Un recupero navale nel porto di Napoli

Transcript

1 armamento porto&diporto Un recupero navale nel porto di Napoli D opo anni di assopimento, la Rimorchiatori Napoletani Srl è rientrata con successo nel settore del recupero navale, grazie ad una complessa operazione portata a termine recentemente nel Porto di Napoli. L ingegner Gianni Andrea de Domenico, Presidente dell azienda, ha seguito in prima persona le fasi progettuali e operative dell intervento, così come le scelte di investimento economico accorse per la dotazione di attrezzature e strumentazioni fra le più avanzate nel campo della comunicazione subacquea con la superficie e della grossa potenza di pompaggio, che oggi pongono la Rimorchiatori Napoletani ai più alti livelli tecnologici e competitivi del settore. La nave Heidi, un traghetto ro-ro di 61,78 m., 943 GT, bandiera italiana, era ormeggiata in disarmo per lavori alla banchina 32 della Darsena Bacini. Per cause ancora in via di accertamento, ma che portano nella direzione del sabotaggio, è affondata quasi totalmente con un leggero sbandamento sul lato sinistro, bloccando l utilizzo della banchina ed a rischio di slittare fino ad intralciare l ingresso della darsena, con l arrivo del cattivo tempo. L esecuzione dei lavori di recupero dell Heidi, partiti dopo essersi aggiudicati la gara di offerta in concorrenza con altre due aziende, ha dovuto, quindi, procedere a tempi molto stretti. Effettuata l ispezione subacquea di verifica sulle condizioni delle parti sommerse per la formalizzazione definitiva dell offerta, con il Presidente de Domenico in prima linea anche in questa fase operativa in accompagnamento subacqueo al tecnico della società, è stato poi stipulato un contratto di recupero standard, per il quale l emolumento è subordinato alla riuscita dell operazione. Il progetto iniziale dell ufficio tecnico della Rimorchiatori Napoletani, a cui ha collaborato anche l ing. Sergio Ambrosio, ex dipendente ed esperto di recuperi, ipotizzando che ci fossero delle strutture ancora in buone condizioni in base al fermo commerciale della nave risalente a circa 6 mesi prima, aveva previsto l utilizzo di aria compressa abbinato ad un limitato pompaggio di acqua per lo svuotamento del grosso garage, corrispondente a più della metà del volume della nave ed a più della metà del volume allagato, ed, a tutela dell ambiente, un sistema di panne galleggianti di contenimento dell acqua estratta per circoscrivere un eventuale spandimento di inquinanti. Ma, avviate le prime operazioni di pompaggio di aria, trentadue 32

2 l Heidi accusava forti perdite dal portellone a poppa e dalla celata a prua, mentre dal ponte superiore del garage trafilava aria nel salone sovrastante a causa dalle condizioni di non perfetto stagno dei copertini. L inattesa situazione ha richiesto, oltre ad una sostanziale revisione del progetto adottando il solo pompaggio d acqua, un consistente lavoro di taglio di una serie di zone del ponte garage con attrezzature subacquee per calarvi dentro pompe sommerse con manichette portate all esterno, di costruzione e di fissaggio subacqueo di paratie, portelli e scudi per chiudere oblò e finestroni non in condizione di reggere la pressione, di impermeabilizzazione con sigillante subacqueo e cemento a presa rapida della ce- trentatrè 33

3 armamento porto&diporto lata e del ponte di prua ed infine, di installazione di catene in forza per la tenuta del portellone di poppa. Terminati i faticosi interventi, si è ripartiti azionando potenti pompe da esaurimento per lo svuotamento dello scafo. Come da previsione, la nave ha cominciato a riemergere di prua, ma al risalire della poppa all improvviso, l enorme specchio d acqua libero ancora presente nel garage e nel salone riversandosi di prua, ha impattato sui finestroni che cedendo hanno causato il rientro dell acqua, rendendo impossibile il rigalleggiamento e riportando l Heidi alle stesse condizioni iniziali di affondamento. Si sono quindi resi necessari ulteriori lavori subacquei di rinforzo di tutti i portelli e finestroni che potevano essere ancora sfondati dall acqua e con il cemento di due autobetoniere si è fatta una colata su tutto il ponte di prua che si era mostrato ancora permeabile. Dopo circa 20 giorni occorsi per rendere la nave perfettamente stagna, in una giornata con mare calmo e bassa marea, si è ripresa la fase di recupero con dei movimenti ridotti al minimo, centellinando anche la potenza di estrazione delle pompe per evitare qualsiasi accelerazione. L Heidi è venuta fuori in circa 13 ore con un evidente sbandamento a sinistra, che ha comportato, nel restituirle un assetto il più possibile orizzontale e stabile, lo svuotamento di casse zavorra, sottoponendo il personale coinvolto ad ulteriori sforzi perché anche lì c erano delle paratie che non tenevano. In questa fase finale, come ci racconta de Domenico, il nostro personale si è impegnato in una maniera che è andata molto al di là delle mie più rosee aspettative e delle mie richieste. Alcuni, con tutte le cautele ovviamente e con maschere antigas, sono entrati anche in doppifondi superangusti e lascio immaginare le condizioni di una nave che è stata più di due mesi sott acqua, l odore che cos era, acqua e fango dappertutto. Tutti hanno dato l anima e siamo finalmente riusciti a ridarle l assetto necessario per la riconsegna!. Il settore dei recuperi navali ha necessità di supporti di assistenza tecnici e professionali di alto profilo e, come per i salvataggi, di personale disponibile anche al sacrificio fisico e il porto di Napoli, in questa occasione, ha dimostrato di non essere secondo a nessuno. Continua de Domenico In un recupero del genere bisogna prima lavorare a tavolino pianificando il pianificabile che normalmente è il 70-80%. Il restante 20% è un qualcosa di imprevedibile, che se non lo si affronta con lo spirito giusto, può portare all avvilimento e fermare l operazione, perché trovarsi di fronte ad un portellino allagato non raggiungibile facilmente, immerso nel fango, senza luce ed in una posizione di nave sbandata richiede personale in grado di affrontare queste cose in modo positivo anche psicologicamente, e dopo un operazione che ha portato quasi allo stremo, le cose non vanno come prevedevi e devi ricominciare daccapo, c è bisogno di persone responsabili che non si mettano a sbattere i piedi a terra perché non ce la fanno più. E devo dire che sia i nostri che quelli delle varie ditte che hanno collaborato, in particolare il personale della ditta Palermo ed il titolare della DST che ci ha dato una forte mano in questa operazione, hanno dato tutti quanti il massimo. Inoltre, se non all interno del porto a pochi chilometri di distanza, molto facilmente abbiamo trovato dal compressore stradale alla motobetoniera al gruppo elettrogeno, pezzi di rispetto per le pompe che si rompevano, officine, cioè tutto quello che può servire ad un operazione di recupero. Di relitti affondati nei porti, specialmente in quelli storici, ce ne sono molti in tutta Italia. Questo anche perché di fatto il porto, tra i suoi compiti istituzionali, ha anche quello di dare ospitalità a navi che non dovranno più navigare. Terminato il ciclo di vita, una volta le navi andavano in disarmo freddo, e poi con i tempi del mercato dei rottami, con il prezzo dell acciaio che sale e scende, trentaquattro 34

4 trentacinque 35

5 armamento porto&diporto si aspettava il momento buono per avviarle alla demolizione. Oggi, invece, continua de Domenico, tutto il bacino dell Europa occidentale è diventato talmente attento alle problematiche ambientali che una demolizione non può che essere fatta fuori da questa area. Mentre un tempo si aspettava che le parti non metalliche si deteriorassero e sparissero quasi naturalmente per poi tagliare le carcasse arrugginite, adesso le navi devono essere in condizioni ancora buone per affrontare navigazioni più o meno difficili per raggiungere paesi come la Turchia o l India, per navi più grandi, che sono attualmente i mercati più convenienti per le demolizioni perché l alternativa sarebbe di caricarle su pontoni con operazioni veramente di difficilissima immaginazione dal punto di vista dei costi-benefici. Nei porti italiani ci sono tantissime navi, anche militari, che appesantiscono o intralciano accessi e banchine. Ad esempio ci sono ad Augusta un paio di vecchie fregate militari che dovrebbero essere rimosse ma ancora non riescono ad ottenere le varie autorizzazioni per la demolizione. Con le regole e le leggi attuali, di fatto, non è possibile la demolizione in loco e si resta al palo, fermi, attendendo gli eventi. Per quanto riguarda i relitti totalmente affondati nel porto di Napoli, che tra l altro non sono segnalabili per non costituire ulteriore intralcio alla navigazione, rappresentano un ostacolo specialmente nella zona orientale, relitti che noi conosciamo purtroppo bene, perché ogni tanto ci rimettiamo qualche pala d elica dei rimorchiatori in fase di manovra soprattutto di navi molto grandi, che ci costringono nell evoluzione quasi a rasentare le banchine antimurali. Almeno due o tre di questi cadaveri subacquei andrebbero effettivamente rimossi. Purtroppo l operazione comporta dei tempi non brevissimi, si tratterebbe di immobilizzare per qualche giorno la funzionalità e l operatività di alcune aree del porto, e credo che sia questo uno dei motivi principali che hanno bloccato finora le Autorità dal procedere. Molte volte i danni sono causati da alberetti e pennoni che dal fondo arrivano quasi in superficie e queste cose nel passato sono state messe a posto su nostra richiesta dalla Autorità Portuale in tempi anche abbastanza ragionevoli e con poca spesa. Invece recuperi di maggior respiro richiedono una programmazione più lunga. Il problema è capire fino a che punto conviene mettere a disposizione una banchina fino ad oggi poco utilizzata rimuovendo queste strutture oppure no. Giovanna Visco

6