Caratteristiche degli ecosistemi acquatici

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1 Giornata di formazione Morie di ittiofauna nelle acque libere: gestione e controllo Pisa 27 novembre 2009 Caratteristiche degli ecosistemi acquatici Gilberto N. Baldaccini Servizio Locale della Versilia Fabrizio Serena Area Mare 1

2 LE ACQUE INTERNE Comprendono tutte le acque continentali separate dal mare dalla linea di costa Si suddividono in superficiali e profonde, correnti e stagnanti oligoaline Non tutte le acque interne sono dolci mesoaline polialine marine Acque dolci (< 0,5 ) Salinità Le acque interne comprendono tutte le acque continentali che sono separate dal mare dalla linea di costa. Queste si suddividono in superficiali e profonde, correnti e stagnanti. Le acque interne sono prevalentemente dolci, quindi con livelli di salinità inferiori a 0,5 parti per mille. Si incontrano tuttavia, in prossimità della costa, ambienti acquatici di transizione con salinità spesso elevate (salmastre) come le zone umide costiere. Le stesse foci dei fiumi sono influenzate dalla presenza di intrusione marina anche per molti chilometri. 2

3 Ecosistemi acquatici Acque correnti (lotiche) Sorgenti, ruscelli, torrenti, fiumi, ecc. Tempi di ricambio dell ordine della settimana* Ecosistemi aperti Metabolismo eterotrofo Corrente, principale fattore di controllo Meccanismi di adattamento, diversità ambientale Gli ecosistemi acquatici continentali possono essere sinteticamente raccolti in due tipologie principali. La prima è quella appartenente alle acque correnti, rappresentate dai vari tratti fluviali (ruscelli, torrenti, fiumi, ecc.). Le acque correnti sono considerate ecosistemi aperti a metabolismo eterotrofo, in cui le reti trofiche si basano principalmente sulla produzione primaria proveniente dagli ecosistemi circostanti, terrestri e acquatici. Il principale fattore di controllo in questi ambienti è rappresentato dalla corrente, da cui dipende la maggior parte dei meccanismi di adattamento e la diversità ambientale. 3

4 Acque stagnanti (lentiche) Laghi, stagni, paludi, acquitrini, ecc. Tempi di ricambio dell ordine dell anno* Ecosistemi chiusi Metabolismo autotrofo Trasparenza, principale fattore di controllo Meccanismi di adattamento, diversità ambientale Una seconda tipologia comprende le acque stagnanti, rappresentate da corpi idrici come laghi, paludi, acquitrini, ecc., dove la vita si basa essenzialmente sull utilizzo di materia organica proveniente dalla produzione primaria interna (piante e alghe). Il fattore principale di controllo è rappresentato dalla trasparenza delle acque i cui livelli sono indispensabili per garantire lo sviluppo di macrofite e quindi di habitat. La trasparenza può diminuire per effetto di processi eutrofici o per l eccessiva presenza di sedimenti fini. 4

5 Reticolo Artificiale Canali e fossi di bonifica Tempi di ricambio regolati artificialmente Ecosistemi aperti Metabolismo eterotrofo Principale fattore di controllo: manutenzione Meccanismi di adattamento, diversità ambientale Vi è poi una tipologia derivante dalle opere di bonifica che hanno trasformato sostanzialmente l assetto del territorio creando una rete di canali artificiali per il drenaggio delle acque e il prosciugamento delle zone umide. Le continue azioni di manutenzione esercitate con metodi tradizionali costituiscono il principale fattore di controllo che rende i canali privi di funzioni di habitat. Riqualificarli vorrebbe dire sfruttarne le potenzialità per migliorare l assetto paesaggistico e incrementare la biodiversità e la fruibilità di intere aree. 5

6 I fattori-chiave dell ambiente acquatico FAUNA ITTICA Fattori idroclimatici Temperatura, ph, O 2, CO 2, ioni principali, torbidità Eterogeneità + variabilità + connettività Biodiversità MACROINVERTEBRATI m-dam Interazioni biotiche Competizione, predazione Popolamenti MICROFAUNA Le dimensioni dell habitat dipendono dall organismo mm cm-dm Habitat Rifugi, ripari, copertura vegetale Profondità, velocità, substrato, sedimenti fini, ripari idraulici Habitat: Caratteristiche fisiche (morfodinamiche) percepite dall organismo. Dimensione spaziale (in relazione alla taglia e mobilità dell organismo) Dimensione temporale (in relazione al suo ciclo di vita) Fattori trofici Nutrienti (N, P) Produttori primari Frammenti vegetali Da Sansoni, 2003, modificato Tutti gli ambienti acquatici sono regolati da fattori-chiave che determinano la dimensione e la ripartizione delle popolazioni delle diverse specie, quindi sia la biodiversità sia la produttività. Tali fattori possono essere raggruppati in: 1) idroclimatici, relativi alla fisico-chimica dell acqua, relativamente stabili su un ampia scala spaziale; 2) di habitat, relativi alle caratteristiche fisiche alla scala degli organismi (si usa anche il termine morfodinamiche per comprendere la variabilità legata al deflusso e l eterogeneità delle strutture morfologiche); 3) trofici (natura e quantità delle risorse alimentari); 4) biotici: interazioni dirette tra organismi (competizione, predazione...). Questi fattori non sono indipendenti: i primi tre costituiscono il quadro nel quale si esercita la competizione tra le specie; l eterogeneità degli habitat è d estrema importanza per limitarne gli effetti. [Schema da Wasson et al., 1993, modificato; in Sansoni, 2003]] 6

7 Fattori idroclimatici: i parametri principali Temperatura Dipende da: clima locale, ombreggiamento, portata, dighe, scarichi, contatti con la falda. Influenza: metabolismo, cicli vitali, concentrazione gas, stratificazione, ecc. Conducibilità In stretta correlazione con il contenuto di sali disciolti. Può determinare la composizione delle comunità. ph E determinante per la sopravvivenza della vita acquatica. Range: 6,5-8,5 Gas disciolti Torbidità I principali sono CO2 e O2. La loro concentrazione è in stretto rapporto con i processi metabolici e con l origine delle acque. Dipende da fattori naturali e antropici. Agisce sulla fotosintesi ma anche sul comportamento di molti organismi acquatici. I principali fattori idroclimatici che regolano le condizioni dell ambiente sono costituiti da temperatura, conducibilità, gas disciolti, ph, trasparenza. Questi fattori variano da un ambiente all altro determinando quelle differenze che consentono l individuazione di una serie infinita di ambienti e di adattamenti. 7

8 I fattori-chiave dell ambiente acquatico: l habitat L habitat è una altro dei fattori che determinano distribuzione e composizione delle comunità. Già da una prima sommaria osservazione di un sistema acquatico siamo in grado di apprezzare differenze sostanziali legate ad una banalizzazione o da una diversificazione dell ambiente. 8

9 Elevata Diversità ambientale = ricchezza di habitat L incremento di diversità ambientale è in genere sinonimo di diversità biologica. La diversità è data dalla presenza di un insieme di elementi che favoriscono lo sviluppo di comunità complesse. 9

10 Elevata ricchezza di habitat = elevata biodiversità FUNZIONI dell habitat TROFICHE RIPRODUTTIVE RIFUGIO CIBO CICLI VITALI DIFESA E RIPOSO Risulta quindi di fondamentale importanza la presenza di habitat integri e diversificati per la garantire lo sviluppo di comunità ed in particolare di comunità ittiche, in buona salute. Gli habitat possono avere funzioni trofiche, per l alimentazione, riproduttive, per assicurare il completamento dei cicli vitali, e di rifugio, per difendere gli animali dai predatori o semplicemente per garantire periodi di sosta e riposo. 10

11 Zonazione delle acque correnti DISCONTINUITA MORFOLOGICHE CHIMICO FISICHE BIOTICHE CRENAL= EUCRENAL (sorgenti) HYPOCRENAL (rivoli sorgivi ordine 1) 4,5 9,8 C (da Sansoni, 2003) RHITHRAL Comunità con specie reofile e stenoterme POTAMAL Comunità con specie stenoterme fredde e calde EPIRHITHRAL METARHITHRAL IPORHITHRAL EPIPOTAMAL METAPOTAMAL IPOPOTAMAL Ordine 2 Ordine 3 Ordine 4 Ordine 5 Ordine 6 Ambiente di foce Forti pendenze Alvei più ampi Minor turbolenza Scarsa pendenza Acque lente e torbide Acque salmastre. Roccia, massi e ciottoli. Briofite (muschi) Massi, ciottoli, ghiaia. Perifiton Ciottoli. Ghiaia e sabbia Ghiaie e sabbie Sabbie e limi Piante acquatiche Limi Temp C 8 15 C C 16 >20 C Le discontinuità che si incontrano procedendo da monte a valle osservando i fattori morfodinamici, rappresentati dalla corrente, dall ampiezza e dalla profondità del letto fluviale, dalla granulometria dei substrati e le variazioni a carico della temperatura, della concentrazione dei gas, del contenuto di sali disciolti e della torbidità hanno consentito di classificare i tratti fluviali secondo una successione longitudinale o zonazione. Ad ognuno di queste zone sono associabili comunità animali e vegetali di cui è possibile, per grandi linee, prevedere la composizione. Queste discontinuità si riscontrano alla confluenza di corsi d acqua di medesime dimensioni e ordine gerarchico. Tre zone, esse stesse suddivise, si succedono l una all altra dalla sorgente alla foce - crenal, rhithral e potamal e le loro comunità costituiscono il crenon, il rhithron e il potamon. Con il termine crenal si identificano le sorgenti (eucrenal) da cui sgorga acqua e i rivoli (hypocrenal) di drenaggio di ordine 1 che originano da esse. Il termine rhithral individua corsi d acqua montani e collinari con pendenza non inferire a 0,15% e con corrente rapida ed elevata idrodinamicità. Il potamal risulta dalla confluenza di corsi d acqua montani e collinari e scorre nella piana alluvionale con pendenze ridotte, inferiori a 0,15 %. Il materiale depositato è prevalentemente caratterizzato da limi. 11

12 Diversità di specie in funzione della diversità di habitat ZONA DEI SALMONIDI ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE LITOFILA ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE FITOFILA ZONA DEI MUGILIDI ZERUNIAN? Alcune delle specie raffigurate sono esclusive della regione Padana e altre di quella italico-peninsulare HUET ZONA DELLA TROTA ZONA DEL TEMOLO ZONA DEL BARBO ZONA DELL ABRAMIDE? da Sansoni, 2003, modificato Diversità di specie in funzione della diversità dell habitat: alla variazione dei parametri ambientali corrisponde una variazione dei popolamenti ittici ( successione longitudinale o zonazione ). Il primo tentativo di individuare una zonazione applicabile sui fiumi europei fu elaborata da Huet (1949), sulla base della variazione dei parametri di maggiore importanza ecologica (velocità e temperatura). Nei corsi d acqua italiani questa zonazione, a cui si è fatto riferimento per molti anni, non è risultata adatta poiché una delle specie utilizzate, l abramide, non è naturalmente presente, e un altra, il temolo, è scarsamente rappresentata nelle acque dolci italiane. La lunghezza dei nostri corsi d acqua risulta inoltre di modesta entità, per questo la loro articolazione in zone è meno complessa dei grandi fiumi centro europei. Zerunian ha così pensato di rivedere la distribuzione suddividendo i fiumi in quattro zone basate sulle esigenze bio-ecologiche di alcune specie appartenenti alla famiglia dei Salmonidi (trota fario e marmorata), Ciprinidi (barbo, barbo canino, vairone, tinca, scardola, triotto) e Mugilidi (cefalo, ecc.). Le caratteristiche ambientali di ciascuna zona dipendono in primo luogo dalla pendenza del tratto, dalla portata e dalla vicinanza al mare. Le specie individuate per le prime tre zone risultano caratterizzanti per la limitata valenza ecologica. La zonazione è un modello utile a fini pratici ma non risponde mai perfettamente alla realtà naturale, che risulta in genere più complessa e articolata ma, in alcuni casi, anche più semplice. Bisogna infatti considerare che non esistono mai confini netti tra le varie zone e che ci sono specie ad ampia valenza ecologica (anguilla, cavedano) che risultano presenti contemporaneamente in più zone. Vi sono poi situazioni particolari come quella delle risorgive dove è frequente la sovrapposizione di specie ittiche normalmente tipiche di zone diverse (da Zerunian, 2002). 12

13 Zonazione delle acque stagnanti (laghi) Zona litorale Zona sublitorale Zona litorale Zona pelagica o delle acque libere O 2 Epilimnio (Zona eufotica o trofogena) Ipolimnio (Zona afotica o trofolitica) 5% della luce incidente 1% della luce incidente zona di compensazione CO 2 La zonazione di uno specchio d acqua stagnante è definita sulla base della successione di differenti gruppi vegetali e sulla presenza di attività trofica legata alla penetrazione della radiazione luminosa. La zona litorale, si sviluppa in genere lungo il perimetro di uno specchio lacustre, e si estende dalla riva al punto corrispondente alla profondità limite per lo sviluppo delle macrofite. Questa supera raramente la decina di metri. Il substrato è composto da materiale grossolano e da materia organica in decomposizione. La zona che segue è definita sublitorale e nei corpi idrici a modesta profondità può non differenziarsi molto rispetto alla prima. Il limite della zona sublitorale è segnato dall inizio della zona profonda dei sedimenti fini, caratterizzati dall assenza dei vegetali. La zona di acque libere che segue la zona litorale si chiama zona pelagica e costituisce il dominio del plancton. La parte più superficiale di questa zona è definita epilimnio o zona eufotica ed è sede di intensa attività fotosintetica. Al disotto si stratifica la zona detta ipolimnio o zona afotica dove predominano i processi di decomposizione, l ossigeno (O 2 ) tende a diminuire ed aumenta, entro certi limiti, l anidride carbonica (CO 2 ). La profondità alla quale l ossigeno consumato dalla respirazione è uguale a quello prodotto dalla fotosintesi si chiama profondità di compensazione. A questo livello la luminosità si riduce a circa l 1% dell irradiazione che raggiunge la superficie e costituisce il limite per lo sviluppo delle microalghe. 13

14 Zonazione ittica nelle acque stagnanti Specie litorali con comportamento e biologia riproduttiva strettamente legati alla vegetazione acquatica Luccio, Tinca, Persico reale, Scardola, Triotto Luccio Specie pelagiche con comportamento gregario e alimentazione esclusivamente planctonica Agone, Alborella Triotto Anguilla Agone Negli ambienti di acque stagnanti non è ipotizzabile una zonazione ben definita come quella dei corsi d acqua in quanto le zone sfumano una nell altra con continuità e la distribuzione delle specie ittiche non è strettamente legata al mutare dei parametri ambientali. In ambienti di notevoli dimensioni o dove comunque è possibile riscontrare la zonazione individuata per gli ambienti lacustri, quella litorale e pelagica, si possono rilevare habitat frequentati prevalentemente da specie con particolari esigenze bioecologiche. Tipici della zona litorale saranno quindi specie che per motivi trofici e riproduttivi, ma anche comportamentali, necessitano della presenza di abbondante vegetazione acquatica. Il luccio (Esox lucius), la tinca (Tinca tinca) il persico reale (Perca fluviatilis), la scardola (Scardinius erythrophthalmus) e i triotto (Rutilus erythrophthalmus). Alcune di queste tuttavia possono lasciare la zona litorale per spingersi in acque profonde alla ricerca di ambienti idonei allo svernamento. La zona pelagica sarà invece frequentata da specie strettamente legate ad una alimentazione planctonica come l agone (Alosa fallax) e l alborella (Alburnus alburnus alborella). Anche le specie pelagiche tuttavia guadagnano le rive per soddisfare esigenze riproduttive legate alla presenza di fondali ghiaiosi o sabbiosi o di vegetazione acquatica. 14

15 La curva a sacco dell ossigeno Variazioni della concentrazione di ossigeno disciolto e della comunità acquatica in seguito all immissione di notevoli quantità di sostanza organica in un corso d acqua (da Odum, 1973, modificato, in Zerunian, 2003 ) Sia l alterazione degli habitat che delle condizioni idroclimatiche possono causare danno alle comunità acquatiche. L improvvisa immissione di sostanza organica (come i reflui fognari non trattati), in quantità superiori alle normali capacità metaboliche di un corso d acqua, provocano variazioni repentine nella concentrazione di ossigeno disciolto, assorbito dall attività di decomposizione operata dalla flora batterica e sottratto alle comunità acquatiche. Oltre ad un caratteristico abbassamento della concentrazione di ossigeno, esemplificato dalla curva a sacco, si osserva la progressiva scomparsa di specie sensibili che sono sostituite da forme in grado di sopravvivere grazie alla capacità di assumere ossigeno atmosferico, come le larve di zanzara o dei sirfidi. Lungo il flusso della corrente, avviene il trasporto e la ciclizzazione della materia, che per effetto dell attività batterica si trasforma in sostanza inorganica. Solo allora si ripristinano le condizioni originarie e si assiste alla ricomparsa delle comunità tipiche del corso d acqua. La notevole disponibilità di ossigeno nelle acque correnti ha determinato la comparsa di molte forme con tolleranza piuttosto limitata ed elevata sensibilità alla carenza di ossigeno. Sulla base del comportamento di queste comunità sono stati elaborati gli indicatori biologici che consentono di classificare ed evidenziare i livelli di inquinamento delle acque. L ossigeno rappresenta quindi un fattore limitante in ambiente d acqua dolce. La concentrazione dell ossigeno disciolto (O.D.) e la richiesta di ossigeno biologico (Biological Oxigen Demand = BOD) sono fattori frequentemente misurati per la valutazione dello stato chimico delle acque correnti e lentiche. Poiché esiste un rapporto ben definito fra liberazione di ossigeno e formazione di sostanza organica, la sua misura consente di stimare la produttività. Nei sistemi di acque correnti è utile la misura con il metodo della curva diurna. La misurazione ad intervalli regolari consente di valutare la produzione di O2 durante il giorno e il consumo durante la notte, calcolando l area delimitata dalla curva. Il metodo misura la produzione primaria netta. 15

16 Alveo piatto Alveo piatto e assolato: l acqua scorre lentamente e in strato sottile Da Sansoni, 2003 Raggi solari Alveo naturale Alveo di magra inciso, ombreggiato, con maggior profondità e velocità rallentamento della corrente maggior tempo di esposizione all'irraggiamento maggior velocitá della corrente minor tempo di esposizione all'irraggiamento maggiore superficie esposta all'irraggiamento solare minor % di ombreggiamento minor superficie esposta all'irraggiamento solare maggior % di ombreggiamento riscaldamento acque acque piú fresche proliferazione algale morie pesci e altri organismi minor contenuto di ossigeno disciolto assenza di proliferazione algale organismi acquatici sani maggior contenuto di ossigeno disciolto crisi ipossiche maggiori esigenze di ossigeno (metabolismo piú elevato) assenza di crisi ipossiche minori esigenze di ossigeno (metabolismo rallentato) Pesci tristi Pesci allegri La grande maggioranza degli interventi fluviali è accompagnata dallo spianamento dell alveo, spesso senza alcuna reale necessità idraulica. Ciò può forse semplificare i calcoli idraulici e conferire al corso d acqua un aspetto ordinato per quanto del tutto estraneo alla natura ma, purtroppo, può rendere proibitive le condizioni di vita degli organismi acquatici. Infatti, essendo adeguato alle portate di piena, l alveo sarà nettamente sovradimensionato rispetto alle portate abituali e, in maniera ancor più accentuata, rispetto alla portata di magra. In queste condizioni, il fondo piatto comporterà la dispersione delle acque su un ampia superficie e indurrà una notevole riduzione della velocità e della profondità, con una serie di conseguenze ecologiche negative, tra le quali il riscaldamento delle acque, la proliferazione algale e condizioni predisponenti a drammatiche cadute dell ossigeno disciolto ed a morie di pesci e di altri organismi acquatici. La figura mostra in maniera semplice ma efficace l impatto devastante, soprattutto nei periodi di magra, esercitato dall appiattimento del letto. Si comprende allora l assoluta importanza, in tutti i lavori che interessano l alveo, di realizzare un alveo di magra inciso (serpeggiante all interno di quello di piena, anch esso preferibilmente non appiattito), nel quale possano concentrarsi le scarse acque di magra. 16

17 Grazie per l attenzione! Schemi e commenti tratti dal corso di Ecologia delle acque interne Corso di Laurea Gestione e valorizzazione delle risorse naturali - Università di Pisa a cura di G. N. Baldaccini. Per scaricare la versione integrale: Per contattare l autore gn.baldaccini@arpat.toscana.it Bibliografia citata Sansoni G., 2003 La tutela degli ambienti fluviali: dal monitoraggio alla riqualificazione. Atti del Corso di formazione (CD-rom), ARPAT, Massa ottobre Odum E., Principi di Ecologia. Piccin Editore. Zerunian S., Condannati all estinzione? Edagricole, Bologna, 220 pp. 17

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