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Politecnico di Torino Porto Institutional Repository [Other] Carlo Promis e l antica Torino Original Citation: A.C. Sparavigna (2012). Carlo Promis e l antica Torino. ArcheoCommons, ISSN 2039-6619, Roma. Availability: This version is available at : http://porto.polito.it/2501655/ since: July 2012 Publisher: ArcheoCommons, ISSN 2039-6619 Terms of use: This article is made available under terms and conditions applicable to Open Access Policy Article ("Public - All rights reserved"), as described at http://porto.polito.it/terms_and_conditions. html Porto, the institutional repository of the Politecnico di Torino, is provided by the University Library and the IT-Services. The aim is to enable open access to all the world. Please share with us how this access benefits you. Your story matters. (Article begins on next page)

Carlo Promis e l antica Torino Amelia Carolina Sparavigna Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia, Politecnico di Torino, C.so Duca degli Abruzzi 24, Torino, Italy, amelia.sparavigna@polito.it A metà dell Ottocento, l antica Torino rivive grazie all opera di un architetto e archeologo, nonché docente di quello che diventerà il Politecnico di Torino, Carlo Promis. La Storia dell antica Torino (Julia Augusta Taurinorum), uscita nel 1869 a Torino presso la stamperia Reale, è opera di Carlo Promis. Promis fu architetto, archeologo e filologo, Nato nel 1808 e morto nel 1873 a Torino, vi si era laureato nel 1828 in architettura. Come architetto si devono ricordare il progetto urbanistico di Piazza Carlina e la riqualificazione di molte aree e vie della città. Re Carlo Alberto di Savoia, nel 1839, lo nominò regio archeologo. Nel 1860 passò a insegnare architettura nella Regia Scuola di Applicazione per gli Ingegneri, che era stata costituita nel 1859 e che nel 1906 diventerà il Regio Politecnico. Prima istituzione universitaria per la formazione della figura dell ingegnere è l attuale Politecnico di Torino. L opera di Promis è considerata dagli studiosi suoi contemporanei e da quelli che l hanno seguito come fondamentale per la conoscenza dell antica Torino. Il testo è così stato ristampato: l edizione da me utilizzata è quella del 1969 pubblicata da Edilibri, Andrea Viglongo & C Editori a Torino [1]. In effetti, è utile riportare il titolo completo del libro che è Storia dell'antica Torino, Julia Augusta Taurinorum: scritta sulla fede de' vetusti autori e delle sue iscrizioni e mura, che ci dice come Promis, da architetto e archeologo insieme, abbia usato fonti antiche, consistenti nei testi di autori latini e greci, le epigrafi scoperte a Torino, e i resti delle mura che aveva trovato durante i suoi scavi archeologici. Nel suo libro Promis conta gli anni ab urbe condita, ossia dalla fondazione di Roma, tradizionalmente fissata al 753 avanti Cristo. Il libro di Promis inizia con la descrizione degli antichi popoli che abitavano la regione della pianura padana e le Alpi. Egli ci racconta come la popolazione dell area di Torino appartenesse alla tribù dei Taurini, di probabile ceppo celtico e come il loro insediamento, Taurasia, si sia opposto all avanzata di Annibale verso Roma. La città, probabilmente minuta di opere difensive costituite da terrapieni e palizzate, resistette per tre giorni. Annibale fu crudele, la rase al suolo e ne uccise gli abitanti. Vista la sorte di Taurasia, le altre tribù si affrettarono a unirsi a lui contro Roma. Nel secondo capitolo, il libro prosegue con la storia della regione in epoca romana repubblicana. Di solito lo studio scolastico della storia dell età repubblicana romana è ovviamente focalizzato su Roma e sull Italia, e il confine dell allora Italia arrivava al Rubicone. Ma il Piemonte, in particolare quello traspadano che era a nord del Po, aveva una vivace popolazione che ambiva alla cittadinanza Romana completa. E infatti, Promis ci dice che a Roma insigni erano i Cisalpini per numero ed operosità, popolo nuovo ed ingenuo frequentante le votazioni come cosa seria, e già sin dal 688 (ab urbe condita). Scriveva Cicerone videtur in suffragiis multum posse Gallia ; che quantunque non godessero ancora della compiuta cittadinanza, pure, frammisti in Roma coi cittadini, tornava difficile distinguerli. Cosa che invece pare fosse molto facile a Cicerone che li definiva Galli. Con Promis arriviamo quindi alla conquista di Cesare della Gallia. Conosceva Cesare queste regioni come semenzaio di soldati, che alla disciplina di Roma, pella quale militavano come soci, univano il celebrato impeto Gallico; pel conquisto della Gallia proprio abbisognavagli a spalle una buona base di operazioni in paese copioso di strade, di viveri e di soldati tanto più devoti, quanto che a lui solo tutto dovessero Codesti vantaggi avevanli nel Piemonte Ecco come Promis ci descrive la preparazione che aveva fatto Cesare, probabilmente anche spendendo del suo denaro, per la guerra in Gallia. Una certa enfasi dello scrittore sulle qualità della regione viene ovviamente anche dal periodo in cui è stato scritto il testo da Promis, ricordiamoci che era l archeologo di Re Carlo Alberto e che il Piemonte aveva intrapreso l unificazione dell Italia. Continua Promis, intanto la fortuna di Cesare, sempre più mescolavansi con quella dei Traspadani Poi nel 695 il tribuno Vatinio propose che fosse data a Cesare la Cisalpina coll Illirio, cioè tutte l alpi cingenti l Italia Coscrisse egli in Italia, cioè nella Cisalpina e forse nella Traspadana due legioni e colle tre venutegli da Aquileia, pel più breve cammino avviossi per le

Gallie. Cesare si muoveva sulla via che portava al Monginevro. Promis nota come questi numerosi spostamenti tra Torino, Susa e la Gallia dovevano portare denaro e consuetudini romane e militari nell area. Ricordiamo che, oltre ai legionari veri e propri, l esercito di Cesare aveva bisogno di addetti alla logistica e che questi dovevano esser altrettanto numerosi. In età repubblicana, Gaio Mario aveva portato il numero di soldati in una legione a esser di 4800 uomini [2]. Da quanto ci dice Promis, c erano cinque legioni più il loro seguito, che si dovevano muovere nel Piemonte verso la Gallia. Lasciatemi fare un osservazione sulle insegne delle legioni romane. Ogni legione aveva un simbolo a rappresentarla, una saetta, un aquila, un leone, un toro. Una legione creata da Cesare nel 59 a.c., la X Gemina, cioè una legione doppia impiegata per prima nella guerra in Gallia [3], aveva come simbolo il Toro. E questa una semplice coincidenza col simbolo della città di Torino [4], oppure ricorda come dice Promis che la coscrizione poteva era stata fatta anche tra i traspadani Taurini? Finita la guerra in Gallia, tornato Cesare in Cisalpina nel 704, le colonie lo ricevettero con incredibili onori. Dunque, nel 705 di Roma, o ne pochi anni che corsero sino alla morte del dittatore, convien credere che per opera sua fosse dedotta la Colonia Julia Taurinorum, niun altro onorifico ostentando fuorché quello preso dal suo nome, quello aggiunto di Augusta dovendosi al nome di consacrazione posteriormente dato ad Ottaviano dal Senato. Di questa prima deduzione (fondazione) della Colonia Giulia, nissuna memoria, nessun marmo ci rimane... ma ciò asserendo, io seguo il parere tenuto in casi analoghi dai moderni storici ed epigrafisti e soprattutto dal Borghesi; i quali pensarono che le colonie dette Juliae Augustae dovessero questa loro duplice denominazione all essere state essenzialmente dedotte due volte, prima da Cesare e poi da Augusto, qualunque talvolta fossero così dette da Augusto solo. Come descritto da numerosi scrittori latini, la fondazione di una città romana seguiva un certo rituale. Il rituale comprendeva l'osservazione del volo degli uccelli e il tracciare il perimetro della città arando un solco, come aveva fatto Romolo per Roma. Il rituale prevedeva l individuazione di un punto preciso rispetto cui orientare la città [5]. Quest antico rito di fondazione, che era praticato già da greci ed etruschi, era evoluto nella centuriazione, che era un metodo di suddivisione del suolo per costruirvi le nuove colonie o per scopi agricoli [6]. La centuriazione prevedeva per prima cosa l identificazione di un punto centrale, detto umbilicus agri o umbilicus soli. Chi operava la centuriazione, presa posizione in quel punto, guardando verso Ovest con le spalle al sorgere del sole, definiva il luogo con i seguenti nomi: ultra la terra davanti a lui, citra la terra dietro di lui, dextera e sinistra la terra alla sua destra e alla sua sinistra. Le città romane hanno quindi avuto, in genere, le strade orientate secondo un asse principale dettato dalla posizione ortiva del sole il giorno della fondazione [5]. Torniamo a quanto ci dice Promis. Egli dice che nel periodo andante da Annibale a Cesare, la città di Torino doveva essere stremata, essa fu da Cesare fatta Colonia per instaurarla con un nucleo di cittadini Romani, darle la cittadinanza, riparare un antica sventura, e seguì il sistema vetusto ponendola, qual fortezza inoltrata, contro il reame di Donno, che non per collocarvi i veterani. Promis afferma che Cesare non spogliava le popolazioni locali, ma comprava i terreni per darli ai romani, senza espellere i locali, ma anzi mischiandoli tra di loro. Mentre il senato chiamava i Taurini con l appellativo di Galli, Cesare li chiamava Italiani e li pareggiava a Roma. Dalle parole di Promis, sembra quindi naturale pensare che sia stato Cesare a operare la centuriazione di Torino, quella centuriazione che si vede chiaramente nella struttura urbanistica del centro della città. Anche se non abbiamo più edifici o marmi della colonia di Giulio Cesare, ne conserviamo intatto l impianto urbano. Notiamo che la centuriazione non era solo una semplice suddivisione del suolo, prevedeva la costruzione di strade principali e secondarie e terrapieni e canali che dividevano le insulae, ossia quelli che ora sono per noi gli isolati. C era quindi un notevole lavoro di sistemazione del suolo. La cosiddetta rifondazione da parte di Augusto potrebbe essere stata quindi una riconsacrazione del suolo cittadino, e una dichiarazione di diritto di cittadinanza secondo la legge Augusta, che non prevedeva necessariamente una nuova centuriazione. Rifare una centuriazione avrebbe comportato la distruzione della vecchia, con notevoli spese e lavoro, e ovviamente un offesa alla memoria del luogo. Continuiamo con Promis. E da credere che dopo il 705, fatti da Cesare cittadini i Traspadani, Torino fosse dichiarata colonia, censita in una tribù e dal nome del deduttore appellata Giulia Alla gran mente di Cesare arrideva il pensiero di restituire illustri città disfatte dall armi di Roma o

per la sua causa: tali Capua, Corinto, Cartagine da lui appellate Giulie, unitovi il nome antico e dedottovi colonie per legge Giulia. Coloni romani avevano rifatto Sagunto e Veio, e forse Torino, perita come la prima per troppa fede in Roma, volle Cesare rialzarla a testimonio de suo affetto pei Traspadani. Siamo arrivati alla morte di Cesare e alla successiva guerra civile. Colonizzata tra il 705 ed il 711, Torino fu poi nel 727 appellata Augusta. Per via della guerra civile, la città doveva essere molto provata e quindi necessitava di una nuova deduzione, o consacrazione. Diciamo che necessitava, decaduta la Legge di Cesare, di una nuova Legge ad opera di Augusto che ne dichiarasse la cittadinanza romana. Promis ci dice che oltre agli esempi di simili doppie deduzioni, ci sono a prova le due diverse maniere di edificazione delle mura della città. La città era quadrata, nel senso della centuriazione, ossia aveva la forma di un rettangolo con un lato un po più lungo dell altro. Data la sua posizione geografica tra due fiumi, il Po e la Dora, aveva i lati verso la campagna a Sud e Ovest, mentre quelli verso Nord ed Est posavano su un alto ciglione. Le mura su questi due lati sono in opera laterizia e con l impronta dell età Augusta, ma quelle che danno verso la campagna, ossia quelle sui lati naturalmente indifesi e che dovevano essere fatte per prime, erano di opus incertus e di sassi fluviali. Queste mura più antiche di pochi lustri erano opera di Cesare. Le possiamo ancora vedere coi loro arrotondati sassi di fiume se andiamo nei sotterranei del Museo Egizio, poiché esse sono le fondamenta dell edificio. I due lati indifesi della Colonia dovevano munirsi per primi e furono fatti con la struttura repubblicana, i due lati che erano naturalmente già forti furono rinforzati dai mattoni di Augusto, come dice Promis. Alcuni pezzi delle mura di Augusto si possono ancora vedere presso la Torre Palatina e nel muro che costituisce il ciglione dei giardini di Palazzo Reale. Possiamo quindi ritener la fondazione della colonia romana avvenuta su terreni scelti e comprati da Cesare, con una centuriazione partita dall ombelico della città, che si trova all incrocio del Decumano, l odierna via Garibaldi, e del Cardo, che ora è la via di Porta Palatina. Secondo calcoli astronomici [5], la città potrebbe esser stata fondata intorno al solstizio d inverno. Nei capitoli seguenti del suo libro, Promis ci parla della storia seguente alla fondazione in età imperiale e poi sotto i longobardi. Il libro contiene anche un capitolo sulla geologia dell area e un indagine dettagliata delle epigrafi. Allegata al libro, vi è anche la pianta della Torino quadrata : se non si ha il libro di Promis basta tranquillamente utilizzare delle immagini satellitari per vederne la struttura (per il lettore si riproduce la mappa dell articolo [5] dopo i riferimenti). Come già detto in precedenza, è abbastanza ragionevole ritenere che l impianto della centuriazione sia quello di Cesare e che Augusto abbia finanziato con legge apposita il restauro della città e l ampliamento delle sue mura. Promis ci ha riportato con le sue parole e le sue indagini archeologiche a un periodo di Torino che non ha lasciato tracce nella letteratura storica dell epoca. Nello stesso tempo ci ha mostrato la sua passione per la causa del Piemonte nel costruire l Italia, mostrando nelle azioni di Cesare la volontà di unire tutto il territorio della penisola sotto una desiderata e comune cittadinanza italiana. Riferimenti 1. Carlo Promis, Storia dell'antica Torino, Julia Augusta Taurinorum: scritta sulla fede de' vetusti autori e delle sue iscrizioni e mura, 1869, Torino, stamperia Reale, 1969, Edilibri, Andrea Viglongo & C Editori, Torino. 2. http://it.wikipedia.org/wiki/legione_romana 3. http://it.wikipedia.org/wiki/legio_x_gemina 4. In genere si pensa che Torino derivi il suo nome da toro, ma è molto più probabile che venga dal una radice celtica che significava monte. 5. Amelia Carolina Sparavigna, The orientation of Julia Augusta Taurinorum (Torino), arxiv, 2012, http://arxiv.org/abs/1206.6062 6. http://en.wikipedia.org/wiki/centuriation Pubblicato su Scribd, il 24 Luglio 2012. Amelia Carolina Sparavigna, 2012. Tutti i diritti riservati. All rights reserved.

Perimetro della Torino romana segnato su una mappa di Acme Mapper. La posizione delle quattro porte è segnata dai marker (due delle porte esistono ancora). Il Decumano Massimo è inclinato rispetto la direzione cardinale Est-Ovest e coincide con Via Garibaldi. Notate gli isolati coincidenti con le insulae romane. L ombelico della città è all incrocio tra decumano e cardo massimo. Il perimetro della città romana va dalle Porte Palatine a Via della Consolata. Piega a Sud su Via della Consolata e Corso Siccardi. Su questo lato si apriva la Porta Decumana, di cui non rimane nulla. All angolo di Via Cernaia, il perimetro gira verso la Porta Marmorea, anch essa smantellata. Su questo lato ci sono Via Cernaia, Santa Teresa e Via Maria Vittoria, Piazza San Carlo. All angolo dell Accademia delle Scienze, dove c è il Museo Egizio, le mura correvano verso Nord, attraversando Piazza Castello, dove c è la Porta Pretoria, poi l area del Palazzo reale, ritornando alle Porte Palatine.