UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO-BICOCCA

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO-BICOCCA Dipartimento di Psicologia Corso di Laurea Magistrale in Psicologia Clinica, dello Sviluppo e Neuropsicologia Effetti analgesici indotti dalla distorsione visiva di una parte del corpo Relatore: Prof.re Angelo MARAVITA Tesi di Laurea Magistrale di Francesca PEJA Matricola Anno accademico:

2 A Giorgia, il dono più prezioso che l università mi ha regalato, senza la quale tutto questo non sarebbe stato possibile. Grazie per essermi sempre stata accanto.

3 Indice RIASSUNTO Pg. 1 ABSTRACT Pg. 2 CAPITOLO 1: Introduzione Pg La rappresentazione del corpo Pg Body schema e body image Pg La rappresentazione multisensoriale del corpo Pg La rappresentazione dello spazio peripersonale Pg La modulazione visiva delle dimensioni del corpo Pg Il dolore Pg I meccanismi periferici del dolore Pg La rappresentazione centrale del dolore Pg La modulazione del dolore Pg La conduttanza cutanea Pg La modulazione del dolore attraverso la visione Pg Analgesia prodotta dalla visione di una parte del corpo Pg Analgesia prodotta dall alterazione della dimensione di una parte del corpo Pg Il ruolo della predicibilità dello stimolo Pg Ipotesi sperimentale Pg. 45 CAPITOLO 2: Metodi e risultati Pg Esperimento 1 Pg Soggetti Pg Materiale Pg Procedura Pg Disegno sperimentale Pg Misure Pg Analisi dei dati Pg Risultati Pg Esperimento 2 Pg. 56

4 2.2.1 Soggetti Pg Materiale Pg Procedura Pg Disegno sperimentale Pg Misure e analisi dei dati Pg Risultati Pg Confronto fra Esperimento 1 ed Esperimento 2 Pg Disegno sperimentale Pg Analisi dei dati Pg Risultati Pg. 61 CAPITOLO 3: Discussione e conclusioni Pg. 66 INDICE BIBLIOGRAFICO

5 Riassunto Recenti studi hanno evidenziato l influenza che la rappresentazione del corpo ha sulla percezione del dolore; in particolare è emerso che l ingrandimento visivo di una parte del corpo è in grado di indurre un effetto analgesico quando lo stimolo viene somministrato sulla parte distorta. In questo elaborato di tesi si riportano i risultati ottenuti in due esperimenti nei quali si è voluto verificare, in primo luogo, se l ingrandimento di una parte del corpo minacciata da uno stimolo doloroso sia in grado di modulare il dolore su tutto il corpo o solo sulla parte ingrandita e, in secondo luogo, se sia sufficiente la semplice visione della mano ingrandita per modulare la risposta al dolore sul resto del corpo. In particolare in entrambi gli esperimenti è stata misurata la conduttanza cutanea (SCR) e sono stati rilevati i giudizi di intensità e spiacevolezza in risposta a stimoli dolorifici meccanici mentre i soggetti osservavano una delle proprie mani ingrandita o di dimensioni normali (a seconda della sessione) e l altra rimaneva nascosta. L unica differenza fra i due esperimenti riguardava lo stimolo somministrato sulla mano non in visione che nell Esperimento 1 era accompagnato da uno stimolo in avvicinamento verso la mano in visione, nell Esperimento 2 era somministrato in maniera isolata. I risultati emersi dall analisi della SCR hanno evidenziato una minore risposta al dolore indotta dalla visione ingrandita della propria mano che si estende ad una parte del corpo non in visione (l altra mano) e che sembra ridursi ulteriormente se la mano in visione viene minacciata da uno stimolo dolorifico; mentre dalle analisi dei giudizi di intensità e spiacevolezza sono emersi risultati meno chiari che sono discussi in relazione ai dati, contrastanti, presenti in letteratura. Parole chiave: dolore, rappresentazione del corpo, visione, mano ingrandita, anticipazione. 1

6 Abstract Recent studies have shown the influence of body representation on pain perception; in particular, it seems that a magnified vision of a body part can induce an analgesic effects while a painful stimulation is administered on that distorted body part. In the present work we report the results obtained in two different experiments aimed to verify, first, whether the magnification of a body part, threatened by a painful stimulus, can induce an analgesic effect on the whole body or only on that specific body part; and second, whether the mere vision of the magnified body part, without any visible threat, is enough to modulate the pain response. In each experiment the Skin Conductance Response (SCR) as well as subjective ratings of intensity and unpleasantness were recorded, after the subjects have received a mechanic painful stimulation on their hand which could be viewed either at real or magnified size (according to the experimental session) or on the other, invisible hand. There was only one difference between two experiments: in the first experiment the stimulus administrated on the hidden hand was accompanied by a simulated stimulus on the other hand, while in the second experiment it was administered alone. The results have shown a decrease of SCR for stimuli delivered not only to the hand under magnified vision, as previously reported, but also to a body part out of vision; this effect was increased when the magnified hand was threatened by a painful stimulus; the analysis of ratings has shown less clear results, that reflects the complexity of this kind of measure also reported in previous studies. Keywords: pain, body representation, vision, magnified hand, anticipation. 2

7 1. Introduzione 1.1 La rappresentazione del corpo Body schema e body image Il nostro corpo è rappresentato in modo complesso e plastico nel cervello. Su come sia cognitivamente organizzata la rappresentazione corporea non vi è, tuttavia, un accordo generale e sono in discussione sia quanti sia quali siano i sistemi di rappresentazione del corpo (de Vignemont, 2010; Kammers et al., 2010a); nonostante ciò, è ormai accettato che tale rappresentazione (o sistema di rappresentazioni) svolga molteplici funzioni; permette di percepire la posizione degli arti nello spazio, di programmare i movimenti, di localizzare gli stimoli sulla pelle e di avere coscienza del proprio corpo (Berlucchi & Aglioti, 1997). Lo studio della rappresentazione corporea si basa su due principali approcci metodologici. Da un lato la psicologia sperimentale che compie i propri studi su soggetti neurologicamente sani utilizzando paradigmi sperimentali in laboratorio, come le illusioni corporee (es: Rubber Hand Illusion, Full Body Illusion) (Botvinik & Cohen, 1998; Lenggenhager et al., 2007). Dall altro lato la neuropsicologia che studia la relazione tra funzione cognitiva e cervello nella popolazione neurologicamente affetta (es: ictus, demenze), come nel caso dello studio di pazienti somatoparafrenici (Vallar & Ronchi, 2009). Fino alla metà degli anni novanta, a causa della mancanza di paradigmi sperimentali affidabili, lo studio della rappresentazione corporea si è basato quasi unicamente sulla neuropsicologia e, in particolare attraverso il principio della doppia dissociazione, sono stati costruiti differenti modelli sulla rappresentazione del corpo in modo da dare una spiegazione ai diversi disturbi e, successivamente alle prestazioni dissociate in soggetti sani (Paillard, 1999; Schwoebel & Coslett, 2005). I modelli maggiormente condivisi distinguono fra due principali rappresentazioni legate al corpo: il body schema e la body image ; mentre il primo è ampiamente condiviso, la seconda è ancora oggetto di numerose diatribe tra ricercatori (Head & Holmes, 1911; Paillard, 1980; Gallagher, 2005; Dijkerman & de Haan, 2007). La tassonomia diadica (Rossetti et al., 1995; Paillard, 1999; Gallagher, 2005; Dijkerman & de Haan, 2007) distingue le funzioni della rappresentazione corporea tra body schema e 3

8 body image, il primo consiste nella rappresentazione sensorimotoria dinamica del corpo ed è deputata a guidare l azione, la seconda riguarda tutte le altre rappresentazioni che interessano il corpo, quelle di tipo percettivo, concettuale e emozionale che non sono utilizzate per l azione. A sostegno della tassonomia diadica, in ambito neuropsicologico, è stata evidenziata una doppia dissociazioni fra la deafferentazione (disturbo che causa la perdita delle informazioni tattili e propriocettive ma non del movimento quando guidato dalla visione), che sarebbe caratterizzata da un danno al body schema, e il numbsense (disturbo che causa la perdita della capacità di percepire consapevolmente gli stimoli tattili ma consente di localizzarli sul corpo) (Paillard et al., 1983; Rossetti et al., 1995) che sarebbe caratterizzato da un danno alla body image. Un'altra doppia dissociazione è emersa dallo studio di due single case, JO e KE (Anema et al., 2009); la prima paziente era in grado di rilevare stimolazioni tattili sulla sua mano destra e non aveva deficit propriocettivi tuttavia aveva sensibilità ridotta, KE aveva similmente sensibilità ridotta ma la sua percezione propriocettiva era danneggiata. Entrambi furono sottoposti a diversi compiti tra cui toccare con la mano non stimolata il punto in cui era stata toccata l altra mano e localizzare su una mappa con la mano non stimolata il punto in cui era stata toccata l altra mano. JO effettuò correttamente il pointing verso la mano ma non la localizzazione sulla mappa, indice della compromissione della body image, mentre KE ebbe una prestazione opposta, indice della compromissione del body schema (Anema et al., 2009). La tassonomia triadica (Sirigu et al., 1991; Schwoebel & Coslett, 2005) mantiene la definizione di body schema intesa come rappresentazione sensorimotoria basata su informazioni afferenti e efferenti; essa è dinamica e fornisce informazioni sulla posizione del corpo nello spazio. Tuttavia, partendo dalla convinzione che il concetto di body image spiegato dalla tassonomia diadica non tenga conto della sua complessità, sono state identificate due sottocomponenti riconducibili alla body image descritta nel modello diadico: la body structural description e la body semantics. La body structural description consiste in una mappa visuo-spaziale del corpo e si occupa della descrizione strutturale delle relazioni fra le parti del corpo (ad esempio i confini e le relazioni relative), è basata soprattutto sulla visione ma sfrutta anche l informazione somatosensoriale. La seconda è una rappresentazione concettuale e linguistica che descrive le funzioni e le relazioni categoriali 4

9 tra le parti corporee (ad esempio il polso e la caviglia sono articolazioni). Il modello si basa sulla dissociazione trovata tra l aprassia (un disturbo che porta alla disorganizzazione concettuale dell azione o all incapacità di eseguire programmi sensomotori) che rifletterebbe un problema al body schema, autopoagnosia (un disturbo che porta all incapacità di localizzare le proprie o altrui parti del corpo) che sarebbe legato a un danno alla body structural description, e il deficit afasico specifico per il corpo (un disturbo che consiste nella perdita delle conoscenze lessicali riguardo alle parti del corpo) connesso a un danno alla body semantics. Non essendoci accordo su quale modello sia in grado di descrivere meglio la rappresentazione corporea, sono stati proposti recentemente approcci diversi per descriverne l organizzazione. Ad esempio è possibile distinguere diverse caratteristiche delle rappresentazioni del corpo basandosi su tre criteri: la consapevolezza o inconsapevolezza della rappresentazione, la dinamicità della rappresentazione (breve termine vs lungo termine) e il ruolo funzionale (azione vs percezione) (de Vignemont, 2010). Per quanto riguarda il ruolo funzionale è stato proposto il modello percezione/azione della rappresentazione del corpo a partire dagli studi sulla visione; la distinzione fra la via del what (ventrale) che identifica gli oggetti e la via del how (dorsale) che guida l azione (Goodale & Milner, 1992) è stata ripresa negli studi sulla rappresentazione del corpo ipotizzando che la body image (per come è intesa sia nel modello diadico che triadico) sia dedicata all identificazione e al riconoscimento percettivo (ad esempio, fornisce il giudizio sulle parti del corpo) e il body schema sia dedicato all azione (ad esempio, fornisce informazioni sulla postura del corpo che sono necessarie per il movimento) (Paillard, 1999; Dijkerman & de Haan, 2007). Il body schema specifica i parametri fondamentali per la programmazione dell azione, in particolare nell azione diretta al corpo deve specificare sia l effettore che l obiettivo dell azione. Per svolgere questa funzione necessita di informazioni sia a breve termine (o online) che a lungo termine (o off-line): le prime corrispondono alle informazioni sulla posizione del corpo in tempo reale e interessano la memoria di lavoro, le seconde riguardano conoscenze stabili sulla dimensione della parte del corpo target per l azione e interessano la memoria a lungo termine (Carruthers, 2008). Risultati a favore del 5

10 modello percezione/azione sono stati descritti da Kammers e de Vignemont (2009) utilizzando il paradigma della Rubber Hand Illusion (RHI) (Botvinik & Cohen, 1998) in soggetti neurologicamente sani; nella RHI i soggetti pongono sul tavolo il proprio braccio che viene coperto da uno schermo mentre fissano una mano di gomma, anatomicamente compatibile con quella nascosta, posta di fronte a loro e lo sperimentatore stimola con un pennello in modo sincrono o asincrono sia la mano del soggetto che la mano di gomma. Nella condizione sincrona, i soggetti riportano tipicamente di sentire la stimolazione con il pennello nella posizione in cui vedono la mano di gomma. In questo specifico esperimento gli autori, dopo aver indotto l illusione, chiesero ai soggetti di indicare la posizione della loro mano nascosta sia verbalmente sia con diversi tipi di risposta motoria (raggiungere la mano nascosta con l altra mano, raggiungere la mano non stimolata con la mano nascosta, afferrare un bastoncino con entrambe le mani); i risultati mostrarono un errore nella localizzazione solo per le risposte percettive e non per le risposte motorie indicando una dissociazione fra la rappresentazione che guida l azione e quella che si occupa della percezione (Kammers et al., 2009). Per quanto riguarda la consapevolezza delle diverse rappresentazioni corporee Head e Holmes (1911) sostenevano che il body schema fosse completamente inconsapevole e che la body image fosse consapevole; tuttavia sembrerebbe che il body schema possa essere consapevole in alcune circostanze, come ad esempio l immaginazione motoria mentale in cui un individuo immagina un corpo che compie un azione (Schwoebel & Coslett, 2005); inoltre sembrerebbe che la body image possa diventare inconsapevole in caso di patologia come il neglet personale in cui si riscontra una mancanza di consapevolezza della parte sinistra del corpo (Gallagher, 2005). Infine è necessario sottolineare che, sebbene sia stata dimostrata la dissociazione fra i diversi tipi di rappresentazione del corpo, il body schema e la body image non sono completamente indipendenti e isolate; esistono diverse patologie neuropsicologiche, come ad esempio il neglet personale, in cui il deficit impatta su differenti aspetti delle rappresentazioni corporee; inoltre, diverse evidenze sperimentali (Botvinick & Cohen, 1998; Kammers et al., 2010b) dimostrano come le rappresentazioni del corpo interagiscano fra loro e collaborino per rendere possibile l azione e la percezione (de Vignemont, 2010). 6

11 1.1.2 La rappresentazione multisensoriale del corpo La rappresentazione cerebrale del corpo si fonda sull integrazione multisensoriale (Maravita, et al., 2003; Maravita, 2006). Per molto tempo si è ritenuto che le diverse modalità sensoriali fossero indipendenti e che venissero integrate soltanto una volta che le informazioni arrivassero nelle aree neocorticali associative di alto livello, per questo venivano indagate separatamente. Negli ultimi decenni l interazione tra le varie modalità ha suscitato maggiore interesse, infatti, raramente ci troviamo di fronte a oggetti con caratteristiche che siano percepibili tramite una sola modalità sensoriale; inoltre, si è visto che l elaborazione di informazioni provenienti da una modalità è influenzata da quelle disponibili in altre modalità, con effetti di facilitazione e interferenza (Mastroberardino et al., 2008). A livello cerebrale l integrazione avviene all interno di alcuni neuroni multimodali (Meredith et al., 1986, 1987, 1996; Harting et al., 1997; Jiang et al., 2001) sui quali convergono neuroni unimodali che appartengono a aree sensoriali differenti. Questi neuroni possono avere un attivazione di tipo eccitatorio o inibitorio (Calvert et al., 2000; Meredith, 2002), inoltre, l attivazione dalle zone di convergenza multisensoriale può retroagire alle aree uni-sensoriali (Calvert et al., 1997; Driver & Spence, 2000; Macaluso et al., 2000; Vroomen & de Gelder, 2000) che sono influenzabili a livello cross-modale: per esempio, anche in assenza di stimoli uditivi, la percezione del movimento delle labbra può attivare la corteccia uditiva primaria (Sams et al., 1991; Calvert et al., 1997). Dal momento che la rappresentazione del corpo è basata sull integrazione di informazioni proveniente dai diversi sensi (Maravita, et al., 2003; Maravita, 2006), in particolare tatto, propriocezione e visione (Tsakiris, 2010), è possibile manipolarne le caratteristiche mettendo in conflitto le diverse modalità sensoriali in soggetti neurologicamente sani (Botvinik & Cohen, 1998; Ehrsson, 2007; Lenggenhager et al., 2007; Petkova & Ehrsson, 2008; Moseley et al., 2008; Slater, 2009; Newport & Gilpin, 2011; Walsh et al., 2011). Illusione di Pinocchio è il nome di un illusione che sfrutta il conflitto fra il tatto e la propriocezione: producendo una vibrazione del muscolo bicipite si crea la sensazione soggettiva che il braccio si allunghi (Lackner, 1988), se questo avviene mentre il soggetto si sta toccando il naso con il braccio stimolato avrà la sensazione soggettiva che il suo naso si 7

12 stia allungando, risultato dell integrazione fra l illusione propriocettiva di allungamento e la sensazione tattile che l arto stia ancora toccando il corpo. Il conflitto fra modalità propriocettiva, tattile e visiva risulta evidente nella RHI (Botvinick & Cohen, 1998). Nelle RHI il tocco sincrono tra una mano vera nascosta e una finta in visione (posta in una posizione anatomicamente plausibile) genera la sensazione che la mano finta sia parte del proprio corpo, suggerendo una ricalibrazione propriocettiva della posizione della proprio mano indotta dall illusione. Infine l effetto d interazione fra modalità tattile e modalità visiva si può evidenziare tramite compiti di congruenza crossmodale (Driver & Spence, 1998). Durante questi compiti i soggetti ricevono una vibrazione sull indice o sul pollice (in alto o in basso) della mano destra o sinistra; nello stesso momento può essere presentato un distrattore visivo in una delle posizioni in cui può essere somministrata la vibrazione (pollice mano destra, indice mano destra, pollice mano sinistra, indice mano sinistra); i distrattori possono quindi essere vicini o lontani rispetto alla mano stimolata e congruenti o incongruenti in altezza, a seconda che compaiano rispettivamente sullo stesso dito o su quello opposto rispetto a quello stimolato. Il compito è discriminare la posizione della stimolazione tattile. Quando i distrattori sono incongruenti i soggetti producono molte più risposte errate rispetto a quando sono congruenti, evidenziando un effetto crossmodale inteso come la differenza di performance fra prove incongruenti e congruenti. Inoltre tale effetto è maggiore quando lo stimolo visivo incongruente viene presentato vicino alla mano a cui viene somministrato lo stimolo tattile. Gli studi animali su singole cellule hanno fatto emergere altre evidenze riguardo alla natura multisensoriale della rappresentazione corporea; infatti sono stati individuati dei neuroni bimodali, i cui campi ricettivi rispondo sia a stimolazioni visive sia a stimolazioni tattili, in diverse aree cerebrali tra cui: la corteccia premotoria ventrale, il putamen (Graziano & Gross, 1994), l area parietale 7b (Hyvärinen & Poranen, 1974), l area 9 intraparietale ventrale (Duhamel et al., 1998), il solco temporale superiore (Bruce et al., 1981) e i collicoli superiori (Stein et al., 1976). 8

13 1.1.3 La rappresentazione dello spazio peripersonale Oltre a rappresentarsi il corpo, il nostro cervello è in grado di rappresentarsi anche lo spazio circostante che è stato suddiviso dagli studiosi in spazio extrapersonale e spazio peripersonale (Peri Personal Space, PPS). Il primo riguarda lo spazio lontano dal corpo e la sua rappresentazione può essere egocentrica (in relazione all osservatore) o allocentrica (in relazione agli oggetti). Il secondo è lo spazio immediatamente vicino al corpo, contiene gli oggetti con cui è possibile interagire nel qui e ora, specifica l area personale che caratterizza le interazioni sociali e pone attenzione ai pericoli per preservare l integrità del corpo (Coello et al., 2012). Il PPS ha le seguenti caratteristiche funzionali (Brozzoli et al., 2012): è ancorato a specifiche parti del corpo e si muove con esso; è plastico e i suoi confini sono flessibili; la percezione di oggetti o eventi al suo interno innesca un tipo di attenzione multisensoriale; gli oggetti e gli eventi percepiti sono rappresentati in termini di possibili azioni. Di recente è stata ipotizzata l esistenza di due tipi di rappresentazione dello spazio peripersonale (de Vignemont & Iannetti, 2015) che richiedono processi distinti e obbediscono a differenti principi. Una ha la funzione di proteggere il corpo dalle minacce ed è chiamata protective space (Sambo & Iannetti, 2013), l altra è diretta all azione ed è chiamata working space (Rizzolatti et al., 1997). Le due rappresentazioni sono distinte ma possono interagire fra loro poiché lo stesso stimolo può essere oggetto di diverse rappresentazioni. In campo sperimentale e neuropsicologico è difficile dimostrare la dissociazione fra il working e il protective space tuttavia è possibile rintracciare delle prove a favore di questo modello (de Vignemont & Iannetti, 2015). A livello motorio la distinzione fra i due tipi di rappresentazioni è chiara, infatti le rispettive funzioni possono essere ricondotte a due tipi di azione: azioni orientate all obiettivo, come tagliare le carote, e azioni protettive che comprendono azioni di evitamento (Bonnet et al., 2010) o non azioni (come il freezing) (Avenanti et al., 2012); sebbene i due tipi di azione possano occasionalmente sovrapporsi (ad esempio utilizzare un cucchiaio per mescolare qualcosa di caldo in modo da proteggersi le dita) solitamente rimangono distinte e in ogni caso sono distinguibili sulla base dell obiettivo che devono perseguire (difendere o agire) (de Vignemont & Iannetti, 2015). 9

14 Le due rappresentazioni concentrano inoltre le risorse attenzionali e motorie su differenti parti del corpo: il working space riguarda soprattutto lo spazio che circonda le mani, mentre il protective space riguarda tutto il corpo sebbene ci siano delle aree che godono di maggiore priorità, ad esempio, la faccia dev essere maggiormente protetta rispetto alle mani, quest ultime infatti vengono utilizzate in maniera automatica per difendere il viso (Sambo & Iannetti, 2013). Un ulteriore differenza riguarda l automaticità delle rappresentazioni, il working space è più frequentemente associato a movimenti volontari anche se non in modo esclusivo, infatti è stata rilevata un attivazione motoria automatica durante l osservazione di un oggetto manipolabile (Grafton et al., 1997; Chao & Martin, 2000), ed è stato visto che il working space viene automaticamente aggiornato durante un azione di grasping (Brozzoli et al., 2009); al contrario, il protective space è più frequentemente associato a movimenti automatici, ma può essere influenzato da fattori cognitivi di alto livello (Willer et al., 1979; Sambo et al., 2012). A livello sensoriale i due tipi di rappresentazione richiedono elaborazioni differenti: il protective space richiede una rilevazione rapida di uno stimolo che potrebbe essere una minaccia, questo implica che ad essere prioritario è il riconoscimento della pericolosità dello stimolo piuttosto che i suoi dettagli; il working space legato all azione orientata all obiettivo richiede, invece, una discriminazione fine delle caratteristiche dello stimolo (de Vignemont & Iannetti, 2015). Un altra differenza riguarda gli effetti multisensoriali all interno del PPS, infatti le informazioni visive possono creare aspettative riguardo uno stimolo somatosensoriale che entra in contatto con la pelle (Hyvärinen & Poranen, 1974); tuttavia queste aspettative possono avere direzioni opposte, infatti possono riferirsi al corpo che va incontro a un oggetto (il raggiungimento della palla con la mano) o a uno stimolo che va incontro al corpo (un ago che punge un dito); sembrerebbe che il working space sia legato alla prima, mentre il protective space sia legato alla seconda. Le due rappresentazioni si possono differenziare anche sulla base di come vengono influenzate da altri fattori; è stato dimostrato che l aumento dei livelli d ansia modula l estensione della rappresentazione del PPS, in particolare il working space diminuisce e il 10

15 protective space aumenta: in uno studio di Graydon e collaboratori (2012) si è visto che inducendo sperimentalmente ansia ai soggetti essi tendono a sottostimare la loro capacità di raggiungere un oggetto (working space), di contro la distanza interpersonale nella conversazione fra due persone (protective space) aumenta in situazioni che inducono ansia (Brady & Walker, 1978). Infine si è visto che anche l utilizzo di oggetti è in grado di modulare l estensione della rappresentazione dello spazio peripersonale; ad esempio l effetto di congruenza crossmodale si riscontra anche quando gli stimoli visivi distrattori sono presentati sulla punta di un bastone che il soggetto ha in mano (Maravita et al., 2002; Holmes et al., 2007; Bassolino et al., 2010; Canzoneri et al., 2013); questo è stato interpretato come un indice del fatto che il bastone sia entrato a far parte del working space. Invece, sembra che gli strumenti non vengano inclusi nel protective space in quanto essi vengono utilizzati solo per difendere il corpo e non devono essere a loro volta protetti. Quest ultimo aspetto è stato solo ipotizzato da de Vignemont e Iannetti (2015), inoltre è stato parzialmente smentito da un recente lavoro di Rossetti e collaboratori (2015); grazie alla misurazione della conduttanza cutanea si è visto, infatti, che la risposta anticipatoria a uno stimolo minaccioso è minore se lo stimolo target è lontano dal corpo, tuttavia la risposta aumenta se i confini dello spazio raggiungibile vengono estesi grazie all uso attivo di uno strumento (Rossetti et al., 2015). In generale queste evidenze sostengono l esistenza di una duplice rappresentazione dello spazio peripersonale, uno rivolto all azione e uno rivolto alla protezione La modulazione visiva delle dimensioni del corpo Come precedentemente descritto la rappresentazione del corpo deriva dall integrazione di stimoli tattili, propriocettivi e visivi (Berlucchi & Aglioti, 2010). In particolare si è visto come la visione sia in grado di modulare la percezione somatosensoriale; ad esempio, da alcuni studi è emerso che la semplice visione del proprio braccio sia in grado di velocizzare la reazione a uno stimolo tattile (Tipper et al., 1998; Press et al., 2004) o che i sistemi attenzionali visivi e tattili sono spazialmente collegati (Spence et al., 2000) Recentemente è stato dimostrato che, sebbene la percezione della dimensione del corpo sia relativamente stabile, alcuni stimoli sensoriali possono contribuire a modificarla (Gandevia & 11

16 Phegan, 1999; Paqueron et al., 2003), per questo alcune ricerche sulla rappresentazione del corpo hanno indagato l effetto prodotto dall alterazione della dimensione di una delle sue parti. Questi studi hanno messo in luce che la distorsione della misura di una parte del corpo è in grado di modulare la discriminazione tattile (Kennett et al., 2001), alcuni parametri cinematici (Marino et al., 2010; Bernardi et al., 2013) e l effetto delle illusioni corporee (de Vignemont et al., 2005; Pavani & Zampini, 2007). Kennett e collaboratori (2001) hanno studiato gli effetti della visione del corpo sulla stimolazione tattile; a tal fine hanno condotto un esperimento in cui i soggetti dovevano infilare il loro braccio destro dentro ad una scatola su cui era posto uno specchio che permetteva o non permetteva al soggetto di vedere il proprio avambraccio; in particolare se la luce nella scatola era accesa la visione dell avambraccio era possibile altrimenti no. I soggetti venivano informati che potevano ricevere una stimolazione tattile singola o doppia sull avambraccio e il loro compito era di discriminare il numero di stimolazioni ricevute in quattro condizioni: visione dell avambraccio, visione ingrandita dell avambraccio, visione di un oggetto, non visione. Anche nelle condizioni in visione non era possibile vedere direttamente lo stimolo tattile in contatto con la pelle in quanto la luce nella scatola veniva spenta 50 ms prima del contatto dello stimolo e si riaccendeva solo 500 ms dopo. I risultati hanno confermato che la visione del corpo diminuisce la soglia di discriminazione tattile e hanno mostrato che l effetto è maggiore quando la visione del corpo viene magnificata. Gli autori ipotizzano che tale risultato sia dovuto a una rapida ridefinizione delle mappe corticali guidata da un effetto crossmodale tra visione e tatto sostenuto dall attività dei neuroni bimodali (Kennet et al., 2001). Marino e collaboratori (2010) hanno voluto indagare come la distorsione della dimensione di una parte del corpo influenzi l ampiezza dell apertura della mano in un compito di afferramento. I soggetti dovevano afferrare un cilindro utilizzando il pollice e l indice e veniva misurata l ampiezza dell apertura della mano. Grazie all utilizzo di un video, registrato in tempo reale ma che poteva essere modificato, i soggetti potevano vedere la propria mano ingrandita, rimpicciolita o di dimensioni reali senza che il cilindro cambiasse misura. La sessione sperimentale prevedeva quattro condizioni: visione del target senza un feedback visivo della mano (NV), visione del target con la visione della mano di dimensioni normali 12

17 (RH), visione del target con la visione della mano ingrandita (EH), visione del target con la visione della mano rimpicciolita (SH). Il compito era diviso in blocchi e ogni blocco prevedeva una sola condizione; essi erano ordinati in modo tale che i blocchi sperimentali (EH e SH) fossero seguiti da un blocco NV per vedere se l effetto si mantenesse nel tempo. Dalle analisi è emerso che nella condizione EH tutti i partecipanti mostravano un apertura minore della mano rispetto alla condizione RH e l effetto si manteneva anche quando il feedback visivo della mano scompariva; nella condizione SH, invece, solo in qualche soggetto si registrava un aumento dell ampiezza dell apertura della mano. Questi risultati suggeriscono che l alterazione della rappresentazione della dimensione di una parte del corpo può influenzare il comportamento motorio; inoltre mostrano che, sebbene tale rappresentazione sia stabile, può essere influenzata da un feedback visivo distorto. Infine il mantenimento della minore ampiezza nell apertura della mano anche in assenza del feedback visivo fa pensare che l alterazione della dimensione della mano nella rappresentazione interna delle proprietà fisiche del corpo sia resistente al feedback afferente somatosensoriale (Marino et al., 2010). Pavani e Zampini (2007) hanno condotto un esperimento per comprendere il ruolo della visione distorta della proprio mano nella modulazione di un illusione propriocettiva. A tal fine hanno utilizzato il paradigma della RHI (Botvinik & Cohen, 1998), ma anziché la mano di gomma facevano vedere al soggetto un video (registrato in tempo reale) della propria mano sinistra nascosta che poteva essere di misura normale, ingrandita o rimpicciolita; lo schermo su cui veniva proiettato il video era posizionato orizzontalmente sul tavolo di fronte al partecipante, la mano del soggetto, invece, era posta alla sinistra dello schermo ed era nascosta da due pannelli in modo che gli fosse impossibile vederla. L esperimento era organizzato in tre fasi, i soggetti sperimentali sono stati divisi in tre gruppi e ogni gruppo era sottoposto a una sola condizione (reale, ingrandita, rimpicciolita). Nella prima fase (misura di pre-adattamento) veniva chiesto ai soggetti di indicare, attraverso un righello il punto in cui percepivano la posizione del loro dito medio sinistro; nella seconda fase (adattamento), grazie ad un pennello, venivano somministrati degli stimoli tattili sulla mano sinistra che il soggetto poteva vedere solo attraverso il video; nella terza fase (misura di postadattamento) veniva di nuovo chiesto di indicare il punto in cui percepivano il loro dito medio. Le analisi hanno mostrato un aumento nell errore di localizzazione verso la mano del 13

18 video tra la prima e la terza fase nella condizione mano reale e mano ingrandita, mentre non c era differenza tra le misure di pre e post-adattamento nella condizione mano rimpicciolita. Questi risultati mostrano che la distorsione della dimensione di una parte del corpo influenza l illusione propriocettiva indotta dalla RHI, in particolare l ingrandimento e la dimensione reale della mano inducono un illusione maggiore rispetto al rimpicciolimento della stessa. Secondo gli autori i dati dimostrerebbero che l illusione non sia dovuta esclusivamente a processi bottom-up d integrazione multisensoriale, ma entrerebbero in gioco anche processi top-down regolati dalla rappresentazione del corpo (Farnè et al., 2000; Pavani et al., 2000; Austen et al., 2004; Ehrsson et al., 2004; Tsakiris & Haggard 2005). Negli esperimenti sopra descritti ed in altri studi (Maugueire & Courjon, 1978; de Vignemont et al., 2005) è emerso che gli effetti della distorsione della dimensione di una parte del corpo sono maggiori quando la mano è ingrandita rispetto a quando è ridotta; per spiegare questo fenomeno è stato ipotizzato che ci sia un effetto asimmetrico in relazione ai cambiamenti della dimensione del corpo, in particolare la nostra rappresentazione del corpo integrerebbe meglio l ingrandimento piuttosto che il rimpicciolimento di una delle sue parti (Pavani & Zampini, 2007); questa caratteristica potrebbe essere ontogenicamente determinata in quanto durante lo sviluppo solitamente vediamo crescere le nostre parti del corpo piuttosto che ridursi (de Vignemont et al., 2005). Un altra spiegazione chiama in causa l esperienza visiva comune di ogni individuo tale per cui una mano che si avvicina verso il viso viene sottoposta a un consistente ingrandimento, mentre, per quanto possa allontanarsi, non potrà mai essere così distante dal viso da provocare un eccessiva riduzione delle sue dimensioni (Pavani & Zampini, 2007); infine Moseley e collaboratori (2008) hanno suggerito che la visione della propria mano ridotta potrebbe diminuire il senso di appartenenza e, quindi, le informazioni che vengono elaborate potrebbero essere attribuite al corpo in maniera minore influenzando la programmazione motoria (Moseley et al., 2008). Stanno emergendo in letteratura alcuni dati che mostrano come l ingrandimento di una parte del corpo sia in grado di modulare anche gli effetti del dolore acuto (Mancini et al., 2011; Osumi et al., 2014; Romano & Maravita 2014; Romano et al., In preparazione), questa modulazione è l oggetto di ricerca di questa tesi e verrà approfondito nei prossimi paragrafi. 14

19 1.2 Il dolore La IASP (International Association for the Study of Pain) definisce il dolore un esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a un danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno (IASP, 1994). Questa definizione evidenzia come il dolore non sia un fenomeno esclusivamente sensoriale, che riguarda, cioè, solo la localizzazione anatomica e analisi neurofisiologica dello stimolo (detta nocicezione), ma coinvolge anche una componente esperienziale, che costituisce l aspetto cognitivo collegato alla percezione dolorosa (Price, 2000). Nell esperienza del dolore è, quindi, importante il contributo dato dalla dimensione affettiva, cognitiva e comportamentale: la prima riguarda la tonalità umorale e psico-affettiva dell esperienza dolorosa che può essere, ad esempio, insopportabile, spiacevole, penosa, ed è determinata dalla causa, dal contesto e dalle caratteristiche di personalità dell individuo; la dimensione cognitiva riguarda l insieme dei processi mentali che rendono soggettiva la percezione algica tanto da determinare comportamenti molto diversi a parità di stimolo; infine la dimensione comportamentale riguarda le manifestazioni verbali o non verbali osservabili negli individui che soffrono ed è indice dell impatto che il dolore ha sul soggetto in un particolare momento e contesto della propria vita (Melzack, 1999; Price, 2000; Rainville, 2002). Il dolore ha una funzione difensiva, infatti, può essere visto come un sintomo vitale/esistenziale che rappresenta un segnale d allarme per un danno tissutale e risulta essenziale per evitare lesioni future (Haggard et al., 2013); questa funzione adattiva è confermata dal fatto che praticamente in tutti gli esseri viventi non vegetali sono presenti recettori nocicettivi, preservati durante la selezione naturale a causa della loro utilità (Le Bars, 2001). Il dolore può andare oltre alla sua funzione d allarme trasformandosi in dolore cronico, condizione nella quale il dolore stesso diventa la patologia da affrontare e non il segno di un evento lesivo in corso, situazione che è disadattiva e altamente invalidante (Merskey, 1986) I meccanismi periferici del dolore Il dolore, nella maggior parte dei casi inizia da eventi che accadono sulla pelle o nei tessuti profondi come i muscoli, le viscere o le ossa ed è il risultato di una specifica attività 15

20 all interno della corteccia cerebrale. La percezione del dolore dipende da particolari recettori detti nocicettori, cioè terminazioni nervose libere arborizzate e non mielinizzate dei terminali nervosi che segnalano un possibile danneggiamento o un danno effettivo dei tessuti corporei; questi recettori sono presenti in quasi tutti i tessuti del corpo; essi possiedono un alta soglia di attivazione e rispondono selettivamente a stimoli meccanici, termici o chimici sufficientemente intensi da causare danneggiamento tissutale. Sebbene la nocicezione sia spesso causa di dolore, nocicezione e dolore non sono termini interscambiabili, infatti il primo indica l attività neuronale afferente che riguarda i segnali dolorosi (Treede, 2006), il secondo indica la percezione di sensazioni irritanti provenienti da una parte del corpo: i nocicettori possono essere attivati in modo acuto o cronico, mentre il dolore può essere intermittente; viceversa il dolore può essere insopportabile anche in assenza di attività nocicettiva (Bear et al., 2006; Treede, 2006). I nocicettori sono classificati in conformità a tre criteri fisiologici, rispettivamente, il tipo di stimolo che evoca la risposta, la velocità di trasmissione, e le caratteristiche temporali della risposta allo stimolo. In particolare, riguardo al primo punto, la maggior parte dei nocicettori risponde a diversi tipi di stimoli dolorifici, per questo motivo sono definiti polimodali; altri mostrano una risposta selettiva a stimoli diversi e si può distinguere fra nocicettori meccanici che sono attivati da una forte pressione (ad esempio la puntura di un ago), nocicettori termici che rispondo all estremo freddo o al calore bruciante e nocicettori chimici che si attivano a causa di sostanze chimiche (ad esempio l istamina). Sulla base dei tre parametri indicati sono state distinte: - Fibre C nocicettive, che sono fibre afferenti amieliniche e sottili caratterizzate da soglie di attivazione elevate; esse rispondono prevalentemente a stimoli meccanici e termici ma anche ad agenti chimici e possono, quindi, essere considerate polimodali. Queste fibre inviano il segnale lentamente e sono responsabili della trasmissione dell informazione relativa ad un tipo di dolore diffuso, mal definito e poco localizzato. - Fibre A-delta (Aδ) nocicettive sono fibre afferenti parzialmente mielinizzate che si attivano con stimoli di minore intensità; esse rispondono a sensazioni dolorose generate da stimoli tattili, termici e pressori. Queste fibre riescono a trasmettere il segnale velocemente poiché la guaina di mielina è interrotta dai nodi di Ranvier, in 16

21 questo modo si crea la cosiddetta conduzione saltatoria che incrementa la velocità di propagazione del segnale. La differenza nella velocità di conduzione fa sì che vengano prodotte due percezioni distinte di dolore: il dolore primario di tipo acuto e pungente causato dall attivazione delle fibre Aδ e il dolore secondario, causato dall attivazione delle fibre C, più tardivo e di lunga durata (Caterina et al., 2005; Bear et al., 2006). I nocicettori sono responsabili della trasduzione degli stimoli dolorosi, infatti, essi contengono canali ionici che sono attivati da stimolazioni dolorose attraverso meccanismi differenti. La lesione di un tessuto può determinare la produzione e la liberazione di diversi tipi di peptidi, ioni, nucleotidi, lipidi o aminoacidi derivati da proteine che attivano i nocicettori; in particolare alcuni agenti dolorosi depolarizzano direttamente i neuroni nocicettivi grazie all apertura di canali ionici permeabili al sodio o al calcio, altri agiscono su recettori accoppiati a proteine G o su recettori per la tirosin-kinasi innescando una cascata di segnali intracellulari che sensitizza i canali ionici depolarizzati (Raja et al., 1999; Bear et al., 2006). I nocicettori, analogamente ai meccanocettori Aβ, hanno i corpi cellulari nel ganglio della radice dorsale segmentale ed entrano nel corno dorsale del midollo spinale; qui le fibre si dividono e viaggiano ventralmente e dorsalmente lungo il midollo spinale fino alla regione denominata zona di Lissauer, e quindi fanno sinapsi sulle cellule nella parte esterna del corno dorsale nella regione chiamata sostanza gelatinosa. Si pensa che il neurotrasmettitore più importante dei neuroni afferenti del dolore sia il glutammato infatti l attivazione dei potenziali d azione induce una veloce trasmissione sinaptica glutamatergica eccitatoria; stimoli nocivi più intensi o sostenuti generano un attività di scarica ad elevate frequenze dei nocicettori afferenti primari che stimola il rilascio del peptide sostanza P il quale si trova all interno di granuli di immagazzinamento nei terminali assonici ed è responsabile della percezione di dolore che varia da moderato ad intenso (Cao et al., 1998). Infine gli assoni dei nocicettori cutanei e viscerali entrano nel midollo spinale attraverso la stessa via generando un mescolamento di informazione responsabile del cosiddetto dolore riferito; questo fenomeno spiega come mai l attivazione dei nocicettori viscerali venga percepita come 17

22 sensazione cutanea come succede, ad esempio, nell appendicite in cui i pazienti lamentano un dolore addominale attorno all ombelico (Bear et al., 2006) La rappresentazione centrale del dolore Melzack fu il primo ad ipotizzare che il sistema nervoso centrale sia una componente fondamentale nell elaborazione del dolore; secondo l autore il corno dorsale non ha solo il compito di trasmettere passivamente l informazione nocicettiva, ma collabora dinamicamente all inibizione, all eccitazione e alla modulazione del dolore (Melzack, 1999). Melzack propose che il cervello possieda un network neurale determinato geneticamente ma influenzato dall esperienza, chiamato Neuromatrix, di cui fanno parte le regioni somatosensoriali, limbiche e talamocorticali; esso sarebbe in grado di rilevare e integrare molteplici tipi di stimoli (sia nocicettivi che non) per generare un output di risposta al dolore e controlla le dimensioni sensoriali-discriminative, affettive-motivazionali e valutativecognitive del dolore. L output della Neuromatrix determina la qualità dell esperienza dolorosa ed è influenzato da diversi tipi di input: input cutanei e viscerali, input visivi e sensoriali che influenzano l interpretazione cognitiva della situazione, input cognitivi e emotivi che provengono da altre aree della corteccia; inoltre esso è condizionato anche dalla modulazione inibitoria neurale intrinseca, e dall attività dei sistemi di regolazione dello stress come, ad esempio, le citochine, il sistema immunitario, endocrino e autonomo (Melzack, 1999). Per la prima volta i fattori psicologici come l attenzione, l ansia e l aspettativa, che prima erano considerati soltanto una reazione al dolore, sono parte integrante del processo di elaborazione dello stimolo (Melzack, 1989). Il concetto di Neuromatrix, così come postulato da Melzack non riguarda soltanto la percezione del dolore, ma anche l elaborazione di tutte quelle informazioni che contribuiscono a far percepire l unità e l identità di noi stessi e del nostro corpo come distinto dalle altre persone, detto senso di sé. Infatti non erano ancora state individuate delle regioni spazialmente segregate che rispondessero in modo specifico a stimoli nocicettivi; per questo motivo, a partire da questa teoria, gli studiosi hanno iniziato a ricercare sistematicamente i correlati neurali specifici per il dolore; una volta individuati 18

23 dalla Neuromatrix si passò alla Pain Matrix, la quale viene definita come un network corticale adibito all elaborazione degli stimoli dolorifici (di cui fanno parte la corteccia somatosensoriale, l insula e la corteccia cingolata anteriore) in cui ogni regione si occupa di elaborare diversi aspetti dell esperienza dolorosa (Iannetti & Mouraux, 2010). In particolare, le vie ascendenti del dolore hanno origine dal corno dorsale del midollo spinale e proiettano direttamente al tronco dell encefalo e alle aree limbiche: le principali sono la via spinotalamica e la via spinopontoamigdalica. Inoltre vi sono alcune componenti della via spinotalamica che inviano segnali a specifiche regioni cerebrali, nello specifico una componente si dirige verso le aree limbiche come la corteccia cingolata anteriore (ACC) e la corteccia insulare (IC), un altra componente si dirige verso specifici nuclei del talamo (laterale ventroposteriore e inferiore ventroposteriore) che trasmettono le informazioni nocicettive alla corteccia somatosensoriale (S1 e S2); da qui le informazioni viaggiano fino alle aree corticali parietali posteriori e alla IC e da quest ultima arrivano all amigdala, alla corteccia peririnale e all ippocampo; infine questo sistema converge verso le stesse strutture sottocorticali e aree limbiche che sono direttamente collegate alle vie spinali ascendenti (Price, 2000). L esistenza di diverse vie e il coinvolgimento di molteplici aree cerebrali rifletterebbe l esigenza di elaborare molteplici dimensione legate all esperienza dolorosa: in particolare possiamo distinguere fra intensità del dolore, spiacevolezza del dolore e valutazione secondaria. La prima dimensione riguarda l aspetto puramente sensoriale del dolore, la spiacevolezza indica i sentimenti emotivi che riguardano il presente o il futuro a breve termine come la paura o il distress, mentre la valutazione secondaria indica i sentimenti emotivi relativi alle implicazione a lungo termine del provare dolore; queste ultime due componenti vanno a formare la dimensione affettiva del dolore. Diversi studi sono andati ad indagare il rapporto tra le varie dimensioni e sono state trovate delle dissociazioni che hanno dimostrato la loro indipendenza: in uno studio di Price e Harkins (1987) è emerso che somministrando stimoli dolorifici termici tra i 45 C e i 51 C il giudizio di spiacevolezza risulta sempre minore di quello dell intensità se lo stimolo è di breve durata, mentre se lo stimolo è di lunga durata il giudizio di spiacevolezza supera quello dell intensità dimostrando che le due dimensioni sono separate. Un ulteriore studio (Rainville et al., 1999) ha aiutato a capire 19

24 la direzione della relazione, infatti mentre i soggetti avevano la mano immersa in acqua calda moderatamente dolorosa venivano sottoposti a suggestione ipnotica, in un primo esperimento, per aumentare o diminuire la spiacevolezza, in un secondo esperimento, per aumentare o diminuire la sensazione d intensità del dolore; nel primo esperimento risultò cambiata solo la percezione di spiacevolezza nella direzione della suggestione, mentre nel secondo la suggestione modificò sia l intensità che la spiacevolezza dello stimolo suggerendo che la dimensione sensoriale del dolore agisce in serie ed è la causa della spiacevolezza e non viceversa. La valutazione secondaria, a differenza della spiacevolezza, coinvolge una riflessione maggiormente elaborata che concerne il significato del dolore, l interferenza con la propria vita e le implicazioni future; alcuni studi hanno dimostrato la distinzione e la relazione sequenziale fra la spiacevolezza, che è immediata, e la valutazione secondaria; a tal proposito Harkins e collaboratori (1989) hanno mostrato che in pazienti con MPD (myofascial pain dysfunction) il tratto di personalità denominato estroversione non genera differenze nelle diverse dimensioni legate al dolore, mentre il nevroticismo influenza esclusivamente la dimensione della valutazione secondaria e non la dimensione sensoriale o la spiacevolezza che risultano, quindi, distinte dalla prima. A livello generale questi studi dimostrano la relazione di sequenzialità fra le dimensioni di intensità, spiacevolezza e valutazione secondaria del dolore (Figura 1.1). 20

25 Figura 1.1: interazione fra gli aspetti sensoriali del dolore, la spiacevolezza e l affetto secondario (Price, 2000) Gli studi di neuroimmagine sulla Pain Matrix sono stati in grado di individuare quali aree sono coinvolte nella dimensione sensoriale e quali in quella affettiva: nelle prime fasi le vie nocicettive che originano nel corno dorsale del midollo spinale attivano l area supplementare motoria, i nuclei della formazione reticolare, l amigdala e l ipotalamo; queste strutture sono anche coinvolte nell attivazione del sistema autonomico, nelle risposte di fuga, nelle risposte motorie, nell arousal e nella paura, cioè in tutte quelle risposte che avvengono in maniera automatica senza la necessità di coinvolgere un elaborazione cognitiva consapevole (Burstein et al., 1987; Craig, 1995; Price, 1999). Soltanto in un secondo momento vengono attivate le strutture coinvolte negli aspetti percettivi e cognitivi dell elaborazione del dolore che riguardano l intensità e la qualità della sensazione, cioè le aree somatosensoriali (S1 e S2). Ad un livello successivo la corteccia parietale posteriore e la corteccia insulare si occupano dell integrazione dell input somatosensoriale nocicettivo con le informazioni sensoriali contestuali determinando il senso di intrusione e di minaccia verso il proprio corpo e verso il sé (Rubins & Friedman, 1948; Mesulam & Mufson, 1982; Friedman et al., 1986; Damasio, 1994; Price, 1999) fondamentale per prendere decisioni riguardo il rischio collegato ad uno stimolo. Queste strutture sono coinvolte anche nell integrazione dell input somatosensoriale con gli input di altre modalità sensoriali e con la memoria che determina l arricchimento della valutazione sensoriale in relazione al contesto con la dimensione affettiva; una prova a favore di questo meccanismo è costituito dall asimbolia, un disturbo che compromette la capacità di cogliere il significato distruttivo o la minaccia dello stimolo dolorifico (Weinstein et al., 1955; Berthier et al., 1988) ma non la capacità di rilevare le caratteristiche sensoriali del dolore, ed è dovuto ad una lesione della IC. Dalle aree parietali ha origine una via che si dirige ventralmente verso le aree limbiche e che converge con la via spinale del dolore; in questo modo il segnale arriva alla ACC (legata alla percezione della spiacevolezza) dove le informazioni sensoriali e le caratteristiche cognitive del dolore vengono integrate con meccanismi attenzionali e emozionali e dove vengono stabilite la valenza emozionale e le risposte prioritarie al dolore. Quest ultime sono collegate 21

26 alle funzioni premotorie che controllano gli sforzi immediati per affrontare il dolore, la fuga e l evitamento delle situazioni. La ACC collega le informazioni sulle caratteristiche somatosensoriali del dolore con i meccanismi prefrontali che elaborano il significato e le implicazioni a lungo termine del dolore attraverso la valutazione cognitiva delle emozioni associate all esperienza (valutazione di secondo livello), e collega le aree parietali (coinvolte nella valutazione della minaccia) con le aree frontali (coinvolte nella risposte prioritarie al dolore). Secondo il modello della Pain Matrix esisterebbe, quindi, un network di strutture cerebrali e vie che comprendono connessioni sia seriali che parallele che supportano l elaborazione delle diverse dimensioni legate al dolore (Figura 1.2). Figura 1.2: rappresentazione schematica delle vie ascendenti del dolore e delle strutture corticali e subcorticali coinvolte nell elaborazione del dolore (Price, 2000) A supporto della specificità di elaborazione di questo network sono stati proposti diversi argomenti: in primo luogo l estensione dell attivazione della Pain Matrix sembra correlare con l intensità percepita del dolore (Iannetti et al., 2005) e con l energia applicata allo 22

27 stimolo dimostrando che una delle principali funzioni della Pain Matrix sia codificare l intensità dello stimolo; in secondo luogo si è visto come alcuni fattori sperimentali riescano a modulare selettivamente l attivazione di regioni specifiche del network, per esempio una suggestione ipnotica che mira ad aumentare l intensità dello stimolo attiva maggiormente le aree somatosensoriali, mentre quella che mira ad aumentare la spiacevolezza aumenta l attivazione della ACC (Rainville et al., 1997); infine è stato dimostrato che in pazienti epilettici la stimolazione attraverso elettrodi di S2 o dell insula può elicitare sensazione dolorose (Ostrowsky et al., 2002) e che alcune crisi epilettiche che si verificano nell insula si manifestano sotto forma di dolore (Charlesworth et.al., 2009). Alcuni studi recenti hanno messo in discussione l idea secondo cui la Pain Matrix elaborerebbe esclusivamente stimoli nocicettivi, infatti sembrerebbe coinvolta in diverse altre esperienze tra cui l empatia per il dolore (Singer et al., 2004; Godinho et al., 2006; Valeriani et al., 2008) e il rifiuto sociale (Eisenberger et al., 2003). Iannetti e Mouraux (2010) hanno proposto una serie di evidenze a riguardo: le prime evidenze derivano dalle proprietà anatomiche e fisiologiche dei neuroni nocicettivi, infatti nella corteccia somatosensoriale vi sono sia neuroni che rispondono a stimoli nocicettivi sia neuroni che rispondono a stimoli non nocicettivi (Kenshalo et al., 2000); inoltre, sebbene in studi animali siano stati identificati neuroni nocicettivi nelle aree della Pain Matrix essi sono localizzati in modo distribuito e alcuni di essi rispondono a stimoli di altre modalità sensoriali come la visione di uno stimolo minaccioso (Dong et al., 1994; Kenshalo & Douglass 1995; Hutchinson et al., 1999); infine, grazie ad una meta-analisi di studi fmri, si è visto che gran parte delle proiezioni spinotalamiche nocicettive, in particolare quelle che giungono alla corteccia cingolata, sembrano essere coinvolte nella valutazione delle conseguenze dell azione e della salienza della stimolo e sono perlopiù aspecifiche rispetto alla nocicezione. La seconda evidenza riguarda la confutazione dell ipotesi secondo cui la funzione principale della Pain Matrix sia quella di codificare l intensità del dolore percepito, infatti diversi studi hanno dimostrato una chiara dissociazione fra l estensione dei LEPs (Laser Evoked Potentials) e la percezione d intensità del dolore in risposta a stimoli laser (Clark et al., 2008; Iannetti et al., 2008), ad esempio Lee e collaboratori nel 2009 hanno mostrato che quando due stimoli laser nocicettivi vengono somministrati in un breve intervallo di tempo il secondo stimolo 23

28 elicita una risposta LEP minore rispetto al primo stimolo mentre non c è differenza nella percezione dell intensità. Dagli studi sugli stimoli ripetuti emerge un altra evidenza; la ripetizione di stimoli dolorifici a intervalli regolari riduce la risposta LEP, e l effetto è maggiore se l intervallo tra uno stimolo e l altro è di breve durata (Mouraux & Iannetti, 2008); tuttavia se gli stimoli sono somministrati ad intervalli irregolari l effetto sparisce a prova del fatto che esso sia modulato dal contesto, infatti la ripetizione fa sì che gli stimoli siano meno nuovi e meno imprevedibili (Bromm & Treede, 1987; Raij et al., 2003; Truini et al., 2004). Lo stesso effetto emerge anche dalla ripetizione ad intervalli regolari di stimoli somatosensoriali non nocicettivi e stimoli uditivi (Wang et al., 2008), quindi gli autori ipotizzano che esso potrebbe essere regolato da simili processi cerebrali multimodali che sono fortemente dipendenti dal contesto in cui gli stimoli vengono presentati. Da due diversi studi, rispettivamente EEG e fmri, è emerso (Mouraux & Iannetti, 2009; Iannetti et al., 2010) che stimoli nocicettivi, somatosensoriali, uditivi e visivi elicitano una risposta indifferenziata nelle aree della Pain Matrix e, mentre gli stimoli uditivi elicitano una risposta specifica nella corteccia primaria uditiva, gli stimoli visivi nella corteccia visiva primaria, non si è registrata una risposta specifica nocicettiva. Questi risultati sono stati interpretati dagli autori come indice di un attività neurale multimodale nella Pain Matrix che risponderebbe agli stimoli indipendentemente dalla modalità sensoriale. È importante sottolineare che esistono all interno del network dei neuroni nocicettivi specifici ma sono molto minori rispetto a quelli non specifici. Infine, per quanto riguarda la stimolazione di pazienti epilettici gli autori sottolineano che solo una piccola percentuale dei pazienti valutati da Ostrowsky (2002) percepiva esperienze di dolore, inoltre la stimolazione delle aree appartenenti alla Pain Matrix elicitava anche esperienze somatiche non dolorose; allo stesso modo i pazienti epilettici che manifestavano crisi sotto forma di dolore erano solo una piccola percentuale e il dolore non era mai la sola manifestazione (Mauguiere & Courjon, 1978). A seguito di queste evidenze, Iannetti e Mouraux (2010) hanno proposto una spiegazione vicina al modello della Neuromatrix di Melzack (1999) secondo cui esistono insiemi di neuroni distribuiti in diverse aree del cervello in grado di integrare vari tipi di stimoli, sia 24

29 nocicettivi che non. Infatti, dal momento che la risposta della Pain Matrix sembra essere influenzata da fattori che modulano la salienza come la novità o l incertezza, è stato ipotizzato che questo network sia multimodale e che sia responsabile della rilevazione e della reazione agli stimoli salienti indipendentemente dalla modalità sensoriale. A favore di questo modello ci sono alcuni studi (Downar et al., 2000; Seeley et al., 2007) e alcune osservazioni sperimentali come, ad esempio, il fatto che gli stimoli nocicettivi siano intrinsecamente salienti. Inoltre questa ipotesi può spiegare come mai la Pain Matrix si attiva quando si guarda qualcuno a cui viene somministrato uno stimolo dolorifico (Singer et al., 2004; Jackson et al., 2005), quando la propria mano è minacciata da uno stimolo (Cheng et al., 2007; Romano & Maravita, 2014) o in caso di rifiuto sociale; infine può spiegare perché la co-occorrenza di uno stimolo somatosensoriale innocuo e uno nocicettivo diminuisce la risposta della Pain Matrix (Kakigi & Shibasaki, 1992; Nahra & Plaghki, 2003), infatti, la presenza del primo stimolo riduce la salienza del secondo La modulazione del dolore La visione classica Cartesiana secondo cui il sistema deputato all elaborazione del dolore riceva gli stimoli nocicettivi e li trasmetta passivamente al cervello attraverso i canali sensoriali è stata superata dalle evidenze descritte nel paragrafo 1.2.2, che mostrano come vi sia un ruolo attivo del cervello nell elaborazione di questi stimoli. Esistono, infatti, dei meccanismi biologici di regolazione del dolore che possono essere sia ascendenti che discendenti. A chiunque è capitato di percepire sensazioni piacevoli strofinando la pelle intorno a un punto in cui si è stati colpiti, questo succede poiché la simultanea attività dei nocicettori e dei recettori tattili può ridurre il dolore; questo meccanismo di regolazione afferente è stato spiegato da Ronald Melzack e Patrick Wall (1983) attraverso la teoria del cancello, ipotesi secondo cui alcuni neuroni del corno dorsale (neuroni di proiezione), che proiettano un assone al tratto spinotalamico, sono eccitati sia da assoni non mielinizzati della via del dolore, sia da assoni sensoriali di largo diametro (Aβ); inoltre questi neuroni di proiezione possono essere inibiti da interneuroni (localizzati nella sostanza gelatinosa del Rolando) che a loro volta sono sia eccitati dagli assoni della via del tatto, sia inibiti dagli assoni della via del 25

30 dolore; in questo modo l attività dell assone della via del dolore eccita massimamente il neurone di proiezione che porta i segnali nocicettivi al cervello, tuttavia, se l assone meccanocettivo si attiva contemporaneamente, a sua volta attiva l interneurone che sopprime il messaggio nocicettivo. Quindi, secondo gli autori, se l attività delle fibre Aβ prevale, la percezione del dolore viene attenuata, mentre se prevale l attività dei nocicettori la percezione del dolore si intensifica (Melzack, 1996). I meccanismi di regolazione discendente riguardano gli effetti di alcune regioni del cervello sulla modulazione del dolore; una delle principali aree coinvolte è la sostanza grigia periacqueduttale che riduce l attività dei neuroni nocicettivi in base alle informazioni ricevute sullo stato emozionale (Bear et al., 2006). A livello neurochimico il sistema principale coinvolto nella modulazione del dolore è il sistema di oppioidi endogeno: in particolare esistono peptidi importanti nella regolazione discendente del dolore chiamati endorfine che vengono prodotti dal cervello e producono analgesia; le endorfine impediscono che il glutammato sia liberato dai terminali presinaptici e iperpolarizzano le membrane postsinaptiche dei neuroni impedendo che le informazioni nocicettive passino attraverso il corno dorsale fino ai livelli superiori del cervello che elabora la percezione del dolore (Fields & Basbaum, 1994). Dal momento che il dolore non è un fenomeno squisitamente sensoriale ma coinvolge anche componenti cognitive e affettive, oltre a meccanismi biologici, esistono delle componenti cognitive-valutative che sono in grado di modularlo, ad esempio, l attenzione e l anticipazione (Peyron et al., 1999); riguardo all attenzione diversi studi hanno dimostrato una riduzione della percezione di dolore quando si è distratti da un altro compito, ad esempio il test di Stroop (Bantick et al., 2002) o un compito di memoria di lavoro (Sprenger et al., 2012), rispetto a quando si è attenti allo stimolo dolorifico; questo fenomeno coinvolge meccanismi oppioidi e sembra essere associato a modificazioni dell attivazione delle aree cerebrali implicate nell elaborazione del dolore. La possibilità di anticipare uno stimolo influenza la spiacevolezza e aumenta la tolleranza al dolore (Staub et al., 1971; Price, 1999); l anticipazione coinvolge diversi fattori come la valutazione cognitiva, l arousal, il condizionamento e l attenzione verso la fonte e la localizzazione dello stimolo doloroso (Hsieh et al., 1999) ed è in grado di modulare l attività 26

31 del network nocicettivo. Le aree che sembrano legate alla modulazione della dimensione cognitiva e affettiva sono la corteccia prefrontale, la corteccia cingolata anteriore, l amigdala (Bingel & Tracey, 2008), l insula (Singer et al., 2004) e la corteccia orbitofrontale (Rolls, 2004). Un altro fattore che influenza la percezione del dolore è la rappresentazione corporea di cui si parlerà più specificatamente di seguito. 27

32 1.3 La conduttanza cutanea La conduttanza cutanea è un metodo di registrazione dell attività elettrica dermica grazie all applicazione di una piccola corrente esterna alla pelle; essa è conosciuta anche come risposta cutanea galvanica o riflesso psicogalvanico (Boucsein, 2012). L attività elettrodermica è un parametro fisiologico che è controllato dal sistema nervoso simpatico, essa dipende dall attività delle ghiandole sudoripare ed è considerata un indicatore dell arousal psicofisiologico. La conduttanza cutanea solitamente viene scomposta in due tipi di onda: il tono (Skin Conductance Level o SCL) e la risposta fasica (Skin conductance Response o SCR); il primo riflette l attivazione generale dell individuo, la seconda rappresenta le fluttuazioni evento correlate. In quest ultimo caso, l attivazione del sistema nervoso simpatico si manifesta attraverso l aumento dell attività delle ghiandole sudoripare in particolar modo delle mani e dei piedi; in questo modo si riduce la resistenza cutanea e aumenta la conduttanza prima che il sudore sia di nuovo riassorbito (Edelberg, 1967; Gjerstad et al., 2006). Questo fenomeno produce un picco nella risposta galvanica che assume la sua tipica forma d onda (Gjerstad et al., 2006). Esso si ottiene in seguito ad uno stimolo che è in grado di indurre una risposta, compare dopo 1-2 secondi di latenza dallo stimolo, raggiunge il massimo rapidamente e torna alla baseline nel giro di 5-6 secondi (Lim, 1997); quando lo stimolo viene ripetuto in maniera costante per più di minuti si assiste ad un decremento o alla scomparsa della risposta (Levinson & Edelberg, 1985; Baba et al., 1988; Elie & Guiheneuc, 1990). Stimoli che provocano una caduta della risposta cutanea galvanica sono, di solito, di tipo emozionale come ad esempio un rumore improvviso, un sospiro, uno stress, una parola detta da qualcuno. La misura della conduttanza si ottiene applicando, attraverso degli elettrodi, una debole corrente elettrica sulla superficie esterna delle dita che genera un voltaggio grazie a cui è possibile calcolare la resistenza della pelle; in particolare, come si vede dalla figura (Figura 1.3), viene trasmessa fra i due elettrodi una corrente diretta (U) e, grazie a un voltmetro, si calcola la corrente (I) intesa come la caduta di voltaggio sul resistore (R) che è collegato alla pelle; la conduttanza è il rapporto fra la corrente e il voltaggio (V). Gli elettrodi di solito si applicano sulle falangi distali o intermedie delle dita della mano o sulla superficie plantare 28

33 del piede; inoltre è importante che essi siano posti sullo stesso braccio o sulla stessa gamba per evitare artefatti dovuti al movimento (Ogorevc et al., 2013). Figura 1.3: principio base della misurazione della conduttanza cutanea (Ogorevc et al., 2013) La conduttanza è stata frequentemente utilizzata in psicologia per misurare l arousal emotivo (Dindo & Fowles, 2008; Benedekt & Kaembach, 2010), lo stress (Poh et al., 2010; Setz et al., 2010) e, storicamente, anche per valutare la veridicità di un interrogatorio in criminologia (Lykken, 1959); ma essa è un utile strumento anche in altri settori come la psicopatologia (Roth et al., 1998; Dawson & Schell, 2002; Schell et al., 2005), la neurologia (Korpelainen et al., 1993; Zahn et al., 1999; Hamann et al., 2002), la riabilitazione (Novak et al., 2010) e la medicina (Hoeldtke et al., 2001). Uno degli ambiti in cui è possibile utilizzare la conduttanza cutanea è la rilevazione del dolore; infatti, la maggior parte delle persone non ha difficoltà nell imparare a esprimere un punteggio riguardo a quanto dolore percepisce, tuttavia esistono degli impedimenti che compromettono questa capacità come, ad esempio, difficoltà cognitive o motorie, disturbi dovuti all età avanzata (demenza) o l impossibilità di espressione dei bambini in età preverbale. La conduttanza può superare i limiti imposti dalle scale verbali e costituire una buona misura del dolore in queste popolazioni, oltre ad essere un adeguato strumento per 29

34 rilevare in maniera oggettiva la risposta agli stimoli dolorosi nella popolazione normale (Loggia et al., 2011). Molteplici studi hanno dimostrato che l applicazione di uno stimolo nocicettivo induce l attivazione del sistema simpatico aumentando il battito cardiaco e la conduttanza cutanea (Lowenstein et al., 2004; Loggia et al., 2008; Ledowsky et al., 2009). In uno studio di Loggia e collaboratori (2011) è stato verificato il rapporto fra le risposte autonomiche (battito cardiaco e conduttanza), i punteggi verbali, e l intensità di uno stimolo dolorifico termico somministrato sull avambraccio sinistro di trentanove soggetti sani. I risultati hanno dimostrato che sia il battito cardiaco che la conduttanza cutanea aumentano al crescere dell intensità dello stimolo; la conduttanza, inoltre, sembra essere un miglior predittore dei cambiamenti nella percezione dello stimolo da parte dello stesso soggetto in quanto correla maggiormente con i rating nell analisi within-subject. Anche Schestatsky e collaboratori (2007) hanno dimostrato che stimoli dolorifici termici sono in grado di provocare cambiamenti nella conduttanza cutanea che correlano con la percezione soggettiva del calore e la sensazione dolorosa. Uno studio (Breimhorst et al., 2011) è andato ad indagare se la conduttanza cutanea sia in grado di cogliere la differenza d intensità di diversi stimoli dolorifici; a tal fine quarantadue soggetti sani sono stati divisi in tre gruppi: ad un gruppo venivano somministrati stimoli elettrici, ad un gruppo stimoli meccanici (in particolare venivano punti da un ago) e ad un gruppo stimoli termici, ogni tipo di stimolo poteva avere diversa intensità. I risultati hanno mostrato che la conduttanza è uno strumento affidabile per discriminare l intensità degli stimoli termici e meccanici, ma non di quelli elettrici. Oltre a misurare il dolore dovuto a stimoli nocicettivi in soggetti sani, la conduttanza è stata utilizzata anche per misurare quello post-operatorio, quello sotto l effetto dell anestesia e il dolore in neonati dimostrando la sua validità come strumento di misura del dolore (Hellerud & Storm, 2002; Storm et al., 2005; Jensen et al., 2006; Storm, 2008; Dalal et al., 2013). 30

35 1.4 La modulazione del dolore attraverso la visione Sulla base di recenti ricerche è stata ipotizzata l esistenza di una relazione fra i meccanismi cerebrali che sottendono la percezione del dolore e la rappresentazione del corpo (Longo et al., 2009; Mancini et al., 2011; Haggard et al., 2013; Osumi et al., 2014; Romano et al., In preparazione), in particolare sembra che l esperienza del dolore dipenda strettamente da come le persone si rappresentano il proprio corpo e dal senso di appartenenza nei suoi confronti (Pia et al., 2013; Romano et al., 2014a; Romano et al., 2014b; Romano et al., In preparazione). Infatti la rappresentazione multisensoriale del corpo elabora e modula gli input sensoriali per migliorare la percezione di nuovi eventi (Coslett & Lie, 2004), assicurarsi continuità nel senso di sé, anticipare minacce potenziali e per mettere in atto risposte difensive (de Vignemont, 2011; de Vignemont & Iannetti, 2015). Recentemente sono emerse evidenze a favore della possibilità di modulare il dolore attraverso la semplice visione o la visione alterata di una parte del corpo che verranno dettagliate nei paragrafi seguenti Analgesia prodotta dalla visione di una parte del corpo Diversi studi hanno mostrato che la visione di una parte del corpo è in grado di influenzare la percezione somatosensoriale (Tipper et al., 1998; Taylor-Clarke et al., 2002), tuttavia ancora non vi è chiarezza su quali siano i meccanismi sottostanti a questo effetto. Press e collaboratori (2004) hanno svolto uno studio per cercare di far luce su tali meccanismi; in particolare chiedevano ai soggetti di porre il proprio braccio sinistro in una scatola sopra cui era posto uno specchio: se la luce all interno della scatola era accesa era possibile vedere il braccio (condizione visione braccio), quando la luce era spenta si vedeva un oggetto che poteva essere rettangolare (condizione visione oggetto rettangolare) o circolare (condizione visione oggetto circolare). Gli stimoli tattili erano somministrati in due posizioni diverse sull avambraccio (una più lontana e una più vicina al gomito) in modo randomizzato, tuttavia la distanza fra le posizioni degli stimoli era molto piccola, vicina alla soglia personale di discriminazione tattile fra due punti; la sessione sperimentale prevedeva 80 trial per ogni condizione e il compito consisteva nel discriminare la posizione dello stimolo (vicino o lontano) utilizzando due tasti di un computer. I risultati hanno mostrato dei tempi 31

36 di reazione minore nella condizione in cui i soggetti vedevano il braccio rispetto alle condizioni in cui i soggetti vedevano l oggetto rettangolare o circolare (che non risultano diverse fra loro) e nessuna differenza di accuratezza nelle due condizioni. Per spiegare questi risultati gli autori hanno escluso che l attenzione spaziale abbia un ruolo determinante, in quanto l oggetto e il braccio erano percepiti nella stessa posizione; tuttavia hanno proposto che l effetto della visione sulla capacità di discriminazione tattile sia modulato dalla difficoltà del compito e dal fatto che quest ultimo richieda o meno un elaborazione spaziale dello stimolo; infatti in altri esperimenti all interno di questo studio in cui il compito di discriminazione spaziale era semplice (maggiore distanza tra i due stimoli) o in cui il compito era complesso ma non era prevista una discriminazione spaziale (discriminare se una vibrazione fosse continua o discontinua rendendo minima la distanza tra una vibrazione e l altra nella condizione discontinua) l effetto di vantaggio della visione non si è verificato. Un ipotesi formulata dagli autori per spiegare questo fenomeno, che chiamano visual enhancement of touch, è che l informazione visiva influenzi la rappresentazione spaziale della superficie del corpo elaborata dal cervello modificando la dimensione dei campi ricettivi della corteccia somatosensoriale (Press et al., 2004). Oltre a studiare l interazione tra la visione e l elaborazione tattile, alcuni ricercatori si sono concentrati sulla valutazione degli effetti della visione o non visione del corpo sui processi neurali e sulla percezione del dolore (Longo et al., 2009; Mancini et al., 2011); Longo e collaboratori (2009), a tal fine, hanno condotto tre esperimenti. Nel primo esperimento veniva posto sul tavolo uno specchio verticale allineato al piano medio-sagittale del soggetto; la mano destra di quest ultimo era nascosta dietro allo specchio e la sessione sperimentale prevedeva due condizioni: nella condizione visione mano il partecipante poneva la propria mano sinistra di fronte allo specchio, nella condizione visione oggetto un piccolo libro marrone veniva posto nella posizione occupata dalla mano sinistra, mentre questa veniva appoggiata alla gamba sotto al tavolo. I soggetti dovevano guardare nello specchio e fissare la mano o il libro mentre la stimolazione laser dolorifica veniva somministrata sul dorso della mano destra; in questo modo si creava un conflitto fra la visione della mano che sembrava non stimolata e la sensazione di dolore. Nel secondo 32

37 esperimento tale conflitto è stato eliminato, infatti i soggetti guardavano direttamente la stimolazione della propria mano destra o dell oggetto senza utilizzare lo specchio; nella condizione visione oggetto il libro era posto di fianco alla mano destra e i due erano separati da un supporto in cartone che occludeva la vista della mano; in questo caso un laser luminoso finto veniva proiettato sull oggetto in contemporanea al laser dolorifico per evitare differenze rispetto alla condizione visione mano in cui lo stimolo laser era visto direttamente sul dorso della mano. Il terzo esperimento era uguale al primo ma veniva aggiunta una condizione, cioè visione altra mano in cui la mano vista dal soggetto nello specchio era quella dello sperimentatore. In tutti gli esperimenti venivano registrati le risposte dei potenziali evocati dal laser (Laser Evoked Potentials LEPs) e i giudizi di intensità e spiacevolezza dopo ogni stimolo. Per quanto riguarda i risultati, in tutti i casi la visione della propria mano era associata alla riduzione delle risposte LEPs (Figura 1.4) e alla diminuzione dei giudizi di intensità e di spiacevolezza (Figura 1.5) rispetto alla visione dell oggetto (o della mano dello sperimentatore); inoltre è stata riscontrata una correlazione fra le due misure (rating e LEPs). Figura 1.4: media delle risposte LEPs nei tre esperimenti e ampiezza del peak-to-peak di N2/P2 (Longo et al., 2009) 33

38 Figura 1.5: rating di intensità e spiacevolezza nei tre esperimenti (Longo et al. 2009) Nel complesso è emerso un effetto analgesico specifico per la visione della propria parte del corpo (visual analgesia) sia quando si crea l illusione di guardare la propria mano (esperimento 1 e 3) sia quando la si osserva direttamente (esperimento 2). Secondo gli autori questo dimostrerebbe che la visione del corpo sia in grado di indurre plasticità all interno della rappresentazione corticale in cui vengono elaborati i segnali dolorifici e di modulare la percezione soggettiva dell evento. Inoltre, poiché alcuni studi hanno dimostrato che la percezione di controllo riduce l esperienza soggettiva (Weisenberg et al., 1985) e l attività neurale relative al dolore (Salomons et al., 2004) attraverso la modulazione delle aree prefrontali anterolaterali coinvolte nella sua valutazione (Wiech et al., 2006), è stato ipotizzato che la visione del corpo potrebbe aumentare la percezione di controllo; tuttavia per confermare questa spiegazione sono necessarie altre ricerche in quanto la visione del proprio corpo minacciato da uno stimolo dolorifico senza che ci sia la possibilità di agire per difendersi potrebbe anche ridurre la percezione di controllo (Longo et al., 2009). Da questi studi è emerso che la visione di una parte del corpo esercita un influenza opposta sul tatto e sul dolore, in particolare aumenta l acuità tattile (Kennet et al., 2001; Press et al., 2004) e l ampiezza delle risposte SEPs (Taylor-Clarke et al., 2002) a stimoli tattili, mentre riduce l esperienza soggettiva di dolore e l ampiezza delle risposte LEPs agli stimoli dolorifici (Longo et al., 2009; Mancini et al., 2011). È stato ipotizzato che questo fenomeno sia dovuto 34

39 ad un effetto crossmodale dell attenzione spaziale che migliorerebbe l elaborazione degli input somatosensoriali (Taylor-Clarke et al., 2002) tuttavia quest ipotesi spiega soltanto i risultati ottenuti con stimoli non nocicettivi e non la diminuzione della risposta al dolore grazie alla visione; infatti diversi studi hanno dimostrato che l attenzione spaziale sostenuta amplifica i processi di elaborazione (Legrain et al., 2002) e la percezione (Van Ryckeghem et al., 2011; Höfle et al., 2012) del dolore. Una ricerca ha comparato direttamente gli effetti della visione del proprio corpo sottoposto a stimoli somatosensoriali nocicettivi e non nocicettivi per comprendere i meccanismi sottostanti al fenomeno (Torta et al., 2015). I volontari dovevano appoggiare entrambe le mani sul tavolo ed erano sottoposti a una delle quattro condizioni sperimentali previste dal disegno di ricerca: nella condizione visione diretta della mano veniva posto verticalmente un pannello di vetro trasparente allineato al piano medio-sagittale del soggetto in modo da consentire l osservazione diretta della mano; nella condizione visione riflessa della mano il pannello veniva sostituito da uno specchio in modo che, guardando il riflesso della mano sinistra, il soggetto avesse l illusione di osservare la propria mano destra; nella condizione visione diretta dell oggetto entrambe le mani venivano coperte con delle scatole e il soggetto osservava direttamente un oggetto posto sopra alla scatola che nascondeva la mano destra; nella condizione visione riflessa dell oggetto il soggetto osservava il riflesso dell oggetto posto sopra alla scatola che nascondeva la mano sinistra. Come variabili dipendenti sono state misurate le risposte LEPs e i giudizi di intensità e spiacevolezza. In un primo esperimento lo stimolo nocicettivo era costituito da un laser invisibile che produceva una sensazione pungente e lo stimolo tattile era costituito da un impulso elettrico; in un secondo esperimento il laser poteva essere visibile o non visibile a seconda della condizione. I risultati del confronto tra la visione della mano e la visione dell oggetto non hanno mostrato nessuna differenza per entrambi i tipi di stimolo nella percezione di intensità e di spiacevolezza, tuttavia sia durante la visione diretta sia durante la visione riflessa nello specchio la risposta LEP agli stimoli nocicettivi era significativamente minore quando il soggetto osservava la mano piuttosto che l oggetto mentre la risposta evocata dagli stimoli non nocicettivi era significativamente maggiore quando il soggetto guardava il corpo anziché l oggetto. Non è quindi stato replicato l effetto analgesico guidato dalla visione sulla 35

40 percezione soggettiva del dolore e gli autori hanno ipotizzato che questo potrebbe essere dovuto a differenze metodologiche come ad esempio la presenza di entrambe le mani sul tavolo, la durata e l intensità dello stimolo. Tuttavia i risultati ottenuti dall analisi delle risposte ERPs agli stimoli nocicettivi e tattili riflette quelli degli esperimenti precedenti. È stato ipotizzato che questi effetti possano essere dovuti allo stesso meccanismo, per esempio alla modulazione dell attività dei network di interneuroni inibitori (GABAergici) nelle aree somatosensoriali da parte delle aree visive e multisensoriali che rappresentano il corpo e lo spazio peripersonale (Longo et al., 2009); infatti, è stato dimostrato che gli antagonisti del GABA sono in grado di accrescere la dimensione dei campi ricettivi tattili in S1 aumentando l acuità tattile (Dykes et al., 1984; Alloway et al., 1989), mentre gli agonisti costituiscono un buon trattamento per il dolore cronico centrale (Canavero & Bonicalzi, 1998). Tuttavia altre ricerche sono necessarie per comprendere quale sia il meccanismo o i meccanismi sottostanti a questo fenomeno (Torta et al., 2015). In generale da questi studi è emerso un chiaro effetto analgesico prodotto dalla visione del proprio corpo sui meccanismi cerebrali che si occupano di elaborare il dolore, mentre discordanti sono gli effetti che la visione ha sulla percezione soggettiva di intensità e spiacevolezza Analgesia prodotta dall alterazione della dimensione di una parte del corpo L analgesia visiva dimostra che il dolore acuto può essere modulato dallo specifico contesto visivo (Mancini et al., 2011), inoltre nel paragrafo si è visto come l alterazione della dimensione di una parte del corpo sia in grado di modulare la discriminazione tattile (Kennet et al., 2001), il comportamento motorio (Marino et al., 2010) e l effetto di alcune illusioni corporee (Pavani & Zampini, 2007); per questo alcuni ricercatori sono andati ad indagare l effetto che la distorsione della dimensione di una parte del corpo ha sull esperienza di dolore. Mancini e collaboratori (2011) utilizzando la tecnica della mirror-box (Ramachandran et al., 1995; Ramachandran & Rogers-Ramachandran, 1996) hanno indotto in un gruppo di soggetti (condizione visione mano) l illusione che la propria mano destra riflessa nello specchio fosse la propria mano sinistra stimolata che, invece, rimaneva nascosta (vedi Longo et al., 2009; 36

41 Torta et al., 2015); mentre un altro gruppo di soggetti (condizione visione oggetto) vedeva riflesso nello specchio un oggetto di legno che copriva la mano destra. L esperimento prevedeva tre blocchi, ad ogni blocco corrispondeva una diversa dimensione della mano o dell oggetto che veniva manipolata attraverso tre specchi diversi: uno ingrandente (2x), uno normale e uno riducente (2x). Lo stimolo nocicettivo era costituito da uno stimolo termico, contemporaneamente uno stimolo finto veniva applicato sulla mano destra o sull oggetto nella posizione corrispondente alla stimolazione percepita sulla mano sinistra e veniva misurata la soglia del dolore del soggetto. Da questo studio sono emersi tre risultati principali: in primo luogo è stato confermato che la visione del corpo di dimensioni normali rispetto ad un oggetto induce analgesia la quale, secondo gli autori, è dovuta alla modulazione della componente sensori-discriminativa del dolore; in secondo luogo l alterazione della dimensione della propria mano sembra modificare il modo in cui la mano viene rappresentata mentalmente, infatti i soggetti riportavano il cambiamento della dimensione della mano a seconda dello specchio, ma non dell oggetto che era percepito ugualmente grande in tutte le condizioni; infine la visione ingrandita della propria mano sembra aumentare l effetto analgesico mentre la visione ridotta sembra diminuirlo, infatti, nel primo caso si è registrato un aumento della soglia del dolore nel secondo un abbassamento; questo risultato suggerirebbe una relazione proporzionale fra la rappresentazione della dimensione del proprio corpo e la percezione del dolore (Mancini et al., 2011). Attraverso una serie di esperimenti, uno studio successivo si è occupato di valutare i correlati fisiologici di questo fenomeno differenziando le risposte affettive/cognitive da quelle somatosensoriali a stimoli dolorosi (Romano & Maravita, 2014). In un primo esperimento è stata valutata la risposta di conduttanza cutanea a stimoli nocicettivi (la puntura di un ago) e a stimoli tattili (tocco di un cotton fioc) in due condizioni; in una condizione (reale) lo stimolo entrava in contatto con la pelle nell altra condizione (simulato) lo stimolo si avvicinava al corpo ma non entrava in contatto con esso. Dalle analisi è emerso che lo stimolo dolorifico reale ha indotto una risposta SCR maggiore rispetto a tutte le altre condizioni, inoltre la conduttanza rispondeva di più allo stimolo dolorifico simulato piuttosto che agli stimoli tattili reale e simulato i quali inducevano solo una piccola 37

42 e comparabile risposta SCR. Questi risultati hanno fatto ipotizzare che gli stimoli dolorifici inducano una risposta anticipatoria quando si avvicinano alla pelle e solo in un secondo momento, quando entrano in contatto con essa, una risposta somatosensoriale (Romano & Maravita, 2014); ciò ha permesso di dimostrare l indipendenza fra la componente anticipatoria e somatosensoriale dell elaborazione del dolore e di considerare la prima un indice della componente affettiva/cognitiva del dolore (Ploghaus, 1999; Colloca et al., 2006; Clark et al., 2008;Watson et al., 2009). In esperimenti successivi sono state valutate le risposte a stimoli dolorifici alterando la percezione della dimensione di una mano. In particolare i soggetti dovevano porre entrambe le mani sul tavolo con i palmi rivolti verso l alto; una mano era posta sotto una lente neutra che non ne alterava le dimensioni mentre l altra, a seconda dell esperimento, era posta sotto una lente ingrandente o sotto una lente riducente. Prima di ogni trial lo sguardo del soggetto era rivolto verso un punto di fissazione disegnato al centro di un pannello in legno posto di fronte a lui, quando gli stimoli apparivano da dietro al pannello il partecipante doveva osservarne l intera traiettoria. Gli stimoli potevano colpire entrambe le mani e consistevano in punture di un ago che potevano essere reali o simulate. L ordine degli stimoli era randomizzato ed erano somministrati sull ultima falange del dito medio che non era visibile al soggetto per evitare la distorsione della dimensione dello stimolo. Ogni soggetto era quindi sottoposto a quattro condizioni: reale neutro, simulato neutro, reale ingrandito (o reale rimpicciolito), simulato ingrandito (o simulato rimpicciolito). Le variabili misurate erano la conduttanza cutanea e i punteggi soggettivi di intensità e spiacevolezza, ma i rating venivano registrati solo nelle condizioni reali. Dalle analisi è emerso che lo stimolo reale ha indotto una minore risposta SCR con lente ingrandente rispetto alla lente neutra, mentre lo stimolo simulato ha indotto una risposta maggiore quando la mano veniva vista ingrandita piuttosto che di dimensioni normali (figura 1.6). Con la lente riducente si è registrato soltanto un aumento generale, sia dello stimolo reale che simulato, della risposta SCR rispetto alla condizione neutra. Per quanto riguarda i rating, nell esperimento con lente ingrandente i punteggi di spiacevolezza nella condizione ingrandita sono risultati significativamente minori sia rispetto alla condizione neutra sia rispetto ai giudizi d intensità. Nell esperimento con lente riducente si sono registrati soltanto 38

43 dei punteggi significativamente più alti per l intensità rispetto alla spiacevolezza nella condizione rimpicciolita rispetto a quella neutra. Figura 1.6: risposta di conduttanza cutanea nell esperimento con lente ingrandente (Romano & Maravita, 2014) A partire dai risultati ottenuti con la lente ingrandente si è ipotizzato che la visione ingrandita di una parte del corpo potrebbe migliorare l analisi sensoriale della scena visiva a differenti livelli favorendo il monitoraggio dello stimolo in arrivo e inducendo una maggior risposta autonomica preparatoria, spiegazione in linea con i risultati trovati da Kennet e collaboratori (Kennet et al., 2001), seguita poi da una risposta ridotta al contatto dello stimolo con la cute. Potrebbero essere coinvolti processi attenzionali top-down nei confronti dello stimolo in arrivo che, in un primo momento, aumenterebbero l attivazione della corteccia somatosensoriale nella regione somatotopica verso la quale è diretto lo stimolo in avvicinamento e diminuirebbero l attività delle aree circostanti; mentre, quando lo stimolo entra in contatto con la pelle, ridurrebbero l attivazione sensoriale (Babiloni et al., 2004). Questo fenomeno potrebbe essere dovuto a diversi meccanismi: in primo luogo la risposta anticipatoria potrebbe indurre l attivazione di vie endogene analgesiche discendenti (Fields 39

44 et al., 2006); in secondo luogo potrebbe preattivare le regioni somatosensoriali con una conseguente diminuzione della risposta quando il segnale nocicettivo raggiunge la corteccia; in terzo luogo l analisi visiva nella fase anticipatoria potrebbe aumentare l aspettativa dello stimolo ma anche diminuire la sua salienza e di conseguenza la risposta sensoriale (Iannetti & Mouraux, 2010; Legrain et al., 2011). Il fatto che con la lente riducente si sia riscontrato solo un aumento generale della risposta di SCR permette di escludere che la minore risposta dello stimolo reale nella condizione ingrandita sia dovuta a un effetto generico della distorsione visiva. Infine i risultati dei rating, che hanno mostrato una diminuzione soltanto della spiacevolezza e non dell intensità fanno pensare che la ridotta risposta di conduttanza sotto la lente ingrandente sia dovuta a un effetto analgesico legato alla componente affettiva/cognitiva del dolore piuttosto che all analisi sensoriale (Romano & Maravita, 2014). Un altro studio (Romano et al., In preparazione) che ha confermato l effetto analgesico indotto dalla magnificazione di una parte del corpo si è servito del paradigma della Full Body Illusion (FBI); questa attraverso una stimolazione visuo-tattile congruente, induce l illusione di localizzarsi e identificarsi con un corpo finto virtuale (Ehrsson, 2007; Leggenhager et al., 2007; Aspell et al., 2009; Petkova et al., 2011) ed impatta sull elaborazione del dolore (Hänsel et al., 2011; Romano et al., 2014a). In questo esperimento il soggetto vedeva attraverso un visore, un corpo umano da una prospettiva in prima persona in due diverse condizioni di rotazione del corpo: nella condizione rotazione 0 il corpo virtuale era visto come se il partecipante guardasse in basso verso le proprie gambe e queste erano viste in posizione anatomicamente compatibile, nella condizione rotazione 90 le gambe apparivano ruotate di 90 rispetto alla posizione anatomica normale; le dimensioni del corpo virtuale potevano essere normali, ingrandite del 30% o rimpicciolite del 30% a seconda della condizione. Dopo una prima fase di induzione dell illusione, ogni soggetto vedeva le gambe virtuali colpite da un ago in tutte le sei condizioni (normale 0, ingrandito 0, ridotto 0, normale 90, ingrandito 90, ridotto 90 ) e simultaneamente anche la propria gamba veniva stimolata. I risultati hanno mostrato un maggiore senso di appartenenza nelle condizioni rotazione 0 associata a una minore SCR; inoltre si è osservata una correlazione negativa fra la percezione della dimensione delle gambe virtuali e la risposta di conduttanza al dolore 40

45 soltanto nella condizione rotazione 0 suggerendo che più le gambe virtuali sono percepite grandi maggiore è l analgesia. Invece i rating riguardo all esperienza dolorosa non sono significativamente influenzati dalle manipolazioni. Gli autori, sulla base di queste evidenze, hanno ipotizzato che il senso di appartenenza abbia un ruolo rilevante nella modulazione del dolore e hanno confermato che la risposta autonomica ad una stimolazione dolorosa visiva può essere modulata dal cambiamento della dimensione del corpo (Romano et al., In preparazione). È importante notare che sia in questo esperimento che in quello descritto precedentemente la visione rimpicciolita di una parte del corpo induce effetti molto diversi rispetto all ingrandimento, in particolare in questo esperimento non sembra modulare le risposte della SCR al dolore mentre in quello precedente causa un generale aumento della risposta. Questo fenomeno potrebbe dipendere dal fatto che il cervello sarebbe meno pronto a usare le informazioni provenienti dal corpo rimpicciolito come illustrato nel paragrafo (de Vignemont et al., 2005; Pavani & Zampini, 2007; Moseley et al., 2008; Romano & Maravita, 2014; Romano et al., In preparazione). Un altro studio recente ha cercato di identificare i fattori associati alla modulazione della soglia del dolore grazie alla visione distorta della dimensione corpo (Osumi et al., 2014). I ricercatori hanno somministrato stimoli termici dolorifici a soggetti che vedevano la loro mano di dimensioni normali, in una condizione, e ingrandita, nell altra, grazie alla tecnica della mirror-box (Ramachandran et al., 1995; Ramachandran & Rogers-Ramachandran, 1996). Dai risultati è emerso che la visione della propria mano ingrandita aumenta il dolore se è associata a reazioni emotive negative, mentre diminuisce il dolore se è associata ad un abbassamento della soglia di discriminazione tattile tra due punti; questi dati suggeriscono che l effetto analgesico guidato dal feedback visivo ingrandito si manifesterebbe solo quando la percezione è vivida e la reazione emotiva in risposta all ingrandimento della mano è moderata (Osumi et al., 2014). Anche risultati di ricerche condotte su pazienti con dolore cronico hanno mostrato un effetto analgesico indotto dall alterazione della dimensione del corpo, tuttavia nel senso opposto (Moseley et al., 2008; Ramachandran et al., 2009), infatti per diminuire il dolore sembra 41

46 essere necessaria la riduzione anziché l ingrandimento. Ramachandran e collaboratori (2009) hanno provato a sottoporre un paziente con dolore cronico dell arto fantasma a una seduta di mirror-box (Ramachandran et al., 1995; Ramachandran & Rogers-Ramachandran, 1996) che rifletteva l immagine dell arto sano rimpicciolito; a fine sessione la sensazione di dolore dell arto affetto era diminuita mentre ciò non accadeva se lo specchio era ingrandente. Moseley e collaboratori (2008) hanno osservato che in pazienti affetti da complex regional pain syndrome (CRPS) la visione del proprio arto rimpicciolito diminuisce i punteggi di dolore e il gonfiore evocati dal movimento mentre la visione ingrandita li aumenta. La differenza tra questi risultati e quelli precedentemente descritti può essere spiegata dai diversi campioni di popolazione selezionati che comprendono rispettivamente pazienti affetti da dolore cronico e soggetti sani che sperimentano un dolore acuto; sembrerebbe, infatti, che i meccanismi neurali sottostanti al dolore cronico e al dolore acuto siano diversi: il primo, in particolare, comporta una modificazione della rappresentazione del corpo (Moseley, 2005; Moseley et al., 2005) che indurrebbe un cambiamento nelle risposte influenzate dalla distorsione del feedback visivo; ad esempio è stato osservato che il dolore cronico può comportare cambiamenti nella percezione della dimensione e della forma della parte del corpo affetta (Lewis et al., 2007; Peltz et al., 2011) che, di solito, viene percepita come più grande; inoltre si è visto che la visione di una propria parte del corpo ingrandita può innescare delle emozioni negative e attivare le aree cerebrali coinvolte nell elaborazione del dolore in soggetti con consapevolezza negativa del proprio corpo (Friederich et al., 2010; Miyake et al., 2010; Mohr et al., 2011; Spangler & Allen, 2012) e dalla ricerca di Osumi e collaboratori (2014) è emerso che le emozioni negative contribuiscono ad abbassare la soglia del dolore. Infine si è visto che il dolore cronico impatta anche sulla percezione del dolore, in particolare si riscontrano problemi nella localizzazione o nell identificazione della modalità dello stimolo nocicettivo (Liu et al., 2011) Il ruolo della predicibilità dello stimolo La capacità di predire un evento incombente modula la risposta all evento, in particolare, come è stato precedentemente accennato, la possibilità di anticipare uno stimolo dolorifico aumenta la tolleranza al dolore (Staub et al., 1971; Price, 1999); Carlsson e collaboratori 42

47 (2006) hanno cercato di capire quale sia il ruolo giocato dalle diverse aree cerebrali coinvolte nel dolore nell elaborazione di stimoli predicibili o non predicibili. In questo esperimento i soggetti erano a conoscenza della tipologia e della localizzazione dello stimolo, ma erano incerti sulla sua intensità e sul momento in cui sarebbe stato somministrato. Lo stimolo dolorifico consisteva in una breve stimolazione elettrica sul polso destro e poteva essere a bassa intensità o ad alta intensità; inoltre erano previste due condizioni, in una lo stimolo somatosensoriale era preceduto da un suggerimento visivo verde (condizione correlata), nell altra gli stimoli visivi e nocicettivi non erano correlati (condizione non correlata). I risultati hanno mostrato che gli stimoli non predicibili aumentano i punteggi d ansia e di valenza negativa nei confronti del dolore rispetto a quelli predicibili mentre quest ultimi migliorano la discriminazione sensoriale. Per confermare i risultati dei giudizi soggettivi è stata analizzata l attivazione cerebrale in risposta a tali stimoli grazie all utilizzo della fmri. Nella condizione non correlata è emersa una maggiore attivazione delle aree coinvolte nell elaborazione della dimensione affettiva del dolore, cioè l insula anteriore, la corteccia orbitofrontale e lo striato ventrale; in particolare l insula anteriore ha un ruolo importante nella mappatura del corpo e nella regolazione degli stati affettivi, due fenomeni che secondo James (1894) e Lange (1922) sono strettamente legati; la corteccia orbitofrontale sembra essere responsabile della flessibilità comportamentale e della preparazione della risposta (Elliot et al., 2000); infine lo striato sembra essere coinvolto nel reclutamento di aree responsabili dell apprendimento dei cue temporali per rendere lo stimolo maggiormente predicibile (Berns et al., 1997; Pagnoni et al., 2002; Schultz, 2002; Seymour et al., 2004; Forkstam & Petersson, 2005). Nella condizione correlata si è registrato un aumento dell attività in S1, S2, nell insula posteriore e nell amigdala; le aree somatosensoriali sembrano coinvolte nei processi di attenzione selettiva verso lo stimolo previsto, l insula posteriore sembra occuparsi delle informazioni interocettive (Craig, 2002; Bingel et al., 2003), insieme migliorano la discriminazione sensoriale. L amigdala sarebbe associata al condizionamento alla paura ed è responsabile di alcune risposte difensive fra cui l analgesia agli stimoli dolorifici (Bolles & Fanselow, 1980; Fanselow & Helmstetter, 1988). 43

48 Da questi risultati emerge quindi che la non predicibilità dello stimolo aumenta la percezione soggettiva di dolore e che questa sia legata maggiormente all attivazione delle aree neurali che si occupano dell elaborazione della componente affettiva del dolore. Altri studi hanno confermato quest ipotesi, ad esempio Seidel e collaboratori (2015) hanno visto come stimoli elettrici dolorifici inaspettati si associno ad una maggiore risposta di potenziali evocati e una maggiore attività delle aree che elaborano gli aspetti affettivi dell esperienza dolorosa. 44

49 1.5 Ipotesi sperimentale Le ricerche sopra descritte hanno permesso di dimostrare che vedere una propria parte del corpo di dimensioni maggiori sia in grado di indurre un effetto analgesico se ad essere colpita è la parte del corpo sottoposta all ingrandimento (Mancini et al., 2011; Osumi et al., 2014; Romano & Maravita 2014; Romano et al., In preparazione). La presente ricerca, alla luce dei risultati precedenti, si è posta un duplice obiettivo: in primo luogo è volta a verificare se l ingrandimento di una parte del corpo minacciata da uno stimolo doloroso sia in grado di modulare la risposta al dolore su tutto il corpo o solo sulla parte ingrandita; in secondo luogo è interessata a capire se basta la sola visione della mano ingrandita, senza che ci sia nessuno stimolo doloroso a minacciarla, per modulare le risposte al dolore. Per rispondere a questi quesiti sono stati creati due esperimenti in cui ai soggetti venivano somministrati degli stimoli dolorifici meccanici che potevano capitare su ognuna delle mani mentre venivano registrate le risposte di conduttanza cutanea e i giudizi soggettivi di intensità e di spiacevolezza. Gli esperimenti si svolgevano in due sessioni nelle quali una delle due mani era sempre nascosta e l altra era sottoposta a una lente ingrandente e a una lente neutra a seconda della sessione. L unica differenza tra i due esperimenti riguardava lo stimolo somministrato verso la mano non in visione, infatti nel primo esperimento quando il trial prevedeva lo stimolo verso la mano nascosta il soggetto vedeva contemporaneamente uno stimolo in avvicinamento verso la mano in visione; in questo modo si è voluto verificare un eventuale effetto analgesico su tutto il corpo dovuto alla possibilità di anticipare lo stimolo in arrivo; invece nel secondo esperimento, la mano nascosta veniva stimolata in maniera isolata, infatti non era previsto nessuno stimolo in avvicinamento verso la mano in visione contemporaneo alla stimolazione della mano non in visione; in questo modo si è voluto verificare se la semplice visione della propria mano ingrandita induca un effetto analgesico su tutto il corpo. Infine è stata condotta un analisi between subject per confrontare i risultati ottenuti nei due esperimenti in modo da verificare se gli effetti emersi siano comparabili o diversi. 45

50 2. Metodi e risultati 2.1 Esperimento Soggetti Hanno partecipato 31 partecipanti volontari (25 femmine) neurologicamente sani, reclutati presso l Università degli Studi di Milano-Bicocca. L intervallo d età varia dai 21 ai 29 anni con età media pari a 22.8 anni. Tre partecipanti hanno dichiarato di avere preferenza manuale sinistra e i restanti ventotto, destra. Gli esperimenti sono stati condotti secondo i principi della dichiarazione di Helsinki (World Medical Organization, 1996) Materiale - Una lente ingrandente (2x) e una lente neutra appoggiate su quattro supporti in legno, in modo che il soggetto potesse infilarci sotto una delle proprie mani e la vedesse ingrandita, nel primo caso, o di dimensioni normali, nel secondo caso. Sulla lente ingrandente era presente una fascia opaca posta sul lato più distale rispetto al soggetto, che veniva utilizzata per nascondere l ultima falange del dito medio; nel caso della lente neutra lo stesso scopo era raggiunto tramite un ulteriore supporto in legno. - Una scatola nera di legno aperta su tre lati, usata per nascondere una delle mani del soggetto; in questo modo lo sperimentatore poteva vedere e interagire con entrambe le mani del partecipante, mentre quest ultimo poteva vedere solo la mano posta sotto alla lente. - Uno schermo nero in compensato posto sopra alla scatola precedentemente descritta; esso serviva a far sì che il soggetto potesse vedere solo la traiettoria dello stimolo, eseguita dallo sperimentatore, verso la mano in visione del partecipante, ma non quella verso la mano nascosta né la direzione dello sguardo, o altri possibili suggerimenti contestuali sul target di stimolazione. 46

51 - Lo stimolo dolorifico che consisteva in un ago da tatuatore di misura 5 liner, cioè solitamente utilizzato per tracciare le linee (diametro 0,4 mm). - L apparecchio per la rilevazione della conduttanza cutanea, BIOPAC. Il sistema è composto da un amplificatore di segnale MP150 e da un modulo specifico per la registrazione della conduttanza GSR100C. Il parametro di gain era impostato sul valore 5, il segnale è stato campionato a 1.0 Hz a livello di corrente diretta. Un filtro passa alto a 0.05 Hz è stato applicato off-line per ottenere le risposte fasiche stimolo dipendente dal tono di conduttanza misurato. - Il protocollo cartaceo dell esperimento sul quale lo sperimentatore annotava i giudizi di intensità e spiacevolezza della stimolazione dolorosa riferiti verbalmente dal soggetto (Figura 2.1). Figura 2.1: apparato sperimentale. Nel riquadro a sinistra è mostrata la posizione della lente ingrandente (in basso a sinistra) e della scatola oscurata. In alto a destra si intravede l apparecchiatura per la registrazione della conduttanza cutanea. Nel riquadro a destra è mostrata la posizione del soggetto sperimentale (a destra) e dello sperimentatore durante la somministrazione manuale degli stimoli dolorosi Procedura L esperimento si svolgeva in due sessioni, in giorni diversi (distanziati da un intervallo variabile da uno a dieci giorni) che potevano essere a massimo dieci giorni di distanza fra 47

52 loro; in una sessione il soggetto vedeva la propria mano ingrandita, nell altra vedeva la propria mano di dimensioni normali. L ordine delle sessioni era bilanciato fra i soggetti. Il partecipante veniva fatto accomodare su una sedia posta di fronte al tavolo sul quale erano posizionati la scatola di legno, una delle due lenti (a seconda della sessione) e lo schermo nero. Al partecipante veniva chiesto di infilare una mano (mano in visione) sotto la lente mentre l altra mano (mano nascosta) veniva infilata nella scatola in legno in modo che gli fosse impossibile vederla; la mano in visione era sempre la stessa tra le due sessioni, quindi se il soggetto poteva vedere la mano destra nella prima sessione avrebbe visto la mano destra anche nella seconda sessione. Anche la mano in visione era bilanciata fra i soggetti. Sulla mano che durante l esperimento rimaneva nascosta venivano posti due elettrodi, coperti con una soluzione salina per migliorare la trasmissione del segnale, in corrispondenza dell ultima falange del dito indice e anulare; gli elettrodi erano collegati alla strumentazione per la registrazione della SCR. La mano in visione veniva posizionata in modo tale che l ultima falange del dito medio restasse celata al soggetto così da evitare la visione del contatto dello stimolo dolorifico sulla pelle e la distorsione dello stimolo stesso in caso di lente ingrandente. Una volta verificato il corretto posizionamento delle mani del soggetto gli venivano fornite le seguenti istruzioni: << In questo esperimento ti verranno somministrati degli stimoli leggermente dolorosi e verrà registrata la conduttanza cutanea; dopo ogni stimolo ti chiederò di dirmi quanto secondo te lo stimolo è intenso su una scala da 1 a 10 (dove 1 significa per niente intenso e 10 la massima intensità possibile ) e quanto secondo te lo stimolo è spiacevole sempre su una scala da 1 a 10 (dove 1 significa per niente spiacevole e 10 il massimo della spiacevolezza possibile ). Dovrai rispondere solo dopo che io ti avrò fatto la domanda, cioè circa 7-10 secondi dopo lo stimolo e mai prima. Ti prego di aspettare perché se dovessi parlare prima la misura della conduttanza cutanea potrebbe risultare poco affidabile e dovremmo ripetere la stimolazione. Inoltre durante l esperimento il tuo sguardo dovrà essere sempre rivolto verso la mano in visione (ogni volta veniva specificato se si trattasse della mano destra o della mano sinistra), infatti è molto importante che tu guardi bene e sempre quella mano. 48

53 Al fine di una ottimale raccolta dei dati di conduttanza ti chiedo anche di muoverti il meno possibile, in particolare le mani alle quali sono attaccati gli elettrodi e di cercare di essere rilassato e respirare regolarmente e naturalmente, nel caso dovessi fare movimenti, sbadigli o sospiri ti chiedo di farlo dopo aver espresso il tuo giudizio sullo stimolo e prima di ricevere quello successivo. Ti ricordo che sei libero di abbandonare l esperimento in ogni momento qualora ne sentissi la necessità, non esitare a farmi domande sulla procedura se hai qualche dubbio, se sei interessato invece al motivo per cui facciamo questo studio ti prego di farmi tutte le domande che vuoi alla fine della seconda sessione per non inficiare l attendibilità delle nostre misure creandoti delle aspettative più precise>>. La procedura sperimentale richiedeva l intervento di due sperimentatori. Uno sperimentatore, posizionato a lato del soggetto, si occupava di registrare sul tracciato di conduttanza il momento in cui veniva somministrato lo stimolo e di verificare che il soggetto mantenesse lo sguardo sulla mano in visione per tutta la durata dell esperimento. Il secondo sperimentatore aveva il compito di applicare gli elettrodi, istruire il soggetto, somministrare gli stimoli dolorifici e rilevare i giudizi di intensità e spiacevolezza (rating). Durante l esperimento, il secondo sperimentatore era seduto di fronte al soggetto ma rimaneva nascosto al soggetto dall apparato sperimentale, in modo tale che il partecipante non riuscisse a vedere la traiettoria dello stimolo che andava a colpire la mano nascosta e la direzione dello sguardo dello sperimentatore; l unica cosa che era visibile al soggetto era l intero tragitto dello stimolo in avvicinamento verso la mano in visione. In tutte le condizioni sperimentali il compito del soggetto era di guardare sempre verso la mano in visione e riferire i giudizi di intensità e spiacevolezza solo dopo che lo sperimentatore gli aveva posto la domanda in seguito a ogni stimolazione. Gli stimoli dolorifici erano somministrati sull ultima falange del dito medio del partecipante e potevano essere di 3 tipi: reale sulla mano in visione, reale sulla mano nascosta e simulato. Nel primo e nel secondo caso lo stimolo dolorifico entrava realmente in contatto con la mano mentre nell ultimo caso lo stimolo si avvicinava alla mano in visione ma non entrava in contatto con essa. Questo tipo di stimolo era somministrato per indurre una semplice risposta anticipatoria all arrivo dello stimolo dolorifico, al netto della componente somatosensoriale 49

54 dovuta al contatto con la cute e sono stati introdotti come stimoli di controllo per ridurre l abituazione alla stimolazione dolorifica. Nell Esperimento 1 in ogni trial era presente lo stimolo in avvicinamento verso la mano in visione; infatti anche quando la condizione prevedeva la stimolazione reale della mano nascosta lo sperimentatore avvicinava contemporaneamente lo stimolo dolorifico alla mano in visione senza, però, toccarla. Di conseguenza il soggetto vedeva sempre uno stimolo in avvicinamento verso la mano visibile. Gli stimoli venivano somministrati quando si raggiungeva un segnale stabile di SCR. Il protocollo prevedeva tre blocchi da 12 stimoli ciascuno per un totale di 72 stimoli, 36 per sessione. In ogni blocco erano presenti 4 stimoli sulla mano in visione, 4 stimoli sulla mano nascosta (con contemporaneo avvicinamento dello stimolo verso la mano in visione) e 4 stimoli simulati. La procedura a blocchi è stata adottata perché le risposte di conduttanza cutanea agli stimoli dolorifici sono soggette ad abituazione; facendo una piccola pausa tra un blocco e l altro veniva data la possibilità al soggetto di muovere le dita e di distrarsi momentaneamente dal compito, in più consentiva allo sperimentatore di ribadire l importanza di osservare la mano posta sotto alla lente. I blocchi servivano anche per evitare che ci fosse troppa distanza fra i diversi tipi di stimolo o che lo stesso tipo di stimolo si ripetesse troppe volte di seguito Disegno sperimentale Il disegno sperimentale prevedeva quattro condizioni organizzate in due fattori, ciascuno a due livelli: MANO (visione/nascosta) e LENTE (ingrandita/neutra). L esperimento era diviso in due sessioni e il fattore lente variava a seconda della sessione in modo tale che in una sessione risultassero due condizioni: - Visione-Ingrandita = lo stimolo dolorifico entra in contatto con la mano in visione posta sotto la lente ingrandente. - Nascosta-Ingrandita = lo stimolo dolorifico entra in contatto con la mano nascosta alla visione e contemporaneamente viene somministrato uno stimolo in avvicinamento (cioè uno stimolo simulato di controllo) verso la mano in visione posta sotto la lente ingrandente. 50

55 Nell altra sessione risultavano altre due condizioni: - Visione-Neutra = lo stimolo dolorifico entra in contatto con la mano in visione posta sotto la lente neutra. - Nascosta-Neutra = lo stimolo dolorifico entra in contatto con la mano nascosta alla visione e contemporaneamente viene somministrato uno stimolo in avvicinamento verso la mano in visione posta sotto la lente neutra. Sono stati introdotti degli stimoli esclusivamente simulati, in cui il soggetto vedeva lo stimolo dolorifico in avvicinamento verso la mano in visione che si fermava prima di entrare in contatto con essa, in modo da ridurre l abituazione. L ordine delle sessioni e la mano in visione erano bilanciati fra i soggetti. Ogni sessione sperimentale aveva la durata di circa 40 minuti Misure Le misure utilizzate erano di tipo implicito ed esplicito. Come misura implicita è stata utilizzata la risposta di conduttanza cutanea per ogni stimolo dolorifico; in particolare sono state estratte le risposte di conduttanza a partire dal momento in cui partiva il movimento del braccio dello sperimentatore verso la mano del soggetto fino ai dieci secondi successivi. Come indice di SCR è stata rilevata la risposta peak-to-peak (P-P) definita come la differenza fra l ampiezza massima positiva e l ampiezza massima negativa di un onda in un intervallo temporale. Come misure esplicite sono stati rilevati i giudizi rispettivamente di intensità e di spiacevolezza. Dopo la somministrazione dello stimolo dolorifico lo sperimentatore attendeva circa dieci secondi (per evitare di alterare la SCR in risposta allo stimolo dolorifico) dopodiché poneva le seguenti domande al soggetto: quanto intenso?, quanto spiacevole?. La scala dei punteggi poteva variare da 1 fino a 10, dove 1 indicava per niente intenso/spiacevole e 10 indicava il massimo dell intensità/spiacevolezza possibile. Lo sperimentatore aveva il compito di riportare sul protocollo i punteggi espressi verbalmente dal soggetto. 51

56 2.1.6 Analisi dei dati Le analisi dei dati sono state eseguite con il programma IBM SPSS Statistics 22.0 (IBM Corporation) e R (R Core Team, 2012). Per quanto riguarda la SCR è stata utilizzata l analisi della varianza con modello misto (mixed model ANOVA). Questo tipo di analisi, rispetto all ANOVA a misure ripetute, permette di utilizzare le misure di ogni trial di ogni soggetto, al posto della media di risposta per condizione, in maniera appropriata. Il modello della struttura random è stato selezionato in modo da spiegare la massima quantità di varianza possibile con la minore complessità possibile. Mentre i fattori fissi, ovvero le variabili oggetto di interesse di questa ricerca, sono state modellate secondo un modello fattoriale completo. Per quanto riguarda i rating di intensità e spiacevolezza è stata utilizzata, anche in questo caso, l analisi della varianza con modello misto (mixed model ANOVA) seguendo la stessa procedura descritta precedentemente Risultati SCR Nell analisi della SCR (Figura 2.2) sono stati inclusi tre fattori random, rispettivamente ID (i soggetti), la sessione (prima o seconda) e la mano in visione (destra o sinistra). L ANOVA dei fattori fissi ha mostrato un effetto principale delle variabili lente (F (1, )= 56.44, p<0.001; ingrandita= 0.59µS; neutra= 0.77µS) e mano (F (1, )= 8.76, p<0.05; visione= 0.64µS; nascosta= 0.72µS), ma nessun effetto d interazione tra esse (F (1, )= 0.06, p= 0.80; visione-ingrandita= 0.55µS; nascosta-ingrandita= 0.63µS; visione-neutra= 0.74µS; nascosta-neutra= 0.81µS). 52

57 Figura 2.2: grafico delle risposte SCR agli stimoli dolorosi nell Esperimento 1. SCR, Skin Conductance Response; Viewed, mano in visione; Blind, mano nascosta; Neutral, lente neutra; Magnified, lente ingrandente. In particolare per quanto riguarda la variabile lente sembra che ci sia una risposta maggiore di conduttanza allo stimolo dolorifico quando la mano è posta sotto la lente neutra rispetto a quella ingrandente, per quanto riguarda la variabile mano risulta una maggiore risposta di SCR quando viene stimolata la mano nascosta rispetto a quella in visione. Intensità Nell analisi dei punteggi d intensità (Figura 2.3) è stato incluso un solo fattore random, cioè ID. Attraverso l ANOVA si è evidenziato un effetto principale del fattore lente (F (1, )= 16.93, p<0.001; ingrandita= 4.60; neutra= 4.28) ma non un effetto principale di mano (F (1, 1452,99)= 0.53, p= 0.82; visione= 4.45; nascosta= 4.43) né l interazione fra le due variabili (F (1, )= 2.05, p= 0.15; visione ingrandita= 4.67; nascosta ingrandita= 4.54; visione neutra= 4.23; nascosta neutra= 4.32). 53

58 Figura 2.3: grafico dei giudizi d intensità agli stimoli dolorosi nell Esperimento 1. Intensity, intensità; Viewed, mano in visione; Blind, mano nascosta; Neutral, lente neutra; Magnified, lente ingrandente. In particolare sembra che lo stimolo dolorifico sia percepito come più intenso quando la mano in visione è posta sotto la lente ingrandente rispetto a quella neutra, mentre l effetto non significativo della variabile mano non ci permette di avere elementi sufficienti per assumere che la differenza nella percezione d intensità quando lo stimolo dolorifico viene somministrato sulla mano in visione o non in visione non sia dovuta al caso. Spiacevolezza Nell analisi dei punteggi di spiacevolezza (Figura 2.4) sono stati inclusi due fattori random, rispettivamente ID e epoca (il tempo trascorso tra la somministrazione di uno stimolo e quello successivo). L ANOVA ha dimostrato un effetto principale del fattore lente (F (1, )= 15.57, p<0.001; ingrandita= 4.27; neutra= 3.92) ma non un effetto principale di mano (F (1, )= 0.08, p= 0.78; visione= 4.08; nascosta= 4.11) né l interazione fra le due 54

59 variabili (F (1, )= 0.71, p= 0.40; visione ingrandita= 4.29; nascosta ingrandita= 4.25; visione neutra= 3.87; nascosta neutra= 3.97). Figura 2.4: grafico dei giudizi di spiacevolezza agli stimoli dolorosi nell Esperimento 1. Unpleasantness, spiacevolezza; Viewed, mano in visione; Blind, mano nascosta; Neutral, lente neutra; Magnified, lente ingrandente. Questi risultati sono analoghi a quelli ottenuti con l analisi dei punteggi d intensità, in particolare l effetto principale della variabile lente ci dice che c è una maggiore percezione di spiacevolezza quando ad essere colpita è la mano che viene vista ingrandita rispetto a quella vista di dimensioni normali, mentre l effetto non significativo del fattore mano suggerisce che non è possibile assumere che la spiacevolezza dello stimolo dolorifico sia diversa quando viene somministrato alla mano in visione o nascosta. 55

60 2.2 Esperimento 2 Il primo esperimento era volto a verificare un eventuale effetto analgesico dovuto all ingrandimento di una mano minacciata da uno stimolo doloroso non solo sulla parte ingrandita ma anche sul resto del corpo, in seguito è stato realizzato un secondo esperimento in cui l obiettivo era capire se la semplice visione della propria mano ingrandita, senza che ci sia una minaccia che permetta di anticipare lo stimolo doloroso, moduli le risposte al dolore su tutto il corpo. L unica differenza tra i due esperimenti riguardava lo stimolo somministrato verso la mano nascosta che nel primo esperimento era accompagnato dall avvicinamento dello stimolo anche verso la mano in visione, mentre nel secondo era somministrato in maniera isolata, senza coinvolgere la mano in visione Soggetti Hanno partecipato 31 partecipanti volontari (24 femmine) neurologicamente sani reclutati presso l Università degli Studi di Milano-Bicocca. L intervallo d età varia dai 21 ai 29 anni con età media pari a 23.3 anni. Due partecipanti hanno dichiarato di avere preferenza manuale sinistra e i restanti ventinove, destra. Nessuno dei partecipanti all Esperimento 2 aveva preso parte all Esperimento 1. Gli esperimenti sono stati condotti secondo i principi della dichiarazione di Helsinki (World Medical Organization, 1996) Materiale Il materiale utilizzato era analogo a quello dell Esperimento Procedura Anche in questo caso l esperimento si svolgeva in due sessioni, in una sessione il soggetto vedeva la propria mano ingrandita, nell altra vedeva la propria mano di dimensioni normali. Come nell Esperimento 1 la mano in visione era la stessa tra le due sessioni e sia l ordine delle sessioni sia la mano in visione erano bilanciati fra i soggetti. La procedura e il compito dei soggetti era lo stesso dell Esperimento 1 eccetto una differenza per lo stimolo in 56

61 avvicinamento alla mano in visione. L unica differenza con l esperimento precedente era che lo stimolo in avvicinamento verso la mano in visione non era presente in tutti i trial, nello specifico durante la somministrazione dello stimolo dolorifico alla mano nascosta, non c era contemporaneamente uno stimolo in avvicinamento verso la mano che il soggetto poteva vedere. Di conseguenza, la mano nascosta veniva stimolata in modo isolato, senza che alcuno stimolo interessasse la mano in visione. Pertanto in tutte le condizioni sperimentali il compito del soggetto era di guardare sempre verso la mano in visione, gli stimoli venivano somministrati ogni volta che si raggiungeva un segnale stabile di SCR e, solo dopo che lo sperimentatore gli poneva la domanda, il soggetto poteva riferire i rating di intensità e spiacevolezza. Anche in questo esperimento gli stimoli dolorifici erano somministrati sull ultima falange del dito medio del partecipante e potevano essere di 3 tipi: reale sulla mano in visione, reale sulla mano nascosta e simulato. Il protocollo era lo stesso dell esperimento precedente e prevedeva tre blocchi da 12 stimoli Disegno sperimentale Il disegno sperimentale ricalcava quello dell Esperimento 1, ovvero quattro condizioni organizzate in 2 fattori ciascuno a due livelli: MANO (visione/nascosta) e LENTE (ingrandita/neutra) Misure e analisi dei dati. Le misure e le analisi utilizzate erano analoghe a quelle dell esperimento precedentemente descritto Risultati SCR Nell analisi della SCR (Figura 2.5) sono stati inclusi tre fattori random, rispettivamente ID (i soggetti), sessione (prima o seconda) e epoca (il tempo trascorso tra la somministrazione di uno stimolo e quello successivo). L ANOVA ha mostrato un effetto principale delle variabili lente (F (1, )= 4.08, p<0.05; ingrandita= 0.64µS; neutra= 0.69µS) e mano (F (1, )= 18.29, p<0.001; visione= 0.62µS; nascosta= 0.72µS), ma nessun effetto 57

62 d interazione tra esse (F (1, )= 0.45, p= 0.50; visione ingrandita= 0.58µS; nascosta ingrandita= 0.71µS; visione neutra= 0.65µS; nascosta neutra= 0.74µS). Figura 2.5: grafico delle risposte SCR agli stimoli dolorosi nell Esperimento 2. SCR, Skin Conductance Response; Viewed, mano in visione; Blind, mano nascosta; Neutral, lente neutra; Magnified, lente ingrandente. I risultati sono simili a quelli del primo esperimento, infatti per quanto riguarda la variabile lente sembra che ci sia una maggiore risposta di SCR allo stimolo dolorifico quando la mano è vista di dimensioni normali piuttosto che di dimensione ingrandita. Per quanto riguarda il fattore mano sembra che la visione della propria mano induca una risposta di conduttanza minore rispetto all assenza di visione della mano stimolata. Intensità Nell analisi dei punteggi d intensità (Figura 2.6) è stato incluso un solo fattore random, cioè ID. L ANOVA ha messo in mostra un effetto principale del fattore lente (F (1, 1454)= 4.03, p<0.05; ingrandita= 3.87; neutra= 4.01) ma non un effetto principale di mano (F (1, 1454)= 58

63 0.92, p= 0.76; visione= 3.95; nascosta= 3.93) né l interazione tra le due variabili (F (1, 1454)= 0.32, p= 0.57; visione ingrandita= 3.86; nascosta ingrandita= 3.88; visione neutra= 4.05; nascosta neutra= 3.98). Figura 2.6: grafico dei giudizi d intensità agli stimoli dolorosi nell Esperimento 2. Intensity, intensità; Viewed, mano in visione; Blind, mano nascosta; Neutral, lente neutra; Magnified, lente ingrandente. Nello specifico sembra esserci una maggiore percezione d intensità del dolore quando la mano è posta sotto la lente neutra rispetto a quando è posta sotto la lente ingrandente, mentre l effetto non significativo del fattore mano indica che non è possibile assumere che venga percepita un intensità diversa dello stimolo quando è somministrato sulla mano in visione o nascosta. Spiacevolezza Nell analisi dei punteggi di spiacevolezza (Figura 2.7) è stato incluso un solo fattore random, cioè ID. Dall ANOVA è emerso un effetto principale del fattore mano (F (1, 1454)= 4.22, 59

64 p<0.05; visione= 3.41; nascosta= 3.25) ma non un effetto principale della variabile lente (F (1, 1454)= 0,01, p= 0.92; ingrandita= 3.33; neutra= 3.34) né l interazione fra le due variabili (F (1, 1454)= 0.01, p= 0.92; visione ingrandita= 3.41; nascosta ingrandita= 3.25; visione neutra= 3.42; nascosta neutra= 3.25). Figura 2.7: grafico dei giudizi di spiacevolezza agli stimoli dolorosi nell Esperimento 2. Unpleasantness, spiacevolezza; Viewed, mano in visione; Blind, mano nascosta; Neutral, lente neutra; Magnified, lente ingrandente. In particolare l effetto principale della variabile mano dimostra che c è una maggiore percezione di spiacevolezza quando ad essere colpita è la mano che viene vista rispetto a quella che non è possibile vedere, mentre l effetto non significativo del fattore lente non ci permette di assumere che ci sia differenza nella percezione di spiacevolezza quando lo stimolo dolorifico viene somministrato sulla mano ingrandita o sulla mano di dimensioni normali. 60

65 2.3 Confronto tra Esperimento 1 ed Esperimento 2 Al fine di confrontare direttamente se le analogie tra gli effetti individuati nei due esperimenti mostrano effetti comparabili o diversi è stata fatta anche un analisi aggiuntiva confrontando i due esperimenti Disegno sperimentale Il disegno sperimentale prevedeva tre variabili a due livelli ciascuna: MANO (visione/nascosta), LENTE (ingrandita/neutra) ed ESPERIMENTO (primo/secondo) risultando nelle seguenti otto condizioni: - Visione-Ingrandita Esperimento 1 - Nascosta-Ingrandita Esperimento 1 - Visione-Neutra Esperimento 1 - Nascosta-Neutra Esperimento 1 - Visione-Ingrandita Esperimento 2 - Nascosta-Ingrandita Esperimento 2 - Visione-Neutra Esperimento 2 - Nascosta-Neutra Esperimento Analisi dei dati Le analisi dei dati sono state eseguite seguendo la stessa procedura usata per i due esperimenti separatamente Risultati SCR Nell analisi della SCR (Figura 2.8) sono stati inclusi tre fattori random, rispettivamente ID (i soggetti), sessione (prima o seconda) e mano in visione (destra o sinistra). Dall ANOVA risultano gli effetti principali delle variabili lente (F (1, )=33.55, p<0.001; ingrandita= 0.62µS; neutra= 0.73µS) e mano (F (1, )= 24.19, p<0.001; visione= 0.63µS; nascosta= 0.72µS) ma non quello di esperimento (F (1, 41.85)= 0.004, p=0.95; Esperimento 1=0.67µS; Esperimento 2= 0.68µS). Inoltre è stata rilevata statisticamente significativa l interazione tra 61

66 i fattori lente e esperimento (F (1, )= 12.07, p 0.001; Esperimento 1 ingrandita= 0.59µS; Esperimento 1 neutra= 0.76µS; Esperimento 2 ingrandita= 0.66µS; Esperimento 2 neutra= 0.71µS), mentre tutti gli altri effetti di interazione possibili sono risultati non significativi. Figura 2.8: grafico delle risposte SCR agli stimoli dolorosi nel confronto fra soggetti. SCR, Skin Conductance Response; Exp 1, Esperimento 1; Exp 2, Esperimento 2; Neutral, lente neutra; Magnified, lente ingrandente. Nel confronto tra soggetti i due effetti principali rispecchiano gli effetti trovati nei due esperimenti, quindi ci sarebbe una minore risposta di conduttanza cutanea al dolore con la lente ingrandente rispetto alla lente neutra, e una maggiore risposta di SCR quando viene stimolata la mano nascosta rispetto alla mano in visione. L effetto significativo d interazione fra le variabili lente e esperimento ci dice come in entrambi gli esperimenti ci sia una minore risposta di conduttanza allo stimolo dolorifico quando la mano è posta sotto la lente ingrandente rispetto a quella neutra, ma l effetto sembra essere più marcato nel primo esperimento. 62

67 Intensità Nell analisi dei punteggi d intensità (Figura 2.9) sono stati inclusi due fattori random, rispettivamente ID e epoca (il tempo trascorso tra la somministrazione di uno stimolo e quello successivo). L ANOVA mostra effetti principali marginali dei fattori lente (F (1, )= 2.89, p= 0.089; ingrandita= 4.24; neutra= 4.15) ed esperimento (f (1, 59.99)= 3.17, p=0.08; Esperimento 1= 4.44; Esperimento 2= 3.95) ma non l effetto principale della variabile mano (F (1, )= 0.12, p=0.73; visione= 4.20; nascosta= 4.18). Anche in questo caso l unico effetto d interazione significativo è quello tra i fattori lente e esperimento (F (1, )= 19.49, p<0.001; Esperimento 1 ingrandita= 4.60; Esperimento 1 neutra= 4.28; Esperimento 2 ingrandita= 3.87; Esperimento 2 neutra= 4.02) mentre tutti gli altri non risultano significativi. Figura 2.9: grafico dei giudizi d intensità agli stimoli dolorosi nel confronto fra soggetti. Intensity, intensità; Exp 1, Esperimento 1; Exp 2, Esperimento 2; Neutral, lente neutra; Magnified, lente ingrandente. 63

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