Flussi migratori da e verso la Libia. Gestione e protezione

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Transcript:

15-16 Giugno 2018 Catania, Palazzo della Cultura Sessione 1: Le migrazioni nel Mediterraneo centrale. Riflessioni, esperienze, scenari Flussi migratori da e verso la Libia. Gestione e protezione Federico Soda Direttore, Ufficio di Coordinamento per il Mediterraneo Capo Missione in Italia e a Malta Rappresentante presso la Santa Sede Partendo dalle riflessioni e dalle proposte dell intervento precedente di Guido Bolaffi, che faceva riferimento a uno studio di un istituto di ricerca degli Stati Uniti sul rapporto tra migrazioni e PIL, devo osservare che, in effetti, l Africa occidentale, dalla quale proviene una buona parte dei migranti che giungono in Europa, ha la maggiore concentrazione di Paesi poveri e al contempo con i più alti tassi di natalità. E nonostante si tratti di Paesi molto poveri, coloro i quali migrano in Europa provengono non dagli strati più poveri di quelle popolazioni, ma dalla classe media. Sono loro ad avere maggiori informazioni e risorse economiche da investire nel viaggio. Come abbiamo ricavato da migliaia di interviste condotte in Italia dall OIM, gli stessi migranti provengono da Paesi che hanno spesso tassi molto bassi di disoccupazione (7 8%) e non sono disoccupati nei Pasei di origine, ma, venendo in Europa, cercano maggiori opportunità e migliori condizioni di vita. In questo contesto, la Libia continua ad essere un paese di destinazione per i migranti, soprattutto per quelli provenienti dall Africa occidentale e anche da altre nazionalità che vengono da più lontano. Può sembrare strano, ma prima della primavera araba c erano circa 1,4 milioni di migranti in Libia provenienti dall Africa, dall Asia e dall Europa. Oggi le stime dell OIM sono che circa 700.000 migranti sono presenti in Libia e non è corretto pensare che siano tutti lì per raggiungere l Italia e l Europa. 1

Per esempio, circa il 17% sono egiziani e circa il 15% nigerini. Si tratta di due nazionalità che non sono tra quelle più alte registrate ai punti di sbarco in Italia e che insieme rappresentano più di un terzo dei migranti in Libia. Questi migranti fanno parte di importanti flussi migratori intra Africani che sono molto più ingenti di quelli verso l Europa. Anche i giovani dall Africa occidentale che si trovano in Libia si sono spostati verso tale paese principalmente in cerca di opportunità di lavoro. Questa migrazione verso la Libia è facilitata anche dal fatto che nella regione ECOWAS (Comunità economica dell Africa Occidentale) c è il libero movimento di persone e quindi è possibile muoversi dal Senegal al Niger semplicemente con una carta d identità. La situazione in Libia è sicuramento molto difficile. C è molta instabilità e mancanza di sicurezza, ma esistono anche zone abbastanza sicure che permettono ai migranti di trattenersi e lavorare. Anche quelli che raggiungono l Italia spesso ci raccontano di essersi fermati in Libia mesi o anni. La situazione è comunque instabile, pericolosa e imprevedibile e per tanti di questi migranti il progetto migratorio diventa un vero incubo quando si trovano in aree di conflitto, oppure sfruttati, abusati, violentati e detenuti non solo nei centri ufficiali, ma anche in centri clandestini. Spesso ci riferiamo a questi luoghi come a campi, ma in realtà sono centri di detenzione chiusi più simili a prigioni che luoghi di accoglienza, dove uomini, donne e bambini vivono insieme in condizioni sovraffollate, con condizioni igieniche inaccettabili, e sono soggetti a violenze ed estorsioni per poter uscire dai centri. Attualmente ci sono circa 30 centri ufficiali con una popolazione totale di circa 7.000 persone e non sappiamo quanti altri luoghi ci possano essere in Libia dove i migranti vengono detenuti. L OIM ha accesso a una buona parte di questi centri, ma non ha l autorità di monitorarne le condizioni. L OIM svolge invece due attività principali. 1. Assistenza umanitaria per rendere le condizioni di questi centri un po meno insopportabili. La posizione dell organizzazione è che i centri debbano essere eliminati e debbano essere trovate alternative più umane. 2

2. Assistenza attraverso il rimpatrio volontario umanitario per rientrare nei paesi d origine. Nel 2017 l OIM ha assistito quasi 20.000 migranti a tornare nel loro paese d origine. Nel 2018 sono già oltre 8.000. Queste sono persone che piuttosto che tentare l attraversata hanno deciso di tornare indietro. Inoltre l Organizzazione ha attività di accoglienza e rimpatrio umanitario dal Niger, da dove dal 2017 sono stati rimpatriati volontariamente circa 15.500 persone che erano migranti in transito verso le Libia. La situazione in Libia è molto complicata. L analisi dei flussi anche. Di solito ci sono più fattori che determinano l andamento dei flussi ed è quindi difficile spiegare con certezza i cambiamenti che abbiamo osservato negli ultimi mesi. Innanzitutto per analizzare i flussi bisogna considerare non solo gli arrivi in Italia, ma anche le partenze dalla Libia. Nel 2017 sono state registrate circa 120.000 persone ai punti di sbarco in Italia. In più la Guardia Costiera Libica ha realizzato circa 20.000 soccorsi. Considerando anche la stima dell OIM che circa 3.500 persone sono morte o disperse, il numero complessivo delle partenze dalla Libia, e quindi i tentativi di traversare il Mediterraneo, è di quasi 145.000 persone. Nel 2018, il quadro è un po diverso con un notevole calo sia negli arrivi in Italia che per le partenze dalla Libia. Ad oggi sono arrivati in Italia 15.445 migranti, (Libia + Tunisia + altro), mentre le partenze dalla Libia arrivano a circa 17.700 persone (10.769 arrivi in Italia dalla Libia + circa 6.900 soccorsi da Guardia Costiera libica). Le ragioni per queste riduzioni non sono immediatamente evidenti, considerando anche che meno migranti stanno entrando in Libia dai paesi limitrofi. Sicuramente anche gli sforzi italiani ed europei hanno avuto un impatto sul rafforzamento dei controlli sia al nord che al sud della Libia, inclusa la collaborazione con la Guardia Costiera libica, la quale ha soccorso più di 28.000 persone in un anno e mezzo, e che sappiamo che, quando essa non è operativa, le partenze aumentano. 3

Nell ultimo anno e mezzo l Italia si è impegnata molto anche a stabilizzare zone instabili, per esempio cercando di stabilire accordi di pace tra tribù regionali in conflitto, con l obiettivo di fare riprendere le attività economiche e cercando di tornare alla normalità e alla stabilità. L Italia è anche riuscita ad agevolare questi accordi, che rimangono però deboli e da qualche mese il conflitto tra queste tribù è ricominciato dimostrando quanto è difficile e complicata la situazione anche solo in un contesto regionale in Libia. Rimane da vedere se una situazione di instabilità in questa parte della Libia contribuirà ad un aumento di transiti e di traffico di esseri umani verso il nord, dove la situazione è molto più pericolosa e dove molti migranti non riescono e non possono trattenersi. Questo non significa che le operazioni di soccorso siano un così detto pool factor e la realtà probabilmente è che quelli che partono fuggono da una pericolosa crisi. La situazione rimane comunque molto instabile e fluida e questa instabilità nel paese si manifesta anche nei flussi migratori. Infatti, i flussi che osserviamo oggi sono in gran parte causati dall instabilità per due ragioni. La prima è la mancanza di un governo centrale che riesca a controllare tutto il territorio ed i confini. La seconda è la mancanza di sicurezza per coloro che sono in Libia, perché più sicurezza permetterebbe alle persone per cui la Libia era la destinazione finale nel loro progetto migratorio, di rimanere e lavorare e quindi ridurre ulteriormente le partenze. Sono queste le stesse ragioni per cui è impossibile respingere o rimpatriare verso la Libia i migranti intercettati in acque internazionali e, dato che le partenze continuano, in assenza di un intervento governativo di soccorso e salvataggio nel Mediterraneo centrale, per ridurre i morti in mare si sono fatte avanti le ONG che riempiono un vuoto creato dalla mancanza di un impegno governativo per ridurre le morti in mare. Infatti, le ONG non erano presenti nel 2014 durante l operazione della Marina Militare Italiana Mare Nostrum e sono arrivate sulla scena all inizio del 2015 in seguito a una serie di naufragi molto gravi in cui sono scomparse centinaia e centinaia di persone. In particolare, nei primi 5 mesi del 2015 i morti furono 1.759. In questi anni, il Mediterraneo è la regione più pericolosa al mondo per i migranti e, secondo i dati dell OIM, dal 2015 sono morte e scomparse più di 11.000 persone. 4

La soluzione a questa grave e pericolosa situazione non si troverà rafforzando o riducendo i soccorsi in mare. Questi interventi sono esclusivamente umanitari e necessari a causa di una mancanza di politiche migratorie e di asilo europee che riconoscano la realtà della geografia europea e delle frontiere esterne, che saranno sempre soggette a pressioni migratorie irregolari, sia per quello che riguarda il Mediterraneo, ma ugualmente le frontiere terrestri dell est. A medio e lungo termine queste politiche sono nell interesse di tutti, particolarmente quando consideriamo le realtà demografiche sia in Europa che in Africa realtà diciamo opposte -, le pressioni causate dai cambiamenti ambientali, le fortissime disuguaglianze economiche e le guerre a cui è sempre più difficile trovare soluzioni. 5