Caratteristiche Epidemiologiche attuali delle Neoplasie Maligne Pleuro-Polmonari nel Nord Sardegna.

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A.D. MDLXII UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI -------------- DIPARTIMENTO DI MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN MALATTIE DELL'APPARATO RESPIRATORIO Direttore: Prof. Pietro Pirina Caratteristiche Epidemiologiche attuali delle Neoplasie Maligne Pleuro-Polmonari nel Nord Sardegna. RELATORE: Chiar.mo Prof. PIETRO PIRINA Tesi di Laurea: Maria Chiara Biddau Anno Accademico 2014-2015

Indice analitico Epidemiologia Pag. 3 Fattori di rischio Pag. 5 Classificazione istopatologica del carcinoma polmonare Pag. 7 Inibitori della crescita tumorale Pag. 10 Sintomi d'esordio Pag. 11 Metodiche diagnostiche Pag. 12 Metodiche diagnostiche interventistiche Pag. 12 Trattamento Pag. 14 Terapia biologica Chemioterapia in pazienti senza mutazioni "Driver" Terapia chirurgica Materiali e Metodi Pag. 21 Risultati Pag. 21 Considerazioni conclusive Pag. 34 Bibliografia Pag. 36 Caratteristiche Epidemiologiche attuali delle Neoplasie Maligne Pleuro-Polmonari 2

nel Nord Sardegna. Epidemiologia Il carcinoma polmonare rappresenta una delle neoplasie maligne più frequentemente diagnosticata, preceduto dai tumori della prostata tra gli uomini e dal carcinoma della mammella tra le donne. L incidenza e la mortalità per il tumore del polmone stimate in Italia nel periodo 1970-2015 mostrano andamenti differenti tra uomini e donne: in forte riduzione dall inizio degli anni novanta per i primi ed in costante aumento per le seconde. In Italia si stimano, per il 2013, 92 nuovi casi di tumore del polmone ogni 100.000 uomini e 35 nuovi casi ogni 100.000 donne. Il numero totale di nuove diagnosi è stimato pari a 38.460, di cui 27.440 fra gli uomini e 11.020 fra le donne. Il tumore del polmone rappresenta ancora oggi la prima causa di morte tumorale tra gli uomini e nel 2013 sono stati stimati 22.830 decessi. La mortalità nelle donne è molto inferiore ma in costante crescita e nel 2013 le morti stimate per cancro al polmone sono state 8.320. Le tendenze di incidenza e mortalità stimate non sono omogenee sul territorio nazionale. Per gli uomini l incidenza e la mortalità si riducono prima e in maniera più accentuata al Centro-Nord, dove i livelli in passato erano più alti, rispetto al Sud. La più lenta diminuzione al Sud fa sì che negli anni più recenti i livelli più elevati siano stimati per le regioni meridionali. Per le donne invece la situazione è opposta, si stimano andamenti in aumento in tutte le aree italiane con maggiore velocità di crescita e livelli superiori al Centro- Nord rispetto al Sud. Incidenza e mortalità per tumore del polmone nel periodo 1970-2015 sono fortemente differenziate per genere. Negli uomini si osserva, già a partire dagli anni novanta, una forte riduzione sia della mortalità che dell incidenza, rispettivamente da 83 a 45 per 100.000 persone/anno e da 94 a 56 per 100.000 persone/anno tra il 1990 e il 2015. Nelle donne, invece, i livelli di incidenza e mortalità, seppure ancora molto inferiori a quelli degli uomini, sono in costante aumento, con un incremento annuale del 2% per l incidenza e dell 1% per la mortalità dal 1970 al 2015. Questi andamenti riflettono pienamente la forte riduzione della prevalenza di fumatori tra gli uomini (dal 55% al 28% tra il 1970 e il 2011 dati Istat) e il corrispondente incremento tra le donne (dal 12% al 17% circa dati Istat). L andamento 3

della mortalità rispecchia quello dell incidenza, dal momento che la prognosi per il tumore polmonare è estremamente ridotta (la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi non supera il 15%). 4

Inoltre vari studi hanno dimostrato che, oltre al ruolo significativo del fumo di sigaretta, le donne siano più suscettibili allo sviluppo di adenocarcinoma. Questo drammatico incremento epidemiologico è legato, oltre, che alla crescente abitudine al fumo di sigaretta, che si è sviluppata nel secolo scorso, anche ad altri cofattori che possono contribuire all'insorgenza della malattia, come l'inquinamento atmosferico, fattori dietetici, stili di vita, esposizione a radiazioni ionizzanti o a inalanti occupazionali (amianto, arsenico, nichel, cadmio). La maggior parte dei tumori del polmone deriva dai tessuti bronchiali e dalle cellule epiteliali; negli ultimi anni si è verificato un cambiamento di frequenza dei vari istotipi, si osserva infatti una riduzione di frequenza del Carcinoma Squamoso con un aumento di frequenza dell'adenocarcinoma che risulta essere oggi l'istotipo più frequente tra i tumori non a piccole cellule. Fattori di rischio Il fumo di sigaretta rappresenta il fattore di rischio in assoluto più importante. Il carcinoma polmonare colpisce infatti i fumatori nell 85% dei casi. Tuttavia anche nei casi insorti tra i non fumatori non può essere escluso un ruolo patogenetico del fumo: al riguardo è molto difficile valutare nei diversi casi quale sia stata l esposizione al fumo passivo. Quest ultima può essere importante, dal momento che si valuta che sia responsabile di almeno un quarto dei casi insorti in soggetti senza anamnesi di fumo attivo.. Sono state identificate più di 4000 sostanze costituenti il fumo di sigaretta; il tabacco contiene 2550 di queste sostanze, mentre additivi, pesticidi e altri composti organici e 5

metallici costituiscono le restanti. Fra queste sostanze, più di 60 sono cancerogene. Gli elementi radioattivi nel fumo di tabacco includono radon, piombo, bismuto e polonio. Anche l inquinamento atmosferico urbano e industriale svolge un ruolo, seppur certamente molto meno rilevante di quello del fumo di tabacco: infatti soltanto un esigua minoranza dei casi può essere messa in relazione esclusivamente con l inquinamento atmosferico. Per contro è accertato che fumo e inquinamento esercitano un ruolo sinergico. Un importante fattore ambientale è il radon, un gas radioattivo emittente di particelle alfa, prodotto del naturale decadimento dell uranio che, in alcune zone geografiche, è emesso dall acqua, oltre che da materiali da costruzione provenienti da zone sede di emissione: l effetto cancerogeno è accertato nel caso delle esposizioni più intense, come accade nei lavoratori delle miniere, mentre nell ambiente domestico esso sembra esercitare un effetto sinergico con il fumo di tabacco, con modalità simili a quelle citate a proposito dell inquinamento. Un aumentato rischio per lo sviluppo del Carcinoma polmonare si associa inoltre all'esposizione a diversi materiali inorganici corpuscolati e chimici organici prevalentemente in ambito professionale come l asbesto, la silice e gli idrocarburi aromatici policiclici. Il termine asbesto o amianto comprende una varietà di minerali fibrosi, costituiti da silicati, molto usati in diversi settori industriali per le loro proprietà isolanti e ignifughe. Dato il largo uso che ne è stato fatto in questo secolo, sino agli anni recenti, numerose categorie di lavoratori sono risultate professionalmente esposte all inalazione di quantità rilevanti di questo minerale e un numero superiore, mal valutabile, è stato ed è tuttora esposto a quantità minori, ma non insignificanti. L esposizione cronica professionale a elevate concentrazioni di asbesto è responsabile di una pneumopatia interstiziale diffusa, l asbestosi, mentre esposizioni anche di minor entità possono indurre alterazioni pleuriche benigne e maligne. Studi epidemiologici condotti negli anni 60-90 su vari gruppi di esposti hanno dimostrato una significativa associazione tra asbestosi e carcinoma polmonare sia nel sesso maschile che nel sesso femminile e hanno dimostrato un effetto sinergico tra esposizione ad asbesto e fumo di sigarette. Per quanto riguarda, invece, il mesotelioma, neoplasia maligna che deriva dalle cellule mesoteliali del pericardio, del peritoneo e della pleura è generalmente associato all'esposizione all'asbesto, e non esiste una netta relazione dose-risposta, infatti, anche soggetti con esposizione breve possono sviluppare la neoplasia. Il tempo di induzione è di 10-40 anni (media 30 anni) per cui il numero di mesoteliomi è in costante aumento e molti casi si stanno sviluppando in questi ultimi anni. In Italia è stato valutato che la maggior fonte di esposizione sia stata la produzione e l utilizzazione di manufatti in cemento e amianto; segue l industria automobilistica, quella manifatturiera e la tessile. Relativamente di minor importanza qualitativa e quantitativa, anche se tutt altro che trascurabile, appare l esposizione agli addetti all estrazione (peraltro cessata in Italia da alcuni anni) in quanto effettuata da un numero relativamente contenuto di lavoratori, sempre in cave a cielo aperto e con procedure tali da renderla di fatto meno pericolosa delle successive lavorazioni di purificazione o utilizzazione nei differenti processi 6

industriali. Non va poi dimenticata l esposizione di quei lavoratori che, pur non essendo direttamente addetti a mansioni che comportano manipolazione di asbesto, si trovano a operare negli stessi ambienti e subiscono quindi un esposizione indiretta che, seppur di livello più contenuto, non è meno importante ai fini del rischio di contrarre le patologie a essa correlate. All estremo di questa condizione si può ricordare l esposizione, documentata con certezza in ormai non pochi casi, dei familiari dei lavoratori esposti, determinata soprattutto dalla manipolazione di indumenti di lavoro sporchi, tra i quali sono state osservate patologie gravi (mesoteliomi) attribuiti all amianto. Gli idrocarburi aromatici policiclici (IPA) sono un ampio gruppo di composti organici con due o più anelli benzenici. Nell aria indoor si trovano in parte in fase di vapore e in parte adsorbiti su particolato e provengono da fonti di combustione e dal fumo di sigaretta. Gli idrocarburi aromatici policiclici sono un gruppo di sostanze note per la loro genotossicità. Un aumentato rischio per lo sviluppo del Carcinoma polmonare in relazione a tale sostanza si può verificare in varie attività professionali, come nelle fabbriche che producono alluminio, gomma, acciaio, nei forni a carbone con esalazioni di gas o fuliggine. Livelli di IPA nell'atmosfera è considerato probabile cancerogeno e ne sono esposti molti lavoratori, tra i quali ferrovieri, taxisti, portuali e tutti coloro che quotidianamente inalano lo scarico dei fumi diesel. Un' altra sostanza da menzionare è la silice cristallina; è stata dimostrata una stretta associazione di carcinoma polmonare in lavoratori con silicosi ed è stato dimostrato essere indipendente dal fumo di sigaretta. In una pubblicazione del 1996, i membri dell'international Agency for Research on Cancer (IARC) hanno concluso che la silice cristallina inalata sotto forma di quarzo o cristobalite è cancerogena. Classificazione istopatologica del Carcinoma polmonare La classificazione istopatologica di riferimento è quella della World Health Organization ed è costantemente aggiornata da un Comitato di Esperti internazionali che vede coinvolte numerose figure dedite allo studio e alla cura del Cancro del Polmone. Nella pratica Clinica il tumore del polmone viene classificato in: a) Carcinoma a Piccole Cellule ( SCLC ) b) Carcinoma non a Piccole Cellule ( NSCLC) Il NSCLC comprende fondamentalmente 3 istotipi principali: Adenocarcinoma, Carcinoma Squamoso, Carcinoma a Grandi cellule. E interessante rilevare che negli ultimi 20 anni, vi è un incremento dei casi di Adenocarcinoma, soprattutto nel sesso femminile. Il carcinoma a piccole cellule ed il Carcinoma Squamoso sono istotipi la cui incidenza tende a ridursi nel tempo. L'Istotipo prevalente in entrambi i sessi è rappresentato dall'adenocarcinoma che appare macroscopicamente come una lesione solida intra-parenchimale con frequente 7

coinvolgimento pleurico e talora versamento neoplastico. Secondo le ultime linee guida WHO si riconoscono differenti sottotipi istologici: 1) lesioni pre-invasive, senza coinvolgimento stromale, vascolare o pleurico come l'iperplasia adenomatosa atipica, con diametro inferiore ai 5 mm, caratterizzata dalla proliferazione di cellule cuboidali atipiche lungo i setti alveolari e i bronchioli respiratori che radiologicamente presentano talvolta aspetti a "ground-glass"; 2) l'adenocarcinoma in situ (AIS) con dimensioni inferiori ai 3 cm con presenza di cellule ben differenziate disposte alla superficie dell'alveolo con crescita laminare senza invasione stromale, vascolare o pleurica a prognosi migliore con sopravvivenza superiore ai 5 anni dopo intervento chirurgico. Caratteristica di queste lesioni, anche se non esclusivo di questi tumori, è l'aspetto a vetro smerigliato (ground glass opacity); 3) lesioni francamente invasive come l'adenocarcinoma minimamente invasivo (MIA) con diametro inferiore ai 3 cm con presenza di necrosi e limitata invasività stromale a prognosi favorevole dopo resezione chirurgica; 4) l'adenocarcinoma Invasivo con pattern predominante a crescita lepidica con possibile interessamento vascolare, linfatico e pleurico, acinare, papillare, micropapillare o solida con produzione di mucina. 5) Altra variante di adenocarcinoma invasivo è rappresentato da Adenocarcinoma mucinoso, colloidale, fetale ed enterico a prognosi peggiore. I tumori di dimensioni > 3 cm con Istotipo mucinoso presentano un'elevata tendenza alla diffusione aerogena con aspetto "pneumonitico" e sono frequentemente multifocali. Esempio di Adenocarcinoma mucinoso del polmone riscontrato nel nostro studio con secondarismi polmonari bilaterali e linfonodali mediastinici. A queste morfologie corrispondono prognosi sfavorevoli. Il Carcinoma squamoso costituiva fino ad alcuni anni fa l istotipo più frequente. Particolarmente diffuso tra i fumatori, interessa prevalentemente le vie aeree di grosso calibro: pertanto nei due terzi dei casi l esordio si manifesta nella forma di una massa infiltrante l ilo; per la stessa ragione esso può dar luogo precocemente a sintomi e segni da disventilazione (atelectasia). Sul piano microscopico,si caratterizza per la presenza di cellule a differenziazione squamosa con cheratinizzazione e ponti intercellular;i può presentare dimensioni anche cospicue con possibili fenomeni di necrosi centrale. Il Carcinoma a grandi cellule è una neoplasia scarsamente differenziata, generalmente di grandi dimensioni e con sede periferica; le metastasi sono frequenti e precoci. Il Carcinoma a piccole cellule, costituito da piccole cellule con nucleo rotondo ed ovalare, scarso citoplasma ed elevata attività mitotica. (Foto 1) 8

1 Rende conto del 20% circa dei tumori maligni del polmone e costituisce la neoplasia a più elevato carattere di malignità e dotata di più marcata capacità di diffusione a distanza per via ematica o linfatica. La massa primitiva ha più frequentemente sede centrale ilare: tuttavia l esordio clinico è spesso segnato da manifestazioni riferibili alle localizzazioni a distanza. Dal punto di vista istogenetico, il carcinoma a piccole cellule deriva dalle cellule di Kultchitzky del sistema bronchiale, appartenenti al cosiddetto sistema APUD, e si distingue dai carcinoidi per l attività mitotica, per l entità dei fenomeni di natura necroticodegenerativa che spesso non consentono di distinguere i contorni delle cellule e, in particolare, dei nuclei, per le caratteristiche pleiomorfe e per l invasione locale e vascolare. Una conferma di tale istogenesi deriva dalle indagini immunoistochimiche, che segnalano caratteri di differenziazione neuroendocrina, quali granulazioni citoplasmatiche espressione della sintesi di neuromediatori mediante vescicole secretorie, definite dense-core granules (sinaptofisina, cromogranine), ed espressione di particolari molecole di adesione come la Neural-Cell Adhesion Molecule (N-CAM). Le cellule neoplastiche, che appaiono poco più grandi dei linfociti, tendono a formare manicotti perivascolari oppure si organizzano in cordoni o trabecole che ricordano le caratteristiche di crescita osservabili nei carcinoidi e in altri tumori endocrini. Fra i tumori della pleura, suddivisi in tumori primitivi, maligni, benigni e secondari, per gravità e frequenza ricordiamo il Mesotelioma pleurico; tra i benigni il tumore fibroso solitario della pleura, tra i secondari le metastasi pleuriche da Carcinoma broncogeno, da Carcinoma della mammella, da Linfoma, etc. Il polmone, come anche il fegato rappresenta un organo d'elezione per le lesioni metastatiche. L'elevata incidenza di lesioni metastatiche può dipendere in parte da condizioni anatomiche: il polmone riceve l'intera gittata cardiaca destra con un letto capillare molto 9

esteso ed in stretto contatto con gran parte del "letto" linfatico. La disseminazione è prevalentemente ematogena; a seguire per via linfatica soprattutto nel cancro gastrico, pancreatico e mammario. Talora si apprezza diffusione diretta della parete toracica, dal mediastino o dal diaframma come nelle metastasi mammarie, gastriche ed epatiche o la localizzazione endobronchiale come si osserva nelle neoplasie della testa e del collo o nel cancro mammario e renale. L'estensione polmonare della neoplasia primitiva è in genere conseguenza di una malattia avanzata, o raramente un evento isolato precoce. I noduli polmonari evidenziati nel contesto di una neoplasia extrapolmonare possono essere sincroni, diagnosticati in contemporanea al tumore primitivo o metacroni, diagnosticati in un tempo successivo al tumore primitivo e sono da considerare vari aspetti di un pregresso cancro e la propensione a causare metastasi polmonari anche a distanza. Inibitori della crescita tumorale Inibitori dell EGFR Sulla superficie di molti tipi di cellule tumorali, sono presenti alcune strutture che prendono il nome di recettori per il fattore di crescita epidermico, convenzionalmente individuato anche dall'acronimo EGFR (epidermal growth factor). I recettori attraggono il fattore di crescita epidermico che così può legarsi a queste molecole. Questo legame determina una serie di reazioni chimiche all'interno della cellula, che la fanno crescere e dividere più rapidamente. I farmaci noti con il nome di antagonisti dell'egfr si attaccano a loro volta al recettore per il fattore di crescita epidermico, impedendone in tal modo l'attivazione. Di conseguenza, contribuiscono a rallentare la crescita delle cellule tumorali. Gli inibitori della crescita tumorale più utilizzati per il trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule e in particolare l'adenocarcinoma sono erlotinib (Tarceva) e gefitinib (Iressa), entrambi antagonisti dell'egfr. Il loro meccanismo d'azione è simile. Quando il fattore di crescita epidermico si attacca ai recettori presenti sulla superficie delle cellule tumorali, attiva un enzima (tirosin-chinasi), che a sua volta avvia una serie di reazioni chimiche che stimolano la crescita e la divisione cellulare. Gefitinib ed erlotinib si agganciano ai recettori per il fattore di crescita epidermico e, di conseguenza, ne impediscono l'attivazione. In questo modo le cellule tumorali non hanno più la possibilità di crescere e dividersi. Erlotinib si usa come terapia di prima linea nei pazienti mutati per l'egfr. Si somministra in compresse; gli effetti collaterali sono in genere lievi e possono includere diarrea, eritema, nausea e stanchezza. Prima di essere sottoposti alla terapia con gli inibitori della crescita tumorale è quindi necessario eseguire un apposito esame genetico sulle cellule tumorali che ha lo scopo di confermare la presenza di una mutazione del recettore EGFR. Inibitori di ALK Circa il 4-5% dei carcinomi polmonari non a piccole a cellule e in particolare l'adenocarcinoma presenta una particolare alterazione genetica denominata traslocazione del gene EML4-ALK (echinoderm microtubule associated protein-like 4-anaplastic lymphoma 10

kinase). Tale alterazione è presente generalmente (come la mutazione di EGFR) nei tumori di tipo Adenocarcinoma dei pazienti non fumatori. Il farmaco biologico specifico per questi casi si chiama crizotinib (Xalkori). Si somministra in compresse; gli effetti collaterali sono in genere lievi e possono includere astenia, incremento della transaminasi e fastidi visivi che regrediscono rapidamente e spontaneamente. Anche in questo caso per decidere il trattamento con crizotinib è necessario eseguire un apposito esame sulle cellule tumorali che ha lo scopo di confermare la presenza di un'alterazione del gene. Mutazioni KRAS KRAS è un oncogene con funzione di controllo della proliferazione cellulare e di apoptosi. Il gene mutato è presente in circa il 25% dei pazienti con adenocarcinoma e più frequentemente correlato a storia di fumo di sigaretta. In generale la presenza di questa mutazione nei pazienti con malattia in stadio IV si associa a prognosi peggiore per resistenza ai trattamenti (es. erlotinib). Traslocazione ROS1 La tirosin Kinasi recettoriale ROS1, in presenza di traslocazione, è un Driver Oncogeno in circa l'1% o 2% dei pazienti con NSCLC ed estremamente sensibile all'inibitore delle tirosin Kinasi crizotinib cui si associano risposte obiettive e beneficio clinico. Sintomi d'esordi In relazione ai caratteri strutturali del sistema respiratorio, dotato di alta deformabilità, povero di alterazioni dolorose e provvisto di abbondanti riserve funzionali, la crescita di masse neoplastiche può realizzarsi in maniera subclinica più facilmente che in altri organi solidi. L aspecificità dei sintomi conferisce una particolare insidiosità alla malattia; in effetti, la maggior parte dei sintomi di presentazione ricorre anche nella broncopneumopatia cronica ostruttiva, malattia ad alta prevalenza che condivide col carcinoma polmonare la relazione con il tabagismo. Per questa ragione, qualora in soggetti che presentino condizioni di rischio (età, fumo, ecc.) si osservi un cambiamento nei caratteri della consueta sintomatologia bronchitica è opportuno sottoporre il paziente a sorveglianza clinica e soprattutto procedere a un controllo radiologico. In senso generale, comunque, il sintomo d esordio più frequente del carcinoma broncogeno è la tosse, secca o produttiva. Altri sintomi frequenti sono il dolore toracico, che può manifestarsi in forma puntoria o gravativa, e la dispnea, che è connessa il più delle volte all atelectasia con esclusione funzionale del territorio polmonare servito dal bronco sede della lesione neoplastica, ovvero all invasione di vaste zone del parenchima. Spesso il primo segno che mette in allarme è l emoftoe. In altri casi la sintomatologia d esordio è rappresentata da manifestazioni sistemiche, quali febbricola, astenia, anoressia e rapido calo ponderale. 11

Metodiche diagnostiche La Radiologia, convenzionale e computerizzata (TAC), è il mezzo principale per la diagnosi e la stadiazione del cancro polmonare. Le nuove TAC a bassa dose ed elevata risoluzione sono state utilizzate per studi pilota dimostrando l'effettiva capacità di individuare piccolissimi noduli maligni e pertanto i protocolli internazionali di screening si sono rivolti ad una popolazione di forti fumatori. L esame radiologico in proiezione posteroanteriore e laterale, rappresenta di solito, la prima indagine strumentale e consente in genere di definire i caratteri topografici della massa e l eventuale presenza di versamento pleurico: solo raramente, infatti, il quadro radiologico iniziale si presenta apparentemente integro. Per contro l indagine radiologica convenzionale mal si presta ai fini della valutazione dell interessamento mediastinico e della ricerca di siti metastatici. Per questi fini è di notevole ausilio la tomografia computerizzata(tc). La TC svolge un ruolo fondamentale nella diagnosi e nella stadiazione delle neoplasie polmonari poiché, oltre a fornire informazioni sulla densità e sul grado di vascolarizzazione della lesione sospetta documentata all esame radiografico del torace, consente di determinare le precise dimensioni della neoplasia primitiva, di documentare l interessamento di organi mediastinici o della parete toracica, di riconoscere le eventuali adenomegalie in sede ilomediastinica, che suggeriscono, anche se non indicano con certezza, il coinvolgimento tumorale di queste cruciali stazioni linfonodali. Tra le indagini diagnostiche non invasive appare sempre più diffusa nella pratica clinica la tomografia a emissione di positroni (PET) con fluoro-deossiglucosio-18 ( 18 FDG). La tecnica si fonda sul principio biologico secondo cui le cellule tumorali hanno un più accelerato metabolismo glicidico rispetto alle cellule normali. La somministrazione di un analogo del glucosio non metabolizzante (deossiglucosio) marcato con un emittente di positroni ( 18 F), seguita da una scansione attraverso un apparato computerizzato capace di rilevare l emissione da parte del tracciante, consentirà l acquisizione e l elaborazione di immagini in cui il tessuto ad alta attività metabolica appare demarcabile rispetto al tessuto sano circostante, consentendo altresì un rilievo quantitativo dell attività metabolica del tessuto neoplastico. Questa prerogativa dell indagine consente al clinico di porre una diagnosi differenziale basata su criteri biologici più sicuri rispetto a quelli semplicemente morfologici forniti dalla TC. E bene sottolineare che il riscontro di captazione anomala a livello di stazioni linfonodali considerate sospette all esame TC, pur essendo altamente suggestivo di coinvolgimento neoplastico, non è assolutamente specifico; per contro, la negatività della PET virtualmente esclude il coinvolgimento neoplastico linfonodale. Metodiche diagnostiche interventistiche. La pneumologia interventistica ha un ruolo fondamentale nel management del paziente con Cancro del polmone in quanto contribuisce in modo decisivo alla diagnosi, alla stadiazione, al trattamento con finalità radicale del cancro "early" e al trattamento con finalità palliativa nelle forme avanzate che coinvolgono le vie aeree di grosso calibro. Il cancro del polmone 12

può presentarsi come lesione centrale, lesione periferica, lesione mediastinica, o come combinazioni di lesioni. Naturalmente un'adeguata interpretazione dell'imaging porta lo pneumologo interventista ad adottare la metodica più adeguata. La presenza di lesioni centrali, si manifestano con pattern diversi, ossia vegetante, infiltrante, sottomucoso, peribronchiale con compressione estrinseca e peribronchiale senza compressione estrinseca, se visibili endoscopicamente dovrebbero risultare "aggredibili" in broncoscopia. In presenza di una lesione vegetante una biopsia dovrebbe essere dirimente ma nel caso di lesioni sottomucose sarebbe utile l'agoaspirato transbronchiale (TBNA) che penetra lo strato superficiale della parete bronchiale fino a raggiungere la sottomucosa e così pure nel caso di lesioni peribronchiali che determinano un'area di compressione estrinseca; nel caso invece in cui la lesione peribronchiale non determina alcuna compressione sulla via aerea, il modo più adeguato sarebbe eseguire un agoaspirato sotto controllo ecografico "real-time", per via transbronchiale (EBUS-TBNA) o transesofagea (EUS-NA). L'approccio diagnostico alle lesioni periferiche ( ossia lesioni non visibili endoscopicamente e localizzate nei 2/3 esterni del polmone ) è più complesso ed in questo caso l'agoaspirato percutaneo TAC-guidato ha un successo diagnostico molto elevato, prossimo al 90% in grossi studi e metanalisi, ma si associa a una percentuale di casi di pneumotorace complessivamente pari al 15%, tale percentuale è più elevata in alcuni casi specifici ( es. pazienti con BPCO, lesioni distanti dalla pleura ). Il successo diagnostico della broncoscopia dipende invece dalle dimensioni della lesione, infatti quando la lesione è inferiore ai 2 cm sull'asse lungo il risultato è insoddisfacente. Un altro elemento importante è la presenza di un segno radiologico noto come " bronchus sign ", caratterizzato dall'identificazione, in TC torace, di un bronco che termina direttamente all'interno della lesione, in questo caso la possibilità di fare diagnosi con la broncoscopia è elevata. Il rendimento diagnostico è più elevato se si utilizza contemporaneamente la biopsia transbronchiale e l'agoaspirato transbronchiale (TBNA); a TBNA è la metodica di prelievo con il più elevato rendimento nell'approccio diagnostico alle lesioni periferiche. La TBNA tradizionale è ormai una tecnica consolidata e largamente diffusa che consente di campionare linfonodi ilari e/o mediastinici in contatto con la parete delle vie aeree. La procedura viene eseguita studiando la posizione dei linfonodi da campionare su TC con mezzo di contrasto, ed effettuare una successiva penetrazione attraverso la parete delle vie aree durante broncoscopia valutando il landmarks anatomici che consentono di accedere alla stazione linfonodale interessata. I risultati diagnostici migliori ( rendimento > al 80% ), si ottengono in particolari condizioni, ossia, presenza di patologie neoplastiche epiteliale; linfonodi localizzati in stazioni linfonodali ( 4R e 7 ) prossime alla carena tracheale, landmark anatomico di facile identificazione; linfonodi di dimensioni > di 1,5 cm. Le metastasi linfonodali da tumore polmonare primitivo rappresentano la patologia mediastinica prevalente con dimensioni considerevoli e frequentissimo interessamento delle stazioni 4R e 7. I punti deboli della metodica sono l'impossibilità di visualizzare in tempo reale la sede del prelievo e l'elevata percentuale di falsi negativi ( 30% ) per cui è necessario ricorrere all'ecoendoscopia e chirurgia. L'ecoendoscopia, che permette di visualizzare e campionare in tempo reale i linfonodi ilo-mediastinici per via trans esofagea ( EUS- NA ) o 13

transbronchiale ( EBUS-TBNA ) ha ulteriormente migliorato l'efficacia della stadiazione mediastinica per via endoscopica. Una stadiazione mediastinica eco - endoscopica completa ( EBUS-TBNA+EUS-NA ) secondo dati recenti è efficace almeno quanto la mediastinoscopia con un miglior profilo di sicurezza e minori costi. L'ecoendoscopia è la metodica di prima scelta nella stadiazione mediastinica del cancro del polmone dimostrato nel " Clinical Practice Guidelines" dell'accp sul cancro del polmone pubblicata nel 2013. Qualora le indagini stadiative mini-invasive non consentano una definizione adeguata dell'interessamento linfonodale, si rende necessario ricorrere all'esplorazione chirurgica del mediastino tramite mediastinoscopia cervicale che consente la biopsia delle stazioni linfonodali paratracheali superiori, inferiori e di quelle sottocarenali; tramite mediastinoscopia anteriore parasternale, utile per lo studio della finestra aortopolmonare in pazienti con neoplasie del lobo superiore sinistro; la toracoscopia videoassistita consente di esplorare le stazioni paratracheali destre, sottoaortiche, preaortiche, sottocarenali e paraesofagee, con una sensibilità intorno al 75% ed una specificità vicina al 100%. E' indagine d'elezione al fine di accertare la presenza di metastasi pleuriche nei casi di versamento con citologia negativa. Trattamento Un trattamento ottimale, oltre che dall'istotipo, dipende dalla corretta stadiazione del tumore, dalle caratteristiche molecolari del tumore ma anche dalla attenta valutazione delle condizioni cliniche generali del paziente ovvero del suo Performance Status (PS). 14

Vedi Tabella 1: Performance Status secondo l'eastern Cooperative Oncology Group (ECOG) 1 Piena attività compatibile con l'età 2 Capace di lavoro leggero, paziente ambulatoriale 3 Accudisce a sé stesso, incapace di lavorare, allettato per meno del 50% delle ore diurne 4 Parzialmente in grado di accudire a sé stesso, allettato per più del 50% delle ore diurne 5 Totalmente inabile, completamente allettato Tabella 1 Negli stadi iniziali di NSCLC (I, II, e III che consentono chirurgia radicale) il trattamento chirurgico da solo o combinato mediante approccio multimodale con chemio e/o radioterapia ha l'intento di ottenere un risultato curativo. Nella malattia localmente avanzata (stadio IIIB) e nella malattia metastatica (stadio IV con localizzazioni a distanza), è indicata la terapia sistemica allo scopo di ridurre i sintomi correlati al tumore da un lato e di migliorare il più possibile la sopravvivenza dall'altro, salvo rare eccezioni ovvero la presenza di lesioni metastatiche singole potenzialmente resecabili. I fattori che determinano la scelta del trattamento in pazienti con malattia di stadio IV sono essenzialmente tre: - Caratteristiche del paziente per età, comorbidità e PS - Precisa definizione della neoplasia in termini di istotipo (es. squamoso- non squamoso), presenza o assenza delle cosiddette "Mutazioni Driver " (in particolare EGFR, ALK e ROS1) che in alcuni pazienti sono esclusive e per le quali attualmente sono disponibili farmaci con attività di inibitore specifico a bersaglio molecolare (Targe Therapy). - Estensione della malattia per numero e sede delle metastasi ed i sintomi o il calo ponderale correlati. Le attuali opzioni terapeutiche rivestono un ruolo diverso rispetto al passato e sono il risultato globale di numerosi trials clinici condotti essenzialmente su soggetti giovani con buon PS. Oltre ai farmaci di terza generazione (Gemcitabina, Vinorelbina, Taxani e Pemetrexed ) e ai farmaci di nuovissima generazione a bersaglio molecolare, la possibilità di ottenere una maggiore efficacia mediante nuove combinazioni di principi attivi ha migliorato l'aspettativa di vita di questi pazienti. Pertanto, nel soggetto relativamente giovane ( 70 anni) in buone condizioni generali, il trattamento farmacologico dovrebbe essere il più possibile personalizzato e ogni sforzo deve essere compiuto dal punto di vista diagnostico per ottenere campioni cito-istologici idonei non solo per l'istotipo ma anche per l'analisi mutazionale. 15

Terapia biologica La prima mutazione individuata è stata quella a carico del recettore per il fattore di crescita epidermico (EGFR) ed è più frequentemente correlata ad alcuni fattori clinici, come sesso femminile, istotipo di adenocarcinoma, soggetti non fumatori o ex fumatori e razza asiatica (fino al 60% di pazienti mutati in Asia). La percentuale di pazienti occidentali che presenta una mutazione EGFR si attesta intorno al 15%. In soggetti con mutazione per gli esoni 19 e 21, erlotinib e gefitinib, inibitori della tirosin Kinasi (TKI) responsabile dell'attivazione del recettore EGFR, hanno dimostrato avere maggiore efficacia rispetto alla chemioterapia contenente platino e sono attualmente disponibili nella pratica clinica. I primi risultati che hanno consentito l'utilizzo di gefitinib nel trattamento di prima linea nel NSCLC avanzato sono stati ottenuti in Asia in pazienti non fumatori o ex fumatori e istotipo adenocarcinoma con un vantaggio nelle risposte obiettive, nella sopravvivenza libera da malattia e degli effetti collaterali. Successivamente anche erlotinib, che in precedenza aveva la registrazione in USA ed Europa per i trattamenti di seconda linea ha ottenuto le stesse indicazioni per i pazienti portatori di mutazione. La traslocazione a carico del gene EML4-ALK (echinoderm microtubule associated proteinlike 4-anaplastic lymphoma kinase) ha assunto rilevanza terapeutica nel trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule avanzato ed è presente in circa il 4% dei pazienti con adenocarcinoma primitivo polmonare con maggiore frequenza nei soggetti giovani, di sesso maschile, non fumatori o ex fumatori. In questi pazienti, Crizotinib (inibitore delle ALK tirosin Kinasi) ha prodotto un significativo incremento delle risposte obiettive con miglioramento del controllo dei sintomi, della qualità di vita e del tempo di progressione della malattia. Dal 2013 il farmaco è inserito anche in Italia nell'elenco dei medicinali a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale, con indicazione di impiego attuale di seconda linea. Chemioterapia in pazienti senza Mutazioni "Driver" Nel NSCLC avanzato, il trattamento chemioterapico citotossico (in combinazione con due farmaci contenenti platino) ha dimostrato di essere in grado di migliorare la sopravvivenza (incremento del 10% di pazienti vivi ad un anno) rispetto ai trattamenti con solo supporto generico e costituisce lo standard terapeutico in pazienti senza mutazioni geniche. Gli schemi di trattamento attuali comprendono un'associazione del platino con un principio attivo di nuova generazione: gemcitabina, taxani, vinorelbina e pemetrexed. Alcuni studi di metanalisi hanno dimostrato la superiorità del Cisplatino rispetto al Carboplatino anche se quest'ultimo rappresenta una valida alternativa in quanto più tollerabile e maneggevole e pertanto indicato in pazienti con PS peggiore. Nel NSCLC non squamoso, bevacizumab (anticorpo monoclonale che lega il Vascular Endothelial Growth Factor - VEGF) associato a carboplatino-paclitaxel ha dimostrato un miglioramento della sopravvivenza globale con il superamento, fino ad allora mai ottenuto, dei 12 mesi. Quindi l'utilizzo di bevacizumab negli istotipi non squamosi ha attuale indicazione in associazione a carboplatino /taxolo, senza altre doppiette standard. 16

Il pemetrexed è attualmente utilizzato in tutto il mondo in associazione con il cisplatino come prima linea di trattamento negli istotipi di adenocarcinoma e carcinoma anaplastico a grandi cellule sulla base di uno studio randomizzato prospettico di fase III con analisi dei sottogruppi. Pazienti con i suddetti istotipi, di sesso femminile, non fumatori o ex fumatori avevano migliorato la sopravvivenza se trattati con la doppietta cisplatino/pemetrexed rispetto allo schema cisplatino/gemcitabina. In generale la durata dei trattamenti chemioterapici, nei pazienti che rispondono al trattamento e con basso grado di tossicità è di 4-6 cicli. la rivalutazione deve essere clinica e radiologica con l'esecuzione ti una TAC dopo 2 e 4 cicli di trattamento. Nei pazienti con una buona risposta e con buon PS vi è la possibilità di proseguire il trattamento farmacologico prima che le condizioni cliniche e l'estensione della malattia siano tali da non potere consentire ulteriori possibilità terapeutiche, attraverso due strategie, ossia trattamento di continuazione (Continuation maintenance) con prosecuzione del principio attivo usato in prima linea di trattamento insieme al platino oppure trattamento di sostituzione (switch maintenance) utilizzando un singolo farmaco ma diverso da quello utilizzato in associazione col platino. Il vantaggio della strategia Continuation maintenance è dimostrato in particolare per pemetrexed (nell'analisi dei sottogruppi) solo negli istotipi non squamosi con una sopravvivenza mediana di 16,9 verso 14 mesi. Terapia Chirurgica In pazienti in stadio I e II, come anche riscontrato nella nostra casistica, con un buon Performance Status, adeguata riserva respiratoria ed assenza di gravi patologie concomitanti, la chirurgia con intento radicale rappresenta il trattamento di scelta. L'intervento elettivo è la lobectomia che ha consentito nei rari casi trattati, lunghissime sopravvivenze. In relazione all'estensione della malattia e dopo una valutazione intra-operatoria talora sono necessarie resezioni maggiori come la bilobectomia e la pneumonectomia oppure resezioni tracheobroncoplastiche, a manicotto (sleve resection) che prevede la resezione a manicotto del bronco o del vaso interessato con successiva ricostruzione. In alcuni casi, per motivi funzionali o di co-morbilità cardiopolmonari è indicata una resezione sublobare, segmentectomia o resezioni a cuneo, caratterizzata tuttavia da una maggiore incidenza di recidive locali. Gli stadi IA e IB confermano la validità del trattamento chirurgico con sopravvivenze a 5 anni variabili tra il 50% e l' 80% strettamente in rapporto alle caratteristiche del tumore primario (T2 versus T1). Negli stadi IIA e IIB, il coinvolgimento linfonodale (ilari, interlobari, lobari, intersegmentari) condiziona sfavorevolmente i risultati. Le sopravvivenze a 5 anni non sono superiori al 35% ed anche in questo caso con differenze significative legate alle caratteristiche del tumore. L'intervento di scelta, è sempre la lobectomia, che con una mortalità trascurabile ed un accettabile impatto sulla funzionalità respiratoria, è oncologicamente valida se accompagnata da un'accurata linfoadenectomia mediastinica che oltretutto completa la stadiazione della 17

malattia. Particolari contingenze possono indicare interventi alternativi: la pneumonectomia nel T2 endobronchiale; la bilobectomia nelle assenze scissurali o nei tumori a sede interlobare. Più spesso bisogna ricorrere alla pneumonectomia negli stadi IIA e IIB, in quanto consente una radicalità più completa specie nelle compromissioni neoplastiche dei linfonodi interlobari (livello 11 della mappa di Naruke) dove confluiscono i collettori linfatici di tutti e tre i lobi. Discutibile è l'indicazione alla sleeve lobec-tomy in tali fasi. Per la particolare disposizione della neoplasia, anche in casi selezionati, esse non offrono garanzie di radicalità e devono essere considerate interventi del tutto palliativi miranti al risparmio dei parenchima funzionante in pazienti con scarse riserve funzionali, anche se i risultati si allineano con quelli ottenibili con interventi più radicali a prezzo di complicanze e di recidive più numerose. Un'attenzione particolare, alla luce dei recenti progressi delle tecniche chirurgiche mininvasive, meritano le cosiddette resezioni minime, (segmentectomie, resezioni atipiche, wedge resections) che diversi Autori propongono come trattamento alternativo nelle lesioni periferiche in stadio I con risultati soddisfacenti, tuttavia non immuni da recidive locali o extraregionali o a distanza. Esse trovano sicuramente indicazione in quei soggetti, che, per condizioni generali e per riserve cardio-polmonari limitate, non tollerano interventi maggiori. Indicazioni episodiche possono avere giustificazione nelle lesioni periferiche minori di 2 cm con piano intersegmentario indenne e sicuramente N0. Nello stadio II esse non trovano indicazione, poiché spesso non è possibile asportare il tumore ed i linfonodi senza compromettere la vascolarizzazione del lobo. La validità e l'efficacia della chirurgia mininvasiva nella terapia delle neoplasie primitive del polmone è messa ancora in dubbio e necessita ulteriori conferme. Nei pazienti con neoplasie limitate (T1) ad alto rischio funzionale, per ovviare ai danni della toracotomia, possono essere accettate eventuali resezioni atipiche con tutte le riserve del caso per la significative incidenze di recidive locali. La lobectomia in VATS è stata proposta per piccole lesioni periferiche allo stadio I e quindi in casi altamente selezionati. L'intervento mininvasivo richiede situazioni anatomiche favorevoli (presenza di un piano scissurale completo, assenza di aderenze tenaci), i suoi limiti sono rappresentati dalla difficoltà di eseguire linfoadenectomie estese ed adeguate come viene richiesto nel razionale terapeutico del cancro del polmone. La tecnica è ormai standardizzata e prevede l'impiego di una minitoracotomia cosiddetta di servizio, che permette l'introduzione di strumenti più efficaci nonché l'estrazione del lobo asportato. Tuttavia, non si intravedono vantaggi degni di nota se si paragona la tecnica in VATS con quella che prevede una toracotomia con risparmio di muscoli, senza incisione dei muscoli gran dorsale e gran dentato in casi selezionati. Un discorso a parte merita il tumore invadente la parete (T3) senza coinvolgimento linfonodale, anch'esso incluso nello stadio IIB. Il coinvolgimento della sola pleura parietale ha un significato prognostico più favorevole rispetto all'invasione dei muscoli intercostali o delle coste tanto che nella prima eventualità è sufficiente la pleurectomia limitata, mentre diventa pragmatica la 18

demolizione parietale nelle invasioni più estese. La stessa problematica coinvolge il tumore del solco superiore con sindrome di Ciuffini-Pancoast, anche se i rapporti che esso contrae con gli elementi vascolo-nervosi del collo e con i corpi vertebrali riducono notevolmente la radicalità dell'intervento. La resezione parietale e parenchimale ha, in tali casi, uno scopo prevalentemente palliativo per cui essa va integrata con radioterapia neoadiuvante e complementare, protocollo che consente di raggiungere sopravvivenze del 20-30% nei soggetti con linfonodi negativi. La presenza di metastasi ai linfonodi mediastinici (N2) rende controversi i criteri di operabilità poiché i risultati a distanza sono di interpretazione molto difficile nonostante i molteplici tentativi di sistematizzazione stadiativa. Generalmente le percentuali di sopravvivenza post-chirurgica negli N2 operati radicalmente (15-30%) sono espressione di casistiche altamente selezionate e non l'espressione anche degli N2 clinici, trattati con resezione anche aggressiva. I migliori risultati si hanno nei pazienti in cui sia possibile una resezione radicale con completa dissezione dei linfonodi mediastinici trovati positivi solo all'esame post-operatorio. Negli altri casi sono stati proposti schemi di chemioterapia neoadiuvante da eseguirsi prima dell'intervento chirurgico. Nello stadio IIIB i risultati della terapia chirurgica sono ancora più scadenti. In tale evenienza l'intervento ha solitamente una finalità esclusivamente palliativa. Soltanto in casi altamente selezionati e per risolvere particolari quadri sintomatologici può essere giustificato un approccio aggressivo. Possono essere trattate le invasioni carenali da carcinoma epidermoidale senza alcun coinvolgimento linfonodale, mediante la sleeve pneumonectomy che dà una sopravvivenza fino al 23%; trovano indicazione, inoltre, le resezioni allargate alla pleura mediastinica, al pericardio, al nervo frenico ed all'avventizia aortica, le resezioni cavali associate o anche le demolizioni limitate delle diffusioni neoplastiche ai corpi vertebrali purché non vi sia un coinvolgimento dei forami di coniugazione. I pazienti con metastasi a distanza devono essere considerati, generalmente, al di là delle possibilità chirurgiche. Fanno eccezione quei pazienti con metastasi unica cerebrale, nei quali, una completa ed approfondita stadiazione abbia escluso qualsiasi altra localizzazione secondaria. Il trattamento combinato da parte del neurochirurgo, del chirurgo toracico e del radioterapista può offrire a tali pazienti, in alcuni casi, un prolungamento della sopravvivenza, con sicuro miglioramento della qualità di vita. Anche i pazienti con metastasi unica surrenalica, possono essere inclusi in protocolli di trattamento che prevedono l'exeresi polmonare e surrenalica in unico tempo, se omolaterale o, in due tempi, in caso contrario. La resezione chirurgica può essere valutata in relazione allo stato clinico del paziente, stadio I e II, talora anche nello stadio IIIA successivo ad un trattamento neoadiuvante. Nello stadio 0 e IA se la stadiazione chirurgica risulta soddisfacente non si ritiene opportuna chemioterapia antiblastica post-chirurgica, mentre nello stadio IIA e IIB e IIIA si ritiene indicata chemioterapia adiuvante post-chirurgica. Qualunque sia la terapia, bisogna sottolineare l'importanza di un accurato followup: infatti circa il 50% di questi pazienti, manifesta, anche a distanza di 10 o più anni, nuove neoplasie delle vie aeree. 19

Per lo stadio IIIB e Stadio IV non è prevista la chirurgia a finalità terapeutiche ma solo diagnostica. Negli ultimi stadi sono previsti esclusivamente trattamenti chemio-radioterapici come già ampiamente trattato. La chirurgia polmonare attualmente presenta varie alternative che vanno dalla Pneumonectomia, più demolitiva ad interventi "non anatomici" che consistono in resezione del parenchima polmonare, dette wedge-resection, rispettando i concetti cardine della resecabilità, ossia poter eseguire una exeresi chirurgica completa del tumore primitivo con margini di resezione negativi e di operabilità in base alle possibilità cliniche che ha il paziente di essere sottoposto a trattamento chirurgico. Nel caso del Mesotelioma maligno, neoplasia infiltrante la pleura sia parietale che viscerale, l'indicazione chirurgica è esclusivamente riservata agli stadi precoci (stadio I), come la pneumonectomia extrapleurica radicale che consiste nella rimozione del polmone, della pleura ipsilaterale, del pericardio e di una importante porzione del diaframma. Altro intervento: Debulking pleurectomia/decorticazione con asportazione della cotenna pleurica; tale intervento determina una bonifica macroscopica delle neoformazioni pleuriche. Infine la 20

pleurodesi con talcaggio pleurico, attraverso toracoscopia videoassistita che permette di ottenere la diagnosi istologica supportata dall'immunoistochimica con un duplice aspetto diagnostico-terapeutico. Materiali e Metodi Partendo da queste premesse abbiamo voluto valutare tutti i pazienti giunti alla nostra osservazione tra gennaio e dicembre 2014 con sospetto clinico radiologico di neoplasia polmonare, al fine di studiare le caratteristiche epidemiologiche, radiologiche e cliniche attuali di queste neoplasie. Di tutti i pazienti sono state valutate: caratteristiche antropometriche fattori di rischio per neoplasia polmonare esposizione lavorativa latenza diagnostica tipo di accertamento bioptico effettuato diagnosi istologica mutazioni genetiche terapie effettuate Tutto ciò ha richiesto una stretta collaborazione tra clinici, radiologi, anatomo-patologi, oncologi, chirurghi e radioterapisti nell'ottica di una gestione multidisciplinare del paziente. Risultati Nell' anno 2014 a Sassari presso la Clinica Pneumologica sono stati valutati e presi in carico 150 pazienti con riscontro radiografico di opacità polmonare. Una valutazione attenta e continua ha favorito, con l'ausilio dei mezzi diagnostici, l'individuazione di 80 pazienti affetti da neoplasia maligna accertata, la maggior parte, 64 individui, provenienti dall'asl di Sassari (città di Sassari, Porto Torres ed Hinterland), 15 provenienti dall'asl Olbia - Tempio e soltanto 1 proveniente dall'asl di Oristano. (vedi grafico) 21

Tale studio effettuato nell'arco di un anno ha permesso una accurata analisi di vari parametri, dati statistici ed epidemiologici, valutando la storia di ogni singolo paziente nei dettagli ed esaminando i risultati ottenuti con procedure diagnostiche adeguate e di precisione. Importante il risultato di una cooperazione multidisciplinare in tempi utili per poi procedere ad un trattamento terapeutico adeguato e specifico dei pazienti. Nello studio corrente, su 80 pazienti affetti da Neoplasia polmonare, 22 pazienti erano di sesso femminile, ossia il 27,5%, mentre 58, ossia il 72,5%, erano maschi (vedi grafico). 22

Il sesso maschile aveva un'età media di circa 68 anni, il sesso femminile un'età media di 67 anni con deviazione standard di 11,76 anni nelle donne e di 9,43 anni nei maschi (vedi grafico). I pazienti inclusi nella colonna "Sosp. Neopl." e "Follow-up" sono pazienti nei quali non è stata effettuata una diagnosi di neoplasia ma sono ancora attualmente sotto follow up clinico radiologico. Nella colonna "Altro" sono inclusi i pazienti nei quali è stata formulata una diagnosi diversa dalla neoplasia (polmonite, infiltrati infiammatori, BOOP, etc). Fra le opacità, nel mese di gennaio e febbraio sono stati valutati due pazienti con diagnosi di tumore benigno, fra cui un paziente con Amartoma ed un altro al quale è stato riscontrato un angioma epatico ma con risoluzione verosimilmente flogistica della lesione polmonare. La casistica di opacità polmonare a carattere non neoplastico presso la clinica pneumologica nel 2014, ha avuto un risultato del 46,66% versus un 53,34% di neoplastici. (vedi grafico). 23

- Nel mese di gennaio sono stati presi in carico 11 pazienti, di cui 10 pazienti con neoplasia maligna polmonare ed 1 benigno; - a febbraio dei nove pazienti valutati, 4 sono risultati affetti da neoplasia maligna ed 1 benigno; - a marzo, fra gli 8 pazienti valutati con opacità polmonari, 5 erano maligni; - ad aprile su 8 pazienti con opacità polmonari 4 sono risultati affetti da neoplasia maligna; - a maggio 6 pazienti su 13 sono risultati neoplastici; - a giugno 12 neoplastici su 20 pazienti valutati; - a luglio 12 pazienti neoplastici su 16; - ad agosto 3 neoplastici su 8; - a settembre 8 neoplastici su 16; - a ottobre 5 neoplastici su 16; - a novembre 7 neoplastici su 13; - a dicembre 4 neoplastici su 12. - - - - - - - 24

Il risultato è stato sorprendente ma allo stesso tempo coerente con gli attuali risultati in letteratura, e per quanto riguarda i tumori con istotipo non a piccole cellule (NSCLC), rappresentano circa l'85% dei casi e nel caso specifico l'adenocarcinoma è l'istotipo più frequente, rappresentando circa il 40%. Di seguito vedi grafico e tabella con i dati ottenuti dalla valutazione dei pazienti presi in carico presso la nostra struttura 25

La classificazione delle varie forme neoplastiche è stata resa possibile dalla collaborazione di un team di esperti a carattere multidisciplinare che oltre a patologi vede coinvolti clinici e radiologi; i criteri diagnostico-classificativi si basano prevalentemente sul campionamento di prelievi bioptici e citologici e sull'integrazione con aspetti clinici e di imaging. Ruolo fondamentale per un corretto inquadramento delle neoplasie è fornito dalla Biologia Molecolare e dall'utilizzo dell'immunoistochimica con marcatori in grado di favorire la diagnosi di adenocarcinoma (es.ttf-1) o di Carcinoma spinocellulare (es.p63, p40), non solo necessario per una differenziazione istologica ma anche molecolare delle cellule neoplastiche, soprattutto per l'impostazione di una successiva strategia terapeutica; pertanto la differenziazione tra adenocarcinoma e tumori squamocellulari assume un ruolo essenziale per l'attuazione di un corretto trattamento. La presenza di determinate mutazioni geniche sulle cellule tumorali di alcuni pazienti (EGFR: epidermal growth factor ed EML4-ALK: echinoderm microtubule associated protein-like 4-anaplastic lymphoma kinase) rende le neoplasie sensibili a nuovi farmaci, inibitori recettoriali selettivi. Nella casistica del 2014 effettuata presso la Clinica Pneumologica di Sassari sono stati presi in carico pazienti con diagnosi di Adenocarcinoma, per un totale di 40 pazienti, dei quali 5 presentavano mutazioni genomiche EGFR (4 su Esone 19 ed 1 su Esone 21) per un totale del 12,50% in assenza di traslocazioni ALK. Nel restante 87,50% le mutazioni genomiche EGFR sono risultate negative in assenza di traslocazioni ALK. (vedi grafico). Mutazioni EGFR positive nel 12,50% - 87,50%, in assenza di traslocazioni ALK. negative nel 26

Il sesso maschile aveva un'età media di circa 68 anni, il sesso femminile un'età media di 67 anni con deviazione standard di 11,76 anni nelle donne e di 9,43 anni nei maschi. D. S. 11,7 Il range di età minima e massima, era compreso tra 42 e 85 nei maschi e tra 46 e 85 nelle femmine. (vedi sopra grafico) Questo drammatico incremento epidemiologico è in gran parte legato alla crescente abitudine al fumo di sigarette anche tra il sesso femminile. Fra i pazienti neoplastici che sono stati presi in carico, 36 erano fumatori attivi, 26 ex fumatori e 18 non fumatori. (vedi grafico). 27

Attività lavorativa Dall'anamnesi è emerso che 48 pazienti avevano storia di esposizione professionale a cancerogeni e 32 pazienti risultavano senza apparente storia di fattori di rischio in ambito professionale (vedi grafico). 28

Gli operai o imprenditori dell'industria edile e coloro che hanno lavorato come impiegati ed operai presso i poli chimici, si equivalgono ad 11 pazienti in entrambi i settori; 5 tra cavatori, minatori, artigiani della pietra, escavatoristi; 3 addetti all'utilizzo di diserbanti, pesticidi e composti chimici in agricoltura, 3 addetti all'utilizzo di armi e munizioni (poliziotti e carabinieri), 3 autotrasportatori, 3 operanti settore elettricità ed idraulica; 4 fabbri, saldatori e verniciatori e 1 netturbino. Metodiche diagnostiche Dopo tale premessa, ed in concordanza con tali dati, valutando lo studio dei pazienti seguiti presso la nostra Clinica è emerso che per la maggior parte di essi è stata fatta diagnosi tramite fibrobroncoscopia, circa il 48%, mentre per il 21% si è resa necessaria una biopsia TAC guidata, in altri casi la diagnosi è stata fatta con biopsia eco-guidata, per circa il 21%, ed infine per il 10% è stata fatta diagnosi con la chirurgia, esempio VATS (Toracoscopia Videoassistita). (vedi grafico). 29