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Parte prima: Fondamenti teorici. 1. Che cos è la grammatica? In ogni sistema linguistico i diversi segni sono legati tra di loro da rapporti di natura PARADIGMATICA e SINTAGMATICA. I diversi elementi che costituiscono una lingua sono immagazzinati nella memoria di ciascun parlane (asse paradigmatico), dalla quale vengono selezioni individualmente e collocati sull asse lineare dell enunciato (asse sintagmatico), nel quale ognuno di essi occupa una specifica posizione. L asse paradigmatico costituisce un area di scelta libera, ma tale scelta rinvia ad opzioni sintagmatiche, cioè a regole grammaticali che sono obbligatorie. L insieme delle opzioni obbligatorie è la grammatica, che può essere definita come l insieme delle regole che è necessario applicare per tradurre sintagmaticamente cioè che è stato liberamente selezionato sull asse paradigmatico. Le entità immagazzinate nella memoria e organizzate in raggruppamenti paradigmatici fanno parte del lessico mentale che comprende l insieme di informazioni (semantiche, morfologiche e sintattiche) che i parlanti possiedono sulle parole della propria lingua, il lessico va considerato parte della conoscenza grammaticale. I tre livelli grammatica lessico e sintassi interagiscono in modo sistematico, tale interazione è frequentemente riconosciuta per morfologia e sintassi, che si trovano infatti spesso unificate in una medesima prospettiva d analisi. 2. Morfologia La morfologia studia parole, le forme che esse possono assumere e le regole tramite cui vengono formate nuove parole. 2.1 Categorie lessicali Vi sono nove classi lessicali o parti del discorso: nome; verbo; aggettivo; pronome; articolo; preposizione; avverbio; congiunzione; interiezione. Le prime cinque classi sono variabili in quanto possono assumere forme diverse secondo le altre parole con cui si combinano sull asse sintagmatico. Le altre sono invariabili e dunque immagazzinate come tali nel lessico, abbiamo inoltre classi aperte (nomi, verbi, aggettivi, avverbi), che possono arricchirsi di nuovi membri, e classi chiuse, cioè formate da un numero finito di membri. Le parole sono immagazzinate nella memoria insieme alla categoria cui appartengono: infatti, ogni parlante è in grado di produrre una lista di nomi o di verbi ecc. 2.1.1. Categorie e sottocategorie Oltre alla categoria lessicale, il parlante possiede anche altre info circa le parole della propria lingua. I tratti che permettono di sottocategorizzare il nome sono: [+- umano]; [+- comune]; [+- animato]; [+- astratto]; [+-numerabile] Mentre i verbi possono essere sottocategorizzati in: Transitivi/intransitivi; Regolari/irregolari; con o senza costruzione progressiva Le proprietà di sottocategorizzazione impongono restrizioni sulla formazione delle frasi, sulla combinazione di parole e sulla morfologia delle parole. 2.2 Il morfema Il morfema è l unità minima della morfologia, cioè la più piccola parte di una lingua dotata di significato. Alcuni morfemi si raggruppano in due classi diverse: morfemi come donn- e cat- esprimono un significato lessicale (morfemi lessicali), che non dipende dal contesto e che è liberamente selezionato sul piano paradigmatico; mentre a e s esprimono un significato grammaticale (morfema grammaticale), che viene selezionato secondo il contesto sintagmatico.

Si possono distinguere, inoltre, morfemi liberi, cioè parole che occorrono da sole (bar, virtù), e morfemi legati, che occorrono solo unitamente ad un altro morfema, cioè i morfemi flessivi. Il termine morfema indica un unità astratta, che è realizzata a livello concreto da un morfo. Le diverse classi di morfemi costituiscono raggruppamenti paradigmatici dotati di significato e immagazzinati nella memoria; i morfi sono costituiti da materiale fonologico e risultano dalla scelta grammaticale. Uno stesso morfo può esprimere più significati. In alcuni casi il morfema si realizza in morfi diversi che non cambia nel suo significato, gli allomorfi. Un caso di allomorfia nell italiano è la forma negativa in- che si realizza diversamente dipendentemente dal suono che segue (inaccessibile; impossibile; irragionevole). Si parla di suppletivismo e non di allomorfia quando in una serie morfologicamente omogenea compaiono forme radicali differenti ma evidentemente connesse sul piano semantico (es. acqua/idrico). 2.2.1. Parole semplici e parole complesse Una parte delle categorie lessicali è variabile e le variazioni possono produrre nuove forme della stessa parola. Esiste anche un altro tipo di modificazione formale che consiste nella formazione di nuov parole del lessico a partire da parole-base (es. amministrare- amministrazione). Le parole- base sono parole semplici, quelle nuove sono parole complesse formate tramite regole morfologiche. 3. Categorie grammaticali All interno di ciascuna categoria grammaticale, le opzioni sono omogenee (perché realizzano diversamente la medesima nozione: ad esempio, singolare e plurale sono realizzazioni diverse del numero ) e complementari (perché la selezione dell una esclude le altre). In italiano, tali categorie sono tipicamente realizzate tramite la flessione e si esprimono come CATEGORIE FLESSIONALI. Si distingue tra CATEGORIE SCOPERTE e CATEGORIE COPERTE. A esempio, in italiano le categorie del numero e del genere sono scoperte poiché la sua espressione è normalmente affidata a desinenze diverse. 3.1 Genere E una categoria del nome sula base di cui distinguiamo MASCHILE e FEMMINILE. Le distinzioni di genere non rimandano a tassonomie naturali. I grammatici avevano distinto tra generi naturali, attribuiti ai nomi in base ad un criterio di corrispondenza col sesso di appartenenza del referente, e generi arbitrari, quelli cioè in cui i criteri di attribuzione del genere non possono essere ricondotti al criterio semantico ispirato al sesso naturale. Sono i casi in cui il genere di un referente dipende da una convenzione. Il genere, quando è scoperto, si proietta in varia misura sul pacchetto morfemico degli elementi che compongono il sintagma. A esempio, in italiano nome, articolo e aggettivo si accordano nel genere. E possibile distinguere tre sistemi di genere: - Coperto: le distinzioni di genere non sono espresse morfologicamente - Sistema bipartito: distinguono maschile e femminile in alcuni casi un unico genere esprime i due sessi (es. tigre) e l appartenenza ad un genere naturale può essere esplicitata solo tramite l aggiunta di altro materiale. Nelle lingue a sistema bipartito, il maschile funziona come genere non marcato. Molte lingue dotate di un sistema bipartito conoscono anche il genere neutro che si oppone agli altri due. L opposizione maschile- femminile /neutro riflette una diversa opposizione di genere: quella tra animato e inanimato. Anche in questo caso non è possibile individuare un perfetto sistema di corrispondenza tra genere grammaticale e animatezza del referente. In italiano, l opposizione determina la selezione di preposizioni diverse in frasi come vengo a casa (inanimato) e vengo da te (animato). -Sistema a più termini: alcune lingue possiedono numerose classi di nomi che esprimono generi diversi. 3.2 Numero E la categoria grammaticale che esprime la quantità e che si realizza come opposizione tra SINGOLARE e

PLURALE. Non esiste una perfetta corrispondenza tra quantità obiettiva e numero grammaticale. Ad esempio, l entità denotata dalla parola famiglia comprende tipicamente una pluralità di individui. Non tutte le lingue classificano singolare e plurale allo stesso modo; alcune lingue ricorrono al DUALE o anche al TRIALE. La realizzazione scoperta del numero determina l accordo del nome con gli altri elementi del sintagma. 3.3. Persona E la categoria che consente di distinguere l emittente io e il ricevente tu : nel momento stesso in cui produce il messaggio, l emittente designa se stesso, rivolgendosi a un ricevente. La prima e la seconda persona infatti, sono universali linguistici. La prima e la seconda persona sono CATEGORIE DEITTICHE, mutano referenza secondo il contesto, effettivamente io si riferisce a un parlante fintantoché egli detiene la parola, ma non appena questa passa ad un altro la referenza di io cambia. La terza persona è l entità cui ci si riferisce, che non è necessariamente presente e che non è necessariamente una persona. La prima e la seconda persona vengono generalmente espresse da pronomi specializzati, la terza sfrutta spesso altro materiale. La persona interagisce con il numero. I pronomi possono essere singolari o plurali sul piano morfologico. A livello semantico, noi non rappresenta effettivamente il plurale di io, poiché in condizioni normali il parlante è un entità singola; Alcune lingue, distinguono tra PLURALE INCLUSIVO (parlante + ricevente) e PLURALE ESCLUSIVO (parlante + terze persone). 3.4 Caso E la categoria che esprime il tipo di relazione che lega il nome agli altri elementi della frase. L esistenza di queste relazioni è universale, mentre la loro realizzazione mediante una categoria flessionale si ha solo in alcune lingue. Queste relazioni sono espresse in italiano attraverso l ordine delle parole, in latino mediante l uso di morfemi grammaticali. Nel passaggio dal latino all italiano, il sistema dei casi è andato perduto e l italiano non esprime la categoria di caso. Tuttavia, è ancora rintracciabile a livello periferico, cioè nel sistema dei pronomi personali dove il nominativo io/tu si oppone all accusativo me/te, i dativi gli/le e agli accusativi lo/la. Nel caso delle lingue nominative-accusative, il soggetto ha sempre la stessa morfologia indipendentemente dal tipo di verbo. Nelle lingue ergativo-assolultive, la morfologia del soggetto dipende dalla transitività del verbo: se il verbo è transitivo il suo soggetto andrà al caso ergativo, viceversa andrà al caso assolutivo. Esiste una classe di CASI LOCALI, che servono a indicare la locazione o la direzione di un evento a partire dal punto di vista dell emittente. In italiano i casi locali non sono espressi in forma flessionale, ma affidati al lessico e all uso delle preposizioni. Nelle lingue il sistema dei casi locali va da un minimo di tre (moto da luogo, stato in luogo, moto a luogo) a organizzazioni più complesse. 3.5 Tempo E una categoria che consente di localizzare l evento denotato in un certo punto di un ipotetica linea del tempo. La localizzazione di un evento linguistico (MOMENTO DELL EVENTO) dipende dalla collocazione temporale del parlante nel momento in cui produce l enunciato (MOMENTO DELL ENUNCIAZIONE): se l evento viene localizzato prima dell enunciazione è PASSATO, se viene localizzato dopo è FUTURO, se è contemporaneo è PRESENTE. Poiché dipende dal contesto (extralinguistico) dell enunciazione, il tempo linguistico è una CATEGORIA DEITTICA. MOMENTO DI RIFERIMENTO: Una prima azione che ne coinvolge un altra, es. partì all alba da casa (momento di riferimento e prima azione) e arrivò al tramonto (seconda azione).

In alcune lingue la categoria grammaticale di tempo non è espressa morfologicamente, ma veicolata da specifiche particelle. Interlinguisticamente, i sistemi temporali sembrano strutturarsi più sull opposizione passato/presente che su quella tripartita di passato/presente/futuro. I tempi del verbo esprimono esclusivamente valori temporali, ma possono talora veicolare sfumature modali 3.6 Aspetto e azione L aspetto è una categoria del verbo che esprime la prospettiva assunta dal parlante nel considerare il processo espresso dal verbo, ossia la rappresentazione della sua durata, del suo svolgimento, e della sua compiutezza. Ogni evento può essere rappresentato come costituito da tre frasi: inizio, svolgimento e fine. La principale opposizione aspettuale è quella che oppone EVENTI IMPERFETTIVI e PERFETTIVI. Nel caso degli eventi perfettivi I, S, F co-occorrono, mentre gli eventi imperfettivi prevedono la cancellazione del punto finale. In molte lingue l aspetto è grammaticalizzato, cioè espresso morfologicamente. Al contrario, le lingue romanze non possiedono marche morfologiche che segnalino le caratteristiche aspettuali, le quali vengono veicolate dall intreccio di varie altre marche. Così la differenza tra aspetto perfettivo e imperfettivo è affidata in italiano ai tempi verbali. L aspetto non è una categoria deittica, poiché la rappresentazione dell evento non dipende dal contesto extralinguistico. In molti verbi italiani, i diversi lessemi verbali esprimono valori aspettuali in modo inerente: es. dormo è durativo mentre mi addormento è incoativo perché esprime solo l inizio del processo. L aspetto è di natura morfologica, essendo legato alla selezione temporale, mentre la nozione di azione è di natura esclusivamente lessicale, perché dipende dal significato del verbo. Le principali opposizioni azionali sono: 1. Verbi durativi vs Verbi non durativi: riguarda la durata del processo espresso dal verbo 2. Verbi telici vs. Verbi atelici: esprimono o meno un processo dotato di punto finale Inoltre, si distinguono le seguenti classi azionali: 1. Verbi stativi: indicano qualità inalienabili del soggetto quindi inerentemente ateliche e non puntuali (amare) 2. Verbi di attività: situazioni dinamiche ateliche e non puntuali (pensare, camminare) 3. Verbi trasformativi: esprimono un cambiamento di stato non durativo, tale che alla fine del processo descritto il soggetto si trova in una condizione diversa da quella di partenza (svegliarsi, tornare) 4. Verbi risultativi: implicano un cambiamento di stato, ma attraverso un processo che ha una certa durata nel tempo (imparare, congelare) 5. Verbi semel-fattivi: che descrivono eventi puntuali ripetibili senza stati risultanti (lampeggiare, tossire) 3.7. Modo E una categoria del verbo che esprime l atteggiamento del parlante rispetto all evento descritto. Il dominio della modalità si organizza in due grandi aree: a. Modalità reale (o assertiva): presenta l evento come vero b. Modalità non reale (o non assertiva) si specifica in domande, comandi, possibilità ecc. In italiano, tale categoria è espressa dai MODI VERBALI ma può anche trovare espressione lessicale nell uso dei verbi modali (potere, dovere). 3.8. Diatesi Consente di rappresentare un medesimo evento in modi alternativi, dando maggiore o minore enfasi al ruolo ricoperto dai partecipanti. Vi sono tre principali tipi di diatesi: attivo, passivo e medio. Tra attivo e passivo esiste una precisa correlazione, poiché l oggetto dell attivo corrisponde sistematicamente al soggetto del passivo. In italiano la diatesi è espressa in forma analitica tramite l uso di una forma del verbo essere associata al participio passato del verbo. Il ruolo del passivo è quello di defocalizzare l attenzione dal partecipante che compie l azione. Il verbo

passivo non può in nessun caso esplicitare l agente. La diatesi media è espressa in italiano tramite pronomi riflessivi o verbi intransitivi attivi. 3.8.1. Ruoli semantici e funzioni grammaticali Il partecipante su cui è focalizzata l attenzione ricopre sempre la stessa funzione di soggetto, sebbene realizzi diversi RUOLI SEMANTICI. I ruoli semantici dipendono dal significato del verbo, e sono: a. Agente: l autore di un azione b. Paziente: il partecipante che riceve o subisce l azione c. Beneficiario: colui verso cui è rivolta l azione d. Esperiente: colui che sperimenta un determinato stato (psicologico ma anche fisico) e. Strumentale: il mezzo di cui ci si serve per realizzare l evento f. Locativo: il luogo in cui si svolge l azione I ruoli semantici vanno distinti dalle FUNZIONI GRAMMATICALI, poiché i due livelli di analisi non coincidono in modo necessario. 4. Sintassi La sintassi descrive il modo in cui le parole si combinano tra loro formando sintagmi (gruppi di parole) e frasi. 4.1 Il sintagma Esistono tre criteri per riconoscere un gruppo di parole come un sintagma: -Movimento: le parole non possono muoversi individualmente nella frase -Enunciabilità in isolamento: le parola che costituiscono un sintagma possono essere pronunciate da sole -Coordinabilità: i gruppi di parole realizzano tipi diversi di sintagma; solo i gruppi dello stesso tipo possono trovarsi coordinati. I gruppi di parole realizzano diversi sintagmi secondo la natura della parola funzionalmente più importante attorno a cui si costruiscono e la cui presenta è obbligatoria: tale elemento è detto testa e può essere rappresentato da una preposizione (P), da un nome (N), da un aggettivo (A) o da un verbo (V). 4.1.1. Interazione tra morfologia e sintassi: accordo e reggenza All interno di un sintagma le diverse parole sono morfologicamente solidali, realizzano cioè la stesso opzione grammaticale. Questo tipo di relazione si chiama ACCORDO. Si parla di REGGENZA quando una parola realizza una data categoria flessionale perché si combina con un altra parola che presenta categorie flessionali diverse. Questi complessi rapporti si realizzano tipicamente nel sintagma verbale. 4.1.2. Il sintagma verbale Il sintagma verbale è costituito dal verbo e dai suoi ARGOMENTI, cioè dagli elementi che esso seleziona secondo il significato che esprime. La STRUTTURA ARGOMENTALE fa parte della conoscenza paradigmatica dei parlanti e determina il numero di posizioni sintattiche che devono obbligatoriamente essere riempite nel sintagma. Sulla base del numero degli argomenti è possibile classificare diversi tipi di VALENZA VERBALE: a. Verbi Avalenti: non argomentali (piove) b. Verbi monovalenti: che hanno solo un argomento (Marco dorme) c. Verbi bivalenti: hanno due argomenti (il cane insegue il gatto) d. Verbi trivalenti: tipicamente verbi di dire e di dare Gli altri elementi non obbligatori che possono comparire in una frase si chiamano CIRCOSTANZIALI e

servono ad aggiungere informazioni accessorie in merito al contesto. Ogni argomento esprime uno specifico ruolo semantico che non varia interlinguisticamente. Ciò che varia è il modo in cui gli argomenti sono realizzati sul piano grammaticale. 4.2 La frase Vi sono diverse definizioni di frase, ma quella che sembra più adatta è che la frase è formata da una struttura predicativa, cioè di predicato/soggetto. Parte seconda: Morfosintassi del nome e del verbo in italiano 1. Morfologia del nome in italiano Il nome in italiano si compone di un morfema lessicale, che costituisce la parte della parola che ne esprime il significato, e di un morfema flessivo da cui si ricavano le info relative al genere e al numero. Il morfema flessivo del nome non dà indicazioni relative alla sua funzione sintattica. Da una parola è poi possibile formarne altre attraverso i procedimenti di DERIVAZIONE, che consiste nell aggiunta di affissi e che può comportare anche il passaggio da una classe di parole ad un altra, e la COMPOSIZIONE che consiste nell unione di due parole originariamente indipendenti. 1.1 Morfologia flessiva del nome Il nome è considerato la parte del discorso primaria, insieme al verbo, in virtù della FUNZIONE REFERENZIALE. Il riferimento alla realtà extralinguistica può essere un riferimento determinato (nomi propri) o indeterminato (nomi comuni). La prima funzione del nome è quella del designare, ma può anche avere una FUNZIONE ATTRIBUTIVA, cioè quando non designa un individuo ma delimita un altro nome (es. un auto pirata). Può avere anche FUNZIONE PREDICATIVA, quando descrive il referente di un altro nome non direttamente ma attraverso il verbo. Da un punto di vista semantico i nomi vengono distinti in nomi astratti e concreti. Il genere si realizza secondo due opzioni: maschile e femminile. In quanto categoria scoperta, il genere si proietta in varia misura sul pacchetto morfemico degli elementi e in alcuni casi la differenza di genere indica anche differenza semantica (es. Pero/Pera). Oltre che con i mezzi morfologici l alternanza tra maschile e femminile si esprime con l aggiunta di suffissi (come ina/-one o tore/-trice), con la giustapposizione (es. ministro donna) e l uso dell articolo. Il numero indica la quantità, i nomi si classificano in nomi numerabili, nomi di massa (che non designano un oggetto unitario ma un entità che non è possibile scomporre per es. il latte) e nomi collettivi. Il contrassegno morfologico per l espressione del plurale è dato in italiano dalla terminazione del morfea flessivo che reca la doppia formazione in base al genere e al numero. 1.2 L accordo L accordo è la relazione che si istituisce tra due elementi quando un elemento che ha un determinato morfema flessivo attivo in uno o più altri elementi dell enunciato gli stessi morfemi flessivi. Il sintagma nominale ha come testa un nome che può essere espanso mediante l aggiunta di modificatori pronominali. Il nome che è la testa del sintagma proietta le proprie marche morfologiche sugli altri elementi del sintagma. Infatti gli elementi modificatori concordano con il nome per genere e per numero. ACCORDO SEMANTICO: in tale tipo di accordo il significato dell elemento lessicale e non la sua morfologia a condizionare la concordanza. Un caso molto frequente è quello del verbo al plurale con nomi collettivi.

1.3. La formazione delle parole Vi sono due procedimenti: endogeno ed esogeno. Il procedimento endogeno è quello per cui a partire da elementi lessicali già presenti in una lingua secondo modelli formativi ben determinati si creano parole nuove (composizione e derivazione). La derivazione è il procedimento per cui si associano un elemento autonomo e una forma legata. Il processo di derivazione a sua volta comprende tre diversi processi: Prefissazione, infissazione e suffissazione. I principali prefissi si distinguono in: Provenienti da preposizioni e avverbi (anti- pre); Prefissi intensivi (iper); Prefissi negativi (in-a-senza). Generalmente i prefissi non cambiano la categoria della base, con i suffissi invece ogni categoria grammaticale maggiore può diventare qualsiasi altra categoria. Inoltre la suffissazione cambia l accento della parola base. NOME NOME L aggiunta di un suffisso a un nome può dare luogo a: - Nomi che indicano un attività considerata con riferimento all agente (es. bar/barista; pizza/pizzaiolo) -Nomi che indicano il luogo dove si svolge un attività di fabbricazione (es. birra/birreria; pane/panificio) -Nomi che indicano un apparecchio, uno strumento (es. braccio/bracciale) -Nomi che esprimono quantità o hanno un valore collettivo (es. cucchiaio/cucchiaiata) -Nomi scientifici (polmone/polmonite) NOME AGGETTIVO I principali suffissi sono ico (nord/nordico); -ale (posta/postale); -ese (milanese) NOME VERBO I principali suffissi sono are/ire, -eggiare, -izzare, -ificare. Un caso particolare è caratterizzato dai verbi parasintetici nei quali si ha l intervento simultaneo di un prefisso e di un suffisso. VERBO NOME I nomi derivati da verbi si distinguono in: nomi che indicano l azione (-mento, zione, ura) e nomi che indicano l agente (-tore, -ante). L alterazione: è un particolare tipo di suffissazione con la quale il significato della parola di base non muta nella sua sostana ma soltanto in relazione ad alcuni particolari aspetti: quantità (accrescitivi/diminuitivi), giudizio del parlante (positivo/negativo). La COMPOSIZIONE è il procedimento morfologico che consente la formazione di parole nuove a partire da parole già esistenti. I costituenti sono due forme libere che sono in origine indipendenti e abbiamo: Nome + Aggettivo (camposanto); Verbo + Nome ( portacenere); Aggettivo + Nome (altopiano); Preposizione+ Nome (dopoguerra); Nome +Nome ( porcospino); Aggettivo + Aggettivo (agrodolce). I composti con base verbale (Verbo + Nome o Verbo+Verbo) rimangono invariati al plurale. I composti con base nominale (Nome + Aggettivo), il plurale si forma modificando le desinenze di entrambi i costituenti o (Aggettivo +Nome), si forma il plurale solo del secondo elemento; (Aggettivo + Aggettivo) muta la desinenza del secondo aggettivo; (Nome + Nome) se i due nomi appartengono allo stesso genere allora si modifica solo il secondo elemento, se sono di generi diversi solo il primo. 2. Morfologia flessiva del verbo 2.1. Le categorie del verbo espresse dal morfema flessivo L italiano codifica la morfologia verbale con suffissi legati alla radice e/o con ausiliari per le categorie di: Tempo; Aspetto/ Azionalità; Modo; Transitività/intransitività; Diatesi; Persona.

2.1.1. Il Tempo Il tempo è l insieme di relazioni temporali che si trasmettono con segni linguistici per situare cronologicamente e porre in relazione gli eventi e si divide in tre macro insiemi: passato, presente e futuro. Presente Esprime la prossimità tra punto dell enunciazione e punto dell evento. I suoi USI NON DEITTICI si distinguono per l ATEMPORALITA (per es. in definizioni scientifiche o didascalie) o per l ONNITEMPORALITA (per es. affermazioni di carattere geografico). Per quanto riguarda gli USI DEITTICI, se il punto dell enunciazione è contemporaneo al punto dell evento il presente esprime: attualità; immediatezza; affermazioni con effetto immediato; abitualità: Se il punto dell enunciazione è anteriore si parla di PRESENTE STORICO, che si suddivide in drammatico e narrativo. Se il punto dell enunciazione è posteriore rispetto al punto dell evento si parla di PRESENTE PRO FUTURO. Imperfetto Esprime la simultaneità nel passato, è il tempo relativo per eccellenza poiché viene sempre contestualizzato. La sua funzione viene chiarita dall opposizione con i passati. Negli usi propri l imperfetto ha un valore: descrittivo; iterativo (sottolinea un carattere abituale o durata ininterrotta); Esprime anche valori modali quando avviene una trasposizione nel mondo reale di un mondo immaginario: stipulativo/infantile; conativo (enuncia fatti lasciati a livello di desiderio); attenuativo; epistemico (supposizione del parlante tramite l uso dei verbi modali al posto del condizionale); prospettico (futuro nel passato al posto del condizionale composto). Passati REMOTO: Indica un azione collocata in un momento anteriore a quello dell enunciazione senza legami obiettivi o psicologici con il presente. PROSSIMO: E in rapporto on il presente o perché l evento descritto perdura nel momento dell enunciazione o perché ne perdurano gli effetti. Un caso particolare è il passato prossimo ESPERIENZIALE usato per confrontare esperienze proprio con quelle di altri. Anche il passato prossimo presenta degli USI INTEMPORALI e serve per esprimere: anteriorità rispetto a presenti intemporali; formule del tipo: come abbiamo già detto; eventi che si riferiscono al futuro. Trapassati PROSSIMO: esprime un valore di compiutezza e presuppone un momento di riferimento situato comunque nel passato. Il processo narrato non ha più nessuna attualità ed è sganciato dal momento di enunciazione. Ha usi modali che ricalcano quelli dell imperfetto: ipotetico; attenuativo. REMOTO: Appartiene ad uno stile elevato, si assume come momento di riferimento l istante successivo al momento terminale dell evento espresso dal trapassato. Futuro FUTURO SEMPLICE: ha una natura di tipo deittico, ha sia un valore propriamente di posteriorità sia sfumature modali. Ha anche usi non deittici, come l uso epistemico. FUTURO ANTERIORE: Localizza l evento anteriormente rispetto a un MR che a sua volta è già situato nel futuro. 2.2.2. Modo L indicativo è il modo per le asserzioni, per indicare la realtà. L imperativo che si caratterizza normalmente per avere solo le seconde persone Il congiuntivo ricopre una serie di funzioni che vanno dalla potenzialità all augurio. Serve come imperativo formale o di cortesia. Il condizionale esprime l apodosi del periodo ipotetico; le richieste con valore attenuativo; il futuro nel passato.

2.1.3. Aspetto In italiano le distinzioni di aspetto sono espresse tramite la commutazione dei vari tempi erbali. Le varie forme temporali hanno quindi una doppia funzione: quella di localizzare gli eventi nel tempo e quella di segnalare uno specifico aspetto. Imperfettivo: Imperfetto: eventi passati abituali e durativi Perfettivo: Passato prossimo: messa a fuoco del risultato dell evento Passato remoto: Evento concluso indipendentemente dal risultato 2.1.4. Azionalità Il significato lessicale dei veerbi contribuisce anche a dare informazioni relative all aspetto. In particolare questo tipo di distinzioni riguarda la categoria del verbo che è stata definita aspetto lessicale o azionalità. Le distinzioni di tipo azionale derivano dalla classe semantica a cui appartiene un particolare verbo. Il procedimento per cui i verbi assumono una diversa categoria azionale è la derivazione attraverso affissi. 2.1.5. Transitività/Intransitività Esprime alcune relazioni tra l evento che descrive e i partecipanti all evento. Si definisce VALENZA SINTATTICA di un verbo il numero di partecipanti presenti in una data frase. Si dicono ATTANTI i costituenti sostantivali obbligatori. I vari verbi vengono distinti sulla base del numero teorico di attanti che essi reggono. 2.1.6. La Diatesi In italiano la diatesi possiede tre valori: attivo/passivo/riflessivo Nella diatesi attiva l agente è il soggetto e può esprimere il significato: a. Agentivo: quando il soggetto compie effettivamente un azione b. Causativo: quando il soggetto provoca un evento o una situazione c. Medio: quando il soggetto è coinvolto in un evento o in una situazione. Nella diatesi passiva il paziente p promosso a soggetto e l agente viene omesso o è espresso come complemento d agente. Perché ci sia la diatesi passiva il verbo deve essere transitivo. I VERBI RIFLESSIVI PROPRI: sono quelli in cui il soggetto e l oggetto coincidono. Gli altri verbi riflessivi si classificano in: -Riflessivi apparenti: l azione verbale non si riflette direttamente sul soggetto ma si svolge comunque a suo beneficio nel suo interesse o per sua iniziativa (mi lavo le mani) -Riflessivi reciproci: il verbo riflessivo esprime una reciprocità di azione (abbracciarsi) -Intransitivi pronominali: sono verbi in cui il pronome atono rappresenta un semolice componente del verbo obbligatorio (ricordo e mi ricordo) Questi verbi si possono dividere in tre gruppi: a. Verbi in cui luso del pronome clitico è obbligatorio b. Verbi in cui uso del pronome clitico è facoltativo ma la sua presenza comporta una diversa costruzione c. Verbi che ammettono accanto all uso come intransitivi pronominale un impiego parallelo come transitivi con un cambiamento di prospettiva. 2.2. La reggenza La reggenza è la relazione sintattica che si instaura tra il verbo e altri elementi della frase. Esiste, pertanto, un legame diretto tra valenza (numero degli attanti) e reggenza. I verbi transitivi si caratterizzano per avere una reggenza diretta che li lega al loro secondo argomento.