CORSO DI COSTRUZIONI IN ACCIAIO

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1 CORSO DI COSTRUZIONI IN ACCIAIO 270 Laurea Magistrale I anno I semestre ESERCITAZIONE: CALCOLO DELLA STRUTTURA DI UN CAPANNONE INDUSTRIALE SITO NELLA CITTÀ DI CAGLIARI Parte 1 TITOLARE: Prof. Ing. Barbara De Nicolo RELATORE: Ing. Daniel Meloni

2 PREMESSA Nel seguito verrà sviluppata la verifica strutturale della struttura in acciaio di un capannone industriale. L esercitazione è liberamente ispirata ad un edificio esistente di cui si riportano in seguito alcune immagini e gli elaborati grafici. Le verifiche strutturali verranno effettuate in osservanza delle indicazioni del D.M. 14/01/2008 e dell Eurocodice 3. DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA La struttura in esame è un tipico capannone industriale monopiano a struttura in acciaio, con una pianta rettangolare di dimensioni 88x92 m ed un altezza massima di circa 9.00 m, con un corpo centrale principale di dimensioni 72x92 m e due corpi laterali di altezza inferiore (circa 5.30 m). 1

3 La struttura portante del corpo centrale è regolare con pilastri HEA240 disposti a maglia regolare 24x12 m, in numero quindi di 4x9, con un altezza dalla pavimentazione all imposta delle travi di copertura di 6.50 m. I pilastri sostengono un sistema di travi principali disposte trasversalmente con luce di m ed interasse m, con schema di semplice appoggio. Si tratta di travi reticolari del tipo Pratt di altezza 2.40 m. 2

4 Le sezioni della struttura esistente prevedono per la briglia superiore e inferiore un doppio UPN120 e montanti ad interasse di 2.00 m realizzati con un doppio UPN80, saldati talvolta sull anima, talvolta sulle ali. Le diagonali sono costituite da piatti a sezione piena 80x25 o 80x40 mm. Sulle travi principali sono impostate le travi secondarie di tipo Vierendeel in semplice appoggio su luci di m, interasse di 4.00 m (ogni 2 campi della trave principale) e altezza di 0.60 m. Le briglie inferiori e superiori sono costituite da profili a T100x100, i montanti ad interasse 0.50 m sono costituiti da un doppio angolare a lati uguali L40x4 saldati all anima dei correnti. Entrambe le due tipologie di travi sono assemblate per saldatura, mentre la connessione mutua è ottenuta per bullonatura. Al di sopra di questo sistema di travi è collocata una copertura a shed costituita come segue: al di sopra delle travi secondarie, quindi con scansione ogni 4.00 m, sono imbullonati un montante alto circa 1.80 m e una diagonale di lunghezza circa 4.40 m, realizzati con profili IPE160, mutuamente saldati all apice. 3

5 Sopra il diagonale sono appoggiati gli arcarecci ad interasse medio di 0.86 m, ottenuti saldando due profili a C alti 80 mm. A loro volta gli arcarecci sostengono dei pannelli sandwich coibentati con cui è realizzato l impalcato di copertura. Il pannello verticale dello shed è realizzato con un infisso leggero in alluminio. Le porzioni laterali più basse dell edificio sono costituite, per quanto riguarda la copertura, da elementi inclinati impostati da un lato ad una travatura di bordo del tipo Vierendeel, longitudinale rispetto alla pianta dell edificio, dall altra su pilastri perimetrali ottenuti con IPE140 a scansione ogni 4.00 m. Il capannone è suddiviso tramite partizioni interne leggere in lamiera grecata ed è chiuso perimetralmente da una tamponatura in mattoni pieni fino ad un altezza di circa 2.50 m, quindi da infissi e pannelli prefabbricati in lamiera grecata, ed è suddivisa in campi dai pilastri perimetrali summenzionati. IL DIMENSIONAMENTO DESCRITTO È BASATO SU UN PROGETTO DEGLI ANNI 60. NEL PROSEGUO APPLICHEREMO GLI STANDARD PREVISTI DALLE ATTUALI NORMATIVE E SE NECESSARIO RIPROGETTEREMO GLI ELEMENTI STRUTTURALI NON ADEGUATI. Seguono alcune immagini della struttura esistente. 4

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11 Nel proseguo si farà riferimento alle seguenti norme nazionali: D.M. 14/01/2008: Norme tecniche per le costruzioni. Pubblicate sulla G.U. del 4/02/2008 n.22; Circ. del CCSLLPP 02/02/2009 n.617: Istruzioni per l applicazione delle Norme Tecniche per le costruzioni di cui al D.M. 14/01/2008; e al Metodo degli Stati Limite. VITA NOMINALE Dalla tabella 2.4.I L edificio in questione è un opera ordinaria e pertanto si assumerà V N =50 anni. Si considererà inoltre una classe d uso II, per edifici oggetto di normali affollamenti. Questi parametri sono significativi per la determinazione del periodo di riferimento V R delle azioni naturali, soprattutto quella sismica. MATERIALI Ipotizzeremo l uso di profilati laminati a caldo realizzati con acciaio duttile di grado S235JR conforme alla norma armonizzata UNI EN (ex Fe360B). Tale materiale è caratterizzato dalle seguenti proprietà meccaniche: peso specifico = 78.5 KN/m 3 modulo di elasticità = MPa modulo di poisson = 0.30 modulo di elasticità tangenziale = MPa carico unitario di rottura f tk = 360 MPa carico unitario di snervamento f yk = 235 MPa 10

12 ANALISI DEI CARICHI o PESO PROPRIO STRUTTURALE (G 1 ) o CARICO PERMANENTE NON STRUTTURALE (G 2 ) o CARICO VARIABILE DI ESERCIZIO (Q S ) o CARICO DA NEVE (Q S ) o CARICO DA VENTO (Q W ) o AZIONE SISMICA (E) Per quanto riguarda l effetto dei gradienti termici si può supporre che sia compensato dalla sostanziale isostaticità della struttura e dalla intrinseca deformabilità dei collegamenti. PESO PROPRIO STRUTTURALE Il peso proprio degli elementi strutturali è valutato nel seguito in funzione del profilato adottato, tenuto conto del peso specifico dell acciaio. CARICO PERMANENTE NON STRUTTURALE Considereremo i seguenti sovraccarichi permanenti: peso dei pannelli sandwich = 0.10 KN/m 2 peso aggiuntivo (p.e. pannelli fotovoltaici) = 0.30 KN/m 2 CARICO VARIABILE DI ESERCIZIO Dalla tab. 3.1.II delle NTC carico variabile di esercizio = 0.50 KN/m 2 (coperture non praticabili e accessibili per sola manutenzione) 11

13 CARICO DA NEVE Come è noto l espressione del carico da neve, secondo le NTC è la seguente: Dalla zonizzazione riportata dalle NTC (ZONA III) il carico da neve al suolo caratteristico è q sk = 0.60 KN/m 2 (a s 200 m s.l.m.). Per il coefficiente di esposizione si assumerà, in condizioni normale esposizione al vento, C E = In assenza di specifici studi sul calore trasmesso dall edificio alla copertura si assume per il coefficiente termico C t = Per quanto attiene al coefficiente di forma si devono considerare le possibilità di accumulo della neve in presenza o in assenza di vento. Nel caso della copertura a shed si dovrà fare riferimento alle indicazioni riportate nella Circolare n

14 La copertura a shed è costituita da falde verticali e inclinate di 25. Se ne deduce che, come ovvio, l accumulo può aversi sulla falda inclinata dello shed con μ 1 =0.80 e soprattutto nel compluvio, anche in relazione all effetto di ridistribuzione operato dal vento. Quindi si potrebbe considerare il caso (i) con semplice distribuzione di un carico pari a q s = = 0.48 KN/m 2 e il caso (ii) con μ 2 = μ 2 ((25+90)/2)=1.60, come in figura. In via semplificata, data la poca differenza tra i due casi, e come anche suggerito dalla circolare per inclinazioni inferiori a 25, si potrà considerare solo il caso (i) con una distribuzione sulla proiezione orizzontale del carico di 0.48 KN/m 2. 13

15 CARICO DA VENTO Seguendo le indicazione delle NTC2008, tenuto conto che l edificio sorge nella cosiddetta ZONA 5 della zonizzazione nazionale, corrispondente alla Sardegna Orientale e ad una quota sopra il livello del mare pari a 0.00 m, si determinano i seguenti parametri: dalla tab. 3.3.I delle NTC velocità di riferimento del vento: V b = 28 m/sec (per T R =50 anni) quota sopra il livello del mare di riferimento: a 0 = 750 m K a = sec -1 pressione cinetica di riferimento: q b = 0.49 KN/m 2 classe di rugosità: A dalla tab.3.3.iii delle NTC categoria di esposizione: IV 14

16 Da cui: dalla tab.3.3.ii delle NTC e quindi C e =1.63 (valutato sul baricentro delle shed) la pressione del vento è determinata in base alle espressioni fornite dalle NTC: PRESSIONE NORMALE: AZIONE TANGENZIALE: Oltre ai coefficienti già determinati si assumeranno: coefficiente dinamico: C d =1.00 coefficiente di attrito: C f =0.01 (dalla Circ. N.617) 15

17 coefficiente di forma per superfici verticali sopravento: C pe =+0.80 coefficiente di forma per superfici verticali sottovento: C pe =-0.40 coefficiente di forma per superfici inclinate sopravento: C pe =-0.25 (α= 25 ) coefficiente di forma per superfici inclinate sottovento: C pe =-0.40 coefficiente di forma interno: C pi =±0.20 (edifici quasi stagni) direzione N-S e S-N: direzione E-O e O-E: Sulla base dei parametri sopra riportati, si determina una pressione del vento sulle pareti perimetrali che varia a seconda del segno della pressione interna: pressione del vento sopravento: Q sop =0.80 (0.48) KN/m 2 depressione del vento sottovento: Q sop =0.16 (0.48) KN/m 2 Inoltre, per quanto riguarda gli elementi di copertura, sulla base delle indicazione della Circolare, si ha che i valori di pressione agiscono al 100% nel primo shed investito dal vento, al 75% nei successivi. Quando il vento spira in direzione S-N investendo direttamente il primo spiovente dello shed si ha una depressione che al massimo raggiunge il valore di 0.48 KN/m 2 ed è ridotta al 75% nei 16

18 successivi. Quando il vento spira in direzione N-S al massimo la depressione nel primo shed sale a 0.36 KN/m 2. Quando il vento spira in direzione E-O e O-E, si considererà su tutta la copertura una depressione che al massimo assume il valore 0.48 KN/m 2, inoltre un azione radente di minima entità pari a KN/m 2, distribuita su tutta la superficie della copertura. La circolare inoltre suggerisce che per valutare le azioni di insieme sulla struttura e quindi per dimensionare per esempio gli elementi controventanti, si consideri, per vento spirante in direzione N-S (e S-N), un azione orizzontale distribuita sulla proiezione orizzontale della copertura pari a 0.10 q b C e =0.08 KN/m 2. 17

19 AZIONE SISMICA La Normativa Tecnica attualmente vigente ha suddiviso il territorio nazionale secondo una griglia ai cui nodi sono assegnati tutti i valori dei parametri necessari a definire localmente l azione sismica (mappe di pericolosità INGV), in termini di accelerazione di riferimento al suolo a g per sito rigido (terreno tipo A) e di spettri di risposta elastici S e (T). La Sardegna fa parte di quelle aree del territorio nazionale considerate a bassa sismicità (zona 4) e i relativi parametri sono riportati in uno specifico allegato del documento normativo. Essendo l edificio in Zona 4 le NTC al Cap.7 consentono una verifica semplificata, secondo la quale la progettazione può essere condotta come se l edificio ricadesse in zona non sismica, a patto che: o Gli orizzontamenti rispettino specifiche prescrizioni, sostanzialmente finalizzate a garantire un comportamento a diaframma rigido nel piano; o Gli elementi strutturali e i dettagli costruttivi siano dimensionati in modo da garantire una Classe di Duttilità bassa (CD B ). Ovvero la struttura deve garantire un comportamento mediamente dissipativo in grado di sviluppare meccanismi di rottura duttili (cerniere plastiche). o Sia effettuata una verifica sismica semplificata, realizzata applicando un Analisi Statica lineare con azioni sismiche nelle due direzioni principali ortogonali dell edificio corrispondenti ad un accelerazione della struttura pari a 0.07g m/sec 2 (0.69 m/sec 2 ). Si faranno verifiche indipendenti nelle due direzioni e solo agli effetti degli SSLLUU. 18

20 DESCRIZIONE INTUITIVA DEL FENOMENO SISMICO Il sisma costituisce un movimento nelle 3 direzioni della crosta terrestre e quindi del terreno su cui è fondato il manufatto. Lo scuotimento del terreno si trasmette tramite le fondazioni (che possiamo considerare solidali ad esso) alla struttura in elevazione. Per l effetto combinato dell inerzia della struttura, quindi della sua massa, e della rigidezza, la struttura segue il terreno nella sua oscillazione, ma ne deriva delle deformazioni e in definitiva delle sollecitazioni. Salvo casi particolari, indicati chiaramente dalla norma, non ci si interessa dell oscillazione in direzione verticale del terreno, perché in genere procura molti meno danni, ma solo delle oscillazioni orizzontali. I casi estremi della risposta dinamica di una struttura sono: 1) se la struttura fosse estremamente rigida oppure priva di massa, si muoverebbe assieme alle fondazioni e al terreno sottostante e non ne deriverebbe alcuna sollecitazione (non si deformerebbe); 2) se la struttura fosse eccessivamente flessibile o fosse dotata di una massa enorme, quest ultima tenderebbe a stare ferma mentre le fondazioni si sposterebbero, ricevendo la massima deformazione possibile. Ovviamente il caso reale è intermedio fra i precedenti. Se l edificio fosse semplicemente un unica massa connessa in qualche modo alle 19

21 fondazioni, dotata di un solo grado di libertà, potrebbe essere considerata un oscillatore semplice (p.e. un serbatoio dell acqua) e in tal caso questo comportamento potrebbe essere condensato in un unico parametro: il periodo di oscillazione (o la frequenza propria), che dipende dalla massa e dalla rigidezza della struttura. Questo periodo caratterizza la risposta dell oscillatore semplice sotto l effetto di un azione dinamica. In altre parole se si sollecita con uno scuotimento orizzontale le fondazioni della struttura le masse della stessa sarebbero sottoposte a delle forze di trascinamento determinate dal modo col quale sono connesse alle fondazioni (la struttura stessa, p.e. i pilastri) e nello stesso tempo si opporrebbero a tale spostamento con delle forze d inerzia pari all accelerazione del terreno per la massa. L equazione che governa il fenomeno è quella che deriva dall applicazione della seconda legge di Newton (o il Principio di D Alambert): M u& + cu& + ku = Mu& g M u & = forza d inerzia legata all accelerazione della massa; c u & = forze dissipative legate a fenomeni come la viscosità; = M & = ku forze statiche di richiamo elastico, dovute alla struttura ; u g forza di trascinamento dovuta al moto del terreno; si potrà ricavare che: f = 1 2π k M = frequenza propria o naturale dell oscillatore; T = 1 f = periodo proprio dell oscillatore; 20

22 Il fenomeno sismico potrà essere ricondotto ad una forza di tipo inerziale applicata alle masse della struttura, come si deduce dalla relazione precedente. Infatti: quando u & = 0 u = u Max ( u & + u&& g ) = u&& ass = u& ass, Max e quindi: M u& ass, = ku Max Max La massima forza di richiamo elastica, coincide con la massima forza di inerzia in termini di accelerazione assoluta, quindi entrambe possono fornirci la massima sollecitazione nella struttura. Ma qual è il valore di accelerazione da applicare a queste masse? Nel caso dell oscillatore semplice infinitamente rigido (T=0) la risposta è immediata: l accelerazione del terreno. Poiché le strutture reali non sono oscillatori semplici, né infinitamente rigide, nel senso che sono costituite da più masse in qualche modo connesse, il discorso si complica, perché esistono più forme di oscillazione (modi) cui competono distinti periodi propri. In realtà esistono tanti modi di vibrare quanti sono i gradi di libertà e possono essere studiati effettuando un Analisi Modale. Spesso però, per strutture dotate di una certa regolarità distributiva, soprattutto in altezza, di massa e rigidezza (strutture semplici) il periodo fondamentale della struttura, ovvero quello 21

23 corrispondente al primo modo di vibrare (in genere un oscillazione semplice delle masse) è quello dominante e si può trattare la struttura come se fosse un oscillatore semplice. La normativa fornisce i cosiddetti spettri di risposta in accelerazione, ovvero dei diagrammi che in funzione del periodo proprio (in generale anche dello smorzamento) della struttura, intesa come oscillatore semplice, forniscono il valore di accelerazione assoluta massima che subisce la struttura. Questi diagrammi sono stati dedotti dai normatori a partire dagli accelerogrammi dei fenomeni sismici rilevati negli ultimi decenni sul territorio nazionale. a(t) (m/sec 2 ) t (sec) Questi accelerogrammi possono essere rielaborati come sommatoria di funzioni armoniche (Trasformata di Fourier) e si può ottenere la soluzione dell equazione differenziale dell oscillatore semplice, ponendo tali accelerazioni armoniche al secondo membro della stessa e sovrapponendone infine gli effetti. 22

24 Quindi si possono ottenere lo spostamento massimo e/o l accelerazione massima della struttura, ovvero la massima sollecitazione indotta dal sisma. Ripetendo l operazione per diversi tipi di oscillatore, con diverso periodo proprio e diverso smorzamento si possono ottenere gli spettri di risposta in accelerazione (o spostamento) cercati, per un determinato fenomeno sismico. Questi diagrammi, secondo l ultima impostazione normativa possono essere costruiti punto per punto nel territorio nazionale, in base alla mappa di pericolosità sismica INGV, secondo una serie di parametri forniti negli allegati alle NTC in ragione del periodo di ritorno T R (ovvero dello Stato Limite considerato) secondo opportune espressioni riportate nel Cap.3. 23

25 STATI LIMITE PER L AZIONE SISMICA (in ordine di gravità) In generale si considerano i seguenti Stati Limite d Esercizio: Stato Limite di Operatività (SLO): a seguito del terremoto la costruzione nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le apparecchiature rilevanti alla sua funzione, non deve subire danni ed interruzioni d'uso significativi (P VR =81%); Stato Limite di Danno (SLD): a seguito del terremoto la costruzione nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le apparecchiature rilevanti alla sua funzione, subisce danni tali da non mettere a rischio gli utenti e da non compromettere significativamente la capacità di resistenza e di rigidezza nei confronti delle azioni verticali ed orizzontali, mantenendosi immediatamente utilizzabile pur nell interruzione d uso di parte delle apparecchiature (P VR =63%); E i seguenti Stati Limite Ultimi: Stato Limite di salvaguardia della Vita (SLV): a seguito del terremoto la costruzione subisce rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e significativi danni dei componenti strutturali cui si associa una perdita significativa di rigidezza nei confronti delle azioni orizzontali; la costruzione conserva invece una parte della resistenza e rigidezza per azioni verticali e un margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni sismiche orizzontali (P VR =10%); Stato Limite di prevenzione del Collasso (SLC): a seguito del terremoto la costruzione subisce gravi rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e danni molto gravi dei componenti strutturali; la costruzione conserva ancora un margine di sicurezza per azioni verticali ed un esiguo margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni orizzontali (P VR =5%); dalla tabella 3.2.I delle NTC. 24

26 ANALISI STATICA LINEARE Come evidente il problema è inerentemente dinamico e pertanto l analisi strutturale dovrebbe essere condotta su base dinamica e in campo non lineare, per tenere conto delle risorse dissipative della struttura. Ma la norma consente l uso dell Analisi Statica lineare, che è il metodo di più semplice e può essere utilizzato, con opportune semplificazioni e, per strutture semplici, anche per effettuare calcoli a mano. L azione sismica viene schematizzata attraverso una data distribuzione di forze d inerzia (proporzionali alle masse della struttura) applicate staticamente. Quindi si procede ad una normale analisi strutturale statica. Tale semplificazione del fenomeno sismico è lecita solo per edifici che rispettano certi requisiti, p.e. la regolarità in altezza e quando non siano troppo deformabili, ovvero che il periodo del modo principale di vibrare T 1 non sia troppo elevato (vengono fornite le limitazioni). In questi edifici è lecito assumere a priori una determinata distribuzione delle azioni sismiche, poiché in essi il primo modo di vibrare flessionale è nettamente prevalente. Per edifici non troppo alti (H < 40 m) e con distribuzione di massa in altezza regolare, si può stimare (senza fare un analisi modale): T C1 H = (sec) 25

27 H = altezza dell edificio dal piano di fondazione (m); C 1 = 0,085 per strutture a telaio in acciaio Una volta noto il periodo principale dell edificio si entra nello SPETTRO DI RISPOSTA DI PROGETTO in accelerazione che viene fornito dalla normativa per ognuno degli Stati Limite presi in considerazione. L ordinata dello spettro di progetto relativo ad un determinato Stato Limite, corrispondente a T 1, fornisce il valore di base S d (T 1 ) per la determinazione dell AZIONE SISMICA F h. Tale valore di S d è un accelerazione e verrà moltiplicata per la massa complessiva dell edificio. Una volta determinata l azione complessiva F h (taglio alla base), questa sarà poi distribuita tra le varie masse in cui abbiamo schematizzato l edificio in proporzione alle stesse e all altezza, secondo la relazione: F = F i h j zi Wi z W j j 26

28 La reale risposta non lineare di una struttura corrispondente alla plasticizzazione o al danneggiamento (murature) è fonte di dissipazione dell energia cinetica indotta dal sisma. Questo effetto è benefico perché sottrae energia cinetica e quindi riduce l accelerazione assoluta imposta alle strutture e agli elementi portati, riducendone il danneggiamento. Tutto questo ha senso solo se in campo non lineare gli elementi possono offrire una certa duttilità, diversamente si ha una pericolosa rottura di schianto!! Anche se l analisi è lineare questi effetti dissipativi vengono presi in conto attraverso una forfetaria riduzione dell azione sismica a mezzo del FATTORE DI STRUTTURA con cui è scalata l azione sismica F h (infatti si è scalato lo spettro elastico di progetto). Tale fattore viene fornito dalla normativa e dipende tra le altre cose dalla tipologia dell edificio e dalla regolarità (in pianta). L analisi elastica lineare è appropriata per strutture che si deformino principalmente in funzione del primo modo di vibrare. I modi superiori sono poco influenti. Allora è lecito trattare la struttura come se fosse ad un solo grado di libertà. Ecco perché questo è in genere permesso solo per strutture REGOLARI IN ALTEZZA (si veda la norma per le condizioni). Nel caso in esame, si può ipotizzare che tutta la massa sottoposta all accelerazione sismica sia concentrata alla quota della copertura (trascurando la massa distribuita su tamponamenti e i pilastri) pertanto si considererà che tutta l azione sismica venga scaricata sul baricentro della copertura e sia generata dal peso sismico di quest ultima. 27

29 SPETTRI DI RISPOSTA Per esempio nel caso in esame, possiamo tracciare gli spettri di risposta relativi allo Stato Limite di Danno SLD (esercizio) e lo Stato Limite di Salvaguardia della vita SLV (ultimo). Data la natura dell edificio e la sua destinazione d uso sono stati determinati i parametri: Vita nominale V N = 50 anni Classe d uso II per edifici con normali affollamenti: C u = 1.0 Da questi si determina il periodo di riferimento per gli eventi naturali V R = V R C u =50 anni. Sulla base di questo periodo temporale si deve dedurre il periodo di ritorno T R dell evento sismico, tenendo conto che la probabilità di superamento nel SLD è del 63% (50 anni) nel periodo di riferimento V R e nello SLV è del 10% (475 anni). Dalla Tabella 2 allegata al testo del Decreto, si ricavano: SLD (T R = 50 anni) a g = accelerazione di riferimento al suolo PGA = (m/sec 2 ) F 0 = massimo valore del fattore di amplificazione dello spettro = 2.67 T C * = periodo di riferimento per il tratto a velocità costante = (sec) SLV (T R = 475 anni) a g = accelerazione di riferimento al suolo PGA = 0.50 (m/sec 2 ) F 0 = massimo valore del fattore di amplificazione dello spettro = 2.88 T C * = periodo di riferimento per il tratto a velocità costante = 0.34 (sec) Da questi si ricavano gli spettri di risposta elastici e di progetto già riportati, relativi alla componente orizzontale del sisma (quella verticale non sarà presa in considerazione). In essi il tratto ad accelerazione costante si ha per periodi superiori a T B =T C /3 = C C T C */3 che assume i seguenti valori: T B_SLD = sec T B_SLV = sec Si noti che nella determinazione dello spettro di progetto entrano in gioco, attraverso i coefficienti C c ed S, le caratteristiche locali del terreno e quelle topografiche del sito in cui sorge il manufatto (vedi relazione geologico-geotecnica). 28

30 Ipotizzeremo cautelativamente che il terreno sia di cat.b, e di categoria stratigrafica T 1 per superfici pianeggianti. Tutto questo viene preso in conto con una serie di coefficienti amplificativi che culminano nel coefficiente S= 1.20 Lo spettro di risposta elastico coincide con quello di progetto nel caso dello SLD, mentre quello allo SLV si deduce da quello elastico introducendo il fattore di struttura che tiene conto delle risorse dissipative del manufatto. In questo caso, per una struttura esistente a telaio in acciaio con schema a mensola, seguendo le indicazioni della Circolare si porrà q= Nel grafico che precede si è anche individuato con una certa approssimazione il periodo fondamentale della struttura T 1, determinato secondo la formula empirica: T 1 = C 1 H ¾ = 0.40 sec posto C 1 = H= 8.00 m (altezza dell edificio nel baricentro della copertura) Da cui si ricavano i seguenti valori per l accelerazione spettrale orizzontale: S d,sld (T 1 )= 0.077g m/sec 2 S d,slv (T 1 )= 0.088g m/sec 2 Come si può osservare avendo assunto un terreno di cat. B l accelerazione allo SLV è maggiore di quella richiesta nel metodo semplificato (0.07g). 29

31 COMBINAZIONE SISMICA Le verifiche sismiche vengono effettuate con riferimento alla seguente combinazione: In cui si nota che l azione sismica si considera contemporanea ai carichi permanenti e alla quota quasi permanente dei carichi variabili (ψ 2 ). Le masse che generano l azione sismica sono peraltro quelle corrispondenti a questa espressione ( pesi sismici ): I coefficienti sono dedotti dalla tabella 2.5.I delle NTC Si nota perciò che le azioni del vento, della neve e di esercizio, sono poco significative e non si considerano contemporanee all evento sismico. Nel seguito ci si limiterà pertanto a valutare il solo peso P della copertura tenuto conto di tutti gli elementi strutturali e il sovraccarico permanente e moltiplicare per l accelerazione sismica: Fh d 1 = S (T ) W λ/g = 0.07 W 30

32 CORSO DI COSTRUZIONI IN ACCIAIO 270 Laurea Magistrale I anno I semestre ESERCITAZIONE: CALCOLO DELLA STRUTTURA DI UN CAPANNONE INDUSTRIALE SITO NELLA CITTÀ DI CAGLIARI Parte 2 TITOLARE: Prof. Ing. Barbara De Nicolo RELATORE: Ing. Daniel Meloni

33 VERIFICA DEGLI ARCARECCI Nel seguito si inizierà col prendere in esame gli arcarecci della struttura precedentemente descritta, dei quali si eseguirà il predimensionamento e la verifica. I dati geometrici essenziali relativi agli arcarecci sono: luce di calcolo L= 4.00 m interasse medio int = 0.86 m (0.78 m in proiezione orizzontale) inclinazione α= 25 1

34 ANALISI DEI CARICHI Sovraccarico permanente: Q P = 0.40 KN/m 2 Sovraccarico variabile: Q V = 0.50 KN/m 2 Carico da neve: Q S = 0.48 KN/m 2 È inutile prendere in considerazione il carico del vento dal momento in cui ha su tutte le falde effetto di depressione e avendo quindi segno contrario rispetto agli altri carichi, peraltro più determinanti agli effetti delle verifiche. Questo carico potrebbe essere preso in considerazione per la valutazione di sicurezza dei mezzi di connessione dei pannelli di copertura all orditura di supporto. Considerando l area di pertinenza dell arcareccio più caricato (arcareccio intermedio), con riferimento ai carichi agenti sulla copertura possiamo passare dal valore di questi sulla superficie al valore distribuito sulla lunghezza dell arcareccio. q P = = 0,34 KN/m q v = = 0,43 KN/m q n = = 0,37 KN/m Sviluppiamo le combinazioni di calcolo da prendere in esame: combinazione fondamentale allo SLU: 2

35 da cui (a meno del peso proprio dell elemento): q SLU,1 = ( ) = 1,36 KN/m q SLU,2 = ( ) = 1,00 KN/m da cui si deduce immediatamente quale sia l unica combinazione che vale la pena di considerare. combinazione caratteristica (rara) per lo SLE: q SLE = = 0.96 KN/m L arcareccio, in virtù della sua inclinazione rispetto alla direzione del carico (piano di flessione), è sottoposto a sollecitazioni di FLESSIONE e TAGLIO DEVIATI. La componente del carico: q y = q cos(25 ) genera: M x = flettente che ruota attorno all asse x-x T y = taglio diretto secondo l asse y-y La componente q x = q sen(25 ) genera: M y = flettente che ruota attorno all asse y-y T x = taglio diretto secondo l asse x-x MATERIALI Ipotizzeremo l uso di profilati laminati a caldo realizzati con acciaio duttile di grado S235JR conforme alla norma armonizzata UNI EN (ex Fe360B). Tale materiale è caratterizzato dalle seguenti proprietà meccaniche: 3

36 modulo di elasticità = MPa carico unitario di rottura f tk = 360 MPa carico unitario di snervamento f yk = 235 MPa per le verifiche di resistenza la norma fa riferimento ai seguenti coefficienti di sicurezza: dalla Tab. 4.2.V PREDIMENSIONAMENTO I profili commerciali più comunemente utilizzati per la realizzazione di arcarecci di copertura sono profili ad Ω (in genere profilati a freddo), UPN e profili a doppio T (IPE, HEA, HEB). Ipotizziamo di lavorare con questi ultimi. Questo genere di profili sono detti a sezione compatta (CLASSE 1 e 2) e per essi è lecito l uso del metodi elastico e plastico per la verifica allo SLU. Nella scelta del profilo ci si può basare sull esperienza, oppure si effettuano dei calcoli preliminari che possono orientare la scelta. In tal caso entrambe le tipologie di verifica, allo SLU e SLE devono essere tenute in conto, perché spesso è la verifica allo SLE di deformabilità che risulta essere dimensionante. 4

37 In via semplificata, trascuriamo l inclinazione dell arcareccio e consideriamo la flessione retta. Allo SLU, a meno del peso proprio il momento flettente di calcolo è dato da: M ED = q SLU L 2 /8 = 2.72 KNm ipotizzando il comportamento elastico della sezione e trascurando l azione tagliante (facendo quindi riferimento alla sola tensione normale indotta dalla flessione), possiamo determinare il minimo modulo di resistenza della sezione cercata: essendo: σ x,ed = M ED /W el,min = f yk /γ M0 W el,min = M ED /(f yd /γ M0 )= /(235/1.05)=12153 mm 3 I profili commerciali che soddisfano tale requisito sono p.e. (in ordine crescente di peso): IPE80, IPE100, HEA100, HEB100. Verifichiamo ora le proprietà deformative del profilo cercato. Cercheremo una sezione che offra un inerzia sufficiente perché le deformazioni in esercizio dell elemento non siano tali da provocare, in generale, effetti estetici e funzionali indesiderati, tra cui il danneggiamento degli elementi portati. f max = qsle L E J min 4 Il limite ammissibile della freccia è determinato dal progettista in funzione delle esigenze di cui sopra. Nel nostro caso, la copertura non è praticabile e non richiede particolari attenzioni per quanto riguarda le strutture portate, quindi ci si potrà riferire alle indicazioni fornite dalla normativa per le coperture in generale (Tab.4.2.X): 5

38 δ max = freccia dovuta al carico totale = L/200 δ 2 = freccia dovuta al solo carico variabile = L/250 Facendo riferimento alla prima limitazione, ipotizzando che la freccia dovuta al peso proprio sia compensata da una leggera controfreccia, scriviamo: f max = δ max = ( ) J min = da ciò si ricava che J min = mm 4 I profili che soddisfano tale requisito sono p.e. (in ordine crescente): IPE80, IPE100, HEA100, HEB100. Ipotizziamo di scegliere come profilo un IPE80 ed effettuiamo le verifiche. Il profilo ha le seguenti caratteristiche: H = 80 mm B = 46 mm s a = 3.8 mm s f = 5.2 mm W x = mm 3 W y = 3690 mm 3 W pl,x = mm 3 W pl,y = 5820 mm 3 J x = mm 4 J y = mm 4 ρ = 6.0 Kg/m NOTA: attenzione in questo esempio si indicheranno rispettivamente con y e x l asse forte e l asse debole. W x e J x fanno riferimento alla flessione attorno a x (asse debole) e quindi in direzione y (asse forte). 6

39 Vediamo a quale classe appartiene il profilo che abbiamo scelto. La normativa fornisce dei prospetti che consentono di giudicare in base a requisiti di tipo geometrico, la classe dell elemento e quindi la possibilità di applicazione del Metodo Plastico di verifica. Tab. 4.2.I Come si vede dalla tabella, si fa riferimento alla snellezza dell anima, perché è il sopraggiungere di episodi di instabilità locale che può prevenire ed impedire il raggiungimento della completa plasticizzazione della sezione. Analogamente si dovrà verificare l occorrenza di instabilità nelle piattabande: 7

40 Tab. 4.2.II Nel nostro caso la situazione è la seguente: per l anima: c = =59.6 t = s a = 3.8 ε = 1 (S235) da cui: c/t = 15.7 < 72 ε per la piattabanda: c = ( )/2=20.6 t = s f = 5.2 ε = 1 (S235) da cui: c/t = 3.96 < 9 ε se ne deduce che il profilo prescelto ha Classe 1. Questo significa che la sezione può interamente plasticizzarsi, sviluppare una resistenza maggiorata tramite il modulo plastico (> del modulo di resistenza elastico) e subire notevoli rotazioni che la fanno comportare come una cerniera plastica. Con una sezione di questo 8

41 genere è ammesso il Metodo di verifica Plastico, che è più vantaggioso perché presuppone un migliore sfruttamento delle risorse del materiale, ma è talvolta più complesso da applicare. Per semplicità utilizzeremo il Metodo Elastico, che è applicabile a tutte le tipologie di sezione. VERIFICA ALLO SLU DI FLESSIONE Valutiamo le due componenti del carico con riferimento alla combinazione allo SLU prescelta, tenendo presente che in campo elastico è valido il PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE DEGLI EFFETTI: q SLU = = 1.44 KN/m (aggiungiamo il peso proprio) q y = q SLU cos(25 )= 1.30 KN/m M max,x = 2.60 KNm q x = q SLU sen(25 )= 0.61 KN/m M max,y = 1.21 KNm M σ max,x = Wx M σ max,y = W max,x max,y y = = x x = 130 N/mm 2 = 328 N/mm 2 9

42 σx-max σy-max H H/2 B/2 B + = σx-max σy-max la verifica si effettua secondo la formula: in cui le tensioni normali sono indicate come σ x,ed e sono ottenute come sovrapposizione delle due flessioni rette. Non ha senso prendere in considerazione la sollecitazione tagliante nella sezione di mezzeria, inoltre non ci sono tensioni normali nel piano della sezione, quindi: σ x,ed 2 = (σ max,x + σ max,y ) 2 = ( ) 2 (235/1.05) 2 NO!! Come si può constatare la verifica è nettamente negativa, quindi dobbiamo passare ad una sezione superiore. Ipotizziamo di scegliere come profilo un IPE120 ed effettuiamo le verifiche. Il profilo ha le seguenti caratteristiche: H = 120 mm B = 64 mm s a = 4.4 mm s f = 6.3 mm W x = mm 3 W y = 8650 mm 3 W pl,x = mm 3 W pl,y = mm 3 J x = mm 4 J y = mm 4 ρ = 10.4 Kg/m Si può facilmente verificare che la il profilo ha ancora Classe 1. 10

43 q SLU = = 1.50 KN/m q y = q SLU cos(25 )= 1.36 KN/m M max,x = 2.72 KNm q x = q SLU sen(25 )= 0.63 KN/m M max,y = 1.26 KNm σ max,x = σ max,y = M max,x W M x max,y W y = = x x = 51.3 N/mm 2 = N/mm 2 σ x,ed 2 = (σ max,x + σ max,x ) 2 = ( ) 2 = (197) 2 (235/1.05) 2 (OK) OSSERVAZIONI: 1) La flessione deviata ha reso la verifica estremamente critica e costretto all uso di un profilo pesante. Sarebbe opportuna la scelta di un altro profilo ottimizzato rispetto alla flessione attorno all asse debole. Probabilmente la scelta migliore sarebbe un profilo ad Ω; 2) non si è scelto un profilo del tipo HEA o HEB perché di fatto più costoso (sono più pesanti). 3) In queste situazioni emerge la convenienza del Metodo Plastico, infatti si dimostra che la verifica col Metodo Elastico non avrebbe dato esito positivo neanche per un profilo IPE100, ma se si fossero prese in considerazione le risorse plastiche della sezione quest ultimo profilo sarebbe stato sufficiente. VERIFICA ALLO S.L.U. DI TAGLIO La verifica verrà effettuata agli appoggi. La distribuzione delle tensioni di taglio nella sezione è tale che rispetto a T x e T y le parti resistenti sono rispettivamente costituite dall anima o dalle flange ed è pressoché trascurabile nel resto della sezione. La reale distribuzione è quella fornita dalla formula del Jourawski. Per semplicità si usa considerare una distribuzione uniforme sulla parte resistente della sezione, cioè si approssima la tensione massima a quella media. q y = q SLU cos(25 )= 1.36 KN/m T max,y = 2.72 KN q x = q SLU sen(25 )= 0.63 KN/m T max,x = 1.26 KN 11

44 per il taglio agente nel piano dell anima (T y ) si considererà reagente solo quest ultima, secondo l espressione fornita dalla norma: A v = A -2b s f + (s a + 2r) s f = mm 2 per il taglio agente nel piano delle ali (T x ) si considererà reagenti le sole ali, secondo l espressione fornita dalla norma: A v = A - (h a s a ) = 909 mm 2 τ x-med = T A x-max V = 1.26 x = 1.39 N/mm 2 (τ zx ) τ y-med = T y-max A V = 2.72 x = 4.32 N/mm 2 (τ zy ) τx-max τy-max H/2 H B Le tensioni dovrebbero essere composte, ma non raggiungono il massimo valore contemporaneamente negli stessi punti, anzi τ x è diversa da zero dove è nulla la τ y e viceversa, quindi: τ x-med = 4.31 N/mm 2 < ( f / )/ 3 τ y-med = 1,56 N/mm 2 < ( f / )/ 3 yk γ M0 = 129 N/mm 2 (OK) yk γ M0 = 129 N/mm 2 (OK) Il taglio agente sull elemento ha valore così basso da non influenzare in alcun modo la resistenza flessionale dello stesso. 12

45 VERIFICA ALLO S.L.U. DI INSTABILITÀ FLESSO-TORSIONALE Verifichiamo ora la possibilità di occorrenza di un instabilità flessotorsionale (svergolamento) dell arcareccio, sotto i carichi della combinazione allo SLU, sulla luce libera di 4.00 m. In via semplificata supporremo di considerare il caso di flessione retta. Come primo passo si determina la SNELLEZZA ADIMENSIONALE λ LT, ma per farlo devo determinare il MOMENTO CRITICO ELASTICO DI INSTABILITÀ TORSIONALE DELLA SEZIONE. La modalità per determinare quest ultimo è riportata nella Circolare n.617. (attenzione la simbologia delle NTC è incoerente con quella utilizzata in questi appunti soprattutto rispetto agli assi d inerzia della sezione) Iniziamo col determinare il momento critico, tenendo conto che: L cr = lunghezza libera di instabilità laterale, che nel nostro caso assumeremo pari all intera luce di 4.00 m; EJ y = rigidezza flessionale laterale (asse debole), nel nostro caso pari a = ; GJ T = rigidezza torsionale, nel nostro caso pari a = ; EJ w = rigidezza torsionale secondaria, nel nostro caso pari a = ; ψ = coefficiente che tiene conto della distribuzione del momento flettente lungo l asse dell elemento. La norma dice di fare riferimento ad una distribuzione di momenti uniforme, in tal caso il coefficiente vale 1. da ciò si deduce che per il nostro IPE120 sulla luce di 4.00 m: 13

46 π 10 M = cr 4000 = Nmm = 7.38 KNm 8 π = Considerando quindi il modulo di resistenza plastico W y =60700 mm 3 : λ LT = = Una volta nota la snellezza posso determinare il FATTORE DI RIDUZIONE DELLA RESISTENZA per effetto dell instabilità: con f tiene conto della reale distribuzione del momento flettente tra i ritegni torsionali, che non è uniforme e considera un fattore correttivo k c che si deduce dalla tabella 4.2.VIII delle NTC e vale nel nostro caso in definitiva f = 0.99; λ LT,0 può essere assunto in generale pari a 0.2; β può essere assunto in generale pari a 1; α LT è il FATTORE DI IMPERFEZIONE riportato nella tab. 4.2.VI delle NTC, una volta stabilita la curva di instabilità che caratterizza il nostro profilo. In base alla tab. 4.2.VII si deduce che al nostro profilo (laminato con H/B 2) appartiene la curva di instabilità b e dalla Tab. 4.2.VI deduciamo che α LT =

47 tab. 4.2.VII In definitiva: Φ = 1.67 LT χ = 0.39 LT La nostra verifica si conclude determinando il momento resistente di calcolo per i fenomeni di instabilità, pari a: fyk 235 Mb, Rd = χ LT Wy = = Nmm = 5.30 KNm γ 1.05 M1 Il momento sollecitante complessivo allo SLU (nell ipotesi di flessione retta) è invece: M Ed = 3.00 KNm Pertanto la verifica è soddisfatta. VERIFICA ALLO S.L.E. DI DEFORMABILITÀ Verifichiamo ora la deformabilità del profilo prescelto. Come già discusso assumeremo i seguenti limiti: δ max = freccia dovuta al carico totale = L/200 δ 2 = freccia dovuta al solo carico variabile = L/250 Il carico totale allo SLE (a meno del peso proprio) è dato da: q SLE = = 0.96 KN/m Il solo variabile porge: q SLE,v = = 0.62 KN/m 15

48 q SLE,y = q SLE cos(25 ) = 0.87 KN/m q SLE,x = q SLE sen(25 ) = 0.41 KN/m q SLE,v,y = q SLE,v cos(25 ) = 0.56 KN/m q SLE,v,x = q SLE,v sen(25 ) = 0.26 KN/m q y f y (spostamento lungo l asse y-y) fx q x f x (spostamento lungo l asse y-y) ftot fy Poiché supporremo che lo schema sia di semplice appoggio in entrambe le direzioni, si porrà sempre: f max = q L E J Facendo riferimento al carico totale si determina: f y = q SLE,y E J L x 4 = x ( ) = 4.34 mm x f x = q SLE,x E J L y 4 = x ( ) = 23.5 mm x da cui: l f tot = f y cos(25 )+f x sen(25 ) = mm < = 20 mm (OK)

49 analogamente per il solo carico variabile: f y = q SLE,v,y E J L x 4 = x ( ) = 2.79 mm x f x = q SLE,v,x E J L y 4 = x ( ) = mm x da cui: l f tot = f y cos(25 )+f x sen(25 ) = 8.82 mm < = 16 mm (OK)

50 CORSO DI COSTRUZIONI IN ACCIAIO 270 Laurea Magistrale I anno I semestre ESERCITAZIONE: CALCOLO DELLA STRUTTURA DI UN CAPANNONE INDUSTRIALE SITO NELLA CITTÀ DI CAGLIARI Parte 3 TITOLARE: Prof. Ing. Barbara De Nicolo RELATORE: Ing. Daniel Meloni

51 ELEMENTI DELLO SHED Si procederà ora al calcolo del montante e del diagonale che costituiscono lo shed. Si richiama sotto lo schema di riferimento. I dati geometrici essenziali relativi agli elementi dello shed sono: altezza del montante H= 1.80 m (1.70 in asse) lunghezza diagonale L= 4.10 m inclinazione α= 25 ANALISI DEI CARICHI Dall analisi precedente si possono determinare le reazioni di appoggio degli arcarecci: reazione di appoggio carico permanente R p = 0.88 KN reazione di appoggio carico da neve R n = 0.74 KN reazione di appoggio carico variabile R v = 0.86 KN pertanto allo stato limite ultimo si potrà porre: R SLU = ( ) =2.99 KN ~ 3.00 KN Per gli arcarecci di estremità, poiché la pertinenza è la metà, si potrà porre: R SLU = R SLU /2 = 1.50 KN 1

52 MATERIALI Ipotizzeremo l uso di profilati laminati a caldo realizzati con acciaio duttile di grado S235JR conforme alla norma armonizzata UNI EN (ex Fe360B). Tale materiale è caratterizzato dalle seguenti proprietà meccaniche: modulo di elasticità = MPa carico unitario di rottura f tk = 360 MPa carico unitario di snervamento f yk = 235 MPa ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI E PREDIMENSIONAMENTO Lo shed è una sottostruttura che può essere schematizzata come sotto: Si nota però che in alcuni campi lo shed è costituito dal diagonale direttamente connesso sulla trave principale a mezzo di un collegamento bullonato. Possiamo pertanto dimensionare questo elemento ed utilizzare tale dimensionamento per il resto degli elementi, montante compreso. Faremo pertanto riferimento a questo schema: 2

53 Massimo momento (mezzeria) M ED = 6.61 KNm Massimo taglio (in appoggio) V ED = 5.55 KN Massima compressione/trazione N ED = 2.27 KN Supponendo di adottare il metodo elastico: essendo: σ x,ed = M ED / W el,min = f yk /γ M0 W el,min = M ED /(f yd /γ M0 )= /(235/1.05)=29534 mm 3 3

54 I profili commerciali che soddisfano tale requisito sono p.e. (in ordine crescente di peso): IPE100, HEA100, HEB100. Supponiamo di adottare un IPE100 H = 100 mm B = 55 mm s a = 4.1 mm s f = 5.7 mm W y = mm 3 W pl,y = mm 3 J y = mm 4 J z = mm 4 ρ = 0.08 KN/m Il profilo ha Classe 1. VERIFICA ALLO SLU DI FLESSIONE Per effettuare le verifiche dobbiamo aggiungere l effetto del peso proprio: M ED = /8= 6.83 KN/m 6 M ED 6.83 x 10 σ ED = = = N/mm 2 < 235/1.05 (OK) W y VERIFICA ALLO S.L.U. DI TAGLIO V ED = /2= 5.76 KN A v = A -2b s f + (s a + 2r) s f = 508 mm 2 4

55 τ ED = V ED = A V x 1000 = N/mm 2 < ( f / )/ 3 yk γ (OK) M0 Non è significativo effettuare verifiche che tengano conto dell azione assiale, perché di piccola entità e perché raggiunge il valore massimo dove il momento è minimo. VERIFICA ALLO S.L.U. DI INSTABILITÀ FLESSO-TORSIONALE Verifichiamo ora la possibilità di occorrenza di un instabilità flessotorsionale (svergolamento). Dobbiamo determinare il Momento Critico e quindi la Snellezza Adimensionale. L cr = 4.10 m; EJ y (inerzia lungo l asse debole) = = ; GJ T = = ; EJ w = = ; ψ = 1. da ciò si deduce che per il nostro IPE100 sulla luce di 4.10 m: M cr π = = Nmm = 4.46 KNm 8 π = Considerando quindi il modulo di resistenza plastico W y =39400 mm 3 : 5

56 λ LT = = 1.44 Una volta nota la snellezza posso determinare il FATTORE DI RIDUZIONE DELLA RESISTENZA per effetto dell instabilità: con f tiene conto della reale distribuzione del momento flettente tra i ritegni torsionali, che non è uniforme e considera un fattore correttivo k c che si deduce dalla tabella 4.2.VIII delle NTC e in via approssimata possiamo assumere pari a In definitiva f = 0.99; λ può essere assunto per sezioni laminate pari a 0.4; LT,0 β può essere assunto per sezioni laminate pari a 0.75; α LT è il FATTORE DI IMPERFEZIONE riportato nella tab. 4.2.VI delle NTC, una volta stabilita la curva di instabilità che caratterizza il nostro profilo. In base alla tab. 4.2.VII si deduce che al nostro profilo (laminato con H/B 2) appartiene la curva di instabilità b e dalla Tab. 4.2.VI deduciamo che α LT =0.34 In definitiva: Φ LT = 1.45 χ LT = 0.46 La nostra verifica si conclude determinando il momento resistente di calcolo per i fenomeni di instabilità, pari a: 6

57 fyk 235 M = χ W = = Nmm = 4.06 KNm b, Rd LT y γ 1.05 M1 Il momento sollecitante complessivo allo SLU era invece: M Ed = 6.83 KNm La verifica pertanto non è soddisfatta. Peraltro la struttura esistente sotto esame assume come profilo per gli elementi un IPE160. Dalla verifica effettuata la lezione precedente è chiaro che data la luce di 4.10 m e l entità del momento, probabilmente neanche un IPE 120 soddisferebbe la verifica, pertanto si proverà adottando un IPE140. In tal caso: H = 140 mm B = 73 mm A = 1640 mm 2 s a = 4.7 mm s f = 6.9 mm W y = mm 3 W pl,y = mm 3 J y = mm 4 J z = mm 4 J t = mm 4 J w = mm 4 ρ = 0.13 KN/m L cr = 4.10 m; EJ y = = ; GJ T = = ; EJ w = = ; ψ = 1. 7

58 da ciò si deduce che per il nostro IPE140 sulla luce di 4.10 m: M cr π = = Nmm = KNm 8 π = Considerando quindi il modulo di resistenza plastico W y =39400 mm 3 : λ LT = = Una volta nota la snellezza posso determinare il FATTORE DI RIDUZIONE DELLA RESISTENZA per effetto dell instabilità: con k c = f = 0.99; λ può essere assunto per sezioni laminate pari a 0.4; LT,0 β può essere assunto per sezioni laminate pari a 0.75; α LT =0.34 In definitiva: Φ = 1.37 LT χ = 0.49 LT 8

59 La nostra verifica si conclude determinando il momento resistente di calcolo per i fenomeni di instabilità, pari a: fyk 235 M = χ W = = Nmm = 9.68 KNm b, Rd LT y γm che è > di M ED = /8= 6.94 KN/m. ULTERIORI ANALISI Per completezza andiamo a verificare cosa succede nel cavalletto che costituisce lo shed: 9

60 VERIFICA DEL MONTANTE Aggiungiamo la verifica a pressoflessione del montante. Adottando il metodo elastico, si determina: M ED = 4.91 KN/m N ED = 7.80 KN T ED = 3.09 KN Comprensivi del peso proprio. 3 6 N ED MED 7.80 x x 10 σ x,ed = + = + =68.27 N/mm 2 < 235/1.05 A W y A v = A -2b s f + (s a + 2r) s f = 755 mm 2 τ y,ed = V ED = A V x 1000 = 4.09 N/mm 2 σ x,ed 2 +3τ y,ed 2 = (68.27) 2 + 3(4.09) 2 =4711< ( ) 2 yk / γ M0 f = (OK) Verifichiamo la necessità di una verifica di instabilità del montante per semplicità solo flessionale: considerando che il montante è alto 1.80 m e ipotizzando un vincolo cerniera-cerniera, con traslazioni di estremità impedite (β=1), la lunghezza libera di inflessione è pari a 1.80 m. assumendo le proprietà geometriche dell IPE140 prescelto si ricava un carico critico pari a: 10

61 N cr = KN E la snellezza relativa λ = 1.16; si nota però che N ED < 0.04 N cr = KN, pertanto l effetto dell instabilità flessionale può essere trascurato. Considerazioni finali Tenuto conto che nella struttura a shed le sollecitazioni sono molto basse rispetto al caso di elemento semplicemente appoggiato potrebbe valere la pena di considerare una sezione inferiore, p.e. un IPE120 e prevenire l instabilità con dei ritegni. 11

62 CORSO DI COSTRUZIONI IN ACCIAIO 270 Laurea Magistrale I anno I semestre ESERCITAZIONE: CALCOLO DELLA STRUTTURA DI UN CAPANNONE INDUSTRIALE SITO NELLA CITTÀ DI CAGLIARI Parte 4 TITOLARE: Prof. Ing. Barbara De Nicolo RELATORE: Ing. Daniel Meloni

63 TRAVE RETICOLARE SECONDARIA Si procederà ora al dimensionamento e la verifica delle travi secondarie. Nella struttura esistente questo ruolo è svolto da travi tipo Vierendel, noi dimensioneremo invece delle travi tipo Pratt. Le travi in oggetto hanno luce di 12 m e sono impostate sulle travi principali. Sono divise in tre campi da 4 m dagli shed. Poiché il carico portato dalle diagonali alle estremità è scaricato direttamente sulle travi principali, lo schema statico prevede che il carico della copertura si scarichi ai terzi della trave in modo concentrato in prossimità dei montanti degli shed. Assumeremo il seguente schema statico di riferimento. La realizzazione dello schema unifilare deve sempre tenere conto di alcune approssimazioni, imposte dal reale ingombro dei profili e dall esigenza di far convergere in un punto tutti gli assi concorrenti in un nodo. ANALISI DEI CARICHI Determineremo ora i carichi concentrati agenti sulla trave sotto esame. Ipotizzeremo che gli shed abbiano un vincolo di semplice appoggio sul corrente superiore della trave e trascureremo la reazione orizzontale trasmessa dal diagonale. Determineremo 1

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