3. La logica delle proposizioni: sintassi

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1 3. La logica delle proposizioni: sintassi Le tavole di verità riguardano il valore di verità delle proposizioni e quindi sono oggetti semantici. Notiamo come ormai con le lettere A, B, indichiamo indifferentemente sia proposizioni elementari che proposizioni complesse: sono tutte caratterizzate solo dal poter essere vere o false. Ma i discorsi fatti nei tutorial precedenti ci ricordano che noi cerchiamo una via sintattica alla verità. La prima idea di base, di natura semantica, è che può accadere che una certa proposizione sia conseguenza logica di altre proposizioni (premesse), nel senso che è necessariamente vera se le premesse sono vere. La seconda idea di base è che tale consequenzialità deve avere anche un fondamento sintattico, dipendere cioè solo dalla forma sintattica delle premesse e della conseguenza. Ad esempio se le premesse sono: {se piove allora prendo l ombrello} e {piove} la conseguenza sarà: {prendo l ombrello}, come esempio della consequenzialità sintattica (nota sin dalla antichità come modus ponens): dalle premesse {se A allora B} e {A} discende la conseguenza {B}, per qualsiasi coppia di proposizioni A e B. Tale consequenzialità sintattica è la base di quello che in matematica costituisce la dimostrazione. Ed è ante osservare che tale via sintattica, diversamente da quella semantica delle tavole di verità, non solo ci mostra la verità di una proposizione ma ci fornisce anche l argomentazione che colloca tale verità all interno di una teoria. CHE COS E LA DIMOSTRAZIONE? La dimostrazione è la spina dorsale dell esperienza matematica sino dai grandi matematici Greci. E il laboratorio della matematica ma anche il paradigma di ogni argomentazione razionale. La sua origine è probabilmente nella costruzione geometrica delle figure: una proprietà evidente dalla figura, costruita a partire da certe ipotesi, diveniva il teorema, e la descrizione della costruzione della figura diveniva la sua dimostrazione. Esempio classico può essere quella che si suppone possa essere stata la dimostrazione originale del teorema di Pitagora, semplicemente la costruzione geometrica di figure all interno di due quadrati uguali, nella quale la semplice evidenza visuale fornisce il risultato: sottraendo dai due quadrati uguali i quattro triangoli rettangoli bianchi uguali si ottengono a sinistra il quadrato costruito sull ipotenusa del triangolo bianco, a destra i due quadrati costruiti sui suoi cateti La costruzione della figura venne poi trascritta da altri matematici greci successivi in un testo, le cui righe dovevano essere connesse logicamente tra di loro a imitazione della consequenzialità dei passi della costruzione. In verità la dimostrazione in matematica non è mai stata (neanche oggi) una via puramente sintattica, la dimostrazione andava capita, bisognava cioè coglierne il significato. Ma con la nascita della logica matematica alla fine del XIX secolo nasce l idea di una dimostrazione puramente sintattica, la cui correttezza doveva rispondere a regole puramente formali. La logica di Gottlob Frege introduceva una definizione puramente sintattica di dimostrazione.

2 Una dimostrazione è una sequenza finita di formule ciascuna delle quali o è una premessa (assioma) o si ricava dalle formule precedenti tramite regole di inferenza. L ultima formula è detta il teorema. Nell esempio dalle premesse 1 e 2 la regola 1 deduce la formula 4, dalla premessa 3 e dalla formula 4 la regola 2 deduce la formula 5, e così via sino ad ottenere come n-esima riga il teorema da dimostrare. 1. premessa 2. premessa regola1 3. premessa 4. formula regola2 5. formula n. teorema In questa definizione parliamo di premesse. Che cosa sono? Sono formule che assumiamo per vere, e all interno di una teoria (ad esempio la geometria) useremo il termine assioma per intendere le premesse {per due punti passa una e una sola retta} che la caratterizzano. Alcune premesse non valgono per una scienza particolare ma in generale nella logica, ed hanno il carattere di tautologie, come il principio di non contraddizione ed il terzo escluso. Le regole di inferenza rispondono invece ad un altra esigenza espressa nel tutorial precedente: che oltre ad una idea statica di verità, se ne debba aggiungere una dinamica che dia conto della nostra capacità di ragionare manipolando segni, di ragionare senza comprendere. A questo rispondono le regole di inferenza: sono regole che, date certe formule (in genere una o due) con certe caratteristiche, ci permettono di dedurne un altra. La più celebre regole di inferenza è il cosiddetto modus ponens, che si descrive come P P Q Q Cioè se sappiamo che {il cielo è azzurro} e che {se il cielo è azzurro allora non piove}, possiamo dedurne che {non piove}. Certo è banale, e fino all ottocento le inferenze erano lasciate all intuizione, ma nella logica matematica l inferenza è una forma di ragionamento puramente sintattica, che può essere realizzata anche da chi non sa che cosa sia il cielo o la pioggia, ad esempio da un computer. Infatti questa nostra definizione di dimostrazione permette anche ad un computer, con un semplice programma, di dire se una sequenza di formule è una dimostrazione. In altri termini, quasi a smentire i nostri vecchi professori di matematica, per scoprire se una dimostrazione è corretta non c è bisogno di capirla, basta verificarne meccanicamente la correttezza, cioè la corrispondenza con la definizione che ne abbiamo dato. In realtà le dimostrazioni vanno capite, poiché una dimostrazione puramente logica e quindi verificabile meccanicamente sarebbe mostruosamente lunga, e nessun matematico infatti fa dimostrazioni puramente logiche. Ci provarono Russell e Whitehead un secolo fa con i loro Principia Mathematica, ma qualcuno obbiettò: se servono 27 passaggi per dimostrare che 1 è un numero, quanti passaggi servono per dimostrare qualcosa di interessante?. Quindi in matematica dobbiamo capire le dimostrazioni ma quando lavoriamo col computer dobbiamo sapere che la correttezza di una dimostrazione si può verificare meccanicamente con un programma. E ante sottolineare che in questa concezione la dimostrazione è un oggetto nel contempo formale (fatto di formule che sono oggetti puramente simbolici) e concreto (in quanto le formule possono essere manipolate come oggetti). Notiamo che la dimostrazione, come il connettivo, nel linguaggio comune, appare nella forma {se. allora }, ma ricordiamo che il connettivo rivela una connessione tra i soli valori di verità di antecedente e conseguente, e per questa ragione possono apparire vere le proposizioni del tutto irragionevoli viste precedentemente; mentre la dimostrazione (di natura schiettamente sintattica)richiede la costruzione di una

3 argomentazione che leghi premesse e teorema tramite i passi permessi dalle regole di inferenza. A tal fine useremo, per dire che T può essere dimostrato dalle formule A 1, A 2,., A n, la scrittura A 1, A 2,., A n T, laddove in questa terminologia le virgole si possono considerare delle congiunzioni: questo segue dalle regole per -introduzione ed eliminazione. Useremo il simbolo per indicare invece la mancanza di una dimostrazione. Supporremo nel seguito che le Premesse siano in numero finito, e che quindi Premesse si possa considerare tanto l elenco delle premesse quando la loro congiunzione. La definizione sintattica di dimostrazione richiede quindi la costruzione di una procedura che partendo dalle premesse e utilizzando solo le regole di inferenza costruisca un teorema. Il sistema delle regole di inferenza determina un calcolo logico, e la dimostrazione è un esempio di algoritmo particolarmente complesso, in quanto pur essendo basato su regole di inferenza non ambigue, non sappiamo con certezza quali e quando applicarle. Spesso le premesse le chiameremo assiomi, quando vogliamo sottolineare che li riteniamo veri, ma questa appare più che altro una esigenza semantica, mentre la nostra idea di dimostrazione è quella di un metodo sintattico che porti a proposizioni vere ogni qual volta le premesse' sono proposizioni vere. In altri termini nella dimostrazione consideriamo gli assiomi semplicemente come premesse che consideriamo vere, e quindi anche semplici fatti in una situazione reale dei quali vogliamo studiare le conseguenze possono essere considerati come premesse, e posso considerare vere proposizioni che descrivono fatti concreti nella stessa situazione. Un calcolo in cui tutto ciò che è dimostrato è vero si dice corretto. Tuttavia poiché la nostra idea di verità è un po più ambiziosa, spesso invece di vero in una certa situazione useremo il termine soddisfatto in una certa interpretazione. Così ad esempio <0 è il numero più piccolo> è una proposizione soddisfatta se stiamo parlando dei numeri interi, non soddisfatta se stiamo parlando dei numeri relativi. Parleremo più spesso di premesse che di assiomi poiché, parlando di sintassi, il concetto di verità non ha più un ruolo essenziale, ci interessa solo la procedura di deduzione, a prescindere dal valore di verità: l unica cosa ante è che, quando le premesse siano vere, sia tale anche il teorema. Ma che cosa garantisce che un calcolo logico sia corretto? Occorre che i teoremi dimostrati siano veri (o soddisfatti) almeno quando sono veri (o soddisfatti) gli assiomi. Siccome sono le regole di inferenza che permettono di passare dagli assiomi ai teoremi, è necessario che le regole conservino la verità (siano cioè truth preserving), cioè che le conseguenze siano vere ogni qual volta le premesse sono vere, e diremo in tal caso le regole corrette. Ad esempio per dimostrare la correttezza del modus ponens consideriamo la tavola di verità della : P Q P Q Le premesse del la regola sono P e P Q. Quando sono entrambe vere? Solo nella quarta interpretazione, ed in tale caso anche Q è vera, e quindi il modus ponens è una regola corretta. Un modo equivalente di dimostrarlo sarebbe mostrare che (P (P Q) ) Q è una tautologia (verifica). In generale una regola PREMESSE è corretta se e solo se è una tautologia la formula: CONSEGUENZA PREMESSE CONSEGUENZA Ed ovviamente un calcolo logico deve in definitiva formalizzare quello che hanno sempre fatto i matematici nelle loro dimostrazioni. A tal fine sono stati proposti diversi calcoli logici, spesso molto artificiosi, il più semplice e chiaro probabilmente è la cosiddetta deduzione naturale. LA DEDUZIONE NATURALE

4 Il punto di partenza è l osservazione che un processo algoritmico che trasformi formule in formule, essendo le lettere proposizionali non interpretate e quindi prive di un significato, deve lavorare sui connettivi, di fatto introdurli o eliminarli. La deduzione naturale è quindi basata su regole di inferenza che introducono o eliminano i connettivi, cercando di imitare il modo con cui questo viene fatto in matematica. Così per introdurre l fra due proposizioni occorre averle già dimostrare singolarmente (se ho dimostrato che <2 è un numero pari> e che <3 è un numero dispari>, posso dedurre che <2 è un numero pari e 3 è un numero dispari>), e viceversa, data una congiunzione tra due proposizioni, entrambe si possono dedurre isolatamente; abbiamo così le prime due regole per l introduzione o l eliminazione dell : A B A B A B -eliminazione A B -introduzione A B Analogamente per introdurre l tra due proposizioni ci basta averne già dimostrata almeno una : A B v-introduzione A B A B ma per eliminarlo e ottenere una delle due proposizioni disgiunte occorre aver dimostrato la negazione dell altra proposizione (dalla proposizione <piove o tira vento>, per dedurre che <tira vento> devo anche aver dimostrato che <non piove>): A B A A B B v-eliminazione B A L eliminazione dell è semplicemente il nostro modus ponens. La correttezza di queste regole si ricava dalle tavole di verità. Probabilmente la deduzione naturale è il più naturale dei calcoli logici, nel senso che mima abbastanza bene il nostro modo di costruire teoremi. Il suo uso pratico in generale riflette il modo opportunistico con cui anche noi operiamo: date le premesse ed il teorema da dimostrare, noi procediamo sia dalle premesse, vedendo che cosa da esse possiamo dedurre, sia dal teorema finale chiedendoci da quali formule potremmo ricavarlo. Se i due processi si incontrano a metà strada otteniamo la dimostrazione. Ad esempio: A (B C), A B C. Dobbiamo riempire la dimostrazione: A (B C) A B Notiamo che C si può ricavare solo da B C, ma a tal fine serve A (B C) -elim anche B. Come ricavarlo dalle premesse? Tra le premesse C A B c è però A B, da cui possiamo ricavarlo B -elim -elim B C C Osserva: l nelle premesse può essere semplicemente sostituito da due premesse. Avremmo allora equivalentemente: A, (B C), B C Osserva: non ti sembra che la A nelle ipotesi fosse del tutto inutile? In realtà abbiamo solo usato il modus ponens. Ma esistono regole di inferenza più complesse, le quali richiedono una argomentazione logica più articolata: sono le sotto-derivazioni. Le sottoderivazioni sono dimostrazioni che hanno una premessa locale detta assunzione, possono are formule dalla derivazione principale, e si possono chiudere quando si verificano certe condizioni e in tal caso si può esportare una formula nella derivazione principale. Sono un po come le subroutines in un programma che eseguono un algoritmo ando risultati già ottenuti e poi esportano il loro risultato nel programma principale. La scriveremo nella dimostrazione con un rettangolo, aperto da un assunzione, nel quale entrano degli s dalla dimostrazione principale ed esce un export.

5 L introduzione dell richiede una sottoderivazione che ci ricorda il lemma nelle dimostrazioni matematiche, A assunzione B A B export cioè una sotto-derivazione che dall antecedente deduce il conseguente, utilizzando ( ando ) risultati già ottenuti nella dimostrazione principale ed esportando A B. Da notare che in questa introduzione dell il se allora statico del connettivo viene ricavato dal se. allora. dinamico della deduzione. Le sottoderivazioni sono quindi in generale dimostrazioni ausiliarie che possono essere usate da una dimostrazione, nelle quali possiamo assumere certe ipotesi e are risultati già ottenuti nella dimostrazione e dalle quali alla fine possiamo esportare un risultato nella dimostrazione. E la coppia di regole, il modus ponens come -eliminazione e la sottoderivazione della -introduzione, ci fanno notare che derivare T da A equivale a dimostrare A T, e che, assumendo A, da A T si ottiene T. Otteniamo quindi la interscambiabilità tra l implicazione statica data dal connettivo e quella dinamica data dalla relazione di dimostrabilità. E quanto enunciato dal TEOREMA DI DEDUZIONE: A 1, A 2,., A n T se e solo se, qualunque sia i, A 1, A 2,., A i-1, A i+1,. A n A i T E facile rendere rigorosa la nostra osservazione della interscambiabilità del connettivo e della argomentazione dimostrativa. Supponiamo infatti di avere una dimostrazione di T dalle premesse A 1, A 2,., A n Notiamo che il nostro scopo è costruire una dimostrazione di A i T, per un generico A i. Dovremo quindi effettuare una -introduzione con assunzione A i e conclusione T. Prendiamo A i considerandolo come ultima premessa nella dimostrazione di partenza; prendiamo tutta la dimostrazione da A i a T e consideriamola come una sottoderivazione in cui A i da premessa viene trasformato in un assunzione. In tal caso questa sottoderivazione funziona come un lemma che da A i deriva T, e ci permette così di dimostrare A i T per - introduzione, dalle premesse precedenti meno A i A 1 A 1 A 1 A 1 A 2 A 2 A 2 A 2 indica il posto vuoto lasciato da A i A n A n A n A n A i A i lemma A i T T T T A i T Viceversa supponiamo di avere una dimostrazione di A i T partendo dalle premesse A 1, A 2,., A i-1, A i+1,. A n. Per ottenere una dimostrazione di T dobbiamo eliminare l. Se aggiungiamo alle premesse A i : possiamo da esso e da A i T ottenere T tramite -eliminazione. A 1 A 1 A 1 A i-1 A i-1 A 2 A i+1 A i+1 A n A n A n A i T A i T A i T T Anche qui la interscambiabilità tra implicazione e derivazione ha come conseguenza il fatto che c è una corrispondenza tra regole di inferenza e deduzioni, cioè tra la tautologia PREMESSE CONSEGUENZA, la dimostrazione PREMESSE CONSEGUENZA e la regola (derivata) PREMESSE

6 CONSEGUENZA Così ogni teorema può essere usato come regola derivata per nuovi teoremi. Sono tutti e tre i casi enunciati sintattici, ma richiedono semanticamente che se le Premesse sono vere tale deve essere anche la Conseguenza: quando questo accade si dice che CONSEGUENZA è conseguenza logica delle PREMESSE, e si scrive PREMESSE CONSEGUENZA; altrimenti l implicazione è falsa, la dimostrazione impossibile e la regola non corretta. Nelle tavole di verità questo significa che le interpretazioni in cui le PREMESSE sono vere, è tale anche la CONSEGUENZA, e questo ci fornirà un algoritmo per decidere se una formula è un teorema derivabile da certe premesse o no. Un secondo tipo di sottoderivazione viene usato per l introduzione e l eliminazione del, ed è un altra tecnica classica della matematica: la dimostrazione per assurdo. Anche qui, per dimostrare A, apriamo una sottoderivazione: assumiamo A, e possiamo uscire esportando semplicemente A se riusciamo a derivare una contraddizione, ad esempio B B. Viceversa se vogliamo dimostrare A.. A A assunz. A assunz. Import B B assurdo B B assurdo Così il teorema P Q, Q P produce la regola, detta del modus tollens: P Q Q (<se piove prendo l ombrello>, ma <non prendo l ombrello>, e quindi <non piove>) Facile verificarlo con le tavole di verità, Dimostriamo invece il teorema: P Q Q P P P Q Q Q Q Q lemma usato per la introduzione del Così da ogni equivalenza A B derivano le due possibili regole A e B B A Se ogni teorema è una regola derivata corretta, allora esistono infinite possibili regole corrette. Quali scegliere? Si scelgono quelle che appaiono più basilari sia perché più ovvie sia perché da esse si possono ricavare tutti i teoremi. Ovviamente ogni regola può essere considerata come un teorema, e quindi la si potrebbe voler dimostrare, ma questo porterebbe necessariamente ad un regresso infinito: occorre quindi scegliere un set di regole di base indimostrate. Notiamo infine che se le premesse fossero in numero infinito non potremmo scrivere né PREMESSE CONSEGUENZA né la regola associata, mentre potremmo ancora scrivere PREMESSE CONSEGUENZA. A P ESERCIZI 1. Dimostrare la regola di conversione: B C C B Mentre invece B C B C e B C C B (conversioni sbagliate, valide solo se sostituiamo con. 2. Dimostrare con le tavole di verità e con la deduzione naturale che vale per la proprietà transitiva : A B, B C A C LOGICA E MATEMATICA

7 Anche la dimostrazione appare una sorta di calcolo, l esecuzione di un algoritmo, in quanto le regole appaiono rigorose e ben definite. Purtuttavia lo è in un senso diverso dalle tavole di verità o dalla applicazione di trasformazioni alle proposizioni. Le tavole di verità, come le operazioni, appaiono facilmente meccanizzabili, l ordine di applicazione delle regole fissato dalla struttura ad albero della proposizione, e la procedura termina sempre rapidamente e col risultato esatto. Le trasformazioni di formule sono un po più complesse, compare il problema del controllo dell ordine di esecuzione delle regole che può influire sul tempo necessario per completare le procedure. La verifica che una dimostrazione è corretta è anch essa, come le tavole di verità, un algoritmo facilmente meccanizzabile e che fornisce sempre una rapida risposta in tempo finito. La costruzione di una dimostrazione è invece un tipo di algoritmo molto più complesso, il problema del controllo della esecuzione delle regole da applicare diventa decisivo, e richiede fantasia, esperienza e abilità, può essere agevolato con euristiche ma non si può dare una procedura meccanica che in ogni caso trovi la dimostrazione di un teorema se esiste o espliciti la sua non esistenza in caso contrario: è il problema della decidibilità. Quando si costruisce una teoria matematica si scelgono alcune proposizioni come premesse, dette Assiomi, perché particolarmente evidenti o utili, e le conseguenze che ne derivano tramite l uso iterato di regole corrette sono dette Teoremi, e quindi la dimostrazione del teorema P è una deduzione del tipo: Assiomi Teorema. Dobbiamo però sottolineare la distinzione tra due tipi di Assiomi (e quindi di teorie) : a) quelli in cui gli assiomi non sono tutti tautologie: in tal caso i teoremi sono veri soltanto ogni qual volta sono veri le premesse, e le teorie sono quelle matematiche b) quelli in cui tutti gli assiomi sono tautologie: in tal caso i teoremi sono tutte tautologie. In logica tutte le tautologie sono sempre considerate come possibili assiomi, e quindi non sempre vengono rese esplicite tra le premesse, e in questo caso b) si può scrivere semplicemente P. Questo è il caso di un calcolo logico puro. Quindi, tornando al caso a), tramite il teorema di deduzione da Assiomi P si può ricavare (se le premesse sono in numero finito) Assiomi P e quindi Assiomi P è una tautologia. Per esempio gli assiomi della geometria euclidea (Assiomi _Euclide)non sono tautologie e quindi siamo nel caso a), e un teorema di geometria (Teorema _Pitagora) non è una tautologia, ma è vero ogni qual volta sono validi gli assiomi di Euclide (Che succede infatti su una sfera come la Terra?). Tuttavia Assiomi_Euclide Teorema_Pitagora è una tautologia. In realtà, nell oceano delle proposizioni le tautologie sono un isola speciale, non solo perché sempre vere, e perché da quelle tra di esse in forma di implicazione si possono ricavare le regole di inferenza derivate. Ma anche perchè i teoremi che derivano da assiomi che non sono tautologie hanno (se le premesse sono in numero finito) una loro immagine (data da assiomi teorema) nell isola delle tautologie, e quindi il caso a) si può ricondurre al caso b). A mano a mano che nella storia si è andata affermando la concezione formale della logica, si trovavano in essa risultati sconcertanti; tra questi c è il cosiddetto teorema dello Pseudo-Scoto (Duns Scoto era un logico medievale, a cui era ascritto all inizio un manoscritto medievale che si è rivelato invece opera di un altro logico rimasto sconosciuto, chiamato dagli studiosi per questa ragione lo Pseudo-Scoto): B, B P. In altre parole da una contraddizione si può dimostrare qualsiasi formula:

8 B premessa B premessa Per introduzione Per eliminazione B P P Potevamo ottenerlo anche tramite il teorema di deduzione dalla tautologia (B B) P Dalla tautologia (P P) P possiamo ottenere analogamente il teorema (P P) P (la celebre consequentia mirabilis). Ma che cosa c è di mirabile? C è che un risultato non tautologico ( P) viene dimostrato praticamente senza nessuna premessa ad esso esterna, ma solo argomentando su P stesso. Nella applicazione della logica alla matematica sono particolarmente anti le distinzioni tra condizione necessaria, condizione sufficiente e condizione necessaria e sufficiente. A è condizione necessaria per B si traduce in logica con B A, ovvero B A, mentre A è condizione sufficiente per B si traduce con A B, ovvero A B, e infine A condizione necessaria e sufficiente per B si traduce con A B. Soprattutto la prima può trarre in inganno, poiché sembra strano che pur essendo A una condizione per B, risulti come conseguente di B nella implicazione. Il paradosso nasce da fatto che abbiamo una idea temporale o causale del se allora. Talora quindi invece di condizione necessaria si parla di conseguenza necessaria. Un esempio comunque chiarisce la questione: sappiamo che se un numero è multiplo di 4 allora è pari, e quindi {essere multiplo di 4 è condizione sufficiente per essere pari} poiché sapere che il numero è multiplo di 4 è sufficiente per garantirci che è pari, mentre {essere pari è condizione necessaria per essere multiplo di 4} in quanto se il numero è multiplo di 4 necessariamente sarà pari. CORRETTEZZA, COMPLETEZZA E DECIDIBILITA DI UN CALCOLO La verità è quindi un concetto semantico, la dimostrazione invece è un concetto sintattico. Ma coincidono? Cioè: ogni teorema è vero? E ogni verità è dimostrabile? Nella geometria antica, come del resto oggi fino alle scuole superiori, non si fa differenza tra dimostrabilità e verità. Eppure la differenza è evidente. Si consideri ad esempio la proposizione {in ogni triangolo la somma degli angoli interni è due angoli retti}, la sua dimostrazione stava nei vostri libri delle scuole medie, era una paginetta di proposizioni concluse dalla frase come volevasi dimostrare, e dopo la quale non sussisteva nessun dubbio sulla validità del teorema. Se volessimo stabilirne la verità dovremmo invece prendere tutti i triangoli (ritagliati sul cartoncino, costruiti tramite le punte dei campanili, delle montagne e anche usando stelle e galassie) e calcolare su di essi la somma degli angoli interni. E poi magari non troveremmo sempre 180, qualche volta potremmo trovare La verifica è sempre limitata e approssimata. Sono due procedure del tutto diverse, la prima è unica anche se generale (su un triangolo qualsiasi ) la seconda è infinitaria su casi singoli (su tutti i triangoli), la prima è assolutamente certa, la seconda è sempre approssimata, etc. Questa è la differenza tra sintassi (la manipolazione delle proposizioni secondo regole puramente formali e quindi indipendenti dal significato dei termini) e semantica (assegnazione del significato ai singoli termini e conseguente costruzione del significato globale della proposizione). Perché mai i loro risultati dovrebbero coincidere necessariamente? Tuttavia nella matematica elementare non si sottolinea questa distinzione: ciò che è dimostrabile è vero e ciò che è vero è dimostrabile, eccezion fatta per assiomi e postulati la cui verità deve essere del tutto evidente. In logica consideriamo quindi due proprietà per un calcolo logico: la sua correttezza (ogni teorema è vero) e la sua completezza (ogni verità è dimostrabile). Delle due la prima è facilmente dimostrabile per tutti i calcoli logici. Dimostrare la correttezza è infatti banale se le nostre regole conservano le verità. Supponendo infatti

9 vere le premesse, ogni formula della dimostrazione o è una premessa (e quindi è vera) oppure è conseguenza di una regola di inferenza. Ma se gli antecedenti delle regole sono veri devono essere vere sempre anche le conseguenze, e quindi tutte le formule che appaiono nella dimostrazione sono vere (soddisfatte), almeno quando le premesse sono vere (soddisfatte). La completezza invece è più problematica. Infatti ci convinciamo facilmente che se un teorema l abbiamo dimostrato, allora è vero, ma non è assurdo pensare che ci possano essere verità non dimostrabili. Tuttavia in passato questo non era considerato un vero problema. All inizio perché la distinzione tra sintassi e semantica non era neanche concepita, e poi perché si osservava che se ci fosse stata una verità non dimostrabile, allora la si poteva aggiungere all elenco delle premesse e così diventava dimostrabile: cioè se un calcolo era incompleto era pur sempre completabile. Dagli esempi precedenti possiamo intuire che il calcolo delle proposizioni è completo, oltre che corretto, anche se occorrerebbe dimostrarlo. Un altra proprietà ante, che abbiamo già citato, è la decidibilità, la quale discende immediatamente dall idea che la dimostrazione, essendo un fatto sintattico, si può verificare meccanicamente, dove macchina è sinonimo di algoritmo. Ma se ho una formula T e gli assiomi, posso sempre meccanicamente vedere se T è un teorema? Se si, il calcolo si dice decidibile: esiste cioè una macchina (un algoritmo detto General Thorem Prover) che in tempo finito ci dice se la formula è dimostrabile o no. Assiomi T Assiomi, T General Theorem Prover Assiomi T Per il calcolo delle proposizioni esiste una tale macchina? La risposta è ovviamente si: è data dall algoritmo delle tavole di verità, che termina sempre dando la risposta: essendo il nostro calcolo completo, basta far vedere che Assiomi T è una tautologia, e a questo fine basta dimostrare che per tutte le interpretazioni che soddisfano gli assiomi, anche T è soddisfatta. Curiosamente però in questo modo una questione sintattica (l esistenza della dimostrazione di T dagli assiomi) viene risolta semanticamente (T è soddisfatta in tutti i modelli degli assiomi). Ad esempio ponendo Assiomi = { A B, A C } verifichiamo che Assiomi B C, e che Assiomi C (Notiamo che un sistema di assiomi equivale alla congiunzione di essi). A B C A A B A C Assiomi B C C Possiamo anche provare a dimostrare che Assiomi B C, ma troveremo qualche difficoltà: la regola per la - introduzione infatti non è molto utile. Una regola più utile risulta la regola derivata A B, A B B. Dimostrala (per assurdo).

10 Per logiche più potenti il general theorem prover si rivelerà solo semidecidibile, sarà cioè un algoritmo che si ferma sempre quando la formula è un teorema, ma può non terminare se non lo è. Assiomi T Assiomi, T General Theorem Prover Assiomi T Esercizio. 1. Prendiamo come Assiomi: {A B, C D, A C}. Possiamo dimostrare per assurdo (usando le leggi di de Morgan): Assiomi B D? Possiamo dimostrare : Assiomi B C? Verifica con le tavole di verità Finora la semantica è stata per noi solo la teoria delle tavole di verità, ed abbiamo evitato di parlare di significato, così che la semantica è rimasta, difronte ad una idea abbastanza ben definita di sintassi, qualcosa di molto vago. Ricordiamo che all inizio abbiamo parlato di semantica intensionale ed estensionale. Quella che abbiamo chiamato intensione di una proposizione rimanda alla idea della mente, difficile da trattare matematicamente. Ma più facile trattare matematicamente la semantica estensionale. Infatti, sin dalle sue origini, la logica matematica ha avuto l idea di un altro linguaggio oltre quello logico delle proposizioni, delle proprietà, dei predicati: il linguaggio della estensione che tra la fine dell ottocento e l inizio del novecento è diventato il linguaggio della teoria degli insiemi. PROBLEMI SVOLTI 1. Dimostrare con le tavole di verità e con la deduzione naturale il seguente teorema: C B, A (A B) C. Con le tavole di verità: A B C C B Premesse (A B) (A B) C In tutte le interpretazioni in cui le Premesse sono vere è vera anche la tesi, che è quindi conseguenza logica delle Premesse ed è quindi anche un teorema dimostrabile dalle Premesse

11 Con la deduzione naturale: C B premessa A premessa A B assunzione in una sottoderivazione per la -introduzione A B modus ponens dalle due righe precedenti C B C or-eliminazione dalle due righe precedenti, chiusura della sottoderivazione (A B) C -introduzione 2. a) Dimostrare con la deduzione naturale che B A, B C A C Suggerimenti: dimostrare per assurdo, usando anche regole derivate (modus tollens, de Morgan) b) verificalo tramite le tavole di verità. a) B A B C (A C) A C A C B A B B C B B B (A C) premessa premessa assunzione de Morgan -eliminazione -eliminazione modus tollens modus tollens -introduzione, contraddizione Si può risolvere trasformando il teorema da dimostrare in A C e usando la -introduzione b) A B C B A B C Premesse A C non si verifica mai che ci siano premesse vere e formula da dimostrare falsa

12 3. a) Dimostrare con le tavole di verità che non è vero che A B (A B) A A B A B (A B) A (A B) A La quarta interpretazione dimostra la tesi in quanto la premessa è vera e la conseguenza falsa. A B premessa A B assunzione b) Perché è sbagliata la derivazione al lato? B -eliminazione A B La -eliminazione non è corretta poiché A B equival. riga preced. ci sarebbe stato bisogno di avere già dimostrato B A -eliminazione (A B) A -introduzione 4. Dimostra che A (B C) (A B) C e che (A B) C A (B C) A (B C) premessa (A B) C premessa (A B) assunzione A assunzione A -eliminaz. B assunzione A (B C) A (B C) -eliminaz. (A B) -introd. B -eliminaz (A B) C C -eliminaz. C -eliminaz. (A B) C -introduz. (B C) -introduz. A (B C) -introduz. 5. Dimostrare che la regola di inferenza A B A C è corretta. B C Nei casi particolari in cui B oppure C sono contraddizioni come diventa la regola? La conosci già? E se si, come viene chiamata? La regola è corretta se trasforma verità in verità, e questo si verifica con le tavole di verità:

13 A B C A A B A C Premesse B C In tutte le interpretazioni in cui le premesse sono vere è vera anche la conclusione e quindi la regola è corretta Se B o C sono contraddizioni la regola diventa A A C oppure A B A C B Regole della -eliminazione, oppure, riscrivendo A C come A C, modus ponens. 6. Dimostrare A (B C) (A B) (A C) a) Con le tavole di verità ABC B C A (B C) A B A C (A B) (A C) Non c è nessuna interpretazione in cui la premessa sia vera e la formula da dimostrare falsa, e quindi per completezza tale formula è dimostrabile dalla premessa. b) Con la deduzione naturale A (B C) A B A A B premessa assunz. per (A B) (A C) assunz. per A C

14 B A (B C) B C C A C (A B) (A C) -elim. -elim. -elim. export per -intro A C export per -intro c) Si può dire immediatamente se viceversa (A B) (A C) A (B C) Si, basta guardare la tavola di verità per vedere che sono equivalenti. 7. Con le tavole di verità fai vedere che: a) A B C A b) A B C B A A B C A B C A B C B A

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