Giustizia & Sentenze Il commento alle principali sentenze



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Giustizia & Sentenze Il commento alle principali sentenze N. 45 26.06.2014 Commercialisti. Concorso nella frode fiscale Categoria: Professionisti Sottocategoria: Commercialisti Rischia una condanna per dichiarazione fraudolenta ex art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000 il commercialista che suggerisce all imprenditore come approntare le fatture false. È quanto emerge dalla sentenza 5 giugno 2014, n. 23522, della Corte di Cassazione Terza Sezione Penale. La Suprema Corte mantiene la linea dura nei confronti dei commercialisti che partecipano consapevolmente (magari nel ruolo di ideatori o istigatori) alla commissione di reati fiscali, quali la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte o la dichiarazione fraudolenta di cui, rispettivamente, agli articoli 11 e 2 del D.Lgs. 74/2000. Il professionista in questi casi risponde dell illecito tributario a titolo di concorso ex art. 110 c.p. e rischia anche il sequestro dei propri beni in base al principio solidaristico. Arresti domiciliari per l ideatore della frode Rischia una condanna per dichiarazione fraudolenta ex art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000 il commercialista che suggerisce all imprenditore come approntare le fatture false. È quanto emerge dalla sentenza 5 giugno 2014, n. 23522, della Corte di Cassazione Terza Sezione Penale con cui sono stati confermati gli arresti domiciliari a carico di un commercialista rimasto coinvolto, insieme con altri soggetti, in un inchiesta per una serie di reati sistemici di frode fiscale, riferibili a società operanti nel settore dell edilizia. La difesa Il commercialista in questione ha proclamato la propria estraneità ai fatti deducendo che i suoi contatti con le società erano riconducibili a prestazioni professionali regolarmente fatturate. 1

Il Tribunale del riesame ha invece ravvisato gravi indizi di colpevolezza a suo carico, sulla base delle numerose intercettazioni telefoniche dal contenuto inequivocabile, acquisite nel procedimento. In una conversazione, per esempio, il professionista aveva dato alla segretaria di un altro indagato delle vere e proprie direttive con riguardo all attività di emissione di fatture per operazioni inesistenti. Alcune osservazioni della S.C. Ebbene, la Suprema Corte ha avallato il verdetto del giudice di merito, poiché congruamente motivato. Per i supremi giudici l ordinanza impugnata ascrive al professionista, in maniera logica e coerente, un giudizio di provvisoria colpevolezza in ordine alla fattispecie di dichiarazione fraudolenta mediante l uso di fatture per operazioni inesistenti, stante il RUOLO DI CONSULENTE svolto dal medesimo, nonché di MATERIALE ESECUTORE della trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali incriminate. Ad avviso degli Ermellini, poi, il Tribunale del riesame ha giustamente parametrato la gravità e pericolosità dell agire del ricorrente alle sue PARTICOLARI COMPETENZE PROFESSIONALI che gli hanno consentito si legge in sentenza di coordinare a livello di regia la tenuta delle scritture contabili del gruppo di società utilizzate nelle operazioni illecite. Il Tribunale infine osserva come l'avere preso parte alla contestata associazione per delinquere, l'avere pianificato e realizzato un complesso progetto criminoso coinvolgente un numero consistente di società e di persone, l'avere perpetuato l'attività illecita per lungo tempo (dal 2006 al 2011) e l'avere lucrato ingenti capitali destinati all'erario, sono elementi che denotano la tendenza del professionista e dei suoi clienti a compiere imprese delittuose con modalità strutturate e sofisticate, a commettere reati per finalità di indebito profitto, nonché ad avvalersi, nei propri intenti illeciti, del contributo fiduciario di altri soggetti parimenti intranei ad ambienti dediti a condotte di frode dell'azione fiscale. In conclusione, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso del professionista, confermando, in via definitiva, la misura cautelare degli arresti domiciliari disposta in origine dal GIP. Orientamento consolidato L ordinanza appena esaminata conferma la linea dura della giurisprudenza di legittimità nei confronti dei commercialisti (e dei consulenti d azienda in genere) che partecipano, nel ruolo DI IDEATORI E ISTIGATORI delle condotte illecite dei clienti, alla commissione di reati tributari, quali la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte o la dichiarazione fraudolenta di cui, rispettivamente, agli articoli 11 e 2 del D.Lgs. 74/2000. 2

In questi casi peraltro dove la responsabilità penale dei professionisti è, il più delle volte, a titolo di concorso ex art. 110 c.p. la pubblica accusa ha gioco facile, potendo fare leva, ai fini della dimostrazione della partecipazione consapevole all illecito tributario, sulle CONOSCENZE ECONOMICHE - GIURIDICHE proprie di chi presta consulenza fiscale. Al di fuori dei casi di responsabilità diretta (che ricorrono quando il professionista abbia esercitato direttamente i poteri gestori) nei reati tributari (ma anche societari) si realizza una responsabilità di tipo concorsuale, ai sensi dell articolo 110 del codice penale. L apporto dei singoli concorrenti può essere di carattere materiale oppure morale; quest ultimo può manifestarsi nelle diverse forme della determinazione, istigazione o rafforzamento del proposito criminoso altrui. Affinché ricorra la compartecipazione, è necessario inoltre che il soggetto abbia fornito un contributo causale alla verificazione del fatto criminoso. È bene inoltre segnalare che in caso d illecito plurisoggettivo, nella fase cautelare, trova applicazione il principio solidaristico che implica l'imputazione dell'intera azione e dell'effetto conseguente in capo a ciascun concorrente, quindi anche in capo al commercialista indagato per concorso nel delitto tributario. Pertanto, una volta che sia stata perduta l'individualità del profitto illecito, la sua confisca e quindi il sequestro preventivo finalizzato a essa, possono interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l'intera entità del profitto accertato. SEQUESTRO beni commercialista per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte ex art. 11 D.Lgs. 74/2014 Ai sensi dell articolo 11 del D.Lgs. 74 del 2000, come novellato dal D.L. n. 78/2010 - L. conv. n. 122/2010, salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, 1. al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto oppure di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo SUPERIORE a euro 5Omila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. 2. Alla stessa pena soggiace chiunque, al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e dei relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare INFERIORE a 3

quello effettivo o elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo SUPERIORE a euro 50 mila. 3. La pena è aumentata - da uno a sei anni - per coloro i quali pongono in essere le predette condotte superando la soglia di punibilità di 200 mila euro. Ai fini della configurabilità del reato è necessario: a) sotto il profilo psicologico, il dolo specifico, consistente nella volontà di sottrarsi al pagamento del proprio debito tributario; b) sotto il profilo materiale, una condotta fraudolenta atta a vanificare l esito dell esecuzione tributaria coattiva (è sufficiente la realizzazione di qualsiasi atto o fatto fraudolento indubbiamente volto, al di là dell esito, del tutto irrilevante nella struttura di mero pericolo della fattispecie di reato in questione, a rendere più difficile all Erario l aggressione dei beni del debitore). Cassazione, sentenza 23 settembre 2013, n. 39079 La Terza Sezione Penale della Cassazione ha confermato il provvedimento di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, disposto sui beni di un commercialista friulano, in relazione al reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte ex art. 11 D.Lgs. n. 74 del 2000. A parere degli Ermellini - che hanno ravvisato il fumus commissi delicti legittimante la misura cautelare -, il dolo specifico, elemento psicologico la cui dimostrazione è necessaria ai fini della configurazione del reato in contestazione, può ritenersi presupposto nei confronti del dottore commercialista in quanto si tratta di un professionista si legge in sentenza - ben consapevole del significato dell obbligazione tributaria, dei suoi presupposti e dell eventualità del suo accertamento successivo con la conseguente attività riscossiva da parte dell Erario e dei suoi agenti (dolo specifico). Peraltro ogni attività di disposizione dei beni compiuta dal commercialista in questione è risultata agli occhi della Corte altamente indiziaria dell attività simulatorio/fraudolenta e volta a prevenire la realizzazione della pretesa fiscale (che ben si conosce come fondata). Concorso del commercialista nel reato di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000 L articolo 2 del D.Lgs. n. 74/2000 punisce con la RECLUSIONE da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, AL FINE di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni INESISTENTI, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi passivi FITTIZI. 4

Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono REGISTRATI nelle scritture contabili obbligatorie, o sono DETENUTI A FINI DI PROVA nei confronti dell Amministrazione finanziaria. La ratio della norma risiede nell intento di punire colui il quale si precostituisce, artificiosamente, dei costi sostenuti al fine di abbattere l imponibile (v. Cass. Pen n. 18788/2012; n. 16011/2012). Tra i documenti diversi dalle fatture, rilevanti ai fini della configurazione del reato, si segnalano: le fatture redatte secondo modalità alternative (nota, parcella, conto e simili); gli scontrini e le ricevute fiscali; le ricevute per spese mediche o per interessi su mutui; i documenti di trasporto; le schede carburante; le note di addebito e di accredito. Cassazione, sentenza 26 settembre 2013, n. 39873 Con la sentenza n. 39873/13, la Terza Sezione Penale della Cassazione ha ritenuto responsabile del reato di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000 il commercialista che ha redatto le dichiarazioni fiscali della cliente nella consapevolezza che le fatture contabilizzate erano state emesse da una cartiera. Nel caso di specie, l imputato, quale consulente di una cooperativa, ha indicato nelle dichiarazioni presentate per gli anni 2004-2006 elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture relative a operazioni inesistenti emesse da due differenti ditte fornitrici. La sussistenza dell elemento soggettivo del reato è stata dedotta dalla circostanza che i bilanci e le dichiarazioni fiscali della cooperativa (cliente) erano stati redatti nella consapevolezza del ruolo di mere cartiere svolto dalle due emittenti giacché una di queste aveva la sede legale che coincideva con lo studio professionale dell imputato. Gli Ermellini hanno poi posto l accento sulle SPECIFICHE COMPETENZE dell indagato, dottore commercialista, laddove osservano che le fatture erano oggettivamente tali da indurre sospetto in un commercialista appena avveduto, poiché in esse le attività fornite, a fronte di importi considerevoli, erano solo genericamente descritte. - Riproduzione riservata 5