Gestione terapeutica dell emofilia A

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1 Gestione terapeutica dell emofilia A IJPH - Year 9, Volume 8, Number 2, Suppl. 1, 2011 Chiara de Waure, Chiara Cadeddu, Maria Rosaria Gualano, Nicola Nicolotti, Francesco Di Nardo, Walter Ricciardi Introduzione Il trattamento del paziente emofilico si attua con l infusione del fattore della coagulazione carente, quindi per l emofilia A del Fattore VIII (FVIII) [1]. Dobbiamo tuttavia distinguere tra trattamento in acuto del paziente emofilico, con episodio emorragico in corso, e trattamento regolare, volto alla prevenzione delle sequele e caratterizzato dalla somministrazione programmata e continuativa dei concentrati. Distinguiamo ossia tra terapia on demand e profilassi. La terapia on demand (al bisogno) si mette in atto durante un episodio emorragico per limitarne la severità e indurne la risoluzione. Consiste nella somministrazione endovenosa del fattore carente e rappresenta il più importante degli interventi, tale da dover essere quindi eseguito prima di ogni indagine di approfondimento. Il dosaggio di FVIII da utilizzare deve tener conto del fatto che ogni unità internazionale (UI) che viene somministrata per kilogrammo di peso corporeo è in grado di aumentare di circa il 2% i livelli plasmatici di FVIII e che l emivita dei prodotti è di circa 8-12 ore [2]. A complemento della terapia sostitutiva possono poi andare gli analgesici per il controllo del dolore [3]. La profilassi consiste invece nella somministrazione continuativa del fattore carente e può essere distinta in primaria e secondaria [4-6] (Tabella 1): La profilassi può essere anche adottata in ambito chirurgico, prima e successivamente a un intervento o a una manovra invasiva, per evitare complicanze emorragiche; esiste infine una profilassi short-term che viene eseguita nei pazienti con sanguinamenti ripetuti, specie se a carico di articolazioni target. Essa consiste di 4-8 settimane di somministrazione del fattore carente e ha l obiettivo di arrestare i sanguinamenti [2]. L evidenza scientifica suggerisce che la profilassi primaria è preferibile nella gestione del paziente emofilico [7,8], soprattutto in caso di emofilia grave, anche se è ancora dibattuta in letteratura la possibilità di mantenere la profilassi nell adulto [9,10]. Il protocollo di profilassi raccomandato dalla World Federation of Hemophilia (WFH) consiste nell infusione di UI/kg di FVIII tre volte alla settimana [2]. La WFH riconosce che la profilassi primaria è costosa, ma allo steso tempo ne afferma la costo-efficacia nel lungo termine e l efficacia nella riduzione degli episodi di sanguinamento e nel mantenimento della funzionalità articolare [2]. Ciò appare tanto più vero se si tiene in considerazione la possibilità di gestione a livello domiciliare della terapia. Grazie a specifiche leggi regionali i pazienti emofilici riescono, infatti, a provvedere in autonomia alla gestione del trattamento, al proprio domicilio e senza la presenza del personale sanitario. Tale tendenza, orientata a deospedalizzare la gestione della patologia, è ulteriormente favorita dall implementazione di servizi assistenziali domiciliari che producono effetti benefici sia sulla qualità dell assistenza stessa che sulle risorse allocate (cfr. capitolo degli aspetti organizzativi). Per quanto attiene ai prodotti con cui effettuare la profilassi, che saranno oggetto di tale capitolo, Tabella 1. Nomenclatura della profilassi [5,6]. Profilassi Primaria Trattamento continuativo a lungo termine* iniziato dopo il primo episodio di sanguinamento intrarticolare e prima dei 2 anni di età Profilassi Secondaria Trattamento continuativo a lungo termine* che non risponde ai criteri di definizione della profilassi primaria e che quindi è stato avviato dopo 2 o più episodi di sanguinamento intrarticolare o a un età maggiore di 2 anni *almeno 46 settimane/anno C A P I T O L O 2 S 1 7

2 riportiamo in tale sede cosa stabilito nelle linee guida disponibili sul trattamento dell emofilia A in Italia. Nelle linee guida dell Associazione Italiana dei Centri Emofilia viene chiaramente declinato che la terapia sostitutiva di scelta per i difetti congeniti dei fattori della coagulazione deve essere eseguita con prodotti da DNAricombinante, qualora disponibili e, solo nel caso in cui non lo siano, con i plasmaderivati [1]. Nello specifico, nell emofilia A, il FVIII ricombinante (rfviii) rappresenta il prodotto di scelta per la terapia sostitutiva, anche se gli stessi concentrati plasmaderivati sono considerati parimenti efficaci e caratterizzati ormai da un elevato grado di sicurezza [1]. In vista di eventuali problemi di disponibilità, le linee guida raccomandano tuttavia l introduzione graduale del rfviii, in accordo a criteri di priorità. In particolare, i pazienti non precedentemente trattati sono e devono essere trattati con rfviii, così come i pazienti negativi per HCV e HIV. Per i pazienti con infezione da HIV e da HCV, invece, la scelta del prodotto ricombinante, piuttosto che la prosecuzione del trattamento con i plasmaderivati, è volta a minimizzare il rischio di trasmissione di altre infezioni [1]. Accanto al problema della sicurezza virale, la maggiore complicanza clinica della terapia sostitutiva con FVIII è lo sviluppo di anticorpi inibitori [11-15]. Gli inibitori, rappresentati da anticorpi anti-fviii che inattivano questa proteina, si possono sviluppare a seguito di trattamento con crioprecipitati o concentrati di FVIII, sia plasmaderivati che ricombinanti [15]. Nella pratica quotidiana, i pazienti sono classificati in a basso, intermedio ed alto rischio di sviluppo di inibitori. Sono considerati a basso rischio quei pazienti con più di 150 giorni di esposizione (ED) cumulativi, mentre ad alto rischio quelli con meno di 20 ED cumulativi. Classificare i pazienti a rischio intermedio è considerato difficile e controverso: si tende, infatti, a considerare comunque ad alto rischio i pazienti fino a 50 ED cumulativi [16]. In aggiunta a questa classificazione, un differente approccio considera pazienti ad alto rischio coloro che hanno un fenotipo di emofilia A grave e non sono mai stati trattati prima (Previously Untreated Patients-PUP), oppure hanno meno di 20 giorni di esposizione al FVIII: questi soggetti necessitano di uno stretto follow-up per lo sviluppo di inibitori, soprattutto nelle fasi iniziali. Sono invece considerati a basso rischio i pazienti già trattati in precedenza (Previously Treated Patients-PTP) e che hanno già diversi giorni di esposizione al FVIII. La comparsa di inibitori in pazienti stabili e precedentemente trattati, soprattutto in quelli affetti da emofilia A lieve e moderata, può riflettere la presenza nei concentrati di FVIII di neo-antigeni [15]. Recentemente l European Medicines Agency (EMA) è giunta alla conclusione che la comparsa di inibitori nei PUP è una reazione immunitaria ad una proteina esogena correlata a fattori ambientali ed intrinseci al paziente (il difetto del gene del FVIII della coagulazione, la predisposizione genetica di tipo immunitario e la familiarità). Al contrario, lo sviluppo de novo di inibitori nei multitrasfusi e nei PTP stabili, essendo stati esclusi i fattori di rischio intrinseci, potrebbe riflettere la neoantigenicità del FVIII infuso [16,17]. Per questo motivo, l EMA sostiene che la valutazione della immunogenicità di uno specifico prodotto debba essere condotta su questa tipologia di pazienti stabili e precedentemente trattati e non sui pazienti mai esposti al trattamento sostitutivo [16]. Nonostante la presenza di inibitori del FVIII possa non essere permanente [15], alcuni possono persistere e inibire l attività della proteina stessa interferendo con il suo legame ai componenti del complesso che attiva il fattore X, riducendo in tale maniera l efficacia del trattamento [12]. Questa complicanza maggiore può avere importanti ricadute sia sull efficacia che sui costi della terapia [16-22], anche se oggi fortunatamente sono stati fatti passi avanti per evitare tali conseguenze, soprattutto attraverso approcci più sofisticati e prodotti con minore rischio di sviluppo di inibitori [23-29]. Prodotti per il trattamento e la profilassi: efficacia e sicurezza Plasmaderivati I plasmaderivati sono rappresentati da concentrati di fattore della coagulazione derivati da plasma umano [1]. I prodotti derivati da plasma fresco ovvero da plasma fresco congelato e crioprecipitato [1], che rappresentano la prima terapia antiemofilica messa a disposizione della comunità emofilica, non sono più in commercio da diversi anni e pertanto non verranno trattati in questa sessione. I concentrati plasmaderivati sono ottenuti da pool di plasma di migliaia di donatori, da cui i singoli fattori della coagulazione vengono purificati mediante varie metodiche di frazionamento, con risultati diversi in termini di grado di purezza, intesa come attività specifica per mg di proteina [1]. Più specificamente il FVIII viene inizialmente separato dal plasma per crioprecipitazione e poi ulteriormente purificato con diverse tecniche, in base alle quali si distinguono tre gruppi principali di prodotti: concentrati di FVIII a purezza intermedia, ottenuti mediante tecniche convenzionali di precipitazione-adsorbimento, S 1 8 C A P I T O L O 2

3 concentrati purificati mediante cromatografia, e concentrati purificati impiegando anticorpi monoclonali [1]. I concentrati plasmaderivati utilizzati in Italia sono riportati in Tabella 2 [1,30]. Il numero di unità di FVIII somministrate è espresso in UI, assegnate in riferimento ai correnti Standard Internazionali della World Health Organization (WHO) per i concentrati di FVIII umano [31]. Molti dei concentrati di FVIII plasmaderivato purificati con tecniche di cromatografia a scambio ionico contengono, contrariamente a quelli ottenuti mediante colonne di affinità contenenti anticorpi monoclonali anti-fviii, anche il fattore di von Willebrand: tali formulazioni sono state approvate, quindi, oltre che per il trattamento dell emofilia, anche per quello della malattia di von Willebrand [30]. Efficacia L efficacia dei concentrati plasmaderivati è stata valutata in vari studi, diversi per ciascuna delle preparazioni utilizzate; purtroppo però la maggior parte è relativa all utilizzo in pazienti affetti da malattia di von Willebrand e solo pochi a quello in pazienti affetti da emofilia A [32-39]. Per l unico concentrato a purezza intermedia (Haemate-P ), le prove di efficacia derivano dalla sua ampia diffusione, sin dai primi anni 80 del secolo scorso, in più di 35 Paesi nel mondo per la terapia on-demand e per la profilassi a lungo termine dell emofilia A: in più di 25 anni di esperienza clinica, esso ha dimostrato un ottima efficacia emostatica in pazienti sia pediatrici che adulti e viene oggi utilizzato efficacemente anche nel trattamento della malattia di von Willebrand [40]. Altri studi disponibili riguardano Haemoctin SDH e Talate : Con Haemoctin SDH sono stati condotti 3 studi prospettici, in aperto, non controllati, su pazienti con emofilia A grave precedentemente trattati; ne è emerso che il concentrato è efficace nel prevenire e controllare gli episodi emorragici, nella profilassi a lungo termine e nel trattamento on-demand, anche in occasione di interventi maggiori come quelli di chirurgia generale o di ortopedia [41]. L efficacia e la sicurezza del prodotto sono state inoltre dimostrate anche nello studio di Zozulia e Pliushch, i quali suggeriscono che per aumentarne la performance e ottimizzare la qualità di vita dei pazienti sarebbe necessario personalizzare il più possibile l approccio terapeutico attraverso un appropriata scelta dei farmaci, delle dosi e dei regimi [42]. Con Talate è stato condotto uno studio clinico prospettico, multicentrico, su 56 pazienti con emofilia A grave precedentemente trattati con una vecchia formulazione del prodotto, per valutarne l efficacia nella terapia on-demand, nella profilassi o in entrambe; anche in questo Tabella 2. Principali caratteristiche dei più diffusi concentrati plasmaderivati in Italia (adattata da Santagostino[1]). Prodotto (Distributore) Purificazione Inattivazione virale Attività specifica* (UI/mg prot.) Note Alphanate (Alpha Therapeutics) Beriate P (CSL Behring) Emoclot D.I. (Kedrion) Cromatografia affinità eparina Cromatografia scambio ionico Cromatografia scambio ionico Cromatografia affinità eparina Cromatografia scambio ionico Precipitazione multipla Cromatografia scambio ionico Solv/Deterg + 72 h a 80 C 140 Alb + vwf + Alb - vwf - Alb vwf + Alb + vwf + Alb - vwf - Alb + vwf + Alb + vwf + Pastorizzazione per 10 h a 60 C 165 Solv/Deterg + 30 a 100 C >80 Fanhdi (Grifols) Solv/Deterg + 72 h a 80 C >100 Haemoctin SDH (Biotest) Haemate-P (CSL Behring) Solv/Deterg + 30 a 100 C 100 Pateurizzazione per 10 h a 60 C Det. + Vapore per 10 h a 60 C 38 Talate (Baxter) *attività specifica prima dell aggiunta di albumina come stabilizzante C A P I T O L O 2 S 1 9

4 caso è stata dimostrata l efficacia di tale concentrato, equivalente al predecessore ma con la differenza di un inattivazione virale a più ampio spettro (con solvente/detergente anziché con detergente soltanto) [43]. Sicurezza Gli studi condotti sui concentrati di FVIII derivati dal crioprecipitato hanno mostrato che non c è clearance virale nella fase iniziale di precipitazione; tuttavia, molte delle più moderne metodiche di produzione di FVIII incorporano delle fasi cromatografiche addizionali per rimuovere i contaminanti, inclusi i virus [44]. Durante una fase di purificazione per affinità cromatografica, anticorpi monoclonali immobilizzati diretti contro il FVIII possono essere specificamente utilizzati per catturare il fattore stesso, consentendo alle proteine contaminanti e ai piccoli virus privi di capsula, come il Poliovirus, di fluire lungo la colonna di affinità [44-47]. Il trattamento con solventi/detergenti può inattivare invece anche i virus capsulati, come quello dell HIV, e ridurli sotto al livello di individuazione [44]. Per ottenere un margine di sicurezza ancora più ampio, i contenitori finali per alcuni dei prodotti con FVIII congelati vengono sottoposti al trattamento con calore secco a temperature superiori a 80 C per più di 72 ore per inattivare l HIV e altri virus capsulati, come quello dell epatite B e dell epatite C [44]. Numerosi sono gli studi che hanno analizzato il profilo di sicurezza dei concentrati plasmaderivati, benché nella maggior parte ci si sia soffermati sugli aspetti concernenti il rischio infettivo e meno su quelli relativi agli eventi avversi in generale. I risultati più importanti di tali studi [41,43,48-61] sono riportati in Tabella 3. Si evince, quindi, che la sicurezza dei plasmaderivati dal punto di vista del rischio infettivo risulta oggi molto maggiore rispetto al passato; tuttavia, dal momento che i virus non capsulati, come il Parvovirus B19 o l emergente Parvovirus 4, sono resistenti alle procedure di inattivazione, non è possibile asserire che tali prodotti siano del tutto sicuri sotto questo aspetto [62-64]. Sono stati inoltre riportati casi di infezioni da nuovi patogeni emergenti, non solo virali, potenzialmente pericolosi per i pazienti, e casi di infezioni virali che si sono manifestate dopo un lungo periodo di latenza, anche di molti anni [65,66]. Infine, non si può affermare che con i plasmaderivati anche il rischio legato alla trasmissione di infezioni da prioni sia escluso, come dimostrato dai rarissimi ma accertati casi legati a trasfusioni di sangue intero o a concentrati di emazie, verificatisi nel Regno Unito [65-67]. In ragione di queste difficoltà, nell Europa Occidentale, così come negli USA, i prodotti ricombinanti stanno prendendo e prenderanno sempre più il posto dei plasmaderivati nella terapia dell emofilia [65,68]. Fattori ricombinanti I fattori ricombinanti sono stati distinti in generazioni in base al contenuto di proteine umane o animali nel terreno di coltura o nella formulazione finale in accordo alle raccomandazioni del Medical and Scientific Advisory Council (MASAC) [69]. Mantenendo tale classificazione, considereremo di seguito ricombinanti di prima generazione quei prodotti che contengono proteine umane o animali plasmaderivate sia nel terreno utilizzato per la coltura cellulare sia nella formulazione finale, di seconda generazione quelli che le contengono solo nel terreno di coltura ma non nella formulazione finale ed, infine, di terza quelli totalmente privi di proteine animali o umane. Fattori VIII ricombinanti di prima generazione I prodotti ricombinanti del fattore VIII di prima generazione (Recombinate ; Baxter Healthcare, Westlake Village, CA e Kogenate ; Bayer Healthcare, Berkeley, CA) sono entrati a far parte della pratica clinica alla fine del 1980 [70]. Essi includono proteine di origine animale e di derivazione umana nella cultura cellulare, così come l albumina umana che è aggiunta nella formulazione finale come stabilizzatore [71]. Essi sono sintetizzati inserendo i geni umani del FVIII in cellule ovariche di criceto cinese (CHO) o in cellule renali di criceto neonato (BHK). Nella coltura, le linee cellulari di CHO secernono fattore rfviii nel terreno; successivamente il rfviii è sottoposto a un processo di purificazione utilizzando una serie di colonne cromatografiche. La produzione attraverso cellule BHK usa in particolare un processo di coltivazione in continuo che sembrerebbe poter potenzialmente eliminare il rischio di comparsa di arricchiture di prodotti metabolici nel mezzo di coltura [72]. Anche in questo caso il rfviii viene rilasciato nel terreno da cui è successivamente raccolto, isolato e purificato utilizzando una combinazione di cromatografia a scambio ionico, gel filtrazione e cromatografia di immunoaffinità. Il rfviii sintetizzato ha gli stessi effetti biologici del FVIII umano: strutturalmente le proteine hanno, infatti, come nel FVIII nativo, la completa combinazione di catene pesanti e leggere. Grazie ai progressi tecnologici, i fattori ricombinanti di prima generazione non vengono S 2 0 C A P I T O L O 2

5 Tabella 3. Principali aspetti relativi alla sicurezza dei più diffusi concentrati plasmaderivati. Prodotto Alphanate (Alpha Therapeutics) Emoclot D.I. (Kedrion) Studi disponibili (anno) Diez et al. (2009) [48] Tradati et al. (1995) [49] Rischio infettivo Eventi avversi Sviluppo inibitori Risultati positivi da nuovi processi di purificazione per ridurre al minimo il rischio da prioni No segni clinici di epatite A o sviluppo di anticorpi contro HAV, HBV, HCV o HIV 1-2 in PUP osservati per 52 settimane Fanhdi (Grifols) 1: Ristol et al. (1996) [50] 1: No infettività in esperienza clinica; no infettività residua per virus capsulati (HIV, HAV, HBV, HCV) dopo trattamento con solvente/detergente e liofilizzazione; riduzione rischio infettivo da Parvovirus B19 dopo trattamento con calore Nessun aumento del rischio osservato 2: Diez et al. (2009) [48] 2: Risultati positivi da nuovi processi di purificazione per ridurre al minimo il rischio da prioni Studio A: sviluppati nell 84,6% dei pazienti (soprattutto sanguinamenti lievi); scomparsi nella quasi totalità entro la fine dello studio e non ascrivibili al trattamento Studio A: no sviluppo di inibitori a 3, 6, 9 mesi Haemoctin SDH (Biotest) Wolf et al. (2004) [41] - Studio B: verificatisi in 1 su 7 pazienti, soprattutto artralgie di moderata gravità Studio B: inibitori sviluppati in 2 su 41 pazienti Studio C: rilevati nell 80% dei pazienti (incidenza 1-10 eventi avversi/paziente), soprattutto lievi e correlati a patologie preesistenti o alle procedure chirurgiche intraprese 1: Schramm et al. (2008) [51] 1: provata efficacia nell eliminazione di HBV, HCV, HIV Hemate-P (CSL Behring) 2: Bentorp et al. (2008) [52] 3: Gröner A. (2008) [53] 4: Schimpf et al [54] 5: Schimpf et al. (1989) [55] 6: Vey et al. (2001) [56] 7: Schäfer et al. (2006) [57] 2-5: no casi di infezione virale confermata in >600 pazienti arruolati 6, 7: rischio da prioni portato al minimo attraverso nuove metodiche di purificazione 2: rari, riportati in 1 su dosi standard singole somministrate in 16 anni di sorveglianza postmarketing 8: Lethagen et al. (2007) [58] 9: Makris et al. (2002) [59] 10: Mannucci PM. (2002) [60] 2, 8-10: segnalate reazioni allergiche e anafilattiche, febbre, emolisi, complicanze tromboemboliche e ipervolemia 8-10: registrato in pochi casi Talate (Baxter) 1: Nemes et al. (2007) [43] 2: Bentorp et al. (2001) [61] 2: no segni di infezione virale nei 7 pazienti in studio durante il periodo di osservazione 1: eventi avversi non gravi sviluppati nel 41,1% dei pazienti 1: non segnalati in alcuno dei pazienti in studio C A P I T O L O 2 S 2 1

6 oggi più utilizzati nella pratica clinica; infatti, Kogenate è stato sostituito da un analogo prodotto di seconda generazione e Recombinate non è più commercializzato. Efficacia e sicurezza Per quanto riguarda la valutazione dell efficacia, si riportano i risultati dello studio di White et al. [73] che ha valutato 69 pazienti con emofilia A (67 grave e 2 moderata) trattati a domicilio con il rfviii Recombinate per la profilassi o il trattamento degli episodi di emorragia per un periodo compreso tra 1 e 5,7 anni (3,7 anni mediani). La risposta al trattamento è stata categorizzata come buona o eccellente in (91,2%) degli episodi di emorragia; inoltre, 13 pazienti che avevano usato il rfviii per il trattamento profilattico chirurgico hanno mostrato un emostasi eccellente. Sono state registrate 13 reazioni avverse (0,096%) su infusioni, nessuna delle quali grave, mentre nessun paziente ha sviluppato inibitori. In un ulteriore studio condotto su 102 pazienti, 21 di loro (20,6%) hanno, tuttavia, sviluppato inibitori, di cui 19 appartenenti al gruppo ad alto rischio [74,75]. Tuttavia, i risultati di uno studio, condotto invece su 58 pazienti emofilici PTP in terapia domiciliare, non hanno evidenziato lo sviluppo di inibitori [76]. Infine, uno studio di sorveglianza canadese condotto su 478 pazienti ha concluso che è possibile stimare un rischio simile di comparsa di inibitori prima e dopo il passaggio da prodotti plasmaderivati a rfviii di prima generazione [77]. In merito alla sicurezza, come precedentemente descritto, la trasmissione di patogeni per via ematica conseguente all uso di prodotti plasmaderivati, è stata da sempre al primo posto tra le criticità da considerare [66]. Proprio per tale ragione sono stati introdotti i fattori ricombinanti che offrono chiari vantaggi di sicurezza in quanto prodotti grazie all uso di tecniche di laboratorio validate. L uso, infatti, di materiali plasmaderivati screenati e purificati durante la fermentazione, purificazione e formulazione dei prodotti rfviii rappresenta un primo passo verso la sicurezza [78]. Nei prodotti a base di rfviii di prima generazione, proteine di natura umana sono però comunque usate nel processo produttivo e, quindi, presenti a livello di coltura cellulare, purificazione e formulazione finale. Per limitare al minimo la presenza di potenziali patogeni trasmissibili in tale tipologia di prodotti sono a disposizione tecniche di laboratorio, quali la cromatografia a scambio ionico o di immunoaffinità con anticorpi monoclonali e specifiche procedure di purificazione [79]. Fattori VIII ricombinanti di seconda generazione I prodotti di seconda generazione impiegati in Italia per il trattamento dei pazienti con emofilia A sono Kogenate Bayer e Helixate Nexgen (CSL Behring). Kogenate Bayer (octocog alfa), disponibile in Italia anche con il nome commerciale Helixate Nexgen, combina i vantaggi della molecola intera del FVIII umano con una formulazione sintetica contenente saccarosio, in assenza di albumina, e con un miglior profilo di sicurezza virale rispetto alla prima generazione di ricombinanti, incorporando un passaggio di inattivazione basato sull uso di solventi/detergenti. Il prodotto viene fatto crescere su BHK e il terreno di coltura contiene sieroalbumina umana e insulina ricombinante; da qui l attribuzione secondo il MASAC della seconda generazione di prodotto ricombinante [69]. Per la purificazione è previsto un passaggio di inattivazione virale che consente di ottenere livelli molto bassi di contaminanti nel prodotto finale. Il prodotto contiene come stabilizzanti e tampone il saccarosio, la glicina, l istidina e il calcio; è invece privo di albumina o di altri eccipienti di origine umana o animale [67]. Efficacia e sicurezza Per valutare l efficacia clinica di questi fattori sono stati condotti quattro clinical trial: in tre studi [67,80,81] sono stati considerati i pazienti già trattati in precedenza (PTP) ( 100 giorni di esposizione) con un range di follow-up di 18 mesi, mentre il quarto studio ha preso in esame i pazienti che non erano mai stati trattati (PUP) o che erano stati esposti al trattamento per meno di 5 giorni di esposizione seguendoli per un periodo superiore o uguale a 2 anni [82]. L endopoint primario per valutare l efficacia è stato il numero di infusioni necessarie per raggiungere l emostasi per ogni episodio di sanguinamento. Da questi trial è emerso il dato comune di un elevata efficacia di questi farmaci nel garantire l emostasi: infatti, dopo una sola infusione, è stato possibile trattare con successo il 74-82% degli episodi di sanguinamento, mentre con una o due dosi si è garantita l emostasi nell' 89-95% dei casi. Inoltre il giudizio soggettivo sul miglioramento delle condizioni dei pazienti è stato eccellente o buono per l % degli episodi di sanguinamento. Inoltre, dai trial condotti su pazienti emofilici sottoposti ad intervento chirurgico, cui sono stati somministrati i farmaci ricombinanti con infusione continua o in bolo, è emerso che, nel 100% dei casi trattati, il chirurgo ha espresso un giudizio da buono a eccellente circa l impiego di S 2 2 C A P I T O L O 2

7 tali farmaci [83,84]. La percentuale di eventi avversi correlabili all infusione di questi fattori è stata dello 0,19% tra i PTP e dello 0,14% tra i PUP. Gli eventi avversi di più comune riscontro sono stati: eruzione cutanea/ prurito, reazioni locali nel sito d iniezione, reazioni di ipersensibilità (ad es. senso di instabilità, nausea, dolore/malessere toracico, lieve riduzione della pressione sanguigna), alterazione del gusto e febbre [85]. Come già sottolineato in precedenza, la più nota e temibile complicanza è lo sviluppo di inibitori. Secondo i dati emersi dai quattro trial sopracitati, tra i pazienti PUP hanno sviluppato inibitori il 15% dei soggetti, mentre tra i PTP nessun paziente ha riportato tale evento avverso [85]. I dati di una meta-analisi riportano una percentuale di sviluppo di inibitori pari all 8,2% per i PUP [86]. Tuttavia, come evidenziato in questo stesso capitolo, i PUP, secondo l EMA, non rappresenterebbero la popolazione più appropriata in cui valutare il rischio di sviluppo di inibitori legato ad uno specifico prodotto; al contrario i PTP costituirebbero quella maggiormente rilevante, dal momento che la produzione di inibitori in tale categoria di pazienti a basso rischio costituirebbe appunto la prova dell elevata immunogenicità del prodotto [16]. Fattori VIII ricombinanti di terza generazione Tra i fattori della coagulazione di terza generazione ritroviamo Advate, prodotto da Baxter e oggetto di questo report di HTA per cui si rimanda al capitolo dedicato, e ReFacto AF commercializzato da Pfizer. ReFacto AF è un rfviii definito di terza generazione perché privo di albumina o altri derivati del sangue/plasma in ognuno degli step produttivi. Il farmaco è indicato nel controllo e nella prevenzione degli episodi di sanguinamento in pazienti affetti da emofilia A e per la profilassi chirurgica di interventi minori e maggiori in pazienti affetti dalla stessa patologia [87]. Il farmaco viene somministrato endovena in infusione ed è disponibile come preparazione in polvere in fiale a diversi dosaggi [87]. ReFacto AF (moroctocog alfa) è l evoluzione di ReFacto, un rfviii di seconda generazione, variante della molecola del FVIII priva del dominio B [88,89]. L assenza del dominio B sembrerebbe modificare l efficacia del trattamento a causa probabilmente della riduzione dell emivita del farmaco [90]. Infatti, dalla metanalisi di Gruppo et al. è emerso un rischio approssimativamente doppio di sviluppo di sanguinamenti in corso di terapia profilattica con prodotti B-domain deleted piuttosto che interi, a parità di dose e di età [90]. Il dato, oltre che dall emivita del farmaco, potrebbe essere giustificato anche dal potenziale ruolo assolto dal frammento B nell ambito delle fasi di attivazione della cascata coagulativa, legame delle piastrine, inattivazione proteolitica e clearance [91-93]. Rimane comunque da dire che diverse critiche sono state mosse alla metanalisi di Gruppo et al.: esse si sono focalizzate essenzialmente sui metodi scelti per il processo di stima dei dati e sulla comparabilità dei pazienti [94,95]. Esistono, infatti, altri studi che hanno sostanzialmente dimostrato la bioequivalenza dei prodotti B-domain deleted e di quelli a molecola intera [96-98]. ReFacto AF viene prodotto tramite coltivazione in linea cellulare CHO. Nel processo produttivo di ReFacto AF è stata eliminata l albumina umana dal terreno di coltura e, in fase di purificazione, sono stati sostituiti gli anticorpi monoclonali con peptidi sintetici e adottato un filtro aggiuntivo per i virus di dimensioni maggiori come i retrovirus. Questi cambiamenti non hanno avuto effetti rilevabili sull integrità strutturale o sull efficacia clinica del prodotto [99]. Efficacia e sicurezza Uno studio farmacologico di fase III su 94 pazienti affetti da emofilia A, precedentemente trattati con rfviii, ha valutato l efficacia e la sicurezza di 30 ± 5 UI/Kg di ReFacto AF somministrato sia al bisogno che per la prevenzione degli episodi di sanguinamento (tre volte a settimana) [100]. Dei 94 pazienti, a 6 è stata aumentata la dose di farmaco prescritto nel corso dello studio e 43 non hanno riportato sanguinamenti durante il trattamento (45,7%). Alla luce di queste evidenze, l EMA, in fase di autorizzazione, ha ritenuto utile confermare, anche nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) di ReFacto AF, l avvertenza già emessa per ReFacto circa il verificarsi di episodi di mancata efficacia del prodotto nei pazienti trattati prevalentemente in profilassi [101]. Inoltre, in un ulteriore studio volto ad analizzare l efficacia di ReFacto AF nella profilassi degli interventi chirurgici maggiori su 22 pazienti affetti da emofilia A, cui è stato somministrato il rfviii per almeno 6 giorni a partire dall immediato post-operatorio in sostituzione della loro terapia abituale, sono stati riscontrati sanguinamenti post-operatori in 13 pazienti, 10 dei quali considerati normali [102]. Le reazioni avverse al trattamento più frequentemente registrate sono state cefalea (24% dei pazienti), nausea (6%), diarrea (5%), astenia (5%) e iperpiressia (5%), tutte di gravità lieve o moderata [100]. Due soggetti tra gli 89 C A P I T O L O 2 S 2 3

8 caratterizzati da un esposizione al trattamento superiore ai 50 giorni hanno sviluppato anticorpi inibitori (2,2%) nello studio di Recht et al [100]. Nel lavoro di Windyga et al, le reazioni avverse al trattamento più frequenti sono state iperpiressia (41% dei pazienti), cefalea (9%), nausea (9%), diarrea (5%), vomito (5%) ed astenia (5%), tutte di gravità lieve o moderata [102]. Non esistono dati sullo sviluppo di anticorpi inibitori in pazienti non trattati precedentemente (PUP) ma sono in programma trial clinici. La scheda riassuntiva delle caratteristiche del prodotto di ReFacto AF tuttavia riporta nella sezione effetti indesiderati una nota circa l alta percentuale di pazienti non precedentemente trattati che hanno sviluppato anticorpi inibitori quando trattati col vecchio ReFacto (32%) [101]. La gestione dei pazienti con inibitori Come già sottolineato precedentemente, uno dei principali problemi della terapia con fattori della coagulazione è lo sviluppo di inibitori in grado di neutralizzare la loro azione terapeutica. La prevalenza di inibitori anti-fviii varia in letteratura tra il 5% e il 7% [21], anche se nei casi di emofilia A grave e moderata essa può raggiungere valori compresi tra il 7% e il 18% [103] con un picco del 30% nei pazienti affetti da emofilia A grave [104]. Il rischio di sviluppare gli inibitori è più elevato con le prime esposizioni: ciò indica come sia necessario un frequente monitoraggio del paziente fin dalla prima infusione [105]. Il rischio cumulativo di sviluppare inibitori varia tra i differenti studi dallo 0% al 39% e dipende dalla precedente esposizione al trattamento, dalla severità di malattia e dalla tipologia di prodotto utilizzato [21]. La metanalisi di Iorio et al. ha infatti dimostrato che il rischio di sviluppo di inibitori nei PUPs è pari al 14,3% con i prodotti plasmaderivati e al 27,4% con quelli ricombinanti, con percentuali più elevate nei pazienti con emofilia grave [106]. La metanalisi ha inoltre mostrato che il rischio si riduce con l utilizzo di plasmaderivati a purezza elevata, rispetto ai prodotti a purezza intermedia (10,2% vs 15,9%) [106]. Sotto il profilo clinico e della gestione, come più volte ribadito, gli inibitori rappresentano la complicanza più temuta. La loro presenza rende, infatti, più difficile il trattamento degli episodi emorragici ed aumenta il rischio di sanguinamenti incontrollabili e disabilità, particolarmente artropatia [ ]. Le difficoltà cliniche di gestione di questa complicanza implicano un consumo di risorse elevatissimo sia per l eradicazione dell inibitore stesso che per la risoluzione dei sanguinamenti. Nel trattamento degli episodi emorragici acuti nei pazienti che hanno sviluppato inibitori, l approccio terapeutico può avvalersi di alte concentrazioni di FVIII, del concentrato di complesso protrombinico attivato (FEIBA ) o del fattore VII attivato ricombinante (Novoseven ) [ ]. Il trattamento degli episodi emorragici in pazienti con inibitori viene scelto in base alla gravità dell episodio emorragico, al titolo di inibitore al momento dell episodio e alla risposta anamnestica, intesa come aumento dei livelli di anticorpi inibitori indotto dall esposizione a concentrati di FVIII o altri emoderivati contenenti minime quantità degli stessi. Vengono, infatti, definiti high responders i soggetti con risposta anamnestica superiore a 5 Unità Bethesda (BU)/ ml; tutti gli altri vengono definiti invece low responders [105]. I low responders possono essere sottoposti, in caso di episodio emorragico grave in grado di mettere in pericolo la vita o la funzionalità del sistema muscolo-scheletrico, al trattamento sostitutivo con FVIII umano plasmaderivato o ricombinante ad alte dosi [115,116]. Il dosaggio consigliato si basa sulla somministrazione iniziale di una dose neutralizzante (titolo di inibitore per volume plasmatico) e di una terapeutica incrementante (20-50 UI/Kg di peso), seguite da dosi di mantenimento, ripetute a intervalli regolari o somministrate per infusione continua, al fine di raggiungere e mantenere i livelli plasmatici prescelti (stessa dose incrementante, ripetuta ogni ore) Tale trattamento, se ripetuto, può indurre anche una immunotolleranza spontanea, con scomparsa dell inibitore [117]. Altre opzioni in caso di mancata risposta terapeutica sono costituite dal FVII attivato ricombinante o dal concentrato di complesso protrombinico attivato che costituiscono i cosiddetti agenti bypassanti [105]. Nei pazienti high responders la scelta del trattamento si basa sugli agenti bypassanti ossia sul FVII attivato ricombinante e sul complesso protrombinico attivato [ ]; opzione terapeutica estrema è l immunoadsorbimento extracorporeo alla proteina A stafilococcica al fine di ridurre il titolo dell inibitore a livelli di 5-10 BU/ ml, compatibili con la sua neutralizzazione con il FVIII, in associazione o meno con immunosoppressori (ciclofosfamide) e/o immunoglobuline endovena ad alte dosi [123]. L induzione dell immunotolleranza (ITI) S 2 4 C A P I T O L O 2

9 costituisce oggi l unico metodo conosciuto in grado di ridurre o addirittura eradicare gli inibitori anti-fviii [105,124,125]. L ITI si basa sulla somministrazione ripetuta di alte dosi di FVIII per un lungo periodo di tempo, secondo regimi diversi (Tabella 4) [ ] e con una percentuale di successo variabile dal 60% all 80% [105,132]. Un recente studio condotto per valutare la risposta all ITI con Advate in 12 bambini ha messo in evidenza una percentuale di successo del 75% e del 70% rispettivamente in tutto il campione e in 10 pazienti high responders [133], dimostrando che i risultati ottenibili con Advate sono in linea con quelli della letteratura scientifica internazionale. La presenza di una concentrazione di inibitori inferiore a 10 BU/ml prima dell inizio dell ITI, congiuntamente a un picco storico massimo inferiore a 500 BU/ml e a un inizio precoce del trattamento, rappresentano dei fattori prognostici positivi per il successo dell ITI [ ]. Esistono tuttavia evidenze discordanti circa il rapporto dose/effetto [125,139], mentre è condiviso che il trattamento debba essere iniziato entro 12 mesi dalla diagnosi e con titolo di inibitore inferiore a 10 BU/ml e protratto fino a scomparsa dell inibitore e alla normalizzazione del recupero in vivo e dell emivita del FVIII infuso [105]. Il trattamento dei pazienti con inibitori esige comunque, per la sua complessità, che i pazienti siano avviati ai Centri Emofilia a più alta specializzazione ed esperienza [105]. Conclusioni Il trattamento del paziente con emofilia A viene effettuato con l infusione del fattore della coagulazione carente, quindi del fattore VIII. La terapia può essere condotta on demand, in corso di episodio emorragico in atto, per limitarne la severità e indurre la risoluzione, oppure a scopo profilattico, per ridurre il rischio di danno articolare. In particolare, la profilassi primaria costituisce il gold standard per la prevenzione della degenerazione articolare, come stabilito dalla stessa World Federation of Hemophilia (WFH). Il trattamento sostitutivo, come declinato anche nelle linee guida dell Associazione Italiana dei Centri Emofilia, dovrebbe essere attuato preferibilmente con prodotti da DNAricombinante, qualora disponibili. Infatti, il FVIII da plasmaderivati presenta potenziali problemi circa la sicurezza che devono essere opportunamente tenuti a mente, non tanto per le infezioni storiche (HIV, HCV, HBV), ampiamente diffusesi negli anni 80 del secolo scorso, quanto per i rischi infettivi da patogeni non noti o ancora difficilmente controllabili. I fattori ricombinanti sono invece ottenuti con la tecnica del DNA-ricombinante e si distinguono in prodotti di prima, seconda e terza generazione a seconda della presenza di proteine umane e animali plasmaderivate impiegate come additivo nel terreno di coltura e/o come stabilizzatore; in Italia sono al momento disponibili quelli presentati in Tabella 5. Sebbene dal punto di vista dell efficacia tutti i Tabella 4. Regimi di ITT. Protocollo Tipo di trattamento Reference Van Creveld Bonn Malmö Fase 1 FVIII UI/Kg bid per 1-2 settimane Fase 2 - FVIII 25 UI/Kg die 2-3 volte alla settimana Prima fase: FVIII 100 UI/Kg e APCC 50 U/Kg bid Seconda fase: FVIII 150 UI/Kg bid Immunoadsorbimento alla proteina A fino a un titolo < 10 BU/ml FVIII ad alte dosi e successivamente ogni 8-12 ore per mantenere livelli > 30% IVIG 2,5-5 g al giorno 1 e 0,4 g/kg die ai giorni 4 e 5 Ciclofosfamide: mg/kg ev (giorni 1-2); 2-3 mg/kg per os (giorni 3-10) ,129 Kasper FVIII 50 UI/Kg die e prednisone per os 130 Gruppo FVIII 100 UI/Kg alla settimana, IVIG, ciclofosfamide, prednisone 131 IVIG: IG e.v.; APCC: concentrato di complesso protrombinico attivato C A P I T O L O 2 S 2 5

10 Tabella 5. Caratteristiche dei prodotti disponibili in Italia (modificata da Frampton [85]). Kogenate Bayer/ Helixate Nexgen ReFacto AF Advate Molecola Intera B-deleted Intera Generazione Seconda Terza Terza Linea Cellulare Cellule renali di criceto neonato Cellule ovariche di criceto cinese Cellule ovariche di criceto cinese Additivi nel mezzo di coltura Sieroalbumina umana Plasma-free e albumina-free Plasma-free e albumina-free Processo di purificazione Cromatografia a scambio ionico e di immunoaffinità; solvente/detergente; ultrafiltrazione Cromatografia a scambio ionico e di immunoaffinità; solvente/detergente; nanofiltrazione Cromatografia a scambio ionico e di immunoaffinità; solvente/ detergente Stabilizzatore Albumina-free Albumina-free Albumina-free prodotti mostrino un buon profilo, chiaramente con quelli di più nuova generazione è stato possibile conseguire un maggior livello di sicurezza in riferimento al potenziale infettivo. Inoltre, esistono evidenze che suggeriscono come l eliminazione del dominio B dalla molecola del FVIII, effettuata in alcuni dei prodotti ricombinanti disponibili, possa influenzare gli effetti clinici del prodotto stesso [89, ]. Rimane tuttavia aperta la problematica sullo sviluppo di inibitori, la complicanza clinica più temuta del trattamento sostitutivo a causa del suo impatto drammatico sia sotto il profilo della gestione che delle risorse da dedicare. In ultimo, data la complessità della patologia, le singole Aziende produttrici dovrebbero valutare la possibilità di arricchire le opzioni terapeutiche con iniziative destinate ad aggiungere valore al singolo prodotto nella gestione integrale del paziente. Bibliografia 1) Santagostino E (Ed). Associazione italiana dei centri emofilia. Linee guida per la terapia sostitutiva dell emofilia e dei difetti ereditari della coagulazione. Disponibile online da: Coagulopatie.pdf. [Ultimo accesso giugno 2011]. 2) World Federation of Hemophilia. Guidelines for the Management of Hemophilia. Disponibile online da: Hemophilia.pdf. [Ultimo accesso giugno 2011]. 3) Meili E, Brand B. Linee guida per la terapia di un emorragia da emofilia Disponibile online da: file/shg_mb_richtlinien_i.pdf. [Ultimo accesso giugno 2011]. 4) Van den Berg HM, Dunn A, Fischer K, Blanchette VS. Prevention and treatment of musculoskeletal disease in the haemophilia population: role of prophylaxis and synovectomy. Haemophilia 2006;12 Suppl 3: ) Berntorp E, Astermark J, Bjorkman S, et al. Consensus perspectives on prophylaxis therapy for haemophilia: summary statement. Haemophilia 2003;9(Suppl 1):1 4. 6) Donadel-Claeyssens S. Current co-ordinated activities of the PEDNET (European Paediatric Network for Haemophilia Management). Haemophilia 2006;12: ) Santagostino E, Manusco ME, Rocino A, et al. Enviromental risk factors for inhibitor development in children with haemophilia A: a case-control study. Br J Haematol 2005;130: ) Kurnik K, Bidlingmaier C, Engl W, et al. New early prophylaxis regimen that avoids immunological danger signals can reduce FVIII inhibitor development. Haemophilia 2010;16: ) Richards M, Altisent C, Batorova A, et al. Should prophylaxis be used in adolescent and adult patients with severe hemophilia? An European survey of practice and outcome data. Haemophilia 2007;13: ) Valentino LA. Controversies regarding the prophylactic management of adults with severe haemophilia A. Haemophilia 2009;15(Suppl. 2): ) Klein HG. Pathogen inactivation technology: cleansing the blood supply. J Intern Med 2004;257: ) Scandella D, Gilbert GE, Shima M, et al. Some factor VIII inhibitor antibodies recognise a common epitope corresponding to C2 domain amino acids 2248 through 2312, which overlap a phospholipid-binding site. Blood 1995;86: ) Scandella DH, Nakai H, Felch M, et al. In hemophilia A and autoantibody inhibitor patients: the factor VIII A2 S 2 6 C A P I T O L O 2

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