BOLLETTINO UNIONE MATEMATICA ITALIANA
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- Marcella Benedetti
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1 BOLLETTINO UNIONE MATEMATICA ITALIANA Lionello Cantoni Serie di potenze e logaritmo di una matrice. Bollettino dell Unione Matematica Italiana, Serie 3, Vol. 1 (1955), n.3, p Zanichelli < L utilizzo e la stampa di questo documento digitale è consentito liberamente per motivi di ricerca e studio. Non è consentito l utilizzo dello stesso per motivi commerciali. Tutte le copie di questo documento devono riportare questo avvertimento. Articolo digitalizzato nel quadro del programma bdim (Biblioteca Digitale Italiana di Matematica) SIMAI & UMI
2 Serie ai potenze e logaritmo di una matrice. Nota di LIONELLO CAIS T TONI (a Bologna) "Sunto. - Corne al n, Per suggerimento del Prof. CHERTTBINO, ho risolto qui alcuni «empliei problemi di calcolo di matrici : nei n* 2,3 determino la segiiatura di una serie di potenze di matrice facendo qualche applicazione (n, 3) del risultato conseguito, relativamente a question! di diagonalizzabilità. Nei n. 4,5 ho invece esteso un recente teorema di CHERUBIXO sul logaritmo di una matrice (*), dimostrando che se A è una matrice non singolare, il logaritmo principale di A si esprime in modo univoco mediante un polinomio in A il cui grado è pari a quello delpequazione minima di A diminuito di uno Segnatura di una serie di potenze di una matrice e applicazioni. 2. Sia A una matrice di ordine n possedente corne radici caratteristiche i numeri a,, a 2,..., «m (m<^w) e sia ^ la molteplicità di &j per A (j=l, 2,..., m) ( 2 J. Sia inoltre : (1) f[z) = a o -h a^-h... = S a,z x i-o ( 1 ) La nozione di logaritmo di una matrice, si deve ad H. RICHTER che 1' ka introdotta nel suo lavoro : Zum Logartthmus einer Matrix, Arch. der Math., 2, (1949-5). La definizione di questo A. è stata ripresa e semplificata da S. CÜERUBINO nel recente lavoro : Permutabilità e logaritmi delle matrici, Rend. Mat. e Appl. (5), 13 (1954) ed è a quest'ultima che mi riferirö sempre nel seguito. Il teorema che ho richiamato nel testo si trova al n. 1, 3 dell' opera cit. ( 2 ) Mi riferirö esclusivamente, qui e nel seguito alla segnatura (e alla forma canonica) corne la dà S. CHERUBIKO nei suoi lavori. Si veda ad es, S. CHERUBINO, Segnatura, dtvisori elementari e forme canonieke di una mairice, BolL IJ. M. I. (2) 4, 1-11, (1941). S. CHERUBINO, Sulla riduzione delle matrici a forma canonica, Note I e II; Atti Ace. Lincei (Rend.) (6), 23, ; , (1936).
3 SEIUE Dl POTENZE E LOGARITMO Dl UNA MATRICE 377 serie di potenze per cui converge anche la : f(a) = aj+a l A +... = S a,a' (A* = I) ( 3 j ; i= è ben nofco che la matrice f [A) ha per radici caratteristiche i numeri f(x t ) (potendo perö essi non essere tatti distlnfcij. Converrà disporre Ie a, in X grnppi tali che la (1) assuma valori ugaali su due numeri appartenenti allo stesso gruppo e valori distinti su numeri appartenenti a gruppi diversi, Siano ad es. a Â, a &,..., a Hl Ie componenti del primo gruppo e indlchiamo con ƒ, il valore (comune) che la (1) assume su di essi. Evidentemente, la molteplicità di f Y per la (2) è data da la l = 2 [x t. Sia poi H una matrice canonizzante la A e G l la componente della forma canonica di A relativa al primo gruppo di radici caratteristiche ; poniamo cioè : o allora, come è ben noto, si ha : ove C, = L o.... cj o i e per determinare la segnatura di f x basterà esaminare la nullità «delle successive potenze della matrice f{g Y ) f x l ni e poichè quest? ultima è composta dalle matrici f(c a ) /? 1J^( = 1, 2,..., w ; ), si ha che la nullità in questione sarà data, per ciascuna potenza, dalla somma delle nullità delle stesse potenze delle singole componenti. Ora, esaminando la nullità ad es. di f(g ai ) fj^, ed indi. cando con (h[^\ h$\..., h^) la segnatura di x t per A, si vede subito che essa eguaglia h^ se f'(oc 1 )4=, h^ -+- h^l\ se / ï/ (ot 1 ) = /*"(a,)=j=o e in generale h[^ -+ h^li -f-... H-fc 1 1 2^_j_i se è /^'(a^ =/^"(aj = =:... = ƒ(* 1 )(oc 1 ) = ; f( r )(a 1 )4 = ) e che ; nell 7 ipotesi generale in cui ei siamo posti, la nullità della potenza s-esima della matrice f(c Xi ) A^j-n supera la nullità della potenza immediatamente inferiore della quantità : (naturalmente quando T 1 ' ( 3 ) Per la definizione e per Ie condizioni di convergenza di una serie di potenze di una matrice, si veda ad es. C, C. MAC DUFFBB : The Theory of matrices, Berlino, Springer Ed. (1933).
4 378 LIONELLO CANTONI Ne segue subito il teorema seguente : Sia A una matrice complessa di ordine n ed f(z) una serie di poienze della variabile z, convergente per z = A. Raggruppando le radici caratteristiche di A in insiemi G- 1? & 2,.», Ch tali che la t assuma lo stesso valore sui punti dello stesso insieme e valori diversi sui pnnti non appartenenti allo stesso insieme e indicando con a$\ <4 3),..., a^ Ie componewii delv'insieme Gj (j = l, 2,..., l) e con fj il relativo valore della f(z), si ha che la moueplicilà della radice fj per f(a) è data della somma délie moueplicità délie v$\ t = 1, 2,..., VJ per A; indicando poi con (h ' t}, 4 j ' t},..., h^) la segnatura della radice ap^ per A e con S(j } t) la moueplicità della predetta radice per la derivata prima f(z), <fó f(z)j (intendendo ai prendere S(j,t) = O se f'(aj)=^=o), eseguendo il quoziente delv indice e ponendo: 4*. *> = fc«' «1 + *«4) 2 -t-. ia segnatura di f 3 - ^?er f(a), scritti gli intieri in ordine non erescente risulta : Ponendo poi J(j, t) = q(j, t), oppure J(j 3 1) = qcj, t) -+- 1, a seconda che i(3,t) è o no divisibile per s^tj-h 1, si ha che Vindice di fj è il maggiore dei VJ numeri J(j,t). 3. Il teorema enunciato al n. précédente, permette di stabilire a quali condizioni deye soddisfare una matrice A affinchè, data una serie di potenze f{z)> la matrice f(a) risulti diagonalizzabile (quando esiste). Se a s è una radice caratteristica qualunque di A e r s 1 è la molteplicità di a s per f'{&\ (intendendo al solito, di porre r s = 1 se <x s non annulla f'{z)\ si lia che l'indice di a 5 deye soddisfarealla condizione :
5 SEEIE Dl POTENZE E kogakltmo Dl UNA MATRICE 379 e yiceversa. Passando attraverso la forma canonica, nella quale è facile tener conto della (3), è quindi possibile costruire tutte Ie matrici A che soddisfano al problema. Se in particolare si ha f{z) = z r (r intiero 2> 2), si ha evidentemente che nessun numero 4= è radice di ƒ*'( ), mentre lo zero è radice di ordine r 1 per la stessa derivata- Da questo e dalla (3) discende che : Condizione necessaria e sufficiente affinchè una matrice A possegga poten&e ad esponente intero relativo 4= ( 4 ) diagonalizzabili, è che Ie radici caratteristiche non nulle di A abbiano tutte indice uno. Si ha precisamente che Ie potenze ad esponente intiero diagonalizzabili di A sono tutte e sole quelle il cui esponente non è, in valore assoluto, inferiore all 7 indice della radice per la matrice considerata. Si puö, al contrario di quanto è stato fatto in questo numero, supporre data la A e ricercare quali sono Ie serie di potenze f{z) per cui f(a) risulti diagonalizzabile. Se ct. ly a 2,..., a m sono le radici caratteristiche di A aventi per indici rispettivi i x, i s,..., i m, dal teorema précédente discende subito che la condizione necessaria e sufficiente affinchè f{a) (quando esiste) risulti diagonalizzabile, è che risulti s = 1. 2,... m f^>() ove si è indicato, come d' abitudine, con f (1r) (&) la derivata r-esima della f{e) Sul logaritmo principale di una matrice. 4* Siano date due matrici A e B di ordine n, non degeneri e simili, esista cioè una matrice S (non dégénère e di ordine n) per cui: (4) S- 1 AS = B. Nelle nostre ipotesi, esistono i logaritmi principali délie matrici A e B e dimostreremo che si ha : (5) S- 1 lg (A)S = lg (B) = lg (S-^B) cioè che i logaritmi principali délie due matrici sono fra loro simili come le due matrici stesse. ( 4 ) Si tenga presente che se A k (k intiero non nullo e A non singolare) è diagonalizzabile, lo è anche A~ k *
6 38 LIONELLO CANTONI Infatti, supponiamo dapprima ohé A e (quindi anche) B siano diagonalizzabili, e indichiamo con D la comune forma canonica. Se H è una matrice che canonizza la A, si ha subito dalla (4), che S~ l H, canonizza la B e quindi, per la definizione stessa di logaritmo principale si ha : lg(jb) = 8~ l H lg (D)H~ l S = S-'lHlg (D^-^S = S' 1 lg (A)S cioè la (3). Se invece A e B non sono diagonalizzabili, decomponiamole, assieme alla comune forma canonica C, nelle relative parti principale e complementare ( 5 ). Poniamo cioè Si ha subito : (6) B D = {S' l H)D{S- i H)' 1 = S-'HDH-'S = S e in modo analogo : Bj = 8-1 Aj8. Dalle ultime relazioni^ si deduce subito che : lg [I -+- BJBD 1 ] == S" 1 lg [I + AjAS 1 ] S e da questa e dalla (6) segue subito la (3). 5. Sia A una matrice non dégénère di ordine n avente radici caratteristiche distinte : a ls a 2)..., a m con indici i M i 8,...,i m. Indichiamo con JL := S % il grado dell' equazione minima di A e dimo- 7= striamo che: Esiste uno ed un solo polinomio in A, di grado p. 1 che dia il logaritmo (principale) di A. Infatti se indichiamo con g{z) = S a.sh'-i-j ;= un polinomio di grado p. 1 in z 9 si ha che le due equazioni (7) ^ ) = lg(^) g(c) = lg(c) sono, per quando dimostrato al précédente numero, equivalenti, Ponendo in evidenza, nella C, le m componenti C s relative alle ( 5 ) Si veda, per questa decomposizione il 1 della IS'ota di S, CHE- RUBINO citata in (1).
7 SEBIE Dl POTENZE E LOGABITMO Dl UNA MATRICE 381 m radici caratteristiche di A, si ha che la (7) 2 è equivalente alle relazioni : Per convincersene, basta decomporre ciascuna C s nelle relative parti principali e complementare ed osservare che la matrice lg(c) è composta dalle m matrici lg(c 5 ). Si ha poi, per definizione stessa del logaritmo : lg(c.) = lg(d,) + lg[i- 1g ccji^cs) 1! Ih^s) ; (*. - lja,"- 1 ig«a,., 1!»,«)! lg OCgXfe. (s) La (8) si traduce perciö nelle [i. equazioni lineari nelle flf( a *) = lg a * s = 1, 2,..., m cioè nelle : =l, 2,..., m che sono tutte linearmente indipendenti. Infatti il déterminante del sistema da esse formato vale, come si prova con un semplice calcolo (oppure notando che esso coincide, a meno di un fattore non nullo con il valore di un notissimo WROKSKIANO ( 6 )) : m 1 f m A = n n (a. ed è quindi diverso da zero poichè gli m numeri <x s sono per ipotesi tutti distinti. Ne segue il teorema. ( 6 ) Si veda ad es. G. TORELLI, Lezioni di calcolo infinitésimale, Tip. Aec. Se. Ms. Mat, 1921, 21, cap. XXI.
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