La ceramica comune fra fine VI e X sec. a Brescia, nei siti di casa Pallaveri, palazzo Martinengo Cesaresco e piazza Labus

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Angela Guglielmetti 9 La ceramica comune fra fine VI e X sec. a Brescia, nei siti di casa Pallaveri, palazzo Martinengo Cesaresco e piazza Labus Nell intervento, complementare a quello sui manufatti del monastero di S.Giulia, verrà presentata una selezione di materiali in ceramica comune restituiti da alcuni siti localizzati all interno della città altomedievale 1 e in corrispondenza di edifici pubblici di età flavia che, come noto, avevano assunto nell altomedievo ben diversa destinazione 2. Tutti i siti sono stati indagati stratigraficamente dalla Soprintendenza Archeologica della Lombardia fra il 1988 e il 1995. Lo scavo che ha fornito i dati più interessanti è sicuramente quello eseguito a casa Pallaveri, immediatamente sopra il portico ovest del C a p i t o l i u m, dove la sequenza degli eventi fra VI e X sec. è molto articolata e scandita da riferimenti cronologici assoluti, così come di riflesso quella dei manufatti in ceramica comune, ben attestati. A ridosso del santuario capitolino, in parziale rovina, si impiantarono attività artigianali (una struttura è datata con termoluminescenza 592 +/-160), mentre più ad ovest, al di là del sopravvissuto porticato ovest del C a p i t o l i u m, erano ubicate abitazioni con strutture in legno e focolari. Successive le opere relative al ripristino, nel 761, del ramo urbano dell acquedotto proveniente da Mompiano, ed un intensa attività edilizia, con l individuazione di almeno quattro fasi di edifici, che si chiude nel 1090 +/- 61 (datazione con termoluminescenza dell ultimo f o c o l a r e ). Le indagini eseguite fra il 1994/95 in un vano cantinato di palazzo Martinengo Cesaresco, hanno documentato il riuso di una delle tabernae romane prospicienti il portico occidentale del Foro, protrattosi sino ad età bassomedievale; tra i manufatti, è scarsissima la ceramica longobarda mentre sono meglio documentati manufatti di fine VII - VIII sec. e oltre. Infine lo scavo eseguito a piazza Labus all interno e a Sud della Basilica, unico monumento romano parzialmente sopravvissuto in alzato sino ai nostri giorni, pur documentando una sequenza stratigrafica articolata per l altomedievo, ha restituito manufatti in ceramica comune da riferire all VIII - X sec., mentre sono assenti reperti dei secoli immediatamente precedenti 3. Verranno presentati i dati riconducibili a due diversi ambiti cronologici, la fine del VI e l VIII-X sec. d.c., che offrono spunti a problematiche differenti: circa la valutazione dell estensione, localizzazione e ripartizione funzionale dell insediamento longobardo, e sull evoluzione della città dall età carolingia. Il primo nucleo è ben caratterizzato ed esemplificato da un numero statisticamente significativo di vasi che più circostanze hanno permesso di riferire alla produzione di un laboratorio urbano di artigiani l o n g o b a r d i 4. Di questo verranno presentati alcuni dati quantitativi, descritte le forme, accennando alle altre aree della città che hanno restituito esemplari s i m i l i. Il secondo gruppo di recipienti è rappresentato quasi esclusivamente da grossi coperchi da fuoco, rinvenuti per la maggior parte negli scavi di piazza Labus e palazzo Martinengo, e da scarsi esemplari simili ritrovati nei depositi dello scavo del C a p i t o l i u m immediatamente successivi all interro dell acquedotto del 761. Anche di questi manufatti, la cui definizione si sta delineando in via preliminare, verrà data descrizione degli impasti e delle morfologie. Ceramica di produzione longobarda dall area del Capitolium Sono testimonianza delle attività artigianali impiantate nell area del Capitolium due fornetti per la cottura della ceramica, abbandonati ed obliterati in antico e interrati con materiale vario, elementi disarticolati delle due strutture, macerie e molta ceramica comune e stralucida longobarda in frantumi. I caratteri uniformi della ceramica comune, le consonanze con la stralucida e la datazione con termoluminescenza al 592 +/-160 di uno dei fornetti hanno costituito pertanto i presupposti dello studio intrapreso. A ciò si aggiunge che i contesti di provenienza dei manufatti, 1 BROGIOLO 1993, p.86. 2 I dati che verranno presentati sono frutto di uno studio connesso alla redazione della carta archeologica della città. 3 Aggiornamento della sequenza altomedievale documentata a Brescia sulla base di questi ultimi scavi si veda in BROGIOLO 1996, in corso di stampa. 4 Per una presentazione dettagliata delle forme ceramiche e delle strutture produttive si rimanda a GUGLIELMETTI 1996, in corso di stampa.

10 LE CERAMICHE ALTOMEDIEVALI (FINE VI - X SECOLO) IN ITALIA SETTENTRIONALE: PRODUZIONE E COMMERCI includendo anche le sequenze abitative ubicate a W ed in fase con i forni, sono sicuramente anteriori alla costruzione dell acquedotto altomedievale e rientrano nel comparto urbano che Brogiolo ha riferito all insediamento di un gruppo di cultura longobarda 5. Per lo studio è stata estrapolata la ceramica comune dai contesti che la sequenza stratigrafica e la presenza del fossile guida per l età longobarda, la stralucida, indicavano come pertinenti all insediamento longobardo, procedendo poi ad un riesame di tutti i reperti, anche del materiale residuo, una volta individuate le forme e le associazioni. ll 95 % della ceramica è stata recuperata da piani d uso e buche connessi ai due forni, di un volume globale non superiore ai 4/4,5 mc. Le caratteristiche tecniche di lavorazione e di cottura e le affinità mineralogiche fra i manufatti in ceramica comune e stralucida hanno permesso di ipotizzare la loro appartenenza ad un unica produzione che include, oltre ad un ampia gamma di recipienti lucidati e punzonati 6, un completo repertorio di forme in ceramica comune: ollette, brocche e coperchi. I recipienti si caratterizzano per la loro discreta qualità, sono ben plasmati al tornio veloce, con pareti sottili (sino a 3/4 mm) dalla frattura netta e dal timbro sonoro. Sono di colore grigio, grigio-nero o beige rossastro, cotti in atmosfera riducente con frequenti aloni di annerimento e cotture irregolari in frattura. Tali caratteri si conciliano con le caratteristiche dei due forni, il meglio conservato dei quali, presentava ancora l imbocco del praefurnium tamponato da laterizi. Negli impasti, il livello di depurazione, la porosità della massa di fondo e la frequenza degli inclusi paiono connessi alla destinazione d uso dei manufatti. Recipienti in ceramica stralucida, insieme ad altri in ceramica comune destinati a contenere liquidi ed ai coperchi di piccole e medie dimensioni, impiegano impasti ben depurati e fini, molto micacei con caratteri che all osservazione macroscopica si rivelano simili a quelli noti per la ceramica stralucida di Milano e Sirmione e ovviamente di Brescia S.Giulia 7. Olle, grossi recipienti per liquidi e coperchi da fuoco hanno impasti con inclusi di dimensioni e frequenza maggiori, spesso con l aggiunta di chamotte. Per questi materiali è proposta una datazione all ultimo trentennio del VI sec. sulla base dei dati di scavo e, per la ceramica stralucida, di puntuali confronti con il vasellame ritrovato nelle zone occupate dai Longobardi prima della venuta in Italia, in Ungheria, e successivamente a Cividale, Gallo e Giudaica e molto più ad ovest in Piemonte, a Borgovercelli e Testona 8. La ceramica stralucida costituisce il 22% del vasellame ritrovato, con forme prevalentemente destinate a contenere liquidi: bottiglie, bicchieri e alcune brocche a corpo espanso (24/26 esemplari in totale) (tav. I, 1). Un frammento di impugnatura costolata riferibile ad una lucerna su alto piede di un tipo che nelle invetriate è noto a Carlino e a Brescia è già attestato fra i materiali dello scavo di via A. M a r i o 9, mentre un altro recipiente nuovo al repertorio della stralucida è quello cui si riferisce una parete ornata da tre bugne impresse con il polpastello dall interno del vaso (tav. I, 2-3). I manufatti risultano ornati da stampigliature geometriche disposte su più ordini, steccature a stralucido, linee incise a punta, motivi che negli esemplari esaminati non si ripetono mai uguali. Nella ceramica comune la forma meglio rappresentata è l o l l a (pari al 58%, frr. 131, gr. 1750). La maggior parte degli esemplari ha dimensioni modeste, comprese fra i 12 e i 20 cm, corpo globulare con spalla obliqua, a volte ansato (tav. I, 4-8). Non sembra che la forma degli orli che ritroviamo con sezione rettangolare, triangolare o a mandorla possa essere considerata un elemento caratterizzante: le loro variazioni sembrano dettate più dal caso che da un intento diversificatore. Le olle con pareti sottili e sonanti impiegano un impasto ricco di calcare, spesso affiorante in superficie, lo stesso utilizzato nei contenitori per liquidi, altre, dalle pareti più spesse e colorazione bruno rossastra, un secondo impasto più compatto e duro con chamotte in grani fini, utilizzato anche per i coperchi da fuoco. Fra i contenitori per liquidi(20% della ceramica comune, frr. 40, gr. 800) doveva esistere una discreta varietà nelle forme e nelle dimensioni. Riusciamo a figurare la morfologia di un primo insieme di questi recipienti, simili ad anforotti e con dimensioni vicine ai 30-40 cm (tav. I, 9-12) sul cui labbro, o a volte a metà altezza del collo, si impostano le anse. Molto caratteristica la decorazione della spalla segnata da una o più linee ondulate incise a punta, alternate a motivo di linee sovrapposte orizzontali. Sono da attribuire alla stessa produzione 6 esemplari di c o p e r c h i riconducibili a quattro forme diverse, molto semplici: a tesa leggermente arcuata e labbro rialzato (tav. I, 13), a tesa obliqua ingrossata e rialzata, a calotta carenata e labbro leggermente estroflesso (tav. I, 14) ad arco ribassato e labbro distinto internamente. 5 BROGIOLO 1993, pp.85-96 6 L ipotesi della possibile esistenza di un laboratorio per la produzione di ceramica stralucida in area bresciana era già stata avanzata da Von Hessen nel 1968. VON HESSEN 1968. 7 I campioni sono stati osservati al microscopio a luce polarizzata dal dott.bugini del centro Gino Bozza del Politecnico di Milano, nell impossibilità di attendere analisi più specifiche e comparate con i materiali di Brescia S.Giulia, programmate originariamente. Per gli impasti milanesi si vedano GUGLIELMETTI et al. 1991, p. 213 e SFRECOLA 1991, pp. 372-376. I materiali di Sirmione, grotte di Catullo, sono attualmente in corso di studio da chi scrive. 8 I LONGOBARDI 1990, p. 34, I.13 e p. 216, IV.113, IV.119. Anche nel corso del presente seminario è stato possibile riscontrare alcune corrispondenze all osservazione macroscopica fra gli impasti della ceramica stralucida e comune di Brescia e quelli di alcuni manufatti di ambito piemontese. Cfr. Infra PANTO. 9 BERTACCHI 1976, figg.8-9; BROGIOLO 1988, p.101, forma 11.

Angela Guglielmetti 11 I n f i n e sono stati documentati 33 frr. (gr. 600) di coperchi da fuoco, una tipologia di recipienti che riprese grande diffusione nei contesti rurali e urbani dell area padana a partire dalla fine del V sec. (tav. II, 1 5-1 6). Ne risultano caratteristici lo spessore molto sottile delle pareti e del listello (sino a 4 mm), l assenza di decorazioni o di particolari trattamenti delle superfici (lisciature a tornio, rifiniture a stuoia), mentre caratteri quali la forma e l ampiezza della vasca sono uniformi al tipo. Su nessuno dei recipienti è stato trovato foro di sfiato. La ceramica invetriata rinvenuta nei depositi in fase con i fornetti si limita a pochissimi esemplari. Una parete è pertinente ad una grossa olla, mentre più frammenti sono riconducibili a piccoli boccali ad orlo estroflesso di tipi già noti a S.Giulia 10. Alcune pareti utilizzano un impasto polveroso e grigio con caratteristiche mineropetrografiche e aspetto analoghi a quelle della ceramica stralucida, tali da far supporre la loro appartenenza alla produzione in esame. Infine ceramica comune e stralucida con le stesse forme ed impasti è stata ritrovata negli scavi del monastero di S. Giulia 1 1 e di vicolo Deserto. La stessa è scarsamente attestata a sud del decumano massimo negli scavi eseguiti a palazzo Martinengo, mentre è numerosa in via Trieste, in prossimità della basilica paleocristiana e documentata da pochi esemplari in via Paganora 1 2. Ceramica comune di VIII-X sec. I contesti altomedievali degli scavi presso palazzo Martinengo e piazza Labus hanno restituito altri tipi di manufatti in ceramica comune. Alcuni di questi recipienti sono documentati nell area del C a p i t o l i u m nelle sequenze abitative che si sovrapposero alla costruzione dell acquedotto altomedievale del 761. Come già rilevato per altri siti di area padana e per lo stesso ambito cronologico, si nota l associazione con moltissima pietra ollare e, per la ceramica comune, la quasi esclusiva presenza di coperchi da fuoco. Tale circostanza, che nel caso dello scavo di palazzo Martinengo potrebbe essere connessa alla destinazione artigianale dell area, dovrà essere analizzata su una campionatura più ampia di siti ed esemplari. I recipienti sono stati ordinati sulla base della divisione degli impasti, criterio che in linea di massima è risultato corrispondere all ordinamento secondo la morfologia degli orli. Un primo insieme raccoglie 28 frr. di coperchi (tav. II, 19-21) dall impasto marrone nerastro a inclusi fini e molto frequenti di quarzo e calcare, con rari grani di chamotte. All osservazione macroscopica si riscontrano notevoli affinità con paste che a Milano sono state documentate per recipienti da fuoco, in età romana (olle e tegami) e poi tardoantica (grosse olle da fuoco) 1 3, a conferma della sicura connessione fra composizione degli impasti e destinazione d uso dei manufatti e della continuità con cui si trasmisero identiche tecnologie. I recipienti hanno vasca obliqua un poco arrotondata e sommità appiattita sulla quale probabilmente si impostava il maniglione prensile; presentano orlo estroflesso a profilo rettangolare più o meno sviluppato e a volte distinto esternamente, con listelli abbastanza sviluppati ed impostati in obliquo con profilo squadrato. L esterno presenta evidenti linee orizzontali della lisciatura a tornio, cui si sovrappongono rifiniture a stuoia molto irregolari, ma che potrebbero essere di intento decorativo, rese con una stecca a più punte. All interno è sempre presente il tipico trattamento a stuoia. Nello scavo del Capitolium i manufatti sono stati ritrovati nella seconda e terza fase degli edifici posti sopra l interro dell acquedotto, a palazzo Martinengo nell edificio in muratura impiantatosi sulla t a b e r n a. Una loro collocazione fra VIII e X sec. perciò pare attendibile. Adottano lo stesso impasto anche 4 esemplari dall orlo semplice e appiattito (tav. II, 22) le cui pareti sono vistosamente segnate da lisciature a tornio e da rifiniture verticali e orizzontali. I recipienti sono in evidente relazione con i catini a pareti troncoconiche leggermente arrotondate noti a S.Giulia in contesti di X e XI sec 1 4, la cui datazione è possibile alzare sulla base dei dati stratigrafici relativi ai nuovi esemplari. È esemplificato da un recipiente quasi completo un terzo tipo di coperchi da fuoco. Ha orlo ingrossato ed appiattito inferiormente e distinto all interno o in altri casi a sezione triangolare con superfici segnate da sottili linee della lavorazione a tornio, mentre al suo interno, in corrispondenza del listello appuntito e sfuggente, si riconoscono le ditate lasciate nel corso della modellazione (tav. II, 17-18). Il loro impasto è di colore marrone rossastro, compatto e fine, con inclusi fini e medi di quarzo, calcare e rocce metamorfiche oltre a piccoli grani di chamotte. A palazzo Martinengo, oltre che in associazione con i coperchi di tipo 1, si ritrova anche nei depositi che sigillano i contesti di età longobarda. Questi dati insieme agli spessori ridotti delle pareti e all assenza di particolari trattamenti delle superfici, fanno pensare ad una derivazione dei coperchi di terzo tipo da esemplari di età longobarda e fanno proporre una loro datazione alla fine del VII - VIII sec. (Angela Guglielmetti) 10 BROGIOLO 1992, p. 209, Tav. III,19 e 23. 11 Cfr. supra e MASSA, PORTULANO 1990, pp. 111-120. 1 2 Presentazione più analitica dei manufatti si veda in GUGLIELMETTI 1996, in corso di stampa. 13 GUGLIELMETTI, LECCA BISHOP, RAGAZZI, 1991. 14 BROGIOLO, GELICHI 1986, p. 300, tipo 1.

12 LE CERAMICHE ALTOMEDIEVALI (FINE VI - X SECOLO) IN ITALIA SETTENTRIONALE: PRODUZIONE E COMMERCI 2 1 3 9 4 10 5 11 6 12 7 13 8 14 TAV. I - Ceramica di produzione longobarda da Brescia, area del Capitolium (scala 1:3).

Angela Guglielmetti 13 15 16 17 18 19 20 21 22 TAV. II - Ceramica di produzione longobarda (15 e 16) da Brescia, area del Capitolium. Ceramica comune (17-22) di VIII-X sec. da Brescia, palazzo Martinengo Cesaresco e piazza Labus (scala 1:3).

14 LE CERAMICHE ALTOMEDIEVALI (FINE VI - X SECOLO) IN ITALIA SETTENTRIONALE: PRODUZIONE E COMMERCI BIBLIOGRAFIA L. BERTACCHI 1976, La ceramica invetriata di Carlino, Aquileia nostra, XLVII, pp.181-194. G.P. BROGIOLO 1988, Invetriata tardoantica-altomedievale, in Ricerche su Brescia altomedievale, vol.1, Lo scavo di via Alberto Mario, Brescia, pp.99-102. G.P. BROGIOLO 1992, La ceramica invetriata dallo scavo di Brescia S.Giulia Ortaglia 1987, in La ceramica inve - triata tardoantica e altomedievale in Italia, a cura di Lidia Paroli, atti del Seminario. Certosa di Pontignano (Siena), 23-24 febbraio 1990, pp. 200-213. G.P. BROGIOLO 1993, Brescia altomedievale, urbanistica ed edilizia dal IV al IX secolo, Mantova. G.P. BROGIOLO 1996, Considerazioni sulle sequenze altome - dievali nella zona monumentale della città romana, in Archeologia e città, Modena, in corso di stampa. G.P. BROGIOLO, C. CAZORZI 1982, La ceramica grezza bas - somedievale nel bresciano. Nota preliminare, Archeologia Medievale, IX, pp. 217-226. G.P. BROGIOLO, S. GELICHI 1986, La ceramica grezza medievale nella pianura padana, Atti III conv. inter. La ceramica medievale nel Mediterraneo occi - dentale, Siena-Faenza 1984, Firenze, pp. 293-316. A. GUGLIELMETTI, L. LECCA BISHOP, L. RAGAZZI 1991, La ceramica comune, in Scavi MM3, Ricerche di archeologia urbana a Milano durante la costruzione della linea 3 della Metropolitana 1982-1990, I reper - ti, a cura di D.Caporusso, Milano, pp. 133-238. A. GUGLIELMETTI 1996, Strutture produttive e ceramica lon - gobarda dall area del Capitolium, in Archeologia e città, Modena, in corso di stampa. I LONGOBARDI, 1990, Catalogo mostra, Milano. S. MASSA, B. PORTULANO 1990, Brescia, S.Giulia, Scavo 1986 (Ortaglia, settore y2) Dati preliminari sulla ceramica comune: V-VII secolo, Archeologia Medievale, XVII, pp. 111-120. I. S. SFRECOLA 1991, Analisi mineralogiche, in Scavi MM3, Ricerche di archeologia urbana a Milano durante la costruzione della linea 3 della Metropolitana 1982-1990, I reperti, a cura di D.Caporusso, Milano, pp. 372-376. O. von HESSEN 1968, Die langobardische Keramik aus Italien, Wiesbaden.