratura delle politiche Le politiche non sanitarie incidono in molti modi sulle disuguaglianze di salute. I capitoli precedenti hanno dimostrato l effetto rilevante dei determinanti sociali sulla salute, essi sono alla base dei meccanismi sociali che di fatto trasferiscono le disuguaglianze sociali sulla salute. Data la varietà e la complessità delle politiche non sanitarie che spaziano dall istruzione, alla formazione, al lavoro, alle politiche sociali, fino alle politiche industriali, dello sviluppo e dei trasporti, ecc. - e i molteplici modi attraverso cui queste politiche incidono sulle differenti dimensioni delle disuguaglianze sociali, le strategie volte a ridurre nel senso dell equità le disuguaglianze di salute debbono dotarsi di metodi per affrontare tale complessità analitica. Questo capitolo propone un percorso articolato in quattro passi, che ha una funzione introduttiva rispetto alla progettazione e implementazione di specifiche strategie e progetti di miglioramento dell equità. Il lavoro è basato su una rielaborazione ragionata delle evidenze rilevanti, riportate in letteratura, circa l effetto sulla salute di politiche non sanitarie. La ricerca è stata condotta utilizzando come fonte la vasta rassegna di letteratura raccolta dalla Marmot review ( 2 ) che, com è noto, rappresenta l esperienza più avanzata in campo europeo sul tema e che ripropone i principali risultati dei più recenti studi e ricerche empiriche condotte in Europa e negli Stati Uniti, inquadrati nella letteratura consolidata e interpretati allo scopo di accompagnare l elaborazione di una strategia nazionale di contrasto delle disuguaglianze di salute in un paese ricco europeo 3. 1 Capitolo a cura di Roberto Di Monaco (Università di Torino) e Silvia Pilutti (Prospettive ricercasocioeconomica) 2 Il sito contiene, oltre al rapporto finale e allegati: 27 documenti relativi alla discussione e alle proposte sulle politiche; 20 documenti sintetici, in forma di mappa, per la sintesi dei risultati delle discussioni con esperti; 7 documenti sui sistemi di misurazione; 5 documenti sulle analisi dei costi; 27 documenti nell area di analisi delle evidenze empiriche, di cui 12 reviews tematiche, con oltre 1600 fonti citate. 3 Nell analisi si prendono in esame soprattutto i rapporti tematici, rielaborati da gruppi di esperti, che hanno come oggetto risultati di ricerche scientifiche condotte sia sui meccanismi sociali di produzione delle disuguaglianze nella salute, sia sull impatto diretto o indiretto sulla salute di politiche e interventi nazionali o locali, in ambito non sanitario. L analisi dell ampio materiale è stata condotta con l obiettivo di riportare al lettore in modo meticoloso tutti i risultati rilevanti che sono emersi dalla letteratura scientifica relativa ai paesi sviluppati, riportati nella review

114 Le azioni di correzione nel senso delle equità delle politiche non sanitarie Il risultato è un ampia mappatura di ipotesi di lavoro, che fornisce ai policy maker e agli operatori che lavorano sulle politiche e sui servizi nei diversi campi una panoramica dello stato dell arte sul rapporto tra disuguaglianze e salute, strumenti concettuali ed evidenze empiriche, formulate in modo essenziale e funzionale all elaborazione di una visione d insieme sul tema. A partire da quanto emerge da questa rassegna, gli autori sostengono l importanza di contestualizzare sempre il rapporto tra disuguaglianze e salute e di collegare a questa rappresentazione circostanziata l effetto delle politiche non sanitarie. Data la numerosità delle ricerche citate e la natura della fonte, tuttavia, il lavoro non può fornire molti degli elementi fondamentali di conoscenza accurata dei molteplici contesti geografici, temporali e sociali in cui le relazioni di cui si parla si traducono in fenomeni osservabili e in obiettivi delle politiche. Si tratta di un evidente paradosso, che gli autori pensano sia inevitabile data l impossibilità, in una rassegna così generale, di ricostruire in modo circostanziato l amplissima gamma di effetti e circostanze che emergono dagli studi. Ciò che ci proponiamo, quindi, è fornire al lettore, che si occupa di politiche, solidi argomenti per non fermarsi qui e, preso atto del forte legame tra disuguaglianze sociali e salute, mediato dal contesto socio-economico e di vita, affrontare in questa prospettiva le specifiche questioni relative all analisi e alla progettazione e valutazione di specifiche politiche adeguate. Il percorso è organizzato in quattro distinti contributi che possono rappresentare un avvicinamento al problema della promozione dell equità nelle politiche non sanitarie. Il primo contributo riepiloga i principali schemi concettuali utilizzati nelle rassegne tematiche, con l obiettivo di esplicitarne gli approcci. I gruppi che hanno redatto la Marmot review lavorando sui diversi temi delle politiche hanno attinto a una gamma di ambiti teorici, fornendo approcci e ipotesi sull impatto del gradiente sociale sulla salute che, per quanto disomogenei, possono essere di interesse per l analisi delle politiche. Il secondo contributo è dedicato a riassumere le principali evidenze empiriche rilevate attraverso gli oltre 1600 studi presi in esame dalle rassegne della Marmot review, relativamente all effetto delle disuguaglianze sociali sulla salute. In questo caso l interesse è legato alla ricorrenza nella letteratura scientifica di determinati legami causali tra esperienze sociali ed esiti di salute. L insieme di queste conoscenze costituisce certamente un riferimento forte per calibrare le politiche non sanitarie e per ideare strategie nuove. Il terzo contributo sposta invece l attenzione sulle politiche già attuate e sottoposte a valutazione. Esso ripropone le principali evidenze relative al grado di efficacia delle politiche non sanitarie finalizzate a intervenire sulle disuguaglianze di salute. Anche in questo caso si fa esclusivamente riferimento alla letteratura scientifica citata nella review, relativa a lavori di monitoraggio e valutazione delle politiche. Alcuni effetti analizzati, per quanto espressi in modo generale e non trasferibili meccanicamente in altri contesti, indicano ampi spazi per il miglioramento delle politiche con vantaggi di varia natura, compresi i ritorni economici legati al miglioramento della salute, spesso non contabilizzati nella valutazione corrente dei costi e dei benefici delle politiche non sanitarie. Questi primi tre contributi sono riportati in appendice al rapporto. Infine, il quarto contributo è 104

115 Capitolo 4 sviluppato di seguito in questo capitolo e propone una mappa dei principali risultati e un approccio concettuale per l analisi del rapporto disuguaglianze-salute e delle politiche non sanitarie. L obiettivo è rappresentare in modo unitario diversi aspetti che emergono dalla letteratura, evidenziando le differenti possibili strategie per ridurre le disuguaglianze. In particolare, si propone di distinguere tre tipi di interventi: 1) quelli destinati a rafforzare le risorse delle persone in difficoltà 2) quelli centrati sull analisi metodica dell impatto delle singole politiche sui determinanti di salute, con l attenzione rivolta agli impatti asimmetrici sui determinanti, che finiscono per riprodurre o accentuare le disuguaglianze e 3) quelli finalizzati a migliorare le qualità abilitanti dei contesti di vita delle persone: dalla scuola, al lavoro, al caseggiato e al quartiere di residenza, ai luoghi associativi, ecc. Le politiche rivolte ai contesti hanno il pregio di focalizzare l attenzione sulla natura sistemica degli ambienti di vita e sulla necessità di coordinamento e integrazione tra le differenti politiche, tradizionalmente pensate come settoriali. Sono quindi strategie ampiamente creative, capaci di individuare sentieri di miglioramento, valendosi del coinvolgimento delle persone e degli attori sociali e di un adeguato livello di decentramento. 4.2 Coordinate per rafforzare l equità delle politiche non sanitarie Su quali risorse ed opportunità si può investire per contrastare o moderare le disuguaglianze di salute fuori dal sistema sanitario? L ampia rassegna di letteratura su cui si basa la Marmot Review, ben documentata nell appendice, offre indicazioni rilevanti a chi si propone di ridurre le disuguaglianze di salute attraverso politiche non sanitarie. Da un lato molti studi confermano l impatto sulla salute dei principali determinanti sociali, tra cui risultano molto rilevanti: caratteristiche socio-economiche della famiglia di origine; livello di istruzione; livello e caratteristiche dell occupazione; reddito e ricchezza; livello e qualità delle relazioni sociali. La sintesi della Marmot Review riportata in appendice richiama le varie teorie che identificano relazioni causali tra la fragilità su questi determinanti sociali e la cattiva salute, relazioni che vengono sistematicamente confermate dalle ricerche empiriche. Ma le evidenze di ricerca suggeriscono come queste condizioni sociali di svantaggio individuale si trovino: 1) frequentemente cumulate tra loro a causa degli effetti specifici delle fragilità sulle esperienze successive; 2) caratterizzate da un effetto a spirale negativa, dato dalle interazioni tra svantaggi socio-economici e salute, il cui peggioramento costituisce un ulteriore problema; 3) frequentemente cumulate o interagenti con ulteriori condizioni sociali di grave svantaggio, tra cui essere disabili, avere problemi di salute mentale, essere stranieri, essere senza casa, essere monogenitori, essere anziani poveri, essere esposti a rischi dagli ambienti di vita. Gli studi mettono bene in evidenza come il danno alla salute, legato in modo probabilistico al determinante sociale, si produca nell ambito di processi sociali nei quali le persone sono coinvolte. Ad esempio, frequentare una scuola, vivere in una famiglia, lavorare in un impresa, sono processi sociali che coinvolgono un ventaglio di soggetti sociali individuali e collettivi. Se è 105

116 Le azioni di correzione nel senso delle equità delle politiche non sanitarie vero che essere disoccupati e poveri aumenta la probabilità di frequentare una cattiva scuola, e quindi di ritrovarsi a distanza di anni più probabilmente in condizione di cattiva salute, ciò che determina il danno è il modo con cui si prende parte a specifiche esperienze di vita, che dall essere povero (come da altri determinanti) sono condizionate. In questo senso le ricerche, evidenziando l importanza dei processi, impongono di focalizzare l attenzione su due punti, molto rilevanti nell ottica delle politiche: 1. il primo riguarda la necessità di porsi dal punto di vista dei soggetti, valorizzando i significati attribuiti individualmente e collettivamente agli stati e alle condizioni (ad esempio essere povero) nell ambito dei processi sociali cui si partecipa (ad esempio frequentare una scuola); 2. il secondo riguarda la necessità di contestualizzare i processi causali che legano le disuguaglianze sociali alla salute, nel senso che avvengono in determinati contesti (famiglia, scuola, ambiente di lavoro, caseggiato, ecc.) dove i processi sociali hanno luogo. Per chiarire questi aspetti, che riteniamo fondamentali, possiamo riesaminare i risultati emersi dalla letteratura spostando l attenzione dai determinanti agli eventi di natura processuale che le persone attraversano nel loro corso di vita. Secondo quest approccio, potremmo sottolineare, a partire dalle evidenze empiriche, quattro ambiti di esperienze principali vissute dalle persone, capaci di incidere pesantemente sulla loro salute: 1) esperienze vissute nell infanzia (famiglia, vicinato, altri ambienti di relazione); 2) esperienze di istruzione e formazione; 3) esperienze di lavoro; 4) esperienze nei luoghi di vita (Tabella 4.1). Tabella 4.1 I determinanti che promuovono salute nelle diverse esperienze di vita Tipo di Esperienza Contesti Aspetti di protezione sociale Esperienze vissute nell infanzia Esperienze nell istruzione e formazione Esperienze nel Lavoro Esperienze negli ambienti di vita/residenza Altre esperienze sociali/associative Famiglia, vicinato, asilo Scuola, università, formazione professionale Azienda Caseggiato, quartiere Associazionism o, sport, arte, volontariato, ecc. Relazioni sociali e affettive ricche Livello di istruzione acquisito, risultati ottenuti. Qualità dell esperienza educativa, relazionale ed emozionale Autonomia e riconoscimento economico e sociale, apprendimento, qualità del lavoro, stabilità, soddisfazione, reddito adeguato, relazioni sociali extrafamiliari, strutturazione del tempo; Partecipazione, radicamento, possibilità di risolvere problemi e aumentare le opzioni disponibili. Cooperare e migliorare. Partecipazione, coinvolgimento, possibilità di espressione e di aumentare le opzioni disponibili. Cooperare e migliorare. Aspetti di protezione fisica Alimentazione, cura Bassa presenza di violenza, bullismo, rischi per edifici e attrezzature Bassa pericolosità fisica, ambientale, ergonomica Bassa conflittualità, violenza, esperienza di dipendenza, igiene e sicurezza della casa Bassa conflittualità, violenza, esperienza di dipendenza 106

117 Capitolo 4 Seguendo questa impostazione, proteggere la salute significa essenzialmente innalzare la qualità delle esperienze cruciali, proteggendo la salute sul versante fisico (assenza di sostanze dannose, esposizioni, ecc.) e su quello sociale-relazionale (autodeterminazione, buone relazioni sociali, elevata partecipazione). Figura 4.2 Coordinate per la promozione della salute Bassa pericolosità fisica per la salute (rischi materiali), possibilità di scelta B Passivi, Eterodiretti In contesti non pericolosi A Protagonisti, Autodeterminati In contesti non pericolosi Alta protezione sociale per la salute (protagonismo), aspetti oggettivi e soggettivi D Passivi, Eterodiretti In contesti pericolosi C Protagonisti, Autodeterminati In contesti pericolosi La figura 4.2 individua 4 possibili qualità dei contesti in cui le persone sviluppano le loro esperienze, che hanno un forte rilievo sulla salute. La situazione peggiore (D) unisce condizioni di passività e di dipendenza a specificità dannose e negative dell ambiente fisico. Casi esemplari di questa situazione, a forte impatto sulla salute, potrebbero essere quelli di famiglie in condizioni di povertà e isolamento sociale residenti in zone ad elevato inquinamento ambientale, oppure di lavoratori e lavoratrici non qualificate e sottoccupate, addette a lavorazioni pericolose senza le protezioni di legge (per esempio in agricoltura o nell edilizia), o ancora a bambini immigrati, che frequentano una scuola in cui non vengono sufficientemente seguiti per i loro problemi linguistici e sono contemporaneamente oggetto di forti pregiudizi e vittime di violenza e atti di razzismo. In queste circostanze, le esperienze dei gruppi in questione sarebbero fortemente segnate da elementi negativi su entrambe i fronti. Speculari i casi collocati nel quadrante A, dove la situazione è completamente ribaltata. Ad esempio, potremmo trovare famiglie agiate che vivono in piccole cittadine di provincia, con condizioni ambientali molto favorevoli e in un quadro di consolidali legami e scambi sociali ed elevata identificazione culturale, oppure lavoratori e lavoratrici specializzati, impiegati in modo sta- 107

118 Le azioni di correzione nel senso delle equità delle politiche non sanitarie bile in aziende di successo, con condizioni di lavoro, di protezione sociale e di sicurezza elevate, o ancora a bambini ben integrati nel loro vicinato, che frequentano una scuola dell area in cui sviluppano esperienze educative molto significative e conseguono ottimi risultati di apprendimento. Naturalmente queste brevi esemplificazioni delle possibili situazioni non rendono conto della grande varietà di situazioni possibili. Tale complessità richiede di sviluppare un passo successivo in direzione dell approfondimento del rapporto tra caratteristiche delle persone e qualità dei contesti sociali in cui le loro esperienze sono radicate. Infatti, ciò che emerge dalle ricerche e da teorie e modelli interpretativi suggerisce di puntare sui processi in cui gli individui sono coinvolti, più che sulle loro semplici caratteristiche individuali. Queste ultime sarebbero le carte che hanno da giocare, certamente importanti, ma l esito della partita dipenderebbe soprattutto dalle carte che giocano gli altri e dalle regole del gioco. In altre parole, i processi sociali che coinvolgono le persone sono gli ambiti in cui eventuali fragilità o punti di forza diventano da potenziali a reali. Il grado di questa trasformazione dipende quindi dal contesto. Da questo punto di vista, le due dimensioni del grafico soprariportato sono collegate, in virtù di un aspetto che è centrale per le politiche e su cui torneremo. I contesti (scuole, luoghi di lavoro, relazioni di vicinato, ecc.) possono essere migliorati dal punto di vista fisico (riduzione della pericolosità) proprio attraverso il coinvolgimento dei soggetti che ne fanno parte (aumento della partecipazione e dell autodeterminazione). Questa è una strategia che può essere efficace, come sembra emergere in modo netto dalle teorie e dalle evidenze empiriche. Ciò avviene non solo perché la cooperazione dei protagonisti spesso è indispensabile per ottenere miglioramenti (ad esempio, per ridurre certe forme di inquinamento sono fondamentali i comportamenti consapevoli diffusi), ma anche perché la valutazione positiva o negativa di molte condizioni di contesto è un prodotto sociale, generato dagli stessi soggetti che vivono il problema (ad esempio, i cittadini possono sporcare o meno la strada, ma la definizione di come appaia una strada sporca o pulita, e se quindi sia o meno frustrante viverci, è una convenzione sociale, una proprietà della stessa cultura dei cittadini che vivono nel luogo). Mentre la dimensione della pericolosità fisica degli ambienti di vita può essere più facilmente concettualizzata e tecnicamente controllata, quella relativa al rapporto tra fragilità individuali (scarse risorse economiche, scarsa disponibilità di strumenti, di capacità, ecc.) e qualità delle esperienze che si sviluppano nei differenti contesti di vita richiede ulteriori strumenti concettuali. Per approfondire la questione è utile ripartire dalle teorie sulla disuguaglianze, attingendo in particolare alle tesi sulla libertà dell economista Amartya Sen: essere liberi è avere possibilità di scegliere tra alternative concrete e avere la capacità di conseguire effettivamente il proprio benessere. 4.3 Contesti di vita e politiche di sistema per la liberta e l autodeterminazione Lo schema seguente (Figura 4.3) è uno strumento che proponiamo per leggere le evidenze empiriche che abbiamo riepilogato in appendice, relative al rapporto tra disuguaglianze sociali e salute e all efficacia delle politiche finalizzate a ridurne gli effetti. Lo schema consente di far emergere con chiarezza alcuni elementi chiave per la progettazione e la valutazione delle politiche. 108

119 Capitolo 4 Si presuppone, in generale, che le persone cerchino di migliorare il proprio benessere e che il gradiente sociale nel benessere indichi la maggiore difficoltà che incontrano gli strati sociali più bassi nel raggiungerlo e mantenerlo, in particolare per quanto attiene allo stato di salute. Per approfondire il ruolo dei fattori fondamentali che entrano in gioco, nello schema seguente vengono distinti i seguenti elementi: I malfunzionamenti (E, F) rappresentano disagi connessi alla difficoltà di raggiungere modi di essere e di fare, cui viene socialmente attribuito valore e qualità (benessere). Nello schema vengono distinti malfunzionamenti attinenti alla salute, perché sono l oggetto fondamentale di questo studio, rispetto ad altri pur importanti malfunzionamenti relativi alla sfera sociale (ad esempio la disoccupazione, l abbandono scolastico, ecc.); Le risorse (A), sono commodity, beni strumentali al raggiungimento di specifici funzionamenti; Le capacità (B) di fare o di essere rappresentano il grado di controllo sulla trasformazione delle risorse (A) in funzionalità scelte (secondo la funzione di utilizzo fi(.)). La capacità include una componente legata alle abilità dell individuo ed una legata alle sue opportunità reali di scelta. La prima cresce con l apprendimento e quindi con le esperienze di reale progresso nell esercizio dell autonomia e nell accrescimento del patrimonio di competenze (ad esempio esperienze formative, culturali, relazionali, professionali, ecc.). La seconda cresce quando aumenta il set di possibilità effettive di scelta (entitlements) a disposizione dell individuo, nell ambito di una più ampia gamma di funzionalità possibili (functionings). L ampiezza delle possibilità effettive di scelta denota la libertà positiva dell individuo e consente anche di distinguere le condizioni di soggetti che hanno disagi connessi a malfunzionamenti simili (ad esempio uno stile di vita dannoso per la salute), ma fondati su regimi di libertà e autodeterminazione molto diversi (qualcuno sceglie e qualcun altro è costretto). Il contesto (C), rappresenta i molteplici ambienti di vita e sistemi di relazioni in cui l individuo è inserito. Il contesto incide sulla gamma di opportunità realmente accessibili alla scelta dell individuo (capacitazione sociale), a parità di risorse individuali disponibili e dunque rende possibili (o impossibili) alternative e quindi funzionamenti che l individuo non potrebbe raggiungere facendo leva soltanto sulle proprie risorse e/o capacità individuali. Inoltre, il contesto orienta le scelte degli individui in coerenza con una circoscritta gamma di percorsi socialmente strutturati (concatenazione di scelte nel tempo) che costituiscono nei fatti un vincolo per gli individui. Il modo con cui la capacitazione è prodotta (ed eventualmente ridotta), a livello sociale piuttosto che individuale, genera effetti di natura quantitativa e qualitativa sui rendimenti diffusi delle risorse nel territorio, particolarmente rilevanti dato che le risorse per le politiche possono essere scarse e i meccanismi di produzione dei rischi e delle disuguaglianze sono a loro volta di natura sistemica. Le politiche e gli interventi (D), per accrescere il benessere (E, F), possono agire direttamente sulle dotazioni personali degli individui (Risorse, A, Capacità, B), oppure sugli stati di disagio (funzionamenti E, F), o ancora possono intervenire su molteplici ambiti sociali (Contesto, C), accrescendo le opportunità accessibili e quindi la libertà di scegliere funzionamenti desiderabili. E dunque vero che il contesto ha un potere capacitante perché può aumentare (o diminuire) il rendimento delle risorse indebolendo (o rafforzando) l impatto negativo delle disuguaglianze. E però anche vero che questo effetto e il rendimento connesso 109

120 Le azioni di correzione nel senso delle equità delle politiche non sanitarie dipendono non solo dall efficacia delle singole politiche o interventi, ma anche dal loro gioco combinato, dal grado di integrazione e dalla loro coerenza con le specificità dell ambito territoriale/sociale e dei soggetti che lo popolano. L impatto finale, inoltre, deve essere considerato al netto di effetti non voluti, o contrari, che si generano nel sistema e che magari riducono le opportunità disponibili proprio per i soggetti meno dotati di risorse. In sintesi secondo questo schema il funzionamento acquisito da un soggetto i dipende dalle scelte operate rispetto alla funzione di utilizzo fi e dal vettore delle risorse xi. Possiamo quindi affermare che le acquisizioni in termini di funzionamento sono date da fi(c(xi)), dove c rappresenta la funzione di conversione delle risorse resa possibile dall ambito territoriale/sociale oggetto di osservazione. E questo l elemento centrale dello schema. Infatti, la funzione di utilizzo fi(.) è in parte determinata dalla possibilità di scelta, da Fi, ovvero dal set possibile di funzioni di utilizzo a disposizione dell individuo. Anche xi è determinata in parte dai limiti di comando che una persona ha sui beni in base al reddito, ai prezzi, ecc., riducendo così la scelta di xi a un set di Xi (entitlements). Però la funzione di conversione è molto diversa a seconda dei contesti e cambia significativamente il rendimento delle medesime risorse, compensando in parte o accentuando i limiti di Fi e Xi. Si propone quindi una rappresentazione contestualizzata del complesso di tutte le funzionalità (functionings) tra cui un soggetto può scegliere, che, date le circostanze e le contingenze, costituisce le capacità (capabilities) del soggetto, ovvero i vari gruppi di funzionalità alternative acquisibili nella scelta. Rispetto alle relazioni tra le variabili definite nello schema, occorre sottolineare che anche se viene fotografata una sola relazione per volta, le relazioni devono essere immaginate nel flusso temporale. Dunque, alla descrizione dell effetto 1 al tempo t (la carenza di risorse genera un cattivo funzionamento in termini di salute), può seguire la relazione 2 al tempo t+1 (la cattiva salute genera un ulteriore riduzione nella disponibilità di risorse). Lo schema è quindi adeguato a rappresentare relazioni causa-effetto, che si realizzano in tempi più o meno lunghi, ma anche spirali virtuose o viziose, feedback ed effetti di anticipazione di problemi futuri, che implicano molteplici relazioni concatenate nel tempo. In particolare, questa proprietà dello schema consente di rappresentare tipici effetti studiati nei modelli dei life courses, ovvero di accumulazione trasversale e longitudinale o di modellizzazione degli eventi secondo percorsi socialmente strutturati, che portano ad amplificare e rafforzare nel tempo l impatto di disuguaglianze nelle risorse e nelle capacità, anche attraverso un progressivo degrado degli stati di salute e in generale di consolidamento di difficoltà di funzionamento. Lo schema, tuttavia, sottolinea i nessi causali insiti nei singoli passi del percorso, per quanto possa essere lungo e accidentato. Come vari studi sociali hanno mostrato, le traiettorie non sono lineari nel tempo e tra le coorti, anche perché le strategie degli individui cambiano e si modificano gli effetti di capacitazione che svolge il contesto, ad esempio attraverso le risorse familiari. Pertanto, il contesto svolge un ruolo chiave da due punti di vista: riguardo gli effetti di accumulazione nel tempo di svantaggi e vantaggi nelle risorse e capacità dell individuo e riguardo alla sua funzione di accumulatore sociale di potenzialità continue di capacitazione. Infatti, la progressiva acquisizione (o perdita) di capacità dell individuo riflette un processo sociale, centrato sull interazione con il contesto e sul ruolo attivo che il contesto consente o meno di sviluppare a coloro che lo popolano. 110

121 Capitolo 4 Figura 4.3 Ipotesi sui meccanismi di deterioramento e protezione della salute Contesto: Famiglia Fabbrica, ufficio, luogo di lavoro Condominio, quartiere, luogo di abitazione Relazioni di prossimità Ambiti, gruppi, associazioni, frequentati. Effetti rappresentati nello schema (i numeri d ordine sono riportati nello schema): 1. Effetto della carenza di risorse e/o della capacità individuale inadeguata ad evitare la cattiva salute. 2. Effetto della carenza di risorse e/o della capacità individuale inadeguata ad evitare altri stati di disagio, non appartenenti alla sfera della salute. 3. Effetto del cattivo stato di salute sulle risorse disponibili e/o sulla capacità individuale. 4. Effetto di uno stato di disagio sulle risorse disponibili e/o sulla capacità individuale. 5. Effetto dell intervento sulla carenza di risorse e/o di capacità individuale. 6. Effetto di caratteristiche specifiche del contesto sul meccanismo per cui una carenza di risorse e/o di capacità individuale produce uno stato di cattiva salute (effetto di capacitazione, anche negativo). 7. Effetto di caratteristiche specifiche del contesto sul meccanismo per cui uno stato di cattiva salute produce una carenza di risorse e/o di capacità individuale (effetto di capacitazione, anche negativo). 8. Effetto di caratteristiche specifiche del contesto sul meccanismo per cui una carenza di risorse e/o di capacità individuale produce uno stato di disagio (effetto di capacitazione, anche negativo). 9. Effetto di caratteristiche specifiche del contesto sul meccanismo per cui uno stato di disagio produce una carenza di risorse e/o di capacità individuale (effetto di capacitazione, anche negativo). 10. Effetto dell intervento sul contesto socio-economico (a vari livelli) per creare condizioni tali da 111

122 Le azioni di correzione nel senso delle equità delle politiche non sanitarie cambiare relazioni rilevanti tra risorse e stati di salute e/o di disagio. In particolare mettere gli individui in condizioni di migliorare il rendimento delle singole risorse disponibili, o del loro uso combinato (effetto di capacitazione, con eventuali effetti non voluti). 11. Effetto dell intervento su stati di disagio, non appartenenti alla sfera della salute (le politiche e gli interventi sanitari, finalizzati ad incidere su aspetti appartenenti alla sfera della salute, sono oggetto di lavoro di altri gruppi di approfondimento del progetto) L unità di analisi cui lo schema si applica, quindi, può essere il soggetto, ma anche il contesto, in quanto costituito da n. soggetti che popolano un determinato ambiente/territorio. Per fare un esempio, nel caso minimo, riferendosi al contesto familiare, un impoverimento del soggetto i, se i è il procacciatore di reddito della famiglia z, può depotenziare le opportunità che il contesto offre per i soggetti i1, i2, ecc. che compongono z. 4.4 Contestualizzare le teorie In relazione ai maggiori modelli esplicativi delle disuguaglianze di salute 4, lo schema proposto consente di evidenziare le principali relazioni causali note in letteratura. In primo luogo, l effetto 1 nello schema (scarse risorse generano cattiva salute) è stato considerato come ipotesi centrale dalle teorie materialiste strutturali dove la causa della cattiva salute è la deprivazione misurata sullo status socio-economico, che incorpora il controllo su risorse e relazioni da utilizzare per proteggersi, o sulla classe sociale, definita dal livello dell occupazione, nel quadro della divisione sociale del lavoro. In secondo luogo, l effetto 3 (cattiva salute genera scarse risorse) richiama direttamente un meccanismo centrale per la teoria della selezione sociale, secondo cui è il cattivo stato di salute a generare un impatto negativo sulla posizione sociale, anche se la prospettiva qui adottata ne colloca prioritariamente l origine nella costituzione biopsichica degli individui, piuttosto che nel processo di deterioramento della salute socialmente correlato. Oltre a questo, la centralità attribuita dallo schema alla dimensione del contesto, come area fondamentale in cui le politiche incidono sulle funzioni di conversione delle risorse che gli individui riescono a mettere in atto nei propri ambienti di vita (lavoro, caseggiato, quartiere, famiglia, scuola, relazioni di prossimità, ambienti sociali frequentati, ecc.), apre interessanti interpretazioni circa il modo di declinare teorie consolidate. Infatti, questo ruolo del contesto suggerisce la necessità di inserire l analisi individuale del rapporto tra causa (determinante sociale) ed effetto (cattiva salute), all interno dell analisi del quadro di vincoli e opportunità che il contesto propone e/o consente a quell individuo, date le sue risorse e capacità individuali. L ipotesi fondamentale che lo schema mette in evidenza è che le qualità sistemiche del contesto non siano rilevabili in modo sufficientemente preciso attraverso le caratteristiche individuali delle persone che lo popolano. Questa constatazione ha conseguenze sia sulle strategie di ricerca, sia sulla valutazione delle politiche. In particolare, riguardo alla relazione individuo-contesto, lo schema proposto consente di 4 G.Costa, C.Cislaghi, N.Caranci, (a cura di) Le disuguaglianze sociali di salute. Problemi di definizione e di misura, In Salute e società, Anno VIII 1/

123 Capitolo 4 riconoscere l importanza della libertà degli individui nel costruirsi le proprie traiettorie sociali e di benessere (attivando le risorse e le capacità individuali che li caratterizzano), dando contemporaneamente rilievo ai processi sociali che avvengono nei contesti, che hanno forti capacità di condizionarle, incidendo sul set di vincoli e opportunità effettivamente disponibili per le scelte e sul rendimento delle risorse e delle capacità individuali, che interagiscono con le capacità sociali apprendimenti e culture - tipiche del contesto. Questi effetti contestuali agiscono al momento della scelta, ma in prospettiva temporale generano effetti di accumulazione e di strutturazione dei percorsi sociali, dove il percorso si snoda attraverso traiettorie che hanno come bivi opportunità effettivamente e socialmente presenti e significative nei reali contesti di vita. In questa luce, le teorie psico-sociali, che individuano ad esempio l effetto stressante sul lavoro dello squilibrio protratto nel tempo tra sforzi compiuti (elevati) e ricompense ottenute (inadeguate), oppure tra domanda dell organizzazione (elevata) e spazi di autonomia dell individuo (scarsi), devono essere utilizzate sottolineando la mediazione svolta dal contesto organizzativo, che può variare considerevolmente la relazione tra deprivazione individuale (ad esempio, svolgere la mansione di operaio non qualificato) e condizione di stress prolungato (che genera danno alla salute). Riguardo a questo, dobbiamo notare che esiste un aspetto oggettivo della combinazione causa-effetto, ma anche un aspetto soggettivo, che dipende dal senso attribuito dal soggetto alla sua condizione e alla distanza oggettivamente rilevata. Tuttavia, il senso attribuito (ad esempio, quanto un lavoratore non qualificato si senta attivamente coinvolto nello svolgere bene la propria mansione e si senta equamente ricompensato per il suo impegno), è spiccatamente un prodotto sociale, che non caratterizza tanto l individuo, quanto la cultura (o la sub-cultura) dell organizzazione e quindi il microcontesto sociale in cui la relazione si svolge. Dunque l interazione del contesto, evidenziata dalla freccia 6 dello schema, diviene determinante nell analisi della relazione causa-effetto, deprivazione-salute. Un analogo problema di contestualizzazione si pone per le teorie culturali-comportamentali, che fissano l attenzione sull effetto per la salute dei comportamenti ritenuti normali in determinate comunità, gruppi o ambiti di relazione. Anche in questo caso è molto rilevante il senso socialmente attribuito al comportamento e il microcontesto in cui si inserisce, che rappresenta il problema più serio da superare per la politica che si pone l obiettivo di cambiare comportamenti individuali dannosi per la salute. Anche in questo caso possono esistere percorsi socialmente strutturati, che costituiscono sentieri di significati capaci di ridurre (o ampliare) i gradi di libertà delle persone e di modificare il loro orizzonte di opportunità, a parità di risorse e capacità individuali. I meccanismi studiati dalle teorie ecologiche che collegano causalmente, in modo più o meno diretto, la salute degli individui a caratteristiche dell area territoriale in cui vivono possono apparire come il caso in cui l importanza del contesto viene totalmente riconosciuta. In realtà, anche in questo ambito vi è il rischio di riduzionismi, se si stabiliscono relazioni dirette decontestualizzate tra elementi del contesto (ad esempio la scarsità di verde in ambiente urbano) e la salute della persona. In questo caso, sono gli elementi di sistema del contesto che ne esaltano e ne qualificano gli attributi, costituendo reali opportunità per le persone (il verde 113

124 Le azioni di correzione nel senso delle equità delle politiche non sanitarie urbano se mal frequentato e considerato pericoloso, ad esempio, anche se c è, non costituisce un opportunità reale per la salute. Al contrario, se frequentandolo si incontrano amici, l attività fisica può diventare un prodotto indiretto di un sistema significativo di relazioni sociali contestualizzato nel parco e nel quartiere intorno al parco). Infine, ciò che nei percorsi individuali può apparire come concatenazione tra eventi negativi (evento A ed evento B), legata a svantaggi individuali cumulati, dal punto di vista del contesto può essere concettualizzato come assenza di integrazione tra politiche, incapaci di costruire al loro interno connessioni e percorsi alla portata delle persone, mettendole in grado di fronteggiare non solo l evento A o l evento B, ma la loro compresenza e interazione negativa. Ad esempio, si potrebbero citare il cumulo tra disabilità e perdita del lavoro, o uscita da scuola e difficoltà di occupazione. Per fronteggiare ciascuno degli svantaggi l individuo è sostenuto da una politica, ma non è detto che esista una politica che coordina e ottimizza l impatto per chi si trova esposto ad entrambe i rischi, anzi potrebbe avvenire che i due interventi si ostacolino a vicenda, se assistenza e servizi per il lavoro, o scuola, non costruiscono insieme l intervento, i vincoli e gli incentivi, intorno alle necessità della persona. Quindi, l opportunità di poter accedere ad interventi efficaci è innanzitutto una qualità del contesto, che offre tale possibilità alle persone. Deve essere un percorso accessibile a tutti coloro che vogliono fruirne e che richiede innanzitutto processi di coinvolgimento e attivazione contestualizzata dei destinatari. 4.5 Dai determinanti sociali ai sociali determinanti Il rilievo capacitante del contesto, in grado di aumentare o diminuire l autodeterminazione, la libertà e l autostima delle persone, è quindi una proprietà complessa, difficilmente riducibile alla pur importante somma dei parametri tradizionalmente utilizzati per misurare la deprivazione e lo svantaggio di gruppi sociali o aree territoriali. L analisi della letteratura sistematizzata nella Marmot review mostra come vi siano qualità del contesto che creano ambienti capaci di evitare i danni fisici e di promuovere in positivo la crescita delle persone. Vi sono evidenze relative a famiglia, scuola, lavoro, comunità, vicinato, focalizzate su diverse età (bambini, adulti, anziani). Nei casi virtuosi, crescono le capacità di apprendimento individuali e collettive, di utilizzo e di combinazione di risorse presenti, di valorizzazione e di integrazione tra risorse proprie, familiari e sociali, di utilizzo più flessibile dei propri tempi e dell incrocio tra biografie e tempi sociali, di libera personalizzazione dei percorsi sociali strutturati e della geometria dei regimi riproduttivi. Inoltre, in questi casi, esiste una speculare tendenza dei sistemi di erogazione di politiche e servizi ad essere coinvolti nel gioco, manifestando maggiori capacità di personalizzazione, integrazione e soprattutto di partecipazione a processi sociali localizzati di apprendimento. Utilizzando le chiavi di lettura che il nostro schema vuole mettere in evidenza, emerge con forza l importanza della dimensione culturale dei contesti, che possono essere qualificati da valori trasversali comuni e possono attribuire ruoli attivi alle persone e favorirne la promozione e la crescita. E interessante osservare che tutti i gruppi di analisi che hanno realizzato i rapporti tematici 114

125 Capitolo 4 della Marmot review hanno adottato schemi concettuali che, per quanto vari e differenziati forse in modo eccessivo e poco coordinato contemplano importanti dimensioni contestuali, mentre le analisi di carattere economico fanno riferimento ad una lettura sostanzialmente individuale delle risorse dei soggetti e del rapporto tra disuguaglianze di risorse e salute. Peraltro, proprio l insieme delle evidenze e il contenuto della gran parte dei rapporti mostrano come il rendimento delle risorse economiche non possa che essere letto all interno di processi sociali contestualizzati. Se così inquadrati, i determinanti rilevati e individuati come oggetto delle politiche secondo una rigida distinzione tematica, estrapolati dal contesto analitico dei rapporti della Marmot review, rischiano di condurre a visioni parziali o perfino fuorvianti. Le casistiche empiriche della review forniscono molti esempi dei rischi di riduttivismo: una riduzione di velocità delle auto in un quartiere è sprecata se serve solo a ridurre l inquinamento e non viene utilizzata anche per introdurre misure tese a facilitare e potenziare le relazioni sociali nel quartiere, approfittando del nuovo profilo del traffico (ma questo dipende anche da come viene progettata e implementata la politica); una possibilità di reinserimento lavorativo è sottoutilizzata se serve solo a generare reddito da lavoro, ma non a far crescere la persona, attraverso il tipo di contesto in cui la si inserisce, ecc. Dunque, solo una visione panoramica sui meccanismi fondamentali di funzionamento dei contesti può consentire di dare un significato sistemico e relativo alle molteplici relazioni causali statisticamente significative che le ricerche hanno individuato tra determinanti ed esiti di salute. Allo stesso modo, c è da chiedersi se lo spazio di miglioramento delle politiche non sia proprio nella valorizzazione delle loro esternalità (facendole diventare centrali) e nelle possibilità di integrazione virtuosa tra politiche diverse, evitando il rischio che le esternalità dell una riducano o annullino l impatto dell altra. Anche su questo vi sono nella review molti esempi interessanti: dare risorse economiche, in certe circostanze, può rendere le persone passive, o dare risorse ad una persona piuttosto che all altra, in famiglia, può far crescere o ridurre le capacità complessive della famiglia di gestirle. Un altro aspetto rilevante riguarda i fenomeni di accumulazione, molto osservati nell ambito degli studi sul corso di vita. Da questo punto di vista, uno sguardo attento al contesto mostra come le evidenze empiriche rilevino i fenomeni di accumulazione come processi non solo individuali, ma sociali, legati a percorsi di sviluppo o degrado nel tempo di specifici gruppi e comunità. In questo senso le esternalità di specifiche esperienze indotte o sostenute da politiche, sono ancora più rilevanti, perché creano la costruzione sociale all interno della quale certe scelte e/o opportunità sono possibili. In questo senso, le politiche universalistiche e preventive, che vengono ampiamente promosse dalla Marmot, esigono di lavorare innanzitutto sui contesti, per la riduzione delle disuguaglianze. Riguardo alle politiche, questa rappresentazione sollecita ad andare oltre visioni deterministe e materialiste, attribuendo importanza al senso che assumono le cose nei loro contesti, più che alle cose stesse. I contesti non sono semplici luoghi o ambienti di trasmissione rigida di politiche e interventi, non possono essere dati per scontati. Quindi, è cruciale osservare la capacità delle politiche di sostenere e far evolvere le dinamiche attive dei contesti, affinchè creino opportunità e significati per le persone che li frequentano. Ciò presuppone di attribuire importanza alla loro modificabilità e di accrescere le capacità di rappresentare e misurare le loro qualità 115

126 Le azioni di correzione nel senso delle equità delle politiche non sanitarie fondamentali, nei molteplici ambienti sociali/territoriali, sia in relazione alla progettazione delle politiche, sia per quanto riguarda la loro valutazione. Come emerge da vari studi della Marmot, investire sui contesti e spostare sulle organizzazioni gli oneri del coordinamento e della promozione della crescita di opportunità è fondamentale, perché l apprendimento sociale, gli spazi di libertà e autodeterminazione delle persone sono prerequisito per l efficacia di un ampia gamma di politiche. 4.6 Strategie per curvare politiche e contesti verso l equità Dalla mancata equità di salute, causata dalle disuguaglianze sociali, deriva un importante potenziale di salute inespresso, che si traduce in sofferenza delle persone e costi per la società. Per recuperare questo potenziale di salute inespresso, dunque, è necessario ridurre l impatto delle disuguaglianze. Quali strategie sono consigliabili, sulla base delle analisi presentate? Possiamo intanto distinguere tre classi di azioni: 1 curative, rivolte ai soggetti, 2 di audit, rivolte alle politiche, e 3, di promozione, rivolte ai contesti. Vediamole in dettaglio. 1. La prima classe di azioni (Figura 4.4) ha come bersaglio l individuo fragile, con un obiettivo essenzialmente curativo, finalizzato a colmare le carenze di risorse e di capacità che generano i danni sulla salute. Questa strategia di intervento mira ad incidere direttamente sulla stratificazione sociale tentando di compensare i soggetti più svantaggiati. Per quanto riguarda l erogazione di risorse, si tratta delle politiche definite passive, come i trasferimenti di reddito a persone disoccupate. Per quanto riguarda le capacità, possono trovare spazio interventi finalizzati a forme di empowerment individuale per rafforzare alcune abilità della persona, come le capacità di orientamento o alcune abilità sociali. Figura 4.4 Ipotesi sui meccanismi di deterioramento e protezione della salute. Interventi sulle risorse individuali. A - Risorse Inadeguate B - Capacità individuale inadeguata E Cattiva salute D Politiche e interventi 116

127 Capitolo 4 2. La seconda classe di azioni (Figura 4.5), attualmente ben poco praticata, riguarda l analisi del ventaglio di politiche non sanitarie esistenti, per identificare gli impatti che queste politiche hanno sui determinanti ed in particolare l impatto asimmetrico che si trasferisce sulla popolazione, aumentando di fatto lo svantaggio e le conseguenze sulla salute di alcune fasce o gruppi. Ad esempio, modifiche sulla mobilità nei centri storici, a seconda di come sono attuate, possono ridurre le possibilità di mobilità degli anziani, con effetti sulla loro autonomia. Una nuova regolazione sul lavoro che ostacola forme di lavoro a rischio di precarietà può nei fatti aumentare la disoccupazione giovanile, creando difficoltà proprio per le fasce giovanili che voleva salvaguardare. Disposizioni sull immigrazione possono aumentare la disoccupazione e l irregolarità di persone immigrate residenti, peggiorando la loro posizione su determinanti fondamentali, come il lavoro o il reddito. O ancora, forme di razionamento dei servizi sociali, a seconda di come sono attuate, possono avere un impatto sull offerta di lavoro femminile, peggiorando la posizione relativa delle donne rispetto al determinante lavoro. Come risulta evidente, l analisi metodica delle politiche non sanitarie alla ricerca degli impatti, spesso asimmetrici, sui determinanti di salute è un lavoro complesso, che può tuttavia condurre a identificare effetti previsti dalla politica, ma non sufficientemente valutati per le loro conseguenze sulla salute e i relativi costi sociali, oppure effetti non voluti e non previsti, tuttavia reali. Questo tipo di azione è efficace se viene condotta d intesa con il livello istituzionale responsabile delle politiche che vengono esaminate (dal Comune, alla Provincia, alla Regione, fino alle leggi nazionali), in modo che sia possibile intervenire sulle politiche stesse, correggendone gli effetti non previsti e/o non voluti. Figura 4.5 Ipotesi sui meccanismi di deterioramento e protezione della salute. Interventi sulle politiche. O O biettivo (sv ilup po, lavo ro, cu ltura, tra spo rti, e cc.) Determinante 1 A1 Risorse Inadeg uate B1 C apacità in dividuale inadeg uata A2 Risorse Inadeg uate B2 C apacità in dividuale inadeg uata E Cattiva salute D Po litiche e in terventi 117

128 Le azioni di correzione nel senso delle equità delle politiche non sanitarie 3. La terza classe di politiche (Figura 4.6), su cui ci sono esperienze progettuali più che strategie organiche di sistema, è finalizzata a promuovere l equità attraverso la creazione e la promozione di politiche che hanno per oggetto diretto la qualità dei contesti. L obiettivo è quindi accrescere la qualità delle esperienze che le persone vivono in uno specifico contesto, aumentando la loro autonomia, il loro coinvolgimento, la dotazione di beni collettivi disponibili e creati nel contesto. Questo tipo di politiche mira a generare un effetto liberante permanente, rimuovendo le cause che rendono le persone passive, schiacciate in condizioni sgradite, private di alternative, sguarnite della possibilità di mettere in gioco scambi e risorse di altri, e che vengono liberate quando i contesti funzionano e innalzano la qualità delle esperienze. Il modo con cui queste strategie possono svilupparsi cambia molto a seconda delle condizioni di partenza e dell ambito cui si riferiscono. Coinvolgere gli abitanti nella ristrutturazione urbanistica di un caseggiato e di un area territoriale; riqualificare, formare e rendere più partecipi dei lavoratori in un progetto per il miglioramento della qualità dei prodotti e della sicurezza del lavoro; sviluppare progetti didattici rivolti agli allievi e alle famiglie, capaci di superare problemi di isolamento e scarso rendimento di ragazzi svantaggiati; sono esempi dove la qualità del risultato consiste nel cambiamento, il più possibile persistente, se non permanente, dell esperienza vissuta, innalzando i livelli di autonomia e autodeterminazione delle persone e le capacità di apprendimento individuale e collettivo. Un aspetto di queste politiche che non deve sfuggire riguarda la necessità di integrare politiche diverse, che incidono sul medesimo contesto di vita. La rappresentazione grafica di questa strategia è rappresentata nella fig. 4.4 dove il contesto è il bersaglio degli interventi (freccia 10) e l effetto di equità si sviluppa perché nel contesto le persone vivono esperienze sostanzialmente diverse, in grado di modificare l esposizione al rischio a parità di risorse individuali. Figura 4.6 Ipotesi sui meccanismi di deterioramento e protezione della salute. Interventi sul contesto. Stati di disagio A Risorse Inadeguate B Capacità individuale inadeguata E Cattiva salute F Altro stato disagiato C Contesto Ambito sociale/territoriale Capacitazione sociale Famiglia Fabbrica, ufficio, luogo di lavoro Condominio, quartiere, luogo di abitazione Relazioni di prossimità Ambiti, gruppi, associazioni, frequentati. D Politiche e interventi 118

129 Capitolo 4 L approccio attento a far evolvere il contesto in quanto soggetto sociale che abbiamo prospettato si richiama in realtà ad una vasta e articolata letteratura che in questa sede non abbiamo possibilità di approfondire, che poggia su teorie ed esperienze internazionali. I filoni più noti sono quelli del community learning e del community building, che hanno centrato intorno ai processi di apprendimento di una comunità il miglioramento delle condizioni di vita relativamente ad aspetti più o meno specifici. Il circuito di miglioramento è sistematicamente basato sulle attività di osservazione, diagnosi e miglioramento gestite attraverso strumenti di coinvolgimento allargato della comunità 5. Sul versante delle organizzazioni, in relazione alla qualità del lavoro (per chi lavora) e alla qualità dei servizi (per le grandi organizzazioni che forniscono servizi cruciali per il rafforzamento delle capacità delle persone, come la scuola, la formazione, i servizi sociali, ecc.), la letteratura di riferimento è quella delle learning organizations e della promozione e gestione strategica della qualità (Normann, 2005), ma anche delle metodologie di educazione degli adulti, finalizzate a reinserire persone con basse capacità in ambienti lavorativi (Schwartz B, 1993). Si tratta di approcci molto vari, che hanno tuttavia alcuni tratti comuni nella finalizzazione al miglioramento attraverso strategie sociali di coinvolgimento e di gestione dell apprendimento. Per riassumere alcuni tratti di questi approcci, lo scenario descritto nel caso 1 lega la produzione di equità alla erogazione proporzionale e continua di risorse. Il suo rischio maggiore è di produrre dipendenza e di avere un rapporto costi-benefici poco favorevole. Nel caso 2, il rischio maggiore è dato dal governo della complessità del processo e dalla effettiva disponibilità da parte degli attori politici di modificare politiche esistenti in direzione dell equità. E quindi centrale il mandato iniziale e la governance del processo. Si tratta di investimenti di medio-lungo periodo, basati sull attivazione degli attori politici, la cui pratica sistematica potrebbe progressivamente migliorare l equità di un ventaglio di politiche non sanitarie. Nel caso 3 è fondamentale l attivazione e il coordinamento dei soggetti che sono in grado di incidere sulle più importanti esperienze collettive che hanno impatto sulla salute delle persone. Hanno quindi rilievo centrale le istituzioni educative e formative, dall asilo all università, i soggetti che concorrono a determinare le condizioni nei luoghi di lavoro (imprese, organizzazioni sindacali, professionisti e consulenti, altre organizzazioni produttive di beni e servizi, anche non profit, autorità di regolazione, ecc.), i soggetti che intervengono sulla regolazione e l animazione dei diversi aspetti della residenzialità e delle comunità nei luoghi di vita (abitazioni, traffico, verde, ecc.), i soggetti che regolano e gestiscono il mondo dell associazionismo e del volontariato. Il rischio in questo caso, come una vasta letteratura suggerisce, è soprattutto legato al metodo: i 5 Ad esempio, secondo Lipton e Wellman (2001) il ciclo di apprendimento vero e proprio si articola così in tre fasi : 1) raccolta e condivisione di conoscenze e abilità, attivazione di risorse emotive e cognitive (activating and engaging), 2) analisi di dati, formulazione di ipotesi, concetti e principi, ridefinizione di modelli (exploring and discovering), 3) generazione di teorie, sintesi e rappresentazione di informazioni, sviluppo di modelli (organizing and integrating) 119

130 Le azioni di correzione nel senso delle equità delle politiche non sanitarie progetti e le azioni centrate sul coinvolgimento delle persone e sulla loro attivazione debbono applicare metodologie e tempistiche coerenti e devono trovare uno spazio reale nei sistemi di governo delle risorse e delle decisioni, a tutti i livelli. Ciò significa che nel piccolo (un gruppo di lavoro, una classe, un associazione, un condominio, il personale di un impresa, ecc.) come nel grande (un quartiere di una città, un progetto di sviluppo territoriale, un sistema locale di welfare basato sullo scambio, ecc.), all idea del coinvolgimento basato sull apprendimento di nuove pratiche sociali deve corrispondere una reale delega che consenta di cambiare effettivamente la destinazione delle risorse, le norme che disciplinano il contesto, i poteri che lo regolano. Se le azioni non hanno queste caratteristiche non si trasformano in cambiamento strutturale della realtà, producono frustrazione nei partecipanti, non possono svilupparsi nel medio lungo periodo. Tabella Tre livelli delle politiche (collegate al modello di welfare) CURA INDIVIDUALE Intervento sulle risorse e/o capacità individuali RIDISEGNO CORREZIONE Intervento di equity audit sulle politiche non sanitarie CAMBIO DI PARADIGMA Intervento di empowerment sul rendimento del contesto Bersaglio Individuo Politiche Contesto Indicatore Risorse o stato Impatti sulla salute della politica Qualità del contesto e relativi impatti sulla salute Punto di accesso Dotazione individuale e/o capacità Decisori politici Attori e processi sociali Azione Erogazione PA Modifica normativa Cambiamento del coinvolgimento Logica Assistenziale / passiva e/o empowerment Valutativa / analitica Creativa / partecipativa / integrativa Le differenti strategie evocano differenti modelli di welfare, in quanto scelgono di incidere sui rendimenti del contesto, e/o sulla normativa, piuttosto che sulle risorse ed eventualmente sulle capacità individuali (Tabella 4.7). Come risulta a questo punto evidente, intervenire sui rendimenti dei contesti richiede un approccio complesso dal punto di vista metodologico e della governance del processo. Tuttavia, l effetto, se cambiano davvero i rendimenti del contesto, è molto più esteso (riguarda potenzialmente tutti i soggetti che popolano il contesto, non solo un gruppo svantaggiato target della politica) e duraturo di quello assicurato da interventi individuali (incide sui modelli di apprendimento e sulle pratiche collettive, non solo sulle risorse immediatamente disponibili) o sui comportamenti individuali. In tempi di risorse pubbliche scarse, può risultare ancor più importante il contributo dei contesti 120

131 Capitolo 4 dove le persone più vulnerabili sotto il profilo economico e sociale possono mettere in atto esperienze positive e non destrutturanti. Dalla scuola, ai luoghi di lavoro, alle comunità locali, alle reti di servizi, le persone hanno bisogno di raggiungere livelli adeguati di libertà, autodeterminazione e controllo della propria salute pur potendo mobilitare scarse risorse individuali. Vi sono prove di efficacia, che mostrino l impatto sulle disuguaglianze di salute di politiche ed interventi non sanitari? Sul fatto che attraverso queste politiche si possano davvero ridurre le disuguaglianze di salute e recuperare un ampio potenziale, non sembrano esservi dubbi. La rassegna di letteratura censita nella Marmot Review, relativa agli studi sugli effetti di una vasta gamma di politiche e interventi (Appendice par.3), presenta casi di politiche efficaci, molto interessanti per i policy maker. La tabella seguente (Tab.4.8) riassume gli ambiti di politiche su cui sono disponibili le evidenze più significative. Tabella 4.8 Ambiti di politiche non sanitarie in cui sono disponibili studi che attestano l efficacia nella riduzione delle disuguaglianze di salute (approfonditi in appendice par.3). Politica o Intervento Livello di efficacia Esistenza di studi empirici che attestano l efficacia in casi specifici. Essi mostrano la possibilità di efficacia, misurata dagli effetti sulle disuguaglianze di salute, in casi di azioni adeguate. I risultati si possono riferire all impatto di sistemi universalistici o a progetti su gruppi a rischio Investire sul capitale umano nei primi anni, attraverso il potenziamento dei servizi per bambini e famiglie in fase pre-scolare e scolare. Assegnare alle scuole un ruolo di coordinamento strategico delle politiche giovanili locali Includere i teenager socialmente a rischio Promuovere programmi nelle scuole (su alimentazione, salute, benessere, attività fisica, ecc.) Ridurre la disoccupazione Coinvolgere i disoccupati in processi formativi e di socializzazione Migliorare le condizioni di stabilità dell occupazione e la qualità del lavoro con il coinvolgimento degli addetti Migliorare la gestione della flessibilità temporale del lavoro, anche con il coinvolgimento degli addetti Migliorare le caratteristiche ergonomiche e ambientali del lavoro, con il coinvolgimento attivo degli addetti e il miglioramento contemporaneo della qualità e dell organizzazione Coinvolgere gli adulti occupati a bassa scolarità/qualificazione in processi formativi e di socializzazione Investire sui regimi universalistici di welfare (protezione contro la disoccupazione, la malattia, la povertà delle famiglie, ecc.) Investire sui regimi settoriali e aziendali di welfare Supportare madri sole per l inclusione lavorativa e sociale Includere bambini e adulti con problemi di salute mentale Investire sulla qualità dell ambiente e delle abitazioni Investire sulla qualità fisica e sociale di aree abitative e contesti di vita Contrastare stili di vita dannosi (fumo, alcool, etc.) e promuovere stili di vita protettivi/salutari Elevato: risultati empirici vari e convergenti. Significativo: risultati empirici rilevati. Elevato Significativo Significativo Significativo Elevato Elevato Elevato Significativo Elevato Elevato Elevato Elevato (impatto circoscritto) Elevato Elevato Significativo Elevato Significativo 121

132 Le azioni di correzione nel senso delle equità delle politiche non sanitarie Naturalmente, per avere un impatto positivo sulle disuguaglianze di salute, queste politiche devono innanzitutto raggiungere i propri obiettivi specifici, il cui conseguimento è tutt altro che scontato: ad esempio, migliorare la qualità dell apprendimento nelle scuole, includere persone nel lavoro, ridurre i casi di povertà, ecc. Gli studi presi in esame, quindi, sono stati condotti su politiche adeguate al loro specifico campo, che tra i loro diversi effetti hanno ridotto le disuguaglianze di salute. Questi casi mostrano la possibilità concreta di incidere su queste disuguaglianze, attraverso le politiche non sanitarie. La casistica di politiche e interventi che hanno funzionato evidenzia innanzitutto il ruolo centrale che possono svolgere nella riduzione delle disuguaglianze i servizi universalistici e le politiche di sistema, e in particolare quelli rivolti ai bambini e ai giovani, anche attraverso la mediazione delle loro famiglie. L investimento sul capitale umano, se orientato a ridurre la dispersione scolastica e migliorare la qualità delle esperienze di apprendimento e socializzazione ha un impatto di lungo periodo sulla crescita delle persone ed erode l area del disagio, molto più esposta alle fragilità di salute. Lo stesso vale per i seguenti ambiti: i sistemi formativi e del lavoro, attraverso la riduzione della disoccupazione e sottooccupazione strutturale delle persone più deboli, l assetto delle relazioni di lavoro, se si contengono le forme di insicurezza e logoramento fisico e psico-sociale dell area più debole del lavoro, i sistemi di welfare, se viene innalzato il livello di protezione minimo su cui le famiglie più povere possono contare, le politiche urbanistiche-territoriali, se viene incrementata la qualità fisica e sociale degli ambienti di vita più degradati. Nella variegata platea di politiche e interventi efficaci ci pare di poter individuare alcuni tratti ricorrenti, che possiamo raccomandare quali requisiti che ne condizionano l efficacia, anche se vanno declinati in una varietà di casi concreti e circostanziati. Tra questi spiccano, il livello professionale degli operatori, la qualità della progettazione di processi di servizio e interventi, l attenzione alla dimensione sociale e non solo tecnico-operativa degli interventi, che per produrre effettivi cambiamenti devono essere sostenuti dal consenso e dal coinvolgimento dei soggetti interessati, la capacità di sviluppare accessibilità e personalizzazione adeguata per fornire supporto proprio alle persone o alle aree territoriali e ai gruppi sociali più deboli. Un paradosso dei servizi universalistici, riguardo al loro ruolo nella riduzione delle disuguaglianze, infatti, è quello di essere rivolti a tutta la popolazione, e per questo nei fatti rischiare di essere poco accessibili e utilizzabili proprio dalle persone con maggiori disagi. Le analisi mostrano però che quando i sistemi universali riescono a garantire effettivamente un livello generalizzato di copertura ai soggetti più deboli, la necessità di interventi specifici e di politiche curative si riduce drasticamente e la portata preventiva è molto rilevante. Molti programmi presi in esame dalle analisi di efficacia riguardano interventi circoscritti, progettati e realizzati nell ambito di determinati contesti, per sostenere specificamente gruppi a rischio e soggetti in difficoltà. Sono di questo tipo gli interventi che nell ambito di una scuola promuovono specifici percorsi educativi rivolti a soggetti a rischio, o che intervengono su gruppi di disoccupati, o su caseggiati particolarmente degradati in ambito urbano. L efficacia di questi interventi è stata in vari casi attestata dalle ricerche, anche se hanno il considerevole limite di affrontare un numero circoscritto di casi, senza modificare i meccanismi più generali con cui si possono fronteggiare e prevenire le disuguaglianze stesse. 122

133 Capitolo 4 La casistica della valutazione di efficacia delle politiche, quindi, sottolinea l importanza della qualità degli interventi (corretta progettazione, professionalità nella conduzione, accessibilità e personalizzazione per i più deboli, focalizzazione sul contesto e sulle potenzialità di integrazione, coinvolgimento e attivazione dei soggetti), ma evidenzia contemporaneamente la questione cruciale della scelta tra strategie alternative di intervento. A partire dai tre orientamenti proposti nella tabella 4.7 (cura individuale, riorientamento delle politiche, sviluppo del contesto), si potrebbero fare molti esempi delle differenti strategie utilizzabili per disegnare politiche e interventi. Ci limitiamo a scopo esemplificativo a illustrare rapidamente due casi, più che altro per mostrare le differenti logiche sottese al tipo di politica, che si ricollegano alle differenze precedentemente introdotte. Il primo si riferisce alla necessità di ridurre la produzione e gli orari di lavoro in un azienda, utilizzando ammortizzatori sociali, quale misura adeguata a garantire la protezione del reddito della persona e quindi anche delle sue condizioni di salute (Tabella 4.8). Un intervento si può limitare a identificare un gruppo di lavoratori da porre in Cassa Integrazione Guadagni a zero ore. Le risorse della cassa in qualche modo compensano la perdita di risorse, con una politica curativa essenzialmente individuale. Le problematiche legate alla sospensione del lavoro, alla perdita di relazioni sociali e alle prospettive vengono lasciate alla gestione individuale 6, con un impatto certamente differenziato al variare delle condizioni di partenza, che diventano importanti e fanno la differenza (risorse economiche e sociali di cui l individuo dispone, capacità su cui può contare). Lo stesso problema, però, può essere affrontato con un maggior investimento sul contesto sociale di lavoro e sulla dimensione collettiva del problema, predisponendo e attivando un contratto di solidarietà. In questo caso il meccanismo di ripartizione del sacrificio economico e sociale assicura una maggiore equità nella distribuzione e soprattutto inserisce le diverse questioni (preoccupazioni economiche, cambiamento della vita quotidiana, caduta di relazioni sociali, prospettive future, ecc.) dentro una dimensione collettiva, lavorando a costruire una diversa attribuzione di senso agli eventi e alle contromisure attuate. Tabella 4.8 Politiche alternative: caso della riduzione dei volumi produttivi Intervento sulle risorse individuali Intervento sul rendimento del contesto Bersaglio Individuo Organico azienda Indicatore Reddito + Integrazione Decisioni di solidarietà Punto di accesso Ammortizzatori sociali Promozione CIG a rotazione Soggetto Erogazione PA Coinvolgimento parti sociali, Incentivi PA 6 Il fatto che un accordo sindacale possa definire alcuni criteri per la selezione delle persone non ci pare risolutivo del problema. 123

134 Le azioni di correzione nel senso delle equità delle politiche non sanitarie Un altro caso può essere rappresentato dalla volontà di aumentare la dotazione di verde pubblico in un determinato quartiere di una città, considerato che il verde per abitante è un indicatore utilizzato per descrivere la qualità dell ambiente urbano e la sua salubrità (Tabella 4.9). La politica può trovare attuazione attraverso un piano di piantumazione teso a coprire con alberi tutti gli spazi liberi del quartiere e a ripulire e rendere verdi alcune aree di terreno in degrado. La stessa operazione di miglioramento degli indici di verde disponibile può essere attuata coinvolgendo gli abitanti del quartiere nell operazione. Come abbiamo sostenuto, questa operazione è complessa, perché richiede metodo e delega, se non vuole essere semplicemente propaganda. L obiettivo potrebbe essere non solo migliorare gli indici di presenza fisica di verde, ma la loro effettiva percezione e fruibilità da parte degli abitanti, che sulla base della letteratura si presume essere l aspetto che ha maggior effetto sulla salute. Certamente il processo di coinvolgimento potrebbe essere molto più lungo e laborioso del lavoro della squadra che gestisce la piantumazione. Tuttavia, il coinvolgimento potrebbe produrre alcuni risultati positivi, che nel medio lungo periodo potrebbero risultare qualificanti: il contributo degli abitanti potrebbe portare ad adeguare il profilo delle aree ai bisogni (dove mettere alberi, giardini, panchine, giochi bimbi, ecc.); la questione del verde potrebbe essere più facilmente legata ad altri problemi dello stesso contesto, come la regolazione del traffico, la presenza di criminalità, la localizzazione di esercizi commerciali, l illuminazione pubblica, ecc. prevenendo e rimuovendo effetti di reciproco danno tra aspetti diversi del contesto; il maggior lavoro e tempo richiesto potrebbe essere in parte compensato dal risparmio sugli errori evitati e dal contributo diretto che il coinvolgimento degli abitanti potrebbe dare: aree adottate da qualcuno, informazioni altrimenti inaccessibili, alto controllo sociale, miglioramento delle rappresentazioni sull area, cambiamento del comportamento di cura del verde da parte degli stessi abitanti potrebbero essere effetti più o meno programmati dell intervento. D altro canto le migliori esperienze di promozione della qualità negli ambienti di lavoro da molti anni fanno leva su questi stessi pilastri: innescare processi di miglioramento pare costoso, ma sono molto maggiori i costi derivati dal cattivo funzionamento dei contesti (i costi occulti della non qualità). In questo caso il costo nascosto sarebbe rappresentato dal potenziale di salute sciupato. Il costo del cambiamento è più basso di quel che ci si potrebbe aspettare, se il coinvolgimento funziona, perché in realtà si sfrutta il coinvolgimento dei partecipanti, che mettono tempo, impegno e informazioni nel processo. Loro stessi, tuttavia, se il processo è credibile, sono interessati a investire, perché i beni collettivi che vengono prodotti dal processo (verde bello e accessibile e miglioramento di diversi aspetti del luogo, luoghi di lavoro più soddisfacenti e lavoro di maggior qualità, ecc,) 124

135 Capitolo 4 Tabella 4.9 Politiche alternative: caso della promozione del verde nella riqualificazione urbana Intervento sulle risorse individuali Intervento sul rendimento del contesto Bersaglio Individuo Quartiere Indicatore Verde per abitante Qualità dell uso del verde Punto di accesso Urbanistica Animazione, Integrazione Soggetto Comune, settore territorio Soggetti collettivi territorio Le due logiche che abbiamo prospettato per andare oltre gli interventi curativi individuali, l equity audit sulle politiche e la promozione dei contesti, possono anche essere condotte in modo parallelo. Certamente introdurre elementi di coinvolgimento dei soggetti interessati (abitanti, operatori, lavoratori, ecc.) rende possibile un analisi del funzionamento delle politiche molto più efficace. Allo stesso modo è importante che un processo di apprendimento sociale finalizzato al miglioramento preveda e possa intervenire sulle norme che regolano i differenti contesti. Proprio nelle loro contraddizioni, inadeguatezze, inapplicabilità si radicano i limiti delle politiche e i reciproci danni che nascono dal mancato coordinamento. Quindi, una logica di intervento finalizzata ad incidere sui meccanismi in chiave di equità, richiede di avere come bersaglio non solo le risorse, ma la promozione di autonomia migliorando i contesti sociali e la normativa: Individuare i differenti meccanismi toccati da ogni ambito di politiche (istruzione, formazione, lavoro, assistenza, trasporti, ecc.); Sviluppare indicatori e conoscenza su entrambe i livelli (risorse e qualità dei contesti); Individuare i punti di accesso di politiche e interventi (è rilevante l interazione tra politiche, le esternalità di ciascuna politica sul campo delle altre); Individuare gli attori che agiscono nel campo, da coinvolgere. In particolare, per migliorare i contesti in chiave di equità, occorrerebbe conoscere e valorizzare i meccanismi sociali che proteggono le persone più deboli: studiare e incidere sul ruolo di mediazione e di ricomposizione dei contesti (danno senso alle esperienze). Ampliare il focus dell analisi dei determinanti connessi a risorse e stati individuali, individuando percorsi di apprendimento individuale e sociale. Rafforzare i meccanismi sociali di capacitazione o ridurre quelli di inibizione delle capacità (aumento di opportunità, rendimento delle risorse e delle capacità individuali, nel contesto concreto di vita) Potenziare gli effetti di interazione positiva tra politiche diverse (quel che conta è l effetto netto sul soggetto, nel contesto di vita) con percorsi di coordinamento e interdipendenza In questa prospettiva assumono particolare rilievo le attività di osservazione di quel che avviene nei contesti, che spesso è poco conosciuto, nonostante abbia un rilievo cruciale nella storia 125

136 Le azioni di correzione nel senso delle equità delle politiche non sanitarie delle persone e nei suoi effetti sulla salute: Modi di funzionare e differenze interne ai grandi servizi universali (scuola, formazione, lavoro, sociale, ecc.,) al di là delle apparenti omogeneità normative Modi di funzionare e differenze interne negli ambienti di lavoro e rispetto alle differenti culture organizzative e manageriali; Modi di funzionare e differenze interne negli spazi sociali intermedi (associazionismo, ma anche social network). La valutazione sistematica contestualizzata dell impatto delle politiche e della loro equità richiederebbe strategie e strumenti di osservazione sensibili alle qualità dei contesti, oltre che un rafforzamento delle strategie di intervento in questa direzione. 126

137 Capitolo 5 LE IMPLICAZIONI DELLE DISUGUAGLIANZE DI SALUTE PER LE POLITICHE SANITARIE Introduzione Negli anni Duemila 2000 l Italia è ancora attraversata da differenze in tutte le dimensioni di salute, come mostrano sia i dati di mortalità, di morbosità e di salute riferita, sia quello di uso delle cure più appropriate; si tratta di differenze di tipo geografico, a sfavore soprattutto delle regioni del Mezzogiorno, e socio-demografiche, a sfavore delle posizioni sociali più svantaggiate, in particolare i meno istruiti, i meno abbienti, e i più poveri di risorse di rete familiare. Quale ruolo possono avere le politiche sanitarie nel determinare e nel moderare queste disuguaglianze? Le principali categorie di politiche attraverso cui il sistema sanitario può influenzare direttamente l equità di risultato di salute sono: il finanziamento dell assistenza sanitaria, l allocazione delle risorse, la definizione dei livelli di assistenza essenziali garantiti (LEA), l organizzazione dell assistenza sanitaria e la qualità dell assistenza sanitaria. E verosimile che le questioni di finanziamento, allocazione, LEA e qualità dell assistenza siano importanti per l equità, e mentre quelle relative alle differenze nei livelli organizzativi siano meno rilevanti; l equità infatti non risiede tanto nella uniformità dei modelli organizzativi di assistenza quanto nella garanzia degli stessi diritti ed opportunità di accesso ai servizi. 1 Capitolo a cura di Giuseppe Costa (ASLTO3, Regione Piemonte) e Cesare Cislaghi (Agenas) 127

138 Le implicazionii delle disuguaglianze di salute per le politiche sanitarie 5.2 I livelli di assistenza garantiti Un servizio sanitario nazionale offre un sistema di garanzie e tutela per la salute normativamente equo se garantisce un utilizzo dei livelli di assistenza che sia proporzionale al bisogno di salute indipendentemente da altri fattori estranei di potenziale discriminazione. Circa la definizione dei livelli di assistenza è noto che il Servizio Sanitario nazionale riconosce il diritto a quasi tutti i livelli di assistenza necessari a rispondere ai principali bisogni di salute, con le uniche eccezioni della salute orale e della non autosufficienza sui quali bisogni sussistono delle importanti limitazioni di accesso che costringono gli assistiti ad utilizzare la spesa privata. È interessante riprendere in figura 1 il grafico elaborato da C.Cislaghi e approvato dalla commissione ministeriale per la manutenzione dei LEA che costruisce un percorso logico utile alla definizione dei livelli essenziali attraverso la considerazione dei criteri di scelta più rilevanti (Commissione per la manutenzione dei LEA, 2005). Tra i criteri oltre all efficacia ed alla compatibilità economica viene indicato anche un criterio di equità che fa sì che i diritti non siano uguali bensì proporzionali ai bisogni. In linea di principio lo schema contiene due concetti di equità, uno implicito che riguarda il fatto che tutti gli altri criteri inclusi nello schema favoriscono e non ostacolano il riconoscimento dell inserimento di una prestazione appropriata a rispondere ad un bisogno di salute nella lista dei LEA, cioè dei livelli di assistenza che devono essere assicurati a parità di condizioni a quanti presentano il bisogno senza discriminazioni di sorta. Il secondo fa sì che l equità possa essere considerata un criterio aggiuntivo che recupera in ultima istanza una prestazione altrimenti scartata. Un simile approccio assicura un equità normativa senza limiti importanti. Figura 1 Criteri di definizione dei Livelli essenziali di assistenza 128

139 Capitolo 5 Per quanto riguarda la garanzia di uso dei livelli di assistenza I dati dell Indagine Multiscopo Istat del sono stati esplorati per valutare se tra i determinanti del consumo di servizi sanitari risultino più importanti i bisogni di salute o la loro distribuzione sociale. La Figura 2 mostra in quale misura l uso dei principali livelli di assistenza in Italia si scosti in più o in meno dalla media italiana nelle varie categorie dei soggetti più deboli, a parità di tutte le altre condizioni di fragilità considerate nella figura. 2,0 1,8 ricoveri medicina generale specialistica farmaci 1,6 1,4 1,2 1,0 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0 cronicità molto alta età donne lic. elementare bassa qualità abit. anziani soli o mon. disoccupati risorse econ. scarse comuni piccoli sud e isole Figura 2 Differenze relative (RR) nelle prevalenze di utilizzo dei quattro livelli di assistenza nei gruppi vulnerabili in Italia nel (RR standardizzati per tutte le variabili di vulnerabilità ) Per quanto riguarda l assistenza ospedaliera la morbosità cronica gioca il ruolo più importante nel predirne l intensità di uso, con maggiore intensità tra gli uomini; anche l età più anziana influenza l uso del ricovero tra gli uomini, mentre tra le donne solo le anziane presentano un modesto eccesso di uso dei ricoveri. A parità di morbosità e di età rimane solo più un modesto contributo della bassa posizione sociale (istruzione tra gli uomini, qualità dell abitazione tra le donne) a spingere un po più in alto l uso dei ricoveri. Le donne anziane sole e le madri sole presentano un significativo deficit di utilizzo a parità di tutte le altre condizioni. A proposito di assistenza specialistica l influenza della morbosità cronica è ancora una volta il principale determinante dell uso di questo LEA; a parità di salute l età giovanile è quella che presenta maggiore consumo di assistenza specialistica, insieme ad un lieve eccesso tra gli uomini anziani e ad un significativo deficit tra le donne anziane. Nel resto del modello si evidenziano significativi deficit di uso dell assistenza specialistica, a parità di tutte le altre condizioni) per i principali indicatori di bassa posizione sociale (istruzione e status), senza differenze nella distribuzione geografica. 129

140 Le implicazionii delle disuguaglianze di salute per le politiche sanitarie L assistenza generica risulta molto influenzata, in misura comparabile tra i due generi, più intensamente dalla morbosità cronica, in misura intermedia dall età, e in misura più modesta ma sistematica da tutte le condizioni di bassa posizione sociale individuale (istruzione, status, risorse economiche, rete famigliare), oltre che di contesto (maggiore consumo nei piccoli comuni e nelle regioni del Centro Sud). L assistenza farmaceutica in entrambi i generi è quella più influenzata dalla morbosità cronica e dall età anziana, seguono alcune condizioni sfavorevoli di posizione sociale individuale (istruzione, disoccupazione, risorse economiche, rete famigliare); mentre piccoli comuni e regioni del Mezzogiorno a parità di tutte le altre condizioni consumano di meno. Dunque in generale l utilizzo dell assistenza sanitaria da parte degli italiani sembra distribuito in modo sostanzialmente equo, in quanto in entrambi i generi è determinato soprattutto dalla distribuzione di indicatori diretti di bisogno di salute come la morbosità cronica o da un ulteriore indicatore indiretto come l età, che probabilmente cattura ulteriormente quel fabbisogno di assistenza che non è ben influenzato dal solo indicatore di morbosità. Inoltre ci sono indizi che testimoniano addirittura di una sovra-equità sociale nell uso dell assistenza sanitaria, dato che in corrispondenza di ogni posizione sociale più sfavorevole si verifica un lieve eccesso di utilizzo dei servizi, con la sola eccezione del lavoro manuale che sembra mostrare una lieve discriminazione nell accesso all assistenza. Viceversa una limitazione significativa e persistente nei due generi nell utilizzo dell assistenza sanitaria si verifica nei comuni di piccole e medie dimensioni rispetto a quelli dell area metropolitana, probabilmente a causa della diversa pressione dell offerta dei servizi. Solo nel caso della assistenza specialistica si verificano significative discriminazioni nell accesso tra le donne anziane e nei gruppi sociali più svantaggiati. Questo quadro conferma con dati macroscopici che l equità normativa nei livelli di garanzia dell assistenza sanitaria in Italia si tradurrebbe in una sostanziale equità di utilizzo dei livelli di assistenza, ad eccezione dell assistenza specialistica. Quest ultima rappresenta anche la principale criticità per le manovre di razionamento in tempi di crisi, fatto che potrebbe aggravare la già iniqua distribuzione dell uso di assistenza specialistica. A questa sostanziale equità normativa potrebbe però non corrispondere un equità di risultato, come dimostrano i dati sui processi e sugli esiti di alcuni percorsi assistenziali, come mostrato e discusso nel Capitolo Il finanziamento dell assistenza sanitaria Il finanziamento dell assistenza sanitaria secondo la legge dovrebbe essere contestuale alla definizione dei livelli di assistenza da garantire. Su questa base, anche sull onda dell applicazione del federalismo sanitario, si è ipotizzato che si potesse determinare il finanziamento partendo dalla stima dei bisogni di salute, a cui corrisponderebbero fabbisogni stimabili di uso dei singoli livelli di assistenza garantiti, applicando ai quali il valore del costo standard di ogni livello di assistenza si otterrebbe il livello del finanziamento richiesto per il servizio sanitario nazionale ogni anno. La realtà è che la variabilità intrinseca dei tre termini (bisogni di salute, fabbisogno di uso dei livelli di assistenza e costo di ogni livello di assistenza) è così alta, cioè i costi sono così poco standard, da essere difficilmente stimabili. Ma cio che 130

141 Capitolo 5 più conta è che anche l eventuale stima del finanziamento necessario si scontrerebbe con il fatto che il finanziamento complessivo del SSN dipende da una scelta di macropolitica economica che prescinderebbe da queste stime. Si tratta di una scelta fatta ogni anno dal Parlamento nella legge finanziaria, che stabilisce quale sia l ammontare della spesa pubblica nelle disponibilità del paese e quale quota di spesa pubblica sia destinabile alla sanità: le giustificazioni di questa scelta dipendono di più dall andamento dei fondamentali dell economia e dalla valutazione comparativa che il Parlamento fa dell utilità marginale che la sanità produce rispetto ad altre voci della spesa pubblica. In questo meccanismo macroeconomico di determinazione del finanziamento del SSN ci sono ancora aspetti più sensibili per l equità? In effetti, in questa valutazione comparativa sull utilità marginale della sanità rispetto ad altri comparti della spesa pubblica dovrebbe pesare anche il fatto che la sanità sia l unica voce del welfare italiano veramente universalistica; dunque se il Parlamento, soprattutto in tempi di austerità, riducesse proporzionalmente il finanziamento alla sanità di meno di quanto non faccia nei confronti di altri comparti della spesa pubblica, in questo modo farebbe esplicitamente una scelta di equità. In realtà non si può però ragionare in termini di equità limitandosi ad un solo settore specifico: se ad esempio riducessimo il finanziamento della scuola a favore della sanità creeremmo una disequità nei confronti dei più giovani in età scolare; ma non è neanche detto che spostare risorse della sanità a favore dell occupazione necessariamente creerebbe una diminuzione globale dell equità. E quindi più opportuno e maneggevole valutare l equità a valle di questa determinazione del finanziamento complessivo del SSN. Naturalmente, essendo il SSN finanziato con le imposizione fiscale, indirettamente entra in gioco anche l equità nella provenienza del finanziamento, cioè nell imposizione fiscale italiana. Questo è un aspetto che non è pertinente con questo rapporto ma non può essere ignorato in quanto un sistema che dà a tutti secondo i loro bisogni non può che essere finanziato da tutti secondo le loro reali possibilità. Similmente l evasione fiscale è strutturalmente una delle cause di disequità del sistema: si stima infatti che la mancanza di gettito dovuto all evasione potrebbe essere dell ordine di grandezza dell intera spesa sanitaria, cioè più di cento miliardi l anno! E non è quindi giusto che abbia ugualmente diritto alla sanità anche chi non vi contribuisce secondo le proprie possibilità e secondo le regole fiscali del paese. La scarsità di risorse pubbliche, causata anche dall elevata evasione fiscale, fa ritornare ad essere importante la questione della compartecipazione alla spesa da parte dell assistito. Infatti la quota di spesa sanitaria che ricade sulla spesa privata dell assistito deve essere considerata parte del finanziamento dell assistenza sanitaria. Trascurando la spesa privata che viene dedicata all uso di livelli di assistenza non garantiti, la quale non pone problemi di equità, le principali criticità per l equità in questo campo sono da un lato i livelli di assistenza non adeguatamente assicurati dal finanziamento pubblico già menzionati (salute orale e non autosufficienza), dall altro le modalità di compartecipazione alla spesa. Tra queste la più utilizzata in Italia è il ticket. La compartecipazione alla spesa è una leva utilizzata per due possibili scopi distinti: il controllo della domanda (inappropriata) e il finanziamento dell assistenza sanitaria. In entrambi i casi la leva viene manovrata insieme alle esenzioni per assicurare che essa non abbia ricadute 131

142 Le implicazionii delle disuguaglianze di salute per le politiche sanitarie significative sui livelli di tutela della salute della popolazione. L esenzione si esercita secondo la capacità contributiva e secondo il bisogno di salute dell assistito, perché il decisore riconosce che ci sono due meccanismi attraverso cui il ticket potrebbe compromettere la salute. Da un lato l assistito potrebbe rinunciare ad una prestazione necessaria a causa del suo costo e in questo modo potrebbe compromettere il suo percorso di cura e il suo risultato di salute; nel caso che l assistito rinunciasse soprattutto alle prestazioni inappropriate ci si potrebbe anche aspettare una ricaduta positiva sulla salute dei ticket, per via della riduzione degli effetti sfavorevoli di un intervento inappropriato, ad esempio meno infezioni nosocomiali da ricoveri non necessari. Dall altro lato l assistito che si cura e paga il ticket potrebbe impoverirsi a causa di questa spesa e rinunciare ad altri consumi utili per la sua salute. In entrambi i casi è verosimile che le persone di bassa posizione sociale (soprattutto per reddito) siano maggiormente vulnerabili a questi effetti. Qual è il risultato combinato di questi possibili meccanismi come risulta dalla letteratura scientifica? Per quanto riguarda il primo meccanismo sono disponibili alcune rassegne e studi, soprattutto nord americani, che esplorano l effetto del cost sharing sulla riduzione dei consumi e su alcuni indicatori di salute a breve termine, oltre che sulla loro distribuzione sociale. Il RAND Health Insurance Experiment, uno studio condotto negli USA alla fine degli anni Settanta, costituisce ancora il principale punto di riferimento per la ricerca sull impatto del cost sharing sull uso di servizi sanitari e sulla salute (Keeler EB, 1992). Nel confronto tra diversi piani assicurativi si sono osservati alcuni risultati di rilievo, mai sostanzialmente contraddetti anche da studi successivi. La diminuzione dell utilizzo dei servizi causata dal cost sharing riguarda tutti i trattamenti, non solo quelli superflui, con maggiore elasticità per i servizi ambulatoriali e di specialistica ed è indipendente dal reddito, ma con un aumento di ospedalizzazione tra i più poveri. A fronte di questo risparmio, complessivamente i diversi piani di cost-sharing, rispetto all assistenza gratuita, non hanno avuto importanti effetti negativi sugli indicatori di salute generale e di funzionalità fisica e mentale; tuttavia, le persone con assistenza gratuita hanno mostrato livelli più alti di salute orale e di correzione della vista, e soprattutto un miglior controllo dell ipertensione, che si è tradotto in un aumento di 3 mesi nella speranza di vita; queste differenze si sono osservate principalmente a svantaggio delle persone inizialmente malate e con reddito inferiore. La sintesi dell esperienza europea conferma che il cost sharing è efficace nel ridurre la domanda, ma non la aggiusta dal punto di vista qualitativo (Loucks F, 2002). Inoltre, le conseguenze dell innalzamento delle barriere economiche all assistenza si ripercuotono essenzialmente sulle fasce più deboli della popolazione (poveri e malati) e i sistemi di compensazione adottati non sono solitamente riusciti a contenere l effetto di aumento delle diseguaglianze sociali nella salute. Una rassegna bibliografica del 2004 si è concentrata sull effetto del cost sharing sui farmaci (attraverso ticket o diminuzione della rimborsabilità/copertura assicurativa) sui gruppi più vulnerabili (Lexchin J., 2004). Maggiore è la percentuale di spese per i farmaci rispetto al proprio reddito maggiore risulta la riduzione nel consumo (l elasticità stimata tra i gruppi più vulnerabili varia da a -0.50, rispetto a valori di -0.10/-0.20 stimati nella popolazione generale); e in alcuni studi la riduzione riguarda anche il consumo di farmaci essenziali (insulina, anti-ipertensivi, anti-coagulanti, anti-aritmici, ), a loro volta correlati ad un aumento di 132

143 Capitolo 5 altri consumi come gli accessi in pronto soccorso o di eventi avversi. La revisione conclude che l aumento della compartecipazione alla spesa riduce i costi complessivi dei farmaci per il sistema (le assicurazioni in USA), ma a scapito dei poveri e dei malati cronici. Occorre anche da considerare che molti degli studi analizzati nella revisione riportano gli effetti del cost sharing a breve termine; non si può escludere che nel lungo periodo il deterioramento della salute degli individui che riducono il consumo di farmaci sia tale da non poter fare più a meno di utilizzare altri farmaci, e che in ultima analisi esso porti anche ad un aumento dei consumi. Sostanzialmente a identiche conclusioni giunge la revisione Cochrane del 2009 su tetti di spesa, ticket e farmaci (Austvoll-Dahlgren A., 2009) e la revisione di Remler (Remler DK, 2009) sugli effetti del cost sharing su tutti i livelli di assistenza. Un attenzione più esplicita agli effetti diretti sulla salute si può trovare in alcuni studi che osservano direttamente specifici percorsi assistenziali. Il cost sharing influenza l utilizzo di trattamenti antiasmatici [Ungar 2008] e risulta essere fra le cause di un maggior numero di crisi asmatiche nei soggetti statunitensi che sopportano un maggior costo out of pocket per le terapie [Ungar 2011]. Anche nel caso della prevenzione delle recidive di evento cardiovascolare acuto, è significativa la differenza nell incidenza di recidiva fra coloro che hanno una copertura finanziaria totale per i trattamenti e coloro che devono acquistare direttamente i farmaci [Choudhry 2011]. In Italia in una ricerca condotta sui MMG della provincia di Torino nel 2008 si sono indagate le prestazioni sanitarie alle quali il paziente (o un suo familiare) ha dovuto rinunciare negli ultimi 12 mesi in un campione casuale degli assistiti, ed in una selezione di pazienti fragili (Spadea T, 2010). Le interruzioni dei percorsi potevano essere state motivate dalle difficoltà a sostenere i costi o per altri motivi. Circa la metà dei pazienti intervistati ha dichiarato di aver interrotto almeno un percorso sanitario per uno qualsiasi dei motivi indagati, con maggior frequenza per i pazienti fragili. In entrambi i gruppi di pazienti il motivo prevalente di interruzione era rappresentato dalla difficoltà ad affrontare i costi, in particolare per le spese odontoiatriche ed oculistiche e per i farmaci. Non ci sono studi italiani sull impatto sulla salute dei ticket. E noto che anche in Italia le persone di bassa posizione sociale si ammalano di più e consumano di più tutti i livelli di assistenza, dall assistenza primaria, alla specialistica pubblica all ospedalizzazione sia su scala nazionale (Michelozzi P, 2004), sia su scala locale (Biggeri A., 2003; Perucci CA, 2003). Il secondo meccanismo, quello dell impoverimento a causa della compartecipazione alla spesa e dei suoi effetti di salute, è poco studiato nella letteratura epidemiologica. In Italia lo studio condotto dal CEIS sui dati ISTAT sui consumi delle famiglie negli anni concludeva che c'era in Italia una quota ancora rilevante di famiglie che si impoveriva (l 1.3%, pari a circa famiglie) o sosteneva spese catastrofiche (il 4.2%, pari a più di famiglie) per spese sanitarie out of pocket. I servizi che incidevano di più erano l'assistenza per la disabilità e i farmaci, soprattutto nelle fasce più povere e nelle regioni meridionali (Doglia M, 2005). Nella stessa ricerca sui MMG della provincia di Torino del 2008 (Spadea, 2010) oltre la metà dei pazienti ha dichiarato di aver dovuto limitare almeno una delle spese familiari (tempo libero, casa, trasporti, formazione dei figli, alimentazione) a causa dell impegno assistenziale o dei costi sanitari. Non sono disponibili studi italiani che valutino di quanto possa aumentare 133

144 Le implicazionii delle disuguaglianze di salute per le politiche sanitarie l intensità delle disuguaglianze di salute in conseguenza dell impoverimento legato alla compartecipazione alla spesa sanitaria. In un esercizio effettuato utilizzando i dati del flusso informativo dell assistenza specialistica ambulatoriale della Regione Piemonte, limitatamente alla città di Torino, grazie allo Studio Longitudinale Torinese, è stato possibile associare anonimamente un ampio set di covariate di livello socioeconomico ad ogni individuo. L assenza di informazioni sulla posizione di tutta la popolazione torinese nei confronti del ticket, e l eventuale motivo dell esenzione, non consentivano di elaborare tassi di utilizzo per fasce di popolazione. L analisi risulta pertanto limitata agli utilizzatori di servizi. A Torino nel 2010 erano state erogate circa prestazioni specialistiche ambulatoriali alla popolazione di 35 anni o più. Il 42% dei residenti che hanno consumato prestazioni ambulatoriali, risultavano esenti dal pagamento del ticket; questa sottopopolazione consuma il 73% delle prestazioni complessive. Delle prestazioni esenti il 41% è consumata da cittadini esenti per reddito e il 30% da cittadini esenti per patologia. Questi dati sono in linea con quelli osservati in altre aree (Emilia-Romagna, Lombardia, Lazio). L intensità di consumo per fasce di popolazione utilizzatrice. per livello di istruzione e per posizione nei confronti del ticket (non esenti, esenti per patologia o maternità, esenti per reddito) è illustrata nella tabella 1. Per ogni categoria di individui è stato calcolato il tasso di utilizzo medio pro-capite di prestazioni, successivamente standardizzato per età e genere. La standardizzazione consente di eliminare l effetto della distribuzione (per età e genere) del livello socioeconomico (i soggetti meno istruiti sono mediamente donne più anziane e quindi anche con maggiore probabilità di risultare esenti). Gli individui meno scolarizzati consumavano una quota maggiore di prestazioni (64% sul totale) e presentano un intensità di consumo medio pro-capite superiore rispetto ai cittadini con titolo di studio più elevato (31 vs 28). Questa distribuzione si presentava uguale anche per le prestazioni di fisioterapia e riabilitazione, mentre per le prestazioni di laboratorio, cosi come per TAC, RMN o PET l intensità di consumo risultava equidistribuita. I consumi più elevati di prestazioni erano quelli a carico degli esenti per patologia: il tasso di utilizzo era superiore per la popolazione meno scolarizzata (32,7 vs 30,1): la popolazione esente per patologia presentava infatti maggiore bisogno assistenziale, ed è probabile che un carico aggiuntivo si debba presumere per la fascia socioeconomica più svantaggiata. Gli esenti per reddito sono maggiormente concentrati nella fascia di popolazione con titolo di studio basso (80%): anche la distribuzione dei consumi degli esenti per reddito era più elevata nella popolazione meno scolarizzata (18,1 prestazioni medie pro-capite vs 16,6), probabilmente a causa di un mix di fattori determinato da maggiore bisogno e consumi più elevati indotti dalla possibilità di accedere gratuitamente all erogazione di assistenza, anche se a rischio di maggiore inappropriatezza. Se si considerano invece solo le prestazioni in compartecipazione alla spesa la distribuzione si inverte: il 60% (corrispondente al 55% degli individui) veniva erogato a favore dei soggetti con alto livello di istruzione. Il consumo medio di prestazioni era più elevato per la popolazione più scolarizzata (15,2 vs 12); inoltre lo scarto rispetto al totale delle prestazioni in esenzione era pari a 22,1 per i livelli di istruzione bassi e di 15,5 per quelli alti. Il ticket quindi sembra aver 134

145 Capitolo 5 prodotto una riduzione di consumi, che risulta più accentuata nei soggetti meno scolarizzati. Quindi, a parità di condizioni (genere, età, titolo di studio) il pagamento del ticket determinerebbe una contrazione dei consumi, eterogenea nella popolazione e sfavorevole alle fasce di popolazione più svantaggiate e in condizione di maggior bisogno. Questo pattern si osserverebbe nelle prestazioni di laboratorio analisi e di terapia fisica e riabilitativa, mentre sembrerebbe più contenuto per prestazioni più complesse, quali RMN, TAC e PET. Tabella 1. Numero medio prestazioni specialistiche pro-capite e intervalli di confidenza al 95% - TORINO, 2010 Terapia Posizione nei Tutte le Esami di Istruzione fisica e TAC RMN PET confronti del ticket prestazioni laboratorio riabilitativa Bassa Alta Tutti Non esenti ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) Esenti per patol. o maternità ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) Esenti per reddito Esenti totale Tutti Non esenti ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) Esenti per patol.o maternità ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) Esenti per reddito Esenti totale ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) In conclusione ci sono buone prove del fatto che la leva di manovra dei ticket possa avere ricadute sfavorevoli sulla salute a breve termine, causate dalla riduzione di consumi essenziali, che sono di particolare intensità sui gruppi più vulnerabili per condizioni sociali e di bisogno; non sono disponibili studi su risultati di lungo periodo causati direttamente dalla riduzione dei consumi essenziali o dall impoverimento indotto dalla spesa. Risulta probabile (ma gli studi sono pochi) che l effetto possa essere mitigato da un comportamento prescrittivo dei medici più attento alle condizioni di bisogno. Sul versante dell impoverimento occorre ricalibrare la politica delle esenzioni, che non sembra sufficientemente capace di tutelare queste forme di vulnerabilità. Questi argomenti sono particolarmente delicati nella attuale sfavorevole congiuntura economica in cui l austerità più facilmente praticabile è proprio quella di allargare la quota di compartecipazione alla spesa, come già accaduto con il cosiddetto super ticket 135

146 Le implicazionii delle disuguaglianze di salute per le politiche sanitarie dell estate 2011 e con il paventato aumento del prelievo per questa via di altri 2 miliardi di euro previsto dal primo gennaio 2014 dalla manovra Tremonti del Anche se fortunatamente sembra che l attuale governo abbia scongiurato questo aumento dei ticket prevedendo una copertura aggiuntiva di 2 miliardi al finanziamento sanitario, rimane la questione se i ticket siano o meno una politica equa oppure se non vi siano alternative migliori. La proposta che era stata recentemente avanzata e che però non è stata per il momento accettata era quella di sostituire i ticket con una franchigia proporzionale alle capacità di contribuzione degli utenti. Questo sistema prevedeva un tetto massimo annuo di contribuzione per ciascun individuo o per ogni famiglia complessiva, tetto progressivamente proporzionale al loro reddito e ad un contributo per ogni prestazione comunque inferiore alla metà del prezzo/tariffa della prestazione; l esenzione dalla contribuzione partiva dal momento in cui si era raggiunto negli ultimi 12 mesi il tetto stabilito. Questo sistema prevedeva inoltre l abolizione di tutte le esenzioni per patologie croniche in quanto motivate sopratutto dalla necessità di evitare l accumulo dei ticket in soggetti con molti accessi periodici. Peraltro non sembra equo che alcuni indigenti debbano pagare ticket onerosi in occasione di patologie acute mentre soggetti facoltosi sono esenti solo perche affetti da cronicità; anche in questo caso comunque rimarrebbero escluse da esenzione le fasi diagnostiche delle patologie croniche il che potrebbe sicuramente ritardarne l accertamento con tutte le conseguenze del caso. Sarebbero invece sempre comunque esenti le prestazioni di medicina preventiva e le prestazioni per patologie di cui la società ne ha responsabilità quali le patologie da missioni militari, da interventi di mala sanità, ecc. L introduzione di un sistema a franchigia proporzionale al reddito avrebbe quindi la proprietà di garantire il successo del co-finanziamento, senza peggiorare il ricorso alla prestazione a pagamento nell offerta privata e minimizzando gli effetti sfavorevoli sulla salute e sull impoverimento della compartecipazione alla spesa. 5.4 L allocazione delle risorse Il riparto del finanziamento sanitario e quindi delle risorse per garantire l offerta sanitaria è una leva di politica sanitaria importante per garantire equità. Si discute molto su quali siano i criteri per distribuire le risorse: c è chi pensa sia semplicemente una quota procapite uguale per tutti, chi pensa debba essere modulata sulla capacità a spendere in modo efficace, chi invece sostiene che la logica sia di finanziare in base al bisogno di assistenza sanitaria. Ciò che differenzia essenzialmente un sistema assicurativo privato da un sistema assicurativo pubblico è che il primo prevede un versamento di un quota pro capite uguale per tutti i soggetti o addirittura proporzionale al bisogno atteso di ciascuno, mentre in un sistema a finanziamento pubblico questo si basa per lo più sulla contribuzione fiscale generale e quindi ne segue le caratteristiche. Un problema differente è il riparto delle risorse tra le unità erogatrici di servizi, cioè le Regioni e le Aziende sanitarie; anche in questo caso si discute su quale sia il sistema più giusto di riparto e per lo più si concorda che esso debba ancorarsi alla somma dei bisogni 136

147 Capitolo 5 delle persone da assistere. I determinanti socioeconomici influenzano il bisogno di salute e, per questa via, il fabbisogno di assistenza. Conoscere l intensità e la regolarità di questo effetto è importante per informare correttamente le politiche di allocazione delle risorse. Le parti in causa a livello nazionale (Regioni e Stato) hanno più volte recentemente riconosciuto l opportunità di prendere in considerazione le disuguaglianze di salute nella stima del fabbisogno. I dati presentati in questo rapporto lasciano pochi dubbi sul fatto che lo svantaggio sociale influenzi sia il bisogno di salute che il ricorso ai servizi sanitari, e pertanto che abbia tutti i requisiti per essere preso in considerazione in una formula di riparto. A tale fine rimangono però aperti alcuni problemi relativi alla sua misura ed alla interpretazione del suo impatto, che devono essere risolti parte in sede tecnica e parte in sede politica. Le questione critica è come misurare questo svantaggio sociale che agisce a livello individuale e contestuale nel provocare disuguaglianze di bisogno di salute e di fabbisogno di assistenza, una misura che deve essere disponibile all interno dei dati italiani nel Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) al fine di utilizzarla per scopi di determinazione del fabbisogno. Finora non esistevano sistemi informativi sanitari che permettessero di classificare le variabili di posizione sociale delle singole persone. In alternativa, di solito anche in altri paesi ricchi, si procede a misurare la deprivazione dell aggregato in cui vive la persona (il comune di residenza ad esempio) e ad usare questa misura come un approssimazione della posizione sociale delle persone che ci vivono. Allo stato attuale è disponibile una misura di deprivazione realizzata da alcune regioni insieme ad Istat ed al Ministero della Salute ricavandola dai dati di censimento 2001 per classificare le sezioni di censimento di residenza delle persone (che sono la più piccola aggregazione geografica disponibile nei dati anagrafici e statistici). L indice è disponibile per tutta la popolazione italiana e può essere applicato anche ad aggregazioni più grandi (come i comuni), di esso si dà conto nell apposito capitolo 6 sulle misure 2. Allo stato attuale l indice è stato acquisito all interno di NSIS come una delle covariate disponibili per caratterizzare lo stato socio-economico della popolazione assistita e del consumo di prestazioni sanitarie a livello geografico. Questa soluzione ha un vantaggio e molti svantaggi. Se l interesse per l indice è la sua disponibilità per tutto il territorio nazionale a livello anche di sezione del censimento, lo svantaggio è che i dati di NSIS (prestazioni sanitarie) sono disponibili solo a livello comunale e non di sezione di censimento. Ora, studiare la variazione nell uso (ad esempio) dei ricoveri secondo il livello di deprivazione del comune di residenza espone al cosiddetto errore ecologico, che consiste nell attribuire ad ogni individuo che risiede nel comune un livello di deprivazione pari alla media di tutti i cittadini che vivono nello stesso comune: è chiaro che questa operazione introduce degli importanti errori di classificazione (ad esempio: dichiara poveri come la media del comune anche quei pochi ricchi che in esso vivono e la cui ricchezza si diluisce nella media). 2 Caranci N., Costa, G. (2009). Un indice di deprivazione a livello aggregato da utilizzare su scala nazionale: giustificazioni e composizione dell indice. In Costa G., Cislaghi C., Caranci N. (a cura di). Le disuguaglianze di salute. Problemi di definizione e di misura. Salute e Società, Bologna, Franco Angeli, 2009:

148 Le implicazionii delle disuguaglianze di salute per le politiche sanitarie L indice di deprivazione disponibile attraverso la ricerca succitata potrebbe essere migliorato (ad esempio) dando un peso differenziato alle componenti socio-economiche che lo alimentano (titolo di studio, disoccupazione, qualità della casa di abitazione, densità abitativa, supporto famigliare), in funzione della loro capacità di predire, ognuno indipendentemente o in combinazione tra di loro, lo svantaggio socio-economico. Ci sono poi altri problemi tecnici che restano ancora controversi, come l opportunità (o meno) di standardizzare per età le componenti dell indice a seconda dell indicatore di salute o di uso dei livelli di assistenza a cui viene associato (indice che a sua volta potrebbe essere già standardizzato per età: ad esempio, tassi di mortalità o di ricovero standardizzati per età). Dal punto di vista dell interpretazione, invece, la difficoltà principale deriva dalla distribuzione geografica dei valori dell indice di deprivazione a livello comunale che, in Italia, mostra livelli medi di deprivazione più alti nei comuni del Mezzogiorno, fatto che rende controversa l attribuzione alla sola deprivazione della particolare concentrazione meridionale dei problemi di salute riferita o di consumo di assistenza sanitaria che sono usati per la stima del fabbisogno. Dunque, se da una parte la deprivazione misurata a livello comunale sembra predire un maggior bisogno di salute e un maggior ricorso ai livelli di assistenza, in modo coerente con quanto atteso; dall altra l intensità e l interpretazione di tale associazione risultano influenzate dall errore ecologico che porta principalmente a sottostimare il peso della deprivazione; questo stimola gli esperti ad ulteriori miglioramenti della misura prima che si possa ipotizzare un uso automatico di tale informazione nel contesto del calcolo del fabbisogno e/o del riparto del fondo sanitario. Interessanti sviluppi vengono dalla elaborazione di un indicatore positivo di dotazione di risorse a livello individuale che ha mostrato di predire in modo sensibile gli stati di malattia e soprattutto quelli più legati all autopercezione del malessere. Questo indice chiamato IDRIS (Indicatore di Disponibilità di Risorse Influenti la Salute) è stato elaborato sui dati raccolti negli ultimi quindici anni dalle indagini Istat sugli aspetti della vita quotidiana. Si tratta di un indice che a differenza degli indici di deprivazione misura in positivo la disponibilità di risorse nei soggetti indagati; risorse non solo economiche ma anche culturali, sociali, famigliari, lavorative, abitative, ecc. La ricchezza informativa su cui è costruito IDRIS permette anche di validare gli indici basati su poche informazioni ma calcolabili su tutti gli abitanti: la correlazione tra questi ed IDRIS è infatti molto elevata e riduce i dubbi che si hanno per indici spesso misurati su base areale e non individuale. Gli errori che si introducono con l uso di un indicatore composito imperfetto (l attuale indicatore di deprivazione) applicato ad un aggregato di taglia variabile come il comune (da qualche decina a qualche milione di abitanti), possono essere ovviati dai sistemi di indagine longitudinale metropolitani di Torino, Firenze e Roma. In questo caso il limite è che si tratta di popolazioni non rappresentative della realtà nazionale, ma il vantaggio è che questi sistemi d indagine possono misurare la deprivazione (e le sue diverse componenti) sia a livello individuale sia a livello di aggregato, per un lungo periodo di tempo: con tali contributi si può cercare di rispondere a diversi interrogativi rimasti aperti nei precedenti esercizi. 138

149 Capitolo 5 Il primo quesito riguarda le conseguenze che possono derivare dall utilizzo di una definizione di deprivazione che risale al censimento di dieci anni fa: nello studio longitudinale torinese si dimostra che la classificazione delle sezioni di censimento in livelli di deprivazione rimane sostanzialmente simile ad ogni censimento tra il 1981 e il 2001 e che l influenza dell indice di deprivazione sull uso dei ricoveri rimane della stessa intensità sia che si classifichi la deprivazione con dati del censimento dell anno precedente sia che la si classifichi con dati del censimento di dieci anni prima. Il secondo interrogativo riguarda invece la grandezza dell errore ecologico: mettendo a confronto a Torino le disuguaglianze di uso del ricovero per deprivazione individuale e per deprivazione di aggregato si evidenzia che l errore ecologico introdotto da una misura di deprivazione a livello aggregato (come quello comunale, utilizzato negli esercizi precedenti a livello nazionale) porta a sottostimare di circa la metà l intensità dell associazione con la deprivazione individuale. Non solo ma in simulazioni sui dati torinesi si mostra che l uso dell indice a livello di un aggregato come quello comunale porta ad una certa eterogeneità nell impatto dell errore ecologico, eterogeneità che possono essere di grandezza e direzione non facilmente prevedibili. Terzo, assumendo che gli indicatori di deprivazione individuale predicano in modo più accurato l utilizzo dei livelli di assistenza, ci si è interrogati sulla relazione tra deprivazione e singoli livelli: in questo caso i dati torinesi confermano i risultati dell esercizio condotto a livello nazionale sui dati aggregati, mostrando una maggiore elasticità alla deprivazione (individuale) del livello di assistenza ambulatoriale e specialistica, seguita da quella farmaceutica e poi da quella ospedaliera, seppure sempre con effetti di grandezza maggiore di quelli stimati a livello nazionale con la deprivazione misurata su scala comunale. Anche nei dati torinesi risultano esempi di una particolare vulnerabilità sociale ai ricoveri inappropriati nei soggetti più deprivati. I dati fiorentini mostrano un associazione dell uso dei ricoveri con la deprivazione individuale dello stesso ordine di grandezza di quella osservata a Torino, ma con una progressiva tendenza al livellamento, in presenza invece di un allargamento delle disuguaglianze per deprivazione individuale nella mortalità: questo riscontro potrebbe segnalare un effetto paradosso sulle disuguaglianze di uso dei ricoveri delle politiche di contenimento e razionalizzazione dell offerta ospedaliera, che potrebbero ridurre in misura maggiore il ricorso al ricovero a svantaggio dei più deprivati che invece, quanto a problemi di salute, risulterebbero averne più bisogno. Infine i dati romani allungano lo sguardo sulle disuguaglianze per deprivazione negli indicatori di processo ed esito di alcuni percorsi assistenziali ospedalieri, per ricordare che l influenza della deprivazione va considerata non solo come indicatore di stima del fabbisogno ma anche come giustificazione per correggere quei malfunzionamenti dei percorsi assistenziali che generano disuguaglianze negli esiti che sono evitabili (esempi di cui si parla nella seconda parte di questo capitolo 5). In conclusione questa ricca documentazione a livello individuale, seppur non rappresentativa del quadro italiano, scioglie alcuni dubbi ricorrenti nel dibattito sul tema: i dati di deprivazione dei censimenti passati vanno bene, l errore ecologico porta i dati aggregati a sbagliare di circa la metà nella stima dell effetto della deprivazione sui livelli di assistenza, la deprivazione 139

150 Le implicazionii delle disuguaglianze di salute per le politiche sanitarie individuale predice l uso di tutti e tre i livelli di assistenza; una parte di questo maggior fabbisogno di livelli di assistenza dei deprivati potrebbe essere legato ad una maggiore vulnerabilità all inappropriatezza. Dunque bisognerebbe fare ogni sforzo per trovare una fonte informativa legata ai dati di NSIS che permetta di misurare l associazione tra la deprivazione ed il consumo dei livelli di assistenza a livello individuale. Il contributo più recente alla discussione è quello dei risultati preliminari del nuovo sistema d indagine sperimentato da ISTAT, Ministero della salute e da alcune regioni, che parte dai dati socio-economici individuali del campione dell indagine multiscopo sulla salute del 2000 per seguirne nel tempo l uso del ricovero (e della mortalità) attraverso la ricerca nei dati di NSIS (vedi Capitolo 6) 3. Come si è già osservato al Capitolo 2 risultati preliminari mostrano una sorprendente similitudine con quanto misurato a livello individuale negli studi longitudinali su base metropolitana. Classificando la deprivazione individuale dei soggetti intervistati nel 2000 (un campione rappresentativo della popolazione non istituzionalizzata italiana) con indicatori individuali di posizione sociale e seguendone fino al 2008 il ricorso al ricovero ospedaliero, si ottengono stime delle differenze di ricovero per livello di deprivazione sovrapponibili per direzione e intensità a quelle torinesi. La novità è che si tratta di un sistema d indagine che Istat, Ministero e alcune regioni hanno messo a regime nel Piano Statistico Nazionale arricchendolo con il campione degli intervistati nell indagine del 2005 e nel futuro con quello delle successive indagini, così aumentando la precisione statistica delle stime. Questo sistema d indagine usa dati NSIS per misurare i consumi, come prescrive il Decreto Legislativo sul fabbisogno standard. Dunque questo sistema d indagine avrebbe le caratteristiche idonee per produrre stime accurate e certificate dell influenza della deprivazione sui diversi livelli di assistenza, che i decisori impegnati nella stima del fabbisogno sanitario potrebbero utilizzare senza più riserve metodologiche. Le principali implicazioni per le politiche, per i sistemi d indagine e per la ricerca epidemiologica ed economica sono le seguenti. Per le politiche: la deprivazione o svantaggio nelle risorse (o, complemento a uno, la dotazione di risorse di una persona) è, insieme all età, una caratteristica da utilizzare per la stima del fabbisogno sanitario, perché - in quanto predittore del bisogno di salute - è predittore del maggiore ricorso ai livelli di assistenza. Nel breve periodo rimane aperto il quesito se per la misura del suo effetto sui livelli di assistenza possa essere utilizzato l indicatore di deprivazione a livello comunale. Nel medio-lungo periodo bisogna trovare soluzioni in sistemi di indagine che permettano di stimare l effetto della deprivazione a livello individuale. Ma oltre a prendere atto delle disuguaglianze per deprivazione (come si fa nella stima del fabbisogno) bisogna ricordarsi di non abbassare la guardia nelle politiche di equity audit dei percorsi assistenziali per presidiare il fatto che non sia la stessa organizzazione assistenziale a generare disuguaglianze nell accesso e nell uso di interventi tempestivi, appropriati ed efficaci. Per i sistemi di indagine: in questo caso può risultare interessante investire sul nuovo sistema d indagine del follow up dei campioni delle indagini multiscopo per aggiungere nuovi campioni 3 Sebastiani G, Marinacci C, Demaria M, Pappagallo M, Grippo F, Caranci N, Vittori P, Di Cesare M, Boldrini R, Lispi L, Costa G. Disuguaglianze sociali nella mortalità di un campione della popolazione italiana. Epidemiologia & Prevenzione 2010; 34 (5-6 suppl 1):

151 Capitolo 5 ed aumentare i livelli di assistenza oggetto di follow up (specialistica ambulatoriale e farmaceutica); questo sistema di indagine può essere incluso come tale in NSIS, di cui utilizza già alcuni ingredienti, e diventare un ulteriore elemento da adoperare ai fini della determinazione del fabbisogno sanitario. Inoltre bisogna favorire nelle opportune sedi l introduzione e l accessibilità del dato sulle Limiting Long Standing Illness all interno del formato del prossimo censimento di popolazione; questo nuovo sviluppo potrebbe a sua volta consentire di superare l uso di età e deprivazione come indicatori indiretti di bisogno di salute nell analisi del fabbisogno sanitario per sostituirli con un indicatore diretto di morbosità. Nel frattempo NSIS potrebbe avvantaggiarsi dall introduzione nei suoi sistemi di indagine di un dato di classificazione dell aggregato di residenza più piccolo di quello comunale (CAP o meglio sezione di censimento). Infine, per la ricerca: in tale contesto le prospettive riguardano fondamentalmente la necessità di comprendere meglio, da una parte quali siano gli ingredienti più adeguati per la costruzione di un indicatore di deprivazione (tenendo conto dei diversi contesti in cui si prevede di impiegarlo), e dall altra il ruolo reciproco che giocano gli indicatori di deprivazione individuale e quelli di contesto; in particolare è auspicabile che nuovi investimenti di ricerca permettano di misurare dimensioni del contesto che rappresentino davvero il ruolo che il contesto ha di rendere capaci le persone di usare le proprie risorse e competenze per accedere e beneficiare dei livelli di assistenza. Sempre in termini di ricerca deve essere anche valutato se il tema della deprivazione suggerisca elementi per esaminare non solo il fabbisogno corrente di assistenza ma anche il fabbisogno di investimenti. Naturalmente tutte le considerazioni prima espresse valgono anche per l allocazione delle risorse a livello sub regionale (riparto tra le aziende e riparto dentro le aziende), che dovrebbe essere sensibile e reattivo alle differenze sociali nel fabbisogno. 5.5 L organizzazione e il funzionamento dell assistenza sanitaria Tra le scelte di organizzazione sanitaria alcune potrebbero essere meno sensibili ai problemi di equità. Ad esempio le differenze dei diversi modelli di organizzazione dei diversi Servizi Sanitari Regionali (separazione o integrazione tra funzioni di tutela e funzioni di produzione tra aziende sanitarie locali e aziende ospedaliere) non hanno a priori particolari ragioni per creare discriminazioni nei processi e negli esiti dell assistenza. Né le variazioni tra le regioni nell uso dei livelli di assistenza sembrano suggerire discriminazioni in questo senso anche se le differenze sono notevoli, tanto che i sistemi regionali appaiono fortemente clusterizzati tra Nord Centro e Sud con proporzioni differenti di utilizzo delle prestazioni distrettuali, dei ricoveri, dei servizi specialistici e riabilitativi. 141

152 Le implicazionii delle disuguaglianze di salute per le politiche sanitarie Figura 3. Cluster regionali di utilizzazione dei servizi Come già precedentemente accennato il problema dell equità non sta tanto sull omogeneità dei sistemi sanitari: anzi la loro regionalizzazione dovrebbe permettere di adeguare i servizi alle problematiche locali vuoi di tipo economico che culturali e sociali. Purtroppo anche il livello di soddisfazione dei cittadini per il sistema sanitario ha una forte connotazione geografica con un evidente trend a diminuire dal Nord al Sud del paese. Figura 4. Indice di soddisfazione (da 1 a 10) per il Sistema Sanitatrio 142

153 Capitolo 5 Aspetti molto più sensibili all equità sono quelli che riguardano le politiche di controllo dell offerta e della domanda e le politiche della qualità dell assistenza. Per quanto riguarda il controllo dell offerta valgono gli stessi argomenti già discussi a proposito di allocazione delle risorse, che in questo caso sono rappresentate dalle strutture, le tecnologie e il personale. Sono molto pochi gli studi condotti per valutare l equità nella distribuzione dell offerta; è però verosimile che, se la distribuzione nell uso dei livelli di assistenza è equa o addirittura sovra-equa tra le categorie sociali, allora anche la distribuzione dell offerta lo sia a livello macroscopico. Non altrettanto si può dire a livello geografico, dove si osservano significative differenze di utilizzo dei livelli di assistenza per distanza dall offerta (ad esempio tra montagna e pianura), tanto che la nuova programmazione dei fondi strutturali ha pensato di inserire il criterio della distanza dall offerta come uno dei criteri costitutivi della definizione di area interna svantaggiata da privilegiare per gli investimenti di tale programmazione. Queste differenze potrebbero anche accentuarsi in conseguenza delle misure di austerità che portano a razionalizzare e a volte razionare alcuni livelli di assistenza. Il LEA che è stato oggetto di politiche di razionalizzazione più intensive è quello dell assistenza ospedaliera che nell ultimo decennio ha visto una consistente riorganizzazione dell offerta con una riduzione e concentrazione di posti letto, una riduzione dei tempi di degenza e un riordino dei ricoveri e degli interventi in diversi regimi di assistenza (da ricovero ordinario a quello in day hospital all intervento ambulatoriale). Le conseguenze di questi interventi sono state recentemente analizzate e non mostrano però ancora particolari effetti sull equità vuoi di accesso vuoi di salute. Sugli effetti della azioni di controllo della domanda sull equità si è già parzialmente accennato a proposito di ticket. Infatti la compartecipazione alla spesa viene spesso invocata come strumento di disincentivazione della domanda inappropriata. E stato dimostrato che i ticket ridurrebbero soprattutto l accesso alle prestazioni specialistiche senza selezionare le inappropriate, anzi sembrerebbe che queste siano quelle meno elastiche al pagamento dei ticket in quanto più di altre sostenute da situazioni soggettive di ansia o di interesse dei prescrittori. Soprattutto si è già osservato e discusso di quanto i ticket possano introdurre discriminazioni sociali importanti nell uso dei livelli di assistenza. Gli effetti sull equità dell altro importante strumento di controllo della domanda, le liste di attesa, sono stati molto meno studiati. A priori il meccanismo di selezione delle priorità sulla base dell urgenza dovrebbe agire solo sul criterio clinico e non su quello sociale, e in questo modo dovrebbe essere proporzionale solo al vero fabbisogno di assistenza. Tuttavia è noto che le persone di bassa posizione sociale hanno meno competenze e reti sociali utili per negoziare con il clinico la sua domanda e potrebbero essere più vulnerabili a discriminazioni nell accesso fondate su una distorsione dell uso del criterio clinico. Ancor più sensibili all equità sono le politiche sulla qualità che cercano di migliorare la qualità dell offerta attraverso gli strumenti del governo clinico. Nella seconda parte del Capitolo 5 vengono documentate le prove disponibili in Italia per dimostrare che gli elementi di maggiore successo nella promozione dell equità nella qualità dei processi e degli esiti dell assistenza sono: quelli che preferiscono un approccio pro-attivo e di iniziativa a quello di attesa e opportunità: e quelli che adottano un approccio di equity audit in ogni fase: technology assessment, linee guida, audit, valutazione di esiti. 143

154 Le implicazionii delle disuguaglianze di salute per le politiche sanitarie 5.6 Conclusioni Il nostro sistema sanitario nato alla fine degli anni 70 con la legge 833 ha in questi 40 evidenziato una discreta capacità di adeguare l assistenza ai bisogni della popolazione pur non riuscendo a diminuire le diversità territoriale che per molti aspetti diventano diversità qualitative dell assistenza erogata, come mostra il sopravvivere di ampi flussi di mobilità territoriale soprattutto dalle regioni meridionali verso quelle centro-settentrionali. Si può peraltro affermare che il livello di equità del sistema è alquanto elevato e quindi la preoccupazione principale è che questo livello si mantenga nonostante le difficoltà innescate dalla crisi economica. Purtroppo c è il rischio di veder diminuire le risorse dedicate alla sanità ancor più di quelle destinate ad altri settori o di cercare di scaricare sul settore privatistico alcuni aspetti dell assistenza come già da sempre accade per quello dell assistenza odontoiatrica. Tutto ciò porta quindi a concentrare gli sforzi perché si mantenga questo livello di equità e si raggiungano situazioni di risparmio agendo sulle inefficienze e sulle inappropriatezze e non sul taglio delle prestazioni essenziali per garantire la salute. Peraltro la situazione di crisi farà di sicuro emergere nuovi problemi sanitari ed il sistema dovrà dimostrarsi capace di individuare questi nuovi bisogni e di dare risposte che riescano il più possibile ad anticipare le conseguenze più gravi della crisi sulla salute. 144

155 Capitolo 5 Bibliografia Austvoll-Dahlgren A, et al. Pharmaceutical policies: effects of cap and co-payment on rational drugs use (Review). Wiley, The Cochrane Collaboration, Biggeri A., Barchielli A., Geddes M., Pasqua A., Bianchini E. (2003). SLTo Studio Longitudinale Toscano. Condizione socio-economica e ricovero ospedaliero a Firenze. Informazioni Statistiche, Studi e Ricerche. Edizioni Regione Toscana.14, (8): Commissione Manutenzione LEA. L esame delle procedure assistenziali innovative al fine di valutarne l opportunità della loro introduzione nei Livelli Essenziali di Assistenza (a cura di Cesare Cislaghi e Silvia Arcà ). Roma 2005 Doglia M, Spandonaro F. La fairness del Servizio Sanitario Nazionale italiano. In: Atella V, Donia Sofio A, Meneguzzo M, Mennini FS, Spandonaro F. Rapporto CEIS - Sanità Roma, IEP, 2005: Keeler EB. Effects of cost sharing on use of medical services and health. Journal of Medical Practice Management 1992; 8: Lexchin J, Grootendorst P. Effects of prescription drug user fees on drug and health services use and on health status in vulnerable populations: a systematic review of the evidence. Int J Health Serv. 2004; 34(1): Loucks F. Patient cost sharing and access to health care. In: Mackenbach J, Bakker M (eds) Reducing inequalities in health: a European perspective. London, Routledge, 2002: Michelozzi P, Accetta G, Perucci CA. L equità nell accesso ai servizi. In: Sabbadini LL, Costa G (a cura di) Informazione statistica e politiche per la promozione della salute. Roma, ISTAT, 2004: Perucci CA, Marinacci C, Cesaroni G, Davoli M, Costa G, Caranci N, Mattioli S, Russo A, Bisanti L, Zocchetti C, Bugarini G, Spadea T. Socio-economic inequalities in hospital admissions and their regional heterogeneity in Italy. European Journal of Public Health Spadea, Costa et al. 2009, "La malattia che impoverisce e la povertà che fa ammalarere" in 145

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157 Capitolo 6 IL RUOLO DELLA SANITÀ NELLA GENERAZIONE O MODERAZIONE DELLE DISUGUAGLIANZE DI SALUTE: IL GOVERNO CLINICO Meccanismi di generazione delle disuguaglianze nei percorsi assistenziali Da quanto esposto nel capitolo 3, si evince che le più forti cause di disuguaglianze nei livelli di salute sono esterne ai sistemi sanitari. Gli interventi di prevenzione, diagnosi e cura influenzano lo stato di salute ma in misura relativamente minore rispetto ad altri fattori individuali e di contesto (WHO 2013). Nonostante ciò, i sistemi sanitari sono percepiti dalla popolazione come l attore più importante a tutela della salute. Il capitolo 5 ha esaminato il ruolo nella promozione dell equità nella salute che può essere giocato dalla sanità nei suoi aspetti più di sistema, come architettura, organizzazione e funzionamento. Questo capitolo sarà invece dedicato alle responsabilità del governo clinico nel generare o moderare disuguaglianze di salute, ovvero al modo con cui paziente, professionisti sanitari e organizzazione sanitaria interagiscono con l obiettivo di migliorare la storia naturale dei problemi di salute. Nel momento in cui il bisogno di salute è riconosciuto e si traduce in domanda si apre un opportunità di contrasto oppure di mantenimento oppure, se non peggio, di amplificazione delle disuguaglianze di salute. L accesso ai servizi ed alle prestazioni sanitarie infatti è un momento di importanza cruciale per le disuguaglianze di salute. Una responsabilità molto grande esiste quindi per i processi di governo clinico nei servizi sanitari, che dovrebbero porsi l obiettivo minimo di non concorrere alla generazione di nuove disuguaglianze, ma anche quello di contribuire alla riduzione dell impatto sulla salute delle disuguaglianze esistenti, orientando all equità le scelte di organizzazione e di funzionamento del sistema (approccio dell equity audit). L efficace fruizione dei servizi è influenzata, oltre che da età, sesso, salute e posizione sociale delle persone (cioè dalle caratteristiche della domanda), anche da fattori legati all offerta e alle 29 Capitolo a cura di Teresa Spadea (ASLTO3, Regione Piemonte), Nerina Agabiti, Anna Maria Bargagli e Marina Davoli (Dipartimento di Epidemiologia - Regione Lazio) 147

158 Il ruolo della sanità nella generazione o moderazione delle disuguagilanze loro interazioni: accessibilità fisica, economica e culturale dei servizi, qualità dell assistenza, stili della pratica medica, incentivi nel sistema di remunerazione dei soggetti erogatori. La relazione tra posizione socioeconomica e qualità delle cure rappresenta una complessa interazione tra a) fattori individuali, b) caratteristiche di chi eroga la cura e c) fattori organizzativo-strutturali. Per quanto riguarda i fattori individuali, la posizione sociale di una persona - in particolare il suo grado di istruzione - influenza la sua capacità di conoscere e contrastare i fattori di rischio, di riconoscere i sintomi, di cogliere ed eventualmente scegliere le opportunità nell ambito dell offerta del sistema sanitario. Un buon livello di cultura e di conoscenze facilita la capacità di ottenere, capire e utilizzare le informazioni sulla salute, sia esse comunicate verbalmente sia per iscritto. Relativamente alle caratteristiche di chi eroga la cura, le abilità comunicative e relazionali influenzano l ottenimento di una buona compliance ed in ultimo l efficacia stessa della cura. I fattori individuali e quelli professionali interagiscono poi con le caratteristiche organizzativo-strutturali discusse nel capitolo 5, come le barriere geografiche o economiche (es: ticket, assicurazioni) che possono limitare l accesso alle cure. Può capitare, infatti, che per motivi di vicinanza geografica o motivi economici (es: necessità di avere un assicurazione per accedere a una cura di alto livello) le persone più svantaggiate si rivolgano a strutture con minore livello di qualità. Il contributo relativo di questi diversi fattori ha implicazioni in termini di strategie di contrasto. Se predominano i fattori individuali, potrebbe essere importante far accrescere la consapevolezza e la cultura sanitaria. Nel caso di bassa qualità delle cure erogate, dovrebbero essere promossi di processi di cura evidence-based ed una maggiore aderenza agli standard di qualità riconosciuti a livello internazionale. In Italia il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) si ispira a principi di responsabilità pubblica per la tutela del diritto di salute della comunità e della persona; di universalità, di eguaglianza e di equità d accesso alle prestazioni; di libertà di scelta; di informazione e di partecipazione dei cittadini; di gratuità delle cure nei limiti stabiliti dalla legge; di globalità della copertura assistenziale come definita dai LEA (PSN ). Quindi, teoricamente, non sono attese disuguaglianze nella qualità dell assistenza nella popolazione, e in questo senso il capitolo 5 ha mostrato una situazione di equità o di sovra-equità per l uso dei principali livelli di assistenza. Tuttavia, nonostante questi princìpi e atti di universalità e di uguaglianza del SSN, anche in Italia sono state documentate evidenze di disuguaglianze sociali in specifici percorsi assistenziali, nell uso dei servizi territoriali, nell accesso a cure mediche tempestive, appropriate ed efficaci e negli esiti clinici delle cure. Tali evidenze di disuguaglianze nei percorsi assistenziali sono state descritte a partire dagli anni 90 in Italia, sia sulla base dei dati raccolti dall ISTAT sia attraverso studi epidemiologici condotti in alcune aree geografiche o nell ambito di collaborazioni multicentriche. Essi hanno utilizzato sia la base dati di studi longitudinali sia i dati dei sistemi informativi sanitari e quelli di registri di popolazione avvalendosi di diversi indicatori di stato socio-economico sia a livello individuale che aggregati a livello di piccola area. E un dato consolidato che i più svantaggiati utilizzino i servizi sanitari, nel loro complesso, in misura maggiore rispetto alla popolazione benestante. Lo dimostrano le evidenze di maggiore ricorso all assistenza ospedaliera, maggiore uso di farmaci e richiesta di prestazioni. L eterogeneità sociale nell uso dell ospedale, ad esempio - per tutte le cause o per cause specifiche - è in buona parte attribuibile alle differenze nello stato di salute della popolazione (Materia 1999, Ancona 2000; Picciotto 2006; Cesaroni 2009). Il differenziale sociale nell uso dei 148

159 Capitolo 6 servizi e delle prestazioni potrebbe, quindi, essere interpretato come una risposta equa del sistema sanitario al differente bisogno di servizi sanitari. E evidente che la metodologia per evidenziare differenze sociali nella qualità dei percorsi ha molte criticità, richiede una attenta valutazione delle peculiarità organizzative e cliniche del percorso stesso necessita di una elaborazione di indicatori di qualità delle cure ad hoc. Nelle numerose esperienze italiane sono stati elaborati e analizzati indicatori di qualità delle cure (tempestività, appropriatezza, efficacia, continuità) diversi a seconda dell obiettivo dello studio, del livello assistenziale oggetto dello studio (assistenza di base o primaria, assistenza ospedaliera, continuità delle cure/integrazione ospedale territorio) e delle diverse fasi del percorso di cura specifico per la singola condizione (riconoscimento del bisogno e primo contatto, diagnosi, terapia, monitoraggio e prevenzione delle complicanze). I paragrafi che seguono riportano sinteticamente i risultati di numerosi studi condotti in Italia a partire dagli anni 90 sulle disuguaglianze nei percorsi assistenziali. Saranno inoltre descritte le evidenze ad oggi disponibili per valutare l efficacia di possibili azioni di contrasto Disuguaglianze socioeconomiche nell accesso ad interventi efficaci ed appropriati In questo paragrafo sono descritte le evidenze disponibili sulle differenze socioeconomiche nell accesso agli interventi di prevenzione e ai trattamenti medico-chirurgici ritenuti efficaci ed appropriati. Sono inoltre riportati alcuni esempi sulla maggiore probabilità delle classi sociali più svantaggiate di accedere a servizi sociosanitari inefficaci e/o inappropriati quindi sulla loro vulnerabilità Interventi di prevenzione Le vaccinazioni non obbligatorie nell infanzia I dati dell indagine Istat sulla salute del 2000 dimostrano che per i bambini di età inferiore ai 13 anni, l essere stati sottoposti alle vaccinazioni non obbligatorie è strettamente influenzato dal titolo di studio della madre: per il vaccino antipertosse si passa da oltre il 66,6% di vaccinati tra i figli di laureate e diplomate al 52% tra i figli di donne in possesso di licenza elementare e nessun titolo. Analogo andamento per i vaccini antimorbillo, antirosolia e antiparotite, mentre differenze minime si rilevano nel caso della vaccinazione antimeningite, che ha livelli di effettuazione bassi in tutte le classi sociali (Mondo 2007) Il monitoraggio fattori di rischio cardiovascolari Un indicatore indiretto di accesso alla prevenzione primaria può essere fornito dalla capacità di monitoraggio e controllo dei fattori di rischio cardiovascolare riconoscibili e quindi contrastabili attraverso periodici ed accurati controlli medici, quali l ipertensione e l ipercolesterolemia. I dati del sistema di sorveglianza Passi (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) per il triennio confermano un quadro di svantaggio delle persone meno istruite e più svantaggiate economicamente, soprattutto tra le donne e per l ipertensione; nelle donne adulte (35-49 anni), ad esempio, la prevalenza di ipertensione passa dall 8% delle laureate al 19% di quelle con al massimo la licenza elementare (Passi 2012). Lo svantaggio delle classi sociali più basse in merito al rischio cardiovascolare è aggravato da una scarsa attitudine ai controlli periodici della pressione arteriosa, del colesterolo o della glicemia, come si rileva dai dati dell ultima indagine Istat sulla salute, condotta nel (Sabbadini 2007). 149

160 Il ruolo della sanità nella generazione o moderazione delle disuguagilanze La salute orale Attraverso i dati dell indagine Istat sui consumi, il CEIS (Centre for Economics and International Studies, Università Tor Vergata Roma) stima che l abbandono delle cure o la necessità di affrontare spese sanitarie troppo elevate rispetto alle proprie capacità (cosiddette spese catastrofiche che conducono all impoverimento) non sono fenomeni che interessano solo i settori meno abbienti della popolazione, ma coinvolgono ormai anche molte famiglie appartenenti al ceto medio. In particolare, nel 2007 il 15,7% delle famiglie più povere e l 8,4% di quelle del ceto medio hanno rinunciato a prestazioni dentistiche per motivi economici, facendo apparire sempre più l odontoiatria come un vero e proprio problema sociale (Di Rocco 2009). La forte relazione tra posizione socioeconomica e salute orale è confermata dai dati Istat (Sebastiani 2008). Risulta infatti che tra le persone con al più la licenza elementare solo il 26,4% ha fatto ricorso ad un dentista negli ultimi 12 mesi e il 9,5% non ha mai fatto una visita odontoiatrica, contro, rispettivamente, il 49,4% e il 4,9% delle persone con almeno un diploma superiore; la percentuale di chi non è mai stato dal dentista tra i meno istruiti nella fascia di età più giovane (18-44 anni) sale addirittura al 22,4%, a dimostrazione di un serio problema di accesso alla prevenzione dentale. Queste disuguaglianze si riflettono nello stato di salute dei denti nelle età successive: la quota di persone che hanno perso tutti i loro denti naturali è infatti del 2,6% tra i più istruiti, contro il 29,4% dei meno istruiti, con forti differenze in tutte le classi di età, a partire dai 45 anni La diagnosi precoce di tumore Studi condotti a Torino nei primi anni 90 hanno evidenziato che le classi sociali più basse avevano una maggiore probabilità di subire ricoveri a stadi più avanzati e in condizioni di emergenza (Vineis 1993, Ciccone 1999), a testimonianza di una minore tempestività nel ricorso alle cure e di una minore capacità di usare l assistenza territoriale alternativa all ospedale da parte delle persone più svantaggiate, anche a parità di morbosità. Da dati Istat del emerge anche un minor ricorso delle donne meno istruite ai test di diagnosi precoce per i tumori della mammella e del collo dell utero in assenza di sintomi, sebbene il confronto con i dati del suggerisca, assieme ad un sostanziale aumento del ricorso al pap-test e alla mammografia, anche una tendenza alla riduzione del differenziale sociale, in particolare per la mammografia (Bologna 2006) La gravidanza e il parto Sono ancora i dati dell indagine Istat sulla Salute del a darci il quadro della distribuzione sociale del percorso maternità (Sebastiani 2006). Rispetto all indagine precedente, si osserva un complessivo miglioramento del livello di assistenza, mentre si evidenzia ancora uno svantaggio per le donne meno istruite in tutti i principali indicatori di qualità dell assistenza. Una corretta informazione sulle tecniche di diagnosi prenatale viene riferita in misura nettamente più alta tra le donne laureate (96,2%) che tra quelle con la licenza elementare (65,9%). Di conseguenza anche il ricorso a tali tecniche mantiene lo stesso divario in funzione dell istruzione, sebbene si debba tener presente sia la più giovane età delle donne meno istruite (che quindi ricorrono meno a tecniche invasive, quali la villocentesi e l amniocentesi), sia la possibilità che le donne con un basso livello di istruzione potrebbero non riferire correttamente il ricorso ad accertamenti diagnostici meno invasivi perché confusi con esami del sangue di routine. Un altro importante indicatore di assistenza è la partecipazione ai corsi di preparazione al parto: è noto che questi rappresentano un fattore di protezione rispetto a molti esiti negativi 150

161 Capitolo 6 per la salute della madre e del bambino, compresi il ricorso al taglio cesareo e una minore tendenza alla pratica dell allattamento al seno. Anche in questo caso, le donne meno istruite risultano più svantaggiate: solo il 20.2% delle gestanti con al massimo la licenza elementare ha frequentato un corso pre-parto vs. il 65.6% delle laureate. Infine, anche la pratica dell allattamento, ed in particolare quella dell allattamento esclusivo, che in passato era maggiormente diffusa tra le donne di bassa classe sociale, ha completato la fase di transizione epidemiologica ed è ora prevalente tra le donne più istruite (71.2% vs. 53.2%). In uno studio epidemiologico su oltre nascite di residenti a Roma registrate tra il 1990 e il 1996 è stata osservata una relazione inversa tra livello socioeconomico e incidenza di parto cesareo: le donne con minore livello di istruzione avevano una maggiore probabilità di avere un parto cesareo rispetto alle più istruite, anche tenendo conto dei fattori di confondimento clinici; questa relazione era evidente però solo negli ospedali pubblici e non in quelli privati, che pure avevano una proporzione di parti cesarei molto più elevata (44% vs. 30%) (tabella 1) (Cesaroni 2008). Una maggiore probabilità di parti cesarei tra le donne meno istruite è stata confermata anche in anni più recenti in Emilia-Romagna (Caranci 2010). Tabella 1. Associazione tra il livello di istruzione dei genitori e parto cesareo per tipo di ospedale. Roma Livello di Istruzione Totale dei parti Presso gli ospedali pubblici Presso le cliniche private No. (% cesarei) OR*( 95% IC) No. (% cesarei) OR*( 95% IC) No. (% cesarei) OR*( 95% IC) Titolo di studio della madre Laurea (37) (32) (47) 1.00 Diploma scuola media superiore (32) 0.97 ( ) (29) 1.06 ( ) 8916 (44) 1.04 ( ) Diploma scuola media inferiore (31) 1.08 ( ) (31) 1.31 ( ) 2652 (38) 0.96 ( ) Licenza elementare 2111 (34) 1.24 ( ) 1812 (34) 1.54 ( ) 177 (41) 1.03 ( ) Titolo di studio del padre Laurea (37) (31) (47) 1.00 Diploma scuola media superiore (32) 0.93 ( ) (29) 1.07 ( ) 7544 (44) 0.99 ( ) Diploma scuola media inferiore (31) 1.03 ( ) (30) 1.30 ( ) 2949 (38) 0.92 ( ) Licenza elementare 2851 (33) 1.16 ( ) 2574 (33) 1.52 ( ) 251 (35) 0.75 ( ) *OR aggiustato per età materna, presentazione del feto e peso alla nascita Modificata da: Cesaroni et al Trattamenti terapeutici medico-chirurgici La patologia in età pediatrica Per alcune condizioni cliniche in età pediatrica il ricorso all assistenza ospedaliera è considerato evitabile e sono identificate con il termine anglosassone ambulatory care sensitive conditions. Esse sono usate come indicatore di appropriatezza e tempestività delle cure primarie territoriali. Nella città di Bologna, inoltre, è stata documentata una associazione tra basso livello di reddito familiare e ospedalizzazioni potenzialmente evitabili è stato confermato anche tra le persone con età <= 20 anni per condizioni quali gastroenterite, epilessia e convulsioni, infezioni otorinolaringoiatriche, appendicite acuta, asma, infezioni del tratto urinario, polmonite batterica (Pirani 2006). Negli anni 90 uno studio epidemiologico a Roma ha analizzato anche gli interventi di appendicectomia e di tonsillectomia e/o adenoidectomia in bambini e ragazzi di età inferiore ai 19 anni, in quanto procedure molto frequenti e ad alto rischio di inappropriatezza specifica, attribuibile all incertezza diagnostica nel primo caso e all incertezza sull indicazione terapeutica nel secondo (Materia 1999). E stato riscontrato un gradiente per l appendicectomia, significativo solo tra le donne. Benché l appendicite sia frequente allo stesso modo tra i generi, l incertezza diagnostica è maggiore tra le donne a causa della diagnosi differenziale con le 151

162 Il ruolo della sanità nella generazione o moderazione delle disuguagilanze malattie dell ovaio e delle tube. I risultati di questo studio suggerivano dunque una minore accuratezza diagnostica nelle donne svantaggiate economicamente ed una minore qualità delle cure. Per quanto riguarda l intervento di tonsillectomia e/o adenoidectomia, i tassi di ospedalizzazione risultavano linearmente associati al livello socioeconomico con un eccesso di rischio del 60%. In questo caso, in una situazione di incertezza nell indicazione diagnostica, era stata suggerita una maggiore probabilità di uso inappropriato della procedura tra i più svantaggiati Il monitoraggio e il controllo clinico delle patologie croniche dell adulto a livello territoriale Al livello di assistenza territoriale si attribuiscono principalmente interventi di prevenzione primaria e secondaria, la diagnosi precoce ed il monitoraggio, controllo e trattamento delle malattie croniche. Sono riportate di seguito alcune evidenze di utilizzo potenzialmente inappropriato di questo livello di assistenza. E stato dimostrato in molti studi che un efficace ed appropriata attività di questo primo livello di cure riduce il tasso di ospedalizzazione per le cosiddette ambulatory care sensitive conditions (ACSC) o ospedalizzazioni potenzialmente evitabili e quindi il carico di costi sanitari e sociali che ne deriva. In uno studio multicentrico basato sui dati dei ricoveri di quattro città italiane (Torino, Milano, Bologna, Roma) è stata indagata la relazione tra reddito e livello di ospedalizzazione nella popolazione residente adulta (tabella 2) (Agabiti 2009). Lo studio si è avvalso della collaborazione del Ministero delle Finanze che ha fornito i dati di reddito (anno 1998); questi ultimi sono stati elaborati in forma aggregata secondo metodologie standardizzate per ottenere il valore mediano del reddito familiare equivalente pro-capite a livello di sezione di censimento. Coloro che appartengono al livello di reddito più basso sono risultati avere una probabilità di ricovero ospedaliero significativamente maggiore dei più ricchi per diabete mellito, ipertensione arteriosa, angina pectoris, scompenso cardiaco, asma bronchiale e Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) condizioni di cui l ospedalizzazione è considerata evitabile. In particolare il rischio è risultato quattro volte maggiore per la BPCO e per lo scompenso cardiaco; le differenze sono maggiori tra gli uomini e nella fascia di età tra 45 e 65 anni rispetto ai più giovani. Tabella 2. Tassi standardizzati per età e Rischi Relativi (RR) di ospedalizzazione per alcune patologie croniche. Età anni. Anno 2000 Reddito (quintili) % Tasso RR* 95% IC % Tasso RR* 95% IC % Tasso RR* 95% IC I alto II III IV V basso Test per il trend lineare <0.001 <0.001 Reddito (quintili) % Tasso RR* 95% IC % Tasso RR* 95% IC % Tasso RR* 95% IC I alto II III IV V basso Test per il trend lineare <0.001 <0.001 <0.001 * RR aggiustati per età (20-44, 45-64), genere e città di residenza Modificata da: Agabiti et al 2009 Diabete Ipertensione Scompenso cardiaco Angina BPCO Asma 152

163 Capitolo 6 Le persone che hanno avuto un infarto acuto del miocardio (IMA) sono a rischio di recidive, come un nuovo infarto oppure crisi anginose. Secondo le Linee Guida Cardiologiche, la terapia ottimale dovrebbe essere l insieme di quattro categorie di farmaci con azione sul sistema renina-angiotensina (ACE inibitori e sartani), i beta bloccanti, gli antiaggreganti piastrinici e le statine. Sulla base dei dati dell assistenza ospedaliera e di quella farmaceutica territoriale che raccoglie informazioni sulla tipologia, principio attivo e date delle prescrizioni farmacologiche dispensate da tutte le farmacie pubbliche e private del territorio regionale del Lazio è stato condotto uno studio epidemiologico a Roma sui dimessi dall ospedale dopo un evento di IMA nel periodo (Kirchmayer 2012). La proporzione di pazienti in terapia appropriata è pari a 42%, conforme ad altri studi e piuttosto bassa rispetto all atteso. Età avanzata e genere femminile si associavano a minore probabilità di ricevere il trattamento appropriato, mentre il livello socioeconomico non mostrava un chiaro profilo di associazione. Analoghi risultati vengono da uno studio condotto in Piemonte (Gnavi 2007): in una coorte di pazienti dimessi dall ospedale con diagnosi di cardiopatia ischemica l uso di statine risulta piuttosto basso rispetto all atteso (31%) ed influenzato da fattori individuali quali la diagnosi di infarto del miocardio, l età ed il genere. Inoltre, si rileva un interessante interazione: tra i pazienti più giovani, in cui la prescrizione di statine è di provata efficacia, non si evidenziavano differenze significative per livello socioeconomico, mentre laddove c era maggiore incertezza di indicazione, come nelle età avanzate, si osserva un differenziale nella prescrizione a favore dei più istruiti (maggiore probabilità di ricevere statine di oltre il 10%) (tabella 3). Tabella 3. Rapporti dei tassi di prevalenza (PRR) di prescrizione di statine tra le persone con malattia ischemica cardiaca, per classe di età. Torino, Classi di età PRR* 95% CI PRR* 95% CI PRR* 95% CI Livello di Istruzione Elementare o nessuna Scuola media inferiore 1.05 ( ) 1.11 ( ) 1.29 ( ) Diploma/Università 0.92 ( ) 1.00 ( ) 1.38 ( ) * PRR aggiustati per genere, stato civile, diagnosi principale, rivascolarizzazione (si/no), diabete (si/no), reparto di dimissione Modificata da: Gnavi et al 2007 Risultati interessanti derivano da uno studio condotto recentemente a Roma sull aderenza alla terapia farmacologica raccomandata dalle Linee Guida internazionali per i pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica transluminale percutanea (PTCA) per cardiopatia ischemica, consistente nell utilizzo di farmaci antiaggreganti immediatamente prima e dopo l intervento (Mayer IEA 2013). Analizzando le prescrizioni della terapia appropriata nell anno successivo alla dimissione, emerge che nel primo semestre il tasso prescrittivo è del 72% e non si registrano differenze significative per livello socio-economico. Nel secondo semestre invece si riscontra una riduzione media del 20% circa, che risulta più marcata nelle classi di pazienti con stato socioeconomico medio e basso. Sembra quindi che ci sia una variabilità nella continuità delle cure nel post-infarto a Roma, i cui meccanismi meritano ulteriori approfondimenti. La BPCO è tra le più importanti cause di mortalità e disabilità ed è più frequente tra gli strati sociali più svantaggiati, dove è maggiormente diffusa l abitudine al fumo di sigaretta, il 153

164 Il ruolo della sanità nella generazione o moderazione delle disuguagilanze principale determinante della malattia. Il trattamento farmacologico per la BPCO stabile, secondo Linee Guida evidence-based, comprende diversi principi attivi, tra i quali alcuni (es: farmaci inalatori a lunga durata d azione) in grado di limitare l aggravamento dei sintomi ed il peggioramento della funzione polmonare e di migliorare la qualità della vita, mentre altri (es: xantinici) hanno un evidenza di efficacia più limitata. Un recente studio condotto su una coorte di oltre 3000 pazienti romani con riacutizzazione di BPCO ha testato l ipotesi che le xantine vengano usate in misura maggiore tra le classi sociali svantaggiate (Bauleo 2011). La prevalenza d uso di xantine tra i pazienti con gravità lieve (circa l 85% dei pazienti in studio) era 5,3% nelle classi benestanti e 9,3% nelle classi socioeconomiche più basse. Il pattern di associazione non si osserva tra i pazienti più gravi, in cui l uso di xantine raggiunge circa il 25% (Figura 1). Questo risultato suggerisce una maggiore vulnerabilità a cure inappropriate delle persone svantaggiate, proprio nella categoria di età e di stadio della malattia in cui si potrebbero ottenere maggiori benefici in termini di riduzione della progressione della malattia e di sopravvivenza. Figura 1. Prevalenza d uso di xantine e Odds Ratio (OR) per livello socio-economico tra i pazienti con BPCO, età anni. Roma Da: Bauleo et al L assistenza ospedaliera Anche per quanto riguarda l assistenza ospedaliera, diversi studi hanno evidenziato l esistenza di differenziali per livello socioeconomico nell accesso ad interventi di provata efficacia ed una maggiore vulnerabilità delle classi svantaggiate ad interventi inappropriati. L intervento chirurgico di bypass aortocoronarico è una chirurgia di alto livello che si è dimostrata efficace nel limitare l evoluzione della malattia. La probabilità di accedere a tale intervento per gruppi sociali è stato oggetto di uno studio epidemiologico a Roma alla fine degli anni 90, basato sui dati dei sistemi informativi sanitari e su un indicatore di condizione 154

165 Capitolo 6 socioeconomica aggregato a livello di sezione di censimento (Ancona 2000). Nella coorte selezionata l accesso all intervento risultava del 40% inferiore tra i meno abbienti di sesso maschile, rispetto ai benestanti. Il differenziale non era evidente tra le donne, nelle quali tuttavia l intervento stesso era offerto in misura largamente minore rispetto agli uomini (figura 2). Figura 2. Rapporto tra bypass e malattie ischemiche del cuore. Tassi standardizzati di ospedalizzazione per genere, Roma Modificata da: Ancona et al 2000 Numerosi esempi sui differenziali socio-economici nell accesso ai trattamenti vengono dal campo oncologico. Sulla base dei dati del Registro Tumori di Torino e dei dati dei sistemi informativi regionali sono state raccolte informazioni sui casi incidenti di tumore del polmone non a piccole cellule nel periodo e sono state analizzate le caratteristiche del percorso di cura, ai diversi stadi della malattia, con l obiettivo di valutare l impatto dei fattori socioeconomici sulla probabilità di accedere a modalità differenti di trattamento: chirurgia, chemioterapia e/o radioterapia, altre terapie non curative (Pagano 2010). Un basso livello di istruzione è risultato associato ad una probabilità più alta del 60% di ricevere il trattamento chemioterapico e/o radioterapico e di oltre il doppio di accedere a terapie palliative rispetto al trattamento chirurgico. Questo risultato è evidente solo nella popolazione con stadio iniziale della malattia, e non negli stadi avanzati, ad indicare una minore qualità del percorso proprio tra la popolazione che potrebbe beneficiare particolarmente della cura appropriata; a parità di profilo iniziale di trattamento ricevuto, il basso livello di istruzione non influenzava la sopravvivenza. Sempre in Piemonte, nel caso del tumore della mammella non è stata osservata alcuna associazione tra il livello socioeconomico e l accesso alle cure appropriate nell analisi multivariata che confrontava la chirurgia conservativa seguita da radioterapia (trattamento raccomandato secondo le linee guida regionali) vs. la chirurgia conservativa senza radioterapia e la mastectomia (Rosato 2009). Il risultato principale, tuttavia, è stato che circa un quinto delle donne non aveva ricevuto la terapia più appropriata, e che i fattori associati a questa inappropriatezza erano sia caratteristiche individuali del paziente (età più anziana, vivere da 155

166 Il ruolo della sanità nella generazione o moderazione delle disuguagilanze sole e presenza di comorbidità), sia caratteristiche dell offerta sanitaria (basso livello di specializzazione dell ospedale di riferimento e lontananza da strutture eroganti radioterapia). Inoltre, lo studio documenta una maggior presenza delle pazienti meno istruite in ospedali a basso volume di attività, meno aderenti alle linee-guida. Risultati contrastanti emergono invece dai due indicatori di qualità del trattamento del tumore del retto analizzati per i pazienti incidenti nel periodo : la proporzione di casi sottoposti a trattamenti di radioterapia preoperatoria e la proporzione di casi che hanno ricevuto un intervento conservativo (con anastomosi) rispetto ad un intervento di resezione addomino-perineale, con colostomia permanente (Sacerdote 2012). La radioterapia pre-operatoria, raccomandata per i casi a stadi più avanzati, è risultata maggiormente praticata nei pazienti con livelli di istruzione intermedia o primaria: questo risultato, parzialmente inatteso, potrebbe però essere affetto da un importante confondimento residuo dovuto allo stadio localmente più avanzato del tumore nei pazienti con istruzione inferiore (aspetto poco controllabile con i dati disponibili attraverso i codici nosologici usati nella scheda di dimissione ospedaliera). Viceversa, le persone meno istruite hanno una probabilità del 40% superiore di ricevere un intervento non conservativo di resezione addominoperineale, a parità di altre caratteristiche cliniche. Anche in questo caso, come per il tumore della mammella, la probabilità di eseguire l intervento più invasivo è risultata aumentata pure in relazione ad altri fattori non clinici, come l età avanzata, lo stato civile di non coniugato, e il ricovero in ospedali a basso volume di attività. Infine, già negli anni 90 a Roma è stata evidenziata una relazione tra stato socioeconomico e isterectomia dovuta a lesioni benigne dell utero (leiomioma e prolasso): le donne appartenenti al livello sociale più alto risultarono avere una probabilità maggiore del 34% di ricevere tecniche meno invasive per rimuovere lesioni benigne dell utero rispetto alle più svantaggiate, specialmente nella fascia di età anni (Materia 2002). Uno studio condotto a Roma sui dati del Registro Dialisi negli anni 90 documentava come l accesso al trapianto di rene nelle persone con insufficienza renale a stadi terminali (intervento efficace in termini sia di qualità della vita sia di sopravvivenza) fosse influenzato dal livello socioeconomico della popolazione in trattamento cronico dialitico (Miceli 2000). Una più recente analisi, condotta utilizzando sempre i dati del Registro Dialisi del Lazio nel periodo e relativa a tutta la regione, ha evidenziato una minore probabilità di accesso al trapianto renale per le persone con più basso titolo di studio, che si è andata, inoltre, accentuando nel corso del periodo in studio. Tale differenziale socioeconomico è probabilmente dovuto a ritardi nelle procedure cliniche e diagnostiche che si trasformano in barriere per l iscrizione alle liste di attesa, successivamente alla valutazione di idoneità al trapianto renale (Di Napoli, 2008). Nei pazienti con IMA, l ammissione diretta in un reparto di terapia intensiva cardiologica (UTIC) è considerata una proxy di un appropriata cura ospedaliera, essendo una procedura associata ad una migliore prognosi. Negli anni a Roma, in una coorte di pazienti con IMA l accesso diretto in UTIC era offerto in misura minore del 20% alle persone con maggiore svantaggio sociale (Ancona 2004). Inoltre, anche nel caso della PTCA, intervento noto per la sua efficacia evidence-based nelle immediate ore dopo l insorgenza di IMA, i meno abbienti avevano una probabilità di circa il 30% inferiore di accedere a tale intervento nei 28 giorni successivi all IMA (Picciotto 2006). Nel contesto di quello stesso studio, si osservava anche un eccesso di oltre il 35% per i più deprivati di morire prima dell arrivo in ospedale fornendo 156

167 Capitolo 6 evidenze sulla maggiore letalità in fase pre-ospedaliera. L evento fatale prima dell arrivo in ospedale riguarda, in generale, circa il 30% di tutti gli eventi IMA (Picciotto, 2006). Questo suggeriva la possibilità di una variabilità dell assistenza sanitaria nella fase di emergenza preospedaliera cruciale in una patologia come questa con possibili implicazioni sugli esiti differenziali tra gruppi sociali. Risultati consistenti con i dati di Roma derivano anche da uno studio condotto a Torino: la probabilità delle persone con basso titolo di studio affette da cardiopatia ischemica di ottenere procedure invasive coronariche diagnostiche e terapeutiche di provata efficacia era inferiore del 30-40% rispetto a quelle più istruite (Tabella 4) (Gnavi 2006). Tabella 4. Coronarografia e interventi di rivascolarizzazione in pazienti con STEMI, per livello di istruzione. Piemonte, 2006 *Odds Ratio e intervalli di confidenza al 95% aggiustati per età, genere, indice di Charlson, reparto di ammissione e ASL di residenza Da: Gnavi et a 2006 Evidenze di disuguaglianze tra gruppi sociali nel percorso ospedaliero vengono anche dalla disciplina ortopedica. Nel Lazio negli anni è stata valutata l offerta di intervento chirurgico ed i tempi di attesa intraospedalieri in seguito a frattura del collo del femore in persone con età superiore ai 64 anni (Barone 2009). La tempestività dell intervento, infatti, è un forte determinante del successo clinico del trattamento. La probabilità di accedere all intervento entro 48 ore dal ricovero risultava più bassa di circa il 70% per le persone con basso livello sociale rispetto ai più abbienti. Nello studio multicentrico condotto in 4 città italiane (Torino, Milano, Bologna, Roma) riportato già in precedenza in questo capitolo si è valutato se l intervento elettivo di sostituzione protesica dell anca fosse offerto in maniera differenziale tra gruppi sociali. Lo studio ha dimostrato che i più poveri avevano il 13% in meno di probabilità di ricevere questo trattamento chirurgico, considerato appropriato ed efficace nel ridurre i disturbi funzionali e migliorare la qualità della vita nei pazienti con patologia cronica artrosica dell anca (Agabiti 2007). Sono disponibili evidenze anche sulla cosiddetta chirurgia minore. Per condizioni ad alto rischio di inappropriatezza organizzativa si fa riferimento a procedure particolarmente frequenti in ricovero ordinario, ma erogabili, a parità di efficacia e minore rischio iatrogeno, in regimi di cura meno intensivi. Negli anni 90 a Roma sono stati studiati gli interventi di cataratta per rimozione del cristallino e la riparazione di ernia inguinale (per i quali sarebbe stato consigliato l intervento in regime di day hospital), e i ricoveri per malattie minori della pelle, potenzialmente evitabili (Materia 1999). Per entrambe le procedure chirurgiche è stato osservato un significativo eccesso di rischio di ospedalizzazione ordinaria nella popolazione di basso livello 157

168 Il ruolo della sanità nella generazione o moderazione delle disuguagilanze socioeconomico rispetto ai benestanti in entrambi i generi. I dati dimostravano anche un sottoutilizzo del day-hospital nei gruppi più svantaggiati, anche se all epoca il tasso di utilizzo complessivo era molto basso (2.5% degli interventi eseguiti in ospedale). Questi risultati sono stati interpretati con il fatto che, essendo state introdotte da poco nuove tecnologie per la rimozione della cataratta, esse venivano più prontamente utilizzate nei gruppi di popolazione socio-economicamente avvantaggiati, come confermato successivamente dall analisi delle prestazione più innovative e costose (descritta in dettaglio nel paragrafo successivo). Anche per le malattie minori della pelle in regime di ricovero ordinario, nello studio a Roma del 1999, si osservava un eccesso di rischio di ospedalizzazione del 50% tra i più svantaggiati. Non esiste evidenza che queste condizioni siano più prevalenti negli individui di bassa posizione socioeconomica, anzi semmai sono più frequenti tra i più abbienti. La differenza nel bisogno non sembrava quindi spiegare l eccesso di ospedalizzazione. Si ipotizzava invece che i gruppi più disagiati avessero un più difficile accesso ai servizi ambulatoriali e/o una maggiore suscettibilità a ricoveri non necessari: un basso livello di istruzione potrebbe cioè aver diminuito la possibilità di acquisire e/o valutare correttamente informazioni per esprimere preferenze rispetto alle diverse opzioni di trattamento. Infine, vengono riportate alcune evidenze relative alle tecniche diagnostiche di recente introduzione. La tomografia ad emissione di positroni (o PET, Positron Emission Tomography) è una tecnica diagnostica di medicina nucleare introdotta in Italia nei primi anni duemila. La PET ha avuto un notevole sviluppo soprattutto in oncologia, poiché permette la diagnosi precoce dei tumori e di eventuali metastasi, mostrando tutte le sedi di localizzazione della malattia ed evitando il ricorso a procedure diagnostiche più invasive. A causa del costo elevato di acquisizione e di gestione, nell ultimo decennio si è posto il problema di valutare l appropriatezza d uso di questa metodica. Uno studio condotto a Torino negli anni ha inteso analizzare i fattori sociodemografici che favoriscono o limitano l accesso appropriato alla tecnica diagnostica (Spadea 2011). I risultati hanno evidenziato nei primi tre anni di osservazione un ricorso tra il 30% e il 40% più elevato tra le persone con livello di istruzione più alto, in entrambi i generi. Questa distribuzione risulta inattesa sulla base delle conoscenze di letteratura, che mostrano disuguaglianze di incidenza a sfavore delle persone meno istruite in Piemonte, in particolare tra gli uomini; non sono disponibili dati dettagliati sulla distribuzione sociale per stadio all incidenza o per specifiche caratteristiche cliniche del tumore, ma non c è motivo di pensare che i tumori per i quali è indicata la prestazione di una PET debbano avere una distribuzione sociale inversa rispetto a quella complessiva. Inoltre, il divario nei tassi di accesso alla PET tende a diminuire fino ad annullarsi negli ultimi anni di osservazione: sembrerebbe dunque che l introduzione di una novità tecnologica coinvolga inizialmente le fasce di popolazione più abbienti indipendentemente dal bisogno espresso, mentre solo con il consolidarsi della procedura, questa andrebbe a saturare equamente il bisogno. I risultati suggeriscono ulteriori indizi di discriminazione nei confronti dei soggetti più anziani: anche in questo caso il ricorso alla PET appare più simile all andamento atteso dell incidenza di tumori per età solo dopo qualche anno dall introduzione della procedura. 158

169 Capitolo Disuguaglianze socioeconomiche negli esiti delle cure La produzione scientifica sul tema delle disuguaglianze sociali negli esiti delle cure a parità di accesso ai servizi sanitari, territoriali e ospedalieri, è ancora limitata; inoltre, gli studi condotti con tale obiettivo sia in Italia che in ambito internazionale hanno prodotto risultati non sempre consistenti. In generale, le evidenze disponibili depongono a favore dell esistenza di differenziali socio-economici meno forti rispetto a quelli osservati relativamente all accesso ai servizi ed alle prestazioni sanitarie. Vengono di seguito presentati i risultati degli studi condotti in Italia sull associazione tra livello socioeconomico ed esiti degli interventi sanitari; questi studi hanno indagato principalmente l area cardio- e cerebrovascolare, le patologie tumorali e la chirurgia ortopedica. Le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte nei paesi industrializzati; l interesse allo studio dei differenziali socio-economici nei loro esiti a breve e lungo termine è legato all esistenza tra le persone di basso livello socio-economico di una più alta prevalenza dei fattori di rischio per malattie ischemiche del cuore, di una maggiore incidenza di queste patologie e di un ridotto accesso a cure specialistiche e a procedure chirurgiche efficaci. Nello studio già citato condotto a Roma su una coorte di pazienti con malattia coronarica (Ancona 2000), si è anche valutata l esistenza di differenziali socio-economici nella mortalità a 30 giorni dall intervento di bypass. Lo studio ha evidenziato un eccesso di mortalità pari a circa 3 volte per le persone di basso livello socio-economico rispetto a quelle di livello alto, anche a parità di età, genere, tipo di patologia ischemica, comorbidità ed eventuali altre procedure chirurgiche effettuate durante il ricovero. Tale eccesso rimaneva statisticamente significativo e solo lievemente inferiore anche dopo aver aggiustato le stime per tipologia di ospedale. Sempre nell ambito della chirurgia cardiovascolare, uno studio multicentrico ha successivamente valutato l associazione tra la posizione socio-economica e l occorrenza di complicazioni post-operatorie e mortalità a breve termine successive ad interventi cardiovascolari in elezione, ovvero bypass aortocoronarico, sostituzione valvolare, endoarteriectomia carotidea, bypass vascolari maggiori, riparazione di aneurisma aortico non rotto (Agabiti 2008). Lo studio ha analizzato gli esiti dei pazienti residenti nelle città di Torino, Milano, Bologna e Roma dimessi tra il 1997 e il 2000 dopo uno dei suddetti interventi, in funzione dell indicatore di reddito familiare equivalente pro-capite a livello di sezione di censimento descritto precedentemente in questo capitolo. Il principale esito in studio era la mortalità intra-ospedaliera a 30 giorni; come esiti secondari sono stati valutate le complicanze cardiovascolari (infarto miocardico acuto, aritmia, shock cardiogeno, arresto cardiaco, patologie cerebrovascolari, patologie delle arterie) e quelle non vascolari tra cui ulcere da decubito, sepsi, trombosi venosa profonda/embolia polmonare, emorragie post-operatorie, polmonite, complicazioni gastrointestinali. Lo studio ha evidenziato differenze nella mortalità intraospedaliera a 30 giorni tra i diversi interventi chirurgici, che variava dallo 0.9% per l endoarteriectomia carotidea all 8.8% nel caso dei bypass vascolari. E stata osservata un associazione significativa con il livello socio-economico solo per il bypass aortocoronarico, con una probabilità di circa 2 volte più alta di decesso per le persone svantaggiate rispetto a quelle di posizione socio-economica più elevata. Non sono invece state osservate associazioni significative con le complicanze post-operatorie sia cardiovascolari che non cardiovascolari. In questo studio è stato inoltre indagato l effetto delle caratteristiche della struttura ospedaliera 159

170 Il ruolo della sanità nella generazione o moderazione delle disuguagilanze sulla mortalità a breve termine dopo interventi di bypass aorto-coronarico e sostituzione valvolare. Sono stati osservati differenziali socio-economici nella mortalità a 30 giorni più evidenti per gli ospedali pubblici rispetto a quelli privati e, in particolare, per quelli con un basso volume di attività. Ancora a Roma, un successivo studio sui ricoverati per un primo evento di infarto miocardico acuto negli anni ha indagato l associazione tra livello socio-economico e accesso all intervento di angioplastica coronarica, mortalità a 28 giorni e ad un anno dopo la dimissione e la riospedalizzazione per un nuovo evento coronarico e per altre patologie cardiache (Picciotto 2006). In questo studio la condizione socio-economica è stata misurata utilizzando sia un indicatore individuale (istruzione) sia un indicatore aggregato a livello di sezione di censimento di residenza. I risultati ottenuti hanno confermato l esistenza di un forte differenziale a svantaggio dei meno istruiti e delle persone residenti in aree più deprivate nell accesso all intervento di angioplastica coronarica, ma non è stata evidenziata alcuna associazione della posizione socio-economica, comunque misurata, con la mortalità a breve e lungo termine e con successivi eventi di ospedalizzazione per infarto o altre patologie cardiache. Una debole associazione, al limite della significatività statistica, è stata osservata solo tra le donne per la mortalità entro i 28 giorni dall accesso in ospedale. Analoghi risultati erano stati riportati sulla coorte di pazienti torinesi (Gnavi 2006), a sostegno dell ipotesi che ci si potrebbe trovare di fronte ad un caso di sovra-trattamento dei pazienti più istruiti, piuttosto che ad un trattamento sub-ottimale di quelli meno istruiti. L ictus è un importante causa di morte e disabilità nei paesi più sviluppati. Molti studi hanno dimostrato che l incidenza di questa patologia è maggiore nei gruppi di popolazione più svantaggiati sebbene con differenze tra la forma emorragica e quella ischemica. Più controversa è invece l associazione tra posizione socio-economica e la sopravvivenza dopo un evento di ictus, dal momento che studi condotti in aree geografiche diverse hanno prodotto risultati non coerenti tra loro. Un possibile ruolo nella spiegazione dell inconsistenza delle evidenze disponibili è stato attribuito alle diverse strutture dei sistemi sanitari e quindi dell offerta delle cure. E interessante notare che anche in paesi come la Finlandia e il Canada, con un sistema di cure di tipo universalistico, sono state osservate disuguaglianze per livello socio-economico nella mortalità per ictus. Sulla base di queste considerazioni, a Roma negli anni è stata valutata, attraverso i dati dei sistemi informativi sanitari, l associazione tra livello socio-economico e mortalità a 30 giorni e ad 1 anno dopo un ricovero per un primo evento di ictus e successiva ospedalizzazione per ictus o malattie cardiovascolari (Cesaroni 2009). Nel periodo in studio sono stati osservati casi incidenti di ictus (75% forma ischemica) tra la popolazione residente di età compresa tra 35 e 84 anni, con un forte differenziale per livello socio-economico a sfavore dei più svantaggiati sia tra le donne che tra gli uomini per entrambe le forme nosologiche. Gli uomini di basso livello socio-economico, inoltre, presentavano un eccesso di rischio pari al 50% di ospedalizzazione per un secondo evento di ictus. Per le donne più svantaggiate ricoverate per ictus emorragico la probabilità di un ricovero successivo per cause cardiovascolari era dell 85% maggiore rispetto a quelle di posizione socio-economica più alta. Non è stata invece osservata un associazione tra livello socio-economico e mortalità a breve o lungo termine. Un altro settore che fornisce molte evidenze di disuguaglianze negli esiti delle cure è quello 160

171 Capitolo 6 oncologico: fin dagli anni 90 alcuni studi in Italia hanno documentato che pazienti con bassa scolarità hanno una minore sopravvivenza, in particolare per tumori operabili e con prognosi migliore se diagnosticati tempestivamente (Ciccone 1991, Rosso 1997, Fontana 1998). Nell ipotesi di un accesso equo e tempestivo alla diagnosi e cura, la letalità non dovrebbe mostrare differenze significative tra gruppi sociali, e le disuguaglianze di mortalità dovrebbero riflettere solo i gradienti osservati nell incidenza dei singoli tumori, a loro volta spiegati dalla differente distribuzione sociale dei fattori di rischio. In uno studio condotto negli anni 90 sono stati analizzati congiuntamente incidenza, letalità e mortalità per tumori nella città di Torino (Faggiano 1999). In generale emergevano forti differenziali di letalità che si rispecchiavano nei gradienti di mortalità, e questi erano particolarmente evidenti per tumori a buona prognosi, per i quali esistono trattamenti efficaci (colon-retto, prostata e mammella). Tali risultati sono confermati da recenti analisi in Emilia-Romagna (Candela 2006), Piemonte (Spadea 2007) e Toscana (Buzzoni 2011). Nello studio già citato sulla qualità del trattamento del tumore del retto (Sacerdote 2012), è stata valutata anche la mortalità ospedaliera post intervento chirurgico nel complesso della casistica con tumori del colon-retto. Il tasso grezzo di mortalità è risultato più alto nei pazienti con basso livello di istruzione (4.4%) rispetto a quella dei diplomati o laureati (1.2%). La relazione tuttavia è apparsa mediata dalla diversa distribuzione dei pazienti per severità di presentazione della malattia, misurata attraverso la presenza di ostruzione o perforazione e dall accesso in emergenza: dopo l aggiustamento rimaneva infatti solo un eccesso di mortalità ospedaliera del 25% non significativo. Sono disponibili evidenze di disuguaglianze tra gruppi sociali negli esiti di interventi sanitari anche in ambito ortopedico. Uno studio multicentrico condotto a Torino, Milano, Bologna e Roma negli anni ha valutato l esistenza di differenziali socio-economici in tre categorie di esiti nei 90 giorni successivi l intervento elettivo di sostituzione protesica dell anca (Agabiti 2007). L indicatore di posizione socio-economica utilizzato era il reddito familiare equivalente pro-capite a livello di sezione di censimento. Gli esiti in studio erano eventi clinici avversi (embolia polmonare, anemia emorragica, complicanze cardiache), complicanze di tipo ortopedico (ematoma, dislocazione, infezioni) e infine infezioni sistemiche e ulcere da decubito. La bassa posizione socio-economica era associata con un rischio più alto di eventi clinici avversi, infezioni sistemiche e ulcere da decubito entro i 90 giorni dall intervento e questo effetto era ancora più evidente nel gruppo di popolazione più anziana (75+ anni). Lo studio non ha invece evidenziato differenziali socio-economici nella mortalità e nell occorrenza di complicanze ortopediche a 90 giorni. Successivamente, a Roma negli anni è stata valutata l associazione tra posizione socio-economica e mortalità a breve termine dopo l accesso in ospedale per frattura di femore nella popolazione residente di età 65+ anni (Barone 2009). In totale, l 88.2% delle fratture sono state trattate con un intervento di sostituzione protesica dell anca (totale o parziale) o di riduzione della frattura. In questo studio, oltre ad essere stato osservato, come riportato in precedenza, una minore probabilità tra i meno abbienti di accedere tempestivamente all intervento chirurgico (entro le 48 h dall arrivo in ospedale), è stato anche evidenziato un rischio di mortalità a 30 giorni più alto del 50% per le persone con basso livello sociale rispetto a quelle di livello socio-economico alto, anche tenendo conto delle caratteristiche demografiche dei pazienti e delle loro comorbidità. 161

172 Il ruolo della sanità nella generazione o moderazione delle disuguagilanze 6.4 Efficacia di interventi o azioni in ambito sanitario per la riduzione delle diseguaglianze Sebbene a livello locale siano attivi tanti interventi rivolti a piccoli gruppi di popolazione più svantaggiati come immigrati, famiglie in difficoltà o madri sole non esistono in Italia politiche o interventi specificatamente mirati all intero gradiente sociale nella popolazione, finalizzati cioè alla riduzione delle differenze nella salute tra tutti i gruppi sociali. Esistono tuttavia diversi esempi di interventi in ambito sanitario, che pur non avendolo come obiettivo primario, si sono dimostrati efficaci anche in termini di riduzione delle disuguaglianze di salute. Il primo caso paradigmatico riguarda la prevenzione secondaria in campo oncologico. I dati presentati nei paragrafi precedenti mostrano per alcune sedi tumorali, in particolare quelle a buona prognosi, un inversione del gradiente sociale nella mortalità rispetto a quello nell incidenza. Questo risultato induce a pensare che intervengano nuovi differenziali sociali a svantaggio delle classi più basse durante il percorso assistenziale, in termini di tempestività della diagnosi, accesso a terapie efficaci o continuità delle cure; esiste quindi un potenziale di riduzione delle diseguaglianze all interno del percorso stesso, che potrebbe essere recuperato. Parecchi studi si sono concentrati sull impatto sull equità dei programmi di screening di popolazione, basati su lettere di invito personali rivolte alle donne nella fascia di età target dello screening (25-69 anni per lo screening cervicale e anni per quello mammografico). Un analisi comparativa europea (Palencia 2010) ha mostrato che nei paesi in cui sono attivi programmi di screening organizzati centralmente e con una buona copertura, le disuguaglianze di accesso alla diagnosi precoce sono molto ridotte se non inesistenti rispetto ai paesi in cui i programmi di screening sono organizzati a livello regionale e non coprono tutto il territorio (come in Italia), e ancor di più rispetto ai paesi con soltanto screening opportunistico. I dati dell indagine Istat sulla salute del 2005 mettevano inoltre in evidenza che a sottoporsi ad un pap-test o ad una mammografia di propria iniziativa erano di più le donne laureate o diplomate, mentre la partecipazione ad un programma di screening veniva più spesso dichiarata dalle donne meno istruite (Landriscina 2007). Analizzando le disuguaglianze nella sopravvivenza per tumore della mammella, l analisi dei dati fiorentini (Puliti 2012) mostra che nel periodo , prima dell introduzione dello screening, esisteva un eccesso di mortalità per le donne di stato socioeconomico più basso in entrambi i gruppi di età analizzati: le più giovani (<50 anni) e quelle nella fascia di età target dello screening. Nell ultimo periodo ( ), quando ormai il programma di screening è consolidato, si annullano le differenze di sopravvivenza nel gruppo di età target dello screening, mentre addirittura aumenta lo svantaggio di mortalità fra le donne più deprivate nella fascia di età più giovane non interessate dal programma di screening. Un analogo studio condotto in Emilia-Romagna, confrontando un primo periodo di introduzione del programma di screening ( ) con un secondo periodo di piena copertura ( ), conferma l effetto livellatore del programma di screening ad inviti (figura 3), anche nelle analisi multivariate corrette per età e stadio alla diagnosi (Pacelli 2013). 162

173 Capitolo basso medio alto % stadi avanzati % stadi avanzati % sopravvivenza % sopravvivenza Figura 3. Effetto del programma di screening mammografico ad inviti in Emilia-Romagna: percentuale di stadi avanzati alla diagnosi e di sopravvivenza a 5 anni, per livello d istruzione e periodo di calendario, nelle donne di anni. I risultati non sono tuttavia univoci a livello europeo, e sono stati riportati dati secondo cui le donne più svantaggiate avrebbero beneficiato meno del programma di screening rispetto a quelle di stato socioeconomico più alto (Louwmann 2007). Una possibile spiegazione data dagli autori è che tra le donne di stato socioeconomico più basso possa essere più alta la comorbosità o che ci possa essere un trattamento sub ottimale. Questa seconda spiegazione, in realtà, va nella direzione di una conferma dei risultati italiani: in Italia, infatti, i programmi di screening organizzati includono anche un percorso ben strutturato di terapia e di follow-up, grazie al quale le donne diagnosticate attraverso lo screening rientrano nel PDTA ottimale secondo le linee-guida vigenti. Nella realtà italiana, dunque, le difficoltà principali semmai sono di altro tipo. Inizialmente, la difficoltà pratica di arruolare le donne nel programma di screening, adottando azioni in grado di aumentare la partecipazione allo screening anche tra le classi socio-economicamente meno abbienti e soprattutto tra le minoranze (Spadea 2010, Giordano 2011); successivamente, quella più teorica, di scindere le due possibili componenti associate ai programmi di screening, ovvero la diagnosi precoce da un lato e il percorso terapeutico blindato dall altro. Perché sia efficace nella riduzione delle disuguaglianze, l anticipazione diagnostica dovrebbe portare ad un livellamento sociale degli stadi alla diagnosi (contrariamente a quanto finora osservato in letteratura, con un eccesso di stadi avanzati tra le donne di livello socioeconomico più basso): nel lavoro di Pacelli (2013), infatti, la percentuale di stadi avanzati dopo l introduzione dello screening passa dal 51% al 45% nelle donne meno istruite nella fascia di età anni, mentre rimane stabile al 45% tra le più istruite (figura 3). L ipotesi di un effetto livellatore del percorso terapeutico è stata analizzata a Torino, attraverso il record linkage tra i dati dello SLT e quelli del database SQTM (Scheda computerizzata per il controllo della Qualità del Trattamento del carcinoma Mammario) (Ponti 2012), un archivio di indicatori di qualità del trattamento del tumore alla mammella di donne diagnosticate allo screening. Nello studio (Zengarini 2011) sono stati selezionati gli indicatori considerati maggiormente indicativi di buona qualità delle cure, in termini di tempestività ed appropriatezza della diagnosi e dell intervento, 163

174 Il ruolo della sanità nella generazione o moderazione delle disuguagilanze quali i tempi di attesa per gli approfondimenti successivi alla mammografia di screening (standard <21 giorni) e per l intervento a seguito di prescrizione (<30 gg.), la stadiazione attraverso la tecnica del linfonodo sentinella, la presenza di una diagnosi certa già in fase preoperatoria, l effettuazione di un unico intervento (senza necessità di re-intervento). In tutti gli indicatori di appropriatezza, gli unici fattori che hanno un effetto significativo sulla probabilità di successo dell indicatore sono lo stadio alla diagnosi, il volume di attività dell ospedale in cui le donne vengono operate e il periodo di intervento (prima o dopo l introduzione delle linee-guida regionali all interno del percorso terapeutico). Gli indicatori di posizione sociale analizzati (istruzione, condizione occupazionale e tipologia abitativa) raramente sono risultati associati all appropriatezza del trattamento, e sempre con rischi di modesta entità; viceversa, la bassa posizione sociale presenta una probabilità lievemente maggiore di tempi di attesa più lunghi rispetto alle classi più alte. Complessivamente, il caso dei programmi di screening organizzati mette in evidenza la possibilità che approcci pro-attivi di diagnosi e cura possano essere efficaci anche nel ridurre le disuguaglianze sociali di accesso alla diagnosi precoce e, conseguentemente, di sopravvivenza. I casi in cui un tale effetto non è stato riscontrato sembrano spiegati da una bassa copertura dello screening o dall assenza di un PDTA strutturato successivo alla diagnosi. Questi risultati sollecitano dunque interventi per una maggiore diffusione dei programmi di screening sul territorio italiano, accompagnati da azioni per aumentare la partecipazione allo screening e per l adozione di percorsi di diagnosi e cura ben organizzati e condivisi. Un secondo esempio viene dal campo della gestione del paziente diabetico per la prevenzione delle complicanze e di esiti sfavorevoli. L interesse a valutare gli esiti delle cure anche in termini di equità si è sviluppato in particolare a Torino grazie alle potenzialità dell SLT, a seguito di uno studio condotto sui dati degli anni Novanta, in cui si osservava che l eccesso di rischio di mortalità generale per le persone meno istruite rispetto alle più istruite era maggiore nella popolazione generale che nelle persone con diabete (70% vs. 35%). La riduzione dell eccesso di rischio associato all istruzione tra i diabetici risultava ancora più evidente per le cause di morte cardiovascolari (per le quali l eccesso dei meno istruiti diventava non significativo): questo risultato sembrava suggerire un effetto protettivo verso le classi sociali deboli dell assistenza diabetologica, che a Torino è intensiva e si basa sulla condivisione di linee-guida e sulla collaborazione tra MMG e specialisti già dagli anni Ottanta, sebbene a quei tempi ancora sotto forma di rete spontanea e non formalmente strutturata (Gnavi 2004). Ulteriori studi hanno confermato questi risultati negli anni successivi, estendendo l analisi all incidenza di eventi avversi e ad altre città: Venezia (in cui è presente un analogo modello di assistenza alle persone con diabete) (Gnavi 2011) e Roma (Fano 2013). Inoltre, l assistenza intensiva fornita dai centri diabetologici piemontesi è risultata associata ad un minor ricorso all ospedalizzazione ordinaria e d urgenza e ad una durata media del ricovero più breve (Giorda 2006), e ad una sostanziale equità negli indicatori di qualità delle cure (Gnavi 2009). Più recentemente si è voluto approfondire il ruolo dei modelli di gestione del paziente diabetico, analizzando l impatto di diversi modelli di assistenza sulle diseguaglianze nella mortalità e nell incidenza di eventi cardiovascolari (Picariello 2012). Il linkage tra il sistema informativo dei ricoveri, quello delle prescrizioni farmaceutiche e quello delle esenzioni per patologia ha permesso di individuare una coorte di pazienti con diabete prevalente al , sulla base del criterio che avessero almeno una delle seguenti condizioni: aver avuto almeno un ricovero con causa principale o 164

175 Capitolo 6 secondaria di diabete nei cinque anni precedenti; aver avuto almeno due prescrizioni di farmaci per diabete nei dodici mesi precedenti; avere avuto l esenzione per patologia nei quattro anni precedenti. Ai circa pazienti diabetici residenti a Torino così identificati, è stato poi attribuito un particolare modello assistenziale attraverso il linkage con il database delle prestazioni farmaceutiche e specialistiche nei dodici mesi successivi all identificazione della coorte (quindi tutto l anno 2002). E stato inoltre calcolato un indice composito di aderenza alle linee guida (GCI: Guidelines Composite Indicator), basato sull aver avuto in quell anno una prescrizione di emoglobina glicata e almeno due richieste tra quelle di esame del colesterolo, esame della microalbuminuria o valutazione oculistica. I pazienti che nel corso del follow-up avessero avuto una prescrizione farmaceutica qualsiasi o una prestazione specialistica non diabetologica sono stati classificati come seguiti solo dal medico di medicina generale (MMG); coloro che avevano anche una visita specialistica dal diabetologo sono stati assegnati al modello assistenziale MMG+specialista ; coloro che non avevano una visita diabetologia, ma erano compresi nei criteri del GCI, rientravano nel modello MMG+GCI ; infine coloro che avevano sia la visita specialistica sia il GCI sono stati assegnati al modello considerato ottimale, di completa integrazione tra il medico di base e il medico specialista e con una buona aderenza alle linee guida. I risultati dello studio hanno evidenziato che il modello di gestione integrata presenta i migliori risultati sia in termini di qualità dell assistenza (con una maggiore sopravvivenza e una minore incidenza di eventi cardiovascolari) sia in termini di equità: confrontando in particolare i due modelli estremi solo MMG e modello integrato si osserva che gli eccessi di rischio di mortalità tra i meno istruiti, per tutte le cause, per le cause cardiovascolari e per tutti i tumori, presenti nel primo modello assistenziale (rispettivamente del 30%, 34% e 46% nelle persone con al più la licenza elementare) scompaiono nel modello integrato. Recenti risultati di uno studio ancora non pubblicato, sembrano indicare anche che il modello completo, più efficace e più equo, non aumenti neanche la spesa complessiva per la cura del paziente diabetico rispetto agli altri modelli, anzi in alcuni casi la riduca (Giorda submitted). Questo esempio suggerisce che un modello assistenziale di gestione della patologia cronica integrato tra MMG e specialisti e supportato dall esistenza di linee guida condivise, oltre a migliorare la qualità delle cure obiettivo prioritario del modello stesso risulta anche efficace nel ridurre le diseguaglianze sociali negli esiti a costi non superiori a quelli dei modelli tradizionali di cura: dunque migliore qualità, maggiore equità e spesa equivalente. L ultimo caso è quello relativo al programma regionale di valutazione degli esiti degli interventi sanitari (P.Re.Val.E.), istituito nel Lazio con una delibera regionale del 2008, allo scopo di fare una valutazione comparativa tra soggetti erogatori e tra gruppi di popolazione, identificando così aree di possibile miglioramento della qualità delle cure in specifici percorsi terapeutici (DGR 11 marzo 2008, Approvazione del Programma regionale di valutazione degli esiti degli interventi sanitari, denominato P.Re.Val.E. ). Il programma analizza e mette a disposizione online oltre 78 indicatori di esito per struttura ospedaliera e per area di residenza, per l 80% relativi all assistenza ospedaliera e per il 20% all assistenza territoriale, soprattutto nell area cardio-cerebrovascolare e in chirurgia, ma anche in ortopedia, pneumologia, oncologia, gastroenterologia e nel settore materno-infantile. Tra gli indicatori di esito considerati, una particolare attenzione è stata dedicata agli indicatori di 165

176 Il ruolo della sanità nella generazione o moderazione delle disuguagilanze qualità del trattamento delle fratture di femore. Il tempo di attesa per l intervento e la mortalità a 30 giorni, oltre ad essere a svantaggio dei pazienti di bassa posizione socioeconomica come evidenziato nei paragrafi 2 e 3, risultavano complessivamente di bassa qualità: nel periodo solo il 7% dei pazienti aveva ricevuto l intervento entro 48 ore (contro uno standard considerato accettabile dalle linee guida dell 80%) e la mortalità era del 6% (Barone 2009). In seguito a queste osservazioni nel 2008 si sono avviate diverse azioni. Innanzitutto, i risultati sono stati illustrati ai clinici, che hanno subito avviato percorsi e protocolli condivisi di audit clinico per il trattamento dei casi di frattura del femore. Le linee guida così tracciate sono state oggetto di una delibera regionale, che ha incluso una rideterminazione delle tariffe tale per cui venivano penalizzate le strutture che non rispondevano alle indicazioni date dalle linee guida. Infine, tutti i risultati sono stati resi pubblici online, sul sito ad accesso libero del programma di valutazione ( Rianalizzando gli stessi indicatori nel biennio successivo all avvio di queste azioni, si è osservato un sensibile aumento di qualità delle cure: in soli due anni la percentuale di pazienti operati entro 48 ore era salita al 20% e il tempo medio di attesa si era abbassata di un giorno (Colais 2013). Contestualmente, si è evidenziata una significativa riduzione del gradiente sociale sia nella mortalità a 30 giorni, in cui il precedente eccesso di rischio del 42% si annulla completamente, sia nella proporzione di interventi entro le 48 ore, in cui il rischio di non accedere tempestivamente all intervento per i più svantaggiati rispetto ai più benestanti si abbassa da più del doppio a circa il 60%. Si può dunque concludere, che questo esempio dimostra come l assunzione di responsabilità a livello centrale e la diffusione dei risultati relativi alla qualità ed equità delle cure possa rivelarsi efficace nel migliorare la qualità e nel ridurre disuguaglianze di accesso e di esiti. 6.5 Conclusioni Le tabelle 5 e 6 riportano una sintesi delle evidenze riportate in questo capitolo, rispettivamente per l accesso e gli esiti dei diversi interventi considerati, con l aggiunta di una valutazione di merito sulla forza dell evidenza e il livello di aggiornamento di ciascuna singola tematica. I dati ad oggi disponibili evidenziano, pur nel contesto di un sistema sanitario universalistico, l esistenza di disuguaglianze socio-economiche, soprattutto nell accesso alle cure e in modo meno forte negli esiti degli interventi sanitari. In particolare, le fasi più socialmente vulnerabili dell intero percorso diagnostico e terapeutico di una malattia sembrano essere quelle iniziali del riconoscimento e della presa in carico tempestivi (ad esempio, dei fattori di rischio delle malattie croniche, della salute orale e di quella riproduttiva); e le fasi successive al trattamento in fase acuta o iniziale, in cui sono necessari continuità assistenziale ed un adeguato controllo degli adempimenti di cura dopo il trattamento (è il caso della terapia farmacologica in pazienti sottoposti ad angioplastica). Le evidenze sui differenziali socio-economici nell accesso e negli esiti delle cure derivano da studi condotti soprattutto in alcune realtà locali del centro e nord Italia ed è quindi necessario acquisire informazioni relative anche ad altre aree del paese. Inoltre, mentre sono stati molto studiati gli interventi sanitari per alcune patologie, quali quelle cardiovascolari e il diabete, e alcune procedure più facilmente individuabili e misurabili, è ancora necessario indagare i differenziali socio-economici in altre aree nosologiche, con particolare riguardo alle malattie 166

177 Capitolo 6 croniche con problemi di continuità assistenziale. E importante garantire l aggiornamento delle evidenze già acquisite ai fini del monitoraggio dei differenziali socio-economici nell offerta e nell accesso ai servizi. A questo scopo, è essenziale potenziare la qualità e la disponibilità dei sistemi informativi, l integrazione delle diverse fonti informative e l ampliamento degli studi longitudinali metropolitani in cui i dati sanitari sono arricchiti da informazioni sulle diverse dimensioni dello svantaggio socio-economico desunte dai censimenti della popolazione. La conoscenza degli ambiti e dei meccanismi con cui si generano le disuguaglianze nell assistenza sanitaria e negli esiti delle cure è rilevante ai fini dell individuazione di appropriati interventi di correzione e dei punti di ingresso di tali interventi, la cui efficacia deve essere però valutata con studi ad hoc e approcci metodologici adeguati e condivisi. Le prime evidenze sulla valutazione di interventi suggeriscono che approcci pro-attivi di diagnosi e cura, modelli di gestione integrata del paziente e l assunzione di responsabilità a livello centrale sul tema dell equità nel governo clinico possano essere efficaci non solo nel migliorare complessivamente la qualità delle cure, ma anche nel ridurre le disuguaglianze di accesso e di esito di tali cure. In conclusione, tra i livelli di assistenza già monitorati, quelli che dovrebbero essere oggetto di maggiore attenzione nei processi di equity audit sono quelli relativi all assistenza territoriale (prevenzione primaria e secondaria e presa in carico globale); mentre rimangono ancora molti percorsi assistenziali da sottomettere a screening per identificare eventuali scostamenti dall obiettivo di uguaglianza di opportunità e di esiti di salute nei processi e nei risultati del percorso. 167

178 Tabella 5. Accesso agli interventi sanitari: sintesi delle evidenze sulle disuguaglianze Evidenza* Aggiornamento* Evidenze sui gruppi svantaggiati Interventi di prevenzione Vaccinazioni ++ si Minore accesso alle vaccinazioni non obbligatorie Monitoraggio dei fattori di rischio cardiovascolari +++ si Minore attitudine ai controlli periodici di pressione arteriosa, livelli di colesterolo e glicemia Salute orale +++ si Minore ricorso alle cure odontoiatriche, in particolare tra i giovani Diagnosi precoce tumori +++ si - Maggiore probabilità di ricovero a stadi più avanzati di malattia - Minore ricorso al pap-test e mammografia, ma tendenza alla riduzione del differenziale socioeconomico in tempi più recenti Gravidanza e parto +++ si - Minore informazione sulle tecniche di diagnosi prenatale - Minore accesso ai corsi pre-parto e alla pratica dell allattamento al seno - Maggiore probabilità di partorire con taglio cesareo Trattamenti diagnostici e terapeutici Patologie in età pediatrica ++ no - Maggiore ricorso ad ospedalizzazioni potenzialmente evitabili - Maggiore probabilità di ricorso ad interventi di tonsillectomia, adenoidectomia e appendicectomia Patologie croniche dell adulto cure primarie + no - Maggiore ricorso ad ospedalizzazioni potenzialmente evitabili (diabete, scompenso cardiaco, BPCO, ipertensione,..) Trattamento farmacologico post-infarto/cardiopatia ischemica + si - Nessun differenziale socioeconomico nell uso della terapia appropriata (ACE inibitori, β bloccanti, antiaggreganti e statine) - Minore accesso al trattamento con statine nei pazienti anziani (ambito in cui c è maggiore incertezza di indicazione) Trattamento farmacologico post-ptca + si Minore continuità nella aderenza alla terapia appropriata Trattamento farmacologico per la BPCO + si Maggiore vulnerabilità a trattamenti inappropriati Intervento di bypass aortocoronarico + no Minore accesso all intervento Trattamenti oncologici ++ si - Polmone: minore qualità del percorso di cura - Mammella: minore probabilità di accesso ad ospedali ad alto livello di specializzazione - Retto: minore probabilità di ricevere un trattamento conservativo Trapianto di rene + no Minore probabilità di accesso attribuibile a ritardi nelle procedure cliniche e diagnostiche e nell iscrizione alle liste di attesa Trattamento infarto + no - Minore accesso all UTIC - Minore accesso alla PTCA Procedure invasive coronariche diagnostiche e terapeutiche + si Minore accesso alle procedure Intervento per frattura di femore ++ si Minore proporzione di interventi entro 48 ore Intervento elettivo di protesi d anca + no Minore accesso all intervento Tecniche diagnostiche di recente introduzione + si Minore accesso alla PET in ambito oncologico * Legenda Evidenza: si riferisce al numero degli studi pubblicati e all insieme delle conoscenze sull argomento, +++ = buona; ++ = sufficiente/moderata, + = limitata Aggiornamento: si= i dati su cui si basano le evidenze riferiscono agli anni 2005 e oltre; no= i dati su cui si basano le evidenze riferiscono agli anni precedenti al

179 Testo non definitivo. Si prega di non citare Tabella 6. Esito degli interventi sanitari: sintesi delle evidenze sulle disuguaglianze Evidenza* Aggiornamento* Evidenze sui gruppi svantaggiati Malattie cardio- e cerebrovascolari Intervento di bypass aortocoronarico ++ no Eccesso di mortalità a 30 giorni dall intervento Interventi maggiori cardiovascolari (sostituzione valvolare, endoarteriectomia carotidea, bypass vascolari maggiori, riparazione di aneurisma aortico non rotto) + no Nessun differenziale socioeconomico nell occorrenza di complicazioni post-operatorie e nella mortalità a 30 giorni dall intervento Intervento di rivascolarizzazione con PTCA + no Nessun differenziale socioeconomico nella mortalità a 28 giorni e ad 1 anno dall intervento e nell occorrenza di infarto o altre patologie cardiache ad 1 anno dall intervento Ictus cerebrale incidente con ricovero ospedaliero + no - Nessun differenziale socioeconomico nella mortalità a 30 giorni e ad 1 anno dal ricovero - Maggiore probabilità di ricovero per un nuovo evento cerebrovascolare tra i maschi - Maggiore probabilità di successivi eventi cardiovascolari tra le donne ricoverate per ictus emorragico Malattie tumorali Interventi in ambito ortopedico Tumori operabili e con prognosi migliore se diagnosticati tempestivamente ++ si Intervento elettivo di sostituzione protesica dell anca + no Frattura di femore + si - Maggiore letalità, in particolare per tumori per i quali esistono terapie efficaci (colon-retto, prostata, mammella) - L associazione con la posizione socioeconomica è generalmente mediata da disuguaglianze di accesso ad ospedali più specializzati (con maggiore volume di attività) o dall accesso alle cure in condizioni più gravi e in emergenza - Nessun differenziale socioeconomico nella mortalità e nell occorrenza di complicazioni ortopediche a 90 giorni dall intervento. - Maggior rischio di eventi clinici avversi entro 90 giorni dall intervento, in particolare per i più anziani - Nessun differenziale socioeconomico negli esiti a lungo termine (mortalità e di intervento di revisione protesica) Periodo : maggior rischio di mortalità a 30 giorni dall intervento Periodo : nessun differenziale nel rischio di mortalità a 30 giorni dall intervento * Legenda Evidenza: si riferisce al numero degli studi pubblicati e all insieme delle conoscenze sull argomento, +++ = buona; ++ = sufficiente/moderata, + = limitata Aggiornamento: si= i dati su cui si basano le evidenze riferiscono agli anni 2005 e oltre; no= i dati su cui si basano le evidenze riferiscono agli anni precedenti al

180 Il ruolo della sanità nella generazione o moderazione delle disuguagilanze Bibliografia Agabiti N, Picciotto S, Cesaroni G, Bisanti L, Forastiere F, Onorati R, Pacelli B, Pandolfi P, Russo A, Spadea T, Perucci CA e il gruppo italiano di studio sulle disuguaglianze nell assistenza sanitaria. The influence of socioeconomic status on utilization and outcomes of elective total hip replacement: a multicity population-based longitudinal study. International Journal for Quality in Health Care 2007; 19: Agabiti N, Cesaroni G, Picciotto S, Bisanti L, Caranci N, Costa G, Forastiere F, Marinacci C, Pandolfi P, Russo A, Perucci CA and the Italian Study Group on Inequalities in Health Care. The association of socioeconomic disadvantage with postoperative complications after major elective cardiovascular surgery. J Epidemiol Community Health 2008; 62: Agabiti N, Pirani M, Schifano S, Cesaroni G, Davoli M, Bisanti L, Caranci N, Costa G, Forastiere F, Marinacci C, Russo A, Spadea T, Perucci CA and ItalianStudy Group on Inequalities in Health Care. Income level and chronic ambulatory care sensitive conditions in adults: a multicity population-based study in Italy. BMC Public Health2009; 9: Ancona C, Agabiti N, Forastiere F, Arcà M, Fusco D, Ferro S, Perucci CA. Coronary artery bypass graft surgery: socioeconomic inequalities in access and in 30 day mortality. A population-based study in Rome, Italy. J Epidemiol Community Health 2000; 54: Ancona C, Arcà M, Saitto C, Agabiti N, Fusco D, Tancioni V, Perucci CA. Differences in access to coronary care unit among patients with acute myocardial infarction in Rome: old, ill, and poor people hold the burden of inefficiency. BMC Health Services Research 2004; 4: Baglio G, Cacciani L, Materia L, Guasticchi G. Rapporto sull assistenza ospedaliera a cittadini stranieri nel Lazio. Monografie ASP. Anno nu=s410&migra=immigrazione Barone AP, Fusco D, Colais P, D Ovidio M, Belleudi V, Agabiti N, Sorge C, Davoli M, Perucci CA. Effects of socioeconomic position on 30-day mortality and wait for surgery after hip fracture. International Journal for Quality in Health Care 2009; 21: Bauleo L, Agabiti N, Kirchmayer U, Belleudi V, Di Martino M, Pinnarelli L, Pistelli R, Colamesta V, Fusco D, Davoli M. È la posizione socio economica un determinante dell uso di farmaci respiratoriin pazienti adulti dimessi dopo BPCO riacutizzata? Uno studio di coorte a Roma. XXXV Congresso AIE. Torino 2011 Bologna E. La prevenzione dei tumori femminili in Italia: il ricorso a pap test e mammografia, Anni Roma, Istat, Statistiche in breve, 4 dicembre Buzzoni C, Zappa M, Marchi M, Caldarella A, Corbinelli A, Giusti F, Intrieri T, Manneschi G, Nemcova L, Sacchettini C, Crocetti E. Socio-economic determinants of cancer survival in the municipality of Florence. EpidemiolPrev 2011; 35: Candela S, Mangone L, Cavuto S, DeLisi V, Federico M, Ferretti S, et al.la sopravvivenza per tumore in Emilia-Romagna in relazione alle condizioni socio-economiche. X Riunione Scientifica AIRT, Reggio Emilia 5-7 aprile

181 Capitolo 6 Caranci N, Lupi C, Baronciani D. Social inequalities in perinatal outcomes: Emilia-Romagna Region, Atti EuroEPI 2010 Epidemiology and public health in an evolving Europe XXXIV Congresso Italiano dell'associazione Italiana di Epidemiologia Firenze, 6-9 novembre Cesaroni G, Forastiere F, Perucci CA. Are cesarean deliveries more likely for poorly educated parents? A brief report from Italy. Birth 2008; 35: Cesaroni G, Agabiti N, Forastiere F, Perucci CA.Socioeconomic differences in stroke incidence and prognosis under a universal healthcare system. Stroke2009; 40: Ciccone G, Lorenzoni L, Ivaldi C, Ciccarelli E, Piobbici M, Arione R. Social class, mode of admission, severity of illness and hospital mortality: an analysis with "All patient refined DRG" of discharges from the Molinette hospital in Turin. EpidemiolPrev 1999; 23: Ciccone G, Magnani C, Delsedime L, Vineis P. Socioeconomic status and survival from soft-tissue sarcomas: a population-based study in northern Italy. Am J Public Health 1991; 81: Colais P, Agabiti N, Fusco D, Pinnarelli L, Sorge C, Perucci CA, Davoli M. Inequality in 30-day mortality and the wait for surgery after hip fracture: the impact of the regional health care evaluation program in Lazio (Italy).Int J Qual Health Care. 2013; 25: Di Rocco S, Doglia M. La performance del sistema sanitario: l equità. In: CEIS - Fondazione Economia, Università di Roma Tor Vergata. Rapporto - Sanità Sanità e sviluppo economico. pp Di Napoli A, Di Lallo D, Valle S, Chicca S, Giarrizzo ML per il Registro Dialisi del Lazio. XXXII Congresso Associazione Italiana di Epidemiologia. Milano, ottobre 2008 Faggiano F, Zanetti R, Rosso S, Costa G. Social differences in cancer incidence, fatality, and mortality in Turin. EpidemiolPrev 1999; 23: Fano V, Pezzotti P, Gnavi R, Bontempi K, Miceli M, Pagnozzi E, Giarrizzo ML, Fortino A. The role of socio-economic factors on prevalence and health outcomes of persons with diabetes in Rome, Italy.Eur J Public Health Jan 9 Fontana V, Decensi A, Orengo MA, Parodi S, Torrisi R, Puntoni R. Socioeconomic status and survival of gastric cancer patients. Eur J Cancer 1998; 34: Giorda C, Petrelli A, Gnavi R and the Regional Board for Diabetes Care ofpiemonte. The impact of second-level specialised care on hospitalisation among persons with diabetes: a multilevel population based study. Diabetic Medicine 2006; 23: Giorda C, Picariello R, Nada E, Tartaglino B, Marafetti L, Costa G, Petrelli A, Gnavi R. Is integrated type 2 diabetes care more expensive than unstructured care? Comparison of direct 4-year costs of type 2 diabetes care: different care models with different outcomes.submitted todiabetes Care Giordano L. I programmi di screening dei tumori. In: Dai dati alle politiche: La salute degli immigrati in Emilia-Romagna e a Reggio Emilia, 25 ottobre Disponibile su: 171

182 Il ruolo della sanità nella generazione o moderazione delle disuguagilanze Gnavi R, Petrelli A, Demaria M, Spadea T, Carta Q, Costa G. Mortality and educational level among diabetic and non-diabetic people in the Turin Longitudinal Study: a 9 year follow-up. Int J Epidemiol 2004;33: Gnavi R, Spadea T, Onorati R, Petrelli A, Costa G. Differenze sociali nell accesso a procedure invasive coronariche in soggetti con primo infarto miocardico acuto a Torino. Atti del XXX Congresso dell Associazione Italiana di Epidemiologia; Palermo, 4-6 ottobre 2006 Gnavi R, Migliardi A, Demaria M, Petrelli A, Caprioglio A, Costa G. Statins prescribing for the secondary prevention of ischaemic heart disease in Torino, Italy. A case of ageism and social inequalities.eur J Public Health 2007; 17: Gnavi R, Picariello R, Karaghiosoff L, Costa G, Giorda C. Determinants of quality in diabetes care process: the population based Torino study. Diabetes Care 2009; 32: Gnavi R, Canova C, Picariello R, Tessari R, Giorda C, Simonato L, Costa G. Mortality, incidence of cardiovascular diseases, and educational level among the diabetic and non-diabetic populations in two large Italian cities. Diabetes Res ClinPract 2011; 92: Kirchmayer U, Agabiti N, Belleudi V, Davoli M, Fusco D, Stafoggia M, Arca` M, Barone AP, Perucci CA. Socio-demographic differences in adherence to evidence based drug therapy after hospital discharge from acute myocardial infarction: a population-based cohort study in Rome, Italy. Journal of ClinicalPharmacy and Therapeutics2012; 37: Landriscina T, Spadea T, Bologna E, Costa G. Le disuguaglianze sociali nell accesso agli screening per i tumori femminili. In: Osservatorio Nazionale sulla salute nelle regioni italiane. Rapporto Osservasalute Stato di salute e qualità dell assistenza nelle regioni italiane. Milano, PrexSpA, 2007: Louwman WJ, van de Poll-Franse LV, Fracheboud J et al. Impact of a programme of mass mammography screening for breast cancer on socio-economic variation in survival: a population-based study. BreastCancer Res Treat2007; 105: Materia E, Spadea T, Rossi L, Cesaroni G, Arcà M, Percucci CA. Diseguaglianze nell assistenza sanitaria: ospedalizzazione e posizione socio-economica a Roma. EpidemiolPrev 1999; 23: Materia E, Rossi L, Spadea T, Cacciani L, Baglio G, Cesaroni G, Arcà M, Perucci CA. Hysterectomy and socioeconomic position in Rome, Italy. J Epidemiol Community Health 2002; 56: Mayer F, Bargagli AM, Belleudi V, Agabiti N, Fusco D, Pinnarelli L, Kirchmayer U, Di Martino M, Cascini S, Davoli M. Socio-economic position and appropriate antiplatelet therapy after Percutaneous Coronary Intervention: a population-based cohort study in Rome, Italy. Submitted to EpidemiolPrev Miceli M, Di Lallo D, Perucci CA. e il gruppo Registro Dialisi Regione Lazio. Dialysis Register of Lazio Region. Absence of economic barriers does not reduce disparities in the access to renal transplantation: a population based study in a region of central Italy. J Epidemiol Community Health. 2000; 54: Mondo L, Costa G. Vaccinazioni raccomandate: le disuguaglianze sociali. In: Osservatorio Nazionale sulla salute nelle regioni italiane. Rapporto Osservasalute Stato di salute e qualità dell assistenza nelle regioni italiane. Milano, PrexSpA, 2007:

183 Capitolo 6 Pacelli B, Carretta E, Spadea T, Caranci N, Di Felice E, Stivanello E, Cavuto S, Cisbani L, Candela S, De Palma R, Fantini MP. Does breast cancer screening level health inequalities out? A population-based study in an Italian region. Eu J Public Health 2013 Sep 5. [Epub ahead of print]. doi: /eurpub/ckt119. Pagano E, Filippini C, Di Cuonzo D, Ruffini E, Zanetti R, Rosso S, Bertetto O, Merletti F, Ciccone G. Factors affecting pattern of care and survival in a population-based cohort of non-small-cell lung cancer incident cases. Cancer Epidemiology 2010; 34: Palència L, Espelt A, Rodríguez-Sanz M, Puigpinós R, Pons-Vigués M, Pasarín MI, Spadea T, Kunst AE, Borrell C. Socio-economic inequalities in breast and cervical cancer screening practices in Europe: influence of the type of screening program.int J Epidemiol 2010; 39: Passi (AA. VV.). Diseguaglianze sociali e salute. Rapporto nazionale Roma, Picariello R, Giorda C, Costa G, Gnavi R. Modelli assistenziali, aderenza a linee guida ed equità negli esiti del diabete. Atti del XXXVI Congresso Annuale dell Associazione Italiana di Epidemiologia: p. 11; Bari, ottobre EpidemiolPrev 2012; 36suppl 5:11 Picciotto S, Forastiere F, Stafoggia M, D Ippoliti D, Ancona C, Perucci CA. Associations of area based deprivation status and individual educational attainment with incidence, treatment, and prognosis of first coronary event in Rome, Italy. J Epidemiol Community Health 2006; 60:37 43 Pirani M, Schifano P, Agabiti A, Davoli M,Caranci N, Perucci CA.Ospedalizzazione potenzialmente evitabile nella città di Bologna, : andamento temporale e differenze per livello di reddito.epidemiolprev 2006; 30: Ponti A, Mano MP, Tomatis M, Baiocchi D, Barca A, Berti R, et al. Il progetto SQTM sulla qualità di diagnosi e terapia entro i programmi di screening in Italia: risultati Audit system on quality of breast cancer diagnosis and treatment: results of quality indicators on screen-detected lesions in Italy, EpidemiolPrev2012; 36 suppl 1: Puliti D, Miccinesi G, Manneschi G et al. Does an organised screening programme reduce the inequalities in breast cancer survival? AnnOncol2012; 23: Rosato R, Sacerdote C, Pagano E, Di Cuonzo D, Baldi I, Bordon R, Ponti A, Bertetto O, Segnan N, Merletti F, Vineis P, Ciccone G. Appropriateness of early breast cancer management in relation to patient and hospital characteristics: a population based study in Northern Italy. Breast CancerRes Treat 2009;117: Rosso S, Faggiano F, Zanetti R, Costa G. Social class and cancer survival in Turin, Italy. J Epidemiol Community Health 1997; 51: Sabbadini LL, Gargiulo L, Sebastiani G. Condizioni di salute, fattori di rischio e ricorso ai servizi sanitari. Anno Roma, Istat, Nota per la stampa, 2 marzo Sacerdote C, Baldi I, Bertetto O, Dicuonzo D, Farina E, Pagano E, Rosato R, Senore C, Merletti F, Ciccone G. Hospital factors and patient characteristics in the treatment of colorectal cancer: a population based study. BMC Public Health2012;12:

184 Il ruolo della sanità nella generazione o moderazione delle disuguagilanze Sebastiani G, Iannucci L. Gravidanza, parto, allattamento al seno, Anni Roma, Istat, Statistiche in breve, 5 giugno Sebastiani G, Tinto A, Iannucci L. Il ricorso alle cure odontoiatriche e la salute dei denti in Italia, Anno Roma, Istat, Statistiche in breve, 9 dicembre Spadea T. La prevenzione primaria e la diagnosi precoce. In: Costa G, Spadea T. Cardano M (a cura di). Diseguaglianze di Salute in Italia. EpidemiolPrev 2004, 28 (Suppl 3): Spadea T, Zengarini N, Costa G. Disuguaglianze sociali e geografiche. In: Ferrando A, Pagano E, Galassi C, Ciccone G, Segnan N, Merletti F (a cura di). Relazione sanitaria sull oncologia in Piemonte: aspetti epidemiologici. Relazione 2005/06. CPO Piemonte, Torino, 2007: Spadea T, Bellini S, Kunst A, Stirbu I, Costa G. The impact of interventions to improve attendance in female cancer screening among lower socioeconomic groups: A review. Prev Med 2010; 50: Spadea T, Picariello R, Gnavi R. Contributo U.O. ASL TO3 in: Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (coordinatore scientifico Cislaghi C) Back to Beveridge? The introduction of new technologies and its impact on equity of access to healthcare (the Beverdige Project), Relazione finale, 2011: Vineis P, Fornero G, Magnino A, Giacometti R, Ciccone G. Diagnostic delay, clinical stage, and social class: a hospital based study. J Epidemiol Community Health 1993; 47: WHO - Health Impact Assessment (HIA) The determinants of health. avalilable at: Zengarini N, Spadea T, Ponti A, Tomatis M, Casella D, Mano MP, Segnan N, Costa G. Equità nel percorso assistenziale del tumore della mammella. XXXV Congresso Annuale dell Associazione Italiana di Epidemiologia,Torino, 7-9 novembre Disponibile su: presentazioni/sessioni_parallele-9_novembre_2011/zengarini_aie_2011.pdf 174

185 Capitolo 7 UN SISTEMA PER IL MONITORAGGIO DELLE DISUGUAGLIANZE DI SALUTE E PER LA VALUTAZIONE DELLE AZIONI DI CONTRASTO Introduzione La costruzione di dati capaci di informare sul grado di equità nei livelli di salute e di uso dei servizi sanitari dovrebbe accompagnare ogni intervento di contrasto delle disuguaglianze, dal momento della sua progettazione a quello della sua realizzazione e valutazione. I capitoli precedenti hanno messo in evidenza come le disuguaglianze di salute siano pervasive e possano nascere in ogni snodo del funzionamento della società. Questo fa sì che ogni strategia di moderazione delle disuguaglianze di salute deve contare sulla collaborazione di tutti gli attori che devono poter fare la loro parte nel individuare e correggere i meccanismi di generazione che sono sotto la loro responsabilità diretta o di pressione. Per questo scopo però occorre che ogni attore sia messo nelle condizioni di scrutinare il contesto e le azioni in modo da identificare correggere e valutare le potenziali disuguaglianze di salute che risultano evitabili grazie al suo intervento. Prerequisito indispensabile è dunque che ogni attore abbia a disposizione adeguate informazioni sulla distribuzione sociale dei problemi di salute e delle conseguenze delle azioni di contrasto. Scopo di questo capitolo è di esaminare quanto i sistemi informativi sanitari e statistici in Italia negli anni Duemila siano adeguati a questo bisogno informativo. Questa esigenza informativa può essere soddisfatta a due livelli di dettaglio, uno più approssimativo utile per scandagliare le implicazioni per le disuguaglianze di salute di ogni azione sociale, e uno più approfondito per identificare con precisione meccanismi e responsabilità. Il capitolo si limita a dare risposta alla prima esigenza conoscitiva, che potrebbe essere ridotta a questa semplice domanda: sono disponibili in ogni sistema informativo sanitario o statistico adeguate covariate sociali che permettano di descrivere la posizione sociale delle persone e dei contesti in modo tale da poter identificare variazioni sociali nella distribuzione dei fattori di rischio, dei disturbi e delle malattie e dei loro esiti, questo su tutto il territorio nazionale ad ogni livello geografico rilevante per le azioni di contrasto? Solo a questa condizione in Italia ogni attore sarà facilitato nell esercizio della sua responsabilità di fare equity audit delle azioni di sua responsabilità. Vedremo come già questa semplice necessità informativa non sia ancora così facilmente esaudibile in Italia negli anni Le fonti disponibili in Italia per monitorare le variazioni sociali nella salute Nel 2008 il rapporto finale della Commissione sui Determinanti Sociali di Salute OMS proponeva tre raccomandazioni portanti, la terza delle quali è misurare ed analizzare le disuguaglianze di salute e verificare l impatto delle politiche e delle azioni. Un sistema di sorveglianza sull equità richiede un adeguata messa a fuoco del ruolo dei determinanti sociali 1 Capitolo a cura di Nicola Caranci e Barbara Pacelli (Agenzia regionale per i servizi sanitari, Regione Toscana) e Andrea Ranzi (ARPA Regione Emilia Romagna) 175

186 Un sistema per il monitoraggio delle disuguaglianze e la valutazione delle azioni di contrasto nelle azioni di sanità pubblica ad ogni livello geografico. La figura 1 ripresa dalla Marmot Review britannica mostra le differenze nella speranza di vita, complessiva e libera da disabilità (DFLE) tra livelli di reddito in Inghilterra a livello di ognuno delle migliaia di quartieri (Marmot et al. 2010, fig.1), ed è un buon esempio di un sistema informativo sanitario e statistico in grado di monitorare fenomeni di salute in tutto il paese con una granularità geografica abbastanza fine da soddisfare le principali esigenze conoscitive di screening delle disuguaglianze di salute. Figura 1 Differenziali di speranza di vita, complessiva e libera da disabilità (DFLE) tra livelli di reddito in Inghilterra Di seguito verranno passate in rassegna le principali fonti informative disponibili in Italia per lo scopo di monitoraggio delle variazioni sociali di salute: i nuovi sistemi informativi sanitari (NSIS) e i sistemi informativi statistici (SISTAN); altre fonti informative accessorie (dati di fonte INPS o INAIL) verranno richiamate di volta in volta nel testo. Il paragrafo si concluderà identificando una serie di punti critici per il miglioramento delle capacità di monitoraggio delle variazioni sociali di salute in Italia, che verranno analizzati in dettaglio nei paragrafi successivi. I sistemi inclusi in NSIS disponibili in Italia costituiscono un ampia riserva di dati raccolti in modo sistematico e corrente, per scopi prevalentemente amministrativi o gestionali, e riguardanti fenomeni rilevanti per la salute e per l uso dei servizi. Nonostante la loro missione prevalente di misura dell uso dei servizi sanitari essi possono di riflesso offrire una buona stima del bisogno di salute, in tutti i casi in cui il bisogno si traduca in una domanda di servizi, seppur con problemi di completezza e accuratezza che dipendono dallo scopo non statistico ed epidemiologico della fonte informativa. Negli ultimi anni si è gradualmente ampliato lo sfruttamento in termini epidemiologici di questi sistemi di NSIS, con applicazioni che sono andate sotto il nome di epidemiologia dei sistemi informativi. I sistemi compresi in SISTAN hanno il vantaggio di essere 176

187 Capitolo 7 più esplicitamente finalizzati alla misura di fenomeni di salute o di uso dei servizi con propositi conoscitivi e quindi di garantire completezza e accuratezza certificate, seppur in modo spesso campionario; lo svantaggio rispetto a NSIS è che per ragioni di efficienza e costo essi non permettono di raggiungere la granularità geografica e temporale garantita dai sistemi di NSIS. Gli archivi correnti di NSIS e di SISTAN offrono spesso la possibilità di stimare con adeguata accuratezza i numeratori delle misure epidemiologiche (es.: numero assoluto di decessi o di ricovero in un anno, per sesso e classe di età). I denominatori (es.: popolazioni residenti da cui derivano i decessi o i ricoveri) di solito sono desumibili da altre fonti. Nella tradizione del nostro Paese, le principali fonti di dati sulle popolazioni sono costituite dalle Anagrafi comunali e dal Censimento della popolazione e delle abitazioni. Le prime sono aggiornate di continuo con i movimenti della popolazione ufficialmente residente, vale a dire con le iscrizioni e cancellazioni per nascita/morte (componente naturale) e per immigrazione/emigrazione (componente migratoria). Essendo affette dalla non perfetta efficienza nella registrazione, i Censimenti svolti ogni 10 anni vengono utilizzati per correggere i contingenti di popolazione e dar conto della popolazione legale. Le Anagrafi comunali costituiscono tutt oggi il principale snodo di informazioni sulle popolazioni. I circa comuni italiani usano sistemi di registrazione ed archiviazione eterogenei, e molti hanno implementato archivi informatici già da prima degli anni Con essi si alimentano le basi delle anagrafi delle Aziende Unità Sanitarie Locali, che talvolta sono collezionate anche ad un livello regionale. Nell ambito dell assistenza sanitaria, poi, gli archivi sono organizzati per assolvere ad altre funzioni, come avviene con l archiviazione della popolazione presente che sceglie il medico di medicina generale in un comune diverso da quello di residenza oppure con l eventuale memorizzazione dei contatti con i Sistema Sanitario regionali per la richiesta di una prestazione (come può avvenire in un accesso al Pronto Soccorso in una zona lontana da quella di residenza). L integrazione dei sistemi per il computo delle misure epidemiologiche può avvenire in una forma più ecologica e trasversale (come accade nel calcolo dei tassi annui di mortalità sulla popolazione media) oppure più analitica e potenzialmente longitudinale (come accade nella costruzioni di coorti, seguite nel tempo dove si computa il tempo/persona di ciascun soggetto al denominatore delle misure di occorrenza degli eventi sanitari, che andranno a numeratore). L approccio su base individuale (più spesso longitudinale) garantisce stime più valide delle variazioni nelle misure epidemiologiche, tutte le volte che l informazione sulla covariata viene rilevata solo in una delle due fonti o con caratteristiche di accuratezza variabili tra le fonti; questa soluzione però richiede che sia possibile l integrazione dei dati a livello individuale. L integrazione tra archivi anagrafici o di censimento e archivi sanitari di popolazione non è un operazione fattibile sempre ed ovunque, sia per ragioni di riservatezza dei dati personali, sia per limiti del disegno dei sistemi informativi stessi. Esistono Paesi in cui i flussi di dati sono disegnati e predisposti per essere integrati alla fonte, come avviene ad esempio in Svezia, dove esiste un numero identificativo personale applicato in tutte le registrazioni, sia amministrative che statistiche, e dove la protezione della riservatezza viene regolata in sede di accesso e uso dei dati. 177

188 Un sistema per il monitoraggio delle disuguaglianze e la valutazione delle azioni di contrasto Nel caso dello studio delle variazioni sociali nelle misure epidemiologiche occorre disporre di dati sulla posizione sociale, o di altri indicatori di vulnerabilità sociale come l area di provenienza per gli immigrati (d ora in poi definiti per semplicità covariate ). Quasi mai i sistemi informativi che misurano i fenomeni sanitari (NSIS) dispongono di adeguate misure delle covariate sociali, dunque quasi sempre bisogna ricorrere all integrazione con altre fonti informative che dispongono del dato. La strada più diretta e coerente per l acquisizione dei dati sulle covariate sarebbe quella di attingerla dagli archivi che compongono i denominatori e propagarla agli archivi che forniscono i numeratori, in modo da avere un identica informazione sulla covariata per i casi che verranno contati a numeratore ed una maggiore efficienza del sistema, che dovrà rilevare l informazione una volta sola e potrà propagarla a tutti gli archivi di interesse epidemiologico e di sorveglianza. Per questo scopo la migliore fonte informativa per le covariate è data dal Censimento, che rileva con cadenza decennale le condizioni degli individui (livello d istruzione, condizione occupazionale e posizione nella professione, stato civile, etc.), e delle famiglie e abitazioni (composizione familiare, affollamento abitativo, tipologia dell abitazione, etc.) (Caranci et al. 2011). Analoga funzione può svolgere l Anagrafe Tributaria per quanto riguarda le covariate di reddito dichiarato. Una strada alternativa sarebbe data dalla rilevazione diretta della covariata nella fonte informativa sanitaria di NSIS. In tali casi non sarebbe garantito che l accuratezza di rilevazione della covariata sia comparabile a quella assicurata dalla fonte utilizzata per il denominatore, ma sono disponibili esempi in cui la soluzione è risultata un accettabile compromesso funzionale, come è avvenuto in alcune regioni nel caso delle Schede di Dimissione Ospedaliere (SDO, nelle regioni in cui si rilevi con un adeguato livello di completezza l ultimo titolo di studio conseguito) o come avviene per tutte le regioni tramite il Certificato di Assistenza la Parto (CedAP, in cui sono disponibili titolo di studio di madre e padre, oltre che condizione occupazionale, stato civile, etc.). Invece per quanto riguarda l origine geografica da molti anni in buona parte dei flussi di NSIS sono rilevate le variabili contenenti il paese di nascita e la cittadinanza del soggetto che ha avuto un contatto con il SSN. Molte informazioni sulla salute e sull uso dei servizi non sono trattate dai flussi di dati correnti organizzati in NSIS. Per rilevarle sono attive indagini campionarie volte a misurare la salute autopercepita e dichiarata in risposta ad un questionario, insieme ad altre informazioni su comportamenti e stili di vita, oltre che sull uso dei servizi. Il principale esempio è costituito dal sistema di indagini multiscopo Istat sulle condizioni di vita delle famiglie, che comprende una indagine speciale sulla salute e il ricorso ai servizi sanitari, condotta con periodicità circa quinquennale e rappresentativa ad un livello regionale e, dal 2000 anche a livello subregionale. Complementari alle indagini multiscopo sono le indagine condotte per scopo di sorveglianza dalle Regioni e dal CNESPS, di cui il Sistema di Sorveglianza PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) è il principale esempio, in grado di indagare conoscenze, comportamenti e salute di un campione rappresentativo degli adulti di un territorio che comprende quasi il 90% della popolazione italiana, con rilevazioni periodiche ravvicinate. Le indagini campionarie colmano le principali lacune conoscitive sulle variazioni sociali nella salute, rilevando in contemporanea in modo trasversale il dato sulla salute e quello sulla 178

189 Capitolo 7 covariata in un campione di popolazione. Per la sua natura trasversale queste indagini possono stimare solo le misure epidemiologiche di prevalenza (e le loro variazioni sociali) e non quelle di incidenza. Per ottenere stime di incidenza occorre seguire nel tempo gli individui del campione per osservare l insorgenza degli eventi che si desidera studiare. Questo è accaduto innestando un approccio di studio longitudinale sulle indagini speciali multiscopo Istat sulla salute, a partire dall Indagine del (Marinacci 2013). Gli intervistati, e le informazioni ad essi relative nel momento dell intervista, costituiscono la base per una coorte di soggetti, arruolata e seguita nel tempo tramite gli archivi di dati sanitari correnti (nel caso specifico la mortalità e le dimissioni ospedaliere). Un sistema longitudinale di questo tipo incorpora informazioni sulla popolazione, sulle covariate sociali, sulla salute di partenza e su quali eventi sanitari sperimentano nel tempo, con un ampia rappresentatività del contesto italiano. Un altro sistema su base campionaria, che integra dati da flussi correnti è Whip-Salute 2, una banca dati di storie lavorative individuali relativa a un campione rappresentativo della popolazione attiva e pensionata del settore privato di dimensioni ragguardevoli (7,5% della popolazione sorgente), costruita a partire dagli archivi gestionali dell'inps, a cui sono state agganciate informazioni di eventi di salute accaduti negli anni successivi (infortuni sul lavoro, malattie professionali, ricoveri, stato in vita) (Bena et al. 2013). Naturalmente il limite principale degli studi su base campionaria rispetto alla fonte informativa di NSIS è dato dalla dimensione dello studio campionario, che non potendo avere dimensioni ampie per via dei costi di una rilevazione ad hoc, non può assicurare quella granularità geografica fine che gli obiettivi di equity audit potrebbero richiedere. A questa esigenza hanno risposto alcune esperienze metropolitane, le quali, partendo dalla necessità di sottomettere ad equity audit le situazioni e le azioni locali, hanno costruito appositi sistemi integrati di osservazione delle variazioni sociali di salute nell intera popolazione, i cosiddetti Studi Longitudinali metropolitani, in cui vengono seguite nel tempo le coorti dei residenti censite al censimento di popolazione nel comune, mettendo in relazione gli esiti di salute accaduti con le covariate tratte dal censimento (Costa, 1988). Agli approcci incentrati sul dato di posizione sociale a livello individuale bisogna aggiungere gli approcci che usano dati di posizione sociale di contesto, cioè riferiti ad un aggregato di taglia appropriata per il contesto che si vuole descrivere. Questa soluzione può essere necessaria sia perché l informazione di interesse è veramente quella relativa alle caratteristiche sociali del contesto di vita (ad esempio il fatto di vivere in un quartiere mediamente più povero o più ricco), oppure perché la covariata sociale a livello di aggregato è più facilmente disponibile che non quella a livello individuale (nel caso che nessuna delle soluzioni precedentemente indicate sia disponibile) e quindi bisogna ricorrere alla covariata di aggregato come proxy della covariata individuale. Anche nel caso delle covariate a livello di aggregato si pone il problema di integrazione di informazione tra i sistemi informativi; infatti il dato sulla covariata di aggregato non è mai disponibile direttamente nelle fonti informative che forniscono il denominatore e il numeratore delle misure epidemiologiche, occorre creare il dato con la sua fonte informativa diretta (censimento o anagrafe tributaria ad esempio) e poi propagarlo alle fonti informative del

190 Un sistema per il monitoraggio delle disuguaglianze e la valutazione delle azioni di contrasto denominatore e numeratore della misura epidemiologica (NSIS e SISTAN) attraverso il dato dell aggregato a cui si riferisce la covariata (regione, provincia, comune, quartiere, sezione di censimento 3 di residenza). Per effettuare questo collegamento tra dati individuali e dati aggregati, basterebbe conoscere per ogni record (ad es. l iscritto all anagrafe sanitaria degli assistiti, il ricoverato, il deceduto ) il proprio aggregato geografico di residenza, dato che di solito è disponibile per la regine, provincia e comune di residenza, mentre non lo è per la sezione di censimento. Eppure spesso è proprio l aggregato più piccolo quello che descrive meglio il contesto sociale in cui vive il soggetto. In questi casi si rende necessario acquisire il dato per via indiretta. Le soluzioni possibili, a riguardo, sono principalmente di due tipi: attribuzione tramite anagrafi comunali (con procedure di record linkage) oppure tramite georeferenziazione 4 (Sabatti 1999, CoGIS 2009). Alla luce dei limiti e delle potenzialità rivelate dalle diverse soluzioni messe in campo nelle esperienze citate, il capitolo proseguirà proponendo un possibile percorso di adeguamento delle capacità dei sistemi informativi italiani di misurare le disuguaglianze di salute in modo capillare su tutto il territorio italiano. In questo percorso l'esperienza dei sistemi anagrafici che registrino o recuperino il dato di posizione sociale e che siano integrati con quelli sanitari via record linkage (RL), viene ritenuta la soluzione più valida ed efficiente, ma sarà trattata solo in relazione a studi locali (del tipo Studi Longitudinali multi-metropolitani) per ragioni di fattibilità. Qualora il contesto normativo ed operativo consentisse in modo sufficientemente flessibile il RL tra le fonti su una scala più ampia di quella del singolo comune e della singola anagrafe, allora converrebbe, anche in termini di qualità dei risultati, investire ulteriormente sulle fonti dove la posizione sociale viene rilevata meglio (anagrafe e censimento), per propagarla a quelle con informazioni sanitarie. In mancanza/attesa di questa soluzione, l alternativa è che si rilevi appositamente il dato sulla posizione sociale nella fonte sanitaria, come accade nella scheda di dimissione (SDO) con il livello d'istruzione seppure con severi problemi di completezza e accuratezza, o nel certificato di assistenza alla gravidanza e al parto (CedAP) con i dati di posizione sociale dei genitori. Quando nemmeno questa soluzione fosse disponibile rimane solo l applicazione alla fonte sanitaria del dato sulla covariata sociale dell aggregato di residenza ricorrendo a sistemi informativi geografici e tecniche di georeferenziazione per la contemporanea analisi dell informazione su base spaziale. Naturalmente nel caso che non sia indispensabile monitorare le disuguaglianze sociali di salute a livello capillare nello spazio e nel tempo, ma ci si possa accontentare di una valutazione temporale periodica e su scala nazionale o al più regionale, allora il ricorso alle indagini campionarie trasversali e longitudinali presenta il massimo di validità ed efficienza. 3 Solo l aggregato geografico più piccolo tra quelli utilizzati in ambito italiano, esse contengono mediamente circa 200 soggetti 4 Quest'ultima tecnica ha come prerequisito la conoscenza degli indirizzi per definire la posizione geografica dei casi e la disponibilità di strumenti per georiferire i dati, vale a dire rintracciarli in uno stradario in cui siano presenti gli stessi indirizzi, reperire le coordinate di latitudine e longitudine dei ogni indirizzo e collocare i punti in una mappa. In tal modo è possibile proiettare i punti ottenuti su una mappa delle sezioni di censimento e cercarne l intersezione con i poligoni che disegnano i confini di ogni piccola area. Rintracciate le intersezioni, si arriva a disporre dell informazione sull area (sezione di censimento), di cui si conosce già la posizione sociale. In aree non urbane può risultare sufficiente usare dati relativi al comune, informazione questa generalmente presente in tutti gli archivi di dati correnti. 180

191 Capitolo 7 Nei paragrafi che seguono tutte queste soluzioni verranno illustrate e discusse in dettaglio nel seguente ordine: 1. quando i dati sulle covariate sociali sono rilevati nella fonte del numeratore a. rilevazione della posizione sociale nei flussi SDO, CedAP e FAR (pazienti assistiti in strutture residenziali e semiresidenziali) b. rilevazione di informazioni per identificare la popolazione immigrata nei NSIS c. costruzione di coorti di nati 2. quando i dati sulle covariate sociali sono rilevati da indagini o sistemi di sorveglianza campionari che sono la fonte sia del numeratore che del denominatore: a. Multiscopo Istat (Salute e uso dei servizi), PASSI, EU-SILC - European Union Statistics on Income and Living Conditions b. costruzione di studi longitudinali campionari (Multiscopo e WHIP salute) 3. quando i dati sulle covariate sociali sono integrati via record linkage con le fonti sanitarie negli studi longitudinali di popolazione: la rete degli studi longitudinali, su scala nazionale o multi-metropolitana e gli indicatori individuali di posizione sociale 4. quando i dati sulle covariate sociali sono relativi all aggregato: indicatore di reddito e indice di deprivazione a. costruzione (dai dati di altre fonti statistiche agli indicatori) b. attribuzione delle covariate su aggregati geografici: tecniche di georeferenziazione Quando i dati sulle covariate sociali sono rilevati nella fonte del numeratore Rilevazione della posizione sociale nei flussi CedAP, SDO, FAR I flussi di dati regolamentati a livello nazionale e con una raccolta sistematica e standardizzata, come quelli definiti dal Ministero della Salute, rilevano in modo diffuso le informazioni sulla provenienza geografica e meno spesso le informazioni sulla posizione sociale. Alcuni flussi costituiscono un'eccezione; a titolo esemplificativo della resa di questa soluzionesi darà conto di due di questi (SDO, CedAP) e un accenno ad altri due (FAR, Salute Mentale Adulti). Il contenuto del flusso di dati sulle schede di dimissioni ospedaliere (SDO) è definito dal Ministero della Sanità tramite il Decreto 27 ottobre 2000, n. 380, recante il regolamento per l'aggiornamento della disciplina del flusso informativo sui dimessi dagli istituti di ricovero pubblici e privati (G.U. Serie Generale, n. 295 del 19 dicembre 2000). L'articolo 1, al punto 6 bis. stabilisce che tra le informazioni da rilevare ci sia anche il livello d'istruzione, codificato in 5 modalità. Tuttavia la compilazione dell'informazione è facoltativa e incompleta; nel 2011 a livello nazionale la distribuzione presenta ancora delle criticità. Tabella 1. Frequenza Percentuale Licenza elementare o nessun titolo % Diploma scuola media inferiore % Diploma scuola media superiore % Diploma universitario o laurea breve % Laurea % 181

192 Un sistema per il monitoraggio delle disuguaglianze e la valutazione delle azioni di contrasto Altri valori % Mancante % Fonte: Ministero della Salute, Direzione Generale della Programmazione Sanitaria, Ufficio VI. Elaborazione banca dati SDO In qualche caso non è possibile chiedere l'informazione al paziente (oppure il contesto non permette una rilevazione accurata, come si può ipotizzare se il ricovero avviene in regime d'urgenza) o la richiesta non è utile e pertinente, perché il soggetto è in età in cui non ha ancora maturato nessun titolo. In alcune regioni italiane il livello d'istruzione è stato registrato con migliore completezza, come avvenuto in Piemonte, in particolare a seguito dell aggiornamento della normativa. La percentuale di dati mancanti, è scesa dal 24,3% del 1999 al 14,2% nel , anche se successivamente è tornata a peggiorare 6, fin ad arrivare ad un commendevole livello di 36,6% nel Data l alta frequenza di ricoveri, soprattutto in alcune fasce di popolazione, la ricerca del dato sul titolo di studio su almeno uno dei ricoveri dello stesso soggetto permette di migliorare questa percentuale di insuccesso, caratterizzando così la posizione sociale di un alto numero di eventi. La qualità è variabile e può dipendere dal tipo di ricovero; l affidabilità è ipoteticamente migliore in ricoveri non acuti. Il caso del Certificato Di Assistenza al Parto (CedAP) è un caso più fortunato per gli scopi di rilevazione diretta del dato sulla covariata sociale. La rilevazione del dato avviene in una circostanza quasi sempre più favorevole rispetto alla compilazione della SDO; il questionario viene somministrato alla donna in seguito al parto, in condizioni di maggiore tranquillità rispetto a quella di un soggetto ospedalizzato, soprattutto se lo è per ricoveri acuti. Dall'inizio degli anni 2000, il flusso CedAP (DM 16 luglio 2001 n.349 "Modificazioni al certificato di assistenza al parto, per la rilevazione dei dati di sanità pubblica e statistici di base relativi agli eventi di nascita, alla natimortalità ed ai nati affetti da malformazioni") è la fonte più ricca a livello nazionale di informazioni sanitarie, epidemiologiche e socio-demografiche relative all'evento nascita. Sono qui acquisite Informazioni socio-demografiche sui genitori: età al parto, residenza, titolo di studio e condizione professionale di entrambi i genitori, oltre che il loro stato civile e la cittadinanza. Sono poi rilevate informazioni sulla gravidanza (fisiologica o patologica), sul parto e la relativa assistenza sanitaria e infine sulle condizioni del neonato (Boldrini et al. 2012). La compresenza delle informazioni su gravidanza, stato del neonato e delle informazioni sulla famiglia di provenienza, con livelli di completezza delle variabili che le rilevano tendenzialmente superiori al 90% (AA. VV. 2008), consente di stimare misure epidemiologiche di occorrenza ed associazione relativamente alla nascita e alle condizioni influenti. In tale circostanza, si dispone quindi contemporaneamente del dato sul denominatore (parti) e sul numeratore (esiti della gravidanza e del parto) delle misure epidemiologiche. E si ha anche l occasione di attivare analisi in un approccio life course, come nel caso di studi di coorti di nascita, oppure di analizzare come le differenti caratteristiche agiscano in contemporanea

193 Capitolo 7 Prevalenza di nati pretermine per titolo di studio e cittadinanza delle madri, Emilia-Romagna % 6% 6.3% 5.6% 7.4% 6.1% 7.5% 6.6% 4% Italiane Immigrate 2% 0% Laurea o Diploma Diploma inferiore Licenza elementare Per quanto riguarda gli altri archivi che contengono almeno un informazione sulla posizione sociale individuale dei soggetti che rientrano nella rilevazione, si segnalano altri due flussi informativi nazionali: - flusso informativo regionale FAR (Assistenza Residenziale e semi-residenziale per anziani), attivato anche a livello nazionale dal 2010 (D.M. 17/12/2008: "Istituzione della banca dati finalizzata alla rilevazione delle prestazioni residenziali e semiresidenziali"). Prevede informazioni su base individuale, con periodicità trimestrale, per la rilevazione dell'utenza e dei periodi di assistenza presso le strutture, al fine di garantire un monitoraggio periodico e strutturato dei percorsi assistenziali attivati a livello locale. Rileva, tra le altre variabili, il titolo di studio in 6 modalità; - salute mentale adulti, oggetto di un Accordo della Conferenza Stato Regioni (stipulato il 11/10/2001 su Il Sistema Informativo Nazionale per la Salute Mentale ), e che per ogni paziente prevede di rilevare il titolo di studio e la condizione occupazionale Rilevazione di informazioni per identificare la popolazione immigrata nei NSIS Come già anticipato, da molti anni in buona parte dei flussi di NSIS e altri flussi di dati correnti (es: INAIL, Sistemi di sorveglianza delle malattie infettive) sono rilevate le variabili contenenti il paese di nascita e/o la cittadinanza del soggetto che ha avuto un contatto con il SSN. Questo è un altro esempio in cui la covariata sociale è rilevata direttamente con i numeratori. Grazie alla presenza di tali variabili, si sono sviluppate varie esperienze di descrizione e monitoraggio della salute della popolazione immigrata,, dapprima in ambito di aziende sanitarie locali e poi estese a livello nazionale all interno di progetti e/o studi ad hoc (AA. VV. 2009a, Caritas 2012, Andreatta et al. 2013) permettono ad oggi di disporre di un'immagine del fenomeno migratorio, che in Italia si è sviluppato negli ultimi 20 anni. In tale ambito va superato lo scoglio della definizione operativa della popolazione in studio che è un aspetto metodologico cruciale: in ambito nazionale e internazionale esiste una forte eterogeneità nella definizione della popolazione immigrata, che rende difficile il confronto del 183

194 Un sistema per il monitoraggio delle disuguaglianze e la valutazione delle azioni di contrasto fenomeno migratorio tra regioni e tra paesi (Nielsen 2009, Cacciani 2010) 7 ; si tratta di valutare la possibilità di rintracciare in modo sufficientemente affidabile il cittadino immigrato nei flussi di dati demografici e sanitari, così da poter delineare e monitorare alcune rilevanti caratteristiche, bisogni di salute e accesso ai servizi della popolazione immigrata, mettendola a confronto con la popolazione autoctona. In Italia per la maggior parte dei dati correntemente raccolti per scopi amministrativi o di indagine è disponibile sia il paese di nascita che la cittadinanza, ma la variabile prevalentemente utilizzata è la cittadinanza. Ciò avviene per differenti motivi: 1) finché è in vigore lo ius sanguinis 8 l acquisizione della cittadinanza italiana è molto difficile, per cui nella gran maggioranza dei casi l immigrato mantiene la cittadinanza del paese d origine; 2) l Italia è stato storicamente un paese di emigrazione e quindi molti cittadini italiani sono nati all estero: il paese di nascita identificherebbe molti falsi immigrati ; 3) nei flussi informativi demografici e socio-sanitari non viene rilevata l appartenenza etnica ma, eventualmente il paese di nascita, la residenza e la cittadinanza. Per questi motivi, la metodologia usata dal gruppo di lavoro nazionale sulla salute della popolazione immigrata 9 basa la definizione della popolazione in studio sulla cittadinanza e sulla residenza, distinguendo i Paesi a forte pressione migratoria 10 da quelli a sviluppo avanzato 11, due gruppi considerati al loro interno tendenzialmente omogenei in termini di salute e bisogno di cure e assistenza. Per quanto riguarda il quadro demografico complessivo della popolazione immigrata le fonti correnti utili (anagrafi comunali, permessi di soggiorno, anagrafi assistiti) usate spesso per stimare i denominatori - si riferiscono alla popolazione regolarmente presente/residente, e il dato per sesso, età e cittadinanza (quest ultima necessaria per l identificazione della popolazione in studio con i criteri sopra citati) non è sempre disponibile, a meno dell utilizzo in alcune regioni o realtà territoriali di un anagrafe degli assistiti di buona qualità. La mancata disponibilità di dati che descrivano in modo affidabile la popolazione di riferimento per età, sesso e cittadinanza non rende possibile raffronti al netto della differente struttura per età delle due popolazioni in esame, pertanto alcune volte si deve rinunciare ai tassi per valutare il profilo 7 Grazie alle raccomandazioni internazionali sul Censimento della Popolazione, si stanno compiendo dei passi in avanti nell identificazione armonizzata della popolazione migrante. 8 Tuttavia in Italia si sta già ragionando sull opportunità di utilizzare una definizione più ampia del contingente di persone con background migratorio, in quanto le prime coorti di stranieri nati in Italia stanno progressivamente acquisendo la cittadinanza italiana. Inoltre in ambito politico è oggetto di dibattito che lo ius sanguinis venga abbandonato in favore dello ius soli. (Repubblica, febbraio 2003) /index.html?ref=search) 9 (1) Promozione della salute della popolazione immigrata in Italia, Accordo Ministero della salute/ccm - Regione Marche e coordinato dalla Regione Marche ;(2) La salute della popolazione immigrata: il monitoraggio da parte dei Sistemi sanitari regionali, AccordoMinistero della salute - AGENAS La classe dei Paesi a forte pressione migratoria contiene (fonte: Rapporto Sviluppo umano ): - Paesi in via di sviluppo; - Paesi a medio/basso reddito (classificazione Banca mondiale 1 luglio 2006 su reddito nazionale lordo pro capite); - Paesi dell'europa centrale e orientale e della Comunità degli Stati indipendenti (CSI); - Apolidi. 11 I Paesi a sviluppo avanzato sono definiti come Paesi a reddito elevato (secondo la classificazione della Banca mondiale) che non compaiono nelle liste dei Paesi dell'europa centrale e orientale e della CSI, o dei Paesi in via di sviluppo. Si fa presente che data la dinamicità dei fenomeni, la classificazione dei Paesi secondo questi parametri può variare nel tempo e per motivi di confrontabilità la lista dei Paesi fa riferimento alle fonti nell edizione citata. 184

195 Capitolo 7 di salute in questa fascia di popolazione. Per colmare questa lacuna, l Istat sta investendo nella produzione di dati per età, sesso e cittadinanza della popolazione residente. Per quel che riguarda invece la quota di popolazione immigrata irregolare presente nel nostro territorio, è solo possibile fare delle stime (Caritas 2012), motivo per cui la capacità di conoscere i bisogni di salute di un collettivo particolarmente fragile come il loro è fortemente limitata a misure grezze di frequenze di accesso al SSN. Per quanto riguarda le informazioni sui numeratori di possibili indicatori di salute nella popolazione immigrata, i principali flussi di dati utilizzati - sanitari (SDO, registri di mortalità, CeDAP, Sistemi di notifiche delle malattie infettive) e non (INAIL, che rileva il Paese di nascita e non quello di cittadinanza) - hanno raggiunto negli anni un buon livello di qualità e completezza delle covariate di provenienza geografica 12, pur persistendo qualche differenza tra le diverse regioni italiane. Ad esempio, il CeDAP contiene la cittadinanza della madre e del padre per cui è un flusso informativo utile anche per monitorare la popolazione immigrata. La cittadinanza di riferimento è spesso quella della madre, anche se alcuni approfondimenti sono stati effettuati considerando le informazioni di entrambi i genitori (AA. VV. 2009b). Per lo studio dei profili di salute e l utilizzo dei servizi della popolazione immigrata, vale ancora di più il limite informativo derivante dall utilizzo di flussi di dati correnti: questi sistemi di monitoraggio di fasce di popolazione svantaggiate non sono in grado di individuare i loro potenziali bisogni di assistenza e salute inespressi. Al netto di ciò, è possibile ricavare una descrizione dei principali aspetti del profilo di salute (cfr. cap. 3). Segue un esempio di elaborazione grafica tratta dalle SDO a livello nazionale: Spesa ricoveri PFPM residenti 3,3% PFPM non residenti 0,3% Numero ricoveri PFPM residenti 4,4% PFPM non residenti 0,4% PSA 96,4% PSA 95,2% PFPM: Paesi a Forte Pressione Migratoria PSA: Paesi a Sviluppo Avanzato Figura 1 Proporzione del numero di ricoveri e del valore tariffario per cittadinanza, anno 2010 (Fonte: SDO Italia, Ministero della Salute, elaborazione AGENAS) 12 La percentuale di SDO degli stranieri con campo cittadinanza vuoto o errato, a livello nazionale, è costantemente dello 0,1% negli anni A livello nazionale, nel 2008, i parti rilevati con il CedAP sono pari al 96,6% di quelli rilevati con le SDO ed il numero di nati vivi pari al 98,1% di quelli registrati presso le anagrafi comunali. Non è stata ancora studiata, a livello nazionale, la qualità della variabile cittadinanza. 185

196 Un sistema per il monitoraggio delle disuguaglianze e la valutazione delle azioni di contrasto L approccio di studio di profili di salute, attraverso la costruzione di un insieme di indicatori basati su NSIS, porta ad osservare che la popolazione immigrata è giovane e generalmente sana. Rispetto alla popolazione italiana ricorre in misura minore ai ricoveri ospedalieri, che in media sono meno onerosi, probabilmente anche a causa della minore gravità delle malattie e della minore durata di degenza (Figura 1). Il ricorso all ospedale è sostanzialmente da imputare a situazioni indifferibili come la gravidanza, il parto e le interruzioni volontarie della gravidanza o situazioni legate a peggiori condizioni sociali e lavorative (malattie infettive, infortuni sul lavoro, incidenti e traumatismi) Un esempio di costruzione di coorti di nati In presenza di sistemi capaci di individuare univocamente gli stessi soggetti in differenti archivi di dati correnti, si rendono fattibili sistemi per il monitoraggio di più esiti e di più fattori influenti. Ne è un esempio il Sistema informativo sanità e politiche sociali della Regione Emilia-Romagna, dove si è introdotto negli archivi contenenti dati sanitari un identificativo personale numerico anonimo, in sostituzione dei dati anagrafici, comune a tutte le banche dati. Per coloro titolati ad accedere ai dati di dettaglio, è possibile ricostruire ed analizzare i percorsi assistenziali nel tempo, come è stato realizzato per un analisi del rischio di ospedalizzazione e mortalità infantile, di cui segue un'esemplificazione. Nella scheda di rilevazione CedAP della Regione Emilia-Romagna, a partire dai dati 2007, è stato aggiunto rispetto al tracciato nazionale il riferimento al progressivo della Scheda di dimissione ospedaliera (SDO) di nascita (esclusi i casi di nato morto o nato a domicilio), che ha permesso il collegamento tra le due banche dati. La procedura di record linkage ha portato a collegare circa il 98% dei nati rilevati con le relative schede di dimissione ospedaliera di nascita. Dalla SDO di nascita, tramite il numero progressivo assegnato al paziente a livello regionale in sostituzione dei dati anagrafici, si è poi potuto risalire ad eventuali ulteriori SDO attribuibili agli stessi neonati nel primo anno di vita, oltre che alle eventuali schede di decesso infantile contenute nella banca dati delle cause di morte. Nell esperienza condotta nel 2012 (Baronciani et al. 2012), si è trascurato l ultimo anno disponibile (2011) con lo scopo di consentire un followup dei ricoveri del nato per un anno: Nuovi nati ricoveri Con tale approccio, si è potuto ad esempio osservare come tra i nati sani (a termine), ovvero quelli non ricoverati alla nascita per ragioni cliniche, la frequenza di almeno un ricovero nel primo anno di vita risulta maggiore nel caso di madri con cittadinanza non italiana (IRR: 1.17; IC 95%: ) e per le madri con scolarità medio bassa (IRR: 1.10; IC 95%: ). Se, in questa popolazione, si analizzano le diagnosi di ricovero, si evidenza che i nati da madri giovani (<25 anni), quelle con cittadinanza non italiana o con scolarità medio-bassa hanno un 186

197 Capitolo 7 maggior rischio di essere ricoverati nel primo anno di vita per patologie infettive respiratorie e gastrointestinali. I nati da donne con scolarità medio-bassa presentano anche un maggior rischio di ricovero per alcune cause endocrine e metaboliche Quando i dati sulla posizione sociale sono rilevati da indagini o sistemi di sorveglianza campionari che sono la fonte sia del numeratore che del denominatore Multiscopo Istat, PASSI, EU-SILC Le fonti sanitarie di NSIS registrano i contatti con e le prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale e acquisiscono così informazioni con un approccio oggettivo su tipo e data dell intervento e, a volte, diagnosi. Ma non sempre i bisogni di salute si traducono in domanda e fruizione di prestazioni; inoltre ci sono disturbi, comportamenti e condizioni influenti, oltre che aspetti soggettivi della salute, che non vengono rilevati con i dati delle fonti sanitarie su tutta la popolazione. Le indagini campionarie che interrogano direttamente l interessato (o suoi familiari) costituiscono un originale fonte di informazioni che da sola rileva dati su eventi sanitari e di tipo sociale. Il modello più diffuso in tutti i paesi è quello delle Health Interview Surveys (HIS), mediante le quali si rilevano direttamente dagli individui dati sullo stato di salute, gli stili di vita e il ricorso ai servizi sanitari.. In Italia il sistema di indagini multiscopo permette con la rilevazione annuale su circa famiglie di monitorare un sottoinsieme di questi dati sulla salute e periodicamente di misurare in modo analitico tutti gli indicatori tramite l indagine speciale su Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari. L indagine speciale è stata condotta dall Istat fin dal 1980, con una cadenza pressoché quinquennale. Proprio per soddisfare l esigenza di misurare le disuguaglianze geografiche nella salute, l Istat e il SSN fin dal 1999 hanno ampliato il campione dell indagine multiscopo sulla salute fino a famiglie. L ultima edizione di cui sono attualmente disponibili i risultati si è svolta negli anni (AA. VV. 2008), in cui sono stati intervistati più di individui, e la nuova edizione ( ) è in corso di svolgimento. Le HIS sono dunque particolarmente utili a studiare le relazioni tra il contesto familiare, sociale e culturale e la salute e l uso dei servizi; ad esempio la Multiscopo sulla salute rileva tramite questionari agli individui e alle famiglie: stato di salute (percezione, malattie acute e croniche, salute mentale), limitazioni delle attività quotidiane, prevenzione e stili di vita, vaccinazioni raccomandate, dieta e stato ponderale, attività fisica, ricorso ai servizi sanitari, salute orale, gravidanza, parto e allattamento. Inoltre acquisisce informazioni sullo stato socioeconomico: titolo studio, percezione delle risorse, lavoro svolto, condizione professionale, posizione nella professione, settore di attività, lavoro autonomo o alle dipendenze. Un esempio tratto dai dati delle ultime due edizioni disponibili 13 illustra la differenza nel ricorso al Pap test per livello di istruzione delle donne in età in cui è raccomandato:

198 Un sistema per il monitoraggio delle disuguaglianze e la valutazione delle azioni di contrasto Tabella 2. Donne di 25 e più che in assenza di sintomi o disturbi si sono sottoposte a pap test per classi di età raccomandate per gli screening dalle linee guida, altre classi di età e titolo di studio - Anni e (per 100 donne con le stesse caratteristiche) In questa stessa tipologia di indagini un indagine importante per lo studio delle disuguaglianze sociali e della coesione è l indagine europea EU-SILC (European Union Statistics on Income and Living Conditions). A livello italiano si intervistano più di famiglie circa le diverse dimensioni della povertà, l occupazione, le difficoltà economiche, le spese per la casa e il reddito percepito nell anno precedente, oltre che circa gli esiti rilevanti per il benessere come la salute. Il reddito viene rilevato a livello sia individuale sia familiare, attraverso domande dettagliate che consentono di misurarne separatamente le diverse componenti. E così possibile misurare le variazione di reddito familiare a seconda del titolo di studio, che più che raddoppia passando dal non aver alcun titolo alla laurea. Rilevando analiticamente i dati di individui e famiglie sui fattori di deprivazione, questa fonte può costituire un archivio di raccordo statistico nella selezione delle informazioni che meglio descrivano il livello di deprivazione in tutta la popolazione, come proposto in una metodologia per la costruzione di un indice di deprivazione europeo, testato nel contesto francese (Pornet et al. 2012). Un altra categoria di fonte campionaria di dati è quella dei modelli di sorveglianza. PASSI, il Sistema di sorveglianza sui Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute ne è l applicazione italiana. Come si può leggere dalla pagina WEB che lo introduce, la sua sperimentazione ha preso il via a gennaio 2007 con l obiettivo di effettuare un monitoraggio sullo stato di salute della popolazione adulta (18-69 anni) italiana, attraverso la rilevazione sistematica e continua delle abitudini, degli stili di vita e dello stato di attuazione dei programmi di intervento che il Paese sta realizzando per modificare i comportamenti a rischio. Nella sua accezione classica, la sorveglianza di popolazione consiste in una raccolta continua e sistematica di dati la cui interpretazione viene messa a disposizione di coloro che devono progettare, realizzare e valutare interventi in salute pubblica. Le fonti ufficiali forniscono informazioni sui principali determinanti di salute e sull adozione di misure di prevenzione. Tuttavia, non sono disponibili dati sufficientemente tempestivi e con dettagli a livello di Asl e mancano informazioni su quanto la popolazione percepisca e recepisca rispetto a interventi di sanità pubblica, quali messaggi promozionali, attività di counselling, ecc. Obiettivo della sorveglianza Passi è costruire proprio una base di dati specifica per il livello aziendale, in continua crescita e aggiornamento, per monitorare l andamento dei fattori di rischio comportamentali e degli interventi di prevenzione ad essi orientati

199 Capitolo 7 Per gli anni PASSI ha approfondito anche aspetti delle diseguaglianze sociali (AA. VV. 2012). L'indagine rileva indicatori di difficoltà economica e livello di istruzione degli intervistati, oltre che fattori di rischio comportamentale. E ad esempio misurabile la variazione geografica nelle disuguaglianze di prevalenza di fumatori a svantaggio delle persone con condizione socioeconomica inferiore (bassa istruzione e difficoltà economiche, vedi cap. 3). Prevalenza di fumatrici per livello socioeconomico 2, classe d età e ripartizione geografica. PASSI Le indagini campionarie hanno costi contenuti e se il campionamento è corretto i risultati sono generalizzabili. Essendo trasversali, però, non sono in grado di valutare la direzione della relazione causale nelle disuguaglianze che osservano, se cioè la relazione osservata tra disoccupazione e peggior salute sia dovuta all effetto nocivo della disoccupazione o al fatto che la salute compromette il successo nella ricerca del lavoro. Inoltre esse non consentono di rilevare eventi rari o di breve durata; e i loro risultati possono essere distorti a causa di problemi di incompletezza nella rispondenza o di accuratezza dell informazione rilevata dai questionari. Alcuni di questi limiti sono superabili con la creazione di coorti longitudinali sulla base del campione intervistato (cfr. paragrafo successivo) Costruzione di studi longitudinali campionari (Studio Longitudinale Italiano SLI e WHIP salute). Le fonti di dati per contemporanei o trasversali presentate prima hanno come limite intrinseco la contemporaneità dell osservazione di eventi di salute e fattori ad essi correlati, e non permette di stabilire la sequenza temporale e quindi la direzione dell eventuale nesso causale. Per superare questo limite si sono sviluppati studi longitudinali basati su coorti storiche, ottenute dall integrazione tra fonti informative campionarie e fonti di dati amministrativi e sanitari. Il punto 189

200 Un sistema per il monitoraggio delle disuguaglianze e la valutazione delle azioni di contrasto di forza di questi sistemi è che rilevano attraverso fonti sanitarie amministrative e statistiche gli eventi di salute che sono capitati nel tempo agli individui che sono stati arruolati in coorti per indagini precedenti, attraverso cui si conoscono le caratteristiche sociali della persona. Il più significativo di questi studi per gli scopi di monitoraggio delle disuguaglianze di salute è lo Studio Longitudinale italiano (SLI), inizialmente basato sul record linkage tra il campione dell indagine Multiscopo sulla salute (Istat ) e gli archivi delle schede di morte e dei ricoveri La coorte è arruolata attraverso l indagine multiscopo attraverso cui la posizione sociale della persona e della famiglia è ben misurata, oltre ai dati di partenza su salute stili di vita e di ricorso ai servizi. Essa poi viene seguita per quanto riguarda la morbosità attraverso la ricerca delle cause di ricovero e delle cause di morte negli anni successivi. In questo modo è possibile studiare l effetto delle condizioni sociali della persona sulla morbosità e l uso dei servizi. 1 trim. 2 trim. 3 trim. 4 trim. Mortalità SDO 01-set 01-dic 01-mar 01-giu L unione degli archivi è stata ottenuta con vari passaggi, in cui i record non accoppiati sono stati analizzati al fine di correggere eventuali errori, quando possibile, raggiungendo un soddisfacente livello di copertura della coorte teorica (92% dei individui intervistati nell indagine multiscopo sulla salute del ) (Marinacci et al. 2013). Nel Capitolo 2 sono già stati illustrati esempi di come questa fonte informativa sia stata la prima a fornire immagini sulle disuguaglianze sociali di mortalità in Italia. Questa prima edizione dell indagine è ancora limitata dalla breve durata del follow up e da difficoltà di linkage con le fonti informative della mortalità e dei ricoveri a causa della limitata accuratezza dell informazione sui dati identificativi dei soggetti intervistati nell indagine; questo ha portato ad esempio ad una probabile sottostima di deceduti (il 10% in meno dei deceduti che ci si aspetterebbe se gli intervistati avessero lo stesso rischio di morte della popolazione generale; la sottostima è spiegata anche dal mancato coinvolgimento nelle indagini Multiscopo della popolazione istituzionalizzata, tendenzialmente anziana e fragile, e con maggiore mortalità). Questi limiti saranno in gran parte superati dalla piena realizzazione dello studio longitudinale italiano così com è previsto nel Piano Statistico nazionale (IST-02269; SISTAN 2013), che prevede di connettere gli archivi Istat delle indagini multiscopo sulla salute di più edizioni successive a quella del ( , e quella speciale sugli immigrati stranieri) con schede di morte e di ricovero, e anche con sviluppo sui dati di ricorso alla assistenza specialistica e a quella farmaceutica. Un secondo sistema di monitoraggio longitudinale su base campionaria utile per lo studio delle disuguaglianze sociali di salute che nascono nel mondo del lavoro e della previdenza è stato realizzato per l analisi dei destini di salute delle carriere lavorative del settore privato tramite un campione estratto dall archivio nazionale dell Inps, con le relative ricostruzioni dal 1985 al

201 Capitolo 7 (Work Histories Italian Panel, WHIP. In PSN: SAL-00053; SISTAN 2012). Ai soggetti campionati sono stati collegati individualmente le registrazioni di fonte Inail degli infortuni sul lavoro accaduti tra il 1994 al 2005, con un record linkage basato sul codice fiscale criptato, ottenendo un archivio denominato Whip-Salute. Esso contiene circa episodi lavorativi e infortuni per ogni anno, consistenza raggiunta grazie ad una frazione campionaria di un lavoratore ogni 15 registrati presso Inps (Bena et al. 2012). Tramite tale sistema è possibile, ad esempio, rilevare i differenziali di rischio infortunistico in base al Paese di nascita (distinguendo in PFPM e PSA, cfr. par ). Dall osservazione si riscontra un maggior rischio tra i PFPM. Il rischio diminuisce al crescere dell esperienza all interno del rapporto di lavoro, in particolare per i PSA: coloro che presentano un esperienza in azienda maggiore ai 3 anni hanno un rischio inferiore del 20% (p-value<0,01) rispetto a coloro che hanno un esperienza di non più di 3 mesi. Tra i PFPM non si registra una diminuzione significativa del rischio al crescere dell esperienza in azienda. In tal modo si generano differenze tra le due popolazioni, che possono essere legate a fenomeni di segregazione dei lavoratori stranieri nelle mansioni più pericolose o a un mancato apprendimento dei meccanismi di protezione dal rischio (Giraudo et al. 2012): Tasso grezzo di infortunio per esperienza all interno del rapporto di lavoro, stratificato per paese di nascita (con intervalli di confidenza al 95%). Whip-Salute, lavoratori dipendenti di età compresa tra 16 e 35 anni (anni ). PFPM: Paesi a Forte Pressione Migratoria PSA: Paesi a Sviluppo Avanzato Studi longitudinali di popolazione: la rete degli studi multi-metropolitani e indicatori di stato sociale a livello individuale I principali limiti per la misura delle disuguaglianze di salute degli studi longitudinali su base campionaria e su scala nazionale precedentemente illustrati frequenti sono la natura campionaria (con le conseguenti limitazioni di potenza statistica nel caso di SLI) e la restrizione 191

202 Un sistema per il monitoraggio delle disuguaglianze e la valutazione delle azioni di contrasto dell osservazione alle poche fonti informative statistiche e sanitarie integrabili a livello nazionale. Per ovviare a tali limiti, si sono attivati studi longitudinali basati sull'integrazione di archivi su base cittadina, ad iniziare dal Censimento di popolazione. A livello di un singolo comune si può disporre dei dati dell'intera popolazione e si può integrare il dato censuario con quelli delle fonti sanitarie di NSIS disponibili a livello locale o regionale. Nel caso di comuni di gradi dimensioni, si superano così i limiti della potenza statistica. Questo tipo di esperienza si sta diffondendo in diversi capoluoghi italiani, e nei progetti avviati già da alcuni anni, stanno assicurando una visione longitudinale retrospettiva molto profonda, cosa che permette uno studio più approfondito delle dinamiche delle disuguaglianze sociali di salute. Il più "storico" di questi studi è quello della città di Torino, che parte dal censimento 1971; ad esso è seguito lo studio Toscano (dal 1981 con Livorno e poi con Firenze e Prato) e quello di Reggio Emilia (sul censimento 1991). Si è poi costituita una rete nazionale degli studi longitudinali, definita anche tramite una scheda del Piano Statistico Nazionale (PSN ; scheda EMR ), che include altri tre Studi: lo Studio emiliano, con Bologna, Modena e Reggio Emilia, lo Studio di Roma e quello di Venezia. Un ulteriore studio è in corso di attivazione (Palermo e Catania) Il primo censimento da cui partono le coorti di questi ultimi Studi Longitudinali è quello Lo Studio Longitudinale torinese (SLT) ha come nucleo l'anagrafe comunale, con tutti i movimenti. Per ogni storia anagrafica è stato possibile collegare la base anagrafica storica con i censimenti, acquisendovi le informazioni sullo stato socioeconomico. Al tempo stesso SLT ha permesso di collegare archivi sanitari: con un sistema simile, e grazie alla sua potenza statistica, è possibile ad esempio monitorare le differenze per istruzione dell'incidenza di infarto , in particolare tra le donne (rif.: donne con istruzione alta; istruzione media: RR=1,46, IC95%: 1,24-1,72; istruzione bassa: RR=1,77, IC95%: 1,51-2,08). Inoltre è possibile legare i registri di patologia, come i registri dei tumori, per saggiare differenze di incidenza dei tumori, anche per sedi

203 Capitolo 7 Gli studi longitudinali su base censuaria hanno anche permesso di sviluppare gli indicatori di posizione sociale più utilizzati per la misura delle disuguaglianze di salute in Italia. Infatti la fonte censuaria permette di ricostruire buona parte della gamma di indicatori corrispondenti al costrutto di posizione sociale secondo le varie teorie marxiane (centrate sulle relazioni di potere) e weberiane (centrate su aspetti distributivi). Per una trattazione più analitica degli indicatori di posizione sociale si rimanda alla letteratura sulle misure più usate ed indicate nel contesto italiano (Costa et al. 2004).La scelta degli indicatori può così coprire i vari aspetti dello svantaggio sociale in termini di credenziali educative (titolo di studio), di risorse di potere (classe sociale e occupazione), di risorse materiali (qualità dell abitazione), di risorse di aiuto (legami familiari). L osservatore sceglierà una o più dimensioni rilevanti da indagare e il relativo indicatore, anche in relazione ai suggerimenti che la letteratura suggerisce relativamente allo specifico evento sanitario oggetto di studio. Individuata la fonte informativa della variabile di posizione sociale (in questo caso il censimento di popolazione), si considera com'è avvenuta la rilevazione (ed esempio: come è posta la domanda da cui deriva una variabile del censimento), quanto è accurata, come classificarla per consentire la maggiore confrontabilità con risultati da altri studi, se combinarla con altre informazioni in modo da ottenere altre variabili derivate, se aggregarla su gruppi di individui, come nel caso della famiglia. 193

204 Un sistema per il monitoraggio delle disuguaglianze e la valutazione delle azioni di contrasto Ad esempio per quanto riguarda il livello di istruzione si parte dalle risposte ai Censimenti, classificate secondo standard internazionali (Classificazione europea standard per l istruzione ISCED), arrivando a sei modalità, eventualmente riducibile a tre (alto: almeno licenza media superiore, medio: qualifica professionale o licenza media inferiore, basso: al più licenza elementare). Volendo coprire tutta la popolazione, compresi i minori il cui titolo di studio non è ancora fissato, si può passare dalla posizione di ogni individuo alla posizione sociale familiare, stabilita considerando la posizione dei componenti il nucleo familiare, segnatamente dei due partner e scegliendo una sua qualche combinazione; la soluzione più frequente è quella che usa un criterio di dominanza: la posizione della famiglia viene fatta coincidere con la posizione sociale del partner cui competono i maggiori privilegi. 194

205 Capitolo Misure aggregate di stato socio-economico: indicatore di reddito e indice di deprivazione Costruzione (dai dati di altre fonti statistiche agli indicatori) In mancanza di dati individuali di posizione sociale o in aggiunta ad essi, si è sviluppata in letteratura una varietà di indicatori di posizione sociale relativa ad un aggregato geografico. Essi possono quindi essere considerati come proxy della posizione sociale degli individui, in assenza del dato individuale, oppure come misura delle caratteristiche sociali del contesto. Non sempre i due livelli di interpretazione vengono distinti, seppur sarebbe necessario farlo. E già stato ricordato nel capitolo 2 che l effetto sulla salute delle caratteristiche sociali individuali è più intenso di quelle contestuali, e che spesso i due livelli interagiscono: ad esempio il gradiente Nord-Sud nella salute dichiarata si spiega principalmente con una maggior concentrazione di svantaggio sociale al Sud, ma che l effetto sfavorevole sulla salute dello svantaggio sociale individuale è manifestamente più intenso nel Sud, dove il contesto stesso è più svantaggiato (Costa et al. 2003). In presenza di un indicatore su base aggregata, calcolato cioè su un area geografica e non sull individuo, esistono due diverse possibilità d uso e conseguenti strategie di analisi che si differenziano in base all unità statistica: a) l'unità statistica è l aggregato stesso al quale viene attribuito il valore dell'indicatore, generalmente messo poi in correlazione con un esito di salute misurato allo stesso livello di aggregazione geografica (studi di correlazione ecologica), b) l'unità statistica è l'individuo e ad esso viene attribuito il valore di posizione sociale dell'indicatore aggregato, il più delle volte utilizzato come proxy del valore individuale non conosciuto (in questo caso tutti gli individui di quell aggregato assumono lo stesso valore dell indicatore aggregato). Gli aggregati per i quali si possono calcolare indicatori di posizione sociale sono tutti gli aggregati utilizzati nei sistemi informativi e statistici italiani che rimandano a confini rilevanti per la pubblica amministrazione (regioni, province, comuni) o anche aggregati sub comunali o trans comunali di minore taglia che possono avere giustificazioni amministrative e gestionali (codice postale, circoscrizioni o municipalità sub comunali), culturali (quartieri e rioni) o statistiche (sezioni di censimento). In generale nel caso di indicatori aggregati che vogliono descrivere le caratteristiche sociali del contesto è bene scegliere l aggregato di cui si intende descrivere il contesto, quasi sempre quello a cui corrisponde il livello decisionale per cui è utile l informazione sulle disuguaglianze sociali di salute generate da quel contesto. Viceversa quando si usa l indicatore aggregato come proxy di quello individuale che non è disponibile allora è bene scegliere un aggregato che minimizzi l errore ecologico. Infatti l uso proxy di un indicatore a livello aggregato può generare un errore detto errore ecologico, tanto più severo quanto più è eterogenea la composizione sociale degli individui contenuti nell'aggregato. Tale distorsione è controllabile tramite la scelta di aree geografiche sufficientemente ristrette e omogenee, dove si minimizza la varianza entro gli aggregati. Nel caso di un indice di deprivazione (Caranci, Costa 2009, cfr. seguito), l eterogeneità dell indice aumenta al crescere dell ampiezza demografia (varianza entro i comuni con più di abitanti superiore a 5, mentre nei comuni con meno di è inferiore a 1). Le unità statistiche che in Italia si prestano meglio all elaborazione di un indice a livello aggregato sono le sezioni di censimento (corrispondenti a qualche decina/centinaio di individui, un aggregato assimilabile ad un isolato all interno di un area urbana), corrispondenti 195

206 Un sistema per il monitoraggio delle disuguaglianze e la valutazione delle azioni di contrasto all'aggregato amministrativo ad oggi esistente in Italia con la minor ampiezza. La sezione di censimento è stata utilizzata in Italia come unità statistica per il calcolo di diversi indicatori di posizione socio-economica. Di seguito si dà conto di due di essi: l'indicatore di reddito (familiare equivalente mediano) e l'indice di deprivazione. Grazie ad una collaborazione con il Ministero dell'economia e della Finanza, svoltasi all interno di un progetto del ministeriale (Diseguaglianze socioeconomiche di accesso e di trattamento) è stato possibile ricavare misure aggregate del reddito per quattro città italiane (Roma, Bologna, Torino e Milano), come dichiarato nell anno A Torino l'esperienza si è replicata anche con i dati del L'anagrafe tributaria è stata collegata con l'anagrafe comunale dei quattro comuni, potendo così attribuire alle famiglie il loro reddito, che opportunamente pesato con la numerosità della famiglia porta ad una misura pro-capite equivalente; il reddito famigliare equivalente delle famiglie residenti nella sezione di censimento sono poi stati sintetizzati con il valore mediano di sezione di censimento (Schifano et al, 2009). Attraverso la chiave di linkage dell anagrafe comunale stessa, ad ad ogni ricovero ospedaliero avvenuto per i residenti del comune è stata attribuita la sezione di censimento relativa alla residenza della famiglia e il corrispondente reddito equivalente mediano. Le informazione del reddito di sezione sono state, dunque, studiate in relazione all ospedalizzazione generale e per particolari trattamenti; ad esempio è stato possibile analizzare la forma funzionale dell'ospedalizzazione in relazione ai centili di reddito (si veda capitolo 3; Marinacci et al. 2009). L'indicatore di reddito esprime in termini unidimensionali la posizione socioeconomica delle sezioni di censimento. E' un indicatore semplice delle condizioni materiali delle famiglie. Non considera altre condizioni potenzialmente influenti della deprivazione sociale. Una misura che si sforza di combinare in un unico indice anche altre dimensioni è l'indice di deprivazione, basato sui dati del Censimento della popolazione e delle abitazioni. L'ultimo disponibile è quello 2001; il patrimonio informativo messo a disposizione dall Istat 15 è costituito dai dati derivanti dal questionario sull intera popolazione italiana residente e censita, composta di individui e suddivisa in sezioni di censimento, da cui si possono ricavare molteplici indicatori. L'indice che ne è stato tratto è un aggiornamento del precedente, che era calcolato a livello di comune (Cadum et al. 1999), avvenuto grazie alla disponibilità di dati di frequenza per sezione di censimento, di ampiezza mediamente pari a 170 abitanti (deviazione standard=225). E questo, insieme al comune, il dettaglio con cui è stato aggiornato l indice (Caranci et al. 2010), calcolato come somma semplice dei punteggi standardizzati di cinque indicatori elementari: x 1 : % di popolazione con istruzione pari o inferiore alla licenza elementare; x 2 : % di popolazione attiva disoccupata o in cerca di prima occupazione; x 3 : % di abitazioni occupate in affitto; x 4 : % di famiglie monogenitoriali con figli dipendenti conviventi; x 5 : densità abitativa (numero di occupanti per 100 m 2 nelle abitazioni). 15 Dati acquisiti all interno del progetto ex art. 12: valorizzazione dei dati del censimento 2001 per il monitoraggio e l analisi delle diseguaglianze sociali nella salute in Italia. 196

207 Capitolo 7 L'indice è una variabile continua, data dalla somma degli scarti rispetto alla media nazionale (rapportati alla deviazione standard) dei 5 indicatori elementari: ID = 5 z i i= 1 z i= x i µ s x i x i L indice è stato categorizzato in quintili di popolazione (il quintile meno deprivato identifica così il 20% di popolazione con i valori dell'indice più bassi). Per applicazioni su contesti locali si possono costruire le appropriate categorie di deprivazione in base allo stesso criterio applicato a livello nazionale. In tal caso, si rende opportuno l uso di una standardizzazione differente: con media e deviazione standard specifiche del contesto in esame, e non dell intera Italia. La distribuzione di frequenza dell'indice italiano per sezione di censimento è lievemente asimmetrica a destra, attorno allo 0, ed assume valori più alti al Sud e nelle isole, con un gradiente Nord-Sud anche nella variabilità. E coerente con la misura del reddito, come rilevato a Roma e Torino (r di Pearson<-0,5). In un esperienza condotta in Emilia-Romagna si è riscontrata un associazione pressoché lineare con gli anni di istruzione (rilevati tramite il CeDAP), seppur con un gradiente moderato. L indice ed alcune sue varianti sono molto correlate tra loro. A livello comunale l indice sembra stabile nel tempo; la correlazione (r di Pearson) con la simile misura del 1991 è pari al 91% del massimo. La mortalità nel periodo , a livello comunale, si mostra crescente con il livello di deprivazione, in particolare nella popolazione al di sotto 65 anni e nei comuni di maggiore dimensione. L'indice di deprivazione presenta problemi di definizione, costruzione e applicazione in studi epidemiologici; le teorie e gli schemi esplicativi del costrutto sociale dello svantaggio sociale sono più articolati di quanto l indice possa rappresentare. L indice si pone l obiettivo pragmatico di descrivere i differenziali sociali di salute; inoltre persegue una misura confrontabile nel tempo e nello spazio, e non dettata dalla maggiore predittività di uno particolare contesto. Le dimensioni dell indice possono cambiare significato nel tempo o divenire poco attuali (es.: % di abitazioni con servizi esterni dell indice al 1991, sostituito al 2001 con la densità abitativa, perché quasi costante e pari a 0). Ma da quanto si osserva nella regione Toscana, sembra molto stabile nel tempo (Catelan 2008, 2006). La distorsione ecologica o la misclassificazione introdotta con l analisi di dati aggregati non è trascurabile, vale a dire non si riproduce il risultato che si avrebbe se si usassero dati individuali. Anche l uso di aggregati per piccola area, come la sezione di censimento, non protegge da tale fonte di distorsione. Inoltre vi può essere a tale livello un effetto contestuale sensibile (Biggeri, Grisotto 2009) che rende anche la scelta della sezione di censimento non necessariamente ottimale, e molte volte poco praticabile a causa della difficoltà di attribuzione delle sezioni agli esisti di salute in studio (a meno che non si possano usare tecniche di georegerenziazione; cfr. paragrafo successivo). Infine bisogna tener presente che gli indicatori di salute sono generalmente standardizzati per età, mentre l indice di deprivazione non lo è; 197

208 Un sistema per il monitoraggio delle disuguaglianze e la valutazione delle azioni di contrasto questo genera una distorsione nella stima dell associazione prodotta con un analisi ecologica. In sintesi l indice di deprivazione è una misura multidimensionale dello svantaggio relativo; in assenza di misure individuali di svantaggio può essere usato per il monitoraggio (e il controllo del confondimento in studi di epidemiologia geografica). Persistono, tuttavia, molteplici limitazioni, tra cui il bias ecologico e la difficoltà di attribuzione agli esiti sanitari su tutto il territorio che descrive (cfr. seguito) Attribuzione delle covariate su aggregati geografici: tecniche di georeferenziazione L opzione di usare indicatori aggregati, ad oggi, risulterebbe la più facilmente percorribile. La sua realizzazione è legata all acquisizione del dato sull aggregato geografico di appartenenza dei soggetti in studio nei flussi di dati amministrativi sanitari, principalmente tramite la georeferenziazione degli indirizzi, in genere di residenza. Nel far questo, si può ricorrere ad applicativi WEB, con un certo grado di approssimazione, oppure a strumenti appositamente sviluppati per la ricerca all'interno di uno stradario, tramite la normalizzazione delle stringhe degli indirizzi. Quest ultima consente di tradurre indirizzi scritti in vario modo (es.: G. Verdi 1a oppure GIUSEPPE VERDI, 1/A) in una dicitura standard corrispondente a quella presente nell archivio con le coordinate spaziali di latitudine e longitudine. Un esempio è dato da un'applicazione sviluppata per la georeferenziazione nella regione Emilia-Romagna. Questa è stata sperimentata sugli indirizzi di residenza relativi agli assistiti nella ASL di Ravenna (archivio di toponimi e numeri civici). Il processo di normalizzazione e attribuzione delle coordinate spaziali degli indirizzi (comune, toponimo e n civico) ha consentito di georeferenziare il 90% di assistiti. Una volta attribuite le coordinate spaziali, è stato possibile risalite alle sezioni di censimento di residenza, tramite l'unione spaziale con i relativi poligoni delle sezioni 2001, con un errore stimato dell 1. Il disallineamento dell informazione del comune (n=116) si è verificato per 301 indirizzi, corrispondente ad un errore medio stimato di circa 3 metri. La sperimentazione è stata fattibile grazie all esistenza di un archivio degli indirizzi per l intera Emilia-Romagna e delle relative coordinate, oltre che di un software per la normalizzazione delle stringhe degli indirizzi, realizzato dalla Regione. In seguito alla sperimentazione il sistema si è rivelato utile anche per molte applicazioni adottare in vari contesti della regione. Un sistema analogo è presente anche per la regione Toscana: numeri civici di assistiti, georeferenziati nell 83-85%. Il passaggio alla sezione di censimento comporta un ulteriore perdita di circa il 10% degli indirizzi. Il 75% degli indirizzi georefenziati è molto eterogeneo a seconda del comune, con una percentuale di successo variabile tra i comuni dal 50 al 90%. Di interesse per l'intero Paese è un attività in corso per la costruzione di un archivio nazionale delle strade e dei numeri civici geocodificato alle sezioni di censimento aggiornate dall Istat al , di cui informavano l Istat e l Agenzia del Territorio. Una simile attività è stata inserita nel PSN (aggiornamento 2013; IST ). Inoltre l Istat annunciava nuovi strumenti

209 Capitolo 7 GIS per aggiornare le basi territoriali per i censimenti e il rilascio dei limiti amministrativi di regioni, province e comuni, aggiornati al 1 gennaio Sono infatti disponibili i dati geografici delle basi territoriali dal Censimento 1991 al L'alternativa alla georeferenziazione è data dall'acquisizione della sezione di censimento tramite il collegamento con l'anagrafe comunale, come avvenuto nel caso dell'attribuzione del reddito ai dati dei ricoveri ospedalieri (cfr. paragrafo precedente). Ancor meglio sarebbe che la sezione di censimento entri a far parte correntemente degli archivi anagrafici a supporto di quelli sanitari, ad esempio nelle anagrafi sanitarie, nello stesso momento in cui queste acquisiscono i dati dai Comuni e li aggiornano con i relativi movimenti della popolazione. In mancanza di un dato relativo a tutta la popolazione che compone i denominatori, allora sarebbe auspicabile che almeno i dati sanitari dei numeratori fossero disaggregabili a livello di sezione. 7.3 Le disuguaglianze di salute ambientale I fattori di rischio ambientale sempre più spesso vengono incluse le differenze sociodemografiche nelle esposizioni ambientali e nelle malattie correlabili (Jerrett 2009, O Neill 2003). Come precedentemente scritto, la Commissione dell'oms sui determinanti sociali (WHO 2008) ha individuato tre raccomandazioni generali di base per un'azione di governo volta alla riduzione delle disuguaglianze sociali di salute che interpellano la responsabilità dei rischi ambientali: migliorare le condizioni di vita quotidiana; affrontare la distribuzione iniqua di potere, denaro e risorse; misurare e comprendere il problema e valutare l'impatto delle azioni. La prima raccomandazione è strettamente legata alle condizioni ambientali alle quali le persone sono esposte quotidianamente. Il secondo punto riguarda un fattore che, come dimostrato anche dalle recenti situazioni di crisi internazionale, influenza la vulnerabilità delle persone anche a fattori di rischio ambientali, quali le condizioni di vita, con maggiore potenziale effetto su popolazioni deboli quali anziani e bambini, che passano più tempo nella casa e nel quartiere. La terza raccomandazione, rilevante per la povertà delle covariate sociali disponibili nei sistemi informativi sanitari correnti, rappresenta un sollecito per l organizzazione dei sistemi informativi degli Stati membri focalizzata alla comprensione del problema, per identificare i meccanismi causali e definire priorità di azione. La Quinta Conferenza Ministeriale su Ambiente e Salute di Parma ha concentrato la sua attenzione e le sue raccomandazioni sui problemi di environmental justice; una revisione globale della letteratura disponibile ha cercato di quantificare l'entità del problema e di individuare i gruppi maggiormente vulnerabili (WHO 2010). Una riunione di esperti sul tema "Ambiente e salute: l'influenza e gli effetti delle disuguaglianze

210 Un sistema per il monitoraggio delle disuguaglianze e la valutazione delle azioni di contrasto sociali", organizzata dall OMS e tenutasi nel 2009 a Bonn (WHO 2009), ha discusso e condiviso un framework concettuale che cerca di strutturare e individuare le possibili vie attraverso le quali le variabili socio-demografiche influenzano: la natura e la distribuzione delle condizioni ambientali; l'esposizione a queste condizioni per individui e comunità; le relazioni esposizione-risposta che portano a differenti risultati di salute in soggetti con esposizioni simili; l'accesso e la qualità dei servizi, relativi alla salute. La struttura offre un approccio olistico utile per inquadrare le questioni in materia di salute ambientale, riflettendo un crescente entusiasmo per le strategie politiche rilevanti più integrate e per l'analisi dei problemi di salute ambientale, multifattoriali e complessi. Questa tendenza è stimolata dalla crescente aspirazione di anticipare e mitigare le possibili conseguenze sulla salute delle politiche in tutti i settori della società civile. Il quadro tenta di rendere esplicito ai decisori che una migliore e più equa salute ambientale per gli individui e le comunità richiede attenzione ai fattori ambientali e alle condizioni socio-demografiche, nonché a come queste influenze interagiscono. Figura 1 Framework OMS per l environmental justice Durante la stessa riunione, gli esperti avevano concluso circa l inadeguatezza delle fonti informative disponibili nel rispondere al problema di environmental justice, a causa della 200

211 Capitolo 7 mancanza di coerenza e comparabilità dei dati, nonché dell'assenza di un protocollo comune per la segnalazione delle disuguaglianze di salute ambientale. In risposta a questa lacuna informativa, l'ufficio Regionale OMS, attraverso il suo Centro Europeo Ambiente e Salute (Bonn), ha costituito un gruppo di lavoro finalizzato alla valutazione comparativa dell'entità delle disuguaglianze di salute ambientale. Il progetto contribuisce direttamente alla realizzazione della Dichiarazione di Parma, adottata da tutti i 53 membri. Gli Stati della regione europea dell'oms, affermando che gli Stati membri si sono impegnati ad agire per rischi relativi alla salute ambientale per i gruppi vulnerabili e per la riduzione delle disuguaglianze sociali e di genere (WHO 2010a). A questo progetto l Italia ha aderito contribuendo alla redazione del rapporto internazionale di comparazione delle disuguaglianze sociali in dodici indicatori di rischio ambientale disponibili in quasi tutti i paesi, e proponendo esempi di buona pratica su indicatori di disuguaglianza legati alle esposizioni ad inquinamento atmosferico e alla residenza in prossimità di siti inquinati o potenzialmente dannosi per l ambiente e la salute. A conclusione del lavoro di due anni del gruppo, è stato pubblicato nel febbraio 2012 il rapporto "Disuguaglianze di salute ambientale in Europa. Relazione di valutazione" 20. Obiettivo del lavoro, basato sui dati statistici disponibili provenienti da banche dati nazionali e internazionali, è stato quello di fornire una valutazione di base delle disuguaglianze di salute ambientale nella Regione europea dell'oms effettuata prendendo in esame 14 indicatori di disuguaglianza legati alle condizioni abitative, agli ambienti di vita e all occorrenza degli incidenti. L'attività di analisi ha dimostrato che per molti paesi vi è una mancanza di dati di esposizione di base, di dati socioeconomici e demografici, e dunque della possibilità di stratificare i primi per sottogruppi di popolazione in base ai secondi. La mancanza di dati sulle disuguaglianze nell esposizione a rischi ambientali per la salute in molti paesi potrebbero di per sé essere considerata una misura della disuguaglianza. I messaggi-chiave contenuti nel rapporto sono sostanzialmente 4: 1. le disuguaglianze di salute ambientale esistono in tutte le sub-regioni e in tutti i Paesi, e sono più di frequente a sfavore delle fasce di popolazione già socialmente svantaggiate 2. l'entità e la distribuzione delle disuguaglianze tra le fasce di popolazione meno colpite e più colpite variano molto da Paese a Paese e dipendono anche dalla variabile socioeconomica o demografica impiegata per la stratificazione 3. le disuguaglianze di salute ambientale devono essere rendicontate e valutate più dettagliatamente dai singoli Paesi se si vuole identificare in modo affidabile i gruppi più esposti e quindi meglio comprendere i modelli di disuguaglianza nazionali e i loro meccanismi causali 4. è necessario implementare la base di conoscenze per la valutazione delle disuguaglianze di salute ambientale. Ciò vale sia per la quantità dei dati (numero di Paesi con disponibilità 20http:// assessment-report 201

212 Un sistema per il monitoraggio delle disuguaglianze e la valutazione delle azioni di contrasto di informazioni, numero dei fattori di rischio segnalati), sia per la loro qualità (affidabilità, possibilità di stratificazione). Il documento di valutazione prodotto fornisce una buona base di conoscenza dell'entità delle disuguaglianze ambientali in tutta Europa e va considerato come il primo importante passo di un percorso che richiede ancora molto lavoro. Il report comprende una parte di valutazione generale delle disuguaglianze di salute ambientali legati alle condizioni abitative, agli ambienti di vita, all occorrenza di incidenti. Sono poi state prodotte schede, a livello nazionale, per 12 indicatori comuni a tutti i paesi europei (National fact sheets), secondo la tabella riportata di seguito. Tabella 1 Selezione degli indicatori comuni a livello nazionale inseriti nel report OMS Indicator Sociodemographic stratification options available Data source Housing-related inequalities Inadequate water supply Urbanization level WHO/UNICEF Lack of a flush toilet Age, sex, income/poverty status and household type Eurostat Lack of a bath or shower Age, sex, income/poverty status and household type Eurostat Overcrowding Age, sex, income/poverty status and household type Eurostat Dampness in the home Age, sex, income/poverty status and household type Eurostat Inability to keep the home adequately warm Age, sex, income/poverty status and household type Eurostat Injury-related inequalities Work-related injuries Sex, age and occupation Eurostat Fatal road traffic injuries Country income, age and sex WHO Fatal poisonings Country income, age and sex WHO Fatal falls Country income, age and sex WHO Environment-related inequalities Noise exposure at home Income/poverty status and household type Eurostat Lack of access to green/recreational areas Second-hand smoke exposure at home Second-hand smoke exposure at work Age, sex, income, difficulty paying bills, employment, education level and household type Age, sex, self-assessed social position, difficulty paying bills and employment Age, sex, self-assessed social position, difficulty paying bills and occupation Eurofound Eurobarometer Eurobarometer Un ulteriore sezione del rapporto contiene esempi di dati sulle disuguaglianze a livello locale ricavate da differenti studi, come esempio di buona pratica da fornire per l adozione di ulteriori indicatori per migliorare la conoscenza del problema (Examples of national practices). I risultati principali per l Italia sono riportati e commentati in dettaglio nel Capitolo 3 insieme ad alcuni degli esempi di come l epidemiologia e l igiene ambientale italiana possa elaborare e mettere alla prova strumenti di monitoraggio delle disuguaglianze sociali nei rischi ambientali nella realtà nazionale, valorizzando in modo integrato dati provenienti da sistemi informativi e statistici esistenti e valutando il potenziale contributo fornito da studi ad hoc di epidemiologia ambientale e sociale, in modo da suggerire un sistema di monitoraggio del fenomeno e da redigere una prima relazione italiana sul tema dell environmental justice, attraverso cui contribuire al rapporto europeo impostato alla Conferenza Interministeriale di Parma. 202

213 Capitolo 7 Bibliografia AA. VV. Approfondimenti sull indagine Multiscopo ISTAT SALUTE Quaderno di Monitor n. 3, STAT.pdf AA. VV. Diseguaglianze sociali e salute Rapporto nazionale Iss, AA. VV. La nascita in Emilia-Romagna. 5 Rapporto sui dati del Certificato di Assistenza al Parto (CedAP) Anno Regione Emilia-Romagna, AA.VV. Disuguaglianze e percorso nascita. In: 7 Rapporto sui dati del Certificato di Assistenza al Parto (CedAP), 2009b. AA.VV. La salute della popolazione immigrata: metodologia di analisi Progetto Promozione della salute della popolazione immigrata in Italia, Accordo Ministero della salute/ccm - Regione Marche e coordinato dalla Regione Marche , 2009a. Ancona C, Arcà M. Caratteristiche socio-economiche come confondenti e modificatori delle misure d'effetto negli studi epidemiologici. In: Costa G., Cislaghi C., Caranci N., a cura di. Disuguaglianze sociali di salute. Problemi di definizione e di misura. "Salute e Società", 2009, a. VIII, n. 1. Andretta M, Cinconze E, Costa E, Da Cas R,Geraci S, Rossi E, Tognoni G, Traversa G. Rapporto sulla prescrizione farmaceutica nella popolazione immigrata. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, Bena A, Leombruni R, Giraudo M, Costa G. A new Italian surveillance system for occupational injuries: characteristics and initial results. Am J Ind Med Jul;55(7): Bena A., Giraudo M. Lavoro temporaneo e salute: un analisi del rischio infortunistico per durata del contratto di lavoro. Epidemiol Prev 2013; 37 (1): Biggeri A, Grisotto L. Fonti di distorsione nella misura delle disuguaglianze di salute: la validazione, il confronto temporale e spaziale, l aggiustamento per altre covariate, il bias ecologico. In: Costa G, Cislaghi C, Caranci N (a cura di). Le disuguaglianze di salute. Problemi di definizione e di misura. Salute e Società, Franco Angeli, 2009, a. VIII, n. 1. Boldrini R, Di Cesare M, Tambrini C. Certificato di assistenza al parto (CeDAP). Analisi dell evento nascita - Anno Ministero della Salute, C_17_pubblicazioni_1731_allegato.pdf Bonvicini L, Broccoli S, D'Angelo S, Candela S. L accesso al Pronto Soccorso nella provincia di Reggio Emilia: un confronto tra la popolazione immigrata e italiana. Epidemiol Prev Sep-Dec;35(5-6): Bronciani D, Battaglia S, Caranci N, Lupi C. Ricoveri e mortalità infantile: il ruolo delle diseguaglianza. Una analisi effettuata incrociando dati correnti (CEDAP, SDO e REM) degli anni Regione Emilia-Romagna, infantile pdf. Cacciani L, Rosano A, Bruzzone S, Mignolli N, Guasticchi G. Migration and health in Europe: data sources, epidemiology and public health. Epidemiol Prev Sep-Dec 2010; 34(5-6): Cadum E, Costa G, Biggeri A, Martuzzi M. Deprivazione e mortalità: un indice di deprivazione per l analisi delle disuguaglianze su base geografica. Epidemiol Prev 1999; 23: Caranci N, Costa C, Pacelli B, Fano V. Censimento della popolazione: informazione cruciale per valutare il rapporto tra società e salute. SISmagazine,

214 Un sistema per il monitoraggio delle disuguaglianze e la valutazione delle azioni di contrasto Caranci N, Costa, G.. Un indice di deprivazione a livello aggregato da utilizzare su scala nazionale: giustificazioni e composizione dell indice. In: Costa G., Cislaghi C., Caranci N., a cura di. Disuguaglianze sociali di salute. Problemi di definizione e di misura. "Salute e Società", 2009, a. VIII, n. 1. Caranci N, Pacelli B, Ballotari P, Bonvicini L, Lupi C, Battaglia S, Perrone E, Candela S. Citizenship and mother s educational level effects on pregnancy assistance, perinatal outcomes and hospital access in the first year of age in Emilia-Romagna region. EUPHA Caranci N., Biggeri A., Grisotto L., Pacelli B., Spadea T., Costa G. L indice di deprivazione italiano a livello di sezione di censimento: definizione, descrizione e associazione con la mortalità. Epidemiologia e prevenzione, 2010: 34 ( ). Caritas. Migrantes: Immigrazione. Dossier Statistico Rapporto Catelan D, Biggeri A, Dreassi E, Lagazio C. Space-Cohort Bayesian models in ecological studies. Statistical Modelling, 2006, 6(2). Catelan D, Biggeri A, Lagazio C. On the clustering term in ecological analysis: how do different prior specifications affect results? Statistical Methods and Applications, Cesaroni G, Boogaard H, Jonkers S, Porta D, Badaloni C, Cattani G, Forastiere F, Hoek G. Health benefits of traffic-related air pollution reduction in different socioeconomic groups: the effect of lowemission zoning in Rome. Occup Environ Med Aug 7. CoGIS. Indagine sulla georeferenziazione dei dati nella statistica ufficiale. Roma, COM 567. Commissione delle Comunità Europee. Comunicazione al Parlamento Europeo al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni: Solidarietà in materia di salute, riduzione delle disuguaglianze sanitarie all interno dell UE. Bruxelles, 20 ottobre Commissione d indagine sull esclusione sociale. Rapporto sulle politiche contro l esclusione sociale. Giugno Costa G, Demaria M. (1988), Un sistema longitudinale di sorveglianza della mortalità secondo le caratteristiche socio-economiche, come rilevate ai censimenti di popolazione: descrizione e documentazione del sistema. Epidemiologia e Prevenzione 1988, 36: Costa G, Marinacci C. et al. Individual and contextual determinants of inequalities in health: the Italian case. Int J Health Serv 2003; 33: Costa G., Marinacci C., Caiazzo A., Spadea T. (2003). Individual and contextual determinants of inequalities in health: the Italian case. International journal of health; 33(4):635-67; discussion Costa G., Spadea T., Cardano M. Disuguaglanze di salute in Italia, Epidemiologia e prevenzione, 2004: 28(3). Forastiere F, Stafoggia M, Tasco C, et al. Socioeconomic status, particulate air pollution, and daily mortality: differential exposure or differential susceptibility. Am J Ind Med 2007; 50(3): Giraudo M., Bena A. Lavoro temporaneo e salute: rischio infortunistico e possibili effetti della crisi. Epidemiologia e Prevenzione, 2012, vol. 36, supp. 5, p. 50. Hagström M, Country Report Sweden, Promoting Comparative Quantitative Research in the Field of Migration and Integration in Europe. PROMINSTAT, Jerrett M. Global geographies of injustice in traffic-related air pollution exposure. Epidemiology 2009, 20:

215 Capitolo 7 Mackenbach JP, Stirbu I, et al. Socioeconomic inequalities in health in 22 European countries. N Engl J Med. 2008;358: Mackenbach JP. Health inequalities: Europe in profile. London: UK Presidency of the EU, Marinacci C, Grippo F, Pappagallo M, Sebastiani G, Demaria M, Vittori P, Caranci N, Costa G. Social inequalities in total and cause-specific mortality of a sample of the Italian population, from 1999 to 2007.Eur J Public Health Jan 8. Marinacci C, Schifano P, Cesaroni G, Caranci N, Russo A, Costa G. Magnitude and shape of income inequalities in hospitalization for all causes in Italy. Italian Journal of Public Health. Year 7, Volume 6, Number 3, Fall Marmot M, Atkinson T, Bell J. Fair Society, Healthy Lives. The Marmot Review. Executive Summary, MinSal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. Relazione sullo Stato Sanitario del Paese Determinanti socioeconomici. Roma, 2009 Nielsen S, Krasnik A, Rosano A. Registry data for cross-country comparisons of migrants healthcare utilization in the EU: a survey study of availability and content. BMC Health Services Research 2009; 9(210). O'Neill MS, McMichael AJ, Schwartz J, Wartenberg D: Poverty, environment, and health: the role of environmental epidemiology and environmental epidemiologists. Epidemiology 2007, 18: Pacelli B, Caranci N, Terri F, Biocca M. La salute della popolazione immigrata in Emilia-Romagna. Contributo per un rapporto regionale. DOSSIER n. 217/2011 ISSN X. Regione Emilia- Romagna,Servizio Sanitario regionale, Agenzia sanitaria e sociale regionale, Pornet C, Delpierre C, Dejardin O, Grosclaude P, Launay L, Guittet L, Lang T, Launoy G. Construction of an adaptable European transnational ecological deprivation index: the French version. J Epidemiol Community Health Nov;66(11): Sabatti V. e Crescenzi F. Georeferenziazione dei dati e integrazione delle fonti locali. Istituto Nazionale di Statistica, SISTAN Sistema statistico nazionale, Programma statistico nazionale Vol 2, dati personali, aggiornamento /Hom e/psn/ Programma_statistico_ nazionale/psn_ _aggiornamento_2013/volumi/vol.2_psn_agg._2013.pdf SISTAN Sistema statistico nazionale, Istituto nazionale di statistica. Programma statistico nazionale Volume 3, dati personali, aggiornamento WHO (2009): Environment and health risks: the influence and effects of social inequalities. Copenhagen, World Health Organization Regional Office for Europe. Expert meeting report (Bonn, Germany, 9-10 September 2009). WHO (2010): Environment and health risks: a review of the influence and effects of social inequalities. Copenhagen, World Health Organization Regional Office for Europe. WHO (2010a): Declaration of the Fifth Ministerial Conference on Environment and Health (Parma, Italy, 12. March 2010). Copenhagen, World Health Organization Regional Office for Europe. 205

216 Un sistema per il monitoraggio delle disuguaglianze e la valutazione delle azioni di contrasto WHO Commission on Social Determinants of Health (CSDH). Closing the gap in a generation: health equity through action on the social determinants of health. Final Report of the Commission on Social Determinants of Health. Geneva, World Health Organization,

217 Capitolo 8 LO STATO DI AVANZAMENTO DELLE POLITICHE ITALIANE ED EUROPEE NEL CONTRASTO ALLE DISUGUAGLIANZE DI SALUTE Cosa si intende per politica di contrasto alle disuguaglianze di salute? Per valutare lo stato di avanzamento delle politiche italiane nell affrontare l iniqua distribuzione sociale degli stati di salute nella popolazione, occorre innanzitutto chiarire che cosa si debba intendere per politica di contrasto alle disuguaglianze di salute e in secondo luogo adoperare una serie di criteri attraverso i quali da una parte discriminare tra gli approcci potenzialmente implementabili e dall altra analizzare gli interventi pubblici adottati in Italia. Il primo è dunque un problema di demarcazione: quali sono gli ambiti di riferimento e i confini che caratterizzano gli interventi che possono avere un impatto sulle disuguaglianze di salute? Un aiuto per rispondere a tale quesito viene dal modello esplicativo elaborato da Diderichsen nel 2001 e già introdotto nel capitolo 3 2, che, individuando tutti i potenziali punti di innesco dei meccanismi di generazione delle disuguaglianze sociali di salute, traccia in corrispondenza di ogni di essi un possibile spazio politico per attivare appropriati interventi di contrasto, ovvero azioni che ne interrompano, rallentino, o moderino gli effetti [Diderichsen, 2001] In sintesi, lo schema parte dalla considerazione che le macropolitiche vigenti in un determinato territorio, che ne definiscono il contesto economico, sociale, politico e culturale, stratificano lungo più dimensioni (come ad esempio istruzione, reddito e classe occupazionale) la società in molteplici sottogruppi, ad ognuno dei quali corrisponde in media una differente ripartizione di potere, risorse e capacità attraverso la quale intraprendere traiettorie esistenziali più o meno salutogeniche. In particolare l appartenenza ad uno strato sociale determina in buona parte le circostanze materiali e psicosociali in cui gli individui nascono, crescono e vivono, secondo un modello per cui scendendo lungo la gerarchia sociale le minacce per la salute e per il benessere mentale degli individui divengono sempre più frequenti e pervasive. Così come lo sono l adozione di stili di vita nocivi. Ma non è solo l esposizione ad aumentare: i gruppi più svantaggiati tendono a presentare, vuoi per la più probabile mancanza di reti di supporto sociale o di capacità individuali che ne attutiscano gli effetti, vuoi per la possibile compresenza di ulteriori fattori di rischio che agiscono sinergicamente, una maggiore vulnerabilità agli effetti di un medesimo fattore di rischio 3. Infine, secondo quella che viene definita la teoria della selezione sociale, la stessa malattia può avere un impatto differente sia sulla salute che sulle sue ripercussioni sociali (ad esempio la perdita del lavoro e del reddito, di competenze e l isolamento o l esclusione sociale). 1 Capitolo a cura di Michele Marra, ASLTO3, Regione Piemonte 2 Vedi Capitolo 3, figura 1 3 Così ad esempio, uno studio europeo dimostra come mentre non vi sia una correlazione tra posizione socioeconomica e prevalenza del consumo di alcool (anzi, se prendiamo in considerazione l istruzione, in molti Paesi europei un basso titolo di studio sembrerebbe essere addirittura protettivo), al contrario vi sia una forte associazione con la mortalità per cause alcolcorrelate, a dimostrazione del fatto che i gruppi meno avvantaggiati pur bevendo di meno, subiscono maggiormente gli effetti dell alcol. Vei bibliografia [Hemmingsson T, 1998] 207

218 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute Sintetizzata in questo modo la storia naturale delle disuguaglianze sociali nella salute, allora è chiaro come i decisori politici abbiano dinanzi a sé molteplici opzioni per attivare misure di contrasto, potendo scegliere tra: A. azioni, normalmente di competenza di politiche non sanitarie, che riequilibrino la stratificazione sociale secondo schemi più equi o che ne riducano gli effetti sulle capacità individuali di valorizzare le opportunità di salute e controllare le risorse (si pensi alle politiche dell istruzione, fiscali, economiche, al welfare, ecc); B. azioni che riducano le esposizioni dannose ai fattori di rischio ambientali, comportamentali, psicosociali, lavorativi, che sono di competenza sia delle politiche sanitarie sia di quelle non sanitarie; C. azioni per ridurre la vulnerabilità, sia attraverso interventi in grado di prevenire le complicanze di un problema di salute manifesto, e di competenza strettamente sanitaria, sia tramite interventi in grado di ridurre gli effetti sfavorevoli dei fattori di rischio, che sono competenza sia del mondo sanitario (ad esempio la medicina di iniziativa, la sorveglianza sanitaria) sia delle politiche non sanitarie; D. azioni che contengano gli effetti sociali della malattia (tra cui la mobilità lavorativa e sociale), rientranti nel dominio delle politiche sociali. Box 1 Le tipologie di politiche di contrasto (da G. Costa, Le disuguaglianze di salute: una sfida per le discipline che si occupano di valutazione delle politiche, 2 Rapporto disuguaglianze sociali, 2009, Fondazione Gorrieri) Sommariamente si potrebbe dire che le politiche di inclusione sociale che agiscono sulla stratificazione sociale sono quelle da cui ci si dovrebbe aspettare il più alto impatto in termine di rischio attribuibile, cioè di differenze assolute di rischio. Infatti è esperienza comune dei paesi occidentali che il progressivo spostamento in alto del livello di istruzione e della posizione sociale di vaste fasce della popolazione si sia accompagnato con un miglioramento significativo e consistente della speranza di vita e della speranza di salute di queste stesse persone. Per quanto riguarda le politiche sulle condizioni di lavoro è intuitivo che qualsiasi intervento che migliori le condizioni ambientali ed organizzative del lavoro porti ad una riduzione delle disuguaglianze sociali di salute nel lavoro dipendente, dato che le più sfavorevoli condizioni di lavoro sono concentrate sulle classi manuali, in proporzione crescente con l abbassarsi del livello di qualificazione, e non dipendono dalla scelta discrezionale della persona. Infatti gli studi che hanno provato a stimare la quota delle disuguaglianze professionali nel rischio cardiovascolare o nella salute riferita che era attribuibile a fattori di rischio tipici dell ambiente di lavoro (soprattutto quelli ergonomici e psicosociali a parità di altri fattori di rischio biologici o comportamentali), hanno misurato proporzioni di casi attribuibili molto alte (tra il 30 e il 50%), anche se con risultati non sempre coerenti tra gli studi [Costa 2006]. Molto meno ovvio è l effetto sulle disuguaglianze di salute degli interventi sul lavoro autonomo; questo tipo di professioni condivide il profilo di salute sfavorevole delle classi subalterne, ma le sue condizioni di lavoro (soprattutto quelle ambientali e di sicurezza) sono molto più difficilmente regolabili di quelle del lavoro dipendente. Anche dagli interventi sugli stili di vita insalubri ci si potrebbe aspettare risultati molto significativi nella riduzione delle disuguaglianze di salute. Studi comparativi europei hanno dimostrato che più del 20% dell eccesso di mortalità per tumore del polmone tra i meno istruiti sarebbe spiegato dalle disuguaglianze sociali nella distribuzione dell abitudine al fumo [Mackenbach 2008]. 208

219 Capitolo 8 Il problema è che gli interventi di controllo dell inizio e quelli di promozione della cessazione degli stili di vita insalubri (soprattutto gli interventi basati sull informazione e sull educazione) mostrano solitamente un efficacia maggiore sulle persone di alta posizione sociale, a causa sia della minore propensione delle persone più povere a dare valore ai vantaggi di salute dilazionati nel tempo di un progetto di cambiamento comportamentale, sia delle disuguaglianze nel grado di dipendenza maturata [Schaap 2008]. Dunque per ottenere un impatto sulle abitudini di vita insalubri almeno di pari entità tra le diverse posizioni sociali, quindi, con un impatto potenziale maggiore per numero di casi evitati tra le posizioni più povere (date le disuguaglianze sociali di distribuzione di questi stili di vita), gli interventi dovrebbero essere progettati, realizzati e distribuiti con maggiori investimenti in aree più bisognose e con azioni ritagliate su misura per i soggetti di più bassa posizione sociale. Dagli interventi e dalle politiche di controllo dei fattori di rischio ambientale ci si aspetta un impatto relativamente modesto in termine di casi evitati, ma sicuramente più vantaggioso per i soggetti più svantaggiati, là dove la distribuzione sociale delle condizioni ambientali più sfavorevoli (traffico pesante, rifiuti, contaminazione acque e alimenti ) risulti molto diseguale. Gli interventi di prevenzione sanitaria (riconoscimento e presa in carico precoce degli stati di suscettibilità, come gli screening dell ipertensione o dei tumori prevenibili) sono solitamente molto efficaci per la salute, ma risultano in grado di contrastare le disuguaglianze di salute solo se adottano un approccio di iniziativa e non di attesa, pro-attivo e non passivo, a bassa soglia e non ad accesso strutturato e rigido. Questi requisiti garantiscono che l accesso agli interventi sia equo e che, quindi, l impatto sulle disuguaglianze assolute di salute sia più significativo nei gruppi che presentano maggiore bisogno. Gli interventi e le politiche di diagnosi e cura possono contribuire a controllare gli esiti negativi di malattie ormai insorte, attraverso un accesso tempestivo e di qualità alle cure per acuti e attraverso una continuità appropriata dell assistenza nel tempo. Ma per contribuire a controllare le disuguaglianze nella mortalità e negli altri esiti prognostici sfavorevoli, l assistenza sanitaria deve imparare a scrutinare ogni ganglio della sua organizzazione e del suo funzionamento, sia a livello di punto di erogazione, sia a livello dell intero percorso assistenziale, per riconoscere i potenziali meccanismi di generazione delle disuguaglianze sociali nell accesso, nella fruizione e nell aderenza al trattamento e per correggerli attraverso idonei interventi di audit clinico ed organizzativo orientato all equità. Nel sistema sanitario i punti maggiormente sensibili alle disuguaglianze sociali sono i diversi meccanismi di controllo della domanda (ticket ed esenzioni, liste di attesa e criteri di priorità), quelli di controllo dell offerta (allocazione delle risorse, definizione dei livelli essenziali di assistenza), e la gestione della appropriatezza, qualità e continuità delle procedure e della conduzione dei percorsi assistenziali. Le cause di morte evitabili con queste politiche di prevenzione della vulnerabilità e di miglioramento dell assistenza sanitaria potrebbero spiegare tra un terzo e un sesto dei casi in eccesso di mortalità tra le persone meno istruite in Europa [Stirbu 2007]: questa stima dà la misura dell impatto proporzionale che interventi di equità nella prevenzione e nell assistenza sanitaria potrebbero ottenere sulle disuguaglianze di salute. Gli interventi che contribuiscono a controllare il meccanismo di discriminazione negativa sulle carriere sociali dei malati sono quelli di protezione dal rischio della trappola della povertà, attraverso le esenzioni e i programmi di sostegno economico e sociale, e quelli di facilitazione dei percorsi lavorativi dei malati e dei disabili o delle persone con una forte propensione alla malattia (soggetti con dipendenze socialmente riprovevoli). Questa categoria di interventi ha un impatto atteso sulle disuguaglianze di salute relativamente modesto per la minore importanza di questo meccanismo di generazione [Cardano 2004]; tuttavia essi servono a far fronte alle situazioni di maggior bisogno e vulnerabilità. 209

220 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute Seguendo la prospettiva presentata, appare dunque complicato trovare una politica che a qualsiasi livello (europeo, nazionale, regionale o locale) e praticamente in qualsiasi settore non possa avere un impatto sulle disuguaglianze di salute. Quand anche le disuguaglianze di salute non fossero infatti un obiettivo esplicito, è evidente come l implementazione di un azione pubblica produce quasi sempre effetti che riequilibrano in un senso di maggiore o minore equità la distribuzione dei determinanti della salute. Questo appare ovvio per quanto riguarda le politiche che per loro natura tendono a stratificare la società, come appunto le politiche economiche, dell istruzione o del welfare, ma come ben illustrato nel capitolo 4, accade anche con le azioni trasversali che agiscono sul contesto (si pensi alle politiche ambientali o urbanistiche, ad esempio) e che possono avere un effetto maggiore o minore sulla salute della popolazione sulla base della capacità individuale e socialmente determinata di beneficiare delle potenzialità messe in atto dalla politica stessa (o di proteggersi dagli effetti di azioni con un impatto negativo). Possiamo allora realmente considerare a buona ragione tutte le politiche che hanno un impatto positivo sulle disuguaglianze della salute, anche se indiretto e non supportato da un adeguato endorsement istituzionale, come azioni di contrasto? Secondo il report Health inequalities: a Challenge for Europe che nel 2005 condusse una revisione delle politiche e strategie nazionali condotte fino a quel momento, la risposta dovrebbe essere affermativa [Judge, 2005]. Secondo i suoi autori, infatti, non importa che le politiche siano inserite in un contesto istituzionale in cui i Paesi abbiano assunto un impegno esplicito e concreto per la riduzione delle disuguaglianze di salute o che le stesse siano invece frutto di una più generale ed astratta preoccupazione per l equità in salute o, ancora, per l equità sociale (senza riferimento agli effetti sulla distribuzione del benessere fisico e mentale dei cittadini): tutte avrebbero un impatto positivo sul contrazione del gap. E ad una simile conclusione giunge anche il rapporto finale della Commissione mondiale sui determinanti della salute quando sostiene che non esiste una regola standard per contrastare le disuguaglianze. Ogni Paese dovrà adottare le risposte che più si adeguano al proprio contesto territoriale e giuridico, alla predisposizione nazionale ad accogliere misure di redistribuzione dei determinanti della salute e al proprio livello di avanzamento nell elaborazione di misure sempre più incisive [Commission on the social determinants of health, 2009]. Ciononostante (e gli stessi due report citati lo riconoscono), non tutti i differenti approcci hanno il medesimo impatto e le stesse capacità di aggredire con successo le disuguaglianze di salute. Così ad esempio, per quanto una determinata politica possa avere un impatto positivo, se non orientata al raggiungimento di un obiettivo - primario o secondario ma comunque esplicito - di riduzione delle disuguaglianze, difficilmente conterrà in sé le disposizioni per attivare un adeguato sistema di monitoraggio degli effetti, rendendo così complicata una sua valutazione e una sua riproducibilità nel tempo o in altri contesti. O ancora, quando non inserita all interno di un chiaro e regolamentato impegno governativo verso l equità in salute, qualsiasi politica di contrasto avrà minori giustificazioni e possibilità di sopravvivenza di fronte ai tagli dovuti alle eventuali restrizioni di spesa pubblica in periodi di crisi economica o di difficoltà finanziaria per le casse dello Stato. Più in generale, esiste una molteplicità di criteri attraverso i quali recensire i tentativi nazionali di contrasto alle disuguaglianze di salute e stilare una classifica nella loro efficacia - quantomeno - teorica. Vediamo i principali. 210

221 Capitolo Il livello di consapevolezza Un primo aspetto da considerare non riguarda propriamente le caratteristiche della singola politica di contrasto, quanto piuttosto la cornice istituzionale in cui è inserita. Esistono infatti ampie variazioni nella consapevolezza, capacità ed impegno politico dei Paesi dell Unione europea per quanto riguarda il loro approccio alle disuguaglianze sociali nella salute. Ciò implica ovviamente che le iniziative siano politicamente più sofisticate laddove questa issue sia da tempo stata recepito all interno della normativa e delle regolamentazioni legislative. Come vedremo più avanti quando analizzeremo nello specifico il caso italiano, negli ultimi due decenni il ruolo delle organizzazioni internazionali e dell Unione europea da una parte e la crescita della letteratura epidemiologica dall altra sono stati fondamentali nell attirare l attenzione politica sull importanza, l ingiustizia e le conseguenze delle disuguaglianze di salute e nello scandire lo sviluppo di adeguate azioni di contrasto. Tuttavia non tutti i Paesi hanno colto allo stesso modo tali input e li hanno trasformati in priorità governative, e solo alcuni hanno costruito strategie ampie ed integrate per curare le conseguenze delle disuguaglianze di salute e tentare di prevenirne le cause. Alcuni Paesi hanno iniziato ad adottare misure di contrasto già negli anni 80 (come ad esempio i Paesi anglosassoni e scandinavi), mentre altri hanno iniziato soltanto recentemente o sono ancora in fase di ricognizione. Un articolo del 1998 di Margaret Whitehead ha tentato di rappresentare graficamente i differenti livelli di avanzamento della consapevolezza sulle disuguaglianze di salute e della sua concretizzazione in obiettivi politici e in azioni di contrasto (figura 1). [Whitehead, 1998]. In particolare il percorso dall alto verso il basso segue l andamento verso forme sempre più evolute. Il primo passo che ogni Paese deve ovviamente intraprendere è acquisire le capacità necessarie per rilevare le differenti esposizioni sociali ai fattori di rischio e misurarne l impatto. Le disuguaglianze sociali nella salute sono infatti invisibili senza lo sviluppo di un adeguato sistema informativo che le renda palesi e ne favorisca un interpretazione quantitativa e qualitativa. E anche quando già esistenti, i dati devono penetrare all interno dei processi di policymaking e divenire di pubblico dominio. Una Figura 1. Livello di consapevolezza nazionale sulle disuguaglianze di salute volta divenute evidenti, e supportate da input esterni, quali ad esempio il patrocinionio della società civile o gli input internazionali, le amministrazioni possono reagire in due modi: non riconoscendo l importanza - etica o utilitaristica - di una risposta politica (o addirittura interpretandole come un costo da pagare in nome dello sviluppo economico 4 ) oppure 4 Ad esempio i difensori dei modelli economici neoliberisti sostengono che le disuguaglianze siano una conseguenza dello sviluppo economico e che addirittura possano contribuire alla crescita, aumentando la 211

222 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute sostenendo la necessità di adottare un azione positiva. Se le informazioni a disposizione sono ritenute sufficienti (e non si cade dunque nello stato che Whitehead definisce di mental block per cui si ritiene opportuno accrescere il patrimonio conoscitivo e finanziare ulteriore ricerca), i governi cominciano dunque a recepire nei propri ordinamenti priorità di azione nei confronti delle disuguaglianze. Tuttavia ciò non è sufficiente e sono molte le esperienze europee di Paesi che a impegnative quanto retoriche dichiarazioni di intenti non hanno poi fatto seguire misure concrete o non hanno accompagnato le prime politiche di contrasto con azioni di supporto che ad esempio ne riconoscessero la legittimità, ne favorissero l efficacia o ne stabilissero il finanziamento nel budget nazionale. Solo alcuni Paesi, ancora oggi, sono riusciti a superare la fase di produzione di singole iniziative isolate e si sono spinti verso la costruzione di azioni più strutturate o la definizione di strategie integrate e intersettoriali che aggrediscano le disuguaglianze di salute da più punti e mettendo in campo approcci multidisciplinari e continui. È chiaro dunque che una prima caratteristica per definire lo stato di avanzamento di un Paese nella definizione delle politiche di contrasto alle disuguaglianze e, quindi, per analizzare le singole misure implementate, sia definire la posizione ricoperta nella mappatura proposta da Whitehead. Misure - che, come vedremo, potranno essere definite meno efficaci - saranno dunque giustificate in contesti in cui lo stato di consapevolezza è ancora arretrato e anzi potranno essere testimonianza di una volontà di azione che potrebbe svilupparsi ulteriormente in futuro. Simmetricamente, si dovrebbe attribuire una peggior valutazione a quelle politiche che, seppur inserite in un contesto fortemente sensibilizzato, non riescono ad impattare con successo i meccanismi di generazione delle disuguaglianze Gli entry-point e i soggetti attuatori Un secondo criterio di classificazione delle politiche di contrasto riguarda l ambito di intervento. Se infatti da una parte è vero che la multidimensionalità delle cause delle disuguaglianze sociali nella salute offre ai governi un ampio ventaglio di possibilità riguardo a quali determinanti aggredire, è anche vero che non tutti gli interventi hanno una medesima efficacia. Una prima ragione ha ovviamente a che vedere con la distribuzione dei fattori di rischio, per cui la portata massima dell impatto di una politica è ovviamente limitata all ampiezza del divario tra gruppi sociali nell esposizione ad una determinata minaccia per la salute. E una seconda, anche questa palese, riguarda le capacità, le risorse e le partnership già presenti in un determinato contesto politico-territoriale, nonché la predisposizione socioculturale, idonee ad affrontare un specifico fattore di rischio piuttosto che un altro. Ad esempio, competitività di un sistema Paese. In particolare, assumono che i maggiori proventi derivanti da un maggior sviluppo economico potrebbero finanziare le politiche per riequilibrare ex post gli svantaggi sociali attraverso politiche di redistribuzione del reddito e politiche sociali. in altre parole, sembrerebbe che quanto più una società sia diseguale, tanto più può trovare all interno di essa gli stimoli per una crescita economica maggiore e conseguentemente, secondo una logica arzigogolata e perversa, i fondi per aggiustare posteriormente i danni sociali della crescita stessa, garantendo così il benessere e la salute dei propri cittadini. 212

223 Capitolo 8 anche in presenza di forti disuguaglianze sociali nella mortalità per malattie alcol-correlate, sarà ovviamente più fattibile una riduzione delle seppur minori disuguaglianze sociali legate al consumo di tabacco, se un Paese ha già intrapreso sforzi per aggredire il tabagismo, se risorse specifiche sono state già allocate o se il consumo di alcool soffre di una minor stigmatizzazione socioculturale. Ciononostante, a parità di condizioni, la letteratura scientifica e i documenti internazionali ed europei più recenti sono concordi nell individuare in approcci che intacchino i determinanti sociali della salute, agendo sul gradiente sociale, la miglior strategia delineabile di contrasto alle disuguaglianze di salute. La ricomposizione della stratificazione sociale secondo schemi più equi avrebbe infatti di per sé un effetto positivo sulla salute di tutti i gruppi sociali, ripercuotendosi su tutti i meccanismi di generazione delle disuguaglianze, in primo luogo grazie a benefici diretti di tipo materiale e psicosociale, in secondo luogo grazie al potenziale abbandono di stili di vita scorretti che - come visto nei precedenti capitoli - sono in buona parte socialmente determinati. Inoltre l acquisizione di maggiori risorse e capacità ridurrebbe le differenze nella vulnerabilità ai fattori di rischio e infine le disuguaglianze sociali nelle conseguenze della malattia. Così, ad esempio, Michael Marmot, nel rapporto Fair society, healthy lives in cui riportava i principali risultati della revisione a lui affidata delle politiche anglosassoni e volta a individuare strategie per ridurre le disuguaglianze di salute in Inghilterra, suggerisce l attuazione delle seguenti raccomandazioni, dalle quali se ne otterrebbero a catena benefici per tutta la popolazione [Marmot, 2009]: 1. Offrire a ogni bambino il migliore inizio della vita. 2. Creare impieghi e un buon lavoro per tutti 3. Assicurare un salutare standard di vita per tutti 4. Creare e incrementare luoghi e comunità salubri e sostenibili 5. Assicurare a tutti i bambini, i giovani e gli adulti la possibilità di massimizzare le loro capacità ed esercitare un controllo sulle loro vite 6. Rafforzare il ruolo e l impatto della prevenzione Soddisfare ognuno di questi obiettivi richiede sforzi notevoli, ma in ogni caso raggiungibili solo attraverso azioni che incidano appunto i determinanti sociali della salute e provenienti da settori quali ad esempio l economia, l urbanistica, il fisco, le politiche sociali o l istruzione. Anche le ultime due raccomandazioni - che sembrerebbero più vicine al mondo della sanità - richiedono l intervento di misure che tengano in considerazione la distribuzione dei determinanti sociali. Così ad esempio la prevenzione non può trascurare l effetto dell inverse care law per cui a beneficiare maggiormente di interventi di promozione alla salute, se implementati senza dare un appropriata attenzione alle differenti permeabilità sociali, sono spesso i gruppi più avvantaggiati. Realizzare interventi di prevenzione efficaci significa dunque da una parte inserire all interno della progettazione e dell implementazione considerazioni specifiche che includano il contesto socioeconomico della popolazione bersaglio dell intervento e i bisogni specifici dei suoi sottogruppi e dall altra tentare di accompagnare l attuazione della misura con azioni parallele sui determinanti sociali che ne accrescano l efficacia. Meno incisivi potrebbero essere invece gli interventi che agiscono non sull origine delle catene 213

224 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute dei meccanismi di generazione, ma sugli anelli intermedi (la differente esposizione o vulnerabilità ai fattori di rischio) o direttamente sui differenti outcome di salute - garantendo ad esempio l equità del servizio sanitario - o, infine sulle differenti conseguenze sociali della malattia (attraverso i programmi di assistenza sociale). Ciò non significa che non siano appropriati, importanti o raccomandabili e, in effetti, tutti Paesi in Europa - tra cui in primis l Italia - hanno da tempo sviluppato e continuano a implementare, anche secondo schemi sempre più moderni ed efficaci, misure di questo tipo. E, del resto anche lo sviluppo di strategie avanzate che tentino di incidere sui determinanti sociali, non può prescindere da azioni parallele, soprattutto a carico del servizio sanitario, che aggrediscano contemporaneamente i restanti entry-point di generazione delle disuguaglianze di salute. Interventi pubblici che si soffermino unicamente sulle fasi finali dei meccanismi spesso riescono anche ad arginare l impatto della stratificazione sociale sulla salute, tuttavia operano unicamente in senso riparatorio e non mettono in atto dinamiche che prevengano la perpetuazione delle disuguaglianze. Ma perché allora la maggioranza dei Paesi punta esclusivamente su queste misure? Una prima risposta riguarda il fatto che costruire azioni sui determinanti sociali richiede capacità di pianificazione, progettazione e attuazione, nonché risorse economiche, maggiori. In primo luogo perché le azioni necessarie spesso non sono competenza dei ministeri o delle istituzioni direttamente responsabili della tutela della salute. Per quanto Salute in tutte le politiche sia una strategia riconosciuta in molti Paesi europei (e tra questi dall Italia che ha organizzato la Conferenza interministeriale del 2006 che ne ha sancito la raccomandazione di adozione in ogni paese europeo), è tuttavia improbabile che i dicasteri dell economia, del welfare e più in generale di tutti i settori che possono avere un impatto sulla salute mettano in atto spontaneamente politiche di contrasto, senza un impegno e un coordinamento politico centrale e senza regolamentazioni normative. Spesso i responsabili politici di queste materie sono ancora poco consapevoli degli effetti delle loro decisioni sulla salute o hanno priorità differenti. E quando anche consapevoli circa il fatto che una riduzione delle disuguaglianze di salute potrebbe nel lungo periodo ripartire i benefici ottenuti in tutti i settori, spesso preferiscono orientare le proprie scelte su obiettivi a più breve termine. Inoltre, disinnescare i meccanismi che tramutano le disuguaglianze sociali in disuguaglianze di salute implica spesso la costruzione di partnership per lo sviluppo di azioni trasversali (cooperazione intersettoriale) e multilivello (cooperazione verticale tra differenti livelli di amministrazione territoriale) che richiedono a loro volta un ulteriore evoluzione delle capacità e del mandato istituzionale, l allocazione di risorse ad hoc e la creazione di network che riuniscano attorno al medesimo tavolo attori provenienti da altri settori, dalla società civile e dai settori industriali. Il servizio sanitario e in particolare la sanità pubblica dovrebbero in questo senso avere un doppio ruolo promotore: da una parte sostenere azioni di advocacy a favore dell inserimento dell attenzione all equità nella programmazione delle politiche non sanitarie, dall altro incoraggiare e guidare la nascita di reti intersettoriali. Ciononostante, lacune nella volontà e capacità di gestire le disuguaglianze di salute sono rilevabili anche all interno dello stesso settore sanitario, tradizionalmente orientato alla cura delle malattie piuttosto che all erosione dei meccanismi sociali che le creano. La letteratura scientifica - come documentato nel capitolo 6 - ha infatti documentato come gli stessi servizi sanitari non riescano sempre a mantenere le premesse di equità e di universalità del diritto alla salute, peraltro recepite in tutti gli ordinamenti normativi europei, e come l accesso ai servizi presenti ancora disuguaglianze tra gruppi sociali. 214

225 Capitolo 8 E per quanto molti Paesi si siano da tempo compromessi a perseguire l equità in sanità e alcuni abbiano anche introdotto azioni dirette sui determinati sociali della salute 5, la maggioranza non si spinge oltre l introduzione di meccanismi che tentino di garantire un equo accesso alle strutture assistenziali. Non è un caso se l ufficio europeo dell Organizzazione mondiale della sanità abbia sponsorizzato la campagna Keep your house in order, in cui invita i servizi sanitari a rafforzare il proprio impegno per ridurre gli effetti disuguali della stratificazione sociale, combinando azioni dirette sulle conseguenze di salute delle disuguaglianze e interventi sui determinanti sociali [WHO/Euro 2012]. Senza dare il buon esempio all interno delle tematiche di propria competenza è improbabile che il servizio sanitario, seppur illuminato circa la necessità di portare avanti azioni di contrasto intersettoriali, possa assumere l autorevolezza necessaria nelle azioni di advocacy Il target delle politiche Un terzo criterio di valutazione delle politiche di contrasto riguarda invece la popolazione bersaglio degli interventi. In un lavoro che ha fortemente influenzato il pensiero sulle politiche di contrasto alle disuguaglianze sociali della salute, Hilary Graham, docente di sanità pubblica all Università di York, distingue tra azioni volte a: 1) migliorare la salute dei gruppi e degli individui in fondo alla scala sociale, attraverso programmi specifici e orientati a tutelare la salute dei gruppi vulnerabili; 2) a colmare o ridurre il gap di salute esistente tra i gruppi più avvantaggiati e quelli meno 3) a ridurre le disuguaglianze di salute lungo l intero gradiente sociale [Graham, 2004]. Non si tratta di una mera classificazione tecnica, giacché la scelta di approccio può cambiare drasticamente il successo o il fallimento di una politica e allo stesso tempo risponde a bisogni differenti della popolazione, riflettendo principi e obiettivi diversi. Le politiche volte a migliorare la salute degli individui più svantaggiati o dei gruppi vulnerabili (si pensi ad esempio agli interventi per tutelare la salute delle donne, degli adolescenti e minori, dei disabili, degli immigrati o ancora della popolazione carcerata) hanno il vantaggio di definire chiaramente la popolazione target che beneficerà dell intervento, rendendo più semplice il monitoraggio e la valutazione dei risultati. Inoltre si combinano bene con altre politiche selettive tradizionali dell agenda politica, come ad esempio programmi di welfare (lotta alla povertà, supporto alle famiglie in difficoltà, politiche per il reinserimento dei disoccupati, ecc...), o interventi per le pari opportunità. Tuttavia, queste decisioni rischiano di non incontrare il supporto incondizionato dei soggetti non beneficiari (che potrebbero lamentarsi della quota troppo alta di spesa pubblica dedicata), e non hanno di per sé lo scopo di ridurre le disuguaglianze di salute, in quanto l aumento del benessere delle classi più disagiate potrebbe anche essere accompagnato da un parallelo o più intenso miglioramento dei gruppi più fortunati. Il secondo approccio presentato tiene invece in considerazione il divario di salute tra vetta e base della gerarchia sociale e prova a porvi rimedio attraverso azioni che garantiscano un 5 Risposte concrete stanno giungendo da alcuni Paesi come ad esempio il Regno Unito, il cui Royal Medical College ha recentemente pubblicato un documento su come gli operatori sanitari possono contribuire a colmare il gap sociale di salute 215

226 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute incremento più veloce della salute degli individui in fondo alla scala sociale rispetto a quelli che stanno alla cima. Quest approccio ha il fondamentale vantaggio di quantificare il gap da colmare e quindi di favorire la definizione di target da raggiungere, così come di allinearsi con politiche più generaliste (come ad esempio le politiche urbanistiche che tentano di migliorare la qualità della vita in tutta la città, concentrando tuttavia gli interventi più importanti e riqualificanti nelle aree più deprivate). Tuttavia presenta il limite principale di non tenere in considerazione (e di non prendervi relative misure) la salute delle platee sociali intermedie, solitamente le più numerose, e di non riconoscere che malattie e mortalità tendono a crescere proporzionalmente man mano che si scende nella scala sociale. Intaccare il gradiente sociale è invece l obiettivo dell ultimo approccio presentato da Graham, che si concentra sull iniqua distribuzione di risorse e potere in tutta la popolazione e pertanto implica l implementazione di misure che equalizzino le potenzialità e le opportunità di tutti gli individui di raggiungere il miglior stato di benessere fisico e mentale possibile. Questa impostazione (la più efficace nel ridurre le disuguaglianze di salute in termini di casi attribuibili) implica l implementazione di politiche che intacchino e intercettino le cause strutturali delle disuguaglianze di salute (agendo dunque sui determinanti sociali e attraverso azioni intersettoriali) e richiede pertanto capacità piuttosto complesse di lettura dei bisogni, nonché di progettazione e attuazione. Inoltre rischia di essere piuttosto costosa e di avere risultati soltanto nel lungo periodo. Non si tratta di approcci esclusivi, tant è che in un modello ideale dovrebbero essere interdipendenti e armonizzati: le disuguaglianze di salute hanno molteplici origini e ognuna di queste necessita una differente impostazione metodologica. Ciononostante è vero che si tratta di approcci di crescente complessità ed efficacia e Paesi che hanno sviluppato politiche per intaccare il gradiente sociale avevano già adottato in precedenza misure per prevenire le conseguenze di salute dei gruppi vulnerabili, mentre è meno vero il contrario. La sequenza logica dovrebbe prevedere come primo step il miglioramento della salute dei gruppi più svantaggiati. La seconda tappa (a riduzione delle diseguaglianze) è un obiettivo più ambizioso perché significa che lo stato di salute del gruppo più svantaggiato migliora a un ritmo più veloce del gruppo più benestante; infine una volta sviluppate le capacità per quantificare le disuguaglianze, si possono mettere in atto azioni concrete per una loro riduzione trasversale. In un recente articolo, Benach ha suggerito una rivisitazione delle categorie proposte da Graham, introducendo una seconda dimensione di analisi: le politiche per la salute dovrebbero sì ridurre le disuguaglianze osservabili tra gli outcome da parte di gruppi sociali differenti ma contemporaneamente promuovere il benessere dell intera popolazione [Benach, 2013]. Vista da questa prospettiva gli approcci presentati devono dunque essere anche valutati sulla base della loro capacità di migliorare i livelli medi di salute 6 In tal senso gli approcci che operano sui gruppi vulnerabili sarebbero quelli meno rilevanti, essendo quelli che apportano (secondo un punto di vista utilitaristico che potrebbe essere quantomeno ridimensionato da considerazioni di ordine etico e di giustizia sociale) un minor 6 Al riguardo un ottim esempio di valutazione è la review presentata nell appendice al presente documento Chiavi di lettura, evidenze e raccomandazioni dalla marmot review 216

227 Capitolo 8 guadagno di salute all intera società, mentre i restanti due dovrebbero essere riesaminati in base alla loro concretizzazione in politiche che mirano unicamente a ridurre il gap tra gruppi sociali o a migliorare la salute di tutti i cittadini. Nel primo gruppo ad esempio stanno le politiche redistributive che hanno lo scopo di riequilibrare in modo più equo di quanto avverrebbe senza regolamentazione pubblica le risorse all interno della popolazione: il loro impatto sulla riduzione della storia naturale delle disuguaglianze di salute è sicuramente positivo, tuttavia non vi sono benefici diretti per i gruppi sociali più avvantaggiati. Nel secondo gruppo stanno invece le politiche che seguono quello che Michael Marmot ha definito un approccio di universalismo proporzionale e che rappresentano al giorno d oggi l espressione più avanzata delle politiche per la salute: azioni universali ma calibrate secondo un intensità inversamente proporzionale al fabbisogno. Esempi in questo senso possono essere ad esempio gli interventi di screening, progressivamente più efficaci man mano che si scende lungo la scala sociale, o tra le azioni rivolte ad intaccare i determinanti sociali, alcuni programmi volti a migliorare le condizioni psicosociali nei luoghi di lavoro [Bambra, 2009] o l introduzione delle traffing calming area ovverosia di tutte le tipologie di intervento (singole o combinate tra loro) volte a moderare gli effetti negativi prodotti dal traffico e dalla velocità dei veicoli e che hanno un beneficio proporzionale alla deprivazione dell area in cui vengono realizzate [Steinbach, 2011] La capacità di monitoraggio e la valutazione Infine un ultimo criterio riguarda l inclusione all interno dell architettura di una politica di una fase di monitoraggio e di valutazione. Oltre all importanza che questi sistemi di controllo hanno per assicurare accountability degli attori e dei programmi, è soltanto grazie all inclusione di questi due momenti si può capire what works and what doesn t e comprendere se un azione intrapresa in un determinato contesto territoriale o rivolta ad un determinato target possa essere esportabile anche in altre condizioni. Non solo: la valutazione è un prerequisito essenziale per decidere se una politica debba essere prorogata, accresciuta, adottata o interrotta e per creare un corpus di conoscenza evidence-based grazie alla quale intraprendere misure sempre più efficaci per ridurre le disuguaglianze. 7 Pochi Paesi in Europa hanno tuttavia adottato sistematicamente queste prassi nella progettazione e implementazione delle politiche di contrasto e, quand anche pianificate, spesso rispondono più ad esigenze formali che a un vero interesse per determinare l esito delle misure adottate. Spesso inoltre la valutazione viene considerata come un attività esterna, condotta da centri di ricerca che non devono essere interpellati nella definizione degli obiettivi e dell attuazione di una misura pubblica. Così facendo tuttavia spesso si esclude la preparazione di adeguati sistemi di monitoraggio e di lettura dei risultati, senza i quali appare complesso se non impossibile verificare il reale impatto di una politica. 7 Round table report relating to the project on Tackling health inequalities in health through Health Promotion, ENPHA, 2001, p 11). 217

228 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute 8.2 Lo stato di avanzamento delle politiche di contrasto alle disuguaglianze di salute in Europa Proprio utilizzando i criteri introdotti nei precedenti paragrafi, nel 2012, il Servizio di epidemiologia dell ASLTO3 della Regione Piemonte ha analizzato, all interno delle attività portate avanti dal progetto Euro Global Burden of Disease 8, le politiche di contrasto implementate nei Paesi dell Unione europea, in modo da ottenere una mappatura continentale dello stato di avanzamento nella capacità di attivare misure per la riduzione delle disuguaglianze di salute. L esercizio ha comportato la raccolta e la revisione di 215 politiche ed azioni implementate dal 2005 fino al 2012 a differente livello (nazionale, regionale e locale) e precedentemente già collezionate da altri gruppi di lavoro. In particolare è stato utilizzato il materiale ottenuto: - dal consorzio europeo Eurohealthnet, per conto dell European Review on health inequalities, commissionata dal Unione europea; 9 - dal gruppo di lavoro guidato da Michael Marmot e incaricato dall Ufficio europeo della Organizzazione mondiale delle sanità di condurre una parallela revisione on health inequalities; - dal materiale online del gruppo europeo di esperti sui determinanti sociali della salute, gruppo di lavoro e di advocacy della DG SANCO della Commissione europea che riunisce attorno allo stesso tavolo esperti professionisti ed accademici provenienti da differenti contesti nazionali; - dal confronto con altri esperti europei nei vari meeting della Joint Action on Health Inequalities, cui la Regione Piemonte partecipa insieme alla Regione Veneto, all Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali ed altri enti istituzionali o centri di ricerca provenienti da 16 Paesi europei 10. Ogni politica raccolta è stata quindi esaminata e valutata sulla base di tre criteri: - la tipologia (e quindi in ordine decrescente di efficacia e di impatto una strategia multisettoriale e multilivello di contrasto alle disuguaglianze di salute, un azione intersettoriale sulle disuguaglianze di salute ma non inserita in una strategia ampia ed integrata, un azione di un ministero sui determinanti sociali della salute con un focus diretto o indiretto sulle disuguaglianze di salute, una politica del ministero della Salute (o di un suo dipartimento) direttamente rivolta alle disuguaglianze di salute, o ancora un azione sempre del settore sanitario ma solo indirettamente rivolta alle disuguaglianze di salute; - il target di riferimento, specificando se l azione avesse come obiettivo la riduzione delle disuguaglianze lungo l intero gradiente sociale (ipotesi migliore), se avesse invece lo scopo di migliorare la salute dei gruppi vulnerabili o di ridurre il gap tra i più e i meno svantaggiati, o ancora - ipotesi meno efficace - se, pur indirizzata a tutta la popolazione senza una specifica attenzione alle disuguaglianze, fosse altresì probabile che avesse un impatto 8 Quest esercizio ha fatto parte delle attività del Servizio di Epidemiologia all iterno del progetto EuroGBD ha tentato per 9 Il consorzio Eurohealthnet ha inviato un questionario ad una serie di esperti nazionali in cui si chiedeva loro di riportare le principali politiche di contrasto alla salute implementate nel proprio Paese. Sia il questionario che le politiche inviate sono consultabili sul sito di Eurohealthnet alla pagina internet 10 Per maggiori informazioni sulla Joint Action, consultare il sito del progetto alla pagina Web: 218

229 Capitolo 8 differenziato sui differenti gruppi sociali; - infine sull inclusione nella politica di un percorso di monitoraggio e di valutazione dei risultati. Ad ogni politica è stato poi attribuito un punteggio secondo uno schema che premiava gli approcci più innovativi ed evoluti, come riportato in tabella 1. Tabella 1. Criteri di valutazione delle politiche adottati per il progetto EuroGBD. Azione multisettoriale integrata in una strategia di contrasto diretta alle disuguaglianze di salute 5 Azione intersettoriale sulle disuguaglianze di salute ma isolata 4 1 Tipologia della risposta Azione intersettoriale sui determinanti sociali della salute 3 Azione del ministero della Salute (o di un suo dipartimento) direttamente rivolta alle disuguaglianze di salute 2 Azione del ministero della Salute (o di un suo dipartimento) indirettamente rivolta alle disuguaglianze di salute 1 Gradiente sociale 3 2 Target Gap o gruppi vulnerabili 2 Popolazione nel suo insieme 1 Alta 3 3 Monitoraggio e valutazione Media 2 Bassa 1 Per ogni Paese è stato infine tracciato un profilo che tenesse conto della valutazione delle politiche in esso implementate a livello nazionale (considerando nell assegnazione di un giudizio complessivo la miglior politica per ogni criterio) e, in aggiunta, del recepimento (alto, medio o basso) delle disuguaglianze di salute nell ordinamento istituzionale e nell agenda politica, nonché il numero totale di politiche recensite (secondo il punteggio riportato nella tabella 2). Tabella 2. Criteri per valutare la consapevolezza nazionale riguardo le disuguaglianze di salute Criterio Valori Score Inclusione delle Alta 5 4 disuguaglianze di salute Media 3 nell agenda politica Bassa 1 > di Numero delle politiche < di 5 1 Ovviamente nel valutare i risultati (presentati in tabella 3) bisogna considerare alcune limitazioni: innanzitutto il numero delle politiche raccolte non è esaustivo (alcune iniziative potrebbero non essere state captate o comunicate dalle fonti consultate) e un numero elevato di azioni adottate non significa di per sé una maggior capacità di contrasto quanto semmai una maggiore prolificità progettuale; inoltre, per ragioni di comparabilità, sono state valutate le politiche attuate unicamente a livello nazionale, mentre molti Paesi potrebbero aver delegato 219

230 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute parte della lotta alle disuguaglianze ai livelli subnazionali, regionali e locali; infine, il lasso temporale considerato ( ) tende a premiare maggiormente (specie per alcune voci, come ad esempio il numero delle iniziative recensite) quei Paesi che si sono dotati soltanto negli ultimi anni di strategie di contrasto. Ciononostante la mappatura che se ne trae sembrerebbe essere piuttosto rappresentativa e aggiornare le direzioni già delineate nel 2005 da un esercizio di valutazione simile e commissionato dalla presidenza inglese dell Unione europea 11. In particolare sembrerebbero poter essere tracciati 4 profili differenti, ad ognuno dei quali corrisponde una differente capacità di contrasto. In ordine crescente questi sono: Gruppo A Austria, Lettonia, Polonia, Portogallo e Repubblica Ceca presentano le politiche meno evolute. Questi Paesi presentano ancora difficoltà a rilevare le differenti esposizioni sociali alle minacce per la salute, a causa di un insufficiente sviluppo dei sistemi informativi e delle competenze per interpretare i pochi dati disponibili. Ciononostante, alcune azioni sono state implementate e in particolare dai ministeri della Salute che, specie attraverso politiche adottate per garantire l universalità nell accesso ai servizi sanitari e in misura minore per ridurre l adozione di stili di vita scorretti, sono riusciti (direttamente o indirettamente) ad avere un qualche impatto sulle disuguaglianze. Gruppo B Un gradino più in su stanno invece un altra serie di Paesi (tra cui l Italia) in cui le evidenze scientifiche ed epidemiologiche, nonché gli input internazionali ed europei hanno oramai reso consapevoli i decisori politici circa la natura e l importanza delle disuguaglianze di salute. Tuttavia la loro riduzione non rappresenta una priorità governativa né un obiettivo primario di alcun ministero e spesso non è ancor ben chiaro quali siano i fattori di rischio che maggiormente contribuiscono alle disuguaglianze. Alcuni dicasteri, nondimeno, e in particolare quelli della salute hanno ad ogni modo sviluppato azioni dirette volte a ridurre direttamente le disuguaglianze non solo negli outcome di salute e nell accesso alle cure, ma anche nelle esposizioni ai fattori di rischio e le differenti vulnerabilità e in alcuni casi costruendo partnership con altri enti istituzionali. Le politiche di contrasto infine si concentrano in particolare sui gruppi vulnerabili (donne, immigrati, bambini, adolescenti, anziani) che a diverso titolo subiscono le conseguenze più importanti della stratificazione sociale. Gruppo C Un ulteriore gruppo è composto da Paesi che hanno invece percorso un passo in più nell evoluzione delle politiche di contrasto. Le disuguaglianze di salute sono nella agenda nazionale, nei piani sanitari nazionali e in altri piani di settore, come ad esempio nelle politiche sociali, e metodologie per stabilire le priorità di azione sono state elaborate o sono in fase di implementazione. Inoltre il monitoraggio e la valutazione degli interventi, specie in campo sanitario, è diffusa, così come l attenzione sui determinanti sociali della salute. Infine alcuni Paesi cominciano a concentrarsi sul gradiente sociale e sul divario di salute tra gruppi sociali. Tutti questi sforzi tuttavia non sono coordinati in un azione multi-settoriale e trasversale agli obiettivi di governo. 11 Health as a challenge 220

231 Capitolo 8 Gruppo D I Paesi scandinavi e in particolare quelli anglosassoni hanno adottato (e continuano ad adottare) gli approcci più coordinati e sistematici nel contrastare a livello nazionale, regionale e locale le disuguaglianze di salute. Queste vengono interpretate come una responsabilità condivisa di tutto il governo e strategie esplicite e strumenti intersettoriali per contrastarle, nonché quote di budget, sono state fissate dall agenda pubblica. Priorità e target di riduzione delle disuguaglianze sono fissati e gli interventi si focalizzano sul gradiente sociale e sui determinanti sociali della salute. Inoltre il monitoraggio e la valutazione delle politiche, anche di quelle non sanitarie, sono componenti imprescindibili di ogni politica di contrasto. Reti stabili di consultazione con gli stakeholder e con la società civile, infine, rappresentano validi strumenti di supporto per aumentare la partecipazione e l accettazione politica e pubblica degli interventi attuati. Ovviamente l inclusione di un Paese in un determinato profilo spesso risulta forzata, innanzitutto perché l evoluzione delle politiche di contrasto può differire sensibilmente a seconda del settore responsabile dell intervento o tra livelli differenti di governo territoriale, e, soprattutto, perché oltre alla consapevolezza e alla capacità di pianificazione e implementazione, intervengono numerosi altri fattori nel delineare la quantità e la qualità delle azioni effettivamente adottate. Tra questi vi è ad esempio l orientamento politico vigente in un determinato contesto territoriale, con le ideologie socialdemocratiche più propense ad attuare interventi redistributivi e ad agire sui determinanti sociali, e quelle conservatrici più interessate a difendere lo status dei gruppi avvantaggiati e a implementare piuttosto misure compensative nei confronti di alcuni gruppi vulnerabili. O, ancora, l andamento delle congiunture economiche, in quanto periodi di crisi finanziaria - come quello attuale - sono normalmente caratterizzati da misure di austerità che rischiano di colpire maggiormente i più poveri nonostante le preoccupazioni per l equità. Lo scenario europeo insegna come vi siano Paesi capaci di acquisire in breve tempo una forte consapevolezza in questa tematica e di sviluppare importanti propositi per l adozione di misure di contrasto alle disuguaglianze di salute e altri che, al contrario, hanno ridotto il loro compromesso istituzionale. Un esempio emblematico è il caso della Spagna, che dopo aver incluso l equità sociale tra le priorità del suo semestre di presidenza europea nella prima metà del 2010 e la conseguente pubblicazione del rapporto Moving forward equity in health: monitoring social determinants of health and the reduction of health inequalities, ha iniziato a pianificare strategie politiche incisive, finché il cambio di governo e l avvento della peggior crisi economica conosciuta dal Paese negli ultimi decenni hanno cambiato le priorità amministrative, mettendo in dubbio per il futuro l attuazione degli intenti appena promossi. Ecco che pertanto risulta fondamentale, per garantire la stabilità del commitment istituzionale che le disuguaglianze di salute vengano recepite saldamente nell impianto normativo dei Paesi e che meccanismi a difesa dell equità e della giustizia sociale (e della loro indisponibilità alle minacce della crisi) facciano parte dei valori sociali condivisi e vigenti in ogni sistema territoriale. 221

232 Tabella 3. Stato di avanzamento dei Paesi europei nell adozione di politiche di contrasto alle disuguaglianze di salute Iniziative di contrasto Livello di consapevolezza Tipologia di politica Target Valutazione / Monitoraggio Classe Paese Numero degli interventi recensiti Punteggio degli interventi recensiti Alto Medio Basso Azioni intersettoriali inserite all interno di una strategia complessa Isolate politiche di contrasto interesettoriali Azioni intersettoriali che dirett o insdirett impattano le disuguaglianze di salute Azion del ministero della salute rivolte a contrastare dirett. le disuguag Azion del ministero della salute rivolte a contrastare indirett. le disuguag Gradiente sociale Politiche volte a colmare il gap o rivolte a gruppi vulnerabili Politiche per tutta la società ma con effetti disfferenti sui gruppi Alto Medio Basso Punteggio A Inghilterra A Galles A Finlandia A Norvegia A Scozia A Irlanda A Svezia B Spagna B Belgio B Germania B Danimarca B Olanda C Estonia C Francia C Italia C Ungheria D Lituania D Lettonia D Austria D Polonia D Portogallo D Rep. Ceca

233 Capitolo 8 Tabella 4. Profili nazionali di avanzamento delle politiche di contrasto alle disuguaglianze di salute Livello di consapevolezza e commitment istituzionale Tipologia più avanzata di azioni messe in atto Valutazione e monitoraggio Popolazione target Paesi D Alta Strategie ampie e integrate di azioni intersettoriali Alta Gradiente sociale Inghilterra Galles Finlandia Irlanda Norvegia Scozia Svezia C Medio/Alta Politiche intersettoriali sulle disuguaglianze di salute non inserite in una strategia nazionale Media Gradiente sociale / Gruppi vulnerabili Belgio Danimarca Germania Olanda Spagna B Media Politiche sui determinanti sociali della salute ma senza un esplicito obiettivo di riduzione delle disuguaglianze di salute Medio/bassa Gruppi vulnerabili Estonia Francia Italia Lithuania Ungheria A Bassa Politiche di contrasto diretto o indiretto sulle disuguaglianze di salute messe in atto dal ministero della Salute Bassa Gruppi vulnerabili / Intera società senza differenziazione Austria Lettonia Polonia Portogallo Rep. Ceca 8.3 Lo stato di avanzamento delle politiche di contrasto in Italia Come visto nel precedente paragrafo, l Italia ha raggiunto uno stato di avanzamento ancora modesto nell implementazione di politiche che affrontano le disuguaglianze sociali nella salute. Tutti gli studi comparativi che hanno valutato lo stadio di sviluppo delle iniziative di contrasto in Europa vedono infatti l Italia sospesa in una fase di stallo, intermedia tra una consapevolezza iniziale dell esistenza e dell importanza del problema con interventi isolati e l incapacità di darvi seguito con programmi di azione coordinati, coerenti e non settoriali (Costa, 2009). In effetti questa tematica ha trovato storicamente uno spazio piuttosto limitato nell agenda politica e nella legislazione ordinaria nazionale. Eppure è la stessa Costituzione che sembrerebbe prevedere la necessità di sviluppare azioni di contrasto, tant è che la lettura congiunta dell articolo 32 sull universalità delle cure ( la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti ) e dell articolo 3 che legittimità lo Stato a intraprendere azioni positive per assicurare il principio dell uguaglianza sostanziale degli individui ( la Repubblica deve impegnarsi a rimuovere gli ostacoli di natura economica e sociale che impediscono lo sviluppo della persona umana e la partecipazione attiva alla vita dello Stato ) sembrerebbe aprire un chiaro spazio interistituzionale per la presa di decisioni che promuovano l equità nella salute di tutti i cittadini. 223

234 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute Ciononostante nessun governo ne ha fatto fino ad oggi una priorità istituzionale di tipo intersettoriale e gli interventi di contrasto implementati sono stati più che altro azioni isolate, quasi esclusivamente dal settore sanitario, con o senza la collaborazione di altri ministeri, rivolte prevalentemente a compensare la salute o lo svantaggio dei gruppi vulnerabili, e comunque non inserite all interno di un ampia strategia multilivello ed intersettoriale. Una prima ragione per spiegare questo ritardo è da attribuire alla natura episodica e monodisciplinare degli sforzi di ricerca finora realizzati su questi temi. In Italia, inoltre, è ancora molto difficile misurare sistematicamente le covariate sociali in associazione con gli indicatori di salute, e si stanno appena ora affermando i sistemi di indagine longitudinale multiscopo, gli unici che sarebbero in grado di disarticolare i meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute lungo le traiettorie di vita [Costa, 2007] e di fornire così preziose indicazioni sugli ambiti verso i quali far convergere le politiche di contrasto. Tuttavia, a parte queste considerazione tecniche, in Italia sembrerebbe essere mancata fino a pochi anni fa una esplicita volontà politica per intraprendere delle misure appropriate. Una prima spiegazione normalmente addotta per rispondere a questa lacuna sta nel predominio assunto all interno dell agenda politica italiana dalla dimensione territoriale delle disuguaglianze rispetto a quella sociale: il vero gradiente sociale non sarebbe cioè quello tra gruppi più e meno avvantaggiati, quanto tra Nord e Sud del Paese. Sebbene queste due dimensioni per buona parte combacino e la maggior deprivazione socioeconomica dell Italia meridionale abbia attirato l implementazione di politiche di riequilibrio, storicamente non vi è stata una altrettanto chiara corrispondenza tra disuguaglianze geografiche e deprivazione da una parte e profilo di salute dall altra. La mortalità, ad esempio, e in particolare quella dei tumori e delle malattie circolatorie, soprattutto tra gli uomini, fino alla fine degli anni 80 ha sempre documentato eccessi di rischio nelle Regioni settentrionali nonostante un reddito medio e una spesa sanitaria procapite maggiore. E, parallelamente, il gap tra le Regioni nell aspettativa di vita si è nel tempo costantemente ridotto. Per quanto questo sia avvenuto grazie all applicazione di norme igieniche e sanitarie già ampiamente diffuse nel nord e al maggior margine nel miglioramento delle condizioni di vita quotidiana e di lavoro, ciononostante, di fronte a una situazione dove il rischio di morte non pareva essere macroscopicamente associato al censo, era ovvio che non venisse sollevato il tema delle disuguaglianze di salute. Una seconda spiegazione starebbe invece nel fatto che disuguaglianze sociali nella salute, hanno rispetto a quanto avviene nel resto d Europa, un impatto relativo minore (in particolare rischi relativi di mortalità e differenze di aspettativa di vita e di salute meno pronunciate). La scarsa importanza del problema avrebbe in un certo senso limitato l urgenza di attivare risposte politiche adeguate. E, in effetti, come abbiamo visto nel capitolo 3 quando si sono presentate le stime elaborata all interno del progetto EUROGBD, la riduzione della mortalità che si otterrebbe da una totale eliminazione delle disuguaglianze di istruzione (e quindi assumendo che tutta la popolazione acquisisse tassi di mortalità dei più istruiti), sarebbe in Italia, e più in generale nei Paesi latini, sensibilmente minore sia tra gli uomini sia tra le donne (soprattutto tra queste ultime) di quanto avviene nei Paesi anglosassoni, scandinavi e in particolare nei Paesi dell Europa orientale. 224

235 Capitolo 8 Figura 2. Potenziale riduzione delle disuguaglianze sociali nella salute (in % sul totale della mortalità) se la popolazione acquisisse i tassi di mortalità dei gruppi più istruiti in 21 popolazioni europee. EuroGBS-SE In particolare, lo scarso contributo in Italia delle disuguaglianze alla mortalità generale dipenderebbe dalla combinazione di più effetti: il ritardo della curva epidemica nella distribuzione sociale del fumo, per il quale nei Paesi mediterranei l esposizione differenziata al consumo di tabacco tra gruppi sociali è minore rispetto al resto d Europa (fino a giungere al paradosso per cui tra le donne più anziane a fumare maggiormente sarebbero ancora le più istruite), l effetto protettivo della dieta mediterranea nella mortalità cardiovascolare (che rappresenta tradizionalmente uno dei bersagli più importanti dell impatto delle disuguaglianze sociali nella salute) e la maggior tenuta nelle classi meno avvantaggiate degli schemi famigliari classici, che rallenta lo sfaldamento del ruolo protettivo del capitale sociale e delle reti di supporto ravvisabile nei restanti Paesi europei colpiti ad esempio dall aumento delle famiglie monogenitoriali. Ciononostante, entrambe queste considerazioni sembrerebbero non poter giustificare un ulteriore rinvio nell elaborazione di strategie complesse di contrasto alle disuguaglianze sociali di salute. Per quanto riguarda la distribuzione geografica della salute, dagli anni 90 le disuguaglianze territoriali e sociali nella salute hanno cominciato a combaciare: come visto nel capitolo 3, le Regioni del Mezzogiorno presentano infatti prevalenze maggiori di esposizione ai fattori di rischio comportamentali e ambientali, nonché peggiori outcome di salute per una serie molto vasta di indicatori. Inoltre le disuguaglianze sociali presenti all interno di quest area avrebbero un impatto maggiore rispetto al resto d Italia per l effetto sinergico causato dalla povertà delle risorse e capacità del contesto (vedi capitolo 4). E le stime per il futuro, indicano un potenziale peggioramento del divario geografico e sociale nelle disuguaglianze di salute del Paese. Anche l argomentazione sulla marginalità dell impatto delle disuguaglianze sociali in Italia, sembrerebbe avere una rilevanza modesta: non esiste infatti alcuna correlazione lineare tra contributo delle disuguaglianze alla mortalità e livello di avanzamento delle politiche di contrasto. Come osservabile nella figura 3, che confronta la distribuzione di queste due 225

236 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute dimensioni in Europa 1 misurate rispettivamente con l indice elaborato nel paragrafo precedente e con la misura delle morti attribuibili alle disuguaglianze sociali, Paesi con livelli similari di disuguaglianze di salute hanno sviluppato capacità politiche differenti per arginarne e gestirne l impatto. Il grafico semmai presenta una sorta di addensamento per macroaree subcontinentali (distinte nella figura con colori differenti), per cui la variabilità interna (Paesi provenienti dalla stessa area territoriale) sembrerebbe minore rispetto a quella esterna (Paesi provenienti da aree differenti), sia a livello di mortalità sia di politiche implementate Ciononostante, anche in questo caso, come dimostra ad esempio il confronto tra i due Paesi dell Europa meridionale inclusi nell analisi, Italia e Spagna, la grandezza delle disuguaglianze non sembrerebbe predire la dimensione e la qualità delle risposte politiche. Figura 3. Confronto tra contributo delle disuguaglianze di salute alla mortalità generale maschile e livello di avanzamento delle politiche di contrasto in 15 Paesi europei. Infine, un ultimo aspetto importante da tenere in considerazione riguarda la crisi che dal 2008 ha messo a dura prova l economia mondiale. Un articolo già citato in questo rapporto ha infatti sottolineato come i primi impatti della recessione sulla salute siano ormai evidenti e che, tranne in alcuni casi controcorrente e peraltro significativi (come la riduzione degli infortuni sul lavoro, dell inquinamento ambientale e degli incidenti stradali dovuti alla riduzione dell attività industriale e delle disponibilità economiche delle famiglie), l andamento dei più importanti dei determinanti distali e prossimali del benessere fisico e mentale dei cittadini stia registrando valori negativi [Costa, 2013]. E non solo: molti effetti della crisi (incremento della 1 I risultati riportano la potenziale riduzionde delle mortalità nella popolazione maschile, ma risultati analoghi si ottengono osservando quanto accadrebbe tra le donne 226

237 Capitolo 8 disoccupazione, crescita del numero assoluto di individui che vivono al di sotto della soglia di povertà, adozione compensativa di stili di vita scorretti) sono a carico soprattutto delle componenti più svantaggiate della popolazione, con l effetto di un ulteriore aumento delle disuguaglianze di salute. All impatto della crisi bisogna inoltre aggiungere la probabilità che la resilienza del contesto italiano alle disuguaglianze di salute, se non tutelata e in un certo senso sfruttata da appropriate politiche, non potrà avere lo stesso effetto ancora a lungo: anche in Italia, così come nel resto di Europa, il fumo diverrà relativamente più prevalente tra gli strati più svantaggiati della popolazione e l adozione di modelli nutrizionali meno sani, favorita dalla globalizzazione dell industria alimentare e dalla maggior convenienza economica rispetto alla dieta mediterranea, sarà più frequente tra le platee più povere e soprattutto più giovani. Nel futuro prossimo le disuguaglianze sociali nella salute, se non aggredite, sono pertanto destinate a crescere, con gravi conseguenze sulla giustizia e la coesione sociale, nonché sulla sostenibilità economica della penisola 2 [Suhrcke, 2006; Mackenback, 2007]. Occorre dunque dotarsi quanto prima di una strategia ampia ed efficace di contrasto, sulla falsariga dei modelli adottati nelle aree più evolute. Attualmente un importante richiamo all azione, oltre che dal contesto epidemiologico e dalla crisi economica, viene dalle istituzioni europee che negli ultimi anni hanno individuato nella lotta alle disuguaglianze di salute una priorità comunitaria, promuovendo politiche europee di contrasto, finanziando progetti di ricerca ad hoc e invitando esplicitamente i Paesi membri ad adottare quanto prima appropriate risposte politiche per favorire l equità in salute Gli input internazionali e il livello di consapevolezza europeo Le istituzioni europee, l Organizzazione mondiale della sanità e i Paesi in cui la ricerca sulle disuguaglianze di salute era più avanzata hanno rappresentato un importante fonte di consapevolizzazione sulle tematiche dell equità sociale nella salute in Italia. Seppur fino ad oggi questi input esterni abbiano solo raramente inciso sulla presa concreta di decisioni a livello nazionale, se non all interno del settore sanitario, hanno tuttavia sensibilizzato la comunità scientifica ed epidemiologica italiana sull importanza di questa tematica e negli ultimi vent anni hanno innescato le prime ricerche sulla dimensione nazionale delle disuguaglianze di salute. 2 Se vari studi hanno tentato di stimare in Europa i costi della cattiva salute della popolazione (considerando nella maggioranza dei casi i costi a carico del servizio sanitario e in misura minore i costi indiretti associati alla perdita di produttività economica - dovuta alla morbidità, alle morti premature o ancora all instabilità psicologica dei lavoratori - o i costi dei servizi sociali, assistenziali e pensionistici), più inesplorata invece la quantificazione dei costi delle disuguaglianze di salute. Uno studio del 2004 ha stimato che le differenze negli esiti di salute tra gruppi socioeconomici riducesse l aspettativa di vita negli allora 25 Paesi dell Unione europea di 1,84 anni, il che equivaleva approssimativamente a 11,4 milioni di anni di vita persi. Se si consideravano le disuguaglianze nell aspettativa di vita in buona salute gli anni erano ancora di più (33 milioni gli anni di vita sana persi). Tramutate in termini economici, queste cifre hanno un ritorno importante sull economica dell Unione europea e dei suoi Paesi. Se la salute viene considerata come un bene pubblico, le perdite dovute alle disuguaglianze sono state stimate nel 2004 pari a 141 miliardi di, circa l 1,4% del Prodotto interno lordo europeo. Tale cifra sale miliardi e a il 9,5% del PIL se si considera la salute come un bene di consumo. 227

238 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute Così ad esempio è stato grazie alla diffusione del Black Report pubblicato dal ministero della Salute inglese nel e che per la prima volta documentava come il netto e costante miglioramento della salute media delle società occidentali verificatosi dal secondo dopoguerra in avanti fosse distribuito iniquamente tra gruppi sociali nonostante il modello di servizio sanitario nazionale promosso da Beveridge in poi - che i primi studi di epidemiologia occupazionale e sociale hanno tentato di individuare l impatto delle disuguaglianze sugli esiti di salute in Italia e di sviluppare modelli informativi e statistici adeguati a misurare l impatto delle disuguaglianze sociali nella salute degli italiani (culminati ad esempio nella nascita dello Studio longitudinale torinese, seguito pochi anni dopo da quello toscano, e che per la prima volta hanno riunito all intero di un unico dataset informazioni anagrafiche, censuarie e sanitarie della popolazione). E, parallelamente, gli studi comparativi degli anni 90, finanziati dall Unione europea, hanno permesso la nascita dei primi network di ricerca grazie ai quali è stato possibile confrontare le particolarità italiane con il resto del continente, rilevare ed interpretare i meccanismi di generazione e favorire l acquisizione delle conoscenze e delle competenze necessarie per l elaborazione del primo report italiano sulle disuguaglianze di salute nel 1994 [Costa, Faggiano, 1994] e 5 anni più tardi il primo report sui determinanti sociali della salute [Costa, 1999]. Tuttavia è stato solo a partire dagli anni 2000 che l attenzione in Europa alle disuguaglianze di salute è divenuta più forte e che gli stimoli all introduzione di questa tematica nell agenda italiana sono divenuti più pressanti. Fondamentale è stata, in questo senso, l approvazione nel marzo del 2000 della Strategia di Lisbona, in cui gli allora 25 Paesi membri sottoscrissero un accordo per rendere entro il 2010 l Unione la più competitiva e dinamica economia della conoscenza, in grado di garantire una crescita sostenibile attraverso la creazione di posti di lavoro e di condizioni di vita eque e di uguali opportunità per tutti i suoi abitanti, la difesa dell ambiente, nonché la coesione sociale. Per la prima volta questioni come la partecipazione al mercato del lavoro, la modernizzazione dei sistemi di sostegno sociale, l equità nell istruzione e nella formazione, l abolizione della povertà infantile, la garanzia di una degna abitazione, il miglioramento dell accesso a servizi di qualità e, ancora, a lotta alle discriminazioni e l aumento dell integrazione sociale dei disabili, delle minoranze etniche e degli immigrati divennero centrali nell agenda europea. E non solo: quando il 18 dicembre 2007 i 27 ministri della Salute dell Unione firmarono il documento Health in All Policies 3 che riconosceva l impatto dei determinanti sociali sulla salute e la conseguente necessità di implementare azioni intersettoriali che coinvolgessero non solo il settore sanitario ma tutte le politiche pubbliche nel governo e nella tutela della salute, ecco che emerse esplicitamente il collegamento tra gli obiettivi di Lisbona e la salute. Un nesso che divenne ancor più forte lo stesso anno con la pubblicazione di un documento del Consiglio d Europa che riconosceva l influenza dei determinati distali non solo sugli stati di salute della popolazione, ma anche sulla sua distribuzione tra gruppi sociali. Nel frattempo due documenti commissionati dalla presidenza inglese dell Unione nel primo semestre del 2005 aggiornarono il corpus delle conoscenze: Health inequalities: Europe in Profile dimostrò come le disuguaglianze di salute tra gli individui con minor e maggior livello di istruzione, classe occupazione e livello di reddito esistessero in tutti i Paesi europei e identifico nelle unacceptable and current socio-economic inequtliies in health one of Europe s greatest

239 Capitolo 8 challenges for public health ; Health inequalities: a Challenge for Europe, condusse una revisione sistematica delle politiche e strategie nazionali di contrasto attuate fino a quel momento, concludendo come molti passi fossero ancora da realizzare e invitando i Paesi a valutare il potenziale impatto delle politiche non sanitarie, a riconoscere del monitoraggio come strumento fondamentale e a utilizzarlo durante tutte le fasi di implementazione di una politica, e a sviluppare metodologie più avanzate per la valutazione dei risultati. Un ulteriore spinta all inclusione delle disuguaglianze alla salute nell agenda europea è venuta nel 2007 dalla pubblicazione del Libro bianco della Direzione generale per la Salute e i consumatori della Commissione europea Together for Health: A Strategic Approach for the UE, in cui si proclamava come la salute dovesse essere posta al centro di tutte le politiche dell UE in quanto motore prioritario dello sviluppo e che uno degli obiettivi fondamentali per l azione comunitaria degli anni successivi dovesse proprio essere la riduzione delle disuguaglianze di salute. Obiettivo tra l altro confermato anche dal Consiglio dell Unione che lo stesso anno proclamò l importanza di colmare il gap nella salute e nell aspettativa di vita tra gli Stati membri e al loro interno, anche grazie ad azioni preventive nel campo delle principali malattie croniche e non infettive. Il passo successivo viene fatto nel 2008, con la pubblicazione di Closing the Gap, rapporto finale della commissione dell Organizzazione mondiale della sanità sui determinanti sociali della salute, guidata da Michael Marmot, che, riportando i risultati di tre anni di ricerca, elencava le evidenze raccolte in tutto il mondo sulla distribuzione delle esposizioni alle disuguaglianze e suggeriva le principali raccomandazioni per l impostazione delle azioni di contrasto: migliorare le condizioni della vita quotidiana; in particolare, la commissione richiama gli Stati ad agire e collaborare per l infanzia, i rifornimenti di acqua pulita e la copertura universale dei sistemi sanitari. contrastare, a livello globale, nazionale e locale, la distribuzione ingiusta del potere, del denaro e delle risorse, che sono i determinanti strutturali delle condizioni di vita. Ai Paesi più ricchi la commissione chiede di onorare l impegno di dedicare lo 0,7% del PNL agli aiuti. A livello globale, raccomanda l adozione dell equità sanitaria come obiettivo centrale dello sviluppo e dei determinanti sociali della salute come indice del progresso. misurare e analizzare il problema e verificare l impatto dell azione, investendo innanzitutto in sistemi di registrazione e nella formazione di decisori e professionisti sanitari. L anno successivo l OMS votò la risoluzione WHA62.14 in cui indicava la necessità di ridurre le disuguaglianze attraverso azioni che agissero sui determinanti sociali della salute, supportando le conclusioni della CSDH e invitando gli Stati membri a prendere iniziative quanto prima. Sempre nel 2009, la Commissione europea sancì quella che oggi rappresenta la pietra miliare della strategia comunitaria sulle disuguaglianze di salute, la Comunicazione Solidarity in Health: Reducing health inequalities in the EU. Si tratta di un documento, supportato peraltro dai pareri favorevoli ottenuti nei due anni successivi dal Comitato sociale ed economico europeo, dal Comitato delle regioni e, in particolare, dal Parlamento europeo (che ne approvavano e rafforzavano le misure e gli obiettivi indicati), che oltre a sintetizzare le evidenze accumulate sulla distribuzione delle disuguaglianze in Europa, invitava esplicitamente tutti i Paesi membri dell Unione a costruire strategie ampie e integrate di contrasto alle 229

240 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute disuguaglianze di salute e, parallelamente, comprometteva le istituzioni comunitarie ad adoperarsi direttamente nelle azioni di contrasto e ad includere i seguenti punti nella pianificazione delle politiche future: 1. considerare la salute e l equità in salute come un obiettivo complementare e propedeutico per lo sviluppo sociale ed economico; 2. migliorare la capacità di misurare, monitorare e valutare le politiche; 3. migliorare lo scambio di informazioni e la coordinazione nelle politiche tra diversi livelli amministrativi (verticalmente) e tra differenti settori e creare partnership stabili con gli stakeholder; 4. soddisfare i bisogni dei gruppi vulnerabili, ma tenendo in considerazione sempre il gradiente sociale; 5. valutare la capacità degli Stati nel contrastare le disuguaglianze di salute, così come l impatto delle politiche sanitarie e non. La Commissione europea ha inoltre finanziato per il triennio , tramite il Public Health Programme, una Joint Action, denominata Equity Action, per l accompagnamento e la preparazione delle capacità degli Stati membri nell applicazione delle raccomandazioni della Commissione, includendo esercizi di equity audit di specifiche politiche a livello regionale, nazionale ed europeo, richiamando l attenzione degli stakeholder su queste tematiche, promuovendo la ricerca sulle lacune conoscitive e sviluppando, infine, strumenti e conoscenze tecniche per meglio comprendere i meccanismi di generazione delle disuguaglianze di salute e l impatto di politiche, sanitarie e non, su tali meccanismi. Nel 2010 viene pubblicato Fair Society Healthy Lives, rapporto finale della revisione affidata dal ministero della salute britannico a Michael Marmot, già coordinatore della revisione della Commissione mondiale sui determinanti sociali. Il documento, partendo dalla raccolta e dalla valutazione di tutte le esperienze di contrasto sviluppate nel Regno Unito, punta radicalmente sull importanza di agire sui determinanti sociali della salute e di orientare gli interventi sui primi anni di vita degli individui, sintetizzando lo stato di conoscenza sulle disuguaglianze di salute in 9 messaggi chiave: 1. La riduzione delle disuguaglianze di salute è una questione di equità e di giustizia sociale. In Inghilterra, le tante persone che muoiono prematuramente ogni anno a causa di disuguaglianze sanitarie avrebbero altrimenti goduto, in totale, tra 1.3 a 2.5 milioni di anni in più di vita. 2. Esiste un gradiente sociale nella salute - quanto più bassa è la posizione sociale di una persona, tanto peggiore è la sua salute. Le azioni di contrasto devono concentrarsi sulla riduzione della pendenza di tale gradiente. 3. Le disuguaglianze di salute derivano dalle disuguaglianze sociali. Le azioni sulle disuguaglianze di salute richiedono un'azione sui determinanti sociali della salute. 4. Concentrarsi esclusivamente sulle persone più svantaggiate non riduce a livello sufficiente le disuguaglianze di salute. Per ridurre la pendenza del gradiente sociale nella salute, le azioni devono essere universali, ma con una scala e l'intensità proporzionale al livello di svantaggio (universalismo proporzionale) 5. Le misure adottate per ridurre le disuguaglianze di salute andranno a beneficio dell intera 230

241 Capitolo 8 società, ad esempio grazie ai risparmi provenienti dalla riduzione dei costi sanitari per la cura delle malattie associate a disuguaglianze sanitarie (che attualmente comportano perdite di produttività, minor gettito fiscale, insostenibilità del welfare state e costi sanitari maggiori) 6. La crescita economica non è l indicatore più appropriato con cui misurare il successo di un Paese. La distribuzione della salute, del benessere e la sostenibilità sono altrettanto importanti obiettivi sociali. Affrontare le disuguaglianze di salute e tutelare l ambiente sono due sfide fondamentali e da condurre parallelamente 7. Ridurre le disuguaglianze di salute richiede la definizione di 6 obiettivi: (1) dare a tutti i bambini il miglior inizio di vita possibile; (2) capacitare tutti i bambini, i giovani e gli adulti al fine di massimizzare le loro possibilità di avere il controllo sulla propria vita; (3) creare condizioni occupazionali eque e lavoro per tutti; (4) garantire la disponibilità di contizioni di vita sani alla portata di tutti i cittadini; (5) creare e sviluppare comunità e luoghi di lavoro e di attività libera sani e sostenibili; (6) rafforzare il ruolo e l impatto delle attività di prevenzione nella salute 8. Raggiungere questi obiettivi richiede la collaborazione tra i vari livelli territoriali di governo, il servizio sanitario nazionale, il terzo settore e il settore privato e la società civile. Le politiche nazionali non potranno essere efficaci senza un architettura che preveda il coinvolgimento dei poteri locali e l adozione della strategia salute in tutte le politiche. 9. È fondamentale che i processi decisionali a livello locale siano partecipativi. Questo può avvenire soltanto attraverso l empowerment degli individui e delle comunità. Attualmente sono inoltre in corso altre due revisioni: una commissionata dall Ufficio regionale europeo dell Organizzazione mondiale della sanità e affidata nuovamente a Michael Marmot nel 2010 e una seconda nata invece in ambito comunitario 4. Entrambe hanno come finalità la revisione delle politiche di contrasto adottate in Europa e la conseguente indicazione degli approcci che si sono rivelati più efficaci e dunque degli indirizzi strategici e prioritari per le azioni future. La seconda in particolare ha l obiettivo di identificare alcune priorità e criteri di equità che si dovrebbero tenere in considerazione nell implementazione di Europe 2020, il nuovo documento programmatico che indica gli orientamenti a medio termine delle politiche socioeconomiche dell Unione per l intero decennio in corso. Se la strategia di Lisbona era nata durante un periodo economico favorevole che aveva permesso la previsione di riforme economiche e sociali attente alla coesione e all equità, Europe2020 si inserisce invece in una congiuntura recessiva - iniziata con la crisi economica del che ha cambiato le priorità dell Unione: in particolare i suoi contenuti sembrano subordinare l agenda sociale a quella economica. Tuttavia, il livello di maturità e di consapevolezza raggiunto sull importanza di tutelare la salute e di contrastare le disuguaglianze sembra tale da riuscire a filtrare l implementazione di politiche tradizionalmente non attente a queste tematiche, come le misure per favorire la crescita, l aumento della competitività, dell innovazione e tecnologia, con la parallela adozione di azioni che promuovano l equità sociale, come la lotta alla povertà, il miglioramento dell istruzione, la lotta all inclusione sociale e alla sostenibilità ambientale. Per quanto si siano sollevate parecchie perplessità sulle possibilità concrete che le due agende, quella sociale e quella economica, vadano di pari passo e siano sovrapponibili, l inclusione di 4 E che saranno visibili sulla European Review of the Social determinats of health 231

242 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute obiettivi di giustizia sociale, seppur teorici, rappresenta comunque una vittoria per l equità. E lascia aperto uno spazio politico formale in cui si possono inserire le azioni di advocacy e di sensibilizzazione, come ad esempio le due revisioni citate, e per continuare a supportare il contrasto alle disuguaglianze, anche in contesti economici meno favorevoli. Ricapitolando, negli ultimi due decenni la presenza delle disuguaglianze di salute nell agenda internazionale e, in particolare, in quella europea è prosperata e, contemporaneamente, è cresciuta la consapevolezza circa la necessità di approcci multisettoriali e integrati che agiscano sul gradiente sociale (ma con una attenzione speciale per i gruppi vulnerabili) e sui determinanti sociali della salute. Parallelamente l attenzione si è spostata gradualmente dalla descrizione delle disuguaglianze - e dalla definizione e valutazione di strumenti sempre più efficaci nel captarle e misurarle - alla loro interpretazione e politicizzazione : alla ricerca, ovverosia, di soluzioni e di azioni che ne contrastino attivamente la portata. Ma non si è trattato unicamente di dichiarazioni istituzionali: molte sono state infatti le politiche e le azioni che hanno concretizzato, soprattutto a partire dagli anni 2000, gli impegni formalmente presi nei documenti citati nei paragrafi precedenti. Una buona parte di queste misure è stata promossa dalla DG SANCO, che oltre alla più ampia e già citata EU Health Strategy - Together for health: A Stategic Approach for the EU , ha supportato una varietà di interventi, orientati: ad accrescere le capacità di contrasto delle disuguaglianze negli Stati membri, attraverso: - l inclusione all interno dell ultimo ciclo ( ), in misura minore in quello precedente ( ) e potenzialmente maggiore in quello futuro ( ) dell EU Public Health Programme Fund - il bando attraverso il quale l Unione cofinanzia progetti nazionali e multinazionali di salute pubblica o sanitari - di una linea di finanziamento specifica dedicata alla riduzione delle disuguaglianze di salute. In particolare se i progetti finanziati nei primi anni 2000 erano focalizzati a capacitare i partner nazionali che vi partecipavano a leggere le disuguaglianze e interpretarle, negli ultimi anni il focus si `invece radicalmente spostato sulle politiche e sulla valutazione di impatto sulla salute, in particolare delle politiche non sanitarie (vedi fig 4) Figura 4. Parole chiave dei progetti di contrasto alle disuguaglianze di salute finanziati dall Unione europea nel (sopra) e (sotto) - il miglioramento delle fonti informative per facilitare il monitoraggio delle disuguaglianze di salute attraverso il miglioramento e l omogeneizzazione delle fonti informative e degli 232

243 Capitolo 8 indicatori negli Stati membri; - lo scambio di informazioni sulle best practice e sulle attività implementate nei vari Paesi e la loro trasferibilità in altri contesti (come ad esempio facilitato con l istituzione nel 2006 di un gruppo di lavoro composto da esperti nazionali che si incontrano in due riunioni annuali presso la Commissione); a contrastare direttamente, attraverso interventi che agiscano innanzitutto sui determinanti sociali, la differente esposizione: - a fattori di rischio comportamentali, come ad esempio il consumo di tabacco (Council Recommendation on smoke-free environment, 2010) o di alcool (EU strategy to support Member States in reducing alcohol related harm, ) o, ancora, l inattività fisica, la cattiva alimentazione e l obesità (The Strategy for Europe on Nutrition, Overweight and Obesity related health issues and the EU Platform for action on Diet, Physical Activity and Health, ) ; - ai fattori di rischio ambientali,come ad esempio nel 2004 la strategia ambientale e di salute Better health from a better environment - A challenge for the future ; - alle malattie, come ad esempio grazie al progetto Action Against Cancer: an European Partnership, in cui si è tentato di creare una rete continentale per monitorare il trend sociale dei tumori e di promuovere azioni di contrasto efficaci, o all European Pact for Mental Health and Well-being, attento a sensibilizzare gli Stati membri - e a facilitarne l implementazione di appropriate politiche - verso le disuguaglianze sociali nella salute mentale; a rafforzare il ruolo dell Unione nella tutela della salute globale, attraverso una maggior attenzione alle dinamiche internazionali che possono contribuire alle disuguaglianze di salute mondiali 5. Tuttavia - e a dimostrazione dell importanza che questa tematica ha assunto nell agenda europea - anche altre direzioni generali si sono impegnate esplicitamente a portare avanti politiche di contrasto alle disuguaglianze o, quantomeno, a tenere in considerazione l impatto che le politiche non sanitarie possono avere sulla distribuzione della salute nella popolazione. Così, ad esempio: la DG Employment, che si occupa di mercato del lavoro e di affari sociali - ha istituito nel 2004 il Comitato di protezione sociale, un ente di mediazione tra gli interessi europei e degli Stati membri e che ha il compito di intraprendere iniziative nel campo dell inclusione sociale, dell assistenza sanitaria e delle pensioni con lo scopo prioritario di ridurre la povertà e l esclusione sociale; - nel 2010, anche in seguito ai dettami della strategia Europe 2020, ha promosso la piattaforma europea contro la povertà e l esclusione sociale, con esplicito riferimento all impatto che queste hanno sulla salute e sull accesso al sistema sanitario; - nel 2010 ha incluso tra le linee di intervento finanziabili con le risorse del Fondo europeo di sua competenza (il programma PROGRESS), una serie di azioni che ottemperassero alle linee indicate dalla comunicazione della Commissione Solidarity in Health: Reducing health inequalities in Europe: il programma PROGRESS (Programme for Employment and Social solidarity)

244 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute - ha elaborato la Community Strategy on Safety and Health at Work per gli anni , in cui attraverso un approccio olistico ha tentato di contribuire alla riduzione degli infortuni sui posti da lavoro (che come visto nel capitolo 3 colpiscono in misura maggiore le fasce più vulnerabili). la DG per la Giustizia nel 2010 ha lanciato la strategia europea fino al 2020 per contrastare gli effetti della disabilità sulla salute e sull inclusione sociale; la DG per l Ambiente ha adottato nel 2002 il sesto Environment Action Programme, che ha delineato le priorità d azione dell Unione in questo campo fino al Tra le varie tematiche individuate, ve ne sono tre (aria, pesticidi e ambiente urbano) per le quali sono esplicitamente riconosciute i legami con le disuguaglianze di salute 6 ; la DG Regio che coordina la politica di coesione territoriale e gestisce l allocazione dei Fondi strutturali ha lo scopo di ridurre le disuguaglianze tra aree geografiche e finanzia normalmente interventi con un evidente impatto sui determinanti sociali della salute (occupazione, integrazione, inclusione sociale, riqualificazione territoriale) se non veri e propri interventi di riqualificazione delle infrastrutture sanitarie con chiare conseguenze sull accesso alle strutture assistenziali. Per il prossimo ciclo di programmazione, inoltre, il , più progetti hanno tentato di rendere più forte ed esplicito il legame tra fondi strutturali e disuguaglianze di salute; la DG per la Ricerca e l informazione ha finanziato attraverso il 7 programma quadro (valido per gli anni ) numerosi progetti volti a contrastare direttamente le disuguaglianze di salute o a colmare i gap conoscitivi sui meccanismi di generazione. Le disuguaglianze di salute hanno dunque trovato una collocazione importante nelle politiche europee soprattutto negli ultimi 10 anni e numerose azioni ne hanno determinato una buona concretizzazione. Ma qual è stato il riverbero degli orientamenti europei in Italia? Quale il livello di consapevolezza nelle nostre istituzioni? Quali le principali risposte adottate? Il livello di consapevolezza in Italia Come già anticipato, gli stimoli europei hanno sensibilizzato e attivato la comunità scientifica e epidemiologica italiana su una tematica precedentemente poco trattata all interno dei confini nazionali. In particolare, oltre ai già citati due rapporti sulle disuguaglianze di salute in Italia (1994 e 1999, numerosi articoli e pubblicazioni (abbondantemente citati nei capitoli precedenti) hanno approfondito le conoscenze sulla distribuzione nazionale e regionale dei fattori di rischio e dei determinanti distali, così come gli effetti sugli esiti di salute e le conseguenze delle malattie sulle traiettorie esistenziali degli italiani. Inoltre, la partecipazione dei principali centri di ricerca italiani ai numerosi progetti cofinanziati dall Unione europea ha da una parte accresciuto le competenze e le capacità di analisi degli esperti nazionali, dall altra ne hanno favorito l aggiornamento e la corrispondenza degli orientamenti di ricerca con le tematiche trattate in Europa e in Paesi in cui il livello di maturità istituzionale verso le disuguaglianze di salute era maggiore. Questo ha avuto a sua volta due conseguenze: innanzitutto ha consentito alla comunità scientifica di rendersi portavoce delle istanze di gestione politica delle disuguaglianze di salute, attraverso attività di advocacy e di 6 Anche l Organizzazione mondiale della sanità ha promosso varie attività di ricerca sui legami tra ambiente e disuguaglianze di salute, come riportato nel capitolo 7, paragrafo

245 Capitolo 8 richiamo dell attenzione mediatica e politica, dall altra ha permesso l introduzione nei confini nazionali di strumenti ancora poco diffusi, quali l equity audit o, in misura minore, la valutazione di impatto delle politiche sanitarie e (soprattutto) non sanitarie, o, ancora, la valorizzazione di approcci già sperimentati efficacemente in altre aree, come ad esempio il coinvolgimento degli stakeholder e della società civile e la collaborazione multidisciplinare. Tuttavia a questa vivacità nella ricerca non è corrisposto sempre un altrettanto fruttuoso interesse istituzionale. Per quanto, come detto precedentemente, sia la stessa Costituzione a suggerire e legittimare l avvio e la regolamentazione di politiche attive per ridurre e disuguaglianze di salute, non esistono tutt oggi impegni e normative esplicitamente e integralmente dedicati ad un argomento che fino ad adesso non ha rappresentato una priorità di governo. Interventi di contrasto, come vedremo nel prossimo paragrafo, sono stati adottati, ma si è trattato quasi esclusivamente di misure intraprese all interno del servizio sanitario, raramente con il supporto di altri settori e comunque non inserite all interno di una strategia ampia e pianificata appositamente con l obiettivo di approcciare contemporaneamente tutti i meccanismi di generazione. Anzi, la maggioranza delle azioni si è focalizzata a riparare piuttosto che prevenire l effetto delle disuguaglianze sociali, soprattutto attraverso politiche sanitarie volte a tutelare il benessere fisico e psicologico dei gruppi vulnerabili e spesso senza un chiaro e diretto interesse a ridurre il gap di salute tra i gruppi sociali. Ad ogni modo un aiuto importante verso una maggior consapevolezza e verso un maggior commitment istituzionale è giunto nuovamente grazie agli input europei e in particolare in seguito alla Comunicazione Solidarity in health: la commissione Salute della Conferenza Stato Regioni, in ottemperanza all invito rivolto ai Paesi membri da parte della Commissione europea e del Parlamento europeo, ha infatti nominato nel marzo 2011 una commissione interregionale denominata Gruppo equità in salute e sanità (ESS) - coordinata dalla Regione Piemonte e composta da funzionari ed esperti delle Regioni, con il fine di raccogliere il meglio delle evidenze esistenti in Italia e di preparare un rapporto che proponga spunti operativi per imbastire una strategia nazionale di contrasto. Il documento che il lettore ha a disposizione verrà discusso nel corso del 2013 e 2014 con una serie di platee multidisciplinari ed intersettoriali e. una volta finalizzato, intraprenderà un percorso istituzionale che ci si augura possa concludersi con l adozione a livello nazionale di impegni precisi e diretti di contrasto alle disuguaglianze da parte dello Stato, delle Regioni e degli altri stakeholder professionali, economici e sociali Gli interventi adottati dal sistema sanitario L istituzione del Servizio sanitario nazionale (1978) costituisce il primo tentativo politico italiano di rispondere al dovere istituzionale e costituzionalmente sancito - di tutelare la salute di tutti i cittadini, senza discriminazioni. Molteplici evidenze hanno dimostrato che la sua introduzione abbia in effetti migliorato negli anni successivi la salute degli italiani (come ad esempio dimostrato dalla forte riduzione della mortalità evitabile rispetto a quella generale negli anni 90 e 00) e ridotto in parte il tradizionale ritardo della sanità delle Regioni meridionali rispetto a quelle settentrionali (Barchielli A, Salomoni A. 1996). Inoltre, negli anni 90, da una parte la legge 419/98 di riforma del Servizio sanitario, che ne rafforzava il principio di universalità e che ribadiva come tra i suoi obiettivi vi fosse l'efficacia e l'efficienza dei servizi sanitari a garanzia del 235

246 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute cittadino e il principio di equità distributiva, e dall altra il decreto legislativo n. 229/99, che sottolineava come il Servizio sanitario nazionale dovesse assicurare i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale, nel rispetto di alcuni principi tra cui l'equità nell'accesso all'assistenza, hanno rappresentato passi importanti per la legittimazione del contrasto alle disuguaglianze di salute. Ciononostante, dopo 35 anni di applicazione del Servizio sanitario nazionale, le spinte istituzionali verso l equità hanno affrontato solo marginalmente la distribuzione sociale degli stati di salute e si sono piuttosto dedicate ad affrontare le disuguaglianze territoriali nella dotazione delle infrastrutture sanitarie e nelle capacità regionali di garantire l assistenza sanitaria, problema tristemente palesato dall entità della mobilità sanitaria interregionale. Ad ogni modo, anche così, ancora oggi persistono forti squilibri tra Nord e Sud nell accesso alle strutture sanitarie e, più in generale, non sempre si è riuscito a inserire il disagio socioeconomico nelle logiche di allocazione delle risorse e di analisi dei bisogni di salute della popolazione. Se da una parte infatti si sono ad esempio accettate e implementate forme di esenzione per gli individui più svantaggiati per le prestazioni che prevedono una compartecipazione della spesa ma con modalità di attuazione non sempre efficaci ed eque -, dall altra la proposta di inserire la deprivazione territoriale tra i criteri del riparto del Fondo, sanitario nazionale ha dato luogo a forti discussioni e non è mai stata realizzata. Eppure il primo riferimento esplicito delle disuguaglianze sociali nella programmazione sanitaria e alla necessità di una loro gestione è ormai piuttosto datato e risale al Piano sanitario nazionale del , che appunto inserì tra i suoi 9 obiettivi centrali la riduzione del gap nella salute dei gruppi più e meno svantaggiati, indicando priorità e target per l azione ed affermando come ogni intervento di politica sanitaria e non, per svolgere azioni efficaci al miglioramento della salute, dovesse affrontare in modo esplicito il tema delle disuguaglianze, con una particolare attenzione al gradiente sociale e ai determinanti sociali. Inoltre l invito alla collaborazione con il settore sociale, esplicitamente inclusa tra le finalità del Piano, sembrava predire un allargamento dell intersettorialità anche ad altri comparti amministrativi. Tuttavia alle dichiarazioni formali non fece seguito l implementazione di misure concrete e le poche azioni intraprese si limitarono più che altro a ridurre le disuguaglianze nell accesso ai servizi sanitari. E il Piano successivo, valido per il periodo , confermò questo andamento. Per quanto richiamasse ancora l importanza di azioni positive da parte del settore sanitario per alleviare la sofferenza nella salute di soggetti fragili quali i disabili, i malati mentali, i tossicodipendenti e gli immigrati, non menzionava più il divario di salute tra gruppi sociali e non si spinse molto più in là del finanziamento di azioni per curare la salute compromessa dei gruppi vulnerabili. Anche il Piano per il , rimasto in vigore fino al 2010, includeva importanti riferimenti alla necessità di ridurre le disuguaglianze e di garantire l universalità delle cure: dichiarava in particolare di promuovere l equità del sistema, da intendersi non come capacità di dare tutto a tutti ma di assicurare ciò che è necessario, garantendo il superamento delle disuguaglianze sociali e territoriali, specialmente in un contesto di federalismo sanitario. Tuttavia, anche in questo caso la spinta all equità venne intesa più che altro come la necessità di un livellamento dell offerta sanitaria tra Regioni, più che dell introduzione di norme che contrastassero la genesi delle disuguaglianze ( i sistemi sanitari riflettono le disuguaglianze della nostra società, derivanti dalle diverse condizioni socio-economiche e, per converso, possono risultare strumento per il 236

247 Capitolo 8 contrasto delle conseguenze sulla salute di tali diverse condizioni. Per questo è rilevante perseguire con maggiore incisività l obiettivo dell equità e dell equilibrio nella disponibilità di risorse, in relazione ai bisogni di salute dei differenti contesti sociali ). In questo quadro, il Piano nazionale demarca una sottile linea di discontinuità e sembra preannunciare un evoluzione e una modernizzazione che non potrebbe che essere positiva per il servizio sanitario italiano. Le cause socioeconomiche che stanno alla base delle disuguaglianze di salute vengono più volte citate seppur sommariamente - e per quanto non siano rintracciabili disposizioni orientate ad hoc al loro contrasto, tuttavia viene esplicitamente auspicata l adozione di un nuovo approccio per la sanità pubblica, che, basandosi sul riconoscimento dell impatto positivo che una migliore salute potrebbe avere sul benessere, sullo sviluppo economico, sulla competitività e sulla produttività del Paese, potenzi la prevenzione e la promozione della salute e faciliti interventi che agiscano sui determinanti sociali della salute. In tal senso il Piano ricorda come tra i vari impegni assunti dal nostro Paese con la sottoscrizione della Carta di Tallin 7 vi sia il compito di investire nel proprio SSN e in tutti quei settori che hanno un impatto sullo stato di salute della popolazione, usando l'evidenza disponibile sui legami tra lo sviluppo socio-economico e la salute, e di rendere il SSN più rispondente alle esigenze, alle preferenze e alle aspettative della popolazione, riconoscendone i diritti e le responsabilità riguardo alla propria salute, coinvolgendo i diversi portatori di interesse nello sviluppo delle politiche e nella loro realizzazione. Pur ribadendo da una parte la necessità di garantire l equità nell accesso al sistema sanitario e di affrontare le disuguaglianze territoriali nell offerta di servizi, dall altra il documento dichiara: la salute pubblica e delle singole persone è largamente influenzata da fattori estranei al sistema sanitario quali i determinanti sociali, economici, comportamentali ed ambientali, che possono causare diseguaglianze sistematiche nello stato di salute della popolazione. La promozione e la tutela della salute collettiva ed individuale, e più in generale gli obiettivi di politica sanitaria e sociale richiedono, pertanto, una integrazione delle politiche socio-sanitarie con le politiche relative all istruzione e alla promozione culturale, allo sviluppo economico, alla tutela dell'ambiente, all'urbanistica ed ai trasporti, all istruzione, all industria, al commercio, all ambiente, all agricoltura, sia a livello centrale che territoriale e devono essere perseguiti con il coinvolgimento di tutti i soggetti della comunità locale: istituzionali, sociali, di volontariato, dello sport, dell associazionismo, delle imprese sociali, del mondo produttivo. La concertazione diventa, quindi, una strategia che consente la valorizzazione dei diversi soggetti attivi nelle politiche sanitarie e sociali, ma anche e soprattutto una condizione strutturale che facilita l incontro delle responsabilità e delle risorse disponibili nel territorio. Tra le azioni per lo sviluppo del sistema assume particolare importanza la promozione della salute, che contribuisce ad incrementare il numero dei cittadini coscienti del proprio stato di salute e sensibili al suo mantenimento e/o miglioramento. Tale impostazione porta anche ad una ottimizzazione dei costi che il servizio sanitario sostiene per curare la popolazione. Una Sanità pubblica deve, pertanto, inserire nella propria agenda istituzionale una politica di promozione della salute centrata sul rinforzo dell azione comunitaria, attraverso la partecipazione e lo sviluppo delle competenze individuali. La salute è un bene collettivo da conquistare e tutelare attraverso l integrazione tra le azioni che competono alle Istituzioni ed alla società, ponendo attenzione non solo agli aspetti specificatamente sanitari. Le idee di fondo sono, pertanto, quella della Salute in tutte le politiche (Health in all policies), come promossa dall OMS e dall UE e quella dei 7 La Carta di Tallin, firmata il 27 giugno del 2008 dai 53 ministri della Salute della regione europea dell Organizzazione mondiale della sanità, impegna gli Stati Membri della Regione europea a migliorare la salute dei cittadini attraverso il rafforzamento dei sistemi sanitari, riconoscendo allo stesso tempo le differenze sociali, culturali, economiche esistenti. 237

248 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute finanziamenti convergenti. Il Piano sanitario sembrerebbe dunque porre le basi di legittimazione per l applicazione su scala nazionale del modello di governance della salute pubblica attualmente sperimentato in Inghilterra (i Piani di salute locale) e basato sul ruolo svolto da organismi locali (corrispondenti in grosso modo ai distretti territoriali o alle ASL italiane) e composti dalle autorità locali che hanno il compito di elaborare e tenere aggiornata una mappatura dei bisogni e dei rischi della comunità e parallelamente di orientare o commissionare (a seconda del grado di potere con cui può influenzare i diversi settori) le scelte di priorità e di target che sono sotto la responsabilità delle singole autorità di settore (lavoro, sociale, famiglia, ambiente, territorio, ivi inclusa la sanità pubblica diretta competenza dell autorità locale). Uno scenario che in qualche modo rispecchia le esperienze simili sperimentate negli anni 2000 in alcune Regioni italiane, come ad esempio i Piani della Salute delle province dell Emilia Romagna, le Società della salute nelle ASL toscane e i Profili e piani di salute in Piemonte (Peps). Ad esempio questi ultimi, strutturati in due fasi, una prima di lettura dei bisogni di salute della popolazione (i profili) e una successiva di implementazione di appropriate e conseguenti politiche (i piani), sono stati pianificati come lo strumento con cui la comunità locale, a livello distrettuale, definisce il proprio profilo di salute, individua gli obiettivi di salute e produce linee guida volte a orientare tutte le politiche del territorio, radicalmente e rigorosamente vagliate dal punto di vista della salute. In particolare gli amministratori locali coinvolti nella loro progettazione (assemblea dei sindaci e sua giunta esecutiva) hanno riconosciuto la necessità di: disporre di un osservatorio permanente dei livelli di tutela della salute che vengono assicurati dalle politiche pubbliche (intendendo per politiche pubbliche non solo quelle agite dalle istituzioni pubbliche ma anche quelle agite da istituzioni e soggetti sociali, economici, culturali ) e che sappia misurare e monitorare nel tempo l impatto sulla salute (e sulle disuguaglianze di salute) dei principali fenomeni e politiche di rilevanza della comunità il compito di misurare e monitorare è affidato ai professionisti della sanità pubblica locale che per lo scopo utilizzano dati sia epidemiologici sia qualitativi (il prodotto atteso è appunto il profilo epidemiologico) ma i risultati di queste misure debbono essere interpretati e fatti propri dall amministrazione locale che in questo modo prosegue, con le procedure di consultazione pubblica consuete ad ogni amministrazione, a scegliere priorità e definire target da utilizzare per orientare le scelte della programmazione attuativa locale (il prodotto atteso è appunto il piano locale di salute) questo piano locale di salute (periodicamente aggiornato) diventa il piano regolatore della salute a cui le politiche di settore locali di responsabilità pubblica o sociale devono dimostrare di adeguarsi nelle rispettive priorità e soluzioni, ad esempio: - le politiche urbanistiche attraverso il piano regolatore e le sue varianti - le politiche del lavoro ed economiche attraverso i patti territoriali e i fondi strutturali - le politiche sociali attraverso il piano di zona - le politiche ambientali attraverso i piani territoriali - le politiche sanitarie locali, sia quelle riguardanti l assistenza sia quelle riguardanti la prevenzione individuale e collettiva ogni nuova priorità che non abbia una sede di programmazione locale già organizzata 238

249 Capitolo 8 (come quelle suddette) dovrebbe essere affidata alla sanità pubblica locale che assicuri che essa diventi l oggetto di un piano di azione dedicato. Tuttavia, l esperienza piemontese, così come quella toscana ed emiliana, è stata solamente in parte efficace. Da una parte infatti ha agevolato la sensibilizzazione dei decisori locali all impatto delle loro azioni sulla salute; dall altra si è scontrata con alcuni limiti che ne hanno di fatto frenato l applicazione. Innanzitutto per ben funzionare avrebbe bisogno di alcune indispensabili leve di manovra che il Piano sanitario regionale (e nazionale) non ha assicurato e che invece nell esperienza britannica sono meglio disciplinate, ovvero in primis la cogenza dei mandati e le risorse, e subito dopo le competenze e l infrastruttura informativa necessaria. Infatti, ben difficilmente la programmazione locale settoriale (ambiente, lavoro, sociale, urbanistica ) si lascerà orientare dalle priorità del piano regolatore di salute (Peps) se la valutazione di impatto sanitario non è resa obbligatoria, se i finanziamenti finalizzati non sono adeguatamente vincolati e, ancor meno, se la presa di decisioni non è facilitata dalla disponibilità di indicatori esplicativi e comprabili. Dunque allo stato attuale l applicazione in Italia del modello britannico di piano locale di salute in assenza di una disciplina della valutazione di impatto sanitario come vincolo di mandato e di finanziamento per le politiche locali, può avere successo solo in quelle realtà regionali e locali più virtuose che già hanno costruito una governance integrata in questo senso anche in assenza di incentivi (sarebbe interessante studiare quali sono le ragioni che hanno spinto queste realtà a darsi questa governance in assenza di incentivi esterni). In secondo luogo, in Inghilterra il Piano locale di salute è stato recentemente affiancato da uno strumento, l SDH approach, che, attraverso l applicazione sistematica di una griglia di valutazione, riesce a far emergere i punti di innesco dei meccanismi che spiegano le differenti esposizione ai principali fattori di rischio comportamentali britannici (fumo, obesità e alcol) e ad indicare così i percorsi politici più appropriati per una governance efficace ed intersettoriale di contrasto. E più in generale, anche da prima dell adozione di questo approccio, la sanità pubblica inglese è tradizionalmente attenta e formata ad integrare l equità nelle proprie decisioni. I Piani locali di salute sono in altre parole strumenti di contrasto delle disuguaglianze. In Italia, al contrario, anche all interno delle esperienze citate, che pur dichiaravano l obiettivo di ridurre le disuguaglianze sociali nella salute, mancano ancora - seppur in quantità variabile - i mandati, i supporti informativi e le conoscenze adeguate per intervenire efficacemente. Fintanto che non sarà facile e routinario ottenere statistiche sulle differenze per istruzione, classe sociale, reddito dei principali indicatori di salute difficilmente il tema potrà essere portato all attenzione del pubblico, dei professionisti e dei decisori. E, parallelamente, finché il sapere e gli strumenti di analisi e progettazione dei determinanti sociali di salute non sarà patrimonio comune dei professionisti che hanno il compito di istruire le decisioni ai vari livelli amministrativi, promuovere l equità in tutte le politiche rimarrà un operazione di improbabile successo. In altre parole, includere approcci e strumenti compatibili con quelli necessari per l elaborazione di strategie di contrasto alle disuguaglianze non significa che questo scenario si avvererà senza il supporto di un mandato operativo specifico ed esplicito. Così, se ad esempio ci soffermiamo sugli interventi di prevenzione adottati in Italia negli ultimi anni possiamo osservare come raramente le principali tematiche della sanità pubblica siano state affrontate contemplando l impatto sull equità. Per quanto i Piani nazionali di prevenzione e le priorità annuali di intervento 239

250 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattia (CCM), istituiti nel 2005 al fine di inserire in un unica cornice di riferimento e di dare un omogeneità di indirizzo ai molteplici interventi implementati da tutte le Regioni negli anni precedenti, abbiano progressivamente insistito sulla necessità di attivare azioni intersettoriali che affrontassero i determinanti sociali della salute, nonché di incorporare i dettami della promozione e della prevenzione della salute provenienti dai contesti europei più evoluti (quali l evidence-based prevention, l importanza della valutazione e, pur senza nominarla, la lotta alla disuguaglianze), sono pochi gli esempi che hanno concretizzato questi indirizzi tenendo in considerazione la distribuzione iniqua della salute tra gruppi sociali o valutando l impatto socialmente differenziato degli interventi. A livello nazionale, esistono numerosi progetti di prevenzione che hanno tentato di costruire partnership con altri settori e che hanno tentato di agire sui fattori socioeconomici che determinano le esposizioni ai fattori di rischio prossimali e una buona raccolta è riportata nell appendice 1, che presenta i risultati di una revisione appena conclusa dall Institute of Health Equity della City of London University e condotta proprio al fine di individuare, tra tutte le esperienze implementate in Italia tra il 2000 e il 2012, quelle che maggiormente hanno tentato di seguire le linee appena indicate. Per quanto la prevalenza sia modesta, solo 18 su qualche centinaio di progetti finanziati, tuttavia si tratta di esperienze importanti, che hanno coinvolto numerosi attori e che si sono diffuse capillarmente sul territorio. Tra queste, a livello nazionale vi è ad esempio Guadagnare salute, progetto volto a contrastare l adozione di stili di vita scorretti nella popolazione e in particolare tra i giovani mediante azioni intraprese con il supporto di numerosi attori non sanitari 8 ; Genitoripiù, finalizzato a garantire condizioni di vita salutari agli individui sin dal loro concepimento, o, ancora, l insieme di progetti nati dalla proficua collaborazione tra sanità e istruzione. Tuttavia, sono quasi assenti i progetti che sono andati aldilà di un supposto e generico impatto positivo sulle disuguaglianze, spesso citato unicamente tra gli obiettivi generali dell intervento, non sottoposto a monitoraggio e a valutazione e non favorito da una analisi dei bisogni specifici delle diverse fasce sociali della popolazione. Box 2. Il programma nazionale Guadagnare salute Salute in tutte le politiche è stato l approccio che ha guidato il ministero della Salute a inaugurare nel 2007 il programma Guadagnare salute 9, orientato a contrastare nella popolazione, e in particolare tra gli adolescenti, il consumo di fumo e alcol, la scorretta alimentazione e l inattività fisica, comportamenti che sono responsabili da soli del 60% della perdita di anni di vita in buona salute in Europa e in Italia. Secondo il Decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) che ne ha dato approvazione 10, tali fattori rischio devono essere affrontati non solo dal punto di vista sanitario ma come veri e propri fenomeni sociali, mettendo in piedi soluzioni intersettoriali e multidisciplinari che rimuovano le principali influenze negative che a livello di sistema ostacolano l adozione di stili di vita sani. Ed è proprio per questo che la strategia di Guadagnare Salute è basata sulla costruzione di una rete di alleanze tra tutte le istituzioni la cui attività politica può facilitare l adozione di stili di vita sani. In particolare la cosiddetta Piattaforma nazionale sull'alimentazione, l'attività fisica e il tabagismo, presieduta dal ministro della Salute, si avvale della collaborazione delle seguenti istituzioni: - Ministero della Salute; 8 Si veda il box Guadagnare salute a pagina xxx 9 I contenuti e dettagli di Guadagnare salute sono consultabili sul sito Web del progetto, all indirizzo: 10 Consultabile all indirizzo Web 240

251 Capitolo 8 - Dipartimento per le politiche per la Famiglia della presidenza del Consiglio dei ministri; - Dipartimento per i Diritti e le Pari opportunità della presidenza del Consiglio dei ministri; - Dipartimento per le Politiche giovanili e le attività sportive della presidenza del Consiglio dei ministri; - Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali; - Ministero della Pubblica istruzione; - Ministero dello Sviluppo economico; - Ministero dell'economia e finanze; - Ministero dei trasporti; - Ministero dell'ambiente e tutela del territorio e del mare; - Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano; - Associazione nazionale Comuni d'italia; - Istituto superiore di sanità; - Istituto superiore per la Prevenzione e sicurezza del lavoro; - Istituto nazionale di Ricerca per gli alimenti e la nutrizione; - Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano; - Associazioni di categoria della filiera alimentare; - Associazioni dei consumatori; - Organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale, firmatarie di specifici protocolli d'intesa con il ministero della Salute; A livello subnazionale la realtà è in parte differente e più variegata, anche perché, nonostante il ruolo di coordinamento assunto dal CCM, le Regioni sono corresponsabili nella definizione dei propri Piani regionali della prevenzione: in particolare alcune di esse, tra cui quello l Emilia- Romagna, il Piemonte, la Toscana e il Veneto hanno incluso nei propri programmi espliciti riferimenti alla necessità di imbastire progetti di contrasto alle disuguaglianze, delineando risorse e distribuendo responsabilità, altre invece ne hanno fatto una menzione generale (Abruzzo, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Sardegna, Trentino, Umbria e Valle D'Aosta), altri ancora non le hanno neppure citate. Se questo da una parte ha consentito la sperimentazione di approcci innovativi, laddove fossero presenti competenze e strutture informative appropriate e il test di interventi potenzialmente riproducibili in altri contesti e qui rientrerebbe il ruolo del CCM - dall altra ha rischiato di alimentare ulteriormente le disuguaglianze geografiche, lungo il già citato gradiente Nord Sud. In particolare il ritardo della promozione alla salute e della prevenzione nelle regioni meridionali, potrebbe ulteriormente allargare l impatto dell effetto contestuale (la deprivazione di queste aree) sulle disuguaglianze socioeconomiche interne. Due nuovi e recenti sviluppi, nati anche lungo il solco tracciato dalla nuova sensibilizzazione istituzionale alle disuguaglianze di salute, spiegata in parte come abbiamo visto dagli ultimi input europei, potrebbero cionondimeno promuovere o quantomeno facilitare su tutto il territorio l implementazione di progetti di contrasto alle disuguaglianze. Un primo riguarda l inclusione tra le linee progettuali del programma CCM di una voce 11 Oltre al lavoro di predisposizione di risposte adeguate alle emergenze e all'impegno istituzionale di coordinamento del PNP, l'attività del CCM è incentrata nell'attuazione di progetti, in collaborazione con Regioni e partner istituzionali diversi, in numerose aree di intervento. In particolare il decreto ministeriale del 18 settembre 2008 di ulteriore modifica all organizzazione ed al funzionamento dell ente, ha statuito che il CCM opera in base ad un programma annuale di attività, che deve essere approvato entro il 30 giugno con decreto ministeriale. Sulla base di tale programma, gli Enti partner (Regioni, ISS, INAIL ed 241

252 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute dedicata esclusivamente al finanziamento di progetti che avessero come obiettivo la riduzione delle disuguaglianze di salute. Il documento che definiva le priorità annuali del programma infatti chiariva come la consapevolezza che alle disuguaglianze si associa la più ampia riserva di potenziale salute da cui attingere a livello di popolazione dovrebbe, allora, richiedere agli Enti partner del CCM un attenzione ancora maggiore rispetto al passato nei confronti di interventi verso i gruppi di popolazione più vulnerabili ed, in special modo, verso quei target la cui debolezza intrinseca impedisce persino di conformarsi come domanda e specificava come fosse necessario implementare azioni che mirassero a indirizzare gli interventi in direzione dell abbattimento dello svantaggio (geografico, ma anche economico e sociale). Dei 41 progetti approvati dal Comitato scientifico e strategico, 8 hanno risposto a questa linea, ricevendo finanziamenti per una somma complessiva di , su un totale di quasi 13 milioni. Tabella 5. Progetti finanziati all interno del programma CCM 2012 sulla linea progettuale disuguaglianze di salute Titolo del progetto Ente proponente Rank (su 41) 12 Importo Lo stato di salute dei detenuti degli istituti penitenziari di 6 regioni italiane: un modello sperimentale di monitoraggio dello stato di salute e di prevenzione dei tentativi suicidari. Promozione degli screening oncologici femminili: ridurre le disuguaglianze nell'accesso tra le donne utenti dei Dipartimenti di Salute Mentale. TOSCANA LAZIO Interventi di tutela e promozione della salute in carcere attraverso la presenza, nelle sezioni degli Istituti penitenziari, della figura del "Promotore di Salute". EMILIA ROMAGNA Maternità fragile: studio sull'efficacia di un modello di intervento volto alla prevenzione secondaria del disagio psichico perinatale ed alla prevenzione primaria delle disarmonie dello sviluppo infantile. Individuazione delle disuguaglianze in salute e creazione di conseguenti modelli di azioni di sorveglianza e di contrasto. Coorti di popolazione adulta italiana seguite longitudinalmente per anni: lo svantaggio socioeconomico e gli esiti di salute. LIGURIA VENETO ISS Un approccio integrato per la riduzione delle diseguaglianze all'accesso ai servizi di promozione della salute: interventi EMILIA ROMAGNA AGENAS) presentano proposte di applicazione, prima, e progetti esecutivi, poi, che vengono approvati o meno dagli organi (Comitato scientifico e Comitato strategico) del CCM e quindi ammessi a finanziamento. 12 Tutti i progetti vengono valutati e classificati sulla base di una serie di criteri di qualità che tengono in cosiderazione la capacità di promuovere: 1) la trasversalità, cioè privilegiare gli interventi con i quali si possono raggiungere diversi e molteplici obiettivi di salute; 2) le alleanze, ovvero privilegiare gli interventi centrati sul coinvolgimento dei principali attori del sistema sanitario; 3)le convergenze che si traduce nel privilegiare gli interventi che confluiscono in quelli individuati come prioritari dagli strumenti della programmazione; e 4)l inclusione, attraverso azioni che contrastano la disequità (nell accesso, nella rispondenza, negli esiti, ecc.), in modo da garantire gli interventi soprattutto a quelle fasce di popolazione spesso appartenenti ai gruppi sociali più disagiati che sono più a rischio. 242

253 Capitolo 8 strategici per la gestione del rischio di utenti con disturbi di interesse psichiatrico e giovani problematici. Realizzazione di un sistema standardizzato di misure delle disuguaglianze di salute, in sistemi d indagine e sorveglianza già disponibili, al fine di identificare priorità e target e valutare l impatto di interventi di contrasto. AGENAS Totale finanziamento progetti sulle disuguaglianze di salute Totale finanziamento progetti CCM Un secondo recente sviluppo riguarda invece l ultima applicazione dei commi 34 e 34bis della legge n.662 del 23 dicembre del 1996, che permette annualmente al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del ministero della Salute e in accordo con la Conferenza Stato Regioni, di vincolare una quota del riparto del fondo sanitario nazionale all espletamento di interventi coerenti con obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale indicati dal Piano. Nel 2012, tra gli obiettivi inclusi nella lista 13, oltre alla prosecuzione delle linee progettuali già attivate nel 2010 e 2011, compaiono per la prima volta le disuguaglianze sociali nella salute. Il documento, infatti, sottolinea come l attuale momento storico caratterizzato dalla crisi economica, con le sue pesanti conseguenze in termini di disoccupazione, precarizzazione, erosione del potere di acquisto, indebolimento della rete di protezione famigliare, incremento dell esclusione sociale può concorrere non poco al mantenimento e alla crescita delle disuguaglianze e all incremento di un fabbisogno di salute fisica, psichica e relazionale e come in questo contesto il contrasto con le spinte negative legate ai determinanti sociali, economici e culturali, il SSN è chiamato a definire percorsi innovativi concreti per contribuire ad una redistribuzione del bene salute, nel rispetto delle garanzie costituzionali, superando le difficoltà che si riscontrano anche al suo stesso interno (ad es. in termini di educazione alla salute, accessibilità, continuità dell assistenza) spesso causate da una eccessiva rigidità e da una scarsa conoscenza del proprio territorio. Nel 2012 è stato pertanto richiesto alle Regioni, per accedere ad una quota vincolata di 50 milioni di, distribuiti in quote proporzionali alla popolazione residente, di porre in essere misure di contrasto degli effetti sulla salute connessi alla povertà/basso reddito tenendo che rispondessero a uno dei seguenti indirizzi: programmazione, partecipata con la comunità, orientata all equità dei servizi territoriali sanitari e sociosanitari e che assicuri un livello omogeneo di accessibilità alle prestazioni: introduzione di criteri di equità all accesso che tengano conto delle fragilità; riduzione effettiva dei tempi d attesa e delle liste di attesa; informazione sull uso corretto delle prestazioni e sull offerta dei servizi e campagne di 13 La lista completa degli obiettivi prioritari inclusi nel documento riportato integralmente nell appendice 2, comprende nella parte I, dedicata alla prosecuzione e integrazione delle attività progettuali già avviate in applicazione degli accordi dell 8 luglio 2010 e del 20 aprile 2011 le seguenti linee: le attività di assistenza primaria, non autosufficienza, cure palliative e terapie del dolore; interventi in materia di biobanche di materiale umano; sanità penitenziaria; attività motoria per la prevenzione delle malattie croniche e per il mantenimento dell efficienza fisica nell anziano, tutela della maternità e promozione dell appropriatezza del percorso nascita, malattie rare, valorizzazione dell apporto del volontariato, riabilitazione, la salute mentale e il Piano nazionale della prevenzione. Nella parte II invece sono inclusi le nuove linee, nell ordine: misure dirette al contrasto delle disuguaglianze di salute in sanità, misure dirette all approccio di genere in sanità, diagnosi di infezione da HIV, promozione di una rete nazionale per i tumori rari e, infine, la sorveglianza epidemiologica e presa in carico delle patologie asbesto correlate. 243

254 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute educazione sanitaria; piano di interventi di tipo preventivo con un approccio proattivo nelle aree più bisognose, mirato soprattutto ai soggetti di più bassa posizione sociale e culturale; adozione di strumenti di programmazione integrata con le istituzioni non sanitarie per le politiche incidenti sullo stato di salute della popolazione (servizi sociali, occupazione, casa, scuola, insediamenti territoriali); arricchimento del sistema informativo finalizzato alla raccolta di informazioni sulla posizione sociale del paziente e del contesto in cui vive al fine di disegnare e aggiornare una mappa attendibile della povertà nella regione e dei conseguenti fabbisogni sanitari; diffusione delle buone pratiche, a livello intraregionali ed interregionale, che consentano l adozione di modalità operative considerate eccellenti riducendo, così, le disparità esistenti sul territorio nazionale; programmi, negli insediamenti dei nomadi e degli immigrati irregolari, di offerta attiva di vaccinazioni, di prevenzione, di informazione per l accesso all assistenza sanitaria e sociosanitaria, offerta attiva, in particolare agli immigrati e ai nomadi, di formazione alla procreazione e alla genitorialità responsabile; attivazione di un approccio transculturale presso un DSM delle città a più alta concentrazione di immigrati e fornire all immigrato livelli adeguati di assistenza psichiatrica; programmi di prevenzione e assistenza sanitaria di base rivolta ai senza fissa dimora. I progetti presentati, attualmente al vaglio del Comitato permanente per la verifica dei Livelli essenziali di assistenza del ministero della Salute, non sono ancora stati pubblicati, tuttavia i documenti amministrativi di approvazione del programma di alcune Regioni permettono di comprendere il tipo di interventi inclusi in questi programmi. Per lo più si tratta di azioni di contrasto alle disuguaglianze di salute sofferte dai gruppi vulnerabili, seguita da azioni relative al miglioramento nell equità dell accesso al servizio sanitario e all adeguamento dei sistemi informativi alle necessità di rilevazione delle covariate sociali e dei bisogni sociosanitari degli individui. Gli immigrati sono il bersaglio principale degli interventi volti ai gruppi fragili, seguiti dalle donne vittima di violenza e agli adolescenti. Tipologia degli interventi 18.7% Quali gruppi vulnerabiil 8.0% 34.3% 15.9% 33.6% 13.7% 2.9% 8.8% Sistema sanitario Politiche e strumenti Salute maternoinfantile Gruppi vulnerabili 10.8% 10.8% Sistemi informativi Disuguagilanze di genere Prevenzione 18.6% Immigrati Adolescenti Detenuti 23.9% Vittime di violenza Salute mentale Figura 5. Tipologia degli interventi regionali di contrasto alle disuguaglianze di salute presentati per accedere alle risorse vincolate del Fondo sanitario nazionale 244

255 Capitolo 8 Concludendo questa breve rassegna delle politiche di contrasto attuate in Italia dal settore sanitario, si può a buon ragione dire che qualcosa si sta effettivamente muovendo: le istituzioni sembrano più sensibilizzate e il tema comincia, anche grazie agli input europei e seppur in misura ancora insufficiente, finalmente a far parte dell agenda politica e della programmazione sanitaria; l importanza della prevenzione e della promozione alla salute e quindi di interventi che agiscano non solo sulle fasi finali dei meccanismi di generazione delle disuguaglianze (l accesso al servizio sanitario) ma anche in quelle intermedie e attraverso approcci che intacchino i determinanti distali della salute è stata riconosciuta; infine l impatto della comunicazione europea Solidarity in health ha messo in moto una serie di eventi, tra cui la nascita del gruppo ESS e l elaborazione del presente rapporto, che avranno il compito di diffondere l importanza e la risonanza di questa tematica anche in platee normalmente più sorde ai discorsi dell equità nella salute. Tuttavia, nell impostazione italiana al contrasto delle disuguaglianze permangono ancora alcuni forti limiti: innanzitutto, come abbiamo già notato precedentemente non vi sono mandati e disposizioni cogenti per quanto riguarda le procedure e le responsabilità della progettazione, dell implementazione e della valutazione delle misure. in secondo luogo gli interventi, quand anche di promozione e prevenzione alla salute, sono spesso rivolti ai gruppi vulnerabili, siano essi minori, immigrati, anziani, giovani madri, disabili, adolescenti, senza contemplare il fenomeno del gradiente sociale (che andrebbe altresì intaccato attraverso l approccio dell universalismo proporzionale) o il divario con gli indicatori di salute dei gruppi più avvantaggiati, e senza considerare che qualsiasi misura di sanità pubblica dovrebbe sempre avere il doppio obiettivo di ridurre le disuguaglianze e contemporaneamente migliorare la salute di tutta la popolazione; per quanto molti sviluppi siano stati fatti in questo senso e le prospettive per il futuro prossimo siano promettenti, alcuni sistemi informativi sono oggi ancora deboli e soltanto in poche aree sono stati sperimentati e consolidati sistemi di analisi longitudinale della popolazione che prevedano il linkage anche con altre fonti amministrative al fine di ottenere informazioni relative allo status socio-economico degli individui; le prove di efficacia sulle azioni messe in repertorio sono ancora molto povere, così come le ricerche sugli impatti differenziali di salute delle politiche. In tal senso la scarsa diffusione e la non obbligatorietà della valutazione di impatto sulla salute risulta un ancora molto pesante; anche se, come abbiamo visto, i principali documenti ed enti che delineano le destinazioni dei fondi della prevenzione, stanno prendendo sempre più in considerazione le disuguaglianze di salute, rimane il fatto che la prevenzione attira una quota minoritaria del fondo sanitario nazionale 14. il differente livello di sviluppo delle Regioni rappresenta un ulteriore limite, perché se da una parte consente, come detto precedentemente, la nascita di laboratori territoriali in cui 14 Se nel periodo infatti la voce assistenza ospedaliera ha attirato in media il 46% del budget italiano, seguita dalla spesa per la specialistica (16,3%) e per la farmaceutica (13,4%) dall assistenza territoriale (12,2%) e dalla medicina di base (6,2%), alla prevenzione è stato assegnato il 5%, una quota maggiore soltanto a quella riservata alla gestione delle emergenze territoriali (1,6%). 245

256 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute sperimentare approcci innovativi, dall altra rischia, soprattutto in un contesto di federalismo sanitario e in assenza di disposizioni che regolamentino la trasferibilità dei benefici ottenuti, di incrementare le disuguaglianze geografiche tra Nord e Sud del Paese; per quanto molti progetti, facendo tesoro della strategia Salute in tutte le politiche, abbiano sviluppato proficue partnership e responsabilizzato attori non sanitari e stakeholder, tuttavia i settori coinvolti sono stati quasi sempre gli stessi: servizi sociali, istruzione e politiche urbane, ovverosia i comparti amministrativi con cui è più facile costruire misure comuni di prevenzione e in generale più propensi ad includere nella propria programmazione i principi di equità. E in ogni caso anche questi settori, in assenza di una regolamentazione attiva, difficilmente, e ancor meno senza una continua azione di advocacy da parte delle politiche sanitarie, tendono a integrare valutazioni di impatto delle proprie azioni sulla salute e sulla sua distribuzione nella popolazione; infine, le politiche sanitarie non sono state capaci fino ad oggi di includere, se non marginalmente, settori il cui impatto è enorme sulla stratificazione sociale e sulla genesi dei meccanismi di generazione, e quindi sulle politiche del lavoro, su quelle economiche e fiscali e di inclusione sociale Gli interventi di contrasto adottati dalle politiche non sanitarie italiane Il ruolo dei determinanti distali è spesso decisivo nel predire e delineare il benessere fisico e mentale di una persona lungo la sua traiettoria di vita: a definiti livelli di reddito, di istruzione e di partecipazione sociale e al mondo del lavoro corrispondono infatti non solo disuguali esposizioni ai fattori di rischio, vulnerabilità agli stessi e capacità di mitigare gli effetti della cattiva salute, ma soprattutto combinazioni variabili di risorse materiali, relazionali e psicosociali che la Commissione sui determinanti sociali della salute dell Organizzazione mondiale della salute ha definito i più importanti determinanti della salute degli individui. Ne consegue che qualsiasi politica che incida sulla loro distribuzione e dunque sulla stratificazione sociale può avere un impatto sulle disuguaglianze di salute e, quindi, che le azioni pubbliche volte a diminuire le disuguaglianze sociali esistenti in un determinato contesto territoriale, dovrebbero essere annoverate tra i possibili strumenti di contrasto alle iniquità nella salute, in quanto ne arrestano in partenza i meccanismi di generazione e di innesco. Tuttavia, occorre distinguere tra le politiche che hanno nella riduzione delle disuguaglianze di salute il loro obiettivo finale o quantomeno uno degli obiettivi espliciti e quelle che, pur avendo un impatto diretto o indiretto sulle disuguaglianze di salute, non contemplano questo aspetto tra le ragioni che ne hanno spinto l adozione e l implementazione. Come detto in precedenza, non si tratta di una distinzione formale: per quanto le seconde, se correttamente indirizzate e implementate, possano contribuire enormemente alla gestione e alla riduzione delle disuguaglianze di salute, tuttavia soltanto le prime in teoria: prevedono l assegnazione concreta di responsabilità sanitarie e la costruzione di partnership e di canali di comunicazione con il settore sanitario per meglio modellare l intervento; 246

257 Capitolo 8 includono al loro interno appropriati ed adeguati sistemi di monitoraggio e di valutazione per quantificare l impatto sulla salute e per predirne la trasferibilità in altri contesti socioterritoriali; aumentano la conoscenza sul funzionamento dei singoli meccanismi di generazione delle disuguaglianze e sull elasticità della salute in funzione di specifici determinanti distali; inoltre, infine questi interventi contribuiscono in maniera significativa al riconoscimento del valore sociale ed economico della salute, facilitando così una loro cristallizzazione e stabilizzazione nell agenda politica e sociale, anche in caso di crisi economica e di conseguenti tagli alla spesa pubblica. Sfortunatamente oggi giorno in Italia, al contrario di altri Paesi europei (in particolare anglosassoni e scandinavi), interventi del primo tipo sono isolati e assai rari, hanno un importanza secondaria e non sono inseriti in una strategia intersettoriale ed ampia. Inoltre sono spesso dedicati esclusivamente a gruppi vulnerabili, senza considerare il gradiente sociale. Tra i pochi esempi di politiche non sanitarie che hanno esplicitamente incluso le disuguaglianze di salute tra i propri obiettivi si possono elencare: il "Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero" emanato con il decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Legge Turco-Napolitano) 15 che all articolo 35 ha garantito l assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale e in particolare l accesso a parità di trattamento con i cittadini italiani alle le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e ai programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva ; il Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81) che oltre a riformare, riunire ed armonizzare tutte le disposizioni dettate da numerose precedenti normative in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, ha introdotto per la prima volta alcune regolamentazioni volte a ridurre le disuguaglianze di salute dei lavoratori, tra cui: - il riconoscimento per tutte le tipologie lavorative e indipendentemente dalla tipologia contrattuale (includendo quindi tutte le forme del tipo di lavoro subordinato e precario) degli stessi diritti in termini di sicurezza e di assistenza sanitaria; - l inserimento dello stress lavoro correlato (particolarmente alto tra i lavoratori più svantaggiati) nella valutazione obbligatoria dei rischi nei luoghi di lavoro; - l obbligatorietà per tutti i datori di lavoro di prendere parte alla campagne di prevenzione e promozione alla salute promosse dall'istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), dall'istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e dagli organismi paritetici; la legge n.335 del 8 agosto 1995, più comunemente nota come riforma Dini, che per la prima volta ha introdotto l aspettativa di vita stratificata per posizione sociale nel conteggio degli algoritmi di stima per il conteggio dei benefici pensionistici; i Piani di riqualificazione che hanno preso in considerazione le disuguaglianze di salute negli investimenti strutturali delle aree metropolitane; - Il programma Città Sane che, seppur promosso dall Organizzazione mondiale 15 Copia del documento è consultabile alla pagina /site/it/sezioni/servizi/legislazione/immigrazione/legislazione_200.html 247

258 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute della sanità, è stato recepito da molti comuni italiani, che seguendo le indicazioni del progetto, hanno tentato di creare reti intersettoriali per l adozione di politiche locali con l obiettivo di tutelare la salute, di contrastare le disuguaglianze di salute e di promuovere uno sviluppo della città fondato sull equità, sulla sostenibilità e sull attenzione alla persona, al suo valore e alle sue esigenze. Attualmente 1300 città in 30 Paesi fanno parte del network europeo di Città sane, a cui hanno aderito oltre 70 comuni italiani. il progetto Il programma P.A.R.I, nato per volontà del ministero del Lavoro nel 2007 con l'intento di incrementare e migliorare le opportunità occupazionali e la partecipazione al mercato del lavoro per soggetti svantaggiati e che menziona specificatamente l'impatto che queste condizioni possono avere nelle condizioni di vita e di salute della popolazione target. Nel programma sono coinvolti imprese, lavoratori svantaggiati individuati nei requisiti dei diversi bandi, Enti istituzionali, ivi compresi gli Enti datoriali ed i Centri per l'impiego. I lavoratori coinvolti nel programma P.A.R.I. usufruiscono di un percorso di reimpiego che integra politiche sociali e politiche attive per il lavoro, con l'utilizzo "virtuoso" del sussidio come strumento di sostegno alla riqualificazione e all'aggiornamento delle competenze prima di rientrare nel mercato. A parte i programmi citati, non vi sono in Italia altre importanti esperienze non sanitarie volte a contrastare direttamente e palesemente le disuguaglianze di salute. Cionondimeno sono invece numerose le politiche che, pur non avendo la salute come obiettivo esplicito, mirano a modificare la distribuzione dei determinanti sociali secondo schemi meno diseguali e che quindi non possono che avere un impatto - seppur raramente studiato e valutato e difficilmente quantificabile - positivo sul godimento della salute nella popolazione. Non è compito di questo lavoro approfondire le politiche attuate in Italia in tal senso, tuttavia nei prossimi paragrafi descriveremo brevemente le principali dimensioni disponibili per questi scopi e i programmi più importanti implementati. Politiche volte a contrastare la povertà, l esclusione sociale e a promuovere il sostegno al reddito Dal punto di vista delle politiche di contrasto alla povertà e all esclusione sociale, l Italia è in forte ritardo: un analisi comparativa riportata dal Rapporto del CIES e che mette a confronto l Italia con Danimarca, Germania, Spagna, Francia e Regno Unito (e che riporta anche i valori medi validi per l Unione a 27) indica infatti che se da una parte nel 2009 la quota totale del PIL speso per la protezione sociale è cresciuta rispetto al 2005 e si attesta sui livelli medi dell Unione (ma comunque inferiore a quanto avviene in Danimarca, Germania e Francia), dall altra quella utilizzata per coprire le spese dei programmi di welfare state di contrasto alla disoccupazione e all esclusione sociale e per finanziare l housing sociale è minore rispetto alla media europea e ben al di sotto dei Paesi citati (si veda tabella 6). 248

259 Capitolo 8 Tabella 6. % del Pil spese per alcune voci di welfare state in alcuni Paesi europei. Anni 2005 e 2009/2010 Spesa Spesa Spesa Spesa Paesi protezione sociale disoccupazione esclusione sociale housing sociale % % PIL % PIL % PIL PIL EU (27) 27,07 29,51 1,56 1,72 0,32 0,41 0,58 0,57 Danimarca 30,24 33,44 2,52 2,15 1,00 0,87 0,71 0,75 Germania 30,03 31,38 2,10 1,90 0,18 0,18 0,61 0,65 Spagna 20,58 25,04 2,17 3,67 0,22 0,27 0,17 0,20 Francia 31,52 33,06 2,23 1,93 0,46 0,56 0,81 0,85 Italia 26,38 29,82 0,51 0,80 0,05 0,07 0,02 0,02 Regno Unito 26,26 29,20 0,68 0,84 0,19 0,22 1,44 1,47 La situazione è simile anche dal punto di vista delle politiche attive per il mercato del lavoro e per il sostegno al reddito (tabella 7): l Italia spendeva meno degli altri Paesi (e della media europea) nel 2006 (1,22% del PIL ) e, nonostante un incremento dell incidenza, ha continuato a farlo nel 2010 (1,84%); inoltre se disarticoliamo questa voce nelle sue componenti, si può osservare come l Italia finanzi relativamente meno rispetto agli altri Paesi programmi per i servizi all impiego e per chi cerca lavoro, così come per coprire le spese per gli esclusi dal mercato dal lavoro e per il sostegno al reddito. In particolare questa voce risulta preoccupante se teniamo in considerazione che nonostante tra il 2006 e il 2010 la disoccupazione sia cresciuta dal 6,8 all 8,7%, l introito destinato a finanziare le politiche di contrasto non siano aumentate, come invece è avvenuto ad esempio in Spagna, dove il boom delle persone senza lavoro è stato mitigato ad esempio dal raddoppiamento dei fondi per il sostegno al reddito e per gli esclusi dal mercato del lavoro. D altra parte, l Italia è tra i pochi Paesi in Europa (insieme a Grecia e Ungheria) a non aver ancora sviluppato l istituzione del reddito minimo garantito, che nel resto del continente è invece considerato come uno dei fondamenti del welfare state europeo [Dessi, 2012] e uno di quelli in cui l effetto dei trasferimenti sociali (che in Italia si realizzano quasi esclusivamente nella forma di trasferimenti pensionistici) nel ridurre la percentuale della popolazione a rischio di povertà è minore (l efficacia di questa politica è rappresentata nella figura 6 dalla grandezza della barra verde in proporzione al totale della popolazione a rischio). Tabella 7. Incidenza della spesa relativa alle politiche per il mercato del lavoro sui PIL in alcuni Paesi europei. Anni 2006 e 2010 Spesa per esclusi Spesa politiche Spesa servizi Spesa servizi per dal mercato e mercato lavoro impiego chi cerca lavoro Paesi sostegno al % PIL % PIL % PIL reddito % PIL EU (27) 1,83 nd 0,20 Nd 0,50 nd 1,13 nd Danimarca 3,23 3,36 1,16 0,39 1,21 1,40 1,86 1,58 Germania 2,59 2,26 0,27 0,38 0,60 0,56 1,72 1,33 Spagna 2,17 3,90 0,10 0,12 0,63 0,67 1,44 3,11 Francia 2,30 2,57 0,24 0,30 0,68 0,83 1,38 1,45 Italia 1,22 1,84 0,04 0,03 0,42 0,35 0,77 1,46 Regno Unito 0,51 nd 0,28 Nd 0,04 nd 0,18 nd 249

260 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute Figura 6. Percentuale di popolazione a rischio povertà, prima e dopo i trasferimenti sociali L Italia permane dunque uno dei Paesi in cui il reddito è ripartito in misura più iniqua in Europa e il rapporto tra il valore del reddito medio del quintile più ricco su quello più povero è uno dei più alti nel continente (figura 7). Inoltre interventi nazionali di sostegno al reddito istituiti negli ultimi anni, come la Social card e il Bonus famiglia, istituiti nel 2011 e consistenti in assegni destinati a famiglie indigenti e numerose, hanno avuto un impatto assai ridotto nell alleviare la sofferenza economica della popolazione interessata. Figura 7. Rapporto tra il reddito medio del 20% della popolazione più ricca sul 20% della popolazione più povera È tuttavia importante ricordare come buona parte della spesa per forme di assistenza è delegata, secondo quanto sancito dalla legge quadro 328 del 2008 e dall articolo 128 del decreto legislativo n.112 del 31 marzo 1998, agli enti locali. Secondo queste norme, i comuni sono titolari della gestione di interventi e servizi socio-assistenziali a favore dei cittadini, gestione esercitata singolarmente o in forma associata fra comuni limitrofi, in attuazione dei piani sociali di zona e regionali definiti dalla regione di appartenenza nell esercizio delle proprie funzioni di programmazione. In particolare, nel 2009, i comuni italiani, in forma singola o associata, hanno destinato agli interventi e ai servizi sociali 6,978 miliardi di euro, pari allo 0,46% del Pil nazionale. Rispetto al 2008 la spesa sociale gestita a livello locale è aumentata 250

261 Capitolo 8 del 5,1%, in linea con la dinamica di leggera crescita osservata dal 2003, primo anno in cui è stata monitorata la spesa. In questo contesto, emergono profonde differenze regionali: il Nordest e le Isole si collocano sopra delle altre aree geografiche con lo 0,6% del Pil; il Centro spende lo 0,5% del Pil, il Nord-Ovest con poco più dello 0,4% si attesta al di sotto della media nazionale ed il Sud, con lo 0,3% del Pil, non recupera la distanza dalle altre ripartizioni nel corso dell ultimo quinquennio. Più in generale, il sistema di welfare state italiano, duramente messo alla prova dalla crisi economica e dalla sua potenziale insostenibilità nel futuro dovuta ad un radicale processo di invecchiamento della popolazione, si caratterizza per essere fortemente selettivo e residuale rispetto a quello di altri Paesi e per non riuscire a rispondere ai principi di universalità che ne hanno alimentato la fondazione [Saraceno, 2002]. Esistono così profonde disuguaglianze tra i suoi beneficiari con alcune categorie occupazionali ad esempio protette da importanti benefici economici (come ad esempio i dipendenti del sistema pubblico) e fasce di popolazione (giovani, precari e disoccupati in primis) privi di tutela sociale. Politiche dell istruzione Se una maggior uguaglianza sociale può essere raggiunta ex post attraverso le misure di welfare state o politiche fiscali che equalizzino le risorse economiche tra gruppi sociali, questa può essere ottenuta anche ex ante attraverso la parificazione della distribuzione del fattore educativo, omogeneizzando la qualità della scuola e facilitando l accesso all istruzione superiore e alla formazione lungo l intera traiettoria esistenziale [Bourguignon, 2013]. L istruzione, inoltre, come ben spiegato nel capitolo 3, rappresenta la dimensione più capace di predire la salute tra gli adulti, per cui aumentare il grado di scolarizzazione della popolazione può rappresentare un importante fattore di miglioramento del benessere fisico e mentale degli individui e di riduzione delle disuguaglianze. E, in effetti, il progetto EuroGBD, che ha stimato i guadagni di salute che si avrebbero in 22 Paesi europei nel caso in cui si avverassero vari scenari di redistribuzione dell istruzione, ha osservato come l annullamento delle disuguaglianze nell istruzione ( tutti i cittadini acquisiscono il grado di scolarizzazione più alto e il tasso di mortalità ad esso associato in ogni contesto nazionale) comporterebbe un calo della mortalità molto alta in tutta Europa, in particolare tra i maschi e, in misura minore, tra le femmine (figura 3). In particolare nelle aree italiane coinvolte nel progetto - Torino e Toscana - questo scenario implicherebbe circa il 30% di decessi in meno tra gil uomini e tra il 10 e il 15% nelle donne. Inoltre, dato il ritardo italiano rispetto agli altri Paesi europei nella diffusione della scolarizzazione secondaria e terziaria (vedi capitolo 3), sembrerebbero dunque rimanere ampi margini per l implementazione di politiche educative che riducendo i gap nell istruzione possano ridurre le disuguaglianze sociali e nella salute. Tuttavia l effetto di questi interventi non è privo di ambiguità. Così ad esempio non è certo che possa avere un effetto equalizzatore sui redditi. Certo facilitare l accesso di tutti a un istruzione più estesa e di migliore qualità è di per sé una buona cosa e contribuisce senza dubbio a parificare le opportunità di una società, ma l effetto sulla distribuzione del reddito dipende da molti fattori. Da una parte, migliorare la qualità dell insegnamento o creare percorsi formativi più adeguati al mercato del lavoro può giovare solo a una minoranza e contribuire a un inasprimento, piuttosto che a un attenuazione delle disuguaglianze. D altra parte, se si ipotizza una politica di massa, va tenuto conto dell evoluzione del mercato del lavoro e della domanda che vi si esercita. Senza crescita, e in 251

262 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute presenza di salari rigidi, coloro che avranno proseguito gli studi non troveranno automaticamente un impiego e un salario conformi alla loro nuova qualifica. L effetto sulla distribuzione rischia allora di essere limitato, a fronte di una notevole frustrazione. Allo stesso modo, non è detto che migliorare il grado di istruzione dei gruppi più svantaggiati equivalga a ridurre le disuguaglianze di salute. Il miglior benessere fisico e mentale di coloro che hanno studiato di più infatti può dipendere anche esso da numerosi altri fattori (maggior partecipazione sociale, maggior supporto famigliare), Infine, secondo l interpretazione psicosociale, i veri determinanti delle disuguaglianze sociali nella salute, non andrebbero ricercati nella differenti e assolute quote di risorse detenute ai vari gradini della scala sociale, quanto ai ruoli di superiorità e di inferiorità in essa ricoperti da ogni individuo. In altre parole, la salute di un individuo posto ad un determinato livello della gerarchia sociale è più alta di quella dell individuo al gradino sottostante, proprio per la posizione di superiorità del primo rispetto al secondo, quale che sia la distribuzione assoluta di risorse associata alle due posizioni. Se questo fosse vero, un equalizzazione dell istruzione porterebbe: 1) se parziale, al miglioramento della salute media della popolazione, ma senza particolari benefici per gli esclusi al processo di scolarizzazione, con una riduzione delle disuguaglianze assolute di salute, ma non di quelle relative; 2) se totale (ipotesi plausibile solo da un punto di vista teorico), non è detto che la stratificazione sociale non trovi un nuovo stratificatore, non più la qualifica di studio, ma un qualsiasi altro indicatore di disuguaglianze nella società (ad esempio gli anni di studio?). 252

263 Capitolo 8 Bibliografia Bambra C., Gibson M, Sowden AJ et al, Working for health? Evidence form systematic reviews on the effects on health and health inequalities of organisational changes to the psychosocial work environment, Prev Med 2009, 48; Banca d Italia (2012), I bilanci delle famiglie italiane nell anno 2010 (a cura di Biancotti C et. al), supplemento al bollettino statistico, n.6, Roma, Banca d Italia Benach J., Malmusi D., Yasui Y. et al(2013), A new typology of policies to tackle health inequalities and scenarios of impact based on Rose s population approach, J Epidemiolol Community Health, 67: Bourguignon F., La globalizzazione della disuguaglianza, Codice edizioni, 2013, Torino. Costa G., Faggiano F., L equità nella salute in Italia. Rapporto sulle diseguaglianze sociali in sanità, Fondazione Smith Kline, Costa G. (a cura di), Primo report sui determinanti sociali della salute, Epidemiologia & Prevenzione, n. 23, 1999 Costa G., Marra M., Fondazione Kline Smith Dessi, Il reddito minimo garantito. Intervista a Giovanni Perazzoli. Diderichsen F, Evans T, Whitehead M. The social basis of disparities in health. In: Evans T, Whitehead M, Diderichsen F, Bhuiya A, Wirth M, eds. Challenging inequities in health: from ethics to action. New York: Oxford University Press, Commission on Social Determinants of Health, Closing the gap in a generation. Final report, WHO (2008) Fabbris L. (a cura di) (2007a) Le famiglie venete a rischio di disagio, Cleup, Padova Fabbris L. (2007b) Teoria e prassi della misura del disagio nelle e delle famiglie. In: Fabbris L. (a cura di) Le famiglie venete a rischio di disagio, Cleup, Padova: 1-20 Graham H. (2004), Tackling inequalities in health in England: Remedying Health Disadvantages, Narrowing Health Gaps or Reducing Health Gradients?, Journal of Social Policy, 33:1, pp: Hemmingsson T et al. (1998). Explanations in social class differences in alcoholism among Judge K., Platt P., Costongs C et al, Health Inequalities: a Challenge for Europe, European Commission, 200. Consultabile alla pagina web documents/ev_060302_rd05_en.pdf Istat (2012), La povertà in Italia, Mackenbach J.P., Meerding W.J., Kunst A.E. (2007), Economic implications of socioeconomic inequalities in health in the European Union. European Commission, Luxembourg. Marmot M., Bell R., Fair Society, Healthy Lives Public Health Sep;126 Suppl 1:S

264 Lo stato di avanzamento delle politiche italiane ed europee di contrasto alle disuguaglianze di salute Micheli G.A. (1999) Cadere in povertà. Le situazioni a rischio, i processi, i terreni di coltura dell impoverimento, Franco Angeli, Milano Roskam A.J., Kunst A.E. (2007), The predictive value of different socio-economic indicators of overweight in nine European countries, in EUROTHINE, Final Report, Erasmus MC, Saraceno C. (ed.) Social assistance dynamics in Europe: National and local poverty regimes. Bristol, The Policy Press, Steinbach R, Grundy C., Edwards P et al, The impact of 20mph traffic speed azones on inequalities in road casualties in London, J Epidemiol Community Health 2011, 65: Suhrcke M., Nugent R.A., Stuckler D., Rocco L. (2006), Chronic disease: an economic perspective. Oxford Health Alliance, London. Whitehead M: Diffusion of ideas on social inequalities in health: a European perspective. Millbank Q 1998, 76(3): WHO, Putting our own house in order: examples of health-system action on socially determined health inequalities (2012) 254

265 Appendice 1 Principali interventi di prevenzione messi in atto dal settore sanitario dal Fonte: Rassegna a cura dell Institute of Health Equity Titolo Descrizione Anno Progetto OPSA (Osservatorio transalpino di promozione della salute) Stadi sani Finalizzato a supportare lo scambio transfrontaliero di conoscenze e best practice di prevenzione e sanità pubblica tra Italia e Francia e la costruzione di un network strumentale ai decisori pubblici per orientare le politiche locali verso la promozione alla salute. Il progetto include la realizzazione di una piattaforma informatica per lo scambio delle informazioni. Il progetto Stadi Sani rappresenta un metodo efficace ed innovativo per ridurre le disuguaglianze di salute e l'esclusione sociale e per costruire partnership efficaci per promuovere stili di vita sani. Gli stadi permettono di raggiungere un pubblico tradizionalmente svantaggiato a livello sociale. Inoltre lo sport coinvolge, tra gli atleti, soggetti che vengono ritenuti "modelli" da parte della popolazione e come tali possono agire nel rinforzare stili di vita sani. Esempi di buone pratiche negli stadi: 1. Vietare il fumo negli stadi aperti al pubblico; 2. Invitare i campioni ad offrire messaggi di non violenza (antibullismo, antirazzismo ecc.) e di salute alla popolazione; 3. Incoraggiare l uso di attrezzature pubbliche per l'attività fisica regolare e costante a tutte le età (percorsi salute, palestre comunali, ecc.); 4. Favorire le opportunità e i contatti fra atleti, associazioni sportive minori e comunità scolastiche, per incoraggiare i giovani a dedicarsi allo sport; 5. Facilitare i rapporti e la coesione sociale in un contesto sano attraverso gli sport di gruppo. Fornire avvertimenti circa l abuso di sostanze che generano dipendenze (alcol, fumo, droghe) 2002-in corso in corso Priorità di sanità pubblica Salute e benessere mentale, attività fisica, obesità, salute infantile, malattie cardiovascolari, tabagismo, alcol Attività fisica, obesità, benessere, tabagismo e alcol, salute mentale Livello Internazionale Internazionale Enti attuatori DoRS, CIPES Piemonte, amministrazioni locali delle regioni Liguria and Piemonte, ASL1 di Imperia. ASL, Local Authority, University of Pavia 255

266 Titolo Descrizione Anno Priorità di sanità pubblica Livello Enti attuatori Agorà Il Piano nazionale "Alcol e salute" includeva una serie di interventi volti alla prevenzione e alla riduzione del consumo di alcol, specie tra i giovani Alcol, incidenti stradali Nazionale CCM, Ministero della salute, governi regionali Alimenta il tuo benessere La campagna della COOP aveva l'obiettivo di contrastare l'obesità e di promuovere la corretta alimentazione come una priorità sociale e di salute. In Italia, più della metà della popolazione non fa attività fisica e cambia negli schemi alimentari sono evidenti, specialmente nella popolazione giovanile Obesità, salute infantile, alimentazione Nazionale INRAN, COOP, Italian GPs, Sport medicine specialist doctors and other private/public associations Canguro saltalacorda Obiettivo del progetto era il supporto dei genitori nell'aiutare i propri figli ad adottare stili di vita sani, a partire dall'attività fisica. in corso Obesità, salute infantile Nazionale Ministero della Salute in collaborazione con l'istituto superiore di sanità e con le Regioni e le associazioni di pediatri Esperienze intersettoriali delle Comunità Locali per Guadagnare Salute Progetto di supporto alle comunità locali finalizzato a favorire l'adozione di interventi inseriti nella cornice istituzionale Guadagnare salute e volto dunque alla realizzazione di azioni per contrastare negli individui di tutte le età l'adozione di stili di vita malsani (in particolare consumo di fumo e alcol, scorretta alimentazione e inattività fisica) Salute e benessere mentale, attività fisica, obesità, malattie cardiovascolari, tabagismo e alcol Nazionale Ministero della Salute, ASL, amministrazioni regionali, stakeholders Fai la cosa giusta, accendi solo i tuoi sogni Campagna contro il tabacco e rivolta a differenti target: giovani, adolescenti, donne e madri 2003 Tabagismo, salute materno-infantile Nazionale Ministry of Health, Mass media Forchetta e scarpetta Progetto volto a produrre un kit didattico per i bambini delle scuole elementari che permettesse loro di imparare l'importanza: di fare una colazione sana, di uno stile di vita attivo, del consumo di frutta e verdura, e dell'attività fisica a scuola e a casa in corso Obesità, salute infantile, alimentazione Nazionale Ministero della salte, in collaborazione con il ministero dell'istruzione, 256

267 Titolo Descrizione Anno Priorità di sanità pubblica Livello Enti attuatori l'istituto superiore di sanità e le Regioni Frutta Snack GenitoriPiù Progetto orientato a promuovere abituini nutrizionali più sane tra gli adolescenti, attraverso l'introduzione nelle scuole di distributori automatici di snack di frutta, accompagnata da appropriati corsi di educazione alla salute alimentare. Il progetto GenitoriPiù, nato nel 2006 come campagna di comunicazione sociale nella Regione Veneto e incluso dal 2007 tra le attività promosse dal ministero della Salute dal 2007 all'interno del programma nazionale Guadagnare salute, ha l obiettivo primario di sensibilizzare la popolazione, in particolare i neo-genitori (ma anche tutti gli operatori sanitari e i professionisti che entrano a contatto con i bambini) sugli strumenti per promuovere la salute del loro bambino e per una maggior consapevolezza delle loro importantissime risorse, come principali attori nel quotidiano impegno per lo sviluppo sano dei loro figli. Si basa sulla promozione di 8 azioni che potrebbero avere un'importanza fondamentale nella salute dei bambini e nel costruire l'inizio di traiettorie esistneziali sane. 1)prendere l'acido folico; 2)non bere bevande alcoliche durante la gravidanza e in allattamento; 3)non fumare in gravidanza e davanti al bambino; 4)allattare al seno; 5)mettere il bambino a dormire a pancia in giù; 6)proteggerlo in auto e in casa; 7)fare tutte le vaccinazioni consigliate; e 8)leggergli un libro in corso Obesità, salute infantile Salute infantile, obesità, salute e benessere mentale Nazionale Nazionale Ministeri dell'istruzione, della Salute, dell'agricoltura, della Gioventù e dello Sport, ASL ASL, Ministry of Health 257

268 Titolo Descrizione Anno Priorità di sanità pubblica Livello Enti attuatori Guadagnare Salute (Gaining Health) Guadagnare salute è un progetto voluto dal ministero della Salute per prevenire l'adozione, in particolare in età adolescenziale, degli stili di vita responsabili delle più diffuse malattie non infettive, come le malattie cardiovascolari, le malattie respiratorie croniche, le malattie dell'apparato muscolo-scheletrico e gastrointestinale, così come i problemi di salute mentale. E' volto pertanto a contrastare il consumo di fumo e alcol, la scorretta alimentazione e l inattività fisica. Si basa sulla strategia dell'organizzazione mondiale della sanità "Gaining Health" e prevede la creazione di un network multisettoriale, composto da attori provenienti dai seguenti enti: ministero della Salute, dipartimento per le politiche per la Famiglia della presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento per i Diritti e le Pari opportunità della presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento per le Politiche giovanili e le attività sportive della presidenza del Consiglio dei ministri, ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, ministero della Pubblica istruzione, ministero dello Sviluppo economico, ministero dell'economia e finanze, ministero dei trasporti, ministero dell'ambiente e tutela del territorio e del mare, conferenza per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, associazione nazionale Comuni d'italia, Istituto superiore di sanità, Istituto superiore per la Prevenzione e sicurezza del lavoro, Istituto nazionale di Ricerca per gli alimenti e la nutrizione, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, associazioni di categoria della filiera alimentare, associazioni dei consumatori, organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale, firmatarie di specifici protocolli d'intesa con il ministero della Salute 2008-in corso Obesità, malattie cardiovascolari, alimentazione, salute infantile, salute mentale, tabagismo, alcol Nazionale Ministero dell'istruzione, della salute, dell'agricoltura, della gioventù, dello sport, ASL 258

269 Titolo Descrizione Anno Priorità di sanità pubblica Livello Enti attuatori Iniziative di comunicazione sui rischi del fumo attivo e passivo rivolte ai giovani e agli adolescenti Progetto orientato ad aumentare la consapevolezza e a capacitare gli individui sui benefici di una vita senza fumo. Orientato ai giovani e ai teenager e supportato da interventi di comunicazione multimediale 2010 Tabagismo Nazionale CCM, ministero della Salute, Istituto superiore di sanità Mamme libere dal fumo Il progetto era volto a formare il personale dei dipartimenti maternoinfantile alle attività di counseling e di cessazione del fumo, indirizzate alle donne durante e dopo la gravidanza Tabagismo Nazionale CCM, Lega nazionale per la lotta contro i tumori, Collegio nazionale delle ostetriche Ministero della salute, emittenti radiofoniche nazionali Non giocare con la vita, se guidi non bere Spot radiofonici della durata di 30 minuti sponsorizzati da calciatori famosi tra gli adolescenti. Lo spost era trasmesso a livello nazionale dalle principali emittenti radiofoniche nazionali 2007 Alcol, incidenti stradali Nazionale Okkio alla Salute Project aimed to build a surveys system relating to the primary school children's nutrition habits and physical activity in order to prevent obesity.progetto volto a prevenire l'obesità, tramite la rilevazione, attraverso la costruzione e somministrazione di un questionario, degli stili di vita alimentari e il livello di attività fisica praticato. Il progetto PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie), è un sistema di sorveglianza in sanità pubblica che raccoglie, in continuo e attraverso indagini campionarie, informazioni dalla popolazione italiana adulta (18-69 anni) sugli stili di vita e fattori di rischio comportamentali connessi all insorgenza delle malattie croniche non trasmissibili e sul grado di conoscenza e adesione ai programmi di intervento che il Paese sta realizzando per la loro prevenzione. Inoltre raccoglie informazioni sullo stato socioeconomico degli individui, così da contribuire alla lettura delle disuguaglianze sociali nella salute. Passi nasce in risposta all esigenza 2008 Salute infantile, alimentazione, malattie cardiovascolari Nazionale Ministeri della Salute e dell'istruzione PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute) 2006-in corso Attività fisica, obesità, benessere, tabagismo e alcol, salute mentale Nazionale ISS, CCM 259

270 Titolo Descrizione Anno Priorità di sanità pubblica Livello Enti attuatori Scuola e Cibo di monitorare il raggiungimento degli obiettivi di salute fissati dai Piani sanitari nazionali e regionali e di contribuire alla valutazione del Piano nazionale della prevenzione poiché la conoscenza dei profili di salute e dei fattori di rischio della popolazione è requisito fondamentale per realizzare attività di prevenzione specifiche e mirate ai gruppi di popolazione vulnerabili e necessaria per il monitoraggio e la valutazione dell efficacia degli interventi attuati. I temi indagati sono il fumo, l inattività fisica, l eccesso ponderale, il consumo di alcol, la dieta povera di frutta e verdura, ma anche il controllo del rischio cardiovascolare, l adesione agli screening oncologici e l adozione di misure sicurezza per prevenzione degli incidenti stradali, o in ambienti di vita di lavoro, la copertura vaccinale antinfluenzale e lo stato di benessere fisico e psicologico, e ancora alcuni aspetti inerenti la qualità della vita connessa alla salute. Promosso dal governo italiano in collaborazione con il ministero della Salute al fine di introdurre l'educazione alla alimentazione come materia scolastica nell scuole medie inferiori e superiori 2009-in corso Scuola e Salute Progetto focalizzato sull'igiene e la salute orale in corso Se sai navigare sai come bere Intervento rivolto agli adolescenti. Basato sui Problem Based Learning, il progetto utilizzava strumenti interattivi e multimediali per spiegare gli effetti negativi dell'alcool sulla guida. Il progetto era finalizzato a ridurre gli effetti dell'alcol sugli adolescenti e a rendere i ragazzi consapevoli e responsabili delle proprie scelte comportamentali. Obesità, salute infantile, alimentazione Nazionale Salute infantile e salute orale Nazionale 2005 Alcol Nazionale Ministero dell'istruzione e governo italiano Ministero dell'istruzione, della salute, dell'agricoltura, della gioventù, dello sport, ASL ISS, Osservatorio Nazionale Alcol 260

271 Titolo Descrizione Anno Priorità di sanità pubblica Livello Enti attuatori Zoom 8 Progetto finalizzato ad analizzare e approfondire i principali risultati emersi dal progetto Okkio alla salute, con la coordinazione dell'istituto superiore di sanità Obesità, alimentazione, malattie cardiovascolari, salute infantile Nazionale Ministero della Salute Alcol adolescenza Progetto volto a prevenire il consumo di alcol fra gli adolescenti delle scuole medie, attraverso l'utilizzo di un intervento peer-to-peer e di dinamiche di ruolo Alcol Sfuma Campagna informativa contro il fumo 2004 Tabagismo Piano nazionale di formazione sul tabagismo Con meno sale nel pane c'è più gusto e guadagni in salute La salute prima di tutto Progetto volto a promuovere e coordinare tutti gli interventi di prevenzione al tabagismo, nonché di controllo e di trattamento. Il principale obiettivo è la prevenzione delle malattie croniche correlate al consumo di tabacco e quindi la riduzione della mortalità e della morbosità tabacco-correlata. Il progetto, promosso dalla Regione Lombardia, ha lo scopo di coinvolgere le reti dei panificatori regionali nella produzione di pane a minor contenuto di sale, al fine di ridurre la prevalenza delle malattie cardiovascolari e di favorire l'adozione di comportamenti alimentari più responsabili e più sani. Al momento ha ottenuto la collaborazione dell'unione regionale panificatori, della Confcommercio Lombardia imprese per l Italia, della Fiesa Confesercenti regionale Lombardia e AIBI/ASSITOL e dal 14 settembre 2011 anche della CNA Alimentare Lombardia e Confartigianato Alimentare Lombardia. In particolare obiettivo del progetto era raggiungere una riduzione del quantitativo di sale nel pane dal 2% all 1,7% (riferito alla farina) Tabagismo in corso Malattie cardiovascolari Campagna focalizzata ad evidenziare gli effetti di lungo periodo di stili di vita scorretti, come un eccessivo apporto nutrizionale e l'inattività fisica Obesità, salute infantile, alimentazione Provinciale (Pesaro e Urbino) Regionale (Campania) Regionale (Emilia Romagna) Regionale (Lombardia) Regionale (Toscana) Servizi provinciali di assistenza e ALGOR (associazione ONG) CCM, Consorzio Equilibria Governo regionale e provinciali, ASL Amministrazioni locali, rete dei panificatori, ASL Assessorato alla salute e sanità 261

272 Titolo Descrizione Anno La vita sceglila al naturale C'era una volta...e vissero sani e contenti Sfumiamo i dubbi Implementazione di buone pratiche di prevenzione del tabagismo a scuola Esperienza di counselling per le famiglie con bambini obesi o in sovrappeso No tabagismo Progetto finalizzato a promuovere stili di vita sani, in particolare a livello alimentare e di attività fisica Progetto orientato a prevenire l'adozione di stili di vita malsani relativi al consumo di tabacco e per promuovere una cultura tobacco-free tra i bambini delle scuole elementari e i loro genitori. Progetto basato sull approccio peer-to-peer, che ha dunque previsto una appropriata formazione degli studenti per prevenire il consumo di tabacco tra i propri compagni di scuola. Definizione e implementazione di un sistema di monitoraggio per verificare il rispetto o meno delle norme antifumo nei luoghi pubblici e per creare una rete stabile di referenti regionali responsabili di identificare e trasferire le best practices nazionali e regionali sper la prevenzione al consumo di tabacco Finalizzata a migliorare e semplificare la comunicazione e le dinamiche relazionali nelle famiglie con bambini in sovrappeso o obesi, anche grazie ai lavoro di gruppo e alla consulenza dei pediatri Progetto trasversale finalizzato a promuovere e coordinare la prevenzione del fum e gli interventi di controllo e di assistenza. Tra le azioni implementate vi sono campagne informative apparse in differenti media, indagini volte a comprendere le abitudini dei tabagisti negli ospedali, la sensibilizzazione e il coinvolgimento dei medici di medicina generale e campagne di prevenzione nelle scuole Tabagismo Tabagismo 2009 Tabagismo Priorità di sanità pubblica Obesità, salute infantile, alimentazione Obesità, salute infantile, alimentazione Livello Regionale (Toscana) Regionale (Veneto) Regionale (Veneto) Regionale (Veneto, Romagna) Locale (Milano) CCM, 2007 Tabagismo Locale (Napoli) Emilia Enti attuatori Assessorato alla salute e sanità Governo regionale Governo della Regione, ASL, Lega Italiana per la Lotta contro I Tumori CCM, Regione Veneto Ministero della salute, ASL CCM, ministero della Salute 262

273 Titolo Descrizione Anno Priorità di sanità pubblica Livello Enti attuatori Lavoratori Sani in Aziende Sane Il progetto è orientato a prevenire gli infortuni e promuovere la salute e il benessere dei lavoratori, attraverso la realizzazione di interventi mirati a migliorare le condizioni di lavoro, a rendere l'ambiente di lavoro più sano e saluto genico Salute e benessere mentale, attività fisica, obesità, malattie cardiovascolari, tabagismo e alcol, occupazione Locale (Torino) ASLTO1 Meno alcol libera mente Pensa Prima Progetto rivolto agli studenti delle scuole medie superiori e volti a renderli consapevoli e responsabili circa il loro rapporto con l'alcol. L'intervento era differenziato a seconda del consumo o meno di alcol degli utenti. Pensa prima è un progetto intersettoriale realizzato nella comunità montana della Valle Brembana, volto a migliorare le condizioni di salute della popolazione locale, attraverso la riduzione degli incidenti stradal e del consumo di alcol, tabacco e sostanze stupefacenti, ad incrementare il livello di attività fisica e il consumo di frutta e verdura. Prevede il coinvolgimento di una vasta sere di attori, provenienti dal settore sanitario (ASL, Sert, Dipartimento di Prevenzione, Centro per l'educazione santaria, distretti sanitari, medici di medicina generale) e non (sindaci, decisori locali, insegnati e presidi delle scuole elementari, medie inferiori e superiori, società civile) Alcol Locale (Torino) ASL 5 in corso Tabagismo, alcol, malattie cardiovascolari, incidenti stradali, infortuni Locale Brembana) (Valle Comunità Montana Valle Brembana, ANIA, ASL, Istituto Comprensivo Zogno 263

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275 Capitolo 9 Le ipotesi sulla radice sociale delle disuguaglianze di salute che hanno implicazioni per le politiche Il lavoro svolto dalla Marmot Review mostra come una importante rassegna di teorie e schemi si sia consolidata nel tempo, spiegando gli effetti che le politiche economiche, sociali e territoriali possono avere sulla salute, sia in modo diretto, sia attraverso meccanismi più complessi di relazione con gli ambienti di lavoro e di vita. Questo paragrafo si propone di revisionare queste teorie per fondare le argomentazioni di indirizzo per le politiche non sanitarie 9.1 Effetti sulla salute delle politiche distributive Un area di analisi della Marmot review è dedicata ad una questione centrale per le politiche, ovvero alle relazioni tra reddito (livello e disuguaglianze nella sua distribuzione), comportamento personale e salute e alla costruzione degli scenari che derivano dalla composizione dei comportamenti individuali. Il punto di partenza è dato dalla constatazione che i gruppi sociali più dotati di risorse godano sistematicamente di un migliore stato di salute. Il modello utilizzato assume che gli individui si pongano un ventaglio di obiettivi, non tutti legati alla salute. In quest ottica, la salute rappresenta solo uno degli obiettivi delle persone, al pari del lavoro, della famiglia, ecc. Le scelte personali, basate sulle risorse disponibili, mirano razionalmente a massimizzare i propri obiettivi e non necessariamente puntano a massimizzare la salute. Il modello quindi offre previsioni sulla relazione tra gradiente sociale e salute e spunti di riflessione sulle poliche, le cui priorità andrebbero analizzate con cura. Secondo il modello, un aumento del reddito ha l effetto di migliorare la salute, mentre solo una redistribuzione del reddito a favore dei gruppi svantaggiati ridurrebbe le disuguaglianze di salute nella società (misurate attraverso IRHI - Income Related Health Inequalities), ma al prezzo di una riduzione della salute media (dato che la perdita di salute dei redditi alti è maggiore del guadagno dei redditi bassi). Analogamente, aumenti del reddito diffusi aumenterebbero il livello medio di salute, ma anche le disuguaglianze. Infatti, l analisi della Commissione della WHO 1 (World Health Organization) sottolinea che la variazione della salute al variare del reddito non sia la stessa per i diversi gruppi sociali. La salute è funzione del reddito e di un altro fattore E che riassume i vari determinanti (tra cui gli stili di vita). Dunque una variazione nel reddito non necessariamente si traduce nel medesimo incremento di salute, essendo anche rilevante E. 265

276 Anche le componenti di E possono essere correlate al reddito, ma il modello non fa ipotesi circa il fatto se E sia in crescita o in diminuzione alla crescita del reddito. La curva che rappresenta lo stato di salute al variare del reddito può essere convessa o concava. E convessa (ph3) se la quota di popolazione con buona salute ha reddito medio più alto, come in effetti si verifica. Sarebbe invece concava (ph2) se la popolazione con cattiva salute avesse reddito medio più alto (vedi figura 1.1). Queste curve però possono cambiare a seconda del tipo di indicatore di salute che si osserva e quindi del tipo di comportamento dannoso per la salute, che può essere proprio tipico di coloro che hanno redditi più alti. In questo contesto, se si ipotizza che la curva sia convessa (ricchi con salute migliore) la redistribuzione ridurrebbe le disuguaglianze di salute legate al reddito ma anche la salute media. In questo stesso scenario la crescita del reddito potrebbe incrementare la salute media ma anche le disuguaglianze. Il modello può quindi essere applicato ipotizzando diversi scenari (curva convessa o concava) e consente di prevedere l impatto di una varietà di politiche, nei fatti più o meno orientate all equità. Ad esempio, la promozione di stili di vita sani può aumentare le disuguaglianze, se rispondono in modo più elastico proprio coloro che hanno redditi più alti. Il modello ha dei limiti. 1. ipotizza comunque una relazione positiva tra reddito e salute, anche se eventualmente con rendimenti decrescenti. Però possono esserci casi in cui ciò non avviene, come per gli incidenti stradali o sul lavoro che crescono con il volume di attività economica e quindi con il reddito medio. 2. Il modello rappresenta posizioni individuali come se fossero indipendenti dalla posizione degli altri, mentre sappiamo che le posizioni sociali sono relative. Inoltre, la cattiva salute di gruppi deprivati potrebbe condizionare anche la salute di altri strati. 3. il modello è descrittivo, non tenta di spiegare i nessi causali tra reddito, stili di vita e salute. 4. il modello assume effetti istantanei, mentre ci sono sfasamenti temporali tra comportamenti della salute, salute e mortalità, questo significa che il gradiente sociale può esprimersi in qualsiasi punto del tempo. Riguardo alle politiche, questo sfasamento temporale può rendere poco efficaci le politiche, per l orizzonte temporale troppo breve degli obiettivi. Questo rende anche più difficile individuare le relazioni causa-effetto, perché collocate nel tempo. 5. il modello non mostra come definire le priorità, che restano un problema, spesso implicito, delle politiche. Avendo presenti queste relazioni, le politiche sociali e della salute dovrebbero scegliere se perseguire vantaggi secondo la regola paretiana, dove tutti guadagnano e nessuno perde, oppure secondo approcci (efficiency-based), dove il risultato complessivo migliora, ma qualcuno può peggiorare, oppure ancora secondo approcci equity-based, dove si sceglie quali gruppi svantaggiati favorire (a svantaggio di altri). Un caso di scelta, ad esempio, sarebbe quello di privilegiare i gruppi con minore speranza di vita

277 Figura The basic framework. Permission sought Fonte: Contoyannis & Forster, (1999) 3 Il problema della valutazione dell effetto delle politiche è cruciale. Infatti qualsiasi politica (sanitaria o sociale) dovrebbe mostrare la sua efficacia rispetto alla riduzione delle disuguaglianze attuali e al fatto di non generarne altre. Esiste anche un trade-off tra perseguimento dell equità e libertà, quindi le politiche dovrebbero riuscire a raggiungere l equità modificando i comportamenti, lasciando autonomia alle persone. Questa percezione delle persone incide sull efficacia delle politiche. Rispetto al fumo ad esempio, le politiche possono essere orientate a persuadere di non fumare, oppure possono vietare il fumo. In ogni caso è utile convincere gli individui che i costi del fumo sono superiori ai benefici. La scelta di uso dei divieti dovrebbe essere proporzionale al danno prodotto dal comportamento e al beneficio atteso dal divieto 4. Ritornando al rapporto tra reddito e salute, secondo la Marmot review, data la situazione attuale, in presenza di una stretta relazione tra reddito e salute, vi sono due vie per ridurre le disuguaglianze 5 : se conta la posizione relativa, rispetto al reddito medio, serve una redistribuzione del reddito, oppure una attenuazione del nesso tra reddito e salute (le persone a basso reddito guadagnerebbero in salute a parità di risorse, attraverso un miglioramento delle capacità, ad esempio della qualità di certi ambienti di vita e di lavoro); se conta la posizione assoluta, serve alzare il reddito medio, anche a distribuzione invariata. 267

278 Figura 9.2 The health Gradient 6 Le evidenze empiriche non consentono di propendere per nessuna delle due ipotesi in via esclusiva 7. Quindi, in linea di principio entrambe le direzioni (aumento del reddito medio e riduzione delle differenze) mirano all obiettivo, come rappresentate nella figura 1.2. Nella realtà, tuttavia, secondo la Marmot review, la situazione è complicata dal fatto che in astratto vi possono essere vari scenari (fig.1.3), di più complessa valutazione, dove: A. un cambiamento forte del gradiente si accompagna ad una crescita del reddito medio e i ricchi hanno uno svantaggio (caso A), B. oppure dove la riduzione del gradiente si associa ad una riduzione del reddito medio, con perdite diffuse di salute, salvo che per i più poveri, che guadagnano qualcosa (caso B), C. o ancora dove cresce il gradiente e il reddito medio, così che i vantaggi maggiori del cambiamento vanno ai ricchi, rispetto ai poveri (caso C). Figura 9.3 Alternative scenarios 8 Gli scenari: manca il caso D, dove, nonostante le politiche sociali, si riducono i redditi medi e crescono le disuguaglianze. 268

279 Per inciso, bisogna notare che queste differenze tra scenari (fig.1.3) accentuano l importanza degli indicatori utilizzati per la misurazione del reddito e della salute. A seconda dell indicatore si dà importanza ad una determinata rappresentazione di giustizia (se diminuisce la distanza tra i gruppi, o se cresce il livello medio, se pesano in modo uguale tutti i gruppi, o se è più importante un progresso dei più poveri). Questi aspetti sono stati ampiamente studiati utilizzando gli indicatori di reddito, ma gli stessi problemi devono essere approfonditi per gli indicatori di salute. Secondo la Marmot review 9, nel caso esemplare della Gran Bretagna, le politiche sociali e sanitarie negli ultimi anni hanno condotto soprattutto interventi a valle, su specifici stili di vita, piuttosto che intervenire a monte, in modo generalizzato, su povertà e disoccupazione. In sintesi, hanno privilegiato lo sforzo in direzione di: aumentare il livello assoluto di salute dei gruppi più svantaggiati, agendo sulle loro condizioni sociali, fattori di rischio e aumentando le opportunità sociali; ridurre il gap tra migliori e peggiori, intervenendo su coloro che hanno il maggiore svantaggio in termini di fattori di rischio ed esclusione sociale. La logica è far crescere più velocemente la salute di chi è in una posizione peggiore (ad esempio con i programmi Health Action Zone e Sure Start). E un approccio selettivo, rivolto a piccola parte della popolazione e centrato sugli stili di vita. Contemporaneamente, tuttavia, secondo alcuni si è sviluppata una tendenza alla medicalizzazione 10. L alternativa, secondo gli autori della Marmot review, sarebbe stata affrontare con maggiore determinazione attraverso cambiamenti strutturali l intero gradiente sociale occupandosi delle fasce che hanno comunque svantaggi, pur non essendo nella condizione di maggior svantaggio. In questo caso, ci si sarebbe occupati di più delle differenze sistematiche nelle chances e negli stili di vita, correlate con la posizione sociale delle persone. L orientamento descritto delle politiche inglesi, secondo la review, pare non considerare che il corpo di letteratura evidenzia come le differenze di salute riconducibili alle differenze nella posizione sociale siano sempre presenti e non scompaiano neanche quando gli stili di vita sono allineati (ad es. il fumo) 11. E quindi importante lavorare per migliorare la posizione sociale di ampi strati di popolazione e intervenire sui meccanismi che riproducono le disuguaglianze sociali. Dunque, l indicazione di carattere generale che scaturisce da questo approfondimento è che, in sede di programmazione delle politiche, l alternativa descritta circa le priorità fondamentali delle politiche sociali andrebbe sempre esplicitata e affrontata. Analizzando oggi i documenti della Marmot review, pur essendo trascorso solo qualche anno dalla pubblicazione, ma trovandosi nel mezzo della più grave crisi economica dal dopoguerra, bisogna dire che si sente la mancanza della concettualizzazione di un ulteriore scenario, più pessimista, che ipotizzi una caduta dei redditi medi reali in Europa, associata ad una crescita delle disuguaglianze economiche, variamente descritte, con un inevitabile peggioramento delle conseguenze sulla salute. Paradossalmente il compito delle politiche si sposterebbe in difesa su entrambi i fronti, per mantenere la linea tratteggiata il più vicino possibile a quella continua, come distanza e inclinazione, ma sotto (fig.1.3, ci vorrebbe il caso D). Questa constatazione sull attuale situazione economica e le sue esigenze di austerità apre 269

280 alcuni interrogativi rilevanti. Il primo riguarda la necessità di identificare e sviluppare politiche in grado di contrastare il gradiente sociale e di aumentare i livelli di salute, con un basso dispendio di risorse. Esiste questa possibilità? Secondo l ipotesi che abbiamo formulato, esiste un vasto campo di lavoro che riguarda la gestione dei contesti organizzativi, comunitari, territoriali, sia sul versante del funzionamento delle politiche, sia in relazione alla loro integrazione. In questi ambiti sono risolutivi modelli e culture di riferimento, oltre che lunghi tempi di attuazione, piuttosto che livelli assoluti di risorse in gioco. Il secondo, conseguente, riguarda la produzione di conoscenza e la necessità di riadattare le coordinate dei sistemi di osservazione e di valutazione delle politiche, in modo da scoprire e valorizzare i molteplici modi di essere dei sistemi che producono salute, protezione, autonomia responsabile, risparmiando risorse, usandole in modo coordinato, valorizzando quel che c è, riducendo incongruenze, mancanza di integrazione, incapacità di interpretare correttamente gli spazi di mediazione sociale. Naturalmente su questa strada i problemi, più che di risorse economiche, sono di disegno strategico delle politiche e dei servizi, di competenze e di legittimazione e consenso, e sono condizionati dalle dinamiche sociali che caratterizzano in questa fase storica diversi paesi europei. Dal punto di vista più strettamente tecnico, un problema nasce dalla struttura delle metodologie e dei modelli di analisi dell efficacia, applicate attraverso studi caso controllo, di osservazione o di microsimulazione. Questi modelli assumono variabili relative agli individui e sono in grado di distinguere l impatto di politiche e interventi per differenti gruppi sociali, ma non includono dimensioni contestuali (ovvero caratteristiche degli ambienti di lavoro, dei quartieri dove si vive, ecc. conoscendo le quali si dovrebbero confrontare l effetto sull impatto di n. contesti e n. dimensioni contestuali), che possono interagire fortemente con l impatto sui gruppi 12. Su questo punto ritorneremo nell ultimo paragrafo. Una complessità ulteriore, che i modelli non riescono spesso a rappresentare, è l effetto dinamico e il feedback che si sviluppa nel tempo. 9.2 La salute si costruisce nei primi anni: importanza dei contesti nell infanzia Per l analisi delle disuguaglianze nella salute per i bambini, vengono principalmente proposti due modelli fondati sul concetto di contesto e di corso di vita. Il primo insieme di modelli TEAM- ECD 13 (Total Environment Assessment Model of Early Child Development) pone il bambino al centro del sistema di analisi. Si presuppone la presenza di contesti multipli che hanno effetto sull esperienza del bambino. In quest ottica, la politica capace di influire su un solo aspetto del contesto, come ad esempio il reddito familiare, è scarsamente efficace. Si tratta di contesti non ordinati in modo strettamente gerarchico, ma interconnessi (famiglia, vicinato, comunità di relazioni e servizi-gruppi per i bambini, contesto socio-economico). I modelli appartenenti al secondo insieme - Lifecourse 14 - sono centrati sul corso di vita. Gli aspetti istituzionali e strutturali del contesto di vita hanno un effetto progressivo e cumulativo sugli individui - costruttivo o distruttivo - che si sviluppa in periodi di tempo molto lunghi. Peraltro alcune ricerche sembrano dimostrare che i bambini vanno considerati come attori sociali (Fig.1.4), modellati dall ambiente, ma anche capaci di modificarlo. Queste interazioni quindi si strutturano nel tempo, con effetti cumulativi 76. Dunque, per massimizzare l impatto sulla vita e sulla salute 76 Queste interazioni nella Fig.4.4(Cap.4) sono concettualizzate nella rappresentazione del microcontesto, come ambito strutturato dai soggetti che lo costituiscono (famiglia, scuola, ecc.). La Fig

281 dei bambini, sono necessarie politiche capaci di influire su molti aspetti del contesto contemporaneamente e di controllare la dimensione temporale. Su questo tipo di politiche torneremo nell ultimo paragrafo. Figura.4 - Total Environment Assessment Model of Early Child Development (TEAM-ECD), recommended by the Early Child Development Knowledge Hub of the World Health Organization15 Si tratta di politiche complesse, che coordinano livelli locali e nazionali e che hanno margini di adattamento nell applicazione, che richiedono capacità di valutazione e di personalizzazione locale, fondate sulle competenze degli operatori16. La riflessione sulle politiche che hanno effetti sullo sviluppo dell infanzia deve considerare che lo sviluppo del cervello è molto rapido e si realizza nei primi anni di vita (Fig. 1.5). Al nono anno il volume fisico ha raggiunto il 95% di quello in età adulta e la crescita avviene in parallelo con lo sviluppo delle capacità fisiche, cognitive e socio-emozionali. Queste basi saranno fondamentali nell intero corso di vita17. Lo sviluppo nei primi anni è fortemente condizionato dalle esperienze vissute. Ciò può avvenire, ad esempio nel caso di uso di alcool o droga, anche in epoca prenatale. I danni di tali circostanze negative possono risultare non recuperabili, anche con specifici interventi successivi18. Per contro, esperienze positive come l interazione intensa con la madre, l allattamento al seno e la qualità della nutrizione possono avere ricadute significative sullo sviluppo neurologico e cognitivo19. A partire da quest impatto, cambia il modo con cui i bambini affrontano i complessi percorsi di crescita delle capacità fisiche, cognitive e socio-emozionali. Per introdurre il tema, che verrà sviluppato nel prossimo capitolo, si può sottolineare che gli studi che hanno analizzato le traiettorie di sviluppo e i fattori ambientali hanno ampiamente dimostrato l effetto rilevante delle esperienze nei primi anni, per tutta l età adulta e relativamente a molti aspetti, come il reddito, l istruzione, le performances fisiche e psichiche e il benessere in età adulta20. rappresenta la situazione al tempo t, se si immagina una ricorsività temporale occorre rappresentare tanti schemi quanti sono i momenti considerati. 271

282 Figura Brain development during Early Children Development and sensitivity to experiences Fonte: Charles Nelson (Univ of Minnesota, Minneapolis, MN, US) published in Shonkoff, J. and Phillips, D. (2000) 21. In particolare, sono stati identificati tre effetti fondamentali che legano i primi anni con lo sviluppo successivo: l impatto di effetti latenti, gli effetti pathway e gli effetti di accumulo di vantaggi e svantaggi 22. Molti studi hanno mostrato empiricamente gli effetti di crescita e accumulo di svantaggi, legati a condizioni socio-economiche svantaggiate 23. In specifico, un grande studio longitudinale sulle coorti inglesi ha misurato le differenze di sviluppo dei bambini a 22 mesi dalla nascita, rilevando netti vantaggi dei bambini provenienti da famiglie con medio e alto status socio-economico e un diffuso blocco dello sviluppo dei bambini con posizione sociale più bassa (Fig.1.6). Anche quando i bambini mostravano inizialmente uno sviluppo nella norma, in realtà nei passi successivi lo svantaggio si ripresentava 24. Figura Inequality in linguistic development has its roots in early life and then accumulates, widening the gap between the poor and the wealthy Fonte: Hart and Risley (1995) Lavoro e salute: la mediazione cruciale dei contesti organizzativi Oltre all infanzia e all adolescenza, è il lavoro un ambito centrale in cui misurare l effetto delle politiche non sanitarie sulla salute. Il modello utilizzato dalla Marmot review deriva dal lavoro della commiss ione WHO 26 (fig.1.7) e sottolinea l importanza delle relazioni macro-mesomicro, nella distinzione degli effetti del lavoro sulla salute. In particolare, individua il livello delle politiche, a monte del processo, che influenzano il mercato del lavoro - stratificato per posizione 272

283 socio-economica, genere, etnia/cittadinanza ed età ed evidenzia come i fattori che strutturano le relazioni di impiego (con rischi generali e specifici dei diversi lavori) abbiano un impatto sulla salute, in parte mediato da fattori psicosociali e stili di vita più o meno protettivi. Figura Conceptual approach towards analysing employment and working conditions with respect to social inequalities in health

284 Nello schema viene dato notevole rilievo all interazione che su queste relazioni possono sviluppare le politiche di welfare, il sistema sanitario e il sistema di relazioni familiari e sociali in cui gli individui sono inseriti, a sua volta condizionato dalle politiche, ai diversi livelli. L ipotesi che si propone è che non sia possibile studiare le interazioni tra lavoro e salute, a prescindere dal contesto culturale e di relazioni sociali.i meccanismi che sono in azione in queste interazioni tra lavoro e salute sono di due tipi. Da un lato quelli che riguardano la salute di chi ha un occupazione e dall altro quelli che interessano la salute di chi cerca un lavoro. Per quanto riguarda le condizioni di lavoro di chi ha un occupazione, al cap. 3 i principali fattori di rischio correlati al lavoro in chi ha un occupazione sono stati classificati in due categorie. Quelli fisici, chimici, meccanici ed ergonomici che descrivono le più materiali caratteristiche avverse dell ambiente di lavoro, la cui esposizione si concentra tra le professioni manuali e non manuali più dequalificate, prevenendo le quali si dovrebbe quindi poter automaticamente ridurre le disuguaglianze sociali di salute. E quelli psicosociali fonte di stress cronico: di questi occorre comprendere meglio come e perché si distribuiscono in modo disuguale per posizione sociale al fine di giustificare le politiche e gli interventi di contrasto. In letteratura sono stati identificati e testati due modelli principali. Il primo modello è quello demand-control, che collega lo stress, dannoso per la salute, all interazione tra due dimensioni: la domanda posta dall organizzazione rispetto al ruolo e i gradi di autonomia di chi lavora. La situazione di massimo stress è quella di chi deve far fronte ad una domanda esigente senza nessuna possibilità di autodeterminazione e quindi di apprendimento e di gratificazione in caso di successo 28. Un altro modello effort-reward imbalance identifica le situazioni di stress come quelle che generano un forte squilibrio tra gli sforzi, fisici o mentali, richiesti dal lavoro e le ricompense, più o meno materiali, che il medesimo procura 29. E anche evidente che le posizioni più stressanti, che offrono poche ricompense, sono occupate da persone che hanno minori probabilità di trovare alternative sul mercato del lavoro. Dunque, si verifica una maggiore presenza di lavoratori a bassa qualificazione, anziani e comunque deboli sul mercato nelle posizioni meno remunerate e qualificanti. Da questi studi risulta che i lavori poco remunerati e con bassi gradi di controllo siano quelli che possono esporre ai maggiori rischi di stress e quindi di salute, soprattutto nel lungo periodo 30. A questi modelli si aggiungono altri riferimenti teorici utilizzati, che evidenziano ulteriori aspetti rilevanti nella generazione dello stress, derivano dalla teoria organizational justice 31, che sottolinea l importanza della eventuale percezione di iniquità nei processi organizzativi, e dalla employment precariousness 32, che sposta l attenzione sugli aspetti di precarietà, incertezza e difficoltà di accesso al lavoro. Questi modelli di interpretazione dei meccanismi di azione psicosociali servono anche ad interpretare il rapporto tra lavoro come occupazione e salute. Data la relazione tra cattivo lavoro e danno alla salute, è utile focalizzare due posizioni che si riferiscono a due meccanismi diversi di produzione del danno e dunque di possibile campo di azione delle politiche. La prima sottolinea, da una prospettiva di selezione sociale, il prevalente effetto del background 274

285 sociale di tipo socio-economico, psicosociale e biologico sui danni alla salute connessi al lavoro. In questo caso sono le caratteristiche individuali e familiari a determinare prevalentemente la debolezza dell individuo, con inevitabili effetti di accumulo nel corso di vita 33, che a sua volta confinerebbe le persone più vulnerabili alla malattia nelle posizioni sociali più basse. La seconda, per contro, pone l accento sul rapporto diretto tra aspetti del cattivo lavoro e danni alla salute, ed evidenzia dunque una diversa catena causale, dove il debole background è un fattore rilevante per accedere alle diverse fasce di lavori, ma il danno alla salute è invece direttamente determinato dalle caratteristiche dei contesti sociali e fisici di lavoro 34. In questo caso esiste uno spazio più importante di azione per rendere ambienti di lavoro capacitanti e meno dannosi. Le caratteristiche manifeste e latenti del lavoro che secondo quest approccio teorico incidono sulla salute sono: sicurezza 35 ; soddisfazione 36 ; domande dell organizzazione e grado di controllo del lavoro 37 ; equilibrio tra sforzo e ricompensa 38 ; supporto di supervisori e pari 39 ; percezione di tensione sull adeguatezza delle proprie risorse economiche 40. Inoltre, sempre in relazione al rapporto tra caratteristiche del lavoro e salute, la latent deprivation theory, sostiene che svolgere un lavoro fa sperimentare alle persone cinque classi di esperienze 41 : maggiore strutturazione del tempo; intenso livello di attività; opportunità di relazione con le persone al di fuori dell ambito familiare; percezione dello status sociale; opportunità di lavorare con altri per obiettivi comuni. In questo senso il lavoro non fornisce solo reddito ma risponde ad altri bisogni latenti, come quello di relazioni sociali. Altre teorie 42 sostengono invece che gli individui sono attivi e capaci di costruire relazioni sociali, tuttavia la perdita del lavoro pone le persone in una condizione di povertà e di forti restrizioni nelle possibilità di progettare un futuro significativo. Secondo queste teorie è la mancanza del reddito e delle risorse economiche, e non del lavoro in quanto tale, che genera un impatto sul benessere delle persone. Entrambe queste teorie hanno avuto conferme empiriche, e quindi tutti e due gli aspetti devono essere considerati per i loro effetti sul benessere 43. Le ricerche che hanno esaminato entrambi gli aspetti hanno mostrato come la carenza di risorse economiche sia un miglior predittore rispetto alla latent deprivation, l assenza dell insieme degli aspetti strutturanti del lavoro della perdita di benessere da parte dei disoccupati 44. Altri studi hanno ordinato l importanza delle latent deprivations che vengono a mancare con la perdita del lavoro e hanno messo in evidenza la centralità della perdita dello status, 275

286 come percezione di un arretramento sociale 45, o di non piena appartenenza e cittadinanza 46. C è consistente evidenza empirica sull importanza delle relazioni sociali, ma c è minore accordo su come la disoccupazione produca una riduzione dei legami. La ricerca ha dimostrato che l occupazione genera un livello significativamente maggiore di relazioni sociali. Allo stesso modo la disoccupazione genera un calo delle relazioni, anche se produce tempo libero, che viene tuttavia speso in casa e con maggiore isolamento sociale 47. Nell ambito delle conseguenze della disoccupazione, è stata rilevata la presenza di sentimenti di vergogna, fortemente correlati a depressione e ansia, in un quarto dei disoccupati, mentre la metà ha cercato di evitarli cambiando le proprie abitudini nell area delle relazioni sociali 48. Le componenti della vergogna sperimentata dai disoccupati sono state operativizzate in 6 dimensioni: irritazione degli altri, il fatto che abbiano parlato male di loro, essere evitati, essere considerati incompetenti e pigri, non essere presi in considerazione 49. L'esperienza della vergogna era significativamente associata con mal di testa, disturbi del sonno, impotenza, depressione, irrequietezza, nervosismo e ansia, stanchezza, mancanza di forza, così come difficoltà di rilassamento, aumento del consumo di alcol, aumento del fumo, meno esercizio fisico, minor numero di attività ricreative, meno contatto con amici, minore fiducia in se stessi. Un problema nella misurazione dei fattori di deprivazione è dato dall incoerenza delle scale di misurazione utilizzate per l analisi dei diversi fattori, manifesti e latenti. Per ovviare a questo inconveniente è stata proposta una scala (LAMB) che utilizzasse il medesimo indice 50 (fig.1.8) per misurare i diversi fattori. Figura 1.8 The Latent and Manifest Benefits Scale (LAMB) This measures Jahoda s five latent benefits of employment and the one manifest benefit. Each of the six subscales consists of six bipolar items measured on a seven-point scale: financial strain e.g. my income usually allows me to socialise as often as I like/my income rarely allows me to socialise as often as I like time structure e.g. I often/rarely have nothing to do social contact e.g. I often/rarely go out and meet with others collective purpose e.g. I contribute greatly/minimally to my community status e.g. I am often/rarely valued by the people around me activity e.g. I usually/rarely do all the things I have to do Fonte: Muller, Alcune teorie 52 attribuiscono importanza alla self-efficacy, definita come la fiducia della persona nella propria capacità di mettere in atto specifici comportamenti in modo efficace. Le persone con elevata self-efficacy hanno più probabilità di persistere con tenacia nella loro azione di ricerca del lavoro anche in condizioni di stress e di fallimenti ripetuti. 276

287 Ci sono considerevoli evidenze empiriche secondo cui la self-efficacy rappresenta uno dei principali meccanismi psico-sociali secondo cui opera l integrazione sociale (definita come "the sum of the social, emotional and instrumental exchanges with which an individual is involved having the subjective consequence that an individual sees him or herself as an object of continuing value in the eyes of significant others" 53 ), che è fondata sull apprezzamento degli altri. Per questo, la partecipazione e l integrazione sociale sono fondamentali per mantenere e sviluppare l autoefficacia e le due dimensioni sono correlate 54. Il ruolo del lavoro nel generare integrazione sociale ed effetti positivi sulla salute deve far riflettere sui differenti livelli di partecipazione di gruppi sociali, con particolare attenzione alle differenze per genere, uno dei principali fattori della diversa partecipazione al lavoro. 1.4 Il ruolo dell inclusione attiva nei contesti sociali e l effetto sulla salute Dall analisi della Marmot review viene attribuita notevole importanza ai processi di inclusione ed esclusione sociale, per i loro effetti sulla salute. L esclusione sociale è definita come un processo multidimensionale, dinamico e relazionale. Il gruppo escluso è in uno stato di svantaggi multipli, con risorse relazionali deboli. Si fa riferimento al Social Exclusion Knowledge Network, secondo il quale il rapporto tra esclusione (sulle varie dimensioni) e salute è complesso. Il network SEKN (Figura 1.9) distingue due livelli secondo cui la dotazione di risorse e capacità influenza la salute: livello costitutivo: buoni livelli di inclusione generano partecipazione e senso di appartenenza, controllo sulla propria vita; livello strumentale: in molte circostanze materiali la scarsa inclusione produce anche disuguaglianze materiali (perché manca la rete di sostegno), che contribuiscono, anche in modo indiretto, alle disuguaglianze di salute. Figura 1.9 An Emerging Framework for the SEKN (Social Exclusion Knowledge Network) 55. Per il SEKN lo scarso potere di controllo genera l esclusione dei più deboli e le disuguaglianze nella salute. 277

288 Si ipotizza quindi un primato causale delle relazioni di potere, di controllo di una gamma di risorse, peraltro distribuite anch esse in modo ineguale, riguardo agli effetti sulla salute. Un punto di osservazione rilevante sui processi di inclusione e sulle relazioni di potere-controllo delle opportunità riguarda le problematiche di genere. L analisi del rapporto povertà-salute per le donne richiede di adottare una doppia prospettiva di analisi, attenta sia al nucleo familiare, che al corso di vita. E necessario approfondire l analisi del nucleo familiare, perché attraverso le statistiche ufficiali si dà per scontato che le risorse all interno della famiglia siano ripartite in modo equo, mentre in realtà donne e bambini vengono penalizzati 56. E utile l approccio del corso di vita perché gli effetti di trascinamento degli eventi negativi sulla vita e sulla salute delle donne appaiono più persistenti 57. Un meccanismo fondamentale di esclusione riguarda la trasmissione intergenerazionale dell iniquità, attraverso l impatto negativo degli svantaggi delle famiglie sulla salute dei bambini. Questa condizione aumenta il rischio di povertà e di deprivazione, sia per il genitore, sia per i bambini, con un circolo vizioso che tende a rafforzarsi ad ogni generazione. La seguente schematizzazione (Figura 1.10), proposta dalla Marmot review per concettualizzare il caso delle politiche rivolte ai monogenitori, particolarmente importante in Gran Bretagna per rappresentare l effetto della famiglia sulla trasmissione delle ineguaglianze, evidenzia l importanza della mediazione dei contesti locali (famiglia, comunità, ecc.), che vengono più o meno coinvolti nell implementazione dei diversi modelli di welfare. In particolare, viene proposta la distinzione tra i seguenti approcci, utilizzati per affrontare il caso dello sviluppo dell occupazione per i monogenitori. Un primo approccio (USA), di carattere liberale, punta a spingere le persone verso il mercato del lavoro, con sanzioni e incentivi, responsabilizzando le persone rispetto alla propria capacità di mantenersi. Il problema strategico consiste nella presenza di segmentazioni e di mismatch strutturali nel mercato del lavoro, che rendono le persone spesso inadeguate rispetto alle occupazioni, oppure non interessate a svolgerle. In questi casi la coercizione può ottenere solo risultati di breve periodo. Sono fondamentali in questo caso i servizi individualizzati in grado di mettere il soggetto in condizioni di adeguarsi alle offerte esistenti e di orientarsi per scegliere consapevolmente opportunità realisticamente disponibili 58. Un secondo approccio (Norvegia) ha utilizzato forti investimenti per sostenere l autonomia economica dei monogenitori, che potevano godere di un ampia copertura di welfare, tra cui un reddito minimo, indipendentemente dalle proprie scelte di vita. Questo approccio è stato largamente criticato per le implicazioni di genere (spingeva le donne a rimanere a casa) e si è rilevato poco efficace nel difendere il livello di reddito dei monogenitori, spinti verso la fruizione passiva del welfare. Dagli anni 90 anche quest approccio è mutato, iniziando a promuovere una maggiore attivazione dei soggetti e una riduzione degli automatismi. In particolare sono state introdotte limitazioni di tempo (3 anni) e di età dei figli per l accesso al sussidio. Queste limitazioni miravano a migliorare il benessere economico dei genitori soli promuovendone l attivazione sul mercato del lavoro e quindi facendo crescere la quota di occupati, tuttavia non vi sono studi che ne abbiano valutato l efficacia. 278

289 Figura Intergenerational Transmission of Inequalities through Lone Parenthood Micro factors Income, education, employment Health outcomes of parent and children Meso factors Community, friend and family entourage and environment Macro factors Policies, institutional framework, underlying income distribution, cultural values and Family structure: Lone parenthood Lone Parenthood Policies or Programmes (LPPs) Fonte: McKay, 2002; Walker, Socio economic outcomes of parent and children Un terzo approccio è misto e deriva dalle strategie dell Unione Europea (caso di applicazione in Olanda), centrate sulla riduzione della povertà dei bambini attraverso l aumento dell occupazione dei genitori, la promozione della conciliazione tra vita personale e lavoro, la gestione di sostegni al reddito, la disponibilità di servizi di welfare (cura, bambini, salute, ecc.) di qualità ed accessibili. In questo contesto, gli studi esaminati ritengono dimostrata l efficacia degli interventi che hanno introdotto elementi di condizionalità nei programmi, rispetto all obiettivo di accrescere l occupazione. In particolare, è risultato difficile promuovere il superamento della situazione di povertà, per monogenitori a bassa qualificazione professionale, esclusivamente attraverso l occupazione offerta dal mercato. Per questo sono risultate molto efficaci politiche capaci di associare percorsi obbligatori verso l occupazione e sostegni al reddito in caso di lavoratori a bassa retribuzione, che hanno prodotto benefici combinati sull occupazione, sul reddito familiare e sul benessere dei bambini 60. Nel caso dell incentivo modulato sulla condizione familiare a integrazione del reddito, si tratta di un intervento a sostegno dell attivazione, che considera le caratteristiche d insieme del contesto familiare. 1.5 Le potenzialità dei contesti ambientali La questione fondamentale strategica da considerare attentamente nella progettazione delle politiche non sanitarie è che la prevenzione della salute e lo sviluppo sostenibile implicano azioni coordinate. Ad esempio è noto che stili di vita sani, riguardo all alimentazione e alla mobilità, e politiche preventive rispetto alla salute, riducano lo spreco di risorse e migliorano il benessere 61 ; ma questo risultato richiede di puntare sia sui valori e sul senso di comunità che sulle caratteristiche materiali dell ambiente. Le caratteristiche dell ambiente sono fondamentali: infrastrutture fisiche e sociali sono strettamente connesse e le disuguaglianze tra le persone sono legate a differenze in queste dotazioni (dei luoghi dove vivono, delle possibilità di accesso, ecc.). 279

290 Il cibo, ad esempio, deve essere alla portata di costo e contemporaneamente la produzione deve essere sostenibile. Oggi coesistono aree di popolazione senza cibo sufficiente e aree soprattutto quelle deprivate nei paesi sviluppati - che utilizzano cibo e diete non salutari, ad alto contenuto energetico e di grassi 62. La sostenibilità riguarda anche i trasporti: possiamo citare, ad esempio, il numero di veicoli, le varie forme di inquinamento e l inattività fisica. Il trasporto è la maggiore causa dell effetto serra e genera una crescita di mortalità nei paesi in via di sviluppo tre volte superiore ai morti generati direttamente per incidenti 63. Nel modello concettuale utilizzato nella Marmot review, i fattori che incidono sulla salute vengono rappresentati come strati concentrici intorno all individuo, che vanno da: caratteristiche individuali intrinseche (al centro); stili di vita; comunità; cultura; ambiente. I fattori vengono distinti nella seguente tipologia: effetti diretti (spazi naturali, inquinamento dell aria, traffico stradale, rumore, cibi, clima); effetti indiretti/mediati dal contesto (accessibilità, sicurezza, scarsa civiltà, uso misto del territorio, design urbano, spazi verdi) 64. In aggiunta a questo, gli ambienti urbani, in specifico, sono anche caratterizzati da: peggiore salute mentale; maggiore diffusione di infezioni; più frequente obesità. Vari disegni di ricerca, disponibili in letteratura, fondati ad esempio su analisi cross-section, mostrano forti associazioni tra le caratteristiche delle aree e il benessere e la salute delle persone. Tuttavia, questi disegni spesso non consentono rigorose analisi di tipo causale 65. Un area su cui sono necessari ulteriori approfondimenti riguarda il rapporto tra il livello di attività fisica, le attitudini e le credenze (circa la sua utilità) di chi la svolge e l effetto netto della conformazione dell ambiente sulla salute. E un fatto che le aree urbane, soprattutto deprivate, mostrino un elevata concentrazione di problemi legati all ambiente e alle ricadute sulla salute, anche se meccanismi causali ed effetti di cumulo richiedono ancora approfondimenti. Nell ampia rassegna di studi citati viene riportato un solo studio che conclude circa la non rilevanza statistica delle differenze tra aree riguardo alla salute mentale, rispetto alla significatività di caratteristiche individuali e della famiglia. 280

291 Capitolo 2. Le evidenze empiriche: effetti dei determinanti sociali di salute In questo paragrafo sono riassunte le principali prove di letteratura passate in rassegna dalla Marmot Review a sostegno dell effetto sulle disuguaglianze di salute di ognuno dei meccanismi di azione. Questi argomenti permettono di valutare l interesse e l importanza di ognuno di questi meccanismi di azione come potenziale punto di ingresso delle politiche e delle azioni di contrasto. 2.1 Effetti delle disuguaglianze di reddito e risorse economiche Le ricerche mostrano che la relazione tra status socio-economico e salute è complessa ed è diversa tra uomini e donne. Essa rappresenta una sfida per le politiche. Dato che le persone con reddito più alto hanno comportamenti più favorevoli per la salute, un aumento dei redditi medi genera tendenzialmente un miglioramento della salute media, ma può anche causare un aumento delle disuguaglianze di salute 66. Questo caso si è verificato, ad esempio, in Gran Bretagna, dove, nonostante dal 1997 vi sia stato uno sforzo di redistribuzione dei redditi a favore dei meno abbienti, le disuguaglianze di salute hanno continuato ad aumentare, per l allontanamento dei due estremi della scala sociale. In particolare, secondo alcune ricerche, tra il 1991 e il 2005, sulla base di alcuni indicatori importanti (aspettativa di vita, obesità, salute mentale, malattie cardiovascolari), le disuguaglianze socio-economiche sono comunque aumentate, mentre quelle di salute sono aumentate in modo più marcato, soprattutto tra le donne. Ciò è derivato dal fatto che in qualche caso (salute mentale) è migliorata in modo più accentuato la condizione di salute delle donne ad alto reddito, in altri (obesità, malattie cardiache) è peggiorata di più la salute di quelle a basso reddito. Comunque sono cresciute in modo più accentuato le disuguaglianze di salute rispetto a quelle economiche. I rapporti tra disuguaglianze nel reddito e disuguaglianze nella salute possono quindi cambiare non solo per un cambiamento della distribuzione del reddito nel denominatore ma anche per differenze e variazioni nell elasticità che lega le due dimensioni, ovvero nell entità degli effetti sulla salute generati da una variazione unitaria del reddito. Riguardo a questo l esperienza inglese è emblematica: nei primi anni 80, le disuguaglianze nella salute (misurate con l indice IRHI) crescevano per l aumento delle disuguaglianze di reddito; successivamente, è entrata in gioco la maggiore elasticità dei redditi più alti, rispetto a quelli più bassi. Pertanto, gli aumenti del reddito medio hanno generato un più che proporzionale aumento della salute dei ricchi e quindi ancora una volta una crescita delle disuguaglianze nella salute 67. Questi risultati non sembrano limitati al caso inglese, ma sono stati confermati su scala europea 68, anche se altri studi sostengono che dopo il 2002 le disuguaglianze di salute hanno iniziato a diminuire 69. Con la crisi del 2008 e la caduta generalizzata dei redditi e dell occupazione è rapidamente cambiato lo scenario: non vi possono ancora essere dati utili in letteratura, ma sono state formulate varie ipotesi, riprese nella Marmot review. C è chi sostiene che la crisi peggiora direttamente il livello medio di salute, per la caduta dei redditi. Tuttavia, se si riducessero anche le disuguaglianze di reddito, calerebbero proporzionalmente di più i redditi più alti e quindi si potrebbero anche ridurre le disuguaglianze di salute 70. Ma non è da escludere l ipotesi 281

292 che la riduzione dei redditi avvenga in un contesto di disuguaglianze crescenti. C è chi invece sostiene che paradossalmente la crisi genera un cambiamento di stili di vita (meno soldi, meno alcool, traffico, fumo, ecc), in direzione di un miglioramento della salute media 71 C è infine chi argomenta che la caduta del reddito non produce nel breve periodo (entro 3 anni) effetti sulla salute, perché ci sono vari effetti controversi La centralità provata del contesto nei primi anni di vita E accertato dalla ricerca che i primi anni di vita, tradizionalmente fino al settimo anno, sono cruciali per le successive ricadute in termini di formazione, reddito e salute 73. Le differenze di risorse familiari nei primi anni di vita sono il fattore più potente di spiegazione delle differenze di sviluppo del benessere dei bambini 74. Tuttavia, anche la società civile e i sistemi di relazioni e di comunità in cui il bambino è inserito hanno un rilievo centrale, da quella familiare, a quella residenziale, scolastica, e alle più ampie e differenziate reti di relazioni in cui si articola la società locale. Inoltre, è anche noto che le organizzazioni della società civile (famiglia, scuola, associazioni e comunità locali) possono avere un ruolo attivo a vari livelli e possono, ad esempio, verificare l effettiva erogazione dei servizi, aumentare la sicurezza delle persone, la coesione sociale e l efficacia di politiche e servizi. Sulla base della letteratura si può sostenere l importanza dell impatto di queste caratteristiche delle comunità locali e di relazioni sullo sviluppo dei bambini 75. Il contesto di vita dei primi anni, quindi, influenza fortemente le capacità di apprendimento, il successo scolastico, la partecipazione economica, la cittadinanza sociale e quindi la salute. In particolare, sono centrali le qualità educative dell ambiente in cui i bambini crescono, che sono un prodotto sociale, una qualità del micro ambiente che la sola famiglia, senza Risorse inadeguate Risorse inadeguate Contesto: famiglia, comunità, scuola Cattiva salute Cattiva salute supporti da parte delle agenzie ai vari livelli, non è in grado di assicurare 76. Oltre i 5 anni di età, l ambiente continua ad essere centrale, anche se diminuisce il peso della famiglia e cresce quello dei pari e dell educazione formale. L ambiente educativo dunque è fondamentale per lo sviluppo a tutte le età e le differenze tra le traiettorie delle persone vengono ampiamente segnate dalle differenti opportunità di accesso ad ambienti educativi. In questo ambito, l importanza del livello di istruzione 77 per i suoi effetti sullo stato di salute è ampiamente riconosciuta a liveilo internazionale 78. Nei paesi ad elevato sviluppo economico, tuttavia, le acquisizioni in termini di istruzione sono fortemente legate al backgroud sociale, ed in particolare allo status socio-economico della famiglia 79. Dunque, l istruzione non risulta distribuita in modo equo. La relazione tra status socio-economico e disuguaglianze nell istruzione non è lineare, è complessa ed è mediata da vari altri fattori tra cui sono particolarmente importanti il genere, l etnia, la famiglia, la zona, l effetto del gruppo dei pari, la qualità della scuola e la sua frequentazione. 282

293 In particolare, nel caso inglese, l analisi dell istruzione primaria mette in relazione le disuguaglianze di risultati con 4 ambiti, identificati come aspetti cruciali del contesto intorno all allievo e alle sue caratteristiche 80 : contesto distale (background socio-demografico, come il reddito familiare, l istruzione dei genitori, ecc.); contesto prossimale (supporto e relazioni con i genitori); contesto della scuola e dei pari (natura della scuola e dei suoi allievi); caratteristiche dell allievo, in particolare le abilità. Entrando nel dettaglio, c è più che ampia evidenza empirica che una bassa dotazione di risorse economiche (reddito e ricchezza) produca danni a lungo termine sulla salute e su altri aspetti della vita dei bambini. Un bambino nato in povertà è più probabile che sia nato prematuramente, di peso insufficiente, che muoia nel primo anno, che abbia una ridotta speranza di vita e che abbia problemi di salute in età adulta 81. Emerge dalle ricerche che un inadeguato livello di nutrizione da bambini influisce sull altezza raggiunta da adulto 82, che lo svantaggio socio-economico si associa a un crescente rischio di disabilità 83 e di malattie mentali nel corso della vita 84. Bambini che crescono in povertà hanno uno stato di salute generale più debole e una presenza di patologie specifiche maggiore rispetto ai loro coetanei, con maggiori rischi di ricoveri e di ricorso al pronto soccorso 85. Gli effetti di questa relazione sono attenuati dalla presenza di servizi sanitari universalmente accessibili, tuttavia l effetto della povertà rimane rilevante. Ad esempio, permangono tra i bambini nati da madre povera maggiori tassi di nascite di bambini morti e di mortalità materna, neonatale e infantile 86. Una ricerca, condotta in Gran Bretagna, ha appurato che i bambini al di sotto dei 3 anni, che vivono in famiglie con un reddito pari o inferiore ai sterline, hanno più del doppio delle probabilità (2,5 volte) di soffrire di malattie croniche invalidanti e due volte il rischio di asma rispetto ai coetanei che vivono in famiglie che possono disporre di un reddito superiore o uguale a sterline 87. In sintesi, lo stato di deprivazione economica durante l infanzia segna profondamente lo sviluppo fisico e sociale di donne e uomini 88. Sono quindi scontate spirali viziose che legano condizioni sociali e salute: i figli di genitori soli o di genitori che non hanno un occupazione, ad esempio, sono a maggior rischio di povertà, inoltre l 8% di bambini è povero anche se i genitori lavorano, a causa dei bassi salari di alcune fasce di lavoratori, che non consentono alla famiglia di superare la soglia di povertà 89. Anche se si osserva il fenomeno da un punto di vista geografico, si riscontra che i bambini nati nelle aree più deprivate (il 20% più povere) della Gran Bretagna pesano mediamente 200 gr in meno alla nascita rispetto alla media e rappresentano un terzo dei bambini con più basso peso neonatale 90. Sappiamo che il rischio di povertà ha, in tutti i paesi, una specifica distribuzione geografica sul territorio: in Bran Bretagna, ad esempio, a sud-est del paese si concentrano i più bassi livelli di povertà infantile mentre nascere nel cuore di Londra espone al maggiore rischio (il 48% di questi nasce povero)

294 I maggiori rischi per la salute non riguardano solo l esposizione alle malattie, vi sono anche forti differenze rispetto alle maggiori cause di morte per i bambini, che sono le ferite accidentali fino a 5 anni e gli incidenti per strada sopra i 5 anni. Queste cause superano per frequenza delle morti causate tutte le malattie. Su di esse il gradiente sociale è più accentuato che per le malattie 92. E interessante notare, ad esempio, che i tassi di mortalità per ferite accidentali sono in diminuzione in Inghilterra e in Galles negli ultimi 20 anni, ma non lo sono nelle famiglie nelle quali tutti gli adulti sono senza occupazione. Rimangono anche forti disuguaglianze socialmente correlate per gli incidenti occorsi a pedoni, ciclisti e per gli incendi domestici (entrambi molto più frequenti tra gli appartenenti alle famiglie a basso reddito) 93. Anche gli incidenti in casa costituiscono una delle maggiori fonti di disuguaglianza nella salute per i bambini. Quelli che appartengono a famiglie a basso reddito vivono in case povere con una minore dotazione di spazi sicuri per giocare 94. Come per l ambiente, anche riguardo all abitazione le conseguenze negative sulla salute di una casa povera sono molteplici: difficoltà respiratorie, come l asma, ritardi di sviluppo, modalità di riposo inadeguate, maggiore esposizione a rischi, inclusi quelli criminali. La casa, inoltre, può essere un area di crescita delle disuguaglianze, se i valori delle case (come in Gran Bretagna) crescono in misura molto differenziata e aumentano le differenze tra le case più pregiate e quelle meno dotate. Questa crescente distanza rende maggiore il capitale necessario per accedere a case di qualità elevata o, per lo meno, sufficiente a ridurre i rischi diretti per la salute. 2.3 I processi formativi: una leva a geometria variabile per accrescere le capacità delle persone Vi sono evidenze di ricerca molto chiare sul rapporto tra le disuguaglianze nell istruzione e la salute. In realtà le disuguaglianze nell istruzione sono fortemente collegate a quelle sociali, perché molti sistemi scolastici nei paesi sviluppati offrono formalmente pari opportunità a tutti, ma gli esiti (chi frequenta, chi riesce, chi eccelle, ecc.) sono molto correlati allo status sociale. Inoltre, c è anche un legame significativo tra la partecipazione ai processi formativi in età adulta (scolastici o formativi oltre i 16 anni) e l origine sociale. In particolare coloro che provengono da famiglie con basso status socio-economico, bassi redditi, caratterizzate da disoccupazione o da inattività, oppure che hanno in carico persone disabili, hanno minori probabilità di essere coinvolti nei processi formativi 95. Secondo alcuni studiosi questa relazione è così marcata che il livello di partecipazione ad attività formative può essere statisticamente previsto, conoscendo solo le informazioni relative al background familiare, con il 75% di precisione 96. Le disuguaglianze nell istruzione, dunque, amplificano le disuguaglianze sociali e contribuiscono ad accentuare le disuguaglianze di salute. Le analisi del Center for the wider benefit of learning, svolte in Gran Bretagna, ad esempio, mostrano che vi sono significativi impatti del livello di istruzione sulla salute, sia in termini di salute misurata e percepita - bassi tassi di mortalità, bassa incidenza di depressione e obesità - sia in termini comportamenti correlati con la buona salute, come diete, attività fisica, bassa incidenza del fumo, pratica di azioni preventive

295 In generale risultano correlati alla buona salute indicatori relativi al livello di istruzione, come gli anni di scuola frequentati e indicatori relativi al successo, come i risultati ottenuti. L effetto formativo della scuola, infatti, va oltre i risultati scolastici. Per questo le ricerche mostrano che coloro che hanno svolto buone esperienze educative, relazionali ed emozionali nella scuola, hanno migliori condizioni di salute da adulti (fisica, mentale, rispetto ai comportamenti e al benessere), anche se i risultati scolastici non erano eccellenti 98. La relazione tra istruzione, esperienze educative e salute è complessa, perché si tratta di concetti multidimensionali. Inoltre, la relazione è mediata da numerosi fattori. Ad esempio, studi effettuati sui dati raccolti negli Stati Uniti attraverso la National Health Interview Survey (NHIS), hanno mostrato che l esperienza educativa ha un impatto sul profilo psicologico (come il concetto di sé e la flessibilità emotiva), sulle prospettive di occupazione e quindi di reddito, sugli skills cognitivi e sul patrimonio di conoscenze, sugli stili di vita rilevanti per la salute, sulle capacità di accesso ai servizi, sul capitale sociale (che a sua volta potenzia le capacità di accesso ai servizi e gli stili di vita salubri). Ciascuno di questi fattori ha effetti specifici, ad esempio il reddito aumenta le possibilità di accesso ai servizi, di vivere in luoghi sicuri e l autoefficacia 99. Sotto il profilo concettuale, occorre pensare non ad una relazione causale lineare, ma ad una rete di interazioni concatenate nel tempo. Il modello più adeguato per rappresentare gli effetti Risorse Inadeguate Capacità inadeguate Contesto: famiglia, comunità, scuola Cattiva salute Disagio dell istruzione sulla salute sembra essere quello dell accumulazione, secondo il quale sono rischi e svantaggi accumulati nel tempo a generare effetti progressivi, lungo il corso di vita 100. Tali concatenazioni e accumuli, per quanto forti e capaci di mostrare forti regolarità ricorrenti nel rapporto tra svantaggi sociali, bassa istruzione e salute, non devono essere rappresentate come deterministiche, in quanto è decisiva l interazione dei singoli soggetti con i loro ambienti e per questo nella relazione rimane un area significativa di variabilità non spiegata. Le esperienze formative, anche se svolte in età adulta, sono di nuovo fortemente correlate con comportamenti sensibili dal punto di vista della salute. Ad esempio, è noto che le persone che hanno un livello basso di scolarità hanno il 75% di probabilità in più di essere fumatore a 30 anni, rispetto a chi è laureato 101. Tuttavia, un analisi empirica ha mostrato che partecipare a corsi di formazione per adulti fra i 33 e i 42 anni genera un miglioramento dei comportamenti sensibili alla salute, ad esempio aumenta la probabilità di smettere di fumare di 3.3 punti percentuali, dal 24% al 27,3% 102. Questa differenza è rilevante perché il fumo è la prima causa di morte prematura, quindi l impatto sulla salute pubblica è molto importante, in particolare perché la riduzione riguarda gruppi di adulti particolarmente resistenti al cambiamento 103. Infatti, analisi approfondite sulle coorti di adulti esposti a processi formativi hanno mostrato come i risultati più significativi riguardino proprio gli adulti che avevano un retroterra negativo di esperienze formative dal punto di vista scolastico 104. Questi adulti tuttavia sono anche quelli che hanno minori probabilità di essere coinvolti in processi formativi. Le persone istruite hanno anche migliori comportamenti alimentari. Tuttavia, anche la parteci- 285

296 pazione da adulti a processi formativi aumenta la qualità dei comportamenti. Uno studio ha osservato che le persone attive dal punto di vista formativo tra i 33 e i 42 anni migliorano nel 38% dei casi i propri livelli di attività fisica. Questa percentuale sale al 45% tra coloro che hanno frequentato più di 3 corsi di formazione 105. Avere un livello di istruzione oltre l obbligo (16 anni) ha effetti significativi sul consumo di alcool. Le ricerche condotte in Gran Bretagna sul consumo di alcool evidenziano come gli uomini con basso livello di istruzione abbiano il triplo delle probabilità di incorrere in eccessi nel consumo, rispetto a coloro che hanno elevati livelli di istruzione. Per le donne la relazione è più complessa. Intorno ai 20 anni sono quelle con elevata istruzione a praticare maggiori abusi e tali pratiche si riducono con l età. Viceversa, le donne con basso livello di istruzione accrescono il consumo con l età 106. La formazione continua degli adulti, però, può anche avere impatti negativi sul benessere immediato, perché è fonte di stress, ansia e disagio mentale (39%), di separazioni e stress (16%) e perdita di relazioni (9%) 107, generati ad esempio dai sistemi di valutazione e dal timore di fallimento. In generale tuttavia i corsi di formazione per gli adulti sono associati a impatti positivi sulla salute, anche se i diversi tipi di formazione (connessa al lavoro, teorica, professionale, di piacere) hanno effetti differenti sulla salute 108. Inoltre, l impatto sulla salute è significativo per i primi corsi e si attenua in caso di pratiche di formazione molto protratte nel tempo. Quel che conta dunque è il contesto e l esito della formazione, come la sua connessione con le attività svolte dal soggetto. Una protratta attività di formazione può anche segnalare essa stessa problemi della persona, in situazione di crisi e alla ricerca di soluzioni ai propri problemi. E quindi fondamentale che la formazione degli adulti punti a far fare alle persone effettivi progressi in linea con le loro aspirazioni 109. Un altro dei meccanismi attraverso cui il possesso di livelli di istruzione post-obbligo influisce positivamente sulla salute è relativo alla più elevata capacità di comprensione dell offerta di servizi e di interazione appropriata con i medesimi 110. Ciò è confermato da numerose ricerche dedicate a specifici ambiti di salute, come gli screening sul cancro, artrite reumatoide, HIV/AIDS, diabete, ecc Integrazione sociale e salute attraverso il lavoro di qualità Il lavoro ha un impatto cruciale sulla salute, come risulta da numerose ricerche, svolte su quattro ambiti fondamentali: la disoccupazione, il lavoro informale e/o irregolare, la qualità e le caratteristiche del lavoro e i processi di formativi e di apprendimento nel lavoro. Innanzitutto, vi sono evidenze empiriche circa gli effetti negativi della disoccupazione sulla salute. Questi sono più marcati nelle età intermedie della carriera di lavoro e più frequentemente rilevati per gli uomini, ed in particolare per quelli che hanno carichi familiari, ma l effetto della disoccupazione sulla salute è ampiamente presente anche per le donne. In questo caso, nelle evidenze empiriche, la presenza di un partner occupato riduce l esposizione ai danni economici 286

297 derivanti dalla perdita del lavoro 112. Inoltre, gli effetti negativi sulla salute dell esclusione dal mercato del lavoro sono più accentuati se questa si protrae per periodi lunghi 113. Sappiamo infatti che le chances di vita agiata sono strettamente legate ai livelli e alla continuità della retribuzione, che rappresenta la parte sostanziale dei redditi per coloro che lavorano. Infine, le ricerche mostrano come questi effetti non riguardino solo il soggetto disoccupato, ma anche i suoi familiari 114. Oltre alla povertà materiale, la perdita del lavoro è fonte di stress psicologico e anche questo secondo aspetto determina effetti negativi sulla salute. Lo stress deriva dalla perdita di ruolo sociale e di identità, conseguenza della perdita del lavoro 115. Dato che la disoccupazione è inversamente correlata alla posizione socio-economica, i suoi effetti sulla salute risultano a loro volta più gravi ed estesi per le fasce socialmente più fragili. Entrando più in dettaglio nei risultati delle ricerche, la disoccupazione aumenta: lo stress, la depressione e l ansia 116. Il tasso di depressione 117, soprattutto nei soggetti giovani, a sua volta accresce la probabilità di rimanere disoccupati e di subire una perdita di reddito 118. Il reimpiego riduce solo parzialmente il disagio, perché attenua la sintomatologia 119 ma non riduce il maggior rischio di mortalità 120, i tentati suicidi, tra gli uomini giovani 121, le malattie mentali 122, il rischio di patologie invalidanti, soprattutto nei gruppi sociali più svantaggiati 123 ; i comportamenti dannosi per la salute, come il fumo, il consumo di alcool e la bassa attività fisica, assai collegati a danni per la salute 124 e al peggioramento di importanti parametri di salute fisici e chimico biologici misurabili e rilevati sperimentalmente nelle ricerche 125, l incidenza di eventi mortali o meno per cause cardiovascolari o cerebrovascolari, e in generale per tutte le cause di mortalità, soprattutto se si osservano disoccupati di lungo periodo 126, i tassi - molto più elevati - di ricovero in ospedale, l uso di farmaci 127 e i più lenti tassi di recupero di salute 128. La presenza di episodi ripetuti di disoccupazione aumenta ulteriormente il rischio di malattie successive. Ad esempio, uno studio condotto in Gran Bretagna attraverso tre censimenti (1971, 81, e 91) sulla coorte di uomini che nel 1971 avevano tra 15 e 40 anni, ha studiato i tassi di presenza di patologie invalidanti in relazione ai periodi di disoccupazione 129, ed ha accertato che la disoccupazione ripetuta triplica il rischio (Tabella 2.1). Tabella 2.1 Estimated odds (95%Cl) of limiting long-standing illness in 1991 with regard to history of unemployment over two censuses in 1981 and 1991 among men who were aged in 1971 No. of times unemployed Adjusted for age Adjusted for social class Fonte: Bartley (2002) ( ) 1.68( ) ( ) 2.50( ) 287

298 Dalle analisi condotte si può derivare che esiste un impatto di breve periodo e un impatto di lungo periodo, che si possono cogliere osservando indicatori diversi di effetto sulla salute. L impatto a breve emerge osservando stress, depressione e suicidio, strettamente legati alla perdita del lavoro 131. L impatto di lungo periodo si coglie sulla mortalità e osservando gli episodi più gravi di depressione. L insicurezza del lavoro (definita come differenza tra la sicurezza desiderata e quella percepita) e quindi la paura della disoccupazione è un fattore che accresce i problemi di salute mentale 132. Vari studi sono stati dedicati alle situazioni di ristrutturazione e riduzione del personale e alla percezione di instabilità dell occupazione che generano. In particolare, in queste casistiche aziendali è stata riscontrata la maggiore incidenza di: stili di vita dannosi per la salute 133 problemi muscolo-scheletrici 134 altri disturbi lavoro correlati 135 assenze per malattia 136 pensionamenti per invalidità 137 mortalità, con un aumento del 40% della mortalità per tutte le cause e del 100% per cause cardiovascolari 138, anche in combinazione con un peggioramento della salute percepita 139. E da sottolineare che queste analisi, attraverso particolari accortezze metodologiche, escludono relazioni causali inverse (sarebbe la cattiva salute a generare i problemi sul lavoro) e attribuiscono una dimensione al rischio specifico per la salute creato dalle circostanze di instabilità quantificabile in un range tra 1,5 e 2,5 volte. Per converso, il ritorno a situazioni di stabilità, genera un miglioramento della salute 140. Quindi, riguardo agli effetti sulla salute, secondo alcune ricerche, gioca un ruolo fondamentale il reimpiego, che genera ricadute positive di pari rilievo rispetto a quelle negative prodotte dalla perdita del lavoro. Ciò evidenzia l importanza della qualità del lavoro cui accedono i disoccupati, per non entrare in circoli viziosi rappresentati da lavori sottopagati e da alti rischi di ulteriore disoccupazione 141. L applicazione della scala di misurazione LAMB (descritta sopra) dei fattori manifesti e latenti generati dalla disoccupazione, capaci di incidere sulla salute, ha mostrato, attraverso l analisi di 250 disoccupati, che l impatto più forte sul disagio di salute percepito deriva dalla carenza di risorse finanziarie. La critica a questi modelli sottolinea la loro difficoltà a discriminare le situazioni psicologiche individuali. In particolare la letteratura discute come specifici temperamenti, valori o esperienze possano rendere le persone più o meno esposte al rischio di un effetto marcato della carenza di risorse sullo stress psicologico e sulla salute autodichiarata 142. Secondo verifiche empiriche è utile considerare questa caratteristica psicologica delle persone come un fattore individuale di vulnerabilità e includerlo nei modelli di analisi, in modo da migliorare le capacità di previsione del benessere. Tuttavia, le analisi hanno mostrato che l effetto della perdita del lavoro e quindi dell accesso ai benefici manifesti e latenti ad esso collegati permangono sulla salute, anche dopo aver controllato numerosi fattori sociali e individuali quali età, genere, soddisfazione sul mercato del lavoro, tratti caratteriali, ecc. L effetto più forte è dovuto alla carenza di risorse eco- 288

299 nomiche 143. E stato anche rilevato come disoccupati che non mostravano effetti negativi sulla salute erano in realtà stati coinvolti in attività volontarie non retribuite, che consentivano di avere vantaggi latenti analoghi a quelli del lavoro, come relazioni sociali e autostima 144. Quindi il lavoro ha una funzione fondamentale nella risposta alle necessità di carattere economico e psicologico. Il valore dell esperienza lavorativa, in questo senso, può essere misurata sulla base del livello di impegno e di coinvolgimento 145. Paradossalmente quindi le persone con esperienze di maggiore impegno nel lavoro sono quelle che, se perdono il lavoro, risentono di più dello stress da disoccupazione 146. Altre ricerche hanno mostrato come esperienze pregresse di elevato impegno, unitamente a bassa auto-efficacia e forte motivazione a trovare un lavoro, in caso di disoccupazione, sono significativi predittori di stress psicologico 147. Un secondo ambito di fragilità messo in evidenza dagli studi riguarda il lavoro irregolare. In questo ambito di occupazione o sottoccupazione, alcuni fattori che caratterizzano il lavoro hanno effetti, anche cumulati, sulla salute. Il più importante è la povertà, per i salari mediamente più bassi che percepiscono le persone sottoccupate. Peraltro sappiamo che si va diffondendo la presenza di redditi non sufficienti a uscire dalla povertà anche tra persone occupate con contratti regolari. Il secondo è l assenza di copertura rispetto ai sistemi nazionali di assicurazione, che tutelano i lavoratori in caso di disoccupazione, malattia, maternità e ritiro dal lavoro 148. Gli studi sul rapporto tra disuguaglianze sociali e salute hanno anche evidenziato, rispetto al tema del lavoro irregolare, il maggiore rischio di alcuni gruppi, in particolare dei bambini e degli immigrati. Per i bambini le evidenze mostrano effetti del lavoro precoce sulla salute fisica, psicologica, mentale e sullo sviluppo sociale; inoltre sono stati rilevati effetti sulla statura 149. Per gli immigrati esistono evidenze circa situazioni di sfruttamento, sia nel lavoro, sia rispetto alla casa, alla scuola, alla formazione e all integrazione sociale 150. La necessità di inviare delle rimesse alla famiglia nei paesi di origine li mette in condizioni di stress, richiede loro di lavorare di più, di svolgere più lavori, di vivere in condizioni di sovraffollamento e di alimentarsi in modo insufficiente 151. Tuttavia è difficile generalizzare, per la grande variabilità delle condizioni di lavoro e reddito degli immigrati, anche in relazione al paese di provenienza e al paese in cui si trovano. Varie ricerche hanno anche rilevato condizioni di sfruttamento estremo, di schiavitù e violenza 152, che hanno ovvie ripercussioni sulla salute. In particolare, ci si riferisce alla condizione di sfruttamento di donne immigrate che svolgono lavori domestici 153, ricostruita attraverso studi qualitativi 154. Un terzo ambito di approfondimento riguarda le caratteristiche e la qualità del lavoro regolare. Anche in relazione ai cambiamenti nei sistemi produttivi e nei mercati del lavoro, che hanno caratterizzato tutti i paesi europei (delocalizzazione, terziarizzazione, aumento della flessibilità, delle forme di lavoro temporaneo, ecc), negli ultimi 30 anni le disuguaglianze legate al lavoro sono aumentate. Secondo gli studi condotti in Gran Bretagna e più in generale in Europa, ad esempio, è aumentata la polarizzazione delle professioni, con una riduzione quantitativa dei lavoratori collocati nelle fasce più basse (non qualificati e conduttori di macchine), ma una accentuazione della loro distanza dalla media 155. A questo cambiamento si è associato un aumento della polarizzazione dei redditi: infatti nel 1980 il decile più ricco aveva un livello di reddito 10 volte il decile più povero. Tale distanza è cresciuta a 17 volte nel 1990 e a 20 volte nel ed è rilevante perché i redditi da lavoro costituiscono la parte più importante dei redditi 289

300 familiari. Le disuguaglianze possono essere attenuate dall effetto dei trasferimenti e del sistema fiscale, ma questo effetto, ad esempio in Gran Bretagna, è stato molto modesto 157. Se è vero che le disuguaglianze nel lavoro sono cresciute, ci possiamo attendere una crescita nelle disuguaglianze da salute correlate al lavoro. Quali aspetti del lavoro sono rilevanti? Le ricerche hanno mostrato come alcune caratteristiche del lavoro abbiano un impatto positivo sulla salute: essere assunti a tempo indeterminato, essere qualificati, avere buone credenziali scolastiche, disporre di maggiori informazioni sui rischi da lavoro. Per contro, sono più esposti alla cattiva salute i lavoratori che hanno forme non standard di impiego (temporanei, irregolari, sommersi, ecc.), hanno orari molto variabili, minore sicurezza nel lavoro, bassi salari, maggiori rischi e condizioni psicosociali più stressanti 158. Le ricerche hanno anche evidenziato come tali lavoratori siano più esposti a specifiche condizioni fisiche e psicosociali che sono ritenute logoranti per la salute, come lo stress, il basso controllo sulle condizioni di lavoro, l esecutività e la monotonia, l esposizione a ritmi frenetici e a fattori fisici come rumore e fumi. Inoltre, questi lavoratori dichiarano peggiori condizioni percepite di salute e mostrano segni oggettivi di danni su diversi aspetti della salute 159. Prendendo in esame in modo dettagliato i risultati di ricerca, è stato accertato che la temporaneità del lavoro (contratti a termine) genera: aumento del rischio di morti alcool correlate per entrambi i sessi e di morte per fumo negli uomini (tasso da 1,2 a 1,6 160 ). I rischi sono significativamente più elevati se il lavoro temporaneo è involontario e se è associato ad insoddisfazione (tasso da 2,1 a 2,6 161 ); problemi di salute mentale 162, aumento dell ansia 163 e dello stress 164 ; aumento del rischio di infortuni e di patologie all apparato muscolo scheletrico 165 ; patologie del fegato 166 ; peggioramento della salute percepita 167. I fattori fisici, chimici ed ergonomici hanno un forte effetto sulla salute, perché provocano infortuni e malattie professionali. In Europa un sesto dei lavoratori è esposto a sostanze tossiche e un terzo al rumore 168. Il rischio è maggiore in alcuni settori - edilizia, agricoltura, trasporti, industria estrattiva e in mansioni caratterizzate dalla più frequente presenza di posture scorrette, movimenti ripetitivi, sollevamento di carichi pesanti, in cui sono più spesso occupati lavoratori in bassa posizione socio-economica 169. L esposizione a questi rischi genera: una varietà di specifiche malattie professionali e rischi di incidente 170 ; patologie muscolo-scheletriche 171 ; aumento del rischio di ritiro precoce dal lavoro e di invalidità, dal 50% al 100% in più rispetto ai lavoratori non esposti 172. Inoltre, gli ambienti con cattive condizioni fisiche ed ergonomiche sono più frequentemente caratterizzati da un contesto psicosociale sfavorevole, cosa che moltiplica i rischi per le persone esposte 173. Il lavoro a turni e le altre variabilità di orario hanno un effetto negativo sulla salute, in particolare generano: un aumento delle patologie cardiovascolari (40% in più) 174 e gastrointestinali 175. Il lavoro per 290

301 più di undici ore al giorno triplica il rischio di infarto del miocardio 176 e quadruplica quello di diabete di tipo ; un aumento di sindromi metaboliche, con un rischio relativo di 1,7 178 (70% in più); un elevato rischio di incidenti, soprattutto nei turni serali e notturni 179, o dopo aver svolto molti straordinari 180 ; un ulteriore marcato aumento dei rischi dopo 10 anni di esposizione continua al lavoro a turni 181 ; aumento dello stress e dei danni alla salute se c è basso controllo dei tempi di lavoro 182. Come abbiamo sinteticamente riepilogato, compaiono tra i fattori dannosi per la salute elementi di qualificazione delle relazioni di lavoro che articolano le dimensioni della flessibilità: numerica, in entrata e in uscita dall occupazione (per le persone significano cambi di occupazione e transiti attraverso periodi di disoccupazione); funzionale, legata ai livelli di competenze e qualificazione del lavoro; temporale, connessa ai tempi e ai modi di svolgimento della prestazione; normativa, ovvero dovuta a modifiche nei sistemi di regolazione delle relazioni d impiego e di tutela; salariale, che rende la retribuzione variabile in funzione di parametri più o meno legati all azienda, ai risultati e alla prestazione di lavoro; territoriale, in relazione a spostamenti del lavoro sul territorio. E utile ricondurre le evidenze accertate relativamente a singoli fattori al tema più generale che riguarda il rapporto tra la persona e il lavoro e i gradi di libertà e di autodeterminazione che questa può esprimere. Come è noto, molte caratteristiche del lavoro ed in particolare vari aspetti qualificanti della sua flessibilità possono essere stati scelti dalla persona, oppure possono essere imposti dall organizzazione, possono essere vissuti in un contesto di cooperazione e di coinvolgimento, oppure essere subiti come il frutto di decisioni autoritarie, non comprese e non condivise. Inoltre possono cambiare i tempi, il livello di informazione, le caratteristiche più o meno individuali o di gruppo dell esperienza di flessibilità, la presenza o meno di supporti da parte dell azienda o di servizi esterni tesi a favorire l adattamento. E chiaro che le due situazioni estreme - flessibilità scelta o subita - uguali dal punto di vista delle caratteristiche oggettive del lavoro, statisticamente rilevabili, sono radicalmente diverse per il senso che assumono, sia per la persona stessa, sia per l ambiente sociale, il gruppo, cui la persona appartiene. Conseguentemente, il livello di stress che le diverse situazioni di lavoro generano dipende in modo significativo dalle caratteristiche culturali dei contesti in cui le medesime si verificano. A questo proposito, come hanno mostrato numerosi studi longitudinali svolti negli ultimi 20 anni 183, le due tipiche situazioni stressanti messe maggiormente in evidenza dalla teoria - la combinazione di elevata richiesta di prestazioni e bassa autonomia decisionale e lo squilibrio tra sforzo e ricompensa - sono associate ad un elevato rischio di contrarre in età adulta molte malattie croniche. In minor misura ciò vale anche per un terzo fattore, la percezione di equità nell organizzazione. 291

302 In primo luogo, esistono importanti evidenze empiriche sulle malattie cardiovascolari: almeno 20 studi longitudinali documentano elevati tassi di rischio di eventi cardiovascolari mortali e non in particolare per le coronarie, tra coloro che vivevano le situazioni di stress organizzativo definite nei due modelli teorici citati 184. In generale i rischi sono 2 volte più alti nella popolazione in situazione di stress, rispetto agli altri. Questi effetti sono più forti per gli uomini che per le donne e più pronunciati nell età centrale, rispetto ai più anziani. Simili effetti sono stati anche osservati in caso di ricadute, dopo un primo attacco non mortale 185. Nella letteratura recensita, due studi sono centrati sulle questioni di equità percepita nell organizzazione ed evidenziano elevati rischi cardiovascolari connessi a questo fattore 186. Inoltre, molti altri fattori di rischio cardiovascolare sono accentuali dalla presenza di situazioni stressanti: in particolare la sindrome metabolica 187, diabete mellito di tipo 2 188, ipertensione 189, fibrinogeno alto 190, lipidi aterogenici 191, obesità 192, stili di vita dannosi 193, e problemi al sistema nervoso ed endocrino 194. Un secondo ampio ambito di conseguenze dello stress riguarda la depressione. 12 studi longitudinali, che prendono in esame diversi indicatori di depressione, confermano questa relazione, con un rischio nei gruppi esposti che varia da 1.5 a 3.6 e con differenze per genere (maggior rischio femminile) e gruppo occupazionale 195. Inoltre, secondo questi studi lo stress potrebbe essere l elemento scatenante di disfunzioni del metabolismo 196. Un terzo ambito di impatti correlati allo stress riguarda la riduzione di funzionalità fisiche e mentali 197 e la crescita di patologie muscolo scheletriche 198, con una conseguente crescita delle assenze dal lavoro per malattia 199 e dei pensionamenti per invalidità 200. Sulle problematiche dello stress e sul suo impatto negativo sulla salute, i maggiori risultati derivano dallo studio inglese Withehall II, che mostra la dinamica del gradiente sociale, ovvero della più elevata esposizione dei gruppi deprivati ai fattori fondamentali di stress 201. In merito al modo con cui si genera il gradiente, possiamo sottolineare le differenti ipotesi sul meccanismo di produzione del danno: la effect modification hypothesis e la mediation hypothesis. Nel primo caso (effect modification hypothesis), date le caratteristiche dannose della condizione occupazionale e del lavoro di cui abbiamo scritto (perdita del lavoro, insicurezza, temporaneità, turni, esposizione a fattori fisici, chimici ed ergonomici dannosi, ecc.) l effetto del gradiente sociale incide in modo cumulativo, sia sulla probabilità di essere esposto (essere disoccupato, o male-occupato), sia sull effetto che l esposizione genera sulla persona interessata (il danno che deriva dalla condizione di disagio è maggiore per le fasce deprivate). Quindi le persone con bassa posizione sociale subiscono un danno complessivo sistematicamente molto più elevato (effect modification hypothesis) 202 per una sorta di effetto a catena. Tale ipotesi è stata verificata in molti studi anche nel caso dello stress. L essere in bassa posizione sociale ed esposto a condizioni di lavoro stressanti moltiplica il danno 203 ; ad esempio in uno studio tedesco la probabilità di danno alla salute per chi è in bassa posizione sociale e lavora in ambienti stressanti è circa 7 volte quella di chi ha elevata posizione e non è esposto allo stress 204. Nel secondo caso, della mediation hypothesis, si è mostrata la presenza di un effetto autonomo sulla salute (coronarie), evidenziato da analisi multivariate 205 sia della posizione sociale, sia dell esposizione ad un contesto organizzativo stressante. Nello studio Whitehall II il rischio dei gruppi deprivati (OR 1.4) si riduce della metà controllando lo stress (OR 1.2) ambientale, che 292

303 sviluppa un effetto autonomo. L effetto dello stress rimane anche a parità di condizione sociale. Ciò è importante considerando che le situazioni stressanti disegnate dai diversi modelli teorici possono anche verificarsi in contesti organizzativi che coinvolgono posizioni professionali di livello medio ed elevato e dunque riguardare anche fasce di posizioni sociali elevate 206. E interessante osservare che, seppur in modi diversi, intervenire sui contesti organizzativi può ridurre una parte significativa dell effetto del gradiente sociale. Nel primo caso, si tratta di contrastare sul versante organizzativo una fragilità specifica delle fasce deprivate, già sovrarappresentate nelle posizioni con maggiori rischi per la salute. Nel secondo caso, si tratta invece di ridurre i livelli di stress nell organizzazione, che non coinvolgono solo le fasce deprivate. Un ulteriore punto di vista sulle disuguaglianze nel lavoro può essere costruito a partire dal ruolo dell istruzione e dei processi formativi, come emerge da numerose ricerche. Infatti essi costituiscono una cerniera tra i soggetti e il lavoro, in relazione ai principali fattori rilevanti per la salute. Come abbiamo sottolineato, i fattori che si sono mostrati rilevanti per l impatto sulla salute sono la qualità del lavoro e della formazione 207, e il gradiente sociale, misurato sul livello di status socio-economico della persona 208, oppure sulla classificazione della condizione occupazionale 209, o ancora su misure degli asset come il reddito 210. Peraltro, l esame dei risultati rende improbabile l effetto di forme di selezione sociale basate sulle differenze di salute 211. La mancanza di qualificazione scolastica o professionale aumenta fortemente il rischio di disoccupazione e la probabilità di accedere a misure di assistenza economica 212. Essere fuori dalla scuola e dal lavoro, tra i 16 e i 18 anni, è il più forte predittore di una condizione di disoccupazione negli anni successivi (21 anni) 213. Al contrario, qualificazioni scolastiche e professionali sono fortemente correlate con la probabilità di essere occupati e di sviluppare un percorso di carriera 214. Ad esempio, l ottenimento di una certificazione presso l NVQ3 (National Vocational Qualification) aumenta di 2.3 punti percentuali per gli uomini e di 1,8 punti per le donne la probabilità di ottenere un occupazione 215. Esse hanno anche un impatto sul reddito. In particolare è stato stimato che differenze di abilità di base spieghino il 10% dei differenziali salariali 216. Ancora maggiore è il vantaggio economico sul mercato del lavoro offerto dalle qualificazioni accademiche, il cui conseguimento è a sua volta fortemente condizionato dai percorsi e dai risultati nei primi cicli scolastici 217. L apprendimento in età adulta aumenta la fiducia in se stessi 218, l autoefficacia 219, che a sua volta è fortemente associata alla possibilità di acquisire comportamenti favorevoli alla salute 220, come fare attività fisica e smettere di fumare 221. Il coinvolgimento in attività di formazione in età adulta consolida e accresce le reti sociali, che si è accertato hanno un impatto sulla riduzione della mortalità e sulla protezione dalla malattia 222. Inoltre, stimola relazioni con soggetti che hanno a loro volta comportamenti più virtuosi della media sotto il profilo della salute 223. Infine, è stato verificato un forte effetto sui figli, sia sul versante dei supporti all apprendimento, sia riguardo alle probabilità di acquisire risultati scolastici e professionali

304 2.5 Processi di esclusione sociale e conseguenze sulla salute Essere disoccupati Un primo percorso di esclusione, di cui abbiamo accennato in relazione al lavoro, che ha conseguenze sulla salute, è relativo al circolo vizioso innescato dalla disoccupazione. Sulla relazione tra salute e disoccupazione ci sono molti studi, che hanno seguito due percorsi di analisi delle relazioni causali differenti: la disoccupazione causa la cattiva salute (social causation); la cattiva salute causa la disoccupazione (health selection). Tabella Stato di salute per cambiamento di status occupazionale 225 Men Women TRANSITIONS Poor health (%) OR (95% CI)* Poor health (%) OR (95% CI) Employment ,00 Employment Unemployment (1.08, 1.67) (1.16, 1.87) Inactivity (2.18, 3.28) (1.43, 1.90) Employment (0.66, 1.13) (0.35, 0.72) Unemployment Unemployment , Inactivity (1.93, 3.58) ( 0.88, 1.72) Employment (0.31, 0.67) (0.54, 0.76) Inactivity Unemployment (0.62, 1.27) (1.11, 2.20) Inactivity * OR; Odds ratios, CI; 95% Confidence interval. Note: Transitions between t-1 and t year are modelled against previous health status using multilevel multinomial analysis adjusting for age and education, and it is fitted separately for each origin category (reference category: stable transition). British Household Panel Survey (BHPS), between 1991 and 2003 is used for the analysis. Entrambe queste spiegazioni sono importanti, anche se la prima è stata dominante nella letteratura 226 ed è centrale se, come abbiamo visto, l analisi parte dai rischi collegati ad una normale condizione di lavoro. Peraltro, i cambiamenti sul mercato del lavoro e la crescente flessibilizzazione richiedono di dare maggiore importanza alla social causation, perché le forme del lavoro (incertezza, temporaneità, ecc.) producono direttamente effetti sulla salute per un grande numero di persone esposte. 294

305 La health selection, per contro, spiega molto bene la crescente presenza tra le persone senza lavoro o inattive di soggetti malati, in cattiva salute, ed evidenzia i crescenti rischi di emarginazione della fascia di persone già in difficoltà. Vi sono molte evidenze di questo effetto 227, difficile da contrastare, infatti, la cattiva salute porta ad allontanarsi dal lavoro, ma questo comportamento di ritiro può perfino essere rinforzato da sussidi assistenziali che vengono erogati proprio per sostenere il reddito di chi non lavora per la cattiva salute 228. Un analisi condotta sulle transizioni tra stati di occupazione, disoccupazione e inattività, per studiare l effetto della cattiva salute sui cambiamenti di stato, mostra un forte impatto - il passaggio da lavoro a inattività è quasi triplo tra gli uomini in cattiva salute -, ma mostra anche modelli differenti di relazione tra uomini e donne (Tabella 2.2). Per gli uomini, la cattiva salute porta più frequentemente all inattività, mentre per le donne porta sia all inattività che alla disoccupazione. In questo modo la cattiva salute, per le donne, è anche causa di maggiore ostacolo alla ricerca del lavoro. La povertà è generata dalla disoccupazione, che abbassa lo standard di vita 229, ciò tende a ridurre l integrazione sociale e l autostima 230. In questo modo la difficoltà economica è l elemento principale che lega la disoccupazione alla cattiva salute. Essere disabili Un secondo percorso tipico coinvolge le persone con disabilità. Si tratta di un concetto multidimensionale, legato all interazione con l ambiente, secondo la definizione dell OMS 231. La prevalenza stimata di disabilità cresce con l età: da 8% tra i bambini, a 15-20% tra gli adulti in età di lavoro, a 60% tra gli over La multidimensionalità è ampiamente dimostrata. Il disabile ha elevato rischio di carenze di capacità su più ambiti, ed in particolare è dimostrato il legame tra la disabilità e le seguenti condizioni: bassi redditi e disagio materiale 233 ; minori opportunità di occupazione e di esercizio di altri importanti ruoli sociali come essere genitori 234 ; minore partecipazione al voto e alla vita politica 235 ; minori legami sociali, maggiore probabilità di essere vittime di bullismo e di altri abusi e crimini 236 ; la difficoltà di relazione è aggravata dall uso di servizi e luoghi non integrati, che accentuano la segregazione 237. Quindi, ci sono evidenze di relazione diretta tra disabilità e bassa mobilità sociale, ma soprattutto molte evidenze di svantaggio sui fattori chiave che sostengono la mobilità sociale. Questo tocca infanzia, istruzione, lavoro, capitale sociale e culturale, salute e benessere. La disabilità non è distribuita in modo omogeneo nella popolazione, ma c è un chiaro gradiente sociale. Tra i bambini, il gradiente sociale riguarda la maggior parte delle disabilità, per lesioni intellettuali, sensoriali e fisiche. Tra gli adulti in età di lavoro vi è chiara evidenza di un gradiente socio-economico nell insorgenza di disabilità funzionali; in generale la disabilità è associata a specifiche circostanze socio-economiche del corso di vita.tra le persone anziane c è forte relazione tra livello di risorse economiche, insorgenza di disabilità fisica e più rapido tasso di declino. Questi gradienti sono il risultato di combinazioni di fattori che si sviluppano nel corso di vita. Tra 295

306 i ragazzi giovani l esposizione allo svantaggio socio-economico nel periodo prenatale e nella prima infanzia incrementerà l incidenza di cattiva salute e disabilità 238. Nella tarda infanzia il gradiente sociale potrebbe anche riflettere l impatto della disabilità del bambino sulla mobilità sociale della famiglia 239. In età adulta la mobilità sociale discendente, che è il risultato dell esclusione dei disabili dal mercato del lavoro, probabilmente aggrava il gradiente sociale. L insorgenza di disabilità in età adulta o anziana continua a mostrare un forte gradiente sociale 240. La disabilità, inoltre, è associata ad una maggiore fragilità di salute, anche relativamente ad aspetti non direttamente correlati alla disabilità 241, ciò si estende anche a coloro che si prendono cura di loro 242. Le stime mostrano che tra i bambini con problemi di disabilità mentale il rischio di avere problemi economici è superiore di una quota tra il 20 e il 50% 243. Il caso estremo è dato dalle madri di bambini con disabilità intellettiva e ritardo di sviluppo, che hanno forte rischio di perdita di salute mentale e benessere 244.D altro canto, tra i disabili, diventa evidente il disagio nel benessere, quando questo è associato a condizioni di disagio socio-economico 245, allo stesso tempo, in età anziana, un alto reddito risulta essere protettivo rispetto all insorgenza di disabilità 246. Così, le scarse risorse socio-economiche, aumentano sia il rischio di insorgenza di tipi di disabilità, sia l impatto di questi sulla condizione generale di salute e benessere. Contemporaneamente, per i disabili le esperienze di cattiva salute sono anche collegate ad esperienze di discriminazione, così come hanno attestato studi comparativi tra paesi europei. L impatto sulla salute della discriminazione avviene a due livelli, diretto e indiretto: esiste un impatto diretto sulla salute della discriminazione, legato alle difficoltà di accesso per i disabili ai servizi sociali e sanitari 247 ; l impatto indiretto segue due strade. In primo luogo le pratiche di discriminazione sociale rendono i disabili più esposti, rispetto ai loro pari, agli impatti negativi sulla salute. In secondo luogo, l esperienza diretta e indiretta di discriminazione per la disabilità genera un impatto negativo sulla salute mentale e fisica delle persone. Su questo non sono disponibili evidenze dirette, ma secondo gli autori della review, per analogia, possono essere ritenute significative quelle rilevate sulla discriminazione legata alla razza. Gli effetti sulla salute possono anche essere accresciuti, se la persona appartiene a gruppi che in determinate circostanze sono oggetto di discriminazione ulteriore per etnia, genere, orientamento sessuale o età. Avere problemi di salute mentale Un terzo circuito rilevante dove esclusione e cattiva salute paiono intrecciati riguarda le persone con problemi di salute mentale. Tra il 25% e il 50% della popolazione sperimenta in qualche fase della sua vita problemi di salute mentale 248, dai problemi più comuni di depressione e ansia, a quelli più complessi delle psicosi (che hanno una prevalenza di circa il 3% 249 ). Il costo della cattiva salute mentale è elevato, ad esempio secondo calcoli riferiti alla situazione dell Inghilterra nel 2002/03, è di circa 77 bilioni di sterline, per scarsa produttività, assistenza e morte prematura 250 ; questi calcoli tuttavia non considerano l impatto della salute mentale sulla qualità della vita delle persone e delle famiglie, spesso aggravato dalla risposta discriminatoria 296

307 del contesto, degli altri. La malattia mentale è una delle maggiori fonti di esclusione sociale 251. Un indicatore tradizionalmente usato per dimostrare questo sono proprio le scarse opportunità di mobilità sociale o l arretramento di status. Ciò lega direttamente la malattia mentale all appartenenza ai gruppi più svantaggiati e marginalizzati 252. Vi sono significative evidenze che dimostrano questo legame relativamente ai diversi ambiti di esclusione sociale, utilizzati nella Poverty and Social Exclusion Survey : occupazione, reddito, accesso ai servizi, relazioni sociali 253. In particolare: i tassi di occupazione per i malati di schizofrenia e psicosi vanno dal 5% al 20% 254, mentre al momento della diagnosi iniziale sono al 40% 255, comunque molto più bassi di quelli medi (75%). La survey sulle forze di lavoro in UK indica che tra il 1998 e il 2003 sono stati occupati ogni anno tra il 20% e il 25% dei malati mentali cronici, contro il 65% degli altri disabili e il 75% medio. Peraltro vari studi hanno mostrato che i tassi di presenza di disagio mentale non grave tra le persone disoccupate è elevato 256. Quello tra disoccupazione e salute mentale è uno dei casi più chiari di associazione e di relazione circolare 257 ; la povertà (comunque definita) è maggiore tra coloro che hanno problemi di salute mentale 258. Ciò è in parte dovuto alla più frequente esclusione dal mercato del lavoro, ed avviene mentre una parte consistente di coloro che hanno problemi mentali cronici dipende dal sistema di assicurazione pubblica. Ciò convive con elevati livelli di indebitamento delle persone 259 e con una bassa capacità di accedere alle forme assicurative del welfare. Ad esempio, dalle analisi condotte sui dati forniti nel 1995 dal Dipartimento di Sicurezza Sociale di Londra relativi ai sussidi erogati per disabilità, è emerso che il 60% dei malati in carico alla comunità non fruiva pienamente delle erogazioni cui avevano diritto 260. Inoltre, le ricerche hanno mostrato che chi ha una storia di malattia mentale quando è occupato lavora in posizioni dequalificate, a bassa retribuzione ed elevata incertezza di impiego 261 ; secondo altri studi la prevalenza di disturbi psicotici è nove volte più alta nel quintile più basso di reddito familiare, rispetto a quello più alto 262. Per quanto riguarda i comuni problemi di salute mentale, la prevalenza è comunque doppia; secondo calcoli effettuati su dati in Gran Bretagna, circa il 10% dei bambini inglesi ha problemi mentali diagnosticabili (ma non sempre diagnosticati). Riguardo a questo il gradiente sociale è molto marcato: la prevalenza nei gruppi con più basso status socio-economico è tripla rispetto a quelli più elevati 263. La prevalenza passa dal 5.2 per le famiglie di manager e professionisti, al 14,9 per quelle di lavoratori non qualificati, al 16,1 per i figli di disoccupati (dati 2003). Inoltre, passa dal 4,4 per i figli di laureati al 17 per coloro che sono senza titolo, dal 5,3 per chi abita in case con un prezzo superiore alle 77 sterline per settimana a 13,9 per un costo sotto le 20 sterline, dal 7,5 per le famiglie dove lavorano in due o dal 7,7 per le coppie, al 19,5 dove nessuno dei genitori lavora al 15,6 per i genitori single 264 ; la salute mentale è frequentemente associata a maggiori problemi fisici. In particolare cresce la prevalenza di malattie coronariche, ictus, cancro, diabete infezioni, lesioni e malattie respiratorie 265. Chi ha distrurbi depressivi ha il doppio di probabilità di avere malattie coronariche, ictus; ed una probabilità quadrupla di avere un infarto 266. Una ricerca negli USA ha mostrato come la depressione e lo stress spieghi il 30% del rischio di infarto 267. La speranza di vita dei malati di schizofrenia è di 10 anni inferiore alla media e gran parte 297

308 dell eccesso di mortalità è causata da problemi di salute fisica 268 ; ci sono evidenze che l accesso ai servizi è più difficoltoso e limitato per chi soffre di malattia mentale 269. Questo è in parte dovuto all impatto dell esclusione dal mercato del lavoro e alla povertà, che limitano la possibilità di sostenere costi e quindi di utilizzare trasporti, di avere un abitazione adeguata e di poter gestire il proprio tempo libero 270. Inoltre ci sono evidenze che mostrano come le persone con problemi mentali sono rifiutate dalle assicurazioni ed hanno un accesso difficoltoso ai servizi finanziari 271. Altre ricerche hanno mostrato che essi ricevono cure peggiori della media per i problemi fisici 272, ad esempio, per il diabete e gli infarti 273. Parallelamente bisogna considerare che i malati mentali sono più a rischio per problemi fisici di salute, incluse malattie cardiovascolari, diabete, HIV 274 e hanno più alti tassi di mortalità 275 ; essi sono più frequentemente in una situazione di isolamento sociale e di minore partecipazione alla comunità. Ad esempio, ci sono considerevoli evidenze che le persone che soffrono di malattia mentale hanno una rete di relazioni sociali meno numerosa e con relazioni di minore qualità 276. Ciò si riflette nei più bassi tassi di matrimonio e nei più alti tassi di divorzio e di separazione 277. In uno studio condotto ad inizio millennio in 5 paesi europei (tra Francia, Germania e Inghilterra) si è rilevato che solo il 17% di coloro cui era stata diagnosticata schizofrenia erano sposati 278. Inoltre, c è l evidenza che la malattia mentale è associata alla riduzione di attività civiche e nella comunità, così come di partecipazione al voto e di associazione a partiti e movimenti politici 279. Non sorprende che i malati mentali vivano più frequentemente in aree urbane deprivate, caratterizzate da case povere, alto livello di criminalità e basso livello di capitale sociale 280. La compresenza inestricabile e sovrapposta di questi diversi svantaggi aggrava l effetto d insieme e il livello di sofferenza di chi ha disordini mentali. La combinazione di questi svantaggi è l essenza di ciò che si intende per esclusione sociale. Essa ha negativi impatti sulla salute e innesca circoli viziosi, segnati da svantaggio, angoscia, marginalizzazione sociale e aggravamento della salute mentale 281. Rispetto agli effetti di cumulo, va notato che la malattia mentale può aggravare lo svantaggio di gruppi già marginalizzati, Un evidenza empirica mostra come i tassi di psicosi tra i gruppi etnici neri in Gran Bretagna siano 5 volte maggiori rispetto alla popolazione bianca 282. Inoltre, il livello di svantaggio di questi gruppi, misurato su occupazione, abitazione e reti sociali è maggiore di quello medio già al primo accesso ai servizi di salute mentale 283. Un ostacolo fondamentale all inclusione sociale è la difficoltà di accesso al lavoro. Rispetto a questo alcuni autori, sulla base delle ricerche condotte, evidenziano la presenza di tre meccanismi di ostacolo: un disincentivo al lavoro nasce dalla presenza di sussidi pubblici. Dopo un periodo di dipendenza sarebbe molto difficile tornare al lavoro, perché la perdita del sussidio diviene un disincentivo 284 ; un altro effetto frenante sarebbe legato alle basse aspettative sugli utenti da parte del servizio di salute mentale, che sottostima le loro capacità di lavoro, anche perché è concentrato sulle cure mediche, piuttosto che sui bisogni sociali di reinserimento degli utenti 285 ; 298

309 inoltre, c è grande evidenza di una discriminazione legata alla cultura degli imprenditori, che non sono disposti ad occupare persone con storie di malattia mentale 286. Ciò mostra come vi sia un tratto unificante, ampiamente documentato dalle ricerche, di carattere culturale, legato allo stigma, all ignoranza e al pregiudizio, che riguarda tutti gli aspetti di esclusione (lavoro, istruzione, casa, tempo libero, salute e altri servizi pubblici) 287. Essere stranieri Un quarto circuito che lega esclusione e cattiva salute riguarda le persone appartenenti alle minoranze etniche. Esiste una stretta relazione tra appartenenza a minoranze etniche e disuguaglianze economiche, segregazione territoriale, razzismo e discriminazione, problemi di cittadinanza e diritti. Le differenze tra gruppi etnici, riguardo alla prevalenza di disagi e patologie, sono stati ampiamente documentati 288 e costituiscono un tratto specifico della distribuzione della salute nei paesi sviluppati. Ad esempio, le ricerche condotte in Gran Bretagna a partire dai dati censuari del 1991 hanno mostrato differenze molto marcate di mortalità e morbilità, per paesi di nascita e genere 289. In dettaglio, è dimostrata una stretta relazione tra la provenienza e la prevalenza di specifiche patologie, che cambiano significativamente tra immigrati e autoctoni. Queste analisi descrittive in realtà rimandano a varie teorie, che possono spiegare le differenze. L insieme delle evidenze empiriche mostra come la più ampia parte delle differenze di salute tra gruppi etnici sia riconducibile a disuguaglianze socio-economiche. Un filone di studi si è occupato delle differenze genetiche tra gruppi etnici. Tuttavia, nonostante siano stati rilevati alcuni fattori fisici e biologici significativamente diversi tra i gruppi (esempio pressione del sangue, ecc.) non sono mai state provate significative differenze di salute riconducibili a basi genetiche tra i gruppi etnici. In particolare, esiste una notevole eterogeneità interna ai gruppi, che sono peraltro difficilmente definibili entro confini chiari. Inoltre, molti studi hanno ignorato, nel percorso di analisi, la differente esposizione ai fattori sociali 290. Gli studi sulle migrazioni in arrivo (in Gran Bretagna) hanno mostrato come siano in generale in stato di salute migliore coloro che migrano, rispetto agli altri, però questo effetto svanisce nel tempo e non influenza positivamente la salute delle seconde generazioni, nonostante la loro maggiore mobilità sociale 291. L analisi degli stili di vita, in relazione alle etnie, dà risultati contrastanti. Alcuni modelli di comportamento hanno effetti positivi sulla salute (alimentazione, alcool, fumo), mentre altri no (attività fisica), ma ci sono anche riguardo a questo forti disomogeneità tra gruppi etnici, generazioni e genere. Inoltre, anche in questo caso si notano progressive attenuazioni di effetti protettivi di carattere culturale legati alle provenienze 292. Vari recenti studi condotti in Inghilterra sull accesso ai servizi evidenziano come gli stranieri (salvo i cinesi) non mostrino significative difficoltà nell utilizzo dei servizi medici di base. Invece, utilizzano meno i ricoveri ospedalieri e i servizi odontoiatrici. Ci sono scarse evidenze empiriche sull analisi di queste differenze. Secondo questi autori, però, è noto che generalmente gli stranieri sono meno soddisfatti dei servizi. Uno studio condotto sulle cure primarie (per patologie di ipertensione, colesterolo e diabete) ha mostrato come non vi siano differenze di esito tra autoctoni e minoranze etniche

310 Le disuguaglianze socio-economiche sono complesse e multidimensionali, quindi difficili da esaminare in relazione ai diversi gruppi etnici. Tuttavia, vi sono chiare evidenze empiriche che all interno di tutti i gruppi etnici, le differenze di salute sono in larga misura riconducibili a differenti condizioni economiche 294. Riguardo all impatto del razzismo e della discriminazione, ci sono limitate evidenze circa l impatto sulla salute degli appartenenti alle minoranze etniche (in Gran Bretagna), sufficienti tuttavia a ritenere che sia la salute fisica, sia quella mentale, siano negativamente influenzate dall esperienza, dalla minaccia e dalla paura di essere discriminato 295. Sono anche rilevanti gli effetti della sistemazione residenziale. C è chiara evidenza che risiedere in aree svantaggiate sotto il profilo economico produca conseguenze negative sulla salute, superiori a quelle che ci si potrebbe attendere sulla base delle caratteristiche socioeconomiche individuali 296. C è anche l evidenza empirica che vivere in aree omogenee sotto il profilo etnico, ancorché povere, porti vantaggi alla salute mentale non a quella fisica per la presenza di maggiore protezione dalla discriminazione e di reti di supporto sociale 297. Riguardo a questo vi sono evidenze empiriche che dimostrano che il giudizio espresso dalle minoranze etniche rispetto alle aree in cui vivono è più positivo di quello che ci si aspetterebbe sulla base delle caratteristiche oggettive dell area, proprio per l effetto positivo del senso di comunità e appartenenza sviluppato 298. Un caso particolare è rappresentato dalle persone che provengono da esperienze traumatiche nei loro paesi e che sono richiedenti asilo. Essi sono portatori di circostanze particolarmente negative per la salute: precedenti alla fuga: persecuzioni, torture, guerre, morte dei familiari, ecc. 299 ; legate alla fuga: rischi, ricatti e costi dei trafficanti, separazione dalla famiglia, paura di essere scoperti e/o imprigionati, ecc. 300 ; per l esilio: paura di essere respinti, condizioni precarie di vita, discriminazione, ecc. 301 ; vi sono rischi di tipo psicologico, legati alla perdita e al dolore patito, e vi sono rischi legati alle condizioni di vita (sovraffollamento, TBC, HIV, malattie tropicali, ecc). Inoltre, gli operatori spesso non riconoscono sintomi psicologici e fisici che derivano da queste esperienze 302. Essere senza casa Il quinto circuito rilevante di connessione tra esclusione sociale e salute riguarda la mancanza dell abitazione. La condizione di senza casa è strettamente legata a problemi di tossicodipendenza (41%), di alcool (49%) o di salute mentale (35%), quando non ad una combinazione di questi problemi (25%) 303. Inoltre, esiste un rapporto stretto tra la condizione di senza fissa dimora e l esperienza del carcere. In particolare, in UK uno studio ha accertato che tra i carcerati la percentuale di chi era senza fissa dimora era del 32%, mentre l analoga percentuale sulla popolazione era dello 0,9%. Inoltre, la disponibilità di una casa all uscita riduce del 20% la recidiva

311 La salute di coloro che dormono all addiaccio o in ricoveri per lunghi periodi è molto peggiore della media, con forte presenza di TBC, epatite, cattivo stato dei piedi e dei denti, problemi respiratori, malattie della pelle, lesioni per violenze subite e infezioni, problemi digestivi e dietetici, reumatismi ed artriti 305. I tassi di mortalità, in particolare di coloro che hanno anche malattie mentali, arriva a 5 volte quello di coloro che hanno la medesima età nella popolazione 306. Inoltre, la salute è condizionata dal difficoltoso accesso e utilizzo dei servizi sanitari, per molti problemi empiricamente osservati in studi condotti in particolare in Inghilterra, ma anche oltreoceano in Canada e USA nell ultimo decennio: mancanza di conoscenza dei servizi e quindi utilizzo improprio 307 ; barriere amministrative, quando più servizi devono cooperare 308 ; carenza di strutture specializzate (ad es. per la disintossicazione 309 ); stigma o pregiudizio (vissuto o percepito 310 ). Essere monogenitori Il sesto circuito che emerge dalla letteratura riguarda la condizione di monogenitore. Esiste una relazione significativa tra l essere monogenitore e l avere una condizione socio-economica svantaggiata. In UK la ricerca empirica ha mostrato come tra i genitori soli il 66% viva in case di edilizia pubblica e il 51% non abbia scolarità o qualificazione tecnica elevata 311. Il disagio delle famiglie monogenitoriali non riguarda solo i genitori, ma coinvolge i bambini. Situazioni di povertà protratta nel tempo hanno serie conseguenze sulla loro salute, sul benessere e sullo sviluppo cognitivo, ed hanno conseguenze fino all età adulta 312. Alcune ricerche longitudinali condotte in Inghilterra (la National Child Development Survey a partire dal 1958 e il British Cohort Study del 1970) mostrano come i bambini vissuti in povertà hanno un peggiore esito scolastico, maggiori probabilità di avere problemi con la giustizia, più frequente esperienza di disoccupazione e di bassi salari 313. Le analisi longitudinali svolte nel 2001 hanno aggiunto a questo la verifica di una maggior probabilità, per i bambini in famiglie con genitori soli, di dispersione scolastica, vandalismo e problemi con la giustizia.inoltre, lo studio sulla coorte ha mostrato che la struttura familiare (famiglia con genitore solo) è un importante fattore di spiegazione del maggior ricorso al ricovero ospedaliero nei bambini tra i 3 e i 10 anni, come del maggior consumo di alcool tra i giovani, del fumo tra i anni e dei problemi di scarsa autostima che emergono in età adulta. Altre ricerche hanno mostrato nei figli di genitori soli una maggiore incidenza di problemi emotivi, comportamentali e in ambito educativo 314. Inoltre aumenta il rischio per tutte le cause di mortalità, per i suicidi e i disturbi psichiatrici 315. Molti studi empirici hanno evidenziato che i genitori soli hanno peggiori condizioni sia fisiche, sia psicologiche. In particolare maggiori problemi di tipo muscolo-scheletrico, respiratorio, psicologico e psichiatrico e depressivo 316. Inoltre, le madri sole hanno mostrato in particolare una più bassa autostima, fiducia in se stesse e nelle proprie capacità professionali, minor benessere psicologico e un più elevato livello di ansia 317. Tra queste, il gruppo non occupato è particolarmente svantaggiato. Le ricerche hanno mostrato che la condizione dannosa per la salute è generata da una doppia 301

312 deprivazione, di tipo materiale e psicosociale. In particolare, le condizioni abitative inadeguate, l esposizione alla violenza nei quartieri in cui si vive, come pure la maggior frequenza di stili di vita dannosi per la salute come il fumo, l abuso di alcool e l alimentazione non equilibrata. Tutto ciò è aggravato dall isolamento e dalla solitudine che priva le persone del necessario sostegno sociale 318. A questa situazione è collegata la più forte presenza di ragazze madri. In UK, ad esempio, il tasso di nascite per donne di età tra 15 e 17 anni è il più alto dell Europa occidentale, ed è arrivato a 41,7 nel Queste restano frequentemente single. Le madri sole hanno probabilità più elevate di essere ammalate dall età di 30 anni in su. Questa fragilità è solo in parte dovuta al background, ma dipende ampiamente dalla caduta di relazioni per la rottura con il partner e dalla più frequente disoccupazione. Tra i genitori soli con figli, sempre nell esempio Britannico, la percentuale di poveri è passata dal 50% del 1989 al 57% nel Una causa fondamentale della caduta del reddito è costituita dalla separazione 320. Molti dei problemi economici e sociali cui sono esposte le donne sole, però, derivano dalla loro esclusione dal lavoro retribuito e dalla conseguente perdita di reddito 321. Le ricerche hanno anche mostrato l esistenza di spirali negative che rendono le madri sole più esposte alla disoccupazione, ai lavori poco pagati e alla cattiva salute e quindi ad una progressiva deprivazione 322. In particolare, le ricerche hanno mostrato che i genitori soli (donne e uomini) hanno più difficoltà a mantenere l occupazione 323. Esiste anche un rapporto tra l essere genitori soli e avere bassa istruzione e qualificazione professionale. Ciò non è vero per coloro che sono soli a seguito di divorzio o vedovanza, mentre accade per le ragazze madri, che tuttavia rappresentano la quota principale dei genitori soli 324. In sostanza, le persone di basso status socio-economico, hanno da un lato più probabilità di diventare genitori soli, dall altra, su di loro l impatto della condizione è più serio. Il ruolo fondamentale della povertà è stato anche verificato con analisi statistiche che hanno evidenziato il suo ruolo di fattore fondamentale che sta dietro sia alla condizione di monogenitorialità, sia alle conseguenze sulla salute per i figli 325. Essere poveri Un ultimo e più generale intreccio tra esclusione e cattiva salute può essere guardato osservando le evidenze di ricerca sulla condizione di povertà e la connessione tra questa, gli stili di vita e la salute. Anche in questo caso, insieme all inestricabile intreccio dei diversi circoli viziosi che abbiamo preso in esame, assume rilievo la relazione tra la persona e diversi ambienti in cui vive, a partire dalla famiglia, fino ai contesti di lavoro e ai sistemi di relazione e di sostegno. Tra i giovani inglesi, nel 2007 ad esempio, di età compresa tra i 16 e i 19 anni, il tasso di povertà è del 23% e passa al 20% nella fascia tra i 20 e i 24 anni 326. Tra i giovani, le donne hanno 4 volte più probabilità di essere povere 327. Alla base di questa diffusa difficoltà c è la disoccupazione elevata e i bassi salari d ingresso. Infatti, tra i giovani che lavorano il rischio di povertà diminuisce, ma solo dopo un anno di lavoro 328. L attuale periodo di recessione economica colpisce soprattutto i più giovani, a forte rischio di disoccupazione. Coloro che sono costretti ad entrare oggi nel mercato del lavoro, perché vivono 302

313 da soli, anche con una propria famiglia, corrono i maggiori rischi di esclusione sociale 329. In particolare, per i giovani uomini cresce il rischio di malattie mentali e il tasso di suicidi. In Inghilterra nel 2009, considerando le persone in età di lavoro, il 60% delle famiglie povere ha al suo interno almeno un occupato. Inoltre, oltre metà dei bambini poveri vive in famiglie dove un adulto lavora. Un quinto della forza lavoro è pagata sotto la soglia di povertà, ovvero guadagna meno del 60% della media dei salari 330. Queste caratteristiche delle occupazioni rendono più rilevante la relazione circolare tra basso reddito e salute e, successivamente, tra cattiva salute e aggravamento della difficoltà a raggiungere un reddito adeguato 331. La qualità del lavoro è il fattore centrale per identificare gli effetti del lavoro sulla salute. Infatti, oltre alle risorse economiche, il lavoro può generare crescita dell autostima e della salute fisica e mentale 332. Le condizioni fisiche avverse del lavoro costituiscono la maggiore causa di iniquo impatto sulla salute 333. Inoltre, è anche rilevante l entrata e uscita dall occupazione, che aumenta il disagio e l incertezza per la famiglia 334. E ormai condiviso che il genere è un determinante fondamentale della salute e che i rischi per la salute derivanti dalla povertà vanno differenziati per genere 335. Vi sono evidenze empiriche secondo cui le donne povere e con scarso supporto sociale tenterebbero più frequentemente il suicidio 336. Inoltre la povertà è associata alla depressione per le neo mamme 337. La povertà è un forte fattore di stress e di cattiva salute mentale. Per gli uomini lo stress deriva dalle difficoltà nel ruolo di capofamiglia che procaccia il reddito e da una caduta dell autostima, mentre per le donne lo stress si produrrebbe per il sovraccarico di responsabilità di cura e per la gestione di un budget familiare insufficiente 338. Per le donne risulta essere stressante e dannoso per la salute mentale il sovraccarico che deriva dal lavoro per il mercato e dal lavoro di cura, in particolare quando i redditi sono bassi e sono scarse sia le risorse economiche che quelle di tempo 339. Le donne sono quindi tipicamente un cuscinetto di assorbimento degli shock di povertà della famiglia 340. Lo stress è particolarmente elevato quando ci sono debiti; sono le donne che più frequentemente li gestiscono. Peraltro esiste una forte associazione tra povertà, debiti e problemi di salute mentale e fisica, riguardo alla quale si può sottolineare come siano i debiti a generare in ampia misura i problemi di salute, cui si aggiunge lo stigma e la riduzione di opportunità 341. Un particolare effetto dei debiti sulla salute delle donne in particolare - riguarda la cattiva qualità del sonno, accentuata per le donne dalle preoccupazioni legate al benessere della famiglia 342. Secondo le ricerche riportate dalla review, inoltre, nell ambito della famiglia ha notevole importanza il tema della violenza sulle donne, che parrebbe strettamente collegato ai debiti e quindi al rapporto tra povertà e cattiva salute delle donne 343. Anche altri studi condotti sugli asset finanziari delle donne hanno fatto emergere il tema della violenza familiare e delle conseguenze sulla salute 344. In particolare, proprio la violenza sarebbe, secondo queste evidenze, un elemento fondamentale che peggiora la salute fisica e psichica delle donne, ed quindi un nodo fondamentale riguardo alle disuguaglianze di salute, in particolare per le donne a basso reddito, che correrebbero rischi molto maggiori di subire violenza in famiglia, in quanto occupazione e 303

314 risorse finanziarie sarebbero potenti fattori protettivi contro la dipendenza protratta da relazioni violente 345. La debolezza finanziaria ha diverse conseguenze. Rende più difficile la separazione. In caso di separazione rende più forti e durevoli le conseguenze, sia sul piano finanziario e dello stress, sia della salute. In caso di morte del partner, per le donne per le quali la situazione finanziaria è nettamente peggiorata, è più che doppia la probabilità di subire un forte impatto psicologico in seguito all evento, rispetto alle altre 346. La maternità in povertà aumenta il rischio di salute non solo per il bambino, nato con più probabilità sottopeso e con gli svantaggi sopra descritti, ma anche per la madre. La povertà è associata spesso alla depressione della madre durante l infanzia del bambino e a basse probabilità che la madre riesca ad allattare. E noto che queste circostanze procurano ricadute sul resto dell infanzia e sull età adulta 347. Le famiglie monogenitoriali hanno redditi medi più bassi delle altre famiglie e sono più frequentemente povere. Il 50% dei bambini che vive in famiglie monogenitoriali è povero 348. L impatto sulla povertà delle rotture di relazioni è differenziato per genere ed il cambiamento di reddito è più accentuato per le donne. Per le donne è maggiore il peso dei debiti e gli effetti del cambiamento sono più persistenti nel tempo 349. Comunque la disoccupazione aumenta la probabilità di rottura di separazioni tra coniugi e partner, e, conseguentemente, i rischi di povertà e di cattiva salute 350. Secondo un altra ricerca riportata nella review, i mono-genitori sono più frequentemente poveri, tanto che i bambini nati da genitori soli hanno 907 volte in più la probabilità di nascere in povertà, rispetto ai bambini nati da coppie di lavoratori. A fianco a questo, hanno anche rilievo sulla probabilità di essere poveri altre caratteristiche individuali, familiari e della comunità di origine come il livello di istruzione, l essere madre in giovane età, provenire da una famiglia numerosa (3 o più fratelli), avere determinate origini etniche e geografiche 351. Secondo una ricerca svolta in UK, nel 2000, circa il 20% delle famiglie, i cui membri non lavoravano, non sono state in grado di provvedere all acquisto di cibo per la gran parte dell anno 352. La ricerca ha stimato come la piena occupazione tra coloro che hanno meno di 65 anni consentirebbe di evitare circa morti all anno 353. Inoltre, vi è la conferma di un impatto sulla salute per l aumento dello stress legato alla mancanza del lavoro e al conseguente peso dei debiti 354. Infine, tra i disoccupati si triplica il rischio di suicidio 355 e cresce la probabilità di rotture matrimoniali e di essere nella condizione di monogenitore 356. C è una stretta relazione tra il disagio materiale sperimentato dai monogenitori e i loro figli, e lo sviluppo di problemi di salute. I più comuni sono i problemi respiratori dei bambini, che colpiscono 7 bambini su 10 in questa condizione 357. Inoltre, il 28% dei genitori soli mostra problemi di salute mentale 358 e ricerche qualitative hanno mostrato una forte connessione tra povertà delle donne e dei bambini, depressione e per le donne riduzione delle capacità di lavoro 359. I tassi di occupazione dei disabili restano molto più bassi di quelli degli altri. Circa il 50% dei disabili non lavora, contro il 20% degli altri 360. I disabili che lavorano sono ad alto rischio di povertà nel lavoro, in media guadagnano meno dei loro pari non disabili e sono molto più 304

315 spesso occupati con bassi skill e in posti poco pagati 361. I disabili adulti hanno il doppio di probabilità di vivere in famiglie povere (31% contro 16%) 362. I disabili inoltre devono affrontare costi extra rispetto agli altri, quantificabili in circa un quarto in più. Si tratta di spese per gli adattamenti della casa, per le cure, per l aiuto alla mobilità e alla comunicazione. La reale portata della disabilità o delle condizioni croniche è spesso sottostimata, perché nel calcolo sulla povertà non si tiene conto di questi sovracosti. Queste famiglie possono in realtà aver bisogno di un reddito familiare pari a 1,9 volte 363. C è una significativa relazione tra povertà e malattie croniche e disabilità, con un circolarità nel tempo ed un effetto causale nelle due direzioni. Un segnale di questo è che i due quinti degli adulti nella fascia di età anni, a basso reddito, sono disabili o invalidi; più del doppio del tasso di chi ha redditi al di sopra della media. Il sistema di erogazione della cura, che coinvolge anche persone vicine alla cerchia familiare delle persone disabili, ha delle relazioni importanti con il rapporto tra disuguaglianze e salute, soprattutto per l impatto sull occupazione, il reddito e lo stress, da un lato e per l effetto sulla qualità dei servizi di cura per chi non è autosufficiente dall altro. Nel 2001, per la prima volta, il Censimento in UK ha incluso una specifica domanda relativa alle attività di cura, ad anziani o malati, prestate gratuitamente da familiari, parenti o vicini, ed è emerso che in tali attività erano occupate circa 6 milioni di persone, di cui 1,25 milioni era impegnato per oltre 50 ore alla settimana. Dalle stime effettuate al 2011, il numero di prestatori di cure gratuite è ulteriormente cresciuto (+10% rispetto al 2001) e il valore economico generato è pari a 119 bilioni di sterline l anno, contro i 98,8 bilioni di sterline spesi dal servizio sanitario nazionale. L importanza di questo sistema di produzione di servizi e cura è tale per cui sono stati fatti approfondimenti per meglio comprendere l impatto che le attività di cura hanno sul lavoro, sul reddito e sul benessere. Nel 2007 una survey ha coinvolto persone impegnate nella cura proprio sui temi del lavoro, del reddito e del benessere. E emerso che: 72% afferma che la sua condizione è peggiorata da quando ha iniziato; 65% non svolge lavoro retribuito; 54% ha smesso di lavorare per svolgere l attività di cura; 53% ha timori per motivi finanziari, e per questo accusa problemi di salute; 33% ha debiti; 30% ha dovuto tagliare i consumi di cibo e riscaldamento; 10% non riesce a pagare l affitto o il mutuo 364. Essere anziani poveri Un area di popolazione particolarmente esposta alla povertà è quella degli anziani. Peraltro il rischio di povertà è differenziato tra i paesi, ad esempio in UK per gli anziani è circa 4 volte quello che si riscontra in Europa 365. Il passaggio dal lavoro alla pensione e la morte del coniuge sono gli eventi maggiormente associati al calo di reddito degli anziani 366. I tassi di povertà sono più elevati per coloro che non sono mai stati sposati, per chi non ha una casa in proprietà e per gli ultraottantenni. Sebbene la 305

316 povertà tra i pensionati in Gran Bretagna si sia ridotta tra il 1997 e il 2007, nel 2007 circa 2,5 milioni di persone ultra65enni vivevano in povertà e questo numero era in crescita rispetto all anno precedente. C è una forte associazione tra il livello di deprivazione degli anziani e il loro malessere e 2,4 milioni di anziani soffrono di depressione, che danneggia la loro qualità della vita 367. Un modo per mostrare il rapporto tra disuguaglianze e salute consiste nell esaminare il procedimento utilizzato per la definizione degli standard minimi di reddito, necessari ad evitare povertà ed esclusione sociale, e il suo funzionamento. Tale procedimento identifica, con metodologie qualitative e con il coinvolgimento di focus groups, famiglie ed esperti, le necessità fondamentali cui bisogna rispondere, non solo per sopravvivere (protezione dalla fame, dal freddo, ecc.), ma anche per avere le opportunità e le possibilità di scelta indispensabili all esercizio della cittadinanza 368. In relazione a questo, viene quindi identificato il livello minimo di reddito che consente alla famiglia di procurarsi beni e servizi ritenuti indispensabili per il raggiungimento della soglia di cittadinanza. Nei fatti, tuttavia, questa soglia non sempre viene raggiunta, sia per i limiti di accesso al sistema di protezione, sia per le sue modalità di funzionamento, sia per i cambiamenti nei prezzi e nelle tipologie di beni e servizi necessari, che possono progressivamente spiazzare nuove famiglie. Tutte le situazioni in cui le soglie minime non vengono raggiunte, si traducono in danni sulla salute. La percentuale di persone il cui reddito non raggiunge la soglia è molto diversa al variare della tipologia di famiglie 369. Nell ambito della condizione anziana, le relazioni tra disuguaglianze e salute sono molto accentuate. Le differenze tra gruppi con bassa ed alta posizione sociale sono significative in relazione a numerosi indicatori: salute percepita, alimentazione, mobilità, compromissione dell autonomia, cattiva valutazione del proprio luogo di vita 370. Inoltre, aumenta la prevalenza di attacchi ischemici, diabete, ipertensione Gli stili di vita: effetti delle disuguaglianze sulla salute C è una forte relazione tra la deprivazione 372 e le malattie cardiovascolari. La mortalità degli uomini per patologie coronariche è doppia nei gruppi deprivati, rispetto ai meno deprivati (quintili) 373. Per ictus è superiore del 50%. Allo stesso modo la prevalenza del cancro è fortemente legata alla posizione sociale. Cancro al polmone, bocca ed esofago, sono correlati alla deprivazione. Riguardo all incidenza, risultano inversamente correlati alla deprivazione i tumori alla pelle, al seno e alla prostata, anche se la mortalità, al contrario dell incidenza, è correlata in modo positivo alla deprivazione. I tassi di mortalità per cancro, in Gran Bretagna, sono doppi tra i lavoratori non qualificati. Se i tassi di mortalità per alcuni tumori si stanno riducendo, il divario di mortalità tra gruppi più o meno deprivati è in allargamento 374. Anche i più importanti fattori di rischio, legati agli stili di vita fumo, consumo eccessivo di alcool, inattività fisica e obesità sono correlati alla posizione sociale. Ad esempio, sono molto più presenti nei lavoratori non qualificati. Nel caso del cancro si stima che oltre la metà dell eccesso di mortalità tra gruppi sociali deprivati sia attribuibile al fumo 375. Inoltre, i gruppi più deprivati hanno anche più difficoltà a smettere 376. L obesità ha un rilevante gradiente sociale. In 306

317 Gran Bretagna il 10% dei casi di obesità negli uomini e il 33% nelle donne è attribuibile a disuguaglianze socio-economiche. La differenza tra donne e uomini è data dalla presenza di bassi livelli di obesità proprio nel quintile di più basso reddito familiare 377. Dal 1996 al 2006 è cresciuta la prevalenza di obesità per tutti i livelli di reddito, ma è cresciuta di più per le famiglie con redditi più bassi. Bisogna anche dire che tra i paesi OCSE la prevalenza dell obesità risulta correlata con le disuguaglianze sociali (misurate attraverso il coefficiente Gini), e che in Gran Bretagna l aumento molto forte dell obesità è avvenuto in un periodo di aumento della polarizzazione sociale, in cui è cresciuto il numero sia delle famiglie povere, sia quello delle famiglie ricche 378. L abuso di alcool ha relazioni complesse con lo status sociale. Le persone appartenenti alle fasce più basse sono più frequentemente collocate su casi estremi: essere astemi oppure avere modelli di consumo squilibrati e intensi. Viceversa, le persone di alto status consumano più frequentemente piccole quantità 379. Questa relazione è stata rilevata ad esempio in Gran Bretagna dove la percentuale di persone con consumo molto elevato era maggiore nelle aree più povere, come le città di Manchester (8,8%) e Liverpool (8,1%). Invece, nelle aree più ricche, era maggiore la percentuale di persone a rischio (con consumi significativi, ma più bassi) 380. Ciò avviene anche tra gli adolescenti 381. Esiste anche una significativa correlazione tra deprivazione e ricoveri ospedalieri attribuibili all alcool, sia per i maschi che per le femmine 382. Riguardo alla violenza, la review riporta molte evidenze empiriche sulla presenza di una relazione significativa tra la violenza, l essere vittime di violenza e basso status socio-economico, sia che venga misurata sulla zona di residenza, sia a livello individuale 383. Vi sono variazioni rispetto al tipo di violenza e lesione, ma la relazione vale per tutte le età 384. Non si riportano evidenze contrarie. Inoltre, il tasso di omicidi in Gran Bretagna tra 81 e 2000 è stato più elevato nelle aree più povere. Il tasso di ricoveri a seguito di aggressione in Gran Bretagna tra il 2004 e il 2007 passa da 0,44 per tra i maschi del quintile meno deprivato (IMD 2007) al 2,71 del quintile più deprivato. Per le donne passa da 0,07 a 0, Ciò vale per tutti i tipi di violenze, anche per la violenza domestica e i maltrattamenti di bambini 386. La medesima relazione è molto significativa per gli incidenti stradali. L indice di deprivazione (IMD) delle aree risulta correlato con il tasso di mortalità per incidente. Questa relazione vale per tutte le fasce di età, soprattutto per i bambini 0-4 anni, e per tutti i tipi di incidente (pedoni, ciclisti, ecc.) 387. Ad esempio, il tasso di mortalità per i bambini 0-15, figli di persone disoccupate o che non hanno mai lavorato, in confronto a quello dei figli di professionisti e manager, è venti volte per incidenti che hanno coinvolto i pedoni, 27 volte per i ciclisti, e 5 volte per gli occupanti di macchine 388. Anche i ricoveri per bambini 0-15 sono correlati con l indice di deprivazione dell area. Inoltre, nelle aree più deprivate, sono più frequenti le cadute degli anziani 389 e i ricoveri ospedalieri conseguenti alle cadute 390. I bambini che vivono nelle aree più deprivate (ultimo decile) hanno il quadruplo delle probabilità di essere investiti da una macchina, rispetto al decile più agiato. Incidenti e morti sono molto più numerose per le famiglie di persone disoccupate da lungo tempo 391. Ulteriori elementi critici emergono analizzando altre tipologie di incidenti. Esiste una forte relazione tra l indice di deprivazione dell area e i tassi di ricovero ospedaliero a seguito di incendi e 307

318 mortalità legata al fuoco, che triplicano al passare dal primo all ultimo quintile dell indice di deprivazione (IMD). Inoltre, il tasso di mortalità dei figli 0-15 anni dei figli di disoccupati o di persone che non hanno mai lavorato era circa 37 volte quello dei figli di professionisti e manager 392. Infine, in letteratura l aumento della deprivazione è chiaramente associato con l aumento dei suicidi 393 e dell autolesionismo 394. Ad esempio, in una ricerca relativa alla Gran Bretagna nel periodo tra il 1991 e il 2004, il tasso di suicidio di chi vive nelle aree più deprivate è doppio rispetto a chi vive nelle aree meno deprivate (primo e ultimo quintile) 395. Secondo alcuni studi l associazione è più forte per gli uomini e per i più giovani 396, mentre altri studi sottolineano che la relazione può anche non risultare significativa, al variare degli indicatori utilizzati, dei periodi e dell età considerata Vivere il contesto: salute dagli ambienti di vita Ci sono importanti evidenze empiriche circa l effetto dell area di residenza sulla salute delle persone. La qualità dell ambiente fisico ha effetti sui comportamenti e sulle attitudini degli allievi delle scuole, in relazione alla posizione delle scuole stesse, collocate o meno all interno di aree in degrado fisico. Si verifica una circolarità tra qualità dei locali (sporcizia, rifiuti, graffiti, ecc), qualità degli insegnanti e marginalità di allievi e famiglie che rimangono 398. Un altro studio ha evidenziato anche un effetto molto forte del degrado che caratterizza il percorso verso la scuola sui risultati scolastici degli allievi 399. Riguardo alle abitazioni, le case sottostandard accrescono i rischi per la salute, sia per gli adulti che per i bambini 400. Le difficoltà di riscaldamento sono un problema diffuso, soprattutto per le fasce di popolazione più povere, dovute anche alle modalità costruttive delle vecchie case 401. L 1,9% delle famiglie vive in condizioni di sovraffollamento. Questa condizione è associata agli indicatori di cattiva salute fisica e mentale 402. Inoltre, si verifica una concentrazione di persone con disabilità in aree ad edilizia pubblica, per motivi di costo e di accesso ai servizi. Negli anni è cresciuta questa tendenza alla concentrazione che crea sacche di disabilità e di deprivazione socio-economica 403. Altre recenti ricerche hanno mostrato che vivere in aree urbane deprivate accresce il rischio di effetti negativi sulla salute, effetto che persiste anche dopo aver controllato la relazione per caratteristiche individuali. In particolare, i tassi di mortalità della popolazione sotto i 75 anni che vive nelle aree appartenenti al 10% più povero, sono tre volte più elevati di quelli della popolazione che vive nelle aree appartenenti al 10% più ricco. Questa differenza vale anche per le malattie invalidanti. L ambiente urbano è caratterizzato dalle più marcate differenze di tipo socio-economico tra aree e dalle conseguenti ricadute sulla salute, ad esempio tra le aree di Londra le differenze di speranza di vita superano gli 11 anni 404. Inoltre, la speranza di vita di uomini e donne che risiedono nelle aree appartenenti al 20% più deprivato, a livello nazionale (UK) si riduce considerevolmente rispetto alla vita media (-6,8% e 5% rispettivamente). A questo corrisponde una maggior speranza di vita di uomini e donne che vivono nelle aree appartenenti al 20% più ricco del paese (+ 3-4% di vita media). In parti- 308

319 colare, alcune condizioni di cattiva salute o disagio sociale sono in stretta relazione con l abitare in aree deprivate - da 3 a 10 volte la media per esempio l autolesionismo, la violenza, le malattie polmonari croniche, le problematiche legate all alcool, le nascite da madri sole, la disabilità. Altre condizioni mostrano una frequenza 2 o 3 volte superiore nelle aree deprivate, come l asma, il cancro al polmone, altre patologie respiratorie e le morti legate al fumo, al diabete e le patologie cardiache, le morti legate all alcool, le patologie mentali, l epilessia e in generale la percezione soggettiva di cattiva salute, con frequente ricorso ai servizi sanitari 405. Alcuni studi condotti sugli andamenti nel tempo di questi fenomeni rilevano un ampio e crescente differenziale di speranza di vita tra aree ricche e deprivate 406, mentre altri dimostrano la sostanziale stabilità o una lieve e recente riduzione del gap (misurando, mortalità, longevità, stato di salute, malattie cardiovascolari, salute mentale, ecc.), anche se sono in crescita le differenze tra aree relative agli stili di vita (obesità) e alla salute mentale, in specifico tra le donne 407. Da rilevare anche gli studi che evidenziano la sorprendente persistenza, nell arco dell ultimo secolo, esaminando i quartieri centrali di Londra, delle forti differenze tra aree nella dotazione di risorse economiche e nella mortalità 408. Anche se molti fattori che caratterizzano gli individui residenti in aree povere possono spiegare gli effetti sulla salute, esiste un effetto di concentrazione misurabile che quindi rende significativo di per sè l effetto di vivere in un area povera, al di là degli svantaggi individuali. Le differenze tra aree riguardo ai fattori di degrado, inoltre, non sono casuali ma ricalcano specifiche politiche e sollevano problemi di equità 409.Altri studi hanno rilevato sistematicamente le relazioni tra le aree e l incidenza della malattia mentale 410. In particolare, è stata rilevata l importanza dell ambiente urbano e dell ambiente fisico 411. Uno studio con campione di controllo ha anche mostrato come il cambiamento volontario di area può portare ad un miglioramento della salute mentale 412. Inoltre, nelle aree urbane l incidenza delle malattie psichiatriche è maggiore nelle aree più deprivate 413. Le differenze tra aree hanno un impatto specifico sui gruppi vulnerabili (bambini e giovani, anziani, donne, minoranze etniche) che sono più esposti ai rischi ambientali, gli ambienti per molti di loro possono diventare obesogenici, in quanto scoraggiano l andare a piedi e in bicicletta, creano una percezione di posti pieni di traffico e poco attrattivi. L attività fisica ha un importanza fondamentale sulla salute. L inattività la cui maggiore manifestazione è l obesità, è una delle 10 principali cause di morte. In particolare accresce il rischio di malattie croniche, tra cui diabete, malattie cardiovascolari, tipologie di cancro, depressione e ansietà. Inoltre, genera anomalie di pressione e colesterolo. Sulla base di questo, gli autori dello studio affermano che è universalmente raccomandato lo svolgimento di almeno 30 minuti di moderata attività fisica 5 volte la settimana 414. Anche un modesto incremento di attività è in grado di ridurre in modo significativo il rischio di patologie croniche, su cui vi sono dati specifici e dettagliati di riduzione del rischio per tipo di patologia, sia per le malattie dei bambini che degli adulti e degli anziani. Chi svolge attività fisica riduce del 50% il rischio di malattie croniche e del 20-30% di morte prematura 415. Le famiglie più povere e coloro che risiedono nelle aree più deprivate sono più frequentemente sedentari. La percentuale di inattivi, ad esempio in Inghilterra, tra le famiglie povere, è del 44% per le donne e del 34% per gli uomini, mentre si riduce al 33% e 28% rispettivamente nelle famiglie benestanti. Nel Galles, ad esempio, coloro che vivono in aree deprivate hanno una pro- 309

320 babilità doppia di essere sedentari 416. Inoltre, bambini e anziani over 65 che vivono nelle aree deprivate hanno una probabilità doppia di essere vittime di incidenti causati da veicoli, rispetto a quelli che vivono nelle aree più ricche 417 L accesso e la facilità di utilizzo di aree verdi, la disponibilità di percorsi sicuri per passeggiare o andare in bicicletta, di aree gioco, si associano a una maggiore propensione a fare dell attività fisica e quindi a limitare il rischio di obesità. In particolare i bambini che hanno un più facile accesso a luoghi sicuri hanno più alti livelli di attività fisica e minore rischio di soprappeso, in confronto a chi vive nei quartieri più poveri 418. Uno studio finalizzato a verificare l ipotesi che vivere in aree con maggiore quantità di verde condizioni direttamente la salute, condotto attraverso l incrocio dei dati di salute su 10mila persone e l analisi territoriale della disponibilità di verde nel luogo di residenza, ha mostrato una correlazione significativa tra salute e verde, su tutti e tre gli indicatori utilizzati (presenza di sintomi nei 14 giorni precedenti, percezione generale dello stato di salute, punteggio su una scala di valutazione della salute). Tale relazione è particolarmente forte per casalinghe e anziani 419. La verifica di un impatto diretto del verde sulla salute è emersa anche da uno studio multi-metodo condotto in UK 420. Vivere vicino a spazi verdi riduce i problemi di salute e migliora lo stato fisico e psichico. Ogni incremento del 10% di spazi verdi riduce l incidenza di disturbi di salute quanto avere 5 anni in meno 421. Uno studio approfondito, con campione randomizzato, condotto negli USA ha verificato come la presenza di verde intorno all abitazione possa essere associata in modo significativo con una maggior capacità dei residenti di sostenere situazioni di povertà. In sostanza, a parità di risorse economiche, la vicinanza alla natura (vista sugli alberi, spazi aperti, ecc.) delle case di edilizia pubblica aiuta in modo significativo a fronteggiare lo stress. Questo studio suggerisce di cambiare le modalità di progettazione dell edilizia pubblica 422. Considerazioni analoghe sono state fatte per l edilizia sanitaria, dove gli spazi verdi aiutano la riabilitazione dei pazienti ricoverati 423. In questi studi il beneficio viene riferito sia ad un uso attivo del verde, sia ad un utilizzo passivo, in quanto la semplice presenza è sufficiente a condizionare aspetti della salute 424. Altri studi hanno sottolineato però l importanza delle percezioni che le persone hanno dell ambiente. La percezione del quartiere che hanno i bambini e i giovani è associata ai livelli di attività fisica, come pure la presenza di negozi, di luoghi d incontro e la gradevolezza dell ambiente urbano 425. Anche le percezioni dei genitori sono un importante determinante dei livelli di attività fisica. Dove i genitori percepiscono che è sicura l attività di andare a piedi o in bicicletta, i bambini intraprendono maggiormente queste attività. Comunque le ragazze di tutte le età hanno meno probabilità di camminare e andare in bicicletta dei maschi 426. Molti studi recenti indicano che i bambini che vivono in prossimità di strade con molto traffico hanno un incremento del rischio di avere patologie respiratorie, come l asma, del 50% circa. Il controllo del traffico intorno alla città di Oxford è stato introdotto nel 1999, e questo ha mostrato una riduzione dei sintomi dell asma e un aumento delle capacità respiratorie, con il più accentuato miglioramento per i più gravi. Guardando più in generale al problema dell asma nei giovani, un recente studio ha mostrato come la gioventù in UK sia caratterizzata dalla maggior 310

321 prevalenza di asma nel mondo, con il 21% e il 25% di bambini tra 6 e 7 anni e tra 13 e 14 anni rispettivamente che ha riportato sintomi di asma nei 12 mesi precedenti. Ciò è aggravato nelle aree urbane, dove i bambini hanno una prevalenza di allergie più alta rispetto a chi vive, ad esempio, in campagna 427. Vari studi hanno mostrato effetti della vicinanza e dell accessibilità di spazi verdi sulla salute dei bambini, su molteplici piani (riduzione dello stress, concentrazione, autodisciplina, abilità motorie) 428. La probabilità che cambiamenti dell ambiente fisico finalizzati a favorire piste ciclabili e luoghi per camminare siano efficaci è maggiore nelle aree deprivate, come vari studi di caso hanno mostrato, tra cui alcune aree di Glasgow, dove misure di riduzione del traffico hanno portato ad un aumento del 20% del movimento a piedi 429. Altri studi sulle aree urbane hanno mostrato come non sia rilevante la densità abitativa in sé, ma piuttosto la dotazione di verde, relativamente alle conseguenze sulla salute per bambini e giovani 430. Quartieri con verde accessibile e disegnati per favorirne la fruibilità raddoppiano l utilizzo del tragitto a piedi nella settimana (per andare al lavoro, a fare acquisti, a scuola, ecc.) per gli abitanti, rispetto agli altri quartieri 431. Dati recenti mostrano che solo il 32% di adulti in UK svolge 30 minuti di moderato esercizio almeno 5 volte la settimana, che è ritenuta la soglia per migliorare la funzionalità cardiovascolare. La questione è particolarmente rilevante per i bambini, dove l inattività sta creando una nuova generazione che ha maggiori probabilità di diventare da adulta inattiva e obesa. Ad esempio, il 30% dei bambini in UK è soprappeso e il 20% è obeso. Il trend di aumento dell obesità dipende da una molteplicità di fattori, ma un elemento è certamente il basso accesso al gioco e all attività fisica. Genitori e bambini possono sentirsi insicuri usando strade con molto traffico e l evidenza mostra che i bambini e i giovani non giocano all aperto così come sarebbero abituati a fare se non ci fossero restrizioni e ostacoli. Allo stesso tempo il numero di bambini che va a scuola con la macchina è raddoppiato negli ultimi 20 anni, mentre il numero di chi va a piedi o in bicicletta è molto diminuito 432. Tipicamente le donne svolgono meno attività fisica degli uomini, anche perché devono superare diverse barriere, come il ricoprire ruoli multipli ed avere pochissimo tempo per se, o l essere più sensibili alle insicurezze dell ambiente. Gli studi hanno concluso che ci sono differenze di percezione nei quartieri tra uomini e donne, e queste possono anche condizionare l utilizzo dell attività fisica nel tempo libero. Le donne percepiscono come più insicuro camminare nel quartiere, ed esse sono anche più facilmente incoraggiate all esercizio fisico, se vedono un analogo utilizzo del quartiere da parte di altri residenti. Di particolare importanza per le donne è stata l offerta di servizi e occasioni legate all attività nel tempo libero a basso costo o gratuite. Dato che il più basso tasso di attività fisica caratterizza proprio i poveri e le donne con figli a carico, la creazione di offerta a basso costo può migliorare innanzitutto la salute delle donne a basso reddito e dei loro familiari 433. D altro canto, sebbene le donne pratichino meno attività fisica strutturata degli uomini, sono anche quelle che più facilmente si muovono a piedi 434. Uno studio esplora il tema delle relazioni sociali tra donne che frequentano un parco urbano in New York nei primi anni del nuovo millennio per svolgervi attività fisica. Si evidenzia che la frequentazione del parco accresce la sensazione di sicurezza e il divertimento e fornisce opportunità di socializzare, rinforzando l interesse per l attività fisica 435. E anche stato verificato 311

322 l impatto positivo dell ambiente naturale sulle relazioni sociali e sul livello di coesione, per tutti i gruppi di età, in quanto si creano luoghi di incontro 436. Per la probabilità di muoversi a piedi delle donne anziane è risultata rilevante anche la gradevolezza del circondario 437. Uno studio giapponese ha dimostrato come, nelle aree urbane, la disponibilità di aree verdi per camminare influenzi positivamente la longevità degli anziani. Ciò avviene indipendentemente dalle caratteristiche individuali, come età, sesso, situazione familiare, dal livello di funzionalità e dallo status socio-economico 438. Inoltre, il livello di stress degli anziani risulta ridotto dalla frequentazione di parchi urbani 439. Ma non si possono considerare separatamente i diversi aspetti fisici e sociali dell ambiente: assetto dei parchi, verde, traffico, esercizi di prossimità e relazioni sociali. Vari studi hanno mostrato come abitare nei pressi di strade ad alto traffico ostacola le relazioni sociali, in quanto si intrattengono minori relazioni e amicizie (1/4 in meno) 440. Uno studio qualitativo, peraltro, mostra come gli anziani restino legati al luogo di residenza, anche se problematico, perché in esso hanno le loro relazioni familiari e sociali 441. La facilità di movimento a piedi e la presenza di servizi comodi nell area aumentano il livello di attività fisica degli anziani residenti 442. Essi sono meno esposti al deterioramento funzionale, se percepiscono che il loro quartiere non ha problematiche relative al traffico, al rumore, al crimine, alla scarsa illuminazione, alla pulizia, alla dotazione di trasporti pubblici, alla presenza di cani incustoditi

323 Capitolo 3. Esperienze da valorizzare nella promozione dell equità nella salute In questo paragrafo sono riassunte le principali prove di letteratura circa l efficacia e l impatto delle politiche e azioni di contrasto delle disuguaglianze di salute. 3.1 Politiche efficaci per prevenire e risparmiare. Per quantificare i costi umani ed economici attribuibili all esistenza delle disuguaglianze di salute, sono state condotte delle stime, con l obiettivo di misurare l ordine di grandezza della quantità di anni di vita persi per la morte prematura di coloro che, a causa del gradiente sociale, hanno condizioni di salute peggiori. Queste stime hanno poi ricostruito anche gli ordini di grandezza degli effetti economici del fenomeno, derivanti dalle morti premature, relativi alla perdita di prodotto, alla perdita di introiti per tasse e contributi e all aggravio di costi per il sistema di welfare e per il sistema sanitario. L assunzione fondamentale dei calcoli condotti consiste nell ipotizzare l assenza del gradiente sociale e quindi costruire scenari fondati sull esistenza di tassi di mortalità uguali per le diverse fasce di popolazione, pari a quelli attuali delle fasce di popolazione con maggiori capacità di controllo sulla salute, ovvero più istruite, con più elevata posizione sociale, o residenti nelle aree più agiate. Inoltre, sono state formulate ipotesi tese ad isolare, nell ambito degli scenari elaborati, la quota di progresso della mortalità effettivamente attribuibile all azzeramento delle disuguaglianze, che è un ampia frazione del totale. Questi calcoli non sono invece in grado di quantificare in modo esaustivo, per assenza di dati, i miglioramenti possibili della qualità della salute non riflessi nella mortalità, tra cui ha particolare importanza la riduzione dell impatto della disabilità. I risultati mostrano come le disuguaglianze di salute generino impatti umani, in termini di anni di vita, ed economici, molto rilevanti. In Gran Bretagna, ad esempio, l azzeramento delle disuguaglianze porterebbe ad un allungamento della vita media dell intera popolazione di due anni. Sulla base di questa proiezione demografica, è stata calcolata la dimensione economica della perdita attribuibile alle disuguaglianze, che raggiungerebbe, su scala europea, il 1,4% del prodotto interno lordo, seguendo un approccio finalizzato a misurare la perdita di produttività del sistema economico, e il 9,5% del prodotto interno lordo, se si utilizza un approccio che attribuisce agli anni di vita il valore di bene di consumo, secondo le correnti tabelle assicurative (utilizzate per i risarcimenti dei danni). Secondo questi calcoli il costo attribuibile alle disuguaglianze di salute inciderebbe per il 15% sui costi complessivi del sistema di sicurezza sociale e per il 20% sui costi del sistema sanitario Prevenire investendo sui sistemi universali di servizi per l infanzia Gli investimenti rivolti ai bambini nei primi anni di vita costituiscono una delle leve più rilevanti per ridurre le disuguaglianze di salute all interno di una generazione. Le esperienze nella prima infanzia (dalla fase prenatale agli 8 anni) e nella scuola costituiscono infatti una base per l intero corso di vita 445. Madri e bambini necessitano di continuità di sostegno dalla fase prima del 313

324 concepimento, alla gravidanza, ai primi anni 446. Tutti i bambini hanno bisogno di ambienti di vita sicuri, salutari, educativi, capaci di fornire cura e supporto. I programmi pre-scolastici e la scuola hanno un ruolo chiave in questa costruzione delle capacità dei bambini. Una vasta rassegna di lavori empirici mostra che sono centrali gli investimenti sul capitale umano nei primi anni. Il livello di sviluppo delle capacità cognitive e non cognitive è fortemente condizionato dall ambiente nella prima infanzia; la natura cumulativa dello sviluppo rende fondamentale l effetto dei progressi, che condizionano l intero corso di vita 447. L effetto di accumulo modifica i rendimenti degli investimenti sul capitale umano nel tempo (Figura 3.1). Una vasta letteratura e le analisi di carattere economico sulla produttività degli investimenti consentono di sostenere che il massimo rendimento si colloca nei primi anni di vita, nella fase prescolare, durante la quale esiste il più elevato ritorno 448, anche perchè incide sulle traiettorie di crescita fisica, cognitive e socio-emozionale 449. L impatto di bassi investimenti sul capitale umano nei primi anni non si limita ad un peggioramento delle capacità, ma è fortemente correlato all intera gamma di indicatori relativi alla salute: la cattiva salute percepita 450, alta mortalità 451, cattiva salute mentale 452, comportamenti dannosi per la salute 453. Figura 3.1 Rates of return to investment in human capital setting investment to be equal across all ages Fonte: Cunha et al. (2006) 454. Vi sono studi che hanno lavorato sulle analisi dei costi confrontando le politiche preventive e il loro impatto sui successivi costi sociali. Una recente review condotta sui disturbi di salute mentale nell infanzia e nell adolescenza ha stimato un costo compreso tra 13mila e 65mila euro anno per bambino per la mancata prevenzione del disagio 455. Si tratta di costi altissimi rispetto agli investimenti per il miglioramento della condizione educativa dei bambini nei primissimi anni. Uno studio inglese contrappone un costo sociale di 70mila sterline anno per un bambino con gravi problemi psichici, ad un costo di 600 sterline anno per politiche preventive e di formazione rivolte alle famiglie

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