GRADO 22 OTTOBRE 2011 GLI ATTI DI DESTINAZIONE AI SENSI DELL ART. 2645 TER DEL CODICE CIVILE. Salvatore Mendola Notaio in Mortegliano

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GRADO 22 OTTOBRE 2011 GLI ATTI DI DESTINAZIONE AI SENSI DELL ART. 2645 TER DEL CODICE CIVILE. Salvatore Mendola Notaio in Mortegliano L'argomento che mi è stato affidato sarà necessariamente trattato in modo sintetico, e dunque senza ambizione di esaustività, ma con l intento di tracciare un quadro complessivo degli aspetti di rilevanza del nuovo istituto, delle sue potenzialità di sviluppo e dei permanenti dubbi interpretativi che lo riguardano. Occorre naturalmente partire dalla norma, introdotta attraverso novellazione del codice civile dall'art. 39 novies del D.L. 273/2005, come modificato dalla legge di conversione n. 51 del 2006, ed in vigore dall'1 marzo 2006. Questo il testo dell'art. 2645 ter, rubricato TRASCRIZIONE DI ATTI DI DESTINAZIONE PER LA REALIZZAZIONE DI INTERESSI MERITEVOLI DI TUTELA RIFERIBILI A PERSONE CON DISABILITA, A PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI, O AD ALTRI ENTI O PERSONE FISICHE Gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell art. 1322 secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti ed i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall art. 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo. Non si può fare a meno di osservare, come peraltro hanno già fatto tutti i commentatori, che la collocazione sistematica della norma nel Libro VI (Tutela dei diritti), Titolo I (Trascrizione), Capo I (Trascrizione degli atti relativi a beni immobili), appare del tutto inappropriata rispetto al suo contenuto, che si spinge ben oltre la semplice disciplina degli aspetti pubblicitari, e che comunque riguarda anche i beni mobili registrati. L'osservazione peraltro non è fine a se' stessa, perché condiziona la soluzione proposta per i tanti dubbi interpretativi. Si tratta infatti di una materia relativamente nuova, rispetto alla quale esistono pochissimi riferimenti giurisprudenziali, e che dunque si affida in questa sua prima fase di esistenza prevalentemente all'attività degli altri interpreti. Il primo problema che si è posto in ordine di tempo è quello di capire la reale portata di questa norma rispetto ai possibili beneficiari dell'atto di destinazione. Avere 1

individuato in primo luogo amministrazioni pubbliche e persone disabili, autorizzava infatti ad ipotizzare che gli altri enti dovessero comunque perseguire un interesse pubblico e che le altre persone fisiche dovessero comunque presentare aspetti di disagio personale o sociale. Si trattava di una interpretazione evidentemente restrittiva, che però ha presto ceduto il passo alla diversa idea per la quale l'espressione utilizzata, sicuramente non riuscitissima, deve comunque intendersi riferita a qualunque persona, sia fisica che giuridica. E risolto in tal senso questo primo dubbio, ne è derivato il riconoscimento alla norma di una portata davvero molto ampia, capace di avere conseguenze di grande rilevanza anche su certezze che nel nostro ordinamento erano ormai acquisite (in tema di negozio fiduciario, responsabilità patrimoniale, vincoli di indisponibilità e divieti di alienazione, mandato senza rappresentanza, trust, ecc.). Conseguenze che in questa sede non è possibile affrontare compiutamente, salvi i cenni che seguiranno. La nuova norma infatti consente che nell'esercizio dell'autonomia negoziale di cui all'art. 1322 del codice civile si possano destinare beni immobili o mobili registrati al soddisfacimento di interessi meritevoli di tutela riferiti a persone fisiche o giuridiche; e soprattutto che tale vincolo di destinazione possa essere reso opponibile erga omnes attraverso la trascrizione. E dunque si tratta di uno strumento attraverso il quale l'autonomia negoziale può costruire, con effetto non limitato alle parti del negozio ma esteso verso la generalità dei terzi, una sorta di statuto di uno o più beni immobili o mobili registrati, contenente una disciplina più o meno ampia della loro possibile utilizzazione e di vicende relative alla loro circolazione, fra le quali in particolare la loro separazione dal rimanente patrimonio del beneficiario e la loro sottrazione alla regola generale della responsabilità patrimoniale. A fronte della pregnanza degli effetti potenzialmente conseguibili, la norma stessa si preoccupa di porre un vincolo di forma, prevedendo per il negozio quella di atto pubblico; un limite di durata, fissato in novanta anni o nella vita del beneficiario; e soprattutto un obbligo di preventiva valutazione della meritevolezza degli interessi che con il vincolo si intendono realizzare. Il negozio costitutivo del vincolo di destinazione potrà essere sia un atto unilaterale che un contratto. In particolare dovrà trattarsi di contratto quando la costituzione del vincolo si accompagni al trasferimento al beneficiario della proprietà dei beni che ne sono oggetto (a meno che non si voglia considerare separatamente il negozio di destinazione dal contratto traslativo della proprietà). La forma di atto pubblico è una scelta legislativa che l'ordinamento già conosce (atti costitutivi di società di capitali o di fondazioni, donazioni), ma sembra obbedire in questo caso ad una ratio ulteriore e diversa. Si può infatti convenire sul punto che tale forma sia necessaria solo ai fini della trascrizione, ma intanto deve subito aggiungersi che qui è proprio la trascrivibilità, con la connessa opponibilità ai terzi, la vera grande novità dell'istituto; ed inoltre, deve ricordarsi che in via generale è riconosciuta sufficiente, ai fini della trascrizione, anche la scrittura 2

privata autenticata. Se dunque occorre attribuire un significato alla scelta specifica della sola forma pubblica, allora è ragionevole ritenere che esso risieda nella indagine della volontà delle parti e nella funzione di adeguamento (e cioè l'attività che conduce dall'intento pratico esposto allo strumento giuridico lecito capace di realizzarlo efficacemente), che nell'atto pubblico sono doveri ineludibili del Notaio, e che necessariamente implicano la formulazione di quel giudizio di meritevolezza posto quale requisito irrinunciabile al fine che possano ottenersi gli effetti di opponibilità erga omnes previsti. E da Notaio considero questa interpretazione di certo con la soddisfazione per il riconoscimento di un ruolo, ma molto di più con la consapevolezza della grande responsabilità che ne deriva, direttamente proporzionale all'ampiezza dell'autonomia negoziale qui riconosciuta. E' discusso se il requisito di forma pubblica possa essere soddisfatto da una costituzione del vincolo avvenuta per testamento, e se debba per questo considerarsi necessario il testamento pubblico; o se possa a tal fine essere sufficiente anche il verbale di pubblicazione di testamento olografo. Prevalgono per entrambi i quesiti le opinioni in senso positivo, seppure con permanenti dubbi sul piano concretamente operativo. Il limite di durata è posto per le stesse ragioni per le quali analoghi limiti sono previsti da altre norme (ad es. per i divieti di alienazione o per il patto di restare in comunione): evitare che possano permanere in perpetuo o per un periodo di tempo significativamente lungo i vincoli ed i divieti che condizionano l'esercizio di diritti reali. Non a caso infatti il limite della vita del beneficiario è previsto solo rispetto alle persone fisiche, per le quali essa dipende comunque da leggi naturali che ne rendono oggettivamente prevedibile la durata; mentre non è previsto per le persone giuridiche, che in astratto potrebbero non cessare mai di esistere. Il giudizio di meritevolezza è ovviamente l'aspetto più delicato della figura negoziale introdotta dall'art, 2645 ter, perché rappresenta la porta di accesso nell'ordinamento di questo nuovo effetto di separazione patrimoniale, e perché nello stesso tempo si presta all'esercizio di maggiore discrezionalità. In questa sede possiamo accontentarci di osservare che dovrà trattarsi di un giudizio ulteriore rispetto a quello che già in via generale è previsto dall'art. 1322 del codice civile, diretto in particolare a valutare se l'interesse che si vuole realizzare sia tale da poter essere accolto nello schema astratto del negozio di destinazione, dotandolo di una causa adeguata; tenendo presente che l'esistenza stessa dell'art. 2645 ter significa che l'interesse dei creditori tutelato dal principio della responsabilità patrimoniale è ora da considerarsi sacrificabile, e che quindi è ragionevole ritenere debba trattarsi di un giudizio di meritevolezza dell'interesse in se', e non di una valutazione comparativa in termini di prevalenza\poziorità tra l'uno e l'altro (proprio in questo senso, tuttavia, alcune delle rare pronunce giurisprudenziali). E' poi possibile escludere che l'interesse da realizzare possa consistere nella pura e semplice sottrazione dei beni al soddisfacimento dei creditori o nella loro pura e semplice inalienabilità, perché questi sono propriamente gli effetti della destinazione, mentre la meritevolezza dell'interesse attiene alla sostanza causale del negozio. 3

La meritevolezza dell'interesse, secondo l'opinione che appare preferibile, è condizione per la validità del negozio, prima ancora che per la sua trascrivibilità, e coinvolge dunque la responsabilità del Notaio, che avrà il dovere di non ricevere l'atto quando non ritenga soddisfatto tale requisito. Sembra invece doversi escludere che il Conservatore dei Registri Immobiliari possa rifiutare la trascrizione per assenza di meritevolezza dell'interesse perseguito, trattandosi di giudizio sottratto alla sua competenza. In base alla formulazione dell'art. 2645 ter, il negozio di destinazione postula l'esistenza di uno o più beneficiari, che come detto possono essere sia persone fisiche sia persone giuridiche. Sembra infatti preclusa dal testo della norma la possibilità, teoricamente configurabile, di costituire un vincolo di destinazione senza beneficiario specifico. Può invece ritenersi ammissibile che il beneficiario coincida con lo stesso soggetto che costituisce il vincolo. Si avrà in questo caso un atto unilaterale con il quale, per la realizzazione di un interesse giudicato meritevole, un soggetto imprime ad alcuni beni di sua proprietà un vincolo di destinazione, con gli effetti di separazione patrimoniale previsti dalla norma. Non sembra vi siano motivi per escludere che al momento della costituzione del vincolo il beneficiario possa essere ancora indeterminato, purché esso risulti comunque determinabile. Seppure la trascrivibilità del vincolo sia la vera novità portata dall'art. 2645 ter, la trascrizione del negozio di destinazione è prevista dalla norma stessa come facoltà e non come obbligo ( possono essere trascritti ). Ciò significa che la trascrizione è una scelta rimessa alla discrezionalità delle parti, e che quindi essa non è un dovere per il Notaio. E significa altresì che, per quanto non obbligatoria, risulta estremamente opportuna la menzione in atto sia della richiesta di trascrizione, sia della scelta opposta. Rispetto al vincolo di parziale o totale indisponibilità dei beni, la trascrizione ha effetti solo dichiarativi, poiché il vincolo nasce per effetto del negozio di destinazione, mentre la pubblicità serve (solo) a renderlo opponibile ai terzi. Ma rispetto all'effetto di separazione patrimoniale, la trascrizione finisce per avere efficacia costitutiva, poiché di essa ha senso parlare solo se opponibile ai terzi, e poiché quindi può aversi separazione patrimoniale solo a seguito della trascrizione. Quando la costituzione del vincolo non si accompagna ad alcun trasferimento di diritti, la trascrizione potrà avvenire contro il disponente, anche senza indicazione di alcun beneficiario, e quindi senza indicazione di soggetti a favore. Quando invece vi sia stato anche trasferimento di diritti, si avrà una ordinaria trascrizione per il trasferimento contro l'alienante ed a favore dell'acquirente; ed una ulteriore trascrizione contro l'acquirente/beneficiario, che rende opponibile erga omnes il vincolo di destinazione. Pur non essendo espressamente prevista, non sembra vi siano motivi per negare la possibilità della cancellazione della trascrizione, attuata sulla base di sentenza passata in giudicato da cui deriva la estinzione del vincolo, ovvero sulla base di consenso espresso da parte del disponente, del beneficiario, ed in genere di tutte le parti sostanziali del rapporto giuridico che si era creato. 4

Il vincolo di destinazione determina in primo luogo una particolare e specifica utilizzazione dei beni che ne sono oggetto, ed al contempo esclude tutte quelle modalità di fruizione dei beni medesimi che siano incompatibili con tale utilizzazione (così ad es. un appartamento destinato a soddisfare l esigenza abitativa di un soggetto per un certo tempo non potrà essere utilizzato quale ufficio o magazzino, né potrà essere locato a terzi). Esso può anche determinare la indisponibilità dei beni vincolati, e quindi anche la loro inalienabilità. Non esiste però una perfetta sovrapposizione fra vincolo di destinazione e indisponibilità, potendosi senz'altro configurare una destinazione compatibile con atti di disposizione (ad es. costituzione di diritti reali di godimento) ed anche con la alienazione dei beni oggetto del vincolo (si pensi ad es. ad una permuta, con la possibilità che il vincolo si trasferisca sui beni ottenuti in cambio di quelli vincolati in origine; ovvero all'ipotesi che due terreni siano oggetto di vincolo e che uno di essi venga ceduto al Comune quale area destinata ad opere di urbanizzazione, per consentire la costruzione di un edificio sull'altro terreno). Quando invece vengano compiuti, rispetto ai beni vincolati, atti di disposizione incompatibili con il vincolo, ne deriveranno conseguenze giuridiche coerenti con la disciplina introdotta dall'art. 2645 ter. Se infatti l'effetto della trascrizione del vincolo è la sua opponibilità ai terzi, compresi, in assenza di specificazioni e distinzioni, anche i terzi acquirenti dei diritti incompatibili con lo scopo di destinazione; ne deriva che l'atto incompatibile, pur restando assolutamente valido, sarà inopponibile al beneficiario se trascritto successivamente alla trascrizione del negozio di destinazione. E qualora si tratti di atto non soggetto a trascrizione (ad es. locazione infranovennale), potranno applicarsi i rimedi previsti in via generale dall'ordinamento, ma sempre avendo come riferimento la trascrizione del negozio di destinazione (considerando ad es. la anteriorità o posteriorità della data certa rispetto alla detta trascrizione). Se ne ricava facilmente che situazioni particolarmente critiche possono verificarsi in tutti quei casi nei quali la incompatibilità dell'atto di disposizione non sia di chiara evidenza, oppure possa considerarsi solo parziale. A tal proposito deve ritenersi, per non pregiudicare l'affidamento dei terzi, che incomba sul beneficiario l'onere di provare che il terzo acquirente di diritti incompatibili con il vincolo di destinazione fosse a conoscenza di tale incompatibilità o fosse in grado di conoscerla applicando una ordinaria diligenza. Ciò rende quanto mai necessaria una particolare attenzione a questi aspetti nella fase di preparazione del negozio di destinazione, nel quale sarà certamente opportuno tracciare, nei limiti del possibile, un confine che definisca con certezza l'ambito degli atti di disposizione consentiti, permettendo di affermarne la conoscibilità da parte dei terzi. E' anche possibile che taluni atti di disposizione non solo non siano incompatibili con il vincolo di destinazione, ma ne costituiscano in tutto o in parte la realizzazione, senza dunque che possa nascere alcun conflitto. Mentre nel caso di atti di disposizione compiuti con il consenso del beneficiario e di tutti i soggetti interessati, si avrà in sostanza una cessazione del vincolo di destinazione, sicuramente possibile per questa via, giacché l'interesse che attraverso il vincolo si voleva realizzare rientra senz'altro nella disponibilità di questi soggetti. La concessione di ipoteca sui beni vincolati sarà senz'altro possibile tutte le volte che si tratti di garantire debiti contratti proprio per lo scopo di destinazione, come del resto l'art. 5

2645 ter prevede espressamente. Per le stesse ragioni sopra esposte, deve anche ritenersi ammissibile la concessione di ipoteca a garanzia di debiti contratti per scopi diversi da quello di destinazione, se essa avviene con il consenso di tutti gli interessati. E' stato osservato che il vincolo di destinazione ex art. 2645 ter, qualora si traduca in un vincolo di inalienabilità dei beni che ne sono oggetto, crea un problema di coordinamento con l'art. 1379 cc., che oltre a prevedere per il divieto di alienazione il contenimento in convenienti limiti di tempo e la rispondenza ad un apprezzabile interesse di una delle parti (elementi questi presenti anche nell'art. 2645 ter), stabilisce il principio della efficacia inter partes del divieto medesimo, a fronte della affermata opponibilità erga omnes del vincolo di destinazione, a seguito della sua trascrizione. Il contrasto trova la sua soluzione considerando che l'art. 1379 è norma generale, che ben può essere derogata da norme speciali (è il caso ad es. dei divieti di alienazione di quote societarie, contenuti nei relativi Statuti e pubblicizzati attraverso la iscrizione nel Registro Imprese). Può dunque concludersi che l'art. 2645 ter definisce una fattispecie speciale, nella quale la presenza di certi elementi (forma pubblica, trascrizione, meritevolezza dell'interesse, presenza di uno o più beneficiari) giustifica il riconoscimento di una efficacia rafforzata al divieto di alienazione che in ipotesi dovesse costituire l'essenza del vincolo di destinazione o comunque dovesse da esso necessariamente derivare. Quanto all'effetto di separazione patrimoniale, merita qui di essere evidenziata una differenza potenzialmente significativa tra l'art. 2645 ter, che consente l'esecuzione sui beni vincolati per debiti contratti per lo scopo di destinazione, richiedendo quindi solo l'esistenza di una relazione oggettiva tra il debito per il quale vi è esecuzione e lo scopo di destinazione; e l'art. 170 cc. in materia di fondo patrimoniale, che invece al fine della esecuzione sui beni del fondo richiede anche il requisito soggettivo della mancata conoscenza da parte del creditore della estraneità dello scopo del debito rispetto ai bisogni della famiglia. Se ne dovrebbe ricavare una maggiore difficoltà di esecuzione sui beni oggetto di fondo patrimoniale; e tuttavia, poiché essa non appare giustificata, è possibile che nei futuri sviluppi interpretativi la differenza testuale venga considerata meno rilevante di una sostanziale identità di ratio, giungendosi così a considerare uniformi le due discipline. Definito dunque sinteticamente un complessivo quadro di riferimento, e fatto solo un rapido cenno alla problematicità dei rapporti tra il nuovo istituto ed il trust, tema che qui volutamente si tralascia a causa della sua grande complessità, è opportuno completare questo sommario esame con alcuni spunti di tecnica redazionale e con una veloce rassegna dei presumibili ambiti applicativi degli atti di destinazione. Come si è già avuto modo di osservare, l'ampiezza dello spazio qui riconosciuto all'esercizio dell'autonomia negoziale, unita alla potenziale pregnanza degli effetti conseguibili, deve responsabilizzare le parti, e per esse chi le assiste nella preparazione 6

del negozio, alla massima cura nella redazione del testo, che diviene per un periodo di tempo tendenzialmente molto lungo un vero e proprio regolamento, un documento normativo contenente regole di esercizio dei diritti su dati beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri. E da quanto precede si ricava la opportunità che il negozio di destinazione contenga almeno: - una precisa e non eccessivamente generica individuazione dell'interesse meritevole che si intende realizzare, unitamente alla previsione delle conseguenze della sua eventuale futura cessazione; - una descrizione quanto più possibile dettagliata del contenuto del vincolo di destinazione e della sua eventuale estensione alle accessioni ed ai frutti, con indicazione delle attività e delle modalità di fruizione dei beni consentite, nonché di quelle non consentite; - la indicazione quanto più precisa delle ipotesi nelle quali sono ammessi atti di disposizione sui beni, nonché degli specifici atti ammessi; - la previsione delle conseguenze di talune situazioni sopravvenute rilevanti (come ad es. il perimento del bene); - la individuazione espressa dei soggetti legittimati ad agire per la tutela del vincolo e di quelli legittimati a prestare il consenso alla cancellazione; - la indicazione di cause di cessazione del vincolo, e la previsione delle conseguenze in caso di rinuncia da parte del beneficiario; - la previsione delle conseguenze per il caso di atti compiuti in violazione del vincolo. In ragione delle caratteristiche definite dall'art. 2645 ter, i negozi di destinazione ivi previsti sono suscettibili di interessanti sviluppi applicativi nell'ambito dei rapporti latamente familiari, ove la meritevolezza dell'interesse perseguito può apparire di maggiore evidenza. Essi infatti possono essere validamente utilizzati: nelle famiglie di fatto, in assenza quindi di un rapporto coniugale propriamente detto, in luogo del fondo patrimoniale o comunque per ottenere determinati effetti di tutela economica dei conviventi; dai genitori nei confronti dei figli, specie se minori o affetti da disabilità; fra coniugi, sia nelle vicende di separazione personale o di divorzio, sia a prescindere da esse. Altro campo applicativo di sicuro interesse è quello urbanistico-edilizio, nel quale già esistono forme di atto unilaterale d'obbligo ampiamente utilizzate, con lo scopo di vincolare certi immobili ad una certa destinazione, subordinando a tale circostanza il rilascio di provvedimenti autorizzativi; e rispetto alle quali l'art. 2645 ter può risolvere i dubbi fino ad ora esistenti rispetto alla trascrivibilità ed alla efficacia erga omnes. E' possibile inoltre utilizzare questo nuovo strumento per finalità di carattere filantropico, e quindi a vantaggio di enti benefici o di persone fisiche in situazione di disagio fisico o sociale; oppure per ottenere effetti cauzionali, utili a risolvere controversie o prevenirle; oppure ancora per agevolare la gestione ed amministrazione di beni immobili. 7

Infine, un cenno alla ridottissima giurisprudenza. Accanto ad una posizione che tende sostanzialmente a ridurre l'ambito di applicazione della norma, considerandola solo disciplina di effetti, e negando che essa abbia introdotto un nuovo schema negoziale, seppure astratto (così il Giudice Tavolare presso il Tribunale di Trieste con Decreto del 7 aprile 2006, ma giudicando appunto della intavolazione di un atto traslativo con vincolo di destinazione e negandola); si registrano alcune pronunce che argomentano in tema di meritevolezza postulando una graduazione fra l'interesse dei creditori al principio della responsabilità patrimoniale ed il diverso interesse portato a giustificazione della sua violazione, e risolvendola con riferimento ai valori costituzionali; ed altre che proprio con riferimento all'art. 2645 ter hanno considerato trascrivibili taluni provvedimenti emessi dal Giudice in materia di amministrazione di sostegno o gli accordi dei coniugi in sede di separazione personale. 8