Analisi microtomografica del tessuto osseo trabecolare: influenza della soglia di binarizzazione sul calcolo dei parametri istomorfometrici

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3 ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ Analisi microtomografica del tessuto osseo trabecolare: influenza della soglia di binarizzazione sul calcolo dei parametri istomorfometrici Rossella Bedini (a), Franco Marinozzi (b), Raffella Pecci (a), Livia Angeloni (b), Francesca Zuppante (a), Fabiano Bini (b), Andrea Marinozzi (c) (a) Dipartimento di Tecnologie e Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma (b) Dipartimento di Meccanica e Aeronautica, Facoltà di Ingegneria, Sapienza Università di Roma (c) Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Campus Bio-Medico di Roma ISSN Rapporti ISTISAN 10/15

4 Istituto Superiore di Sanità Analisi microtomografica del tessuto osseo trabecolare: influenza della soglia di binarizzazione sul calcolo dei parametri istomorfometrici. Rossella Bedini, Franco Marinozzi, Raffella Pecci, Livia Angeloni, Francesca Zuppante, Fabiano Bini, Andrea Marinozzi 2010, 49 p. Rapporti ISTISAN 10/15 Nel presente studio sono state esaminate le immagini provenienti dalla scansione con microtomografia tridimensionale computerizzata di quattro campioni di tessuto osseo spugnoso. È stata analizzata l influenza del valore di soglia assegnato per la binarizzazione delle immagini sui risultanti valori dei parametri istomorfometrici. Da tale analisi è stata riscontrata un elevata dipendenza dei parametri istomorfometrici rispetto alla scelta del valore di soglia. Sono stati elaborati e analizzati gli istogrammi dei livelli di grigio estraibili dalle matrici numeriche delle porzioni significative delle immagini e sono state individuate alcune loro significative caratteristiche. Viene presentata una modellizzazione matematica dell andamento degli istogrammi dell area dei campioni di tessuto osseo spugnoso. Sulla base di tale modellizzazione sono stati delineati tre criteri per la determinazione dei valori di soglia basandosi sugli elementi quantitativi estraibili dall andamento degli istogrammi stessi. Sono stati calcolati i relativi valori per i quattro campioni esaminati. Parole chiave: Microtomografia, Tessuto osseo spugnoso, Parametri istomorfometrici, Binarizzazione, Livelli di grigio Istituto Superiore di Sanità Microtomographic analysis of trabecular bone tissue: binarization level influence on histomorphometric parameter computing. Rossella Bedini, Franco Marinozzi, Raffella Pecci, Livia Angeloni, Francesca Zuppante, Fabiano Bini, Andrea Marinozzi. 2010, 49 p. Rapporti ISTISAN 10/15 (in Italian) The aim of this study is the examination of 3D microthomographical images of four spongy bony tissue samples. Particular attention is paid on the influence of threshold s value, assigned for the binarization of the images, on the resulting values of histomorphometric parameters. From such analysis has been found an elevated dependence of the histomorphometric parameters in comparison to the choice of threshold s value. Histograms of grey s level, obtained from numerical matrixes of images significant shares, have been elaborated and analyzed and some of them significant characteristics has been identified. A mathematical modelling of the histograms of sample areas has been introduced. Based on this modelling, three methods have been chosen to determine the values of thresholds, founded on the quantitative elements obtained by the histograms themselves. Finally, the respective values for the four examined samples have been calculated. Key words: Microtomography, Spongy bone tissue, Histomorphometric parameters, Binarization, Grey levels Per informazioni su questo documento scrivere a: rossella.bedini@iss.it. Il rapporto è accessibile online dal sito di questo Istituto: Citare questo documento come segue: Bedini R, Marinozzi F, Pecci R, Angeloni L, Zuppante F, Bini F, Marinozzi A. Analisi microtomografica del tessuto osseo trabecolare: influenza della soglia di binarizzazione sul calcolo dei parametri istomorfometrici. Roma: Istituto Superiore di Sanità; (Rapporti ISTISAN 10/15). Presidente dell Istituto Superiore di Sanità e Direttore responsabile: Enrico Garaci Registro della Stampa - Tribunale di Roma n. 131/88 del 1 marzo 1988 Redazione: Paola De Castro, Sara Modigliani e Sandra Salinetti La responsabilità dei dati scientifici e tecnici è dei singoli autori. Istituto Superiore di Sanità 2010

5 Rapporti ISTISAN 03/xxxx INDICE Introduzione Nozioni generali sul tessuto osseo umano Organizzazione strutturale dell osso Primo livello strutturale Secondo livello strutturale Terzo livello strutturale Caratteristiche meccaniche del tessuto osseo Caratteristiche meccaniche del tessuto osseo compatto Principali test meccanici utilizzati Caratteristiche meccaniche del tessuto osseo spugnoso Principali test meccanici Limiti dei test meccanici per l osso spugnoso Principali tecniche utilizzate per l acquisizione di immagini Materiali e metodi Misura dei parametri istomorfometrici del tessuto osseo spugnoso Campioni di tessuto osseo spugnoso Acquisizione delle immagini Ricostruzione dell immagine Scelta della soglia di binarizzazione e elaborazione delle superfici del solido Calcolo dei parametri istomorfometrici Scelta del valore di soglia di binarizzazione Sensibilità dei parametri istomorfometrici alle variazioni del valore di soglia Osservazioni Metodi per la determinazione della soglia Analisi delle immagini Caratteristiche delle immagini Istogrammi dei livelli di grigio e loro caratteristiche Scelta dei valori di soglia Risultati dell analisi dei campioni Valori delle soglie di binarizzazione Osservazioni sui valori della mediana della distribuzione dei pieni Conclusioni Bibliografia... 48

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7 INTRODUZIONE Negli ultimi anni gli studi sulla caratterizzazione morfologica e dell architettura del tessuto osseo spugnoso hanno assunto particolare importanza in relazione all utilità della individuazione delle relazioni intercorrenti tra i parametri caratterizzanti tale tipo di tessuto e le sue prestazioni meccaniche complessive. La crescente importanza di tali ricerche deriva dalla larga diffusione di patologie, quali ad esempio l osteoporosi, alle quali sono associate alterazioni della struttura e composizione del tessuto osseo, con conseguenti modifiche della funzionalità e delle prestazioni meccaniche dello scheletro nel suo complesso (fragilità delle ossa - elevati rischi di fratture). Anche a fini diagnostici, risulta quindi di grande interesse la messa a punto di metodologie capaci di fornire valutazioni accurate dei parametri istomorfometrici del tessuto osseo. Il presente studio riguarda un approfondimento delle caratteristiche del procedimento di quantificazione dell architettura dell osso spugnoso mediante l analisi di immagini di campioni ottenute tramite microtomografia computerizzata ai fini dell elaborazione dei parametri istomorfometrici. Lo studio, nello specifico, affronta il problema della determinazione ottimale delle soglie di binarizzazione delle immagini sulla cui base vengono eseguite, dagli appositi software, le elaborazioni dei parametri istomorfometrici. Sulla base di un modello matematico dell istogramma dei livelli di grigio estratti dalla porzione significativa delle immagini delle sezioni dei campioni di tessuto osseo, vengono proposti criteri per la determinazione del valore della soglia di binarizzazione da utilizzare in relazione alla finalità delle successive elaborazioni. Vengono riportati i principali risultati dell analisi degli istogrammi dei livelli di grigio e della determinazione dei valori di soglia effettuata mediante i criteri proposti. 1

8 1. NOZIONI GENERALI SUL TESSUTO OSSEO UMANO Il tessuto osseo è una forma specializzata di tessuto connettivo. I tessuti connettivi, così denominati per la loro funzione di connettere, strutturalmente e funzionalmente, altri tessuti tra di loro nella formazione di organi, comprendono tessuti diversi accomunati dalla organizzazione strutturale e dalla origine mesenchimale, proprietà, queste ultime, fortemente caratterizzanti il tessuto osseo. Differentemente rispetto ad altri tessuti, nei connettivi le cellule sono separate tra loro da un abbondante sostanza o matrice intercellulare, generalmente costituita di una componente fibrosa e di una sostanza amorfa. Ciò che contraddistingue il tessuto osseo dal tessuto connettivo propriamente detto è la mineralizzazione della matrice extracellulare che conferisce al tessuto notevole durezza e resistenza. Il tessuto osseo è dunque costituito da cellule e dalla matrice intracellulare, nella quale si distinguono una matrice organica e una matrice inorganica. La matrice organica è composta da fibre collagene (le principali responsabili delle caratteristiche elastiche del tessuto) e da una sostanza amorfa, nella cui costituzione entrano glicoproteine non collageniche e proteoglicani. La matrice inorganica (la principale responsabile della durezza del tessuto) è invece costituita principalmente da fosfato e carbonato di calcio e rappresenta circa il 65% del peso secco dell osso. Nonostante tali caratteristiche, l osso nel suo complesso è leggero; ciò è dovuto alla sua organizzazione strutturale caratterizzata dalla compresenza di tessuto osseo compatto, localizzato generalmente nella parte esterna delle ossa, e costituito da materiale solido, e tessuto osseo spugnoso, localizzato internamente e costituito da una moltitudine di fibre di supporto simili a travi, dette trabecole, delimitanti le cavità che ospitano il midollo osseo. Tale straordinaria organizzazione interna conferisce alle ossa la proprietà di massima resistenza associata al minimo peso; ciò rappresenta uno degli attributi più importanti del tessuto, che lo rende adatto al sostegno del corpo e alla protezione dei visceri, ma anche al movimento. Il tessuto osseo inoltre non è un tessuto statico ma è un tessuto vivo, continuamente rinnovato e rimodellato al fine di assolvere alle sue funzioni meccaniche e al compito di regolazione della concentrazione di calcio nel plasma (omeostasi ciclica) Organizzazione strutturale dell osso Il tessuto osseo viene generalmente classificato in due diverse tipologie: il tessuto osseo spugnoso e il tessuto osseo compatto (1). Le proprietà del tessuto osseo, compatto e spugnoso, sono strettamente connesse con la sua conformazione, caratterizzata, come la maggior parte dei tessuti biologici, da una struttura molto complessa, di tipo gerarchico; il tessuto osseo risulta infatti costituito da varie differenti strutture che coesistono su diversi livelli di scala: primo livello strutturale generalmente indicato come macroscopico; secondo livello strutturale cosiddetto microscopico; terzo livello strutturale detto sub-microscopico. Le maggiori differenze a livello strutturale tra tessuto compatto e tessuto spugnoso sono osservabili principalmente al primo livello strutturale, dove troviamo, nel tessuto osseo compatto, una organizzazione osteonica, differente dall organizzazione trabecolare presente nel tessuto spugnoso, e al secondo livello strutturale, dove troviamo una diversa organizzazione lamellare; i due tessuti risultano invece perfettamente identici per quanto riguarda il terzo livello strutturale. 2

9 L osso spugnoso ha un aspetto alveolare e il suo primo livello strutturale è costituito da sottili trabecole o spicole, formate da lamelle addensate, che si ramificano e anastomizzano in una rete tridimensionale, nelle cui maglie è accolto il midollo osseo. Tale tipo di struttura è caratterizzata da una porosità compresa tra il 50% e il 90%. L osso compatto appare invece, all esame macroscopico, come una solida massa eburnea, organizzata, a livello microscopico, in cilindri di osso consolidato attorno ad un vaso ematico (osteoni). Rispetto all osso spugnoso è caratterizzato da una maggiore densità, e pertanto una minore porosità, compresa tra il 5 e il 10%. Con poche eccezioni, le forme compatta e spugnosa sono presenti in tutte le ossa, con quantità e distribuzioni diverse a seconda del tipo di osso. Ad esempio, nelle ossa lunghe, come il femore o l omero, la diafisi appare come un cilindro cavo la cui parete è formata principalmente da osso compatto, che circoscrive un ampia cavità midollare centrale longitudinale contenente midollo osseo; soltanto lo strato più interno che delimita direttamente la cavità midollare è formato da osso spugnoso. Al contrario, le epifisi delle ossa lunghe e la maggior parte delle ossa corte sono formate da osso spugnoso ricoperto da un sottile strato periferico di osso compatto. Diversamente sono invece formate le ossa piatte del cranio, costituite da due strati di osso compatto, denominati tavolati (esterno e interno), che racchiudono uno strato interno di osso spugnoso denominato diploe Primo livello strutturale Al primo livello della organizzazione strutturale dell osso corticale è possibile riconoscere una struttura estremamente regolare e ordinata; esso è infatti costituito da lamelle che si dispongono in strati paralleli e possono costituire, assieme ai numerosi canali vascolari, tre tipi di strutture: osteoni, sistemi interstiziali e sistemi circonferenziali Gli osteoni sono costituiti da un canale vascolare (canale di Havers), disposto centralmente e orientato parallelamente all asse maggiore dell osso, e da una serie di lamelle (da 8 a 20) disposte concentricamente attorno al canale formando con questo una struttura grossolanamente cilindrica. I sistemi interstiziali sono invece costituiti da gruppi di lamelle parallele disposti molto irregolarmente; essi occupano gli spazi interposti tra gli osteoni, si formano nel corso del rimodellamento osseo e sono dei residui di osteoni riassorbiti. I sistemi circonferenziali (esterno e interno) si trovano invece sulla superficie esterna dell osso, al di sotto del periostio (sottile lamina connettivale fibro-elastica che riveste la superficie esterna delle ossa), e sulla superficie interna, al di sotto dell endostio (sottile strato di cellule pavimentose che riveste le cavità interne delle ossa); sono costituiti da vari strati di lamelle disposti circolarmente. Le diverse strutture che costituiscono l osso corticale sono tali da permettere che la sostanza ossea sia attraversata da numerosi canali vascolari, di Havers e di Volkmann, orientati tra loro perpendicolarmente. Tali canali, connessi tra loro, aprendosi sulle superfici periostale ed endostale, permettono che piccoli vasi sanguigni e fibre nervose, penetrino, dal periostio e dall endostio, sino ai siti più profondi delle ossa, provvedendo così alla nutrizione e all innervazione del tessuto. Al primo livello strutturale del tessuto spugnoso è invece visibile la fitta rete tridimensionale formata dalle trabecole variamente orientate tra loro, delimitanti le cavità che contengono il midollo. Si distinguono quindi, a questo livello, due distinti componenti del tessuto: il tessuto osseo (trabecole) e il midollo osseo. Il midollo osseo è il principale organo emopoietico del corpo umano; esso viene anche designato come tessuto mieloide e provvede alla produzione delle cellule del sangue. 3

10 Le trabecole sono costituite da strati di lamelle parallele; al loro interno mancano i sistemi Haversiani in quanto la nutrizione avviene per diffusione attraverso la rete di canalicoli che si aprono direttamente nelle cavità midollari. La distribuzione spaziale delle trabecole risulta fortemente dipendente dalle sollecitazioni; grazie ai continui processi di rimodellamento infatti le trabecole si dispongono lungo le linee di carico. Si ritrova dunque una forte variabilità della disposizione di tali fibre di supporto a seconda del carico che esse devono sopportare, dunque a seconda del sito anatomico, dell età, del peso e dell attività del soggetto Secondo livello strutturale Al secondo livello strutturale gli osteoni del tessuto compatto e le lamelle del tessuto spugnoso risultano caratterizzate dagli stessi costituenti: lamelle, lacune ossee, canalicoli. Tuttavia i due tessuti si differenziano per le dimensioni e la disposizione dei suoi componenti. Il tessuto osseo compatto, le cui unità strutturali appaiono costituite di lamelle aggregate in strati paralleli e disposte in vario modo, come precedentemente accennato, a seconda della struttura di primo livello che esse vanno a formare. Ciascuna lamella è costituita da cellule e da sostanza intercellulare. Le cellule ossee (o osteociti) sono accolte in cavità a forma di lente biconvessa, scavate nella matrice calcificata, denominate lacune ossee, il cui diametro massimo è generalmente compreso tra i 10 e i 20 μm. Dalle lacune si irradiano ad angolo retto, in tutte le direzioni, canalicoli ossei ramificati, che si connettono con i canali di Havers e di Volkmann contenenti i vasi sanguigni. Si forma così un sistema continuo di cavità scavate nell osso, che consentono scambi metabolici e gassosi tra gli osteociti e il sangue, che scorre nei vasi contenuti nei canali di Havers e di Volkmann. Tale sistema di canalicoli intercomunicanti è reso indispensabile dalla presenza della matrice mineralizzata che tende a impedire la diffusione di sostanze nutritive e metaboliti. Le lamelle dell osso spugnoso hanno approssimativamente lo stesso spessore di quelle del corticale: circa 3 mm ma la loro disposizione è del tutto differente in quanto esse non si dispongono concentricamente a formare i sistemi Haversiani bensì risultano sempre disposte longitudinalmente lungo la trabecola. Inoltre l area della sezione trasversale delle lacune risulta essere decisamente superiore a quella delle lacune caratteristiche del tessuto corticale Terzo livello strutturale Le lamelle dell osso compatto e dell osso spugnoso, a livello submicroscopico, sono costituite dagli stessi i elementi: cellule e una matrice intracellulare, nella quale si distingue una componente organica e una componente inorganica. Matrice organica è costituita di fibre collagene (collagene di tipo I) immerse in una matrice amorfa contenente glicoproteine non collageniche e proteoglicani. Le fibre collagene sono flessibili, ma poco estensibili e offrono una grande resistenza alla trazione; responsabile di tale comportamento meccanico è la particolare struttura che le caratterizza. Esse appaiono come filamenti molto lunghi che si sviluppano in una o più direzioni con andamento spesso ondulato, presentano uno spessore compreso tra 1 e 12μm, e sono costituite da fibrille più sottili (0,2-0,3 μm di spessore) disposte parallelamente e tenute insieme dalla sostanza amorfa. Le fini fibrille sono a loro volta composte da microfibrille 4

11 dello spessore di nm che, secondo recenti studi di microscopia elettronica appaiono distribuite a feltro intrecciandosi in tutte le direzioni nello spazio. La matrice organica dell osso, oltre al collagene, che ne rappresenta circa il 90% della composizione, contiene altre glicoproteine, quali l osteocalcina, l osteonectina, BMP, e le proteine di adesione (fibronectina, trombospondina, osteopontina, sialoproteina ossea). Matrice inorganica (o minerale) ha composizione molto simile all idrossiapatite. Studi di diffrazione con raggi X hanno infatti mostrato che i minerali sono principalmente presenti come cristalli submicroscopici di una varietà di apatite simile all idrossiapatite (Ca 10, (PO 4 ) 6 (OH) 2 ). Il tessuto ha origine mesenchimale. Nella normale formazione dell osso. le cellule mesenchimali si differenziano in cellule osteoprogenitrici che proliferano attivamente e si trasformano in osteoblasti; gli osteoblasti, dopo aver deposto la sostanza ossea si trasformano a loro volta in osteociti. Al termine dei processi osteoformativi nel periostio e nell endostio permangono cellule di origine mesenchimale con potenzialità osteogenche, le quali possono differenziarsi in osteoblasti in risposta ad appropriati stimoli, ad esempio in caso di fratture o di particolari condizioni patologiche (come l ossificazione metaplastica). In letteratura le cellule del tessuto osseo vengono generalmente distinte nei seguenti tipi: cellule osteoprogenitrici o preosteoblasti, osteoblasti, osteociti e osteoclasti. Cellule osteoprogenitrici (o preosteoblasti) sono caratterizzate da una forma fusata o leggermente appiattita, e citoplasma generalmente acidofilo (o leggermente basofilo). Si riscontrano sulla superficie delle trabecole ossee in via di ossificazione e nel tessuto connettivo delle cavità midollari dell osso; formano uno strato continuo (strato preosteoblastico) sulla superficie interna del periostio e nell endostio; rivestono i canali di Havers e di Volkmann. Esse hanno carattere di cellule staminali, pertanto durante l accrescimento dell osso proliferano attivamente e si trasformano nelle cellule osteogeniche (osteoblasti). Osteoblasti sono cellule cuboidali, basofile, localizzate in corrispondenza delle superfici in via di espansione delle ossa e nello strato osteogenico del periostio e dell endostio durante tutto il periodo di morfogenesi dell osso. Essi partecipano direttamente alla formazione del tessuto osseo, secernendo i componenti organici della matrice e regolando la deposizione dei sali minerali. Osteociti sono le cellule principali dell osso maturo. Sono essenzialmente osteoblasti che, dopo aver elaborato sostanza ossea, rimangono intrappolati nella matrice calcificata, all interno delle lacune ossee (cavità di forma lenticolare scavate nelle lamelle). Rappresentano dunque uno stadio di quiescenza formativa dell osteoblasto. Il corpo dell osteocito ha forma appiattita, dovendosi esso adattare alla forma lenticolare della cavità che lo ospita (lacune ossee), ed è provvisto di numerosi e sottili prolungamenti alloggiati nei canalicoli ossei. Si distinguono dagli osteoblasti, oltre che per la presenza di tali numerosi e lunghi prolungamenti (che negli osteoblasti risultano scarsi e corti) e per la forma appiattita, anche per la minore basofilia del citoplasma. Essendo circondati da una matrice calcificata gli osteociti sono incapaci di dividersi, cosicché l accrescimento dell osso dopo la deposizione dei sali minerali può avvenire solo per apposizione, e non possono essere nutriti per diffusione bensì essi ricevono materiale nutritivo tramite la rete di canali scavata nella matrice minerale. 5

12 Osteoclasti Sono cellule giganti polinuclete, aventi diametro mediamente di 100μm e contenenti alcune decine di nuclei. Sono le cellule adibite al riassorbimento osseo. Appaiono spesso accolte in fosse voxel tte scavate sulla superficie delle trabecole ossee, definite fossette o lacune di Howship che si formano per l azione erosiva degli osteoclasti stessi. La superficie degli osteoclasti attivi adiacente all osso in riassorbimento presenta un caratteristico orletto striato, detto ruffled border, che, al microscopio elettronico, risulta costituito da esili prolungamenti citoplasmatici molto irregolari. Il meccanismo mediante il quale gli osteoclasti erodono e riassorbono l osso è complesso e comporta essenzialmente una sequenza di tre eventi. L evento iniziale del riassorbimento è l adesione dell osteoclasto alla matrice bersaglio, attraverso particolari ricettori. L adesione è rapidamente seguita dalla comparsa, nella zona periferica del sincizio, di un anello circolare di stretto contatto con la matrice, in cui sono presenti delle strutture puntiformi di adesione cellulare, ricche di actina, i podosomi. Questi probabilmente svolgono la duplice funzione di isolare il microambiente posto ventralmente all osteoclasto, in cui si svolgerà l azione erosiva, e di fungere da struttura di trasmissione di segnali extracellulari che avviano il processo di riassorbimento. Il riassorbimento della matrice ha poi inizio con l acidificazione dello spazio extracellulare delimitato dall anello di podosomi; il ph acido che si genera nell ambiente solubilizza i sali minerali esponendo così la matrice organica alla degradazione enzimatica. I prodotti della degradazione della matrice organica vengono endocitati dall osteoclasto e, mediante un meccanismo di transcitosi, esocitati dalla superficie opposta della cellula. 6

13 2. CARATTERISTICHE MECCANICHE DEL TESSUTO OSSEO Sia il tessuto osseo compatto sia quello spugnoso, dal punto di vista meccanico, sono classificabili come materiali compositi, i cui costituenti di base risultano essere fibre collagene e microcristalli di idrossiapatite. Come per tutti i materiali compositi le proprietà meccaniche del materiale tessuto osseo considerato come materiale omogeneo, sono funzione delle caratteristiche meccaniche dei diversi costituenti nonché della loro disposizione spaziale e organizzazione strutturale. Ad esempio, la rigidezza di un campione di osso compatto è funzione dell architettura e delle proprietà meccaniche di primo livello, cioè della disposizione spaziale degli osteoni, della rigidezza del singolo osteone, del grado di mineralizzazione degli osteoni (disposizione spaziale e proprietà meccaniche di terzo livello), ecc Analogamente la rigidezza di un campione di osso spugnoso, osservato nella sua interezza, è funzione della sua organizzazione interna, ovvero della disposizione spaziale delle trabecole, delle proprietà meccaniche della singola trabecola, e della sua composizione interna Caratteristiche meccaniche del tessuto osseo compatto Pur non essendo oggetto di studio in questa sede, vengono qui di seguito riportate alcune importanti osservazioni di carattere generale circa la caratterizzazione meccanica del tessuto osseo compatto. Al livello macroscopico l osso corticale può essere modellizzato come materiale omogeneo, e, utilizzando tale modellizzazione, è possibile misurare le sue proprietà meccaniche, ad esempio il modulo di Young, mediante alcuni test meccanici (descritti in seguito). Il materiale tuttavia in realtà, se osservato ad un livello microscopico si rivela essere non omogeneo, ovvero le sue caratteristiche variano a seconda del punto considerato, e anisotropo, ovvero le sue proprietà variano a seconda della direzione in cui esso viene sollecitato. La non omogeneità è dovuta al fatto che esso è costituito da unità strutturali non omogenee che, come sopra accennato, si distribuiscono nella spazio in maniera non uniforme. L anisotropia è dovuta all orientazione degli osteoni. Se tutti gli osteoni fossero disposti casualmente, come potrebbe apparentemente sembrare, preso un campione di materiale sufficientemente grande esso risulterebbe isotropo, in quanto, secondo la legge statistica, gli osteoni si disporrebbero in quantità all incirca uguali in tutte le direzioni. Questo non è ciò che in realtà si verifica; è stato infatti osservato che gli osteoni si dispongono maggiormente secondo una certa direzione piuttosto che in altre, tesi suffragata anche dal fatto che, in generale, per l osso corticale, il modulo di Young longitudinale risulta essere decisamente superiore rispetto a quello trasversale (per un osso lungo 17,4 GPa in direzione longitudinale, 9,6GPa in direzione trasversale). Le proprietà meccaniche microscopiche dei singoli osteoni sono state oggetto di numerosi studi, primo fra tutti quello di Ascenzi e Bonucci, i quali, in base ai diversi risultati ottenuti dall osservazione degli osteoni sotto luce polarizzata, hanno individuato tre diversi tipi, caratterizzati da una diversa disposizione delle lamelle, e ne hanno calcolato il relativo modulo di Young. 7

14 Per quanto riguarda il livello strutturale submicroscopico, ovvero l organizzazione submicroscopica dell osso, matrice organica, inorganica e cellule, si può dire che certamente i costituenti inorganici della matrice sono responsabili di durezza e rigidità, mentre la resistenza a trazione è assicurata dalla matrice organica e principalmente dalle fibre collagene. Ciò è dimostrato dal fatto che l osso decalcificato perde la sua durezza e rigidità, diventando flessibile, ma conservando tuttavia la resistenza alla trazione, la forma macroscopica e la struttura microscopica. Quando invece viene eliminata la componente organica mediante combustione prolungata con libero accesso di aria, che risparmia la componente minerale, l osso conserva la forma e le dimensioni originali ma perde la resistenza alla trazione, diventando fragile come porcellana Principali test meccanici utilizzati Le caratteristiche meccaniche del tessuto osseo corticale possono essere misurate sottoponendo i campioni ad alcuni test meccanici. Le tecniche sviluppate in questo ambito sono moltissime (2); le più comuni sono le seguenti: Test di trazione Il test di trazione è il più accurato test di misura delle proprietà meccaniche del tessuto osseo, in quanto viene applicata una forza assiale, senza indurre momento flettente. L unico limite che pone questo tipo di misura riguarda i campioni, i quali devono essere opportunamente conformati in modo da assicurare la ragionevole costanza della sollecitazione di trazione nelle sezioni del campione nelle quali si deduce la misura. In particolare deve essere accuratamente valutato il problema dello stato di sollecitazione delle estremità del campione fissate alla macchina di prova, nelle quali si verifica uno stato di sollecitazione complesso dovuto alle perturbazioni introdotte dal sistema di fissaggio. La deformazione viene dunque misurata per mezzo di un estensimetro applicato nella porzione centrale del campione. Noto quindi il carico applicato F, misurata la sezione A su cui esso è applicato, si calcola lo sforzo F T = A Misurata la deformazione: ε = ΔL L si ricava il modulo di Young secondo la relazione: T F L E = ε = Δ l A Test di compressione Le prove di compressione devono essere effettuate su campioni cubici, o comunque caratterizzati da un limitato rapporto lunghezza-larghezza, per evitare i fenomeni di instabilità (non linearità) dovuti al carico di punta. Rispetto al test di trazione, il test di compressione offre il vantaggio di rendere possibile la misura anche su campioni relativamente corti, come le vertebre o porzioni di osso spugnoso, dall altra introduce l inaccuratezza dovuta al fatto che, con tale tipo di campioni, è dappertutto presente il problema dell interazione del campione con il sistema di applicazione del carico. Deve 8

15 essere in particolare tenuto in conto l impedimento dell espansione delle sezioni a contatto con il piatto di compressione provocato dall attrito. Il campione sottoposto a compressione assiale infatti tende a deformarsi e, più precisamente, a espandersi nelle altre due direzioni secondo il suo coefficiente di Poisson; l attrito sviluppatosi con il contatto con il sistema di compressione si oppone a tale espansione andando così a variare la rigidezza apparente. Ciò significa che il campione in realtà non è sollecitato solo in direzione assiale (compressione), ma anche in direzione trasversale a causa degli sforzi di taglio dovuti alle azioni di contatto, i quali logicamente saranno massimi sulle sezioni di contorno e minimi nella porzione centrale del campione. Al fine di minimizzare l errore introdotto da tale interazione, la misura della deformazione viene effettuata in genere mediante un estensimetro elettrico a resistenza applicato nella regione centrale del campione. Noto il carico F e misurata l area A della sezione su cui esso è applicato, lo sforzo è ricavato dalla seguente relazione da cui il modulo elastico: F σ = A E = σ ε Dove ε rappresenta la deformazione ottenuta per misura diretta mediante estensimetro. Test di flessione Il test di flessione viene utilizzato soprattutto per la misura delle proprietà meccaniche di campioni con elevato rapporto lunghezza-larghezza, come ad esempio le ossa lunghe, i quali vengono caricati in flessione. Lo sforzo normale cui è soggetto il campione viene calcolato secondo la relazione: σ = M c I dove σ rappresenta lo sforzo, M il momento flettente applicato al campione, c la distanza del punto considerato rispetto al centro di massa, I il momento di inerzia. Il momento flettente può essere applicato in due diversi modi: su tre punti o su quattro punti. Il primo metodo consiste nell appoggiare il campione su dei sostegni in due diversi punti e applicare una forza normale in corrispondenza della sezione centrale del campione. Questo modo di applicazione del carico ha certamente il vantaggio della maggiore semplicità di realizzazione; tuttavia produce un elevato sforzo di taglio nella sezione centrale del campione, ovvero produce una perturbazione della sollecitazione proprio laddove è massimo il momento flettente. Nel secondo metodo il carico viene invece applicato su due differenti punti, pertanto lo sforzo di taglio nella sezione centrale risulta essere nullo, offrendo così una valida soluzione al grave problema relativo al metodo precedentemente descritto. Tuttavia è evidente che, ai fini di una misura accurata, le forze applicate sui due differenti punti di carico debbano essere del tutto equivalenti, situazione questa non sempre semplice da ottenere su campioni dalla geometria irregolare, quali risultano spesso essere quelli ossei. È per questo motivo che viene più frequentemente utilizzato il metodo a tre punti. Le proprietà meccaniche del materiale vengono dunque ricavate dalle forze in gioco e dalla disposizione dei carichi. 9

16 Per il metodo a tre punti: L c σ = F, 4I Per il metodo a quattro punti: 12 c ε = d, L2 L 3 E = S, 48 I 3 c 2 u = U I L a c 6 c σ = F, ε d a 2 =, E S 3 c = 2 I a ( 3 L 4 a ) ( 3L 4 a), 2 12 I u = U I ( 3 L 4 a ) Tuttavia il calcolo indiretto dello sforzo e conseguentemente delle proprietà meccaniche del materiale mediante le relazioni sopra indicate, può risultare inaccurato per diverse ragioni. Innanzitutto tali relazioni sono evidentemente valide solo per la regione elastica. In secondo luogo la deformazione maggiore la si ottiene nel punto stesso nel quale il carico è applicato; il campione pertanto dovrebbe essere sufficientemente lungo, in particolare dovrebbe essere caratterizzato da un rapporto lunghezza-larghezza di almeno 20:1, per garantire l ininfluenza degli spostamenti di taglio sul risultato della misura. In campioni con inferiore rapporto lunghezza-larghezza, come ad esempio sono le ossa lunghe, gli sforzi di taglio causano spostamenti non trascurabili, dunque una sovrastima della deformazione e una sottostima del modulo elastico. Anche in questo caso tale possibile causa di inaccuratezza della misura può essere ridotta mediante l applicazione, sulla parte centrale del campion,e di un estensimetro elettrico a resistenza che attui una misura diretta e accurata della deformazione. Test di torsione Applicando una torsione su un campione circolare, lo sforzo di taglio varia da un valore minimo pari a zero nel centro, fino ad un massimo localizzato sulla superficie. Le equazioni generali per il calcolo dello sforzo di taglio e il modulo elastico di taglio in una sezione omogenea circolare sono le seguenti: T r τ = J T L G = ϑ J Dove τ è lo sforzo di taglio, T il momento torcente applicato, G il modulo elastico di taglio, θ la deformazione rotazionale, r il raggio della sezione trasversale del campione, L la lunghezza del campione, J il momento di inerzia polare. Il maggiore problema associato a questo tipo di misura risiede nella difficoltà di fissare le estremità dei campioni ai dispositivi di ancoraggio (testing grips). Le estremità del campione devono infatti essere incassate in blocchi di plastica o in una lega metallica a bassa temperatura di fusione, al fine di ottenere un rigido fissaggio con il sistema di applicazione del carico. Questa operazione, oltre ad essere estremamente dispendiosa e laboriosa, può introdurre potenziali errori nella misura. Tali errori possono essere associati o al non perfetto allineamento del campione, quindi all introduzione di un momento flettente in grado di variare anche notevolmente il risultato della misura, o alla significativa compliance propria dei materiali nei quali viene imballato il campione, che introduce una rotazione apparente delle estremità dei campioni, causando la sovrastima dello spostamento rotazionale, dunque la sottostima della rigidezza torsionale. 10

17 Tecnica ultrasonora Questa tecnica fa uso di trasduttori piezoelettrici applicati direttamente sul campione per inviare e ricevere onde elastiche. Le proprietà elastiche del materiale possono essere facilmente ricavate sfruttando la dipendenza della velocità di propagazione dell onda nel materiale con il modulo elastico e la densità: v = E ρ Questo metodo di misura fornisce l enorme vantaggio di permettere la determinazione delle proprietà elastiche anisotrope del tessuto sullo stesso campione, per mezzo della propagazione di onde ultrasonore in diverse direzioni Caratteristiche meccaniche del tessuto osseo spugnoso Come per il compatto, anche per il tessuto spugnoso le proprietà meccaniche possono essere riferite ad un modello continuo, e pertanto ricavate sperimentalmente mediante gli stessi test meccanici utilizzati per l analisi a livello macroscopico del tessuto compatto, principalmente test di trazione e compressione, effettuati su campioni cubici di tessuto spugnoso di dimensioni tra gli 8 mm e 1 cm, ovvero sufficientemente grandi da poter considerare il materiale omogeneo. Per mezzo di queste tecniche si ricava il modulo di Young. Tuttavia, in realtà, il modulo elastico che si ricava con le suddette modalità altro non è che un modulo elastico apparente, in quanto la struttura interna del tessuto spugnoso è ben lontana dalle caratteristiche di un modello continuo. Il materiale deve essere considerato di tipo composito, anisotropo e non omogeneo, costituito da una matrice, la struttura trabecolare, e da un materiale di riempimento, il midollo ospitato nelle cavità ossee. È stato dimostrato, mediante modelli e studi sperimentali, che il contributo del midollo alla sopportazione di sollecitazioni quasi statiche risulta non significativo. Pertanto, per quel che riguarda la caratterizzazione meccanica del tessuto, risulta ragionevole pensare il comportamento della sola struttura trabecolare essere sufficientemente rappresentativo del comportamento del composito trabecole+midollo rispetto a tale tipo di sollecitazioni. Si può pertanto immaginare la struttura di primo livello, come una intensa rete di travi, le trabecole, delimitanti cavità vuote, modellizzabili mediante un alternanza di linee e piani interconnessi e disposti nello spazio in maniera non uniforme, a rappresentanza dell elevato grado di anisotropia. Si è infatti notato che le la disposizione delle trabecole è in alcune regioni più densa, in altre molto meno, a seconda del tipo di osso, del sito anatomico, dello stato di salute del donatore; si è inoltre osservato che l orientazione delle trabecole dalla direzione in cui l osso è maggiormente sollecitato forma, in genere, linee isostatiche naturali con meccanismi che non risultano ancora del tutto chiariti Principali test meccanici Negli ultimi 30 anni sono stati molti i metodi utilizzati per misurare il modulo elastico delle singole trabecole; ne vengono riportati i più comuni: 11

18 Test di resistenza al carico di punta Questa tecnica consiste nell applicazione di un carico di punta ad una trabecola snella non incastrata alle estremità e nella misura del carico che produce il collasso per instabilità della struttura. Mediante il calcolo del relativo stato di sollecitazione (σ c ), si ricava il valore del modulo elastico E del materiale con l utilizzo della formula di Eulero: P cr σc = = π A E J 2 min 2 Dove P cr è il carico critico per il quale avviene il collasso, σc il corrispondente sforzo critico, J min il momento di inerzia minimo, L la lunghezza della trabecola nella direzione di applicazione del carico. Test di trazione uniassiale Sono stati elaborati, negli anni, molti delicati sistemi di trazione finalizzati alla determinazione del modulo elastico del tessuto osseo spugnoso. Le maggiori difficoltà sono associate alle limitate dimensioni dei campioni, che rendono estremamente difficile l allineamento del campione, essenziale al fine della applicazione di un carico assiale senza induzione di momento. Inoltre l irregolare geometria delle trabecole rende complessa anche la determinazione delle proprietà dimensionali dei campioni. Tali difficoltà sono la causa della forte diversificazione di risultati ottenuti con questa tecnica. Test di flessione È una tecnica utilizzata abbastanza frequentemente per determinare le proprietà meccaniche del tessuto spugnoso. Offre notevoli vantaggi rispetto al test di trazione; esso infatti è di semplice realizzazione, e la misura è insensibile all allineamento del campione che, come già detto, è difficile da ottenere a causa delle piccole dimensioni e della irregolare geometria dei campioni. Inoltre la flessione rappresenta un tipico modo di deformazione fisiologica della trabecola; è pertanto comprensibile la grande importanza scientifica delle misure effettuate con questo metodo. Tuttavia esistono diversi problemi associati a questa tecnica: l anisotropia e l eterogeneità del materiale osseo produce una distribuzione degli sforzi di tipo non lineare; il carico concentrato nei punti di applicazione genera sforzi locali, problema questo amplificato dalle irregolarità geometriche e strutturali del tessuto (es. lacune). Il problema della geometria fortemente irregolare ha visto dei tentativi di risoluzione secondo due diversi approcci: 1. Un primo approccio (3) consiste nell effettuare un test di flessione su una trabecola incastrata ad una estremità e sollecitata nell altra, e dedurre il modulo elastico per mezzo di un calcolo delle deformazioni mediante un modello a elementi finiti. Con questo metodo si è calcolato un modulo elastico medio pari a 7.8 GPa. 2. Un secondo approccio (4) consiste nell effettuare test di flessione a tre e quattro punti su microcampioni lavorati in modo da ottenere artificialmente una geometria regolare. Dai risultati di tali studi si è trovato che la rigidezza del tessuto osseo spugnoso è di circa il 20%-30% inferiore rispetto a quella del tessuto compatto. L Limiti dei test meccanici per l osso spugnoso La difficoltà di una esatta caratterizzazione meccanica del tessuto osseo, principalmente del tessuto spugnoso, per mezzo dei test meccanici è dovuta essenzialmente alla difficile 12

19 caratterizzazione geometrica del tessuto per le limitate dimensioni in gioco, nonché per l irregolarità delle geometrie, la complessità strutturale e l anisotropia del tessuto. È pertanto sorta la necessità, ai fini della caratterizzazione meccanica, di una più completa caratterizzazione morfologica, geometrica e strutturale, del tessuto spugnoso. È questo il motivo fondamentale per il quale negli ultimi anni si sono notevolmente diffusi gli studi sulla quantificazione della architettura del tessuto osseo trabecolare, per mezzo dei principali metodi di acquisizione di immagini, già ampiamente diffusi nel campo della diagnostica per immagini, finalizzati ad una più accurata misurazione delle proprietà meccaniche di questo complesso tessuto (5) Principali tecniche utilizzate per l acquisizione di immagini Gli strumenti per l acquisizione di immagini che vengono utilizzati per lo studio della morfologia del tessuto osseo spugnoso sono diversi; i più diffusi consistono nell utilizzo di particolari tecniche di tomografia computerizzata (CT) e risonanza magnetica (MR). Le immagini ottenute per acquisizione tramite tomografia computerizzata (CT) mostrano la distribuzione bidimensionale e tridimensionale dei coefficienti di attenuazione lineare, strettamente correlati con l energia della radiazione trasmessa, quindi con la densità e la composizione atomica del materiale investito dalla radiazione. Tuttavia, in questo metodo, sono presenti forti limitazioni che non permettono l utilizzo della strumentazione standard ai fini della caratterizzazione morfologica del tessuto osseo spugnoso; tali limitazioni consistono principalmente negli artefatti dovuti allo spettro di energia dei raggi X (beam hardening artifact) e soprattutto nei problemi dovuti alla comparabilità della risoluzione spaziale con le dimensioni strutturali del tessuto osseo spugnoso (partial volume artifacts). I primi possono essere ridotti, ma non del tutto rimossi, in maniera piuttosto efficiente mediante accurate procedure di calibrazione; i secondi possono essere rimossi solamente nel caso in cui la risoluzione spaziale sia molto minore delle dimensioni strutturali. Una tale risoluzione è ottenibile solamente per mezzo di una particolare strumentazione, attualmente la più diffusa nel campo degli studi sulla caratterizzazione morfologica del tessuto osseo: la micro-tomografia computerizzata. La moderna strumentazione relativa a tale tecnica permette di ottenere risoluzioni spaziali al di sotto dei 10 μm, che risultano particolarmente adatte allo studio del tessuto osseo spugnoso. Anche la risonanza magnetica, nell ambito degli studi sulla morfologia del tessuto osseo, viene utilizzata nella sue forma miniaturizzata (micro-mr), per gli stessi problemi incontrati dalla CT, circa l insufficiente risoluzione spaziale dellla strumentazione standard. La risoluzione tipica ottenibile per mezzo della micro-mr, con un tempo di scansione dai 30 ai 60 minuti, è di circa μm, in generale non sufficiente per una accurata caratterizzazione del tessuto osseo. Per far fronte a questa fondamentale limitazione sono state elaborate, oltre ai software in grado di ridurre gli artefatti dovuti alla risoluzione inadatta alle dimensioni degli oggetti, delle particolari tecniche per incrementare la risoluzione stessa. Tuttavia, nonostante i notevoli progressi nel campo delle micro-mri, la tecnica in assoluto più adatta e, in quanto tale, maggiormente diffusa, per la caratterizzazione della architettura del tessuto osseo spugnoso risulta essere attualmete la micro-tomografia computerizzata. 13

20 3. MATERIALI E METODI In questo capitolo vengono illustrate le varie fasi del processo con cui si perviene alla misurazione dei parametri istomorfometrici a partire dalle immagini ottenute dalla scansione di campioni di osso spugnoso con strumentazione di micro-tomografia computerizzata. Nei capitoli successivi viene poi affrontato il problema della determinazione ottimale delle soglie di binarizzazione delle immagini sulla cui base vengono eseguite le elaborazioni dei parametri istomorfometrici. Il lavoro sperimentale è stato svolto presso l Istituto Superiore di Sanità ed ha riguardato l acquisizione di immagini di campioni di tessuto osseo per mezzo di un sistema di microtomografia computerizzata a cui è poi seguita l analisi delle immagini, la determinazione delle soglie di binarizzazione e il conseguente calcolo dei valori dei parametri istomorfomentrici con l ausilio dei software specializzati. Il materiale di seguito presentato è estratto dalla tesi di laurea svolta, sotto la guida del professor Franco Marinozzi e della dottoressa Rossella Bedini, dalla laureanda in Ingegneria Clinica Livia Angeloni Misura dei parametri istomorfometrici del tessuto osseo spugnoso Il procedimento per la stima dei parametri istomorfometrici attraverso la scansione di campioni mediante microtomografia consta delle seguenti cinque fasi: 1. Scansione del campione Viene acquisita l informazione primaria relativa ai livelli di attenuazione della radiazione caratteristici del campione in esame; tale informazione è presentata dallo strumento sottoforma di immagini radiografiche del campione (immagini-proiezione). 2. Ricostruzione del campione A partire dall informazione relativa ai fasci attenuati in tutte le direzioni, l utilizzo di particolari algoritmi permette di risalire al coefficiente di attenuazione lineare relativo a ciascun voxel. A questo punto del processo di misura è pertanto possibile la visualizzazione di immagini relative a sezioni del campione su piani selezionati. 3. Determinazione di una opportuna soglia di binarizzazione (separazione pieno/vuoto) Ai fini di una corretta elaborazione delle superfici del solido è necessario selezionare manualmente un opportuno valore di soglia di binarizzazione indicativo del tono di grigio di separazione tra pieno e vuoto. 4. Elaborazioni delle superfici del solido In base alla soglia di binarizzazione selezionata, un particolare algoritmo permette la ricostruzione delle superfici delimitanti il campione. L informazione che tale operazione produce non è più relativa ai diversi livelli di attenuazione, ma è una informazione binaria: pieno o vuoto. 5. Calcolo dei parametri istomorfometrici Una volta delimitate le superfici del solido, è possibile il calcolo dei parametri geometrici e di forma relativi all oggetto in esame, mediante appositi algoritmi. 14

21 La scansione del campione è stata effettuata mediante il microtomografo Skyscan 1072; le azioni di ricostruzione del campione, elaborazioni delle superfici del solido e il calcolo dei parametri istomorfometrici selezionati vengono poi svolte in automatico dai relativi software, forniti dalla stessa Skyscan, che fanno uso di algoritmi ormai universalmente riconosciuti e utilizzati. L azione più critica di tutto il procedimento risulta essere la scelta del valore di soglia di binarizzazione, a causa della mancanza di un algoritmo universalmente riconosciuto per la sua individuazione, e in quanto dalla scelta di tale valore dipende l accuratezza della ricostruzione delle superfici del solido, quindi la precisione della misura dei parametri istomorfometrici. In questo studio si è dunque posta una particolare attenzione all analisi del problema della determinazione della soglia di binarizzazione e alla ricerca di un metodo in grado di individuarne il valore ottimale, essenziale per ottenere, dal calcolo dei parametri morfologici del tessuto osseo, risultati attendibili Campioni di tessuto osseo spugnoso Per l analisi sono stati utilizzati quattro campioni costituiti da cubetti di osso spugnoso estratti da teste femorali di tre pazienti sottoposti ad interventi di artoplastica, denominati Alfa, Beta, Gamma, Delta di dimensione di circa 6 mm Acquisizione delle immagini Le immagini dei campioni sono state acquisite per mezzo di un sistema di micro-tomografia computerizzata, il microct Skyscan 1072 (Aartselaar, Belgio). Il principio sul quale si basa il funzionamento della Skyscan 1072 è quello tipico della classica tomografia assiale computerizzata ad emissione di raggi X a fascio conico (cone-beam CT) (6). Come noto, la tomografia computerizzata permette la visualizzazione non distruttiva delle sezioni bidimensionali del corpo in esame perpendicolari all asse del sistema di acquisizione. A partire da tali sezioni è poi possibile, attraverso le fasi successive del procedimento, procedere alla ricostruzione tridimensionale dell oggetto per mezzo di particolari algoritmi. Il funzionamento di tale strumentazione si basa sulla rilevazione del fascio di raggi X attenuato successivamente all attraversamento della materia, mediante un sistema di detettori che ne traduce l intensità, in un segnale elettrico di corrispondente valore. Tale segnale elettrico sarà dunque proporzionale all intensità del fascio uscente. Assumendo che il fascio sia monoenergetico e abbia intensità I 0, l intensita I 1 trasmessa attraverso un piccolo elemento di volume di tessuto avente spessore x e coefficiente di attenuazione µ 1 è: e μ x I = I Nel passare da un lato all altro del campione il fascio viene attenuato da tutti i voxel che attraversa, quindi si ha: n x μi I = I0 e i= 1 Da cui: I n 0 n l = x μi I i = 1 15

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