Università Degli Studi Di Bari. Dipartimento di Bioetica DOTTORATO DI RICERCA IN LA TUTELA GIURIDICA DELLA PERSONA CICLO XX

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Università Degli Studi Di Bari Dipartimento di Bioetica DOTTORATO DI RICERCA IN LA TUTELA GIURIDICA DELLA PERSONA CICLO XX Settore Scientifico Disciplinare IUS/01 LA TUTELA DEL SOGGETTO DEBOLE Coordinatore: Chiar.mo Prof. Sebastiano Tafaro Tutor: Chiar.mo Prof. Ferdinando Parente Dottoranda: Paola Cristiano

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3 3

4 La tutela del soggetto debole 4

5 SOMMARIO Capitolo I Essere e Persona 1. Premessa. Il soggetto debole. P. 7 2. Il concetto di persona. Riferimenti al diritto romano e primi modelli di tutela: qui in utero est. P. 10 3. Il progresso scientifico e i confini della ricerca. P.16 4. Accettabilità delle condotte umane: visione metafisica e postmetafisica. P.23 5. Bioetica e diritti umani. P. 25 6. Determinazione del concetto di persona e essere umano. Tre concezioni a confronto. P. 29 Capitolo II Il non nato e i suoi diritti 1. L embrione: qualcosa o qualcuno? La tutela giuridica. P. 39 2. L essenza della persona e la libertà. La dignità umana. P. 45 3. I diritti del non nato. La disciplina italiana. P. 52 4. Il diritto alla vita negli altri ordinamenti. P. 55 5. Esperimenti sull uomo, esperimenti sull embrione. P. 61 6. La dignità dell embrione. P. 65 7. Soggettività e capacità giuridica: il concepito. Brevi cenni. P. 75 Capitolo III L amministrazione di sostegno 1. L amministrazione di sostegno. P. 88 5

6 2. L amministrazione di sostegno come scelta del beneficiario. P. 99 3. La prestazione del consenso al trattamento sanitario da parte dell amministratore di sostegno. P. 102 4. Il requisito del consenso informato. Fonti normative interne ed europee. P. 110 5. La tutela dei diritti dell uomo tra diritto antico e moderno. P. 122 Grafico relativo ad ambiti applicativi P. 129 Capitolo IV Nuove ipotesi di applicazione 1. Il diritto, il dovere e la pretesa. P. 131 2. L amministratore di sostegno, il consenso informato e le direttive anticipate di trattamento: prospettive. In particolare sull accanimento terapeutico. P. 133 3. Aspetti pratici. P. 145 4. Nuovi ambiti di applicazione dell istituto dell amministratore di sostegno: il potere di rappresentanza anche in giudizio. P. 148 5. Limiti alla rappresentanza. P. 160 6. Conclusioni. P. 164 Bibliografia P. 168 Normativa P. 185 6

7 Capitolo I Essere e Persona 7

8 SOMMARIO: 1. Premessa: il soggetto debole. - 2.Il concetto di persona. Riferimenti al diritto romano e primi modelli di tutela: qui in utero est. 2. Il progresso scientifico e i confini della ricerca. 3. Accettabilità delle condotte umane: visione metafisica e post - metafisica. 4. Bioetica e diritti umani.- 5. Determinazione del concetto di persona e essere umano. 1. Il soggetto debole è, da sempre, contrapposto al più forte. La storia dei diritti fondamentali dell uomo è stata continuamente alla ricerca di un fondamento dei diritti primari che i più forti (secondo natura e/o privilegio) avrebbero avuto a vantaggio dei più deboli, al fine di sottrarli al loro dominio, comunque inteso. E così, il nesso tra forma universale dei diritti fondamentali e tutela del più debole è quello di mezzi e fini, propri del rapporto di razionalità strumentale. Quella forma, insieme al rango costituzionale delle norme che la esprimono, si configura come la tecnica più idonea alla tutela dei soggetti (più) deboli, in quanto assicura loro la indisponibilità e la inviolabilità di quelle aspettative stabilite come diritti fondamentali, mettendole al riparo dai rapporti propri del mercato e della politica. La distinzione che il positivismo giuridico opera tra soggetti capaci e soggetti incapaci conduce da un lato, ad escludere dalla scena giuridica dei rapporti gli incapaci ma, dall altro, a riconoscere agli stessi una tutela più ampia, al fine di garantire il diritto fondamentale della uguaglianza: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona 8

9 umana e l effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Così recita l art. 3 della Costituzione italiana. Tale principio è solennemente proclamato anche nella Carta dei diritti fondamentali dell Unione Europea, che dedica tutto il Capo III alla uguaglianza; infatti, sulla scorta di quanto affermato nel Preambolo, in base al quale l Unione Europea afferma di voler rafforzare la tutela dei diritti fondamentali, proclama l uguaglianza davanti alla legge (art. 20), il divieto di discriminazione fondata non solo sul sesso, la razza, l origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione, le convinzioni personali, le opinioni politiche, ma anche sull handicap e sull età (art. 21), stabilendo la parità tra uomini e donne (art. 23), il diritto di protezione del bambino (art. 24), il diritto degli anziani di condurre una vita dignitosa e indipendente (art. 25). Gli stessi diritti sono stati mantenuti e resi giuridicamente vincolanti, dal successivo Trattato di Lisbona. Si assiste ad una grande richiesta di visibilità giuridica, nella quale tutti coloro che vivono una condizione di fragilità della propria soggettività, desiderano confluire. Il difetto della qualità, che fa l uomo capace di obbligarsi giuridicamente, supera l artificio formale, per richiedere un riconoscimento esplicito della propria debolezza e vedere, nello stesso tempo, affermato il diritto di regolare rapporti, il diritto alla integrità, alla salute, alla identità, a prestare il consenso al trattamento medico, ad educare la prole, a ricevere educazione, alla parità contrattuale, alla tutela del dato personale. La sofferenza fisica, infatti, non rappresenta l unica forma di debolezza del soggetto, anche se ne costituisce la espressione più significativa. Soggetti deboli sono i concepiti e non ancora nati, gli embrioni crioconservati, i soggetti in stato comatoso, coloro che vivono mediante macchinari che ne prolungano l esistenza; soggetti deboli sono 9

10 pure i minori, i disabili 1, gli anziani, i tossicodipendenti, i carcerati, le madri che devono scontare una pena detentiva e non possono seguire direttamente i figli, i diversamente abili, i malati di mente, i non affidatari della prole. L esperienza evidenzia molte ipotesi nuove di regolamentazione giuridica, che non trovano, se non nei principi generali fissati dalla Carta costituzionale e dalle Convenzioni internazionali, una previsione nel ius positum. Attuale è sempre il brocardo: ex facto oritur ius. Di certo, in questa accezione non può rientrare, ad esempio, il concetto di contraente debole, in quanto con tale espressione si indica non già una condizione, ma una semplice qualità del soggetto giuridicamente capace, che si trovi ad assumere autonomamente obbligazioni giuridiche. Per soggetto debole deve intendersi, quindi, chi non abbia un riconoscimento giuridico di tutela, né per la sua condizione, né per i diritti che pretende siano generalmente ammessi e affermati; è colui il quale richiede formale attestazione della sua dignità e promozione del suo essere umano, nella sua individualità fisica e nella sua identità spirituale. In pratica, è un soggetto che avanza una pretesa di regolazione di una volontà umana attiva e la conseguente affermazione di una doverosità di attuazione dei precetti stabiliti, stante il valore della loro giuridicità. La desiderabilità dei diritti, per usare un espressione di Norberto Bobbio, si fonda sulla volontà di realizzare il più possibile il principio di libertà e di uguaglianza, la cui realizzazione conferisce loro la meritevolezza giuridica dell essere perseguiti. 1 È del 30 marzo 2007 la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, approvata dalla Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 13 dicembre 2007. 10

11 La protezione e la promozione del soggetto debole costituisce, pertanto, l attuazione delle scelte solidaristiche dell ordinamento giuridico interno ed esterno, volto ad eliminare gli ostacoli allo sviluppo della persona che, in quanto tale, va considerata titolare della stessa dignità morale e giuridica, senza che le distinzioni derivanti da particolari condizioni fisiche, mentali, sociali, possano in alcun modo scalfirne il riconoscimento e l affermazione, in modo pieno e totale. 2. Il concetto di persona rappresenta un momento fondamentale nella riflessione etica contemporanea e, insieme alla questione della dignità e dei diritti dell uomo, offre un ottimo campo di studio anche a chi volesse ricercarne il fondamento. L attenzione dei giuristi verso la problematica, si innesta nel solco di una sensibilità presente già all epoca del diritto romano e, a partire dal II secolo d.c., testimonia un mutamento importante nella organizzazione dei libri sul ius civile, i quali non si apriranno più con la trattazione delle successioni 2, ma con quella delle personae. Infatti, Gaio, nel suo manuale, enuncia: GAI. 1.8: Et prius videamus de personis. Il taglio dato dal giurista adrianeo al diritto e alla sua comprensione é ancora straordinariamente attuale, se si pensa che con tale enunciazione egli dichiarava che il diritto è finalizzato alle persone 3, proprio come lo si 2 Come si ritrova nella sistematica seguita da Quinto Mucio Scevola, nei suoi libri sul ius civile, o, successivamente in Sabino, per i quali si rimanda a SCHULZ, Sabinus-Fragmente in Ulpians Sabinus Commentar, rist. Labeo 1 (1964), 56 ss e Storia della giurisprudenza romana, tr. It. 1968, 172, 279. 3 Cfr. R. QUADRATO, La persona in Gaio. Il problema dello schiavo, Iura 37 (1986), 1 s. La persona costituisce un tema cruciale nella riflessione gaiana. È uno dei cardini dell ideologia del giurista adrianeo, un punto decisivo del suo pensiero. La linea di Gaio la si intravede già nel modo in cui organizza il discorso istituzionale, nella descrizione del ius quo utimur. Il piano didattico si apre con la trattazione del ius personarum. E una 11

12 ritrova oggi, a distanza di diciotto secoli, nella Carta dei diritti fondamentali dell Unione Europea 4. Il termine persona, tuttavia, non aveva il significato che oggi si è portati ad attribuire; attualmente, esso è sinonimo di soggetto del diritto, mediato dal concetto di capacità, nelle accezioni di capacità giuridica e capacità d agire, che, pur essendo oggi universalmente accettate, poco dicevano ai Romani, per i quali la persona coincideva con l uomo 5. Intesa novità nella sistematica. Modificando una linea antica attestata nell opera di Q. Mucio, riproposta nei tres libri iuris civilis di Sabino, Gaio colloca il tema delle persone al primo posto, sostituendolo alla hereditas. La persona viene così ad occupare un posto di preminenza, di centralità nell ordinamento; è l asse attorno al quale gravita il ius, l intera costruzione giuridica. Non è un mutamento di poco conto. E una prospettiva che tende ad orientare il diritto verso il suo destinatario naturale, l uomo, nel cui interesse statutum est. 4 La quale, nel suo Preambolo, afferma che l Unione pone la persona al centro della sua azione ; così la Carta Europea dei Diritti Fondamentali, sottoscritta e proclamata dai Presidenti del Parlamento europeo, Consiglio e Commissione, in occasione del Consiglio europeo di Nizza il 7 dicembre 2000, pubblicata in GUCE 2000/C 364/01. 5 Sul punto, M. TALAMANCA, Istituzioni di diritto romano, Milano, 1990, p. 683, il quale afferma che con il termine capacitas si indica, nel linguaggio dei prudentes, l idoneità del soggetto ad acquistare in base ad una valida delazione, la quale presuppone la capacità a succedere e che la categoria dell incapacitas venne introdotta nell ordinamento romano dalla legislazione matrimoniale augustea, che prevedeva una serie di casi in cui l erede od il legatario non potevano acquistare l eredità o il legato. Il punto è pacifico per i romanisti. Ciononostante essi, anche per inquadrare la realtà giuridica romana, usano parlare di capacità (giuridica e di agire), presumibilmente perché ritengono che il vocabolo sia per lo studioso contemporaneo il piú idoneo per la comprensione dell antico: cfr., per tutti, tre esempi emblematici della odierna e più autorevole manualistica: V. ARANGIO-RUIZ, Istituzioni di diritto romano, Napoli, rist. 1985, p. 43: «La condizione degli esseri che l ordinamento giuridico considera soggetti di diritto si dice capacità giuridica o di diritto, o (in antitesi alla capacità di agire, della quale diremo tra breve) capacità di godimento del diritto. La terminologia fin qui riportata non è romana»; tuttavia l Autore si avvaleva di quei termini ampiamente nel prosieguo della esposizione degli istituti romani; M. TALAMANCA, Op. cit., p. 75 s.: «23. Capacità giuridica, capacità di agire, teoria degli 'status'. - a) Attualmente, la persona fisica è, in quanto tale, fornita di capacità giuridica. Per capacità giuridica s'intende l'idoneità di un soggetto ad esser titolare di diritti e di doveri: alla capacità giuridica si contrappone la capacità di agire, e cioè l'idoneità a porre in essere un'attività giuridicamente rilevante, al fine di creare, modificare od estinguere un rapporto giuridico. I romani non hanno consapevolmente formulato questa fondamentale distinzione tra la capacità giuridica e la capacità di agire, delle quali, 12

13 quale portatrice di interessi, istanze e diritti propri, la parola persona ha rappresentato, per i giuristi romani, il riferimento fondamentale cui il diritto però, si coglie, indubbiamente, in quell'esperienza la concreta operatività. Per il diritto romano, si tratta, in primo luogo, di determinare le condizioni che debbono ricorrere perché all'individuo umano sia riconosciuta la capacità giuridica»; M. MARRONE, Istituzioni di diritto romano, Palermo 1994, p. 193: «La dottrina moderna pone a base di ogni discorso sul diritto delle persone i concetti di capacità giuridica (o capacità di diritto) e capacità di agire. Per capacità giuridica intende l'idoneità ad essere titolari di diritti ed obblighi o, in ogni caso, di situazioni giuridiche soggettive; per capacità d'agire l'idoneità ad operare direttamente nel mondo del diritto e pertanto a compiere personalmente atti giuridici. Si tratta di categorie giuridiche non romane, utili però per inquadrarvi, all'occorrenza con le necessarie precisazioni, la realtà giuridica romana. Giuridicamente capaci sono oggi, nel nostro sistema positivo, tutti gli esseri umani, tutti quanti essendo possibili centri di imputazione di diritti e doveri giuridici (anche il pazzo, anche il fanciullo possono essere eredi, proprietari, etc.). Capacità giuridica si riconosce inoltre a talune entità consistenti in organizzazioni di persone e beni, cui si dà il nome di persone giuridiche. In contrapposizione ad esse gli esseri umani si dicono persone fisiche. I soggetti giuridicamente capaci sono pertanto in ogni caso persone : persone fisiche gli esseri umani, persone giuridiche gli altri enti. Per diritto romano le cose stavano diversamente. Anzitutto dal punto di vista terminologico: la parola persona è riferita solo a quelle che noi diciamo persone fisiche ed è propria di esse. Tutti gli esseri umani, nel linguaggio giuridico, sono detti persone ma non tutti hanno capacità giuridica: possono averla, ma non l'hanno necessariamente, le persone libere; non l'hanno mai, in via di principio, gli schiavi (servi). Anche i Romani riconobbero che certe organizzazioni potessero essere centri di imputazione di diritti e doveri giuridici, ma non elaborarono compiutamente il fenomeno: i concetti al riguardo furono, sul piano giuridico, appena abbozzati e mancò comunque una terminologia costante. La capacità d'agire non concepibile propriamente per le persone giuridiche presuppone oggi la capacità giuridica e viene riconosciuta a tutti gli esseri umani intellettualmente capaci: è negata pertanto ai minori di età e agli infermi di mente. Anche a Roma la capacità d'agire era riconosciuta alle persone intellettualmente capaci, ma non presupponeva necessariamente la capacità giuridica: un pater familias adulto e sano di mente era giuridicamente capace e al contempo capace di agire; invece schiavi e filii familias adulti e sani di mente erano sì capaci di agire, ma era loro fondamentalmente negata la capacità giuridica (operavano nel mondo del diritto con effetti che talora si imputavano al dominus o al pater familias)». Non sono sfuggite a questa impostazione di fondo neppure le ricerche che sono partite da un ottica differente, incentrandosi intorno alla considerazione della persone, come si può dire per la ricca e circostanziata opera di B. ALBANESE, Le persone nel diritto privato romano, Palermo 1979, nella quale l interrogativo di fondo resta sempre quello di verificare se e quando vi fosse capacità (di volta in volta, giuridica o di agire). 13

14 era teleologicamente finalizzato, individuando un rapporto indissolubile tra diritto e giustizia e tra diritto e tutela della dignità umana. 6 Sintomatico appare il modo con il quale, durante il Principato, i giuristi cominciavano a considerare i servi, non più come res e, dunque, come oggetti del diritto, ma soggetti, in quanto uomini, portatori di una dignità, di un valore in sé, proprio dell uomo in quanto tale 7. Nella cultura romana, la vita di ogni uomo, considerato nella sua specificità all interno della Civitas, aveva carattere insopprimibile e universale, tanto che il ius ne doveva tener conto, poiché a nessuno era consentito prescinderne, senza andare contro le leggi profonde della vita stessa 8. Per tali ragioni, la civiltà giuridica romana difende la vita umana sin dal concepimento, cogliendo la insostituibilità e la incoercibilità dell essere uomo. Essa utilizza una terminologia semplice e, lontana da astrazioni concettuali tipiche della dottrina e dei legislatori moderni, sorprende per la sicurezza con la quale afferma un concetto che oggi, scienziati e giuristi trovano difficoltà ad esprimere: il concepito già esiste come persona. Sia secondo le Leggi regie, sia secondo le Dodici Tavole, sia nella giurisprudenza classica, tra l epoca di Augusto e quella di Antonino Caracalla, fino a giungere ai Digesta di Giustiniano, si rileva un evidente rispetto del nascituro. Nel Digesto si parla del concepito nel titolo V del I Libro, sotto la rubrica La condizione degli uomini. 6 Ulpiano fonda il rispetto e la salvaguardia della persona umana su tre principi fondamentali: D. 1.1.10.1 ULP. 1 reg.: Iuris praecepta sunt haec: honeste vivere, alterum non laedere, suum cuique tribuere. 7 R. QUADRATO, Op. cit., p. 10 ss. 8 Così S. TAFARO, Diritto e persona: centralità dell uomo, in www.dirittoestoria.it, 2007, p. 4. 14

15 Qui il concepito viene semplicemente definito qui in utero est. Il concepito non ancora nato (nasciturus) era, come tale, soggetto di diritti, potendo perfino essere destinatario di beni testamentari. Così, nei Digesta di Giustiniano, viene riconosciuta al nascituro (comodum), la condizione giuridica di essere umano (Qui in utero sunt intelliguntur in rerum natura esse : D.1.5.26); e, perciò, esso è da considerarsi titolare di diritti, come se fosse nato ( Nasciturus pro iam nato habetur : D.1.5.7), quando si tratti del suo vantaggio. Nello stesso Digesto, è richiamata una legge emanata nell 81 a.c., che disciplina gli omicidi e dispone la pena dell esilio per la donna che abbia volontariamente abortito. Mentre, nelle ultime pagine del Digesto, Giustiniano, in una sorta di piccolo vocabolario giuridico (de verborum significatione), afferma l esistenza autonoma di qui in utero est, spiegando che è da comprendersi (intelligere) che colui che è stato lasciato nell utero, c è realmente al tempo della morte. Un altro esempio interessante relativo alla difesa del concepito è rappresentato dal fatto che una legge regia (753-510 a. C.) vietava di seppellire la donna morta in stato di gravidanza, prima che fosse estratto il partus, dato che qui in utero est era considerato avente vita autonoma rispetto alla madre 9. Relativamente alla cittadinanza, lo status di libero e cittadino veniva attribuito prendendo in considerazione il momento del concepimento ovvero, se più favorevole, qualunque momento tra concepimento e nascita. Qui in utero est riceveva una tutela giuridica per l interesse attuale e immediato al nutrimento, oggi, 9 Anche l esecuzione della pena capitale contro una donna incinta doveva essere differita ad un momento successivo al parto. Una donna incinta non poteva inoltre essere sottoposta a interrogatorio, né poteva essere torturata o condannata a morte. L accusa di adulterio contro la donna incinta doveva essere differita, affinché non si provocasse alcun pregiudizio al nato. Il figlio di un senatore, benché il padre fosse morto prima della sua nascita (o anche privato del suo grado in vita), conservava sempre tutti i diritti che spettavano ai figli di un senatore. 15

16 diremmo, per un diritto agli alimenti. L esigenza di garantire il sostentamento al nascituro era primaria, benché potesse esservi incertezza sulla posizione giuridica di colui che sarebbe nato (filia, plures filii, filius et filia): era vigente il principio in base al quale era meglio dare gli alimenti, anche a chi fosse diseredato, anziché far morire di fame colui il quale non lo era. Ulpiano ribadisce questo principio riguardante la rilevanza dell alimentazione aldilà di ogni incertezza: («quia sub incerto utilius est ventrem ali»). L istituto del curator ventris, infatti, fu inteso dal pretore romano per tutelare non solo la dignitas della donna incinta, ma soprattutto per assicurare al nascituro il rispetto delle modalità di adempimento delle prestazioni alimentari fino al momento della nascita. Gli alimenti, infatti, dovevano essere assicurati al concepito, persino rispetto al puer nato, poiché egli nasceva non solo per i parentes, ma in verità anche per la res publica, dato che, l aumento del popolo (civitas augescens) era principio ribadito sia nella giurisprudenza (Digesto), sia nella legislazione (Codice di Giustiniano). La preminente difesa dell interesse pubblico o, per meglio dire, l esigenza di pubblica difesa dei tre interessi, rispettivamente della res publica, della donna e del concepito, imponeva, dunque, una nomina da parte del magistrato del popolo Romano. Il riferimento alla civiltà giuridica romana sembra doveroso, oltre che fondamentale, poiché testimonia innanzitutto l attenzione dei giuristi Romani ai problemi reali dell uomo, cui il diritto offriva riconoscimento e tutela per il mero fatto che l uomo è, ma anche per un sorprendente quanto impensato intreccio tra pubblico e privato con cui la Res publica si fece carico della protezione delle persone, con particolare riguardo ai fanciulli, ritenuti deboli sino alla pubertà; basti por mente alla Lex Atilia, anteriore al 186 a.c., con cui il pretore riceveva incarico di nominare un 16

17 tutore a favore di quei fanciulli che ne fossero privi, trasformando il potere di nomina in una forma di protezione dei deboli. Questo principio, introdotto dalla giurisprudenza romana nel sistema del ius civile, ha operato un mutamento qualitativo nelle categorie del pensiero giuridico non solo classico, ma dell intera civiltà giuridica moderna, la quale tuttora ne mostra, come si vedrà, segni tangibili. A fronte della concretezza del diritto romano, però, l astrattezza e la strumentazione concettuale moderna hanno condotto ad evolvere la riflessione fino a domandarsi se qui in utero est abbia o meno capacità giuridica, ovvero personalità e, dunque, se sia meritevole di tutela. Tutto ciò costituirà l oggetto della presente riflessione che, partendo dal concepimento, seguirà l intero percorso della vita umana, come un continuum, nel quale si considereranno i momenti di particolare debolezza dell essere umano. L embrione in vivo, l embrione in vitro, la clonazione, l aborto, il trapianto di organi, l accanimento terapeutico, l eutanasia, mostrano la necessità di una particolare attenzione che il legislatore deve riservare all uomo, nel rispetto della sua dignità, che, come si dimostrerà, è presente dal momento originario della vita sino al suo definitivo completamento. Il discorso prenderà le mosse proprio dal concetto di persona, soffermandosi su profili giuridici e filosofici, al fine di meglio comprenderne il significato, per giungere ad individuare la regolamentazione italiana ed internazionale dell individuo umano ed in particolare le problematiche derivanti dalle molteplici valutazioni circa l embrione ed il momento iniziale della sua esistenza. Successivamente, vi sarà un approfondimento di natura privatistica sull istituto dell amministratore di sostegno, per verificare se vi siano i margini per una sua applicazione, nell ambito della fase originaria della vita, ma anche nella 17

18 fase del suo declino, allo scopo di fornire adeguata tutela a chi si trovi in una condizione diversa da quella del possesso massimo delle proprie facoltà, fisiche e mentali, ma non per questo, meno meritevole di garanzie, in quanto sempre e comunque persona. Saranno considerate, infine, alcune situazioni particolari, che sollevano l esigenza di una regolamentazione giuridica ancora assente nel nostro Paese e per le quali si delinea la possibilità di intervento proprio dell istituto dell amministratore di sostegno, volto a garantire il rispetto dei diritti fondamentali delle persone e, nella fattispecie, di coloro che mostrano condizioni di maggiore debolezza, riconoscendo loro, in tutto l arco dell esistenza, la titolarità del diritto di dignità e di uguaglianza. 3. La nostra Carta costituzionale, all art. 33, comma 1 10, sancisce la libertà dell arte e della scienza 11 ; ma i due riferimenti, pur contenuti nella stessa norma, devono essere considerati alla stregua delle conseguenze che l esercizio di tali libertà comporta; infatti, se la prima è il risultato di particolari movimenti culturali cui aderisce l artista, producendo effetti illimitati sulla sfera emozionale dei fruitori delle opere prodotte, la seconda, pur rappresentando le esigenze di conoscenza dell uomo, spesso, si confronta con i limiti che derivano dalla sua applicazione. Più precisamente, la realizzazione della conoscenza scientifica si misura con il valore costituzionalmente garantito della persona e si intreccia alle problematiche che l etica e il diritto pongono soprattutto sul sentiero 10 L art. 33, comma 1, Cost. stabilisce: L arte e la scienza sono libere e libero ne è l insegnamento. 11 Sul concetto di libertà della scienza, utile è il riferimento a A. BALDASSARRE, Libertà, in Enc. giur. Treccani, Vol. XIX, Roma, 190, p. 20. Per un analisi del principio di libertà di scienza, sui contenuti e limiti della stessa sulla sua autonomia dal principio di libertà di pensiero, cfr. A. MURA, in Comm. Cost., a cura di G. Branca, sub artt 33 e 34 Cost., Roma-Bologna, p. 210 e ss. 18

19 della applicazione tecnologica, quando questa porti a risultati scientificamente apprezzabili; a volte, degradando l uomo a mero oggetto della ricerca, negandolo come valore. 12 Tale eventualità, pur essendo conseguita mediante l esercizio di una libertà costituzionalmente garantita, sarebbe evidentemente in contrasto con il fondamento dell intero ordinamento vigente, dato che esso esprime la salvaguardia e la promozione della persona. 13 Pertanto, all interno di un sistema moderno, che privilegia l aspetto esistenziale rispetto a quello patrimoniale 14, le scelte dell ordinamento, con riguardo al progresso della ricerca scientifica, della sperimentazione e sua applicazione, non possono sottrarsi ad un giudizio di valore. 12 Sulla libertà della ricerca e della scienza e la sua promozione come ufficio dello Stato persona, v. E. SPAGNA MUSSO, Lo Stato di cultura nella Costituzione italiana, Napoli, 1961, e LABRIOLA, Libertà della scienza e promozione della ricerca, Padova, 1999, nonché M. NIGRO, Lo Stato italiano e la ricerca scientifica, in Riv. Trim. dir. Pubbl., 1972, pag. 740 ss. Ma anche F. MERLONI, Autonomia e libertà nel sistema della ricerca scientifica, Milano, 1990. 13 Sul principio personalista, nella dottrina costituzionale, v. C. MORTATI, Costituzione, (Dottrine generali), in Enc. d. Dir., XI, Milano, Giuffré, 1972, p. 136 ss; E. GRASSI, Introduzione allo studio dei diritti fondamentali, Padova, 1972; P. PERLINGIERI, La persona e i suoi diritti, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2005. 14 L art 29 dello Statuto Albertino del 1848 dichiarava inviolabili, tutte le proprietà, senza alcuna eccezione e altre costituzioni dell epoca ne sancivano addirittura il carattere sacro. Il fondamento dell intera organizzazione sociale era rappresentato dall istituto della proprietà, la quale era la manifestazione più significativa della libertà di ciascuno. Essa, infatti, consentiva l accesso ai diritti politici e lo stesso diritto di voto era strettamente legato al possesso di un determinato censo. Nella formula dello Statuto, quindi taluno riteneva di trovare conferma alla tesi per cui la proprietà privata, in quanto espressione della libertà dell individuo, sarebbe un diritto innato, di natura, che i poteri pubblici possono soltanto eccezionalmente comprimere, ma sempre rispettandone la priorità rispetto alla stessa organizzazione dello Stato, A. TORRENTE, P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, XII ed., Milano, Giuffrè, 1985. Anche nel codice civile del 1942, si sancisce che Nessuno può essere privato in tutto o in parte dei beni di sua proprietà (art. 834), ma l idea stessa di proprietà muta profondamente con la Costituzione del 1948, poiché essa non è più dichiarata inviolabile o intangibile tanto che di essa non se ne fa riferimento alcuno nelle norme dedicate ai principi fondamentali (artt. 1-12), i quali, invece, esaltano la tutela dell uomo e le manifestazioni della sua personalità in tutte le sue forme. 19