Giustizia & Sentenze Il commento alle principali sentenze

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1 Giustizia & Sentenze Il commento alle principali sentenze N Valori OMI come prova dell evasione Categoria: Contenzioso Sottocategoria: Reati tributari La condanna dell imprenditore per il reato di dichiarazione infedele, ai sensi dell art. 4 D.Lgs. n. 74 del 2000, si può basare sugli stessi elementi posti a base dell'accertamento tributario, ancorché presuntivi, se ritenuti idonei a provare l'evasione. Ne deriva che la responsabilità penale può benissimo essere fondata sulla differenza con i valori di mercato degli immobili venduti (listini OMI), sui mutui d'importo superiore accesi dagli acquirenti e sul rinvenimento di versamenti su conti correnti intestati a parenti del contribuente. È quanto emerge dalla sentenza 18 novembre 2013, n , della Corte di Cassazione. Il principio La condanna dell imprenditore, per il reato di dichiarazione infedele, si può basare sugli stessi elementi posti a base dell'accertamento tributario, ancorché presuntivi, se ritenuti idonei a provare l'evasione. Ne deriva, che la responsabilità penale può benissimo essere fondata sulla differenza con i valori di mercato degli immobili venduti (listini OMI), sui mutui d'importo superiore accesi dagli acquirenti e sul rinvenimento di versamenti su conti correnti intestati a parenti del contribuente. È quanto emerge dalla sentenza 18 novembre 2013, n , della Corte di Cassazione Terza Sezione Penale. L infedele dichiarazione Il reato di dichiarazione infedele è previsto dall art. 4 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, secondo cui, fuori dei casi di dichiarazioni fraudolente (artt. 2 e 3), è punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque il quale, al fine di evadere le imposte dirette o l'iva (senza un impianto fraudolento, ma comunque consapevolmente e volontariamente), indica, in una delle 1

2 dichiarazioni annuali relative a queste imposte, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi quando CONGIUNTAMENTE: a) l'imposta evasa è superiore a euro ( ,38 euro prima del 18 settembre 2011), con riferimento a ciascuna delle singole imposte; b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi, sottratti all'imposizione anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al 10% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o, comunque, è superiore a 2 milioni di euro ( ,60 euro prima del 18 settembre 2011). Entrambi i limiti, sopra riportati, devono coesistere e si riferiscono a ogni singola imposta, anche se queste sono ricomprese in un'unica dichiarazione fiscale. Sono, pertanto, penalmente irrilevanti le condotte alle quali consegue il superamento della soglia di punibilità sommando gli importi delle due tipologie di imposte. Quest ultima specificazione tiene conto del sistema della dichiarazione unica, escludendo la sommatoria tra evasione concernente le imposte sui redditi ed evasione concernente l IVA, ma rende rilevante il superamento del limite anche quando si sia verificato in rapporto a una soltanto delle imposte considerate. Il momento consumativo del reato coincide con la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi o IVA. L elemento soggettivo richiede la coscienza e volontà di indicare, nelle dichiarazioni annuali, dati e notizie false, al fine di evadere il pagamento dei tributi dovuti. Il delitto NON è PUNIBILE a titolo di tentativo (art. 6 D.Lgs. 74 del 2000); se invece non è superata la soglia di punibilità, la medesima fattispecie costituisce un mero illecito amministrativo punibile con la sanzione amministrativa prevista per la dichiarazione infedele. Il sistema sanzionatorio penale tributario prevede che il reato si realizzi al superamento di prestabilite soglie di punibilità che limitano, di fatto, la rilevanza penale ai soli illeciti economicamente rilevanti. L abbassamento di tali soglie, da parte dell art. 2 co vicies semel del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (c.d. manovra di Ferragosto) in relazione a talune fattispecie delittuose tra cui la dichiarazione infedele, ha quindi ampliato dal 18 settembre la possibilità di incorrere in responsabilità penale. 2

3 Condanna per l imprenditore Con la pronuncia in rassegna, i giudici penali di legittimità hanno confermato, in via definitiva, la sentenza della Corte d appello di Brescia che ha riconosciuto la responsabilità penale di un imprenditore del settore immobiliare per il reato di dichiarazione infedele di cui all art. 4 del D.Lgs. n. 74 del La difesa Nella fattispecie in esame, secondo la difesa dell imputato, la Corte d appello di Brescia ha fatto erronea applicazione della disposizione incriminatrice, con riguardo agli art. 39 del D.P.R. 600/73 e 55 co. 3, D.P.R. 633/72, perché, fra le altre cose, ha ritenuto provato il fatto evasivo sulla scorta dei dati OMI dai quali ha desunto lo scostamento dal reale valore di mercato dei prezzi di compravendita degli immobili. Trattandosi di accertamento analitico-induttivo, la verifica sarebbe stata irritualmente condotta sulla scorta di mere presunzioni semplici, prive cioè dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall art. 39 co. 1 del D.P.R. n. 600/1973. Decisione ineccepibile In vestita dell esame della controversia, la Suprema Corte ha ritenuto infondata tale doglianza difensiva, poiché l Amministrazione Finanziaria ha posto a sostegno dell accertamento non già una singola presunzione semplice (valori OMI), bensì una serie di elementi comprovanti l evasione: la differenza con i valori di mercato degli immobili venduti (listini OMI); i mutui d'importo superiore accesi dagli acquirenti; il rinvenimento di versamenti su conti intestati a parenti dell imprenditore. Gli Ermellini osservano che la verifica del giudice penale, può sovrapporsi o anche entrare in contraddizione con quella eventualmente compiuta davanti al giudice tributario, perché nella sede penale deve essere data prevalenza al dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura formale che caratterizzano l ordinamento tributario, non essendo configurabile alcuna pregiudiziale tributaria. Proprio dando prevalenza al dato fattuale - si legge in sentenza - la Corte distrettuale evidenzia, in particolare, che vi era stata una sottofatturazione del corrispettivo di immobili che risultavano essere stati venduti dall'impresa dell'imputato a privati, con prezzi dichiarati inferiori rispetto al valore degli immobili stessi. Gli accertamenti erano stati svolti in base all'art. 39, primo comma, lettera d), del D.P.R. n. 600 del 1973, in forza del quale il reddito viene rettificato nel caso in cui l'incompletezza, falsità o inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati 3

4 risulti dall'ispezione delle scritture contabili, ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all'impresa, nonché dei dati e delle notizie raccolte dall'ufficio nei modi previsti dall'art. 32. Laddove sussistano tali presupposti - prosegue la norma - l'esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precisi e concordanti. Sul piano tributario si erano riscontrati, dunque, molteplici e convergenti indizi dell'evasione fiscale e non ci si era limitati a utilizzare come asserito dalla difesa - una mera singola presunzione. Ebbene, i predetti indizi di evasione fiscale - correttamente ritenuti decisivi, univoci e concordanti - sono stati posti, dalla Corte di merito, a sostegno della responsabilità penale dell imprenditore. Il giudice del merito, in sostanza, ha fatto buon governo dell indirizzo, secondo cui le rettifiche induttive possono fondare il reato tributario, laddove oggetto di una specifica autonoma valutazione in sede penale. OMI. Mera presunzione semplice A questo punto è bene evidenziare che l'art. 24, co. 5 della L. 88/2009 (legge Comunitaria 2008) ha modificato l'art. 39, co. 1 lett. d) del D.P.R. 600/73 (accertamento analitico-induttivo), eliminando, a partire dal 29 luglio 2009, la possibilità di provare l'occultamento di corrispettivi sulla base della sola discrepanza tra il valore dichiarato e il cosiddetto valore normale calcolato sulla base dei valori OMI. In seguito alle modifiche introdotte dalla predetta legge Comunitaria, l'inferiorità del corrispettivo dichiarato in atto rispetto al valore normale non è sufficiente, di per sé sola, neppure a fondare la rettifica del reddito d'impresa dichiarato dal cedente, se non sostenuta da altri elementi probatori addotti dall'amministrazione Finanziaria e atti a determinare le condizioni di gravità, precisione e concordanza richieste dall'art c.c. e dall'art. 39 co. 1 lett. d) del D.P.R. n. 600/73. Sulla scorta di quanto sin qui si è detto, con riguardo alle rettifiche delle cessioni immobiliari ai fini IVA, si è sostenuto - sentenza n. 61/01/12 della C.T.P. di Massa Carrara che il valore OMI ha natura di mera presunzione semplice, la quale, al fine di provare la sottofatturazione della società, deve essere utilizzata come ulteriore elemento di concordanza con le altre anomalie in termini di antieconomicità. Si è altresì sostenuto - C.T.P. Reggio Emilia, sentenza n. 488/01/2011 che il valore del mutuo stipulato per l'acquisto di un immobile e il maggior valore dell'immobile medesimo, calcolato dall'amministrazione Finanziaria sulla base dei valori OMI, non rappresentano elementi sufficienti per rettificare la dichiarazione del valore dell'immobile (ai fini delle imposte dirette e 4

5 dell'iva) resa dall'impresa venditrice, se non vi sono altre prove. Infatti, spiegano i giudici emiliani, in seguito all'emanazione della legge Comunitaria 2008 (L. n. 88/2009) i valori OMI non configurano, neppure se uniti al mutuo, una prova dotata delle caratteristiche di gravità, precisione e concordanza necessarie per consentire la rettifica della dichiarazione delle imprese in relazione alle cessioni immobiliari. Occorrono altri indizi per suffragare la rettifica, anche perché la parte venditrice non può, in alcun modo, influenzare l'acquirente in merito alla richiesta del mutuo. Inoltre, l'ottenimento di finanziamenti ben più elevati rispetto al valore dell'immobile, può essere giustificato dall'esistenza, tra l'acquirente e l'istituto di credito, di rapporti della più varia natura (per esempio, fiduciari), ai quali il venditore è del tutto estraneo. Accertamento immobiliare Insomma, dopo L. n. 88/2009, negli accertamenti immobiliari i valori OMI sono stati declassati da presunzione legale a meri indizi di evasione. Il valore normale desumibile dai dati OMI è, quindi, elemento indiziario di evasione che ha bisogno di ulteriori elementi di supporto in grado di rafforzare la sua valenza presuntiva. La presunzione semplice necessita, infatti, per essere valida motivazione utilizzabile negli accertamenti immobiliari, anche dei requisiti della gravità, precisione e concordanza. Di conseguenza, gli Uffici finanziari hanno rafforzato il ricorso alle indagini finanziarie e alla verifica dei costi di costruzione. Cass. Sez. III pen. n /13 La massima La condanna dell imprenditore per il reato di dichiarazione infedele (art. 4 D.Lgs. n. 74 del 2000) si può basare sugli stessi elementi posti a base dell'accertamento tributario, ancorché presuntivi, se ritenuti idonei a provare l'evasione. Ne deriva, che la responsabilità penale può benissimo essere fondata sulla differenza con i valori di mercato degli immobili venduti (listini OMI), sui mutui d'importo superiore accesi dagli acquirenti e sul rinvenimento di versamenti su conti correnti intestati a parenti del contribuente. - Riproduzione riservata - 5