Oggi. Il ritrattamento dei pazienti con epatite cronica C non responsivi ad un precedente trattamento

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Oggi Vol. 98, N. 4, Aprile 2007 Pagg. 219-224 Il ritrattamento dei pazienti con epatite cronica C non responsivi ad un precedente trattamento Gloria Taliani, Elisa Biliotti Riassunto. Il trattamento dell epatite cronica C ha registrato negli ultimi dieci anni un incremento significativo della percentuale di successi terapeutici, principalmente legato alla disponibilità degli interferoni peghilati. Tuttavia, dal 15 al 60 dei pazienti trattati non consegue l eradicazione dell infezione dopo la terapia, con una variabilità in gran parte dipendente dal genotipo virale. Il ritrattamento dei pazienti che non hanno risposto ad un primo corso di terapia è raccomandato nei casi in cui sia stato impiegato un interferone non-peghilato. La risposta al ritrattamento è legata al genotipo e alla carica virale, alla gravità del danno istologico, all etnia e al profilo metabolico del paziente, ma anche alla sua aderenza al trattamento. La probabilità di risposta durevole dopo il ritrattamento varia dall 8 al 26. Con l obiettivo di incrementare l efficacia è stata tentata la modificazione dei dosaggi di IFN e/o ribavirina, o l uso combinato di altre molecole con azione antivirale, con risultati alquanto variabili. La migliore strategia operativa rimane comunque il potenziamento dell uso dei farmaci attualmente disponibili, in attesa dello sviluppo di nuovi farmaci. Parole chiave. Epatite cronica C, fattori predittivi, non responders, ritrattamento. Summary. Retreatment of chronic hepatitis C patients non responder to a previous antiviral treatment. Treatment of chronic hepatitis C during the past years has shown a significant increase of the percentage of therapeutic response, mostly due to the availability of pegylated interferons. Nevertheless a proportion of patients, ranging from 15 to 60, do not achieve the virus eradication after treatment, largely depending on viral genotype. Retreatment of non responders is recommended in those patients who have been treated with non-pegylated interferon. In these patients, the rate of antiviral response to retreatment depends on genotype, viral load, degree of histological damage, ethnicity and metabolic conditions, but also on patients adherence to the therapy schedule. The probability of a sustained virological response after retreatment ranges from 8 to 26. To improve the efficacy of retreatment, either interferon and/or ribavirin dosage have been increased, either other antiviral drugs have been added to combination therapy. Although these new strategies have produced variable results, they remain the cornerstone of retreatment in view of forthcoming new antiviral drugs. Key words. Chronic hepatitis C, non responders, predictive factors. Introduzione Il virus C dell epatite (HCV) ha infettato oltre 170 milioni di persone nel mondo, ed è una delle principali cause di malattia di fegato, cirrosi ed epatocarcinoma. Dall epoca dei primi tentativi di trattamento dell epatite cronica C con interferone (IFN) ci sono stati grandi progressi nelle strategie terapeutiche che hanno portato a costanti incrementi della efficacia terapeutica. Si è infatti passati da un modesto 10 di risposta virologica sostenuta (SVR), conseguente all impiego del solo IFN, ad oltre il 50 di SVR impiegando l associazione interferone peghilato e ribavirina. Recentemente, l Associazione americana per lo studio del fegato (AASLD) ha raccomandato che i pazienti che non hanno risposto ad un trattamento con IFN non peghilati, soprattutto se cirrotici o con fibrosi avanzata, siano ritrattati con interferone peghilato (Peg-IFN) e ribavirina (G II-3) 1. Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali, Università La Sapienza, Roma. Pervenuto il 28 agosto 2006.

220 Recenti Progressi in Medicina, 98, 4, 2007 Fattori predittivi di risposta Nonostante l incremento significativo dell efficacia dei farmaci e dei regimi terapeutici impiegati attualmente, nel complesso la metà dei pazienti trattati non risponde o ricade dopo la sospensione della terapia. Rispetto ai pazienti responsivi, risulta che la maggior parte dei pazienti non responsivi sono infettati dal genotipo 1, hanno una carica virale elevata (>800.000 IU/mL), e sono cirrotici 2,3. Esiste dunque una serie di fattori capaci di modulare l attitudine alla risposta terapeutica di ciascun paziente e di predire la probabilità di risposta alla terapia. In generale i fattori più frequentemente associati ad una risposta sfavorevole sono 1) virali: genotipo 1, alta carica virale; 2) propri dell ospite: etnia afro-americana, fibrosi avanzata o cirrosi, obesità, abuso alcolico o di droghe, elevati livelli di γgt; 3) relativi al trattamento: durata breve, dosi inappropriate dei farmaci, scarsa aderenza al regime terapeutico (tabella 1). Alcuni di questi fattori sono stati riconosciuti come predittivi di non risposta anche nei non responders (NR) che siano sottoposti ad un nuovo ciclo di terapia. Ad esempio, per quanto concerne il genotipo 1, che è il genotipo dominante tra i non responders, in alcuni studi esso viene associato alla non risposta anche nei ritrattati per precedente fallimento 4,5, mentre altri studi non riscontrano una associazione inequivocabile tra genotipo 1 e non risposta al ritrattamento 6-8. Probabilmente, anche la potenza numerica e la diversità nella composizione della popolazione studiata (etnia, peso, percentuale di cirrotici) possono rendere conto di queste disparità di risultato. Uno degli obiettivi che si cerca di conseguire nel ritrattamento dei pazienti con HCV è quello di ottimizzare l offerta terapeutica e limitare l impiego di farmaci più costosi ai soli pazienti che con maggiore probabilità ne beneficeranno. In mancanza di criteri assoluti di pre-selezione, si è cercato di individuare precocemente i pazienti che nel corso del ritrattatamento dimostrino una minore probabilità di risposta con l obiettivo di sospendere ogni trattamento inefficace. Da alcuni autori è stato suggerito che, analogamente a quanto avviene nei pazienti naive, anche nei non-responders la mancata negativizzazione dell RNA circolante entro le prime 12 settimane di terapia sia altamente predittiva di non risposta favorevole al trattamento 4. Tuttavia, dal momento che quasi tutti gli studi di ritrattamento dei NR hanno applicato la regola della sospensione della terapia in caso di non risposta alla ventiquattresima settimana di terapia, ne è conseguita l esclusione dalla valutazione di una possibile risposta tardiva. Il primo studio di ritrattamento con Peg-IFN alfa-2b e ribavirina di pazienti non responsivi alla combinazione IFN e ribavirina che ha esaminato gli effetti del prolungamento della terapia fino a 48 settimane indipendentemente dalla risposta conseguita nelle prime 24 settimane, ha dimostrato che è possibile conseguire la negativizzazione tardiva dell HCV-RNA in circa il 20 dei non responders, sebbene la risposta virologica sia sostenuta solo nel 9 dei casi 6. Questo risultato indica che la risposta tardiva può verificarsi nei non responders ritrattati con dosi adeguate di farmaci e per tempi prolungati, ma è meno durevole di quella precoce ed è seguita spesso da ricaduta virologica 6. È tuttavia ragionevole supporre che la stabilizzazione di una risposta tardiva potrebbe richiedere il prolungamento della terapia che permetta di passare dalla soppressione della replica all eradicazione virale. Tabella 1. - Fattori predittivi di non risposta durante il ritrattamento di pazienti non responsivi ad un precedente ciclo di terapia con IFN. Fattori virali Genotipo 1 Elevata carica virale (>800000 UI/mL) Fattori dell ospite Etnia afro-americana Fibrosi avanzata o cirrosi Elevati livelli di γgt Fattori legati al trattamento Durata breve del ritrattamento Dose inadeguata di interferone o ribavirina Scarsa aderenza al regime terapeutico Scarsa differenza di efficacia tra il regime precedente e il regime di ritrattamento Efficacia del ritrattamento con Peg-IFN In generale, l efficacia del ritrattamento sarà tanto maggiore quanto maggiore è l incremento di potenza tra il regime impiegato nel primo trattamento e il regime impiegato nel ritrattamento 9, tanto che nei pazienti ritrattati con IFN peghilato l aver fallito un trattamento con IFN in monoterapia è associato ad una maggiore probabilità di successo rispetto ad aver fallito un trattamento di combinazione. Complessivamente, il tasso di efficacia del ritrattamento con la combinazione ribavirina e Peg- IFN di pazienti non responsivi ad una terapia di combinazione con IFN non peghilato e ribavirina oscilla tra l 8 e il 26 5-8,10-11 (tabella 2). Considerando che i primi trial pubblicati sul ritrattamento dei pazienti non responsivi con IFN peghilato e ribavirina hanno impiegato schemi terapeutici e dosaggi assai diversi, si comprende come i risultati siano difficilmente comparabili.

G. Taliani, E. Biliotti: Il ritrattamento dei pazienti con epatite cronica C non responsivi ad un precedente trattamento 221 Tabella 2. - Studi di ritrattamento con PEG-IFN e ribavirina di pazienti non responsivi ad un precedente trattamento con IFN in monoterapia o di combinazione IFN-ribavirina. Autore No. HCV geno-1 Shiffman (2004) Jacobson (2005) Alta carica virale Cirrosi Regime terapeutico 604 89 89 38,5 PegIFN α-2a (180 μg/sett.) (1000-1200 mg quot.) 321 89 72 22,39 A) PegIFN (1,5 μg/kg/sett.) (800 mg quot.) Durata della terapia: settimane Sospensione della terapia: dopo settimane fine terapia IFN) fine terapia IFN/ riba) sostenuta IFN) sostenuta IFN/ riba) 48 20 44 25 28 12 48 24 A) 44 A) 24 A) 16 A) 10 Drop out A) 13 Krawitt (2005) Taliani (2006) Parise (2006) B) PegIFN (1.0 μg/kg/sett.) (1000-1200 mg quot.) 182 94 43 18 PegIFN (100-150 μg/sett.) (1000 mg quot.) 141 85,1 51,9 22 PegIFN (1.5 μg/kg/sett.) (1000-1200 mg quot.) 134 72 39 33 PegIFN α-2a (180 μg/sett.) (800 mg quot.) B) 41 B) 12 B) 27 B) 6 B) 11 48 24 33 33 27 18 16 48 Nessuno 30 20 19,1 48? 57 26 17 Tuttavia l esame comparato permette perlomeno di identificare alcune linee di tendenza su cui riflettere nel disegnare futuri studi di ritrattamento. Alcuni studi mostrano l importanza di osservare una stretta aderenza al regime terapeutico prescritto per garantirne l efficacia, soprattutto nelle prime fasi di terapia. In particolare, è il rispetto di un adeguato dosaggio della ribavirina nei primi mesi di terapia che sembra essere cruciale 4,11. Sebbene esista una certa difformità tra i diversi studi, alcuni dei quali non confermano il ruolo determinante dell aderenza nei NR ritrattati 5,6,8, il ruolo della ribavirina appare comunque centrale e alquanto complesso da chiarire. Uno studio di ritrattamento con Peg-IFN e ribavirina di NR alla combinazione che ha impiegato dosaggi di ribavirina differenti (800 versus 1000-1200) associati rispettivamente a 1,5 mcg/kg e 1,0 mcg/kg di Peg-IFN alfa2b, ha dimostrato che la riduzione di dosaggio della ribavirina non influenza l esito nei pazienti trattati con 800 mg/die (dose subottimale), mentre la riduzione di dosaggio nei pazienti trattati con dosi più elevate (1000-1200 mg/die) compromette l esito finale della terapia 8. D altra parte, in questo studio viene dimostrato che dosi più basse di ribavirina associate a dosi più alte di Peg-IFN permettono di conseguire una migliore risposta terapeutica (10 versus 6). Questi dati ribadiscono che a) probabilmente esiste un livello critico di ribavirina al di sotto del quale variazioni ulteriori non modificano l efficacia; b) al contrario, nei pazienti che ricevono dosaggi ottimali di ribavirina, la riduzione della dose al di sotto dell 80 (o forse del 60) della dose raccomandata ha effetti apprezzabili sulla percentuale di risposta virologica sostenuta; c) nei pazienti trattati con dosaggi subottimali di ribavirina è l IFN che svolge il ruolo trainante della risposta. Una osservazione comune a tutti gli studi e ribadita da tutti gli autori è che nei non responders ritrattati che conseguono una risposta virologica a fine terapia, il tasso di ricaduta virologica (relapse) nel follow-up è di circa il 50, dunque ben superiore a quello che si osserva nei pazienti naive 4-6,8,11 (tabella 3).

222 Recenti Progressi in Medicina, 98, 4, 2007 Tabella 3. - Percentuale di ricaduta virologica nei non responders ritrattati con PEG-IFN e ribavirina. Autore Questo dato è di particolare interesse e induce ad alcune riflessioni. Da una parte si può ritenere che il paziente non responsivo possieda una intrinseca incapacità ad eradicare il virus e questa inerente resistenza sia la causa principale della ripresa della replica anche dopo una soppressione più energica quale quella esercitata da un regime antivirale potente. Tuttavia, considerato che il raggiungimento della risposta virologica a fine trattamento (ETR) rappresenta un obiettivo virologico importante, il fatto che il 50 dei pazienti che ha ottenuto la ETR abbia poi presentato una ripresa della replica nel follow-up, implica che la soppressione virale è avvenuta, ma non è stata trasformata in eradicazione. Ne consegue che questi pazienti potrebbero beneficiare di un prolungamento della terapia oltre le abituali 48 settimane. Questa potrebbe essere una opportunità di perfezionamento della terapia nei non responders, con l obiettivo di stabilizzare la risposta virologica di fine terapia e trasformarla in riposta virologica sostenuta riducendo il tasso di ricaduta virologica 4-6,8,11. Strategie terapeutiche alternative INDUZIONE AD ALTI DOSAGGI L impiego di terapie di induzione, valutato principalmente nei pazienti ritrattati con IFN non peghilato, ha dato risultati contraddittori, risultando efficace in alcuni studi 12,13 e inefficace in altri 14,15. Terapie di induzione con Peg-IFN alfa-2a alle dosi di 360 mcg/settimana o 270 mcg/settimana sembrano determinare una efficacia migliore rispetto alla terapia standard con 180 mcg/settimana. I tassi di risposta virologica sostenuta sono infatti stati rispettivamente 38, 30 e 18 16, ma si tratta di risultati preliminari che attendono una conferma. TERAPIA DI MANTENIMENTO a fine terapia sostenuta Un approccio alternativo al trattamento eradicante nei non responders è rappresentato dalla cosiddetta terapia di mantenimento. Alcuni studi hanno indicato che anche nei pazienti non responsivi alla terapia, l esame istologico può mostrare un Percentuale di ricorrenze Shiffman 2004 25 12 52 Jacobson 2005* A) 24 B) 12 A) 10 B) 6 A) 58 B) 50 Krawitt 2005 33 20 39 Taliani 2006 30 20 33 Parise 2006 63 33 48 * A) PegIFN (1,5 μg/kg/settimanale) (800 mg quotidiana) B) PegIFN (1,0 μg/kg/sett.) (1000-1200 mg quotid.) miglioramento della componente infiammatoria, specie nei soggetti che hanno presentato un declino della replica 17,18 e nei pazienti trattati per 24 mesi 19,20. Inoltre due metanalisi hanno mostrato una riduzione, sebbene limitata, del rischio di sviluppare epatocarcinoma (HCC) nei pazienti trattati non responsivi rispetto ai non trattati 21,22. Queste osservazioni hanno fatto ipotizzare che un trattamento antivirale non completamente efficace in termini di eradicazione virale possa indurre una regressione del danno istologico e una riduzione del rischio di sviluppare HCC. Sono stati dunque disegnati alcuni studi che prevedono il mantenimento della terapia per periodi prolungati anche in assenza di risposta virologica completa (HALT-C, COPILOT, EPIC-3) di cui non sono ancora disponibili i risultati conclusivi. ALTRI INTERFERONI Oltre al Peg-IFN, nel ritrattamento dei pazienti NR sono stati usati altri interferoni. Tra questi, l IFN Consensus ha dato risultati promettenti raggiungendo il 26-36 di SVR nei trattati con dosi elevate in induzione quotidiana variabili tra 15 mcg/die e 27 mcg/die 23-25. Dai due studi randomizzati che hanno confrontato l efficacia dell induzione verso un regime standard 24-25 sembra non emerga un reale vantaggio nell impiego dell induzione stessa. Tuttavia va precisato che in entrambi gli studi è stato arruolato un numero di pazienti, rispettivamente 77 e 69, che potrebbe essere insufficiente a confrontare l efficacia di due regimi con efficacia simile. La questione rimane dunque affidata a studi futuri. Appare invece assai promettente l impiego di Consensus IFN nel ritrattamento di pazienti di etnia afro-americana, i quali sono particolarmente resistenti al trattamento. In un gruppo di 45 pazienti si è ottenuta una SVR del 27. L IFN gamma non è risultato efficace 26, mentre il beta non è stato valutato. ALTRE MOLECOLE Infine, in associazione ai due farmaci principali, interferone e ribavirina, altre molecole sono state utilizzate con maggiore o minore successo. Tra queste l amantadina, la quale in associazione al solo interferone non sembra incrementare in modo significativo la risposta al ritrattamento, mentre se associata all interferone e alla ribavirina, appare più efficace. Una recente metanalisi sull utilità della ribavirina nel trattamento dell epatite C indica che il beneficio nel suo impiego si osserva principalmente in pazienti difficili da trattare quali i non responders, nei quali agisce proprio riducendo il tasso di relapse post-terapia 27.

G. Taliani, E. Biliotti: Il ritrattamento dei pazienti con epatite cronica C non responsivi ad un precedente trattamento 223 Tuttavia, i risultati dei singoli studi a questo proposito sono controversi e il vantaggio terapeutico è confinato soprattutto ai pazienti con fattori predittivi favorevoli 28-31 o addirittura smentito 32. La timosina in associazione all IFN 33 nel ritrattamento dei NR sembra essere molto promettente, mentre nella triplice combinazione con la ribavirina la timosina non sembra aggiungere un beneficio spiccato 34, ma si tratta di risultati ancora preliminari. Infine, la lattoferrina in associazione alla combinazione IFN-ribavirina 35 e la IL-12 ricombinante in monoterapia 36 non hanno dimostrato alcuna efficacia. Bibliografia Conclusioni Il ritrattamento di pazienti non responsivi ad una precedente terapia interferonica rappresenta una sfida che può e deve essere affrontata utilizzando tutti gli strumenti oggi disponibili e ripensando attentamente le strategie terapeutiche, in attesa di farmaci di cui potremmo avvalerci nel prossimo futuro. 1. Strader DB, Wright T, Thomas DL, Seef LB. Diagnosis, management and treatment of hepatitis C. Hepatology 2004; 39: 1147-71. 2. Manns MP, Mc Hutchinson JG, Gordon SC, et al. Peginterferon alfa-2b plus ribavirin compared with interferon alfa-2b plus ribavirin for initial treatment of chronic hepatitis C: a randomised trial. Lancet 2001; 358: 958-65. 3. Fried MW, Shiffman ML, Reddy KR, et al. Peginterferon alfa-2a plus ribavirin for patients with chronic hepatitis C virus infection. N Engl J Med 2002; 347: 975-82. 4. Shiffman ML, Di Bisceglie AM, Lindsay KL, et al. 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