Il ritardo padovano di inizio 900
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- Mariana Biagi
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2 Il ritardo padovano di inizio 900 Oggi il padovano è una delle più cospicue realtà industriali del Nordest: una realtà che, è noto, risente anch essa dalla crisi mondiale di questi ultimi due anni, ma che tuttavia presenta ancora un tessuto di notevoli potenzialità, di cui è in parte testimonianza il drappello di aziende padovane selezionate per rappresentare l Italia all Expo di Shanghai Eppure, quando nel 1910 dalla Lega Industriale di Torino, il primo sindacato industriale italiano sorto quattro anni prima, originò una struttura associativa solo nominalmente nazionale, giacché sostanzialmente incentrata su un numero limitato di imprese del c.d. triangolo industriale, che Confindustria considera, e celebra, come momento fondativo della propria organizzazione, la provincia padovana presentava un tessuto industriale ancora informe. Il primo Censimento Industriale che di lì a un anno, nel 1911, celebrò il Cinquantennio dell Unità d Italia con una fotografia del nostro apparato produttivo, è a questo proposito eloquente. Il Veneto appariva sì, e invero a sorpresa, la terza regione industriale del paese, anche se a diverse lunghezze da Lombardia e Piemonte, ma il padovano pur essendo la provincia centrale della regione, e logisticamente importante dal punto di vista dei collegamenti ferroviari risultava nel comparto manifatturiero in notevole ritardo, collocandosi quarta in quanto a numero di impianti produttivi (dopo Verona, Vicenza e Venezia) e per forza motrice installata (in questo caso dopo Vicenza, Treviso e Verona), ma quinta in quanto a numero di addetti, vale a dire subito prima delle province di Rovigo e di Belluno, decisamente escluse dal processo industrializzante. A lato: Fonderia Colbachini,
3 L ingegnere Enrico Bernardi, inventore padovano tra Otto e Novecento, nel suo Gabinetto di Meccanica della Scuola di Applicazione di Padova, 1900 e un suo disegno autografo (MEB). Nella pagina seguente in alto: i mulini di Ponte Molino nella seconda metà dell Ottocento (MCP). Sotto: via Conciapelli agli inizi del Novecento (MCP). La provincia padovana appariva, in sostanza, riprodurre all interno del Veneto ciò che la regione era rispetto all Italia: ovvero un area che fungeva da spartiacque tra modernità ed arretratezza. E il tratto dominante di tale situazione di frontiera era testimoniato dal fatto che le attività manifatturiere erano per lo più a irradiamento locale, con scarsa capacità di uscire dai confini provinciali. La tabella che segue (tab. 1) ben rappresenta la situazione, anche se necessita di qualche indispensabile specificazione. Essa comprende infatti tutte le ditte censite, intese come industriali per il solo fatto di essere attive nella trasformazione manifatturiera, distorcendo il significato dei dati in essa contenuti. Il caso limite è rappresentato dal raffronto tra la provincia di Vicenza e quella di Venezia, apparentemente non molto dissimili. Senonché il vicentino presentava più del doppio della forza motrice installata, e le sue imprese apparivano presenti in molte parti del territorio, mentre le ditte e la manodopera veneziane risultavano quasi esclusivamente ubicate nella città lagunare, con scarsa presenza di processi effettivamente industriali. Ed anche altri raffronti testimoniano della approssimazione di tale raffigurazione. Ad esempio il veronese supe- 16
4 Tab. 1. L industria veneta nelle singole province secondo il Censimento 1911 Imprese ed opifici Addetti Forza motrice numero distrib. % numero distrib. % cav. dinamici distrib. % Belluno 859 4, , Padova , , ,84 Rovigo , , ,03 Treviso , , ,44 Venezia , , ,99 Verona , , ,63 Vicenza , , ,00 Totale Fonte: elaboraz. da MAIC, Censimento degli opifici e delle imprese industriali al 10 giugno 1911, vol. IV, Roma,
5 Le ricamatrici di Fontaniva (ProvPd). rava sì in numero di imprese il vicentino, risultando la provincia veneta da questo punto di vista più cospicua, ma con circa 13.ooo addetti in meno, e quindi con un rapporto addetti/imprese ben inferiore, come tale appariva quello relativo ai cavalli dinamici per addetto. Più utile appare allora vedere le imprese con un numero di addetti superiore a dieci, una dimensione minima, ancorché grezza, per identificare una qualche produzione serializzata. Vediamolo per il padovano. Utilizzando tale criterio ci accorgiamo che le imprese con tali caratteristiche scendono dalle censite a 265, e gli addetti da a Se ne veda la disaggregazione settoriale nella tab. 2 per il complesso della provincia, e nella tab. 3 per il capoluogo. La loro lettura fornisce alcune indicazioni interessanti, a partire dal numero medio di addetti (ca. 50/impresa), abbastanza omogeneo tra i vari settori salvo che nel caso delle attività tessili dove si attestava sulla novantina, e dal peso della forza motrice installata nelle aziende meccaniche, che risultava assorbire oltre il 40% dell intera disponibilità provinciale. Se la maggioranza degli impianti manifatturieri (55%) e della manodopera (59%) era dislocata in provincia, il nucleo maggioritario delle imprese (64%) e degli addetti (61%) dei settori metallurgico e meccanico si trovava concentrato a Padova. Ad esso appartenevano sia imprese attive nel campo tradizionale della meccanica al servizio dell agricoltura, il principale settore economico della provincia, e la vitivinicoltura (ad es. l Offi- 18
6 cina meccanica e fonderia padovana), che in quello più nuovo delle attrezzature per molini e pastifici, o in quello recentissimo di quelle che più avanti verranno chiamate le minuterie metalliche: impresa leader, che acquisì presto una fetta importante di mercato nazionale, era la ZEDA- PA. Nata nel 1896 come modesta officina per la produzione di occhielli e fibbie metalliche per calzature e abbigliamento, essa superava ormai i trecento addetti. Aveva poi rilievo l Officina di riparazione di materiale rotabile della Società Veneta per le Ferrovie Secondarie, localizzata alla Tab. 2. Le attività industriali in provincia di Padova, secondo il Censimento 1911 (*) Opifici Addetti Motori non elettr. Motori elettrici n. cav. din. n. cav. din. Alimentari Tessili Siderurgico-metallurgiche Meccaniche Lav. miner. non metallif Chimiche Diverse Estrattive Costruzioni Totale Fonte: elaboraz. da MAIC, Censimento degli opifici e delle imprese industriali, vol. IV, Roma, (*) ditte con dimensione superiore a 10 addetti. Tab. 3. Le attività industriali in Padova Città, secondo il Censimento 1911 (*) Opifici Addetti Motori non elettr. Motori elettrici n. cav. din. n. cav. din. Alimentari Tessili Siderurgico-metallurgiche Meccaniche Lav. miner. non metallif Chimiche Diverse Estrattive Costruzioni Totale Fonte: elaboraz. da MAIC, Censimento degli opifici e delle imprese industriali, vol. IV, Roma, (*) ditte con dimensione superiore a 10 addetti. 19
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8 Nella pagina a fianco: interno dello stabilimento ZEDAPA in via Gozzi, Sopra: i capannoni del reparto locomotive e riparazione carri delle Officine Meccaniche Stanga in via Turazza; il reparto carpenteria. 21
9 Le Officine di Battaglia Terme (ProvPd). Nella pagina a fianco: la Cartiera di Carmignano, La fornace Cerchiaro di Fontaniva. Stanga, da cui originarono poi le OMS-Officine Meccaniche della Stanga, a lungo uno dei principali operatori italiani del settore. L attività meccanica era presente anche a pochi chilometri dalla città, a Battaglia, dove la s.a.s. Officine di Battaglia per la produzione di macchine agricole aveva - sotto la spinta del nuovo gruppo proprietario (la SADE-Società Adriatica di Elettricità di Giuseppe Volpi) dilatato il suo interesse, poi divenuto centrale, alla carpenteria metallica al servizio della distribuzione della nuova forma di energia, più tardi orientandosi alle produzioni elettromeccaniche coerenti con il cresciuto e variegato business della società elettrica proprietaria, destinate ormai a mutare la fisionomia stessa dell impresa. Da poco (1908) era poi nata ad Este la Fonderia e Officina Meccanica E. Dolfin, da cui germinò nel dopoguerra l UTITA, storica fabbrica dapprima di macchine per l agricoltura, poi di macchinario tessile e infine di macchine utensili. Inutile in questa sede soffermarci su altri nomi di imprese da tempo scomparse, ognuna a suo modo significativa. Questi brevi cenni servano solo a ricordare che, pur in un contesto di ritardo regionale, e a maggior ragione nazionale, la meccanica padovana sembrava decisamente porsi a matrice di una vocazione che ancor oggi, un secolo dopo, rimane di peso nell economia manifatturiera della provincia e della città. Un ultima osservazione è comunque opportuna in riferimento ai dati citati nelle tabelle, e riguarda la manodopera industriale. Essa testimonia 22
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11 di un insediamento di cultura lavorativa, si era ancora nell epoca degli operai di mestiere, che si diramava da Padova, dove era concentrato il 41% della forza-lavoro, ai maggiori centri della provincia: da Cittadella ad Este, passando per la già citata Battaglia, e soprattutto per Piazzola sul Brenta, un piccolo centro agricolo a nord della città dove Paolo Camerini aveva realizzato a partire da cospicui interessi fondiari un importante complesso di pluriattività industriali, tra le quali risaltavano uno Jutificio già proiettato a un mercato d esportazione, ed un impianto per La filanda Franceschetto di Cittadella e, all interno, la sala delle bacinelle. 24
12 la produzione di fertilizzanti chimici sia per autoconsumo sia per vendita presso le aziende agricole del territorio. Gli anni successivi alla prima guerra mondiale allargarono la base produttiva industriale: il dinamismo delle aree forti della regione, in primis del vicentino e del suo rilevante polo laniero, il più importante del paese, andava generando anche nel cuore agricolo di questa nuove iniziative manifatturiere, irrobustendo quelle che all epoca del primo Censimento erano appena avviate. Il porto merci di corso del Popolo ai primi del Novecento (BCP). Deposito bevande della ditta Pasquale di Cittadella, primi del Novecento. 25
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