MIGRAZIONI: DALLA PAURA AL PROGETTO 1



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EDITORIALE Nuova Umanità XXXVI (2014/1) 211, pp. 1-6 MIGRAZIONI: DALLA PAURA AL PROGETTO 1 PASQUALE FERRARA 1. ANTI-POLITICA MIGRATORIA Ci siamo davvero resi conto dei cambiamenti mondiali? Viene il dubbio che l ottica nella quale valutiamo gli eventi globali sia ancora internazionale, westphaliana, cioè incentrata sugli stati. Ma oggi le questioni sono in gran parte transnazionali. Si può dire che mentre la maggior parte delle attività umane e sociali per non parlare dei fenomeni a-frontalieri come il cambiamento climatico, l inquinamento o i rischi nucleari ormai si svolge a prescindere dall esistenza dei confini inter-statali, la struttura politica fondamentale, vale a dire lo Stato, rimane testardamente ancorata a una dimensione territoriale che non trova più riscontro nella fenomenologia dei processi mondiali. Il mondo specie quello economico e finanziario ragiona in termini di flussi, noi invece ragioniamo, dal punto di vista delle politiche nazionali, ancora in termini di stock. Nell Unione Europea affermiamo spesso, con un certo compiacimento, di trovarci in una condizione post-sovrana e post-nazionale. Si sostiene persino che l UE sia la realizzazione del progetto di pace perpetua tanto agognato da tanti pensatori e filosofi nel corso dei secoli, che trova la sua più alta espressione in Kant. Kant tuttavia era un cosmopolita ante litteram. Ad esempio, affermava che «originariamente [e cioè prima della nascita dello 1 Il presente scritto è la rielaborazione dell intervento pronunciato al Convegno Chiesa e istituzioni per una città dell integrazione (Siena, 21 novembre 2013). NU 211_14.indd 1 04/02/14 17.51

2 Pasquale Ferrara Stato-nazione] nessuno ha più diritto di un altro ad abitare una località della terra» 2. Questa parte del pensiero di Kant è però oggi messa in sordina. Nei nostri sistemi politici, prevale ancora il sovranismo. I limiti della polity, cioè i criteri di inclusione/esclusione nella comunità, sono ancora in gran parte definiti dal criterio territoriale o giuridico della cittadinanza. Il paradosso, ma direi il vero scandalo, è che se oggi una merce qualunque entra nell Unione Europea, nel Mercato Unico, attraverso il porto di Amsterdam, una volta assolte le procedure doganali può liberamente circolare in tutto il territorio dell Unione. Se invece a Lampedusa entra un essere umano, anche dopo che sia stato verificato lo status di rifugiato, non può spostarsi in nessun altro Paese dell Unione. I confini, che nell Europa asseritamente post-nazionale dovrebbero in principio essere stati aboliti, vengono magicamente ripristinati per gli stranieri. Questa non è una politica immigratoria; è una anti-politica, una scelta deliberatamente omissiva che è però, al contempo, intrisa di responsabilità. 2. I MIGRANTI E LO SVILUPPO BILATERALE Una delle esigenze fondamentali è quella di condurre ricerche empiriche sul fenomeno delle migrazioni, di fornire dati al di fuori della mitologia sulle invasioni e proporre delle opzioni politiche concrete. Un altra esigenza, altrettanto importante, è quella di collocare le migrazioni in una prospettiva di medio-lungo periodo. È bene indignarsi per le tragedie che avvengono in questi anni, ma dovremo abituarci a vedere le migrazioni in un quadro più ampio, avendo la consapevolezza che questo fenomeno caratterizzerà la politica europea e mondiale nei prossimi decenni. Nel 2050 si calcola che i migranti nel mondo raggiungeranno la cifra di 250 milioni; il 65% di essi tenderà a stabilirsi nei Paesi più sviluppati (e qui occorre includere anche i Paesi ora emergenti, i BRICS e altri Paesi soprattutto asiatici) 3. 2 Cf. I. Kant, Per la pace perpetua, 1795 (ed. Feltrinelli, Milano 1991). 3 Cf. Commissione Europea, The world in 2025, Bruxelles 2009, p. 11. NU 211_14.indd 2 04/02/14 17.51

Migrazioni: dalla paura al progetto 3 Il numero di immigrati residenti in Europa è oggi stimato in 64 milioni, cifra che corrisponde a circa il 9% della popolazione 4. Se guardiamo alla demografia europea, i dati ci dicono che mentre nel 2000 la percentuale della popolazione europea su quella mondiale era poco superiore all 8%, oggi essa è già scesa a circa il 7%, e nel 2050 rappresenterà una percentuale compresa tra il 5 e il 6 percento 5. Questa tendenza sarà sicuramente amplificata, nei suoi effetti negativi, dall invecchiamento della popolazione. Se i trend attuali continuano, nel 2050 la popolazione attiva si ridurrà di ben 68 milioni 6. Oggi il tasso di occupazione delle persone di età compresa tra i 20 e 64 anni è del 69% e la Commissione Europea, nella strategia Europa 2020 ha indicato l obiettivo di raggiungere almeno il 75% 7. Con i tassi attuali e quelli prevedibili, sarà molto difficile conseguire i tre obiettivi di una crescita intelligente (sviluppare un economia basata sulla conoscenza e sull innovazione), una crescita sostenibile (promuovere un economia più efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più competitiva) e una crescita inclusiva (promuovere un economia con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale) 8. Lo stesso stato sociale, ivi incluse le pensioni, diverrà non più sostenibile, a meno che non si inseriscano nel mercato del lavoro circa 100 milioni di lavoratori aggiuntivi 9. Per dirlo in una parola: è del tutto velleitario immaginare, in queste condizioni, un ruolo globale dell Europa, se essa non avrà nemmeno una massa critica di popolazione per poter davvero contare strategicamente nelle trasformazioni in corso a livello globale. Dunque, non siamo di fronte semplicemente a una questione buonista di accoglienza, quanto a una questione di sviluppo e di futuro. In effetti, pensiamo troppo spesso alle migrazioni in termini problematici ed emergenziali, ma non consideriamo che esse costituiscono anche, in molte occasioni, un capitale umano che è essenziale per l innovazione e lo sviluppo. Se le migrazioni sono correttamente governate, possono essere un fattore 4 Cf. ibid., p. 12. 5 Cf. Project Europe 2030. Challenges and opportunities, Lussemburgo 2010, p. 25. 6 Cf. ibid., p. 27. 7 Cf. Commissione Europea, Europa 2020. Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, COM (2010) 2020, 3.3.2010. 8 Cf. Commissione Europea, Comunicazione Erasmus per tutti, COM 2011 787 final, 23.11.2011. 9 Cf. Project Europe 2030, cit., p. 27. NU 211_14.indd 3 04/02/14 17.51

4 Pasquale Ferrara trainante, e potrebbero aiutare la stessa Europa ad uscire dalle secche di una recessione economica che sta avendo un impatto sociale profondo. Guardiamo all esperienza degli Stati Uniti, e alla capacità che ha questo Paese pur con le gravi criticità che conosciamo di integrare e di attirare persone desiderose di un nuovo inizio per le loro esistenze (soprattutto giovani) da ogni parte del pianeta. In Europa viviamo il fenomeno migratorio soprattutto in termini di minaccia e di sottrazione di opportunità. Vi sono miti che è difficile debellare, ma alcune ricerche 10 mostrano che vi è in diversi Paesi una correlazione negativa tra i tassi di disoccupazione e l arrivo di nuovi migranti: in altre parole, la crisi economica e la disoccupazione funzionano come un triste deterrente all immigrazione, e quindi appare infondato sostenere che, in tutte le circostanze, i migranti sottraggono lavoro ai cittadini o residenti di lunga data. 3. SICUREZZA UMANA Quello che è fondamentale comprendere è che nel prossimo futuro le migrazioni dovranno essere concepite non come una questione emergenziale da contenere, ma come un fenomeno strutturale, destinato a ridefinire non solo e non tanto le politiche migratorie, ma l intero assetto dei nostri sistemi politici, il modello sociale, la dimensione culturale e identitaria. Le migrazioni non sono un settore della politica; diverranno una lente analitica per valutare la congruità della stessa struttura di base delle nostre società in termini politico-istituzionali e in termini persino antropologici. Le migrazioni sono un fattore essenziale nel cambiamento sociale e non possono essere liquidate attraverso spiegazioni causali di corto respiro, come le costrizioni economiche o la fuga dalle situazioni conflittuali, che pure esistono e sono certamente importanti. La motivazione spesso prevalente nelle migrazioni consiste in quello che potremmo chiamare il desiderio di futuro, la ricerca di nuove prospettive e di un nuovo contesto nel quale essere liberi di poter rea- 10 Cf. A. McCormick, Migration Myths: Migration & Unemployment, Migration Policy Centre - Robert Schuman Centre for Advanced Studies - European University Institute, Fiesole 2012. NU 211_14.indd 4 04/02/14 17.51

Migrazioni: dalla paura al progetto 5 lizzare il proprio progetto di vita. Le migrazioni sono un fenomeno, dunque, in gran parte motivato da fattori immateriali più che da necessità immediate (senza ovviamente sottovalutarle). Più in generale, le migrazioni dovranno essere ri-concettualizzate in termini di mobilità umana. Quella che viviamo è stata definita come l era delle migrazioni 11. Ci sono questioni, collegate alle migrazioni, che si connettono alla governance globale, alle diversità culturali, linguistiche, identitarie in genere. Le migrazioni avvengono nel quadro di una ristrutturazione economica sia all interno degli stati che su scala mondiale, e in un momento in cui operano nello stesso tempo fattori di radicale cambiamento nel sistema politico internazionale. È questo un mega-trend del XXI secolo che va gestito con intelligenza, lungimiranza e flessibilità. Occorre tuttavia una visione strategica e non accorgimenti tattici, occorre oltrepassare il paradigma della sicurezza per entrare in quello più ampio della sicurezza umana. E dobbiamo superare le visioni schematiche e le gabbie analitiche, di segno opposto, che ci vengono proposte da Huntington (lo scontro delle civiltà) da un lato e da Fukuyama (la globalizzazione come fine della storia ) dall altro. Ma dobbiamo anche essere capaci di smentire la narrazione che Dominique Moïsi ha proposto per l interpretazione dello stato del mondo visto dalla prospettiva sociale e non geopolitica dei continenti. Nella sua geopolitica delle emozioni 12, Moïsi assegna all Asia e all America Latina, e in qualche misura anche all Africa, il sentimento della speranza; al Nordafrica e al Medio Oriente, fino ad alcune aree critiche dell Asia Centrale (pensiamo all Afghanistan), il sentimento dell umiliazione storica (i perdenti della globalizzazione?); all Europa e al Nord America il sentimento prevalente della paura. Si tratta di uno schema semplicistico: nella vicenda storica e politica interna e internazionale delle varie regioni del mondo speranza, umiliazione e paura sono spesso sentimenti compresenti, dosati in modo diverso a seconda delle circostanze e delle fasi di sviluppo socio-economico e politico-istituzionale. La speranza rimane, tuttavia, l unico orizzonte capace di generale mobilitazione, innovazione, dinamismo. Le migrazioni, in questo contesto, vanno interpretate come una sfida alla nostra capacità di coniugare il fenomeno della 11 Cf. S. Castles - M.J. Miller, The Age of Migration: International Population Movements in the Modern World, Palgrave MacMillan, Basingstoke 2009. 12 Cf. D. Moïsi, Geopolitica delle emozioni. Le culture della paura, dell umiliazione e della speranza stanno cambiando il mondo, Garzanti, Milano 2009. NU 211_14.indd 5 04/02/14 17.51

6 Pasquale Ferrara mobilità sociale a livello globale con la stabilità sociale (da non confondere con l immobilismo e l immutabilità) necessaria ad ogni contesto comunitario per poter esprimere al meglio le proprie potenzialità. SUMMARY There is still a tendency to analyse global phenomena from the viewpoint of single States or between States, while the issues to be addressed are increasingly transnational. The European Union itself, a post-national structure, when faced with more complex problems like migration, behaves more and more like a sovereign power. Regarding migration, it could be said that Europe s stance is an absence of policies, rather than an anti policy. In order to have well developed policies, a fundamental need is to take a medium to long term view of migration. We are full of indignation when we see the tragedies of recent years. We ought, however, to see migration not as an emergency to be contained, but as a structural phenomenon of human mobility, which is destined to reshape all our political systems, our social models, our culture and our identity. We should see it not as a problem to be solved, but as a hope for the future. NU 211_14.indd 6 04/02/14 17.51