Cassazione penale, sezioni Unite, sentenza 9 novembre 2018, n. 51063 Conformi: Cass. pen. sez. VI, sentenza 10 ottobre 2017, n. 46495; Cass. pen. sez. VI, sentenza 27 marzo 2017, n. 14882. Difformi: Cass. pen. sez. IV, sentenza 13 febbraio 2017, n. 6624; Cass. pen. sez. III, sentenza 22 giugno 2015, n. 26205. La pronuncia resa dalla Suprema Corte a Sezioni Unite in data 9 novembre 2018 affronta e risolve una annosa questione in tema di sostanze stupefacenti. In particolare, ci si è chiesti se la diversità di sostanze stupefacenti, oggetto della condotta, non sia di per sé ostativa alla configurabilità del reato di cui all'art. 73, comma 5, d.p.r. n. 309 del 1990. Il caso, giunto all attenzione del Supremo Consesso della giurisprudenza di legittimità, occasionava dalla condanna dell imputato per il reato di cui agli artt. 81, cpv., c.p., 73, commi 1 e 4, d.p.r. n. 309 del 1990, per la quale veniva esclusa la configurabilità della lieve entità del fatto. Tale esclusione veniva motivata proprio attraverso la valorizzazione della diversa tipologia e quantità della sostanza stupefacente. In particolare, venivano passate in rassegna i principali indirizzi in materia: ebbene, la tesi tradizionale sosteneva che la detenzione di sostanze stupefacenti di differente tipologia impedisse radicalmente la possibilità di prospettare, a favore dell imputato, una ipotesi di fatto di lieve entità, ciò a prescindere dal dato quantitativo. In particolare, tale assunto troverebbe giustificazione proprio nella maggiore capacità del soggetto agente di procurarsi sostanze tra loro eterogenee, attraverso un suo significativo inserimento nel contesto criminale dedito al traffico di stupefacenti. Un più recente indirizzo esclude che il solo dato della diversità della sostanza stupefacente, oggetto della condotta, possa di per sé implicare la non configurabilità di una ipotesi di lieve entità. Altro punto controverso ha avuto riguardo alla configurabilità di un concorso di reato tra le fattispecie di cui al comma quinto dell'art. 73 con uno di quelli previsti dai commi primo o quarto del medesimo articolo, in caso di detenzione di sostanze stupefacenti che non appartengono alla stessa tabella. Infatti, l imputato lamentava non solo la mancata qualificazione del fatto in termini di lieve entità ai sensi dell'art. 73, comma 5, d.p.r. n. 309 del 1990, ma anche il fatto che i giudici non avessero ravvisato l esistenza né di una ipotesi di concorso formale né di continuazione tra reati. Per dirimere il nodo interpretativo, la questione de qua veniva rimessa al vaglio delle Sezioni Unite le quali ponevano, innanzitutto, l accento sulle modifiche legislative intervenute ad opera del D.L. 23 dicembre 2013 n. 146, convertito dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, il cui art. 2 ha innovato il testo del comma 5 dell'art. 73, d.p.r. n. 309 del 1990 (successivamente riformulato dall'art. 1, comma 24-ter, lett. a), legge 16 maggio 2014, n. 79). In particolare, la fattispecie de qua è stata trasformata da attenuante ad effetto speciale a titolo autonomo di reato, conservando, però, la sua funzione di individuare quei fatti che si caratterizzano per una ridotta
offensività, allo scopo di sottrarli al severo regime sanzionatorio previsto dalle altre norme incriminatrici contenute nell'art. 73 T.U. stupefacenti. Per siffatta ragione, risultano pienamente applicabili gli arresti giurisprudenziali volti a chiarire che la lieve entità del fatto può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, la quale può essere dedotta attraverso dati qualitativi e quantitativi. Pertanto, è necessario procedere ad una valutazione case by case, non potendo l imputazione penale basarsi su di automatismi aprioristici. Ciò risulterebbe confermato anche dal dato testuale del comma 5 dell art. 73 del T.U. stupefacenti laddove il legislatore omette di stabilire un ordine gerarchico tra gli indici menzionati per determinare l offensività della condotta, sottintendendo la necessità di una valutazione casistica. Sulla scorta di quanto detto, le Sezioni Unite criticano l impostazione tradizionale volta ad escludere, in presenza di detenzione di differenti sostanze psicotrope, la configurabilità di ipotesi di lieve entità, giungendo ad affermare che: "La diversità di sostanze stupefacenti oggetto della condotta non è di per sé ostativa alla configurabilità del reato di cui all'art. 73, comma 5, d.p.r. n. 309 del 1990, in quanto è necessario procedere ad una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta selezionati in relazione a tutti gli indici sintomatici previsti dalla suddetta disposizione al fine di determinare la lieve entità del fatto". Per ciò che concerne, invece, il quesito circa la configurabilità di un concorso di reati, la Corte chiarisce che la sentenza n. 32 del 2014 resa dalla Corte Costituzionale in ordine alla legittimità delle modifiche apportate al TU dalla Legge Fini Giovanardi, facendo venir meno l equiparazione tra droghe leggere e pesanti, ha contribuito alla riviviscenza dell'originaria disciplina contenuta nell'art. 73. Per siffatta ragione, in presenza di condotte aventi ad oggetto sostanze appartenenti ad un distinto inquadramento tabellare, viene confermato l indirizzo interpretativo favorevole alla configurazione di reati autonomi (eventualmente unificabili ai sensi dell'art. 81 c.p.). Pertanto la Corte, in ordine alla possibilità che la detenzione contestuale di diverse tipologie di stupefacente comunque riconducibile alla fattispecie di cui all'art. 73, comma 5, T.U. stup. possa dare luogo ad una pluralità di reati in concorso formale (o in continuazione) tra loro, ha affermato che il vigente comma 5 dell'art. 73 prevede un trattamento sanzionatorio unico ed indifferenziato in relazione alla tipologia di stupefacente oggetto delle condotte incriminate, così che il legislatore ha ritenuto di confermare l'opzione per il regime sanzionatorio indifferenziato, senza cioè operare riferimento alcuno alla diversa classificazione delle sostanze. In conclusione, le Sezioni Unite risolvono la questione statuendo che : la detenzione nel medesimo contesto di sostanze stupefacenti tabellarmente eterogenee, qualificabile nel suo complesso come fatto di lieve entità ai sensi dell'art. 73, comma 5, del d. P.R. n. 309 del 1990, integra un unico reato e non una pluralità di reati in concorso tra loro. L'art. 73, comma 5, del d.p.r. n. 309 del 1990, così come riformulato dal decreto-legge 20 marzo 2014 (convertito con modificazioni dalla legge 16 maggio 2014, n. 79), prevede un'unica figura di reato, alternativamente integrata dalla consumazione di una delle condotte tipizzate, quale che sia la classificazione tabellare dello stupefacente che ne costituisce l'oggetto.