Il dibattito sulla riforma bancaria dopo la crisi
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- Gilda Negri
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1 Il dibattito sulla riforma bancaria dopo la crisi Emilio Barucci Politecnico di Milano 21 maggio 2010
2 Piano della presentazione: 1. Un interpretazione della crisi 2. Fallimento del mercato 3. Fallimento della regolazione 4. Fallimento dei metodi quantitativi: dentro i fallimenti del mercato e della regolazione 5. Prospettive di policy 6. Conclusioni
3 1. Un interpretazione della crisi Molte cause: 1. squilibri finanziari internazionali 2. modello di sviluppo statunitense 3. fallimento politica 4. fallimento regolazione 5. avidità managers 6. colpa di Black&Scholes.. ma, su tutte una meta causa: le banche hanno smesso di fare il loro mestiere
4 Il mestiere delle banche Complementari al mercato. Il credito è un bene particolare: i) asimmetria nelle scadenze tra le parti ii) asimmetria informativa tra le parti Il mercato fallisce perché non fa incontrare le parti Le banche colmano questa mancanza con il contratto di deposito e con il contratto di prestito e monitorando gli investimenti.
5 Ruolo della regolazione nel definire il mestiere delle banche Il mestiere delle banche è definito dalla regolazione che stabilisce prerogative e limiti delle banche: 1. il ruolo delle banche è diverso dai gestori dei fondi 2. il mestiere delle banche porta a considerazioni specifiche in tema di stabilità macro.
6 Non fare il proprio mestiere ha portato alla crisi? Sì ma attenzione a non sposare tesi che circolano tra commentatori velleitari separazione tra banca commerciale e di investimento narrow banking nazionalizzazione. lo sviluppo della regolazione ha portato ad un ampliamento delle prerogative dell attività di intermediazione avvicinandola al mercato in quanto l assetto tradizionale non funzionava (?).
7 Un passo indietro Pre anni 80: risparmio e credito sono beni pubblici Necessità di perseguire obiettivi di politica economica: industriale, crescita, macroeconomia, stabilità, tutela risparmio. A scapito della concorrenza e dell efficiente gestione dell attività di intermediazione. Strumenti: proprietà pubblica, restrizioni alla concorrenza, vincoli amministrativi dall alto. Sfiducia nel mercato e nell iniziativa privata.
8 Le novità degli anni 90 Il mercato e l iniziativa privata se ben regolate sono in grado di garantire una corretta allocazione dei flussi finanziari e la stabilità del sistema: Privatizzazione-quotazione in borsa: ricerca del profitto come una qualunque altra azienda Nuova stagione della regolazione con l obiettivo di liberare il sistema da inefficienze: -liberalizzazione dei mercati: concorrenza, no limiti a mercati non organizzati e all innovazione finanziaria -deregolamentazione-despecializzazione attività di intermediazione: modello banca universale, abolizione limiti trasferimenti sulle scadenze, sviluppo trading proprietario, partecipazioni azionarie, banca-assurance -passaggio da misure amministrative invasive a misure promercato che avrebbero garantito sia l efficienza della singola banca che la stabilità del sistema.
9 In sintesi: Apertura mercati Banca universale Controlli decentralizzati Capitale-risk weighted assets Fallimenti della regolazione: Qualità-livello del capitale Controllo del rischio Liquidità Mercati
10 Gli effetti I: Obiettivi: spostarsi dell attenzione della regolazione dal tema della stabilità a quello dell efficienza, affermarsi dello shareholder value, remunerazione incentivante Mercati: riduzione margini attività tradizionale; interconnessione degli operatori; non trasparenza Modelli organizzativi: limitata gerarchia, portati a cogliere opportunità di business e non a svolgere il mestiere, vendere servizi, non elaborare informazione, decentramento controlli, responsabilizzazione singoli centri. Regolazione: alcune delle attività delle banche sono fuori del sistema di regolazione; scollamento tra vigilanza e politica monteria.
11 Gli effetti II: Attività delle banche: riduzione del ruolo dell attività tradizionale; vicinanza al mercato delle banche: deintermediazione/finanziarizzazione sia attivo che passivo; ricerca efficienza via taglio costi; riduzione personale; non elaborazione soft information; omogeneità di comportamenti Solidità patrimoniale:passaggio da modello originate&hold a un modello originate&distribute per liberare capitale; aumento della leva per raggiungere un elevato roe in presenza di roa bassi; maturity mismatch; crescita indebitamento a breve termine e sul mercato (repo, interbancario), prociclicità (si nei paesi anglosassoni).
12 In una parola, le banche hanno perso le loro peculiarità e sono arrivate ad essere vicine al mercato: Valutazione mark to market Decentralizzazione Intermediazione tra risparmiatori e risparmiatori Operatori di mercato come un hedge fund Remunerazione legata al mercato.
13 Evoluzione del margine d'interesse Loan-to-deposits 5.0% 4.5% 4.0% 3.5% 3.0% 2.5% 2.0% 1.5% 1.0% Italia Media G7 180% 170% 160% 150% 140% 130% 120% 110% 100% 90% 80% Italia Media G
14 % 28% 26% 24% 22% 20% 18% 16% Titoli finanziari Italia Zona Euro % 50% 45% 40% 35% Crediti a clientela Italia Zona euro
15 40% 38% 36% 34% 32% 30% Depositi da clientela Italia Zona euro 26% 24% 22% 20% 18% 16% 14% 12% 10% Depositi interbancari Italia Zona euro
16 Redditività banche, leva 1.6% 1.4% 1.2% 1.0% 0.8% Margine d'interesse su attivo ROA ROE 18% 16% 14% 12% Leva banche EU Leva banche US Leva inv.banks % 25% 20% 15% 10% Banche EU Banche US 0.6% 10% % 0.4% % %
17 Banche di investimento: correlazione tra crescita attivo e crescita leverage 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% -10% -20% -30% -40% -10% 0% 10% 20% 30% 40%
18 Alcuni di questi effetti sono nel cruore della crisi: Piccole unità responsabili di grossi guai (UBS, SIV). Difficoltà di valutare il rischio globale degli intermediari Difficoltà di estendere criteri di valutazione del rischio di mercato al rischio di credito e di controparte. Attività fuori dalla regolazione: società di rating, innovazione finanziaria. Interconnessioni: maggiore capacità di assorbire rischi idiosincratici ma non sistemici. Leverage delle banche. Assets non valutati correttamente. Cartolarizzazioni: hanno mutato la qualità degli assets, sono state valutate male ma soprattutto sono rientrate nei bilanci bancari, un ghiotto arbitraggio (safe ma redditizio). Corse agli sportelli nei mercati e non dei depositanti.
19 Perdite/safe assets 3,5% 3,0% UBS CITI WF 2,5% 2,0% 1,5% CS 1,0% 0,5% DB CA DEX 0,0% HSBC BOFA JPM FOR ING HBOS SG RBS LLO UC SAN ISP MPS CMZ BAR BNP 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%
20 2. Fallimento del mercato 1. assimilazione delle banche al mercato passa tramite la trasformazione del rischio (di mercato, credito, controparte) in un bene dalla qualità accertabile ( maledizione della varianza o vicinanza banca al mercato). Questa ambizione è fallita: società di rating (l informazione non può essere prodotta, altri incentivi entrano in gioco); modelli interni non hanno catturato il rischio (delle ABS ma anche quello di controparte durante la crisi). Due punti seri: a) Limiti del mercato nell elaborazione dell informazione (ruolo agenzie di rating nella regolazione), fallimento della reputazione b) Possibilità di trattare alcuni rischi come beni standardizzati.
21 2. Fallimento allocativo. Liberalizzazione e integrazione dei mercati dovrebbero portare ad una migliore allocazione del rischio. No: a) l innovazione non serve a fare funzionare bene il mercato ma per altri scopi (differenziali informativi-conoscenza, arbitraggi). b) mercati integrati sono meno capaci di assorbire shock di sistema e risentono dell asimmetria informativa (too interconnected to fail).
22 3. Deregolamentazione. Le autorità non se ne sono mai curate. Problemi: 1. Difficoltà a fronteggiare rischio controparte di sistema 2. Meno gestibili dalle autorità (non vigilanza macroprudenziale).
23 3. Fallimento della regolazione 1. Cattura 2. Difetto informativo 3. Attenzione ai mercati, allo shareholder value, scarsa attenzione alla stabilità del sistema 4. Attori troppo grandi e troppo interconnessi 5. Principio rule rather than discretion 6. Deregolamentazione sul fronte degli intermediari (despecializzazione) e dei mercati 7. Decentralizzazione dei controlli, rinuncia alla vigilanza macroprudenziale 8. Necessità di forme di assicurazione collettivo per la stabilità del sistema.
24 4. Fallimento dei metodi quantitativi: dentro i fallimenti del mercato e della regolazione 1. Onnipotenza della tecnica (affidamento ad una formula), 2. Ruoli organizzativi. Risk management in posizione non di forza 3. Passaggi per adattamenti successivi a fenomeni che non sappiamo trattare: il rischio di credito è diverso dal rischio di mercato. Due fenomeni: adattamenti laterali e semplificazione, industrializzazione del processo 4. Difficoltà di validare i modelli in una prospettiva decentralizzata (serie storiche aggiustate), modesta capacità di contrattazione delle autorità
25 5. Incapacità di un approccio decentralizzato di valutare la stabilità del sistema 6. Rischio di credito: utilizzo modelli non all altezza, copula gaussiana statica, non modelli strutturali. 7. Rischio sistemico. Difficoltà di trattarlo, necessità di integrare con modelli macroeconomici (cosa non prevista nella moderna finanza) 8. Gestione del rischio: uso del VAR, prociclico, induce volatilità, prendere più rischio, non coglie rischio di credito e comportamenti gregge.
26 I problemi della crisi Vecchi: Asset valutati non in modo corretto Elevato leverage Nuovi: Crisi endogena e non esogena Forte interconnessione-omogeneità Difficoltà di produrre informazione via mercato: rischio=commodity Instabilità mercati efficienti Deficit informativo delle autorità
27 5. Prospettive di policy Distinguiamo due momenti: Gestione dell emergenza Prospettiva di medio periodo Gestione emergenza: Sospensione delle regole di mercato Sospensione concorrenza Intervento pubblico di salvataggio (garanzia, aumenti di capitale) fuori dalle regole Interventi imperativi (remunerazione, destinazione fondi).
28 Prospettiva di medio periodo Sfida: uscire da un equilibrio improprio colmare le lacune emerse porre in atto misure sostanziali senza tornare al business as usual Attenzione: invasione della politica tentazione del privato.
29 1. Limiti sulla remunerazione legandola alla solidità patrimoniale: idea balzana. Il problema della remunerazione c è ma non è centrale e si affronta con regole condivise, moral suasion e agendo sui prezzi relativi (tassazione) 2. Procedere per legge: improponibile, il sistema privato resisterà e non può essere fatto a livello nazionale. Non si torna indietro dalla prospettiva internazionale. Scrivere regole internazionali 3. Accordi pubblico-privato.
30 Qualche ipotesi sulla regolazione Proposta BIS: si va avanti con la prospettiva recente con aggiustamenti fatti ex post per rafforzare il sistema della regolazione. Bene ma a) Consapevolezza dei limiti della tecnica b) Nuovi problemi emersi c) Limiti approccio decentralizzato d) Nuovo ruolo del pubblico sul fallimento delle banche(?)
31 Basilea III Qualità del capitale: misure stringenti TIER 1, TIER2, Controllo del rischio: forte attenzione sul ruolo del risk management, dettagliata definizione per il calcolo EPE(wrong way risk, CVA), attenzione a rischio di modello Liquidità: nuova regolazione Spostare da mercati over the counter a regolamentati agendo sull intermediario
32 Leverage ratio Vigilanza macroprudenziale Impostazione: Colmare le lacune su tutti i fronti Stabilità: capitale, liquidità, leverage Rimettere assieme i cocci del vaso rotto Si entra significativamente nel bilancio Sovrabbondanza, incoerenza, difficoltà di realizzazione.
33 Rischio concentrazione La crisi non è originata da un problema di rischio di concentrazione classico: large exposure vs. un single name Poco spazio: attenzione nel processo di back testing e stress test La crisi è originata dalla commistione tra rischio di mercato e rischio di concentrazione: esposizione via cartolarizzazioni al settore dei mutui La crisi si è propagata per la commistione di rischio di concentrazione e altre forme di scambio (too big or too interconnected)
34 Rischio correlazione-sistemico Necessità di tenere conto della correlazione tra mercati-fattori di rischio 1. Wrong way risk: correlazione tra EAD e PD ( ) rischio tasso e rischio credito rischio di mercato e rischio di credito Problemi nuovi metodologici, nuova modellistica. Richieste molto invasive. 2. Correlazione aumentata di un fattore 1.25 per le esposizioni verso le grandi società di intermediazione finanziaria ( )
35 Leverage ratio Obiettivo: Limitare il too big to fall Porre un freno all eventuale non corretta valutazione assets (rischio di modello o failure agenzie di rating) L input viene dalla politica e poi dai regolatori Se è stringente è un cambiamento significativo rispetto a Basilea II Proposta ancora in versione preliminare.
36 Problemi: Effettiva efficacia: se non diverrà una misura di Pillar I sarà depotenziato Deve essere applicato a tutti? Contrasto con misure RWA Armonizzazione a livello paesi sui principi contabili altrimenti rischia di divenire un fattore di forte differenziazione competitiva Limitarlo a fasi di boom?
37 Occorre evitare il deleveraging in fasi negative? Deve essere una misura chiara in un ottica di Pillar III Contrasto con la regolamentazione sulla liquidità Denominatore: TIER 1 o parte di esso Numeratore: asset liquidi di elevata qualità.
38 6. Conclusione Un Basilea III è possibile o si deve tornare a vincoli dall alto? La credibilità del sistema finanziario e delle autorità di regolazione è in gioco in questa fase di predisposizione della riforma di Basilea Sovrabbondanza di misure. Rischio sistemico?
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