La protezione dei diritti fondamentali nella giurisprudenza italiana Relazione rivista dall autore

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1 La protezione dei diritti fondamentali nella giurisprudenza italiana Relazione rivista dall autore Ernesto Lupo Già Presidente della Suprema Corte di Cassazione italiana L Autore si sofferma sull incidenza della protezione dei diritti fondamentali sulla tutela nazionale dei diritti dell indagato e richiama la giurisprudenza italiana più recente per dimostrare come questa sia ormai molto attenta all osservanza dell art. 46 della CEDU, che obbliga gli Stati Parti Contraenti a conformarsi alle sentenze della Corte EDU di Strasburgo. L Autore auspica che l Unione europea prosegua nell adozione di un insieme uniforme di garanzie e tutele procedurali, che non potranno non valere anche per le indagini transnazionali. INCIDENZA DELLA PROTEZIONE EUROPEA DEI DIRITTI FONDAMENTALI SULLA TUTELA NAZIONALE DELLA PERSONA INDAGATA DA INDAGINI TRANSNAZIONALI L attività che ho svolto fino a pochi giorni fa e la presenza, in questa sessione della Conferenza, di altri relatori che hanno lavorato nelle Corti europee mi inducono a limitare la mia relazione alla giurisprudenza nazionale. Prenderò in esame, quindi, la protezione dei diritti fondamentali secondo gli orientamenti della Corte costituzionale e della Corte di cassazione italiana, negli aspetti in cui questa tematica può assumere rilievo rispetto alle indagini transnazionali svolte attualmente dall OLAF e, nel futuro, dalla Procura europea prevista dall art.86 TFUE. I diritti da prendere in considerazione attengono essenzialmente alla materia penale, intesa in senso ampio, comprensiva cioè anche delle sanzioni amministrative di natura punitiva, secondo l interpretazione che dell oggetto dell art.7 della CEDU ha dato la Corte di Strasburgo. Invero, le indagini transnazionali svolte per accertare la commissione di fatti lesivi degli interessi finanziari dell Unione europea coinvolgono i diritti difensivi delle persone sottoposte alle stesse indagini. E tali diritti sono previsti, in via principale, dalla normativa relativa al processo penale, contenuta nella nostra Costituzione e nel codice di rito penale. Lo sviluppo completo del tema della mia relazione esigerebbe, pertanto, un esame analitico della normativa processuale, nel contenuto relativo alla protezione dei diritti fondamentali della persona indagata da una indagine che può sfociare in un processo penale. Ma ciò comporterebbe una trattazione (impossibile in questa sede) estesa all intero codice di procedura penale italiano, nel suo contenuto e, prima ancora, nei principi costituzionali che lo concernono. Nel perseguimento di una maggiore uniformità della protezione dei diritti fondamentali delle persone indagate, obiettivo che appare essenziale perseguire quando si prospetta concretamente un ampio sviluppo delle indagini transnazionali, mi sembra opportuno limitare questa relazione alla incidenza che, sulla tutela na- 67

2 68 zionale dei diritti dell indagato, ha secondo gli orientamenti attuali della giurisprudenza italiana la protezione dei diritti fondamentali prevista a livello europeo. GLI EFFETTI DELLE SENTENZE DELLA CORTE EDU a) nei confronti delle parti del giudizio svoltosi davanti alla Corte di Strasburgo; b) nei confronti dei soggetti diversi dalle parti. Dopo un lungo periodo in cui la giurisprudenza italiana ha avuto un atteggiamento di scarsa conoscenza e di solo sporadica applicazione della CEDU, ormai è diritto vivente la sua diretta applicazione nell ordinamento interno e la sua vincolatività rispetto al legislatore nazionale che è obbligato a rispettarne le disposizioni. L eventuale contrasto delle leggi interne con le norme convenzionali ne determina, di regola, l incostituzionalità per violazione del precetto (posto al legislatore nazionale dall art.117, primo comma, della Costituzione) di rispettare i vincoli derivanti dagli obblighi internazionali. Nell ambito delle disposizioni della CEDU possono venire in rilievo, nella materia che qui consideriamo, i diritti fondamentali sanciti dagli artt.5-7, da fare valere, ovviamente, nell ambito dei processi che si siano instaurati in Italia a seguito delle indagini transnazionali condotte dagli organismi europei. Va, infatti, tenuto presente che anche la futura Procura europea, competente per individuare, perseguire e rinviare a giudizio gli autori di reati che ledono gli interessi finanziari dell Unione, dovrà poi esercitare l azione penale dinanzi agli organi giurisdizionali competenti degli Stati membri (art.86 par. 2 TFUE). a) Questi principi (indiscussi dopo le sentenze della Corte costituzionale n. 348 e 349 del 2007) comportano la piena efficacia dell art.46 della CEDU, che obbliga l Italia a conformarsi alle sentenze definitive della Corte (di Strasburgo) sulle controversie nelle quali è parte. L effetto vincolante diretto delle dette sentenze (a beneficio della persona indagata che, eventualmente, abbia lamentato con successo davanti alla Corte EDU la violazione della Convenzione) ha, di recente, trovato lo strumento processuale apposito in un nuovo caso di revisione della pronunzia penale di condanna che determina la riapertura del processo (già conclusosi va sottolineato - con il passaggio in giudicato della condanna), quando ciò sia necessario per conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell uomo. Tale strumento processuale, constatata l inerzia del legislatore nazionale, è stato introdotto dalla Corte costituzionale con la sentenza 7 aprile 2011 n.113, che così ha superato i diversi tentativi operati in passato dalla Cassazione per applicare uno strumento già previsto dal codice di procedura penale idoneo a superare il giudicato di condanna, al fine di conformarsi alla sopravvenuta decisione della Corte EDU. Il nostro Giudice delle leggi ha constatato l inesistenza di un istituto atto, in linea generale, a dare esecuzione alle sentenze di Strasburgo e lo ha opportunamente introdotto, anche se rimangono non facili problemi di compatibilità della attuale disciplina della revisione con il nuovo caso aggiunto a quelli già previsti dall art.630 c.p.p.. È però certo che il soggetto indagato da una indagine transnazionale potrà utilmente fare valere davanti al giudice italiano il mancato rispetto dei diritti fondamentali sanciti dalla CEDU che egli ritenga si sia avuto nel corso delle indagini medesime.

3 b) Più problematica è l individuazione degli effetti delle sentenze della Corte EDU (riguardanti l Italia o anche altro Stato aderente alla Convenzione) nei confronti di soggetti diversi dalle parti in giudizio. Ferma l idoneità di tutte le sentenze a fornire la necessaria interpretazione delle disposizioni della CEDU (pure se esse, di regola, si riferiscono al caso concreto sottoposto al giudizio della Corte europea, la quale si limita ad accertare se in quel caso si sia o meno verificata una violazione della Convenzione), è sorto, in particolare, il problema se le sentenze stesse siano idonee ad incidere sui casi già giudicati dal giudice nazionale e non sottoposti alla Corte europea. Questo problema si è posto, di recente, alle Sezioni unite penali della Cassazione che sono state chiamate a giudicare sugli effetti della sentenza della Corte EDU, Grande Chambre, 1 settembre 2009, Scoppola, la quale ha interpretato in modo del tutto innovativo l art.7 della CEDU, nel senso che esso impone non solo la non retroattività delle leggi penali più severe, ma anche l applicazione di quella legge intervenuta nel corso del giudizio che sia più favorevole all imputato (principio, peraltro, espresso anche dall art.49 della Carta di Nizza). Tale sentenza ha fatto ritenere in contrasto con il citato art.7 l irrogazione della pena dell ergastolo, anziché di quella della reclusione di anni trenta prevista da una disciplina sopravvenuta a favore dell imputato (appunto il menzionato Scoppola) che aveva chiesto di procedersi con giudizio abbreviato (la disciplina sopravvenuta era quella vigente nel giorno di detta richiesta). Conseguentemente, allo Scoppola la pena dell ergastolo è stata mutata, con sentenza successiva al giudicato, nella reclusione di anni trenta. Alla Cassazione si è posto il quesito se questa stessa modifica della pena debba essere operata a favore di altro condannato definitivo all ergastolo che si trovi nella medesima posizione processuale dello Scoppola, pur non avendo questi adito la Corte di Strasburgo (ed essendo scaduto il relativo termine), e non potendo quindi invocare l esecuzione di una sentenza a lui favorevole della Corte europea. La Cassazione ha ritenuto, in linea generale, che una decisione della Corte EDU può assumere rilevanza anche in processi diversi da quello in cui essa è intervenuta, ma che, nel caso di specie, l applicazione doverosa in altri processi della sentenza di Strasburgo (sul caso Scoppola) sia impedita da alcune disposizioni di legge interna che non possono essere interpretate in modo da rendere possibile siffatta applicazione. Ed ha, pertanto, rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale di dette disposizioni (Sez. un., 19 aprile 2012 n.34472, Ercolano). La Corte costituzionale ha recentemente discusso la questione e si è in attesa di conoscerne la decisione. Sempre nel 2012 le Sezioni unite penali hanno dovuto decidere degli effetti sugli altri processi della sentenza della Corte EDU del 10 aprile 2012, Lorenzetti c. Italia, la quale ha affermato che la trattazione del procedimento di riparazione per ingiusta detenzione debba avvenire in udienza pubblica anziché con le forme del rito camerale, (non essendo stata considerata sufficiente la partecipazione del difensore alla discussione non pubblica). Questa sentenza europea, che chiaramente va al di là del caso concreto ed accerta una violazione del giusto processo riconducibile al sistema normativo italiano, comporta un superamento di tale sistema che non può essere conseguito con una opera di interpretazione giu- 69

4 70 diziale, onde anche in questo caso la Cassazione ha dovuto sollevare la questione di costituzionalità delle disposizioni del codice di rito che sono in contrasto con la CEDU come interpretata dalla citata sentenza sul caso Lorenzetti (Sez. un., 18 ottobre 2012 n.41694, Nicosia). Anche qui si è in attesa della decisione della Corte costituzionale. I due casi qui esposti dimostrano che la giurisprudenza italiana è ormai molto attenta all osservanza dell art.46 della CEDU (forza vincolante ed esecuzione delle sentenze di Strasburgo). Il rispetto dei diritti conferiti dalla Convenzione e conseguentemente delle sentenze della Corte EDU (nei loro effetti sia diretti nei confronti delle parti, sia indiretti sull ordinamento interno) può, pertanto, essere considerato un punto fermo da parte dei soggetti sottoposti ad indagini transnazionali di organismi europei (presenti e futuri). Questa situazione si rivela utile anche in vista dell obiettivo di una protezione uniforme delle persone indagate dalle indagini transnazionali, obiettivo che ho già rilevato essere essenziale per la maggiore estensione di dette indagini. GLI EFFETTI DEL DIRITTO DELL UNIONE EUROPEA. IN PARTICOLARE: LA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI La protezione dei diritti fondamentali nell ambito della Unione europea è stata affermata, oltre che dalla CEDU, da una risalente ed ampia giurisprudenza della Corte di giustizia di Lussemburgo. Il più significativo orientamento degli ultimi anni in ambito europeo è stato nella comprensione dell ordine ultrastatale come sistema giuridico generale che, ponendo limiti agli ordini statali, aumenta e non diminuisce le garanzie per coloro che ne fanno parte. E la forza del sistema europeo sta proprio nel carattere espansivo dei diritti. Nell Unione un ruolo normativo particolare è stato assunto dalle istituzioni sovranazionali, con il riconoscimento agli organismi della Comunità del potere di emanare norme dotate di efficacia diretta, atte a prevalere sulle norme nazionali: da quel momento, ponendosi al centro di tutto il sistema la tutela dei diritti fondamentali, la compenetrazione fra ordinamenti nazionali e sovranazionali ha vissuto un crescendo inarrestabile. Gli effetti diretti delle fonti del diritto dell Unione sull ordinamento interno costituiscono oggi i pilastri dell ordinamento europeo. La Carta dei diritti fondamentali, avente lo stesso valore giuridico dei trattati della Unione (art.6 TUE), ha inteso rafforzare tale protezione e ha reso più visibili i diritti stessi, in quanto formulati in un documento scritto. Il cammino comunitario compiuto dalla stessa nostra Corte Costituzionale ha mostrato come oggi il controllo di legittimità degli atti interni non sia affidato in termini di accentramento soltanto alla Corte Costituzionale, bensì, in termini diffusi, anche a tutti i giudici, chiamati a dare piena ed immediata attuazione alle norme comunitarie provviste di efficacia diretta e a non applicare, in tutto o anche solo in parte, le norme interne con esse ritenute incompatibili, ove occorra, previo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia ai sensi dell art. 267 TFUE (già art. 234 Trattato CE), operandosi, ove possibile e nella misura più estesa, nei termini dell interpretazione conforme. Non può, perciò, essere posto in dubbio che il giu-

5 dice nazionale sia legittimato a verificare che l indagine transnazionale effettuata da un organismo europeo, qualora si riconosca ad essa rilevanza giuridica in un processo interno, abbia rispettato i diritti fondamentali, e quindi i diritti della difesa garantiti dall art.48 della Carta citata. È, invero, incontestabile l applicabilità, in siffatta ipotesi, della Carta, dato che l indagine transnazionale è compiuta in attuazione del diritto dell Unione, onde si è nell ambito di applicazione della stessa Carta (art.51). Nella Carta dei diritti fondamentali, tuttavia, non è precisato come i diritti della difesa debbano essere garantiti. Appare allora auspicabile l emanazione di una normativa comunitaria che intervenga per introdurre regole procedurali comuni applicabili in tutta l Unione europea, producendo effetti positivi sulla tutela del diritto di difesa, la quale venga resa uniforme ed incrementata anche nella sua effettività. In tal senso mi sembra che gli organi dell Unione si siano già mossi approvando la direttiva 2010/64/EU sul diritto all interpretazione e traduzione e la direttiva 2012/13/EU sul diritto all informazione nei procedimenti penali. Nella raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio sullo sviluppo di uno spazio di giustizia penale dell Unione europea (P6_TA-PROV (2009)0386) lo stesso Parlamento europeo ha sottolineato che è necessario completare l attuazione del principio del riconoscimento reciproco, accompagnandola con l adozione di un insieme uniforme di garanzie e tutele procedurali nei procedimenti penali, basato sul principio della presunzione di non colpevolezza, come il diritto a una comunicazione dei diritti, il diritto all assistenza legale, gratuita ove sia necessario, e anche prima del processo, il diritto a produrre prove, il diritto a essere informato, in una lingua comprensibile per l indagato/imputato, della natura e/o delle motivazioni delle contestazioni e/o dei fondamenti dei sospetti, il diritto di accesso a tutti i documenti pertinenti in una lingua che l indagato/imputato comprende, il diritto a un interprete, il diritto a un audizione, nonché meccanismi di ricorso efficaci e accessibili. La previsione di queste garanzie e tutele procedurali non potrà non valere anche per le indagini transnazionali. Allo stato, in attesa di una ampia disciplina uniforme dell Unione europea, la protezione nazionale del diritto di difesa nelle indagini transnazionali va individuata in relazione al se ed al come i risultati di tali indagini (aventi oggi natura amministrativa) vengano ad essere utilizzati nel processo penale o comunque nel giudizio che abbia per oggetto l applicazione di una sanzione amministrativa punitiva. Non risultano precedenti della Cassazione sulla utilizzazione delle indagini svolte dall OLAF. Al riguardo può, però, essere richiamato l orientamento della Cassazione penale secondo cui le disposizioni del codice di rito sulla inutilizzabilità degli atti assunti per rogatoria all estero (art.729 c.p.p.) non si applicano all acquisizione di informazioni emerse all interno di un procedimento penale estero, che spontaneamente ed autonomamente l autorità estera ha offerto all autorità italiana. E ciò è stato affermato con riferimento ad atti di carattere amministrativo trasmessi da una polizia straniera (Cass. febbraio 2009 n.11118, rv , con numerosi precedenti conformi). Lo stesso principio credo che possa essere applicato agli atti delle indagini amministrative svolte dall OLAF. 71

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