Prodotto n 4.2.1 Attività di studio per la selezione, il recupero e la certificazione di razze ovine autoctone.



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Prodotto n 4.2.1 Attività di studio per la selezione, il recupero e la certificazione di razze ovine autoctone. Fase n. 4 Caratterizzazione delle lane locali ottenute da razze ovine e caprine autoctone per la valorizzazione delle produzioni tessili tradizionali e dei materiali per impiego nella bioedilizia Azione 4.2 - Indagine storica sul censo, la diffusione e i sistemi di allevamento delle razze ovine autoctone al fine di individuare quelle più interessanti per la produzione di fibra tessile. Partner responsabile: AGRIS-Sardegna

Indice 1) Introduzione 2) Attività di studio per la selezione, il recupero e la certificazione di razze ovine autoctone nella provincia di Grosseto 2.1.Ricerca storica 2.2.Ricognizione negli allevamenti 2.3. Conclusioni 3) Attività di studio per la selezione, il recupero e la certificazione di razze ovine autoctone in Corsica 3.1. Origine e popolazione 3.2. Sistema di allevamento 3.3. Caratteristiche della razza 4) Attività di studio per la selezione, il recupero e la certificazione di razze ovine autoctone in Sardegna 4.1. Indagine storica 4.2 Indagine sul territorio 4.3 Riconoscimento della razza e istituzione del registro anagrafico 4.4. Allevamento nucleo di Pecora Nera di Arbus di Agris 4.5. Prima caratterizzazione della lana di Pecora Nera di Arbus 5) Considerazioni finali Campionatura Pulizia dei campioni Analisi effettuate Metodi applicati Risultati Conclusioni 6) Riferimenti bibliografici 2/48

1) Introduzione La tutela del patrimonio animale è argomento di estrema importanza e attualità in tutto il mondo in quanto si sta assistendo ad un fenomeno di erosione della diversità genetica del suo patrimonio. Molte razze sono, infatti, minacciate di estinzione, alcune hanno diffusione limitata e per molte altre non si dispone di adeguate conoscenze circa le loro caratteristiche e consistenze. Le ultime statistiche FAO, infatti, (Global Databank for Animal Genetic Resources, 2006) riportano un totale di 10512 specie di mammiferi, tra cui sono 881 le razze a rischio di estinzione nel mondo. Limitatamente alla specie ovina, le statistiche riportano l esistenza di 995 razze locali, definite come razze riscontrabili in un unica nazione, e di 234 razze che si ritrovano in più di una nazione. I rapporti FAO indicano che, tra le razze ovine, 179 si trovano a rischio di estinzione e che per 417 razze non risulta disponibile nessun dato sul loro eventuale stato di rischio. Risulta quindi indispensabile la promulgazione da parte dei governi regionali, nazionali ed internazionali di disposizioni in materia di tutela della biodiversità del patrimonio animale e la necessità da parte delle organizzazioni scientifiche ed umanitarie di sviluppare azioni di selezione e recupero delle risorse genetiche delle specie animali di interesse zootecnico. Le minacce alla biodiversità sono imputabili specialmente all attività umana. Lo sviluppo di programmi di selezione genetica finalizzati ad incrementare determinati caratteri e produzioni hanno portato al miglioramento di un certo numero di razze a scapito di altri nonchè all intensificazione dei sistemi di allevamento con conseguente stravolgimento dell ambiente naturale di allevamento di determinate popolazioni. Per quanto riguarda le razze ovine, la selezione di poche razze molto produttive cosmopolite ha determinato un calo e, talvolta, l abbandono dell allevamento delle razze meno produttive autoctone. Sono queste le cause che, insieme all esodo dalle campagne e all abbandono delle aree svantaggiate, hanno portato alla diminuzione dei tipi genetici autoctoni nelle popolazioni ovine e al distacco tra l ambiente naturale e questi animali. La sopravvivenza delle popolazioni ovine autoctone è, quindi, in gran parte, legata al mantenimento dell attività zootecnica nelle aree più sfavorevoli, dove razze a più elevata attitudine produttiva andrebbero incontro a problemi ambientali e di adattamento. Caratteristica comune alle popolazioni autoctone è, infatti, l essere in armonia con l ambiente naturale di allevamento ed è per questo che tali razze, allevate in determinate aree, presentano caratteristiche di rusticità, adattabilità e resistenza uniche, che fanno si che esse costituiscano un prezioso strumento di salvaguardia e presidio del territorio soprattutto nelle zone meno produttive. E da sottolineare anche che, spesso, proprio in queste aree meno vocate, si sono sviluppati sistemi di produzione tipici legati all allevamento di razze ovine autoctone. Di conseguenza, le strategie di miglioramento e conservazione di queste razze, necessitano di programmi che salvaguardino anche la redditività delle produzioni locali e tipiche ad esse connesse. 3/48

Il livello di conoscenza su gran parte delle risorse genetiche animali risulta però scarso e continua a costituire un ostacolo importante per la loro tutela. I rapporti tecnici della FAO indicano chiaramente, infatti, come la scarsa quantità di documentazione disponibile per l assunzione di decisioni circa la tutela e la salvaguardia delle razze ovine autoctone costituisca un ostacolo per la buona gestione di tali risorse genetiche. Lo studio delle razze e popolazioni ovine autoctone comprende tutte quelle attività connesse con l'individuazione di una popolazione in un contesto territoriale ben definito, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo. E indispensabile conoscere e determinare con esattezza l effettiva consistenza e la distribuzione geografica, nonché le tecniche di allevamento, gli habitat naturali e i sistemi di produzione cui essa è adattata. Risulta indispensabile la descrizione dettagliata del territorio e dell'ambiente in cui gli animali sono allevati per ottenere utili informazioni in particolare per la comprensione sulle capacità adattative delle razze e popolazioni. Devono essere raccolte, ad esempio, informazioni sui terreni e sulle risorse disponibili in allevamento, la risposta agli stress ambientali, la resistenza alle malattie, l eventuale presenza di qualità specifiche per quanto riguarda le produzioni e ogni informazione riguardo al management aziendale. Tutte queste informazioni possono essere ottenute effettuando periodiche visite e censimenti in quelle aziende dove viene mantenuto l allevamento di determinati tipi genetici autoctoni. I dati e le informazioni devono essere raccolti sistematicamente e registrati in modo da consentirne un facile accesso almeno una volta, e devono essere ripetute, per alcuni elementi, nel caso si osservino cambiamenti significativi del comparto zootecnico in generale o nelle popolazione oggetto dello studio. In particolare, gli allevatori devono essere interrogati riguardo alle motivazioni che hanno portato al mantenimento dell allevamento delle razze autoctone, alla gestione tradizionale del gregge ed ai sistemi di utilizzazione della diversità genetica del bestiame. Una volta stabilito che la popolazione descritta si trova a rischio di estinzione, infatti, le strategie di conservazione dovrebbero essere elaborate tenendo conto sia dei distinti tratti genetici delle popolazioni in esame, ma anche del valore che tali animali rappresentano per le produzioni e considerando le motivazioni storiche e culturali connesse al loro allevamento. Di considerevole utilità risulta la caratterizzazione genetica delle popolazioni animali autoctone che attualmente si avvantaggia di moderne tecniche di marcatura molecolare del DNA basate sul polimorfismo di microsatelliti, AFLP o singole basi (SNP). La caratterizzazione molecolare permette di definire la variabilità genetica entro e tra popolazioni, ottenere informazioni circa la filogenesi delle razze, individuarne l area geografica di origine e eventualmente ricostruirne le migrazioni o gli incroci ai quali la popolazione è stata sottoposta. I marcatori molecolari possono essere utilizzati anche per stimare la dimensione effettiva della popolazione e per l'attuazione di attività di mappatura genica di eventuali geni di interesse. 4/48

In ultima analisi la caratterizzazione molecolare delle popolazioni rappresenta uno strumento fondamentale per la loro gestione e valorizzazione permettendo l identificazione delle paternità e il controllo della consanguineità. Risulta fondamentale che l'interpretazione delle analisi genetiche avvenga contestualmente ai dati che emergono dall indagine conoscitiva della popolazione in studio, in quanto la caratterizzazione genetica necessita della conoscenza morfo-funzionale delle popolazioni e le informazioni molecolari, da sole, non possono essere utilizzate per le decisioni di utilizzo e conservazione. Tutte le informazioni raccolte sono così necessarie per valutare la scelta delle strategie di conservazione, sia in vivo (in situ o ex situ) che in vitro, e l eventuale pianificazione di programmi di miglioramento genetico. Le strategie di conservazione genetica vengono definite in situ quando la razza rimane allevata all interno della filiera zootecnica, nel suo contesto storico, culturale ed ambientale, la conservazione ex situ, invece, prevede che gli animali vengano allevati in centri sperimentali, fattorie dedicate (conservazione ex situ in vivo), etc. o che il materiale genetico (materiale seminale, ovuli, embrioni) venga conservato presso specifiche banche (conservazione in vitro). I piani di tutela devono essere regolarmente monitorati: eventuali cambiamenti nelle dimensioni o nella struttura della razza e della popolazione necessitano di essere attentamente verificati. I programmi di monitoraggio devono essere progettati in modo da fornire informazioni utili, ad esempio, circa l evoluzione delle consistenze della razza, l andamento dei parametri produttivi, e, in generale, per valutare l efficacia dei programmi di tutela, consentendo di gestire problematiche emergenti ed individuare eventuali nuove priorità. In Italia il lavoro di conservazione e valorizzazione delle razze e popolazioni a rischio di estinzione viene, in gran parte, svolto dall'associazione Italiana Allevatori che, con l istituzione dei Registri Anagrafici provvede ad effettuare il periodico censimento di razze e popolazioni locali, di grande valenza storicoculturale, promuovendone anche le attitudini produttive e incentivandone gli impieghi in particolari ambiti territoriali e ad elaborare schemi di riproduzione idonei a conseguire l'obiettivo del mantenimento della variabilità genetica (www.aia.it). I principi generali per la salvaguardia della biodiversità animale sopraesposti, hanno costituito le linee guida delle attività di studio per il recupero delle razze ovine autoctone allevate nei territori che partecipano al progetto MED-Laine che risultano particolarmente interessanti per la produzione della lana, nonostante questo prodotto non rappresenti attualmente una fonte di reddito per l allevatore. Tali attività, frutto delle ricerche svolte in Sardegna da Agris- Sardegna, in Corsica dall UPRA-Corse, e nella provincia di Grosseto dall Università di Firenze verranno di seguito presentate. 5/48

2) Attività di studio per la selezione, il recupero e la certificazione di razze ovine autoctone nella provincia di Grosseto Nell ambito del progetto MED-Laine l attività di studio per il recupero delle razze ovine autoctone della provincia di Grosseto interessanti per la produzione della lana è stata svolta dall equipe del prof. Giorgetti (Università di Firenze) ed ha riguardato una ricerca storica sulla Pecora dell Amiata, comprensiva delle vicende che hanno portato alla sua costituzione, la ricognizione degli allevamenti sul territorio grossetano nei quali è stata segnalata la presenza di soggetti riferibili alla razza e la verifica, in tali soggetti, delle caratteristiche morfologiche riconducibili alla pecora amiatina o altre razze autoctone locali. 2.1.Ricerca storica La popolazione stanziale ovina conosciuta come Pecora delle Crete senesi e dell Amiata è la discendente della cosiddetta Pecora Comune Toscana, Nostrale o Vissana, ampiamente presente nella Toscana centrale e meridionale nella prima metà del XIX secolo. Di alta statura, mediocre produttrice di lana, di tipo grossolano, era caratterizzata da notevole rusticità che le permetteva di sopportare le avversità climatiche e la spesso limitata disponibilità di foraggi dei pascoli naturali nei periodi stagionali critici, mantenendo un discreto tasso di fertilità e producendo nel contempo latte relativamente abbondante (Cristin 1861-1862). Successive introduzioni di pecore merinizzate provenienti dai greggi maremmani, influenzati dalla razza Maremmana Spagnola Bastarda, avevano finito per separare questa popolazione ovina in due ecotipi, tanto che negli anni 30 del secolo scorso si riconosceva una pecora delle Crete senesi (o semplicemente pecora Senese) e una pecora dell Amiata (Tabet, 1932). Il primo ecotipo, nel senese e sul versante settentrionale del monte Amiata, di taglia maggiore ma meno produttivo sia di latte che di lana, era il diretto discendente della pecora nostrale, strettamente imparentata con l attuale Appenninica; il secondo, caratteristico del Monte Amiata e in particolare del Monte Labbro, di taglia ridotta, fortemente merinizzato, aveva buone produzioni per tutte e tre le attitudini produttive. In quegli anni l allevamento della pecora amiatina era brado nei mesi estivi e semistabulato durante l inverno, salvo qualche periodo limitato di allevamento integralmente stabulato. Nella buona stagione le pecore erano condotte al pascolo su stoppie, prati a maggese, cigli dei fossi e delle strade; in inverno, nelle giornate migliori, gli animali erano portati al pascolo diurno sulle sodaglie o nel bosco, mentre in caso di pioggia o neve rimanevano chiusi nell ovile dove erano alimentati con fieno di scarto, frasche di castagno, pioppo e altre specie arboree nelle zone di altura e con paglia nelle aree di bassa collina; in qualche caso si usava somministrare ghiande macinate; solo le pecore in lattazione erano alimentate con fieno di prato e crusca mischiata a fave macinate (Ciani, 2002). La tosatura avveniva una sola volta all anno, a metà giugno. Le nascite erano 6/48

regolate in modo da avvenire a partire da febbraio per le località meno fredde e da marzo in montagna; per questo motivo gli arieti venivano tenuti lontani dal gregge fino ad agosto-settembre, o molto più spesso veniva applicata la grembiala (tavola che legata al ventre impedisce di compiere il salto). Il formaggio veniva fatto in forme da kg 0,8-1,2 per consumo e vendita allo stato semi secco (dopo poco più di un mese di permanenza in caciaia), in forme di peso quasi doppio per il consumo invernale. Nei poderi di bassa collina e delle zone pianeggianti un gregge contava mediamente 50-80 soggetti adulti; in alta collina e in montagna la consistenza di allevamento era inferiore, in genere da 10 a 50 capi, in proporzione all ampiezza dell incolto e del bosco utilizzabile. Negli anni successivi, intorno alla metà del secolo scorso, ripetuti scambi genetici tra l ecotipo amiatino e quello senese avevano finito per ricostituire, dopo circa un secolo di separazione, una popolazione relativamente omogenea, considerata una varietà della popolazione Appenninica (Federconsorzi 1961), e chiamata pecora delle Crete Senesi e dell Amiata, che in quel periodo rappresentava sicuramente il tipo genetico indigeno dominante nella zona in allevamento stanziale; questa popolazione era infatti nettamente separata dalla pecora Maremmana (o Spagnola Bastarda) della maremma grossetana, transumante, che pure negli anni precedenti aveva influenzato geneticamente la pecora amiatina (Ciani, 2002). La pecora delle Crete Senesi e dell Amiata era descritta di taglia media con scheletro leggero, testa con profilo rettilineo tendenzialmente montonino. Femmine acorni e maschi per quasi la totalità cornuti; orecchie piccole ed orizzontali, collo esile, tronco raccolto, ventre ed estremità distali degli arti scoperti, vello semi-chiuso a bioccoli conici di colore bianco sporco, raramente con macchie nere o marroni. Altezza media al garrese cm. 69 e al sacro cm. 70,5 per gli arieti e rispettivamente cm. 67 e cm. 69 per le femmine; lunghezza media del tronco cm. 72 per entrambi i sessi. Questa pecora era tipicamente a triplice attitudine: latte, carne e lana. Nonostante le precarie condizioni alimentari le produzioni di latte erano, ancora alla metà del secolo scorso, più che soddisfacenti, mediamente 70-80 kg in 120 giorni di lattazione con rese del 20% in formaggio e intorno all 8% in ricotta. Particolarmente pregiati erano considerati i prodotti della trasformazione del latte e in particolare il pecorino delle crete senesi, con presame di agnello o di capretto e il cacio fiore, con presame vegetale (spesso liquido di macerazione dei fiori di cardo selvatico, previa breve cottura, chiamato localmente presura ) (De Bellis, 1982). Il peso degli agnelli, di circa 3 kg alla nascita, raggiungeva i 10 kg a un mese. Le rese erano elevate e la carne era considerata, da allevatori e consumatori locali, di eccellente qualità sensoriale. Negli anni cinquanta la produzione di lana sucida, di qualità media o medio-alta, era di circa 2,4 kg per gli arieti e di 0,9-1,2 kg per le pecore. Questo tipo genetico autoctono è da considerarsi attualmente a rischio di estinzione a causa della mancata tutela derivante da un non riconoscimento come razza autonoma e necessita pertanto di interventi di recupero, valorizzazione e caratterizzazione genetica e produttiva, previo censimento completo. 7/48

2.2.Ricognizione negli allevamenti Alcune indicazioni provenienti dalle APA di Siena e Grosseto e dall associazione Genomamiata indicavano, agli inizi degli anni duemila, una numerosità limitata a poche centinaia di capi. Successive verifiche sul territorio avevano permesso di individuare 18 allevamenti, di varie dimensioni, con una popolazione complessiva di 1.282 pecore e 36 montoni, tra i quali erano presenti numerosi soggetti morfologicamente riferibili, o comunque molto simili ai vecchi standard della pecora dell Amiata. Nell ambito del progetto MED-Laine sono state in primo luogo effettuate visite ad una quindicina delle 18 aziende identificate precedentemente, scelte tra quelle più rappresentative per dimensioni e sistema di produzione, in base a: origine e provenienza del gregge dichiarata, spesso ereditato per generazioni e condotto ancora oggi nel medesimo luogo; consistenza del gregge scegliendo le classi di numerosità del gregge più rappresentate; estensione aziendale di varie ampiezze presenti nel comprensorio amiatino; disponibilità degli allevatori. Le ricognizioni presso gli allevamenti hanno confermato che generalmente oggi l allevamento e brado nei mesi estivi e semistabulato durante l inverno, con brevi periodi di allevamento integralmente stallino. L alimentazione prevede quindi integrazioni alimentari molto limitate e solo nel periodo invernale, a dimostrazione di un ottimo adattamento al difficile ambiente di montagna, mantenutosi intatto negli ultimi decenni; come confermato dagli allevatori, le pecore di questo tipo genetico, contrariamente a quanto si registra nella stragrande maggioranza delle razze ovine, si dimostrano ottime brucatici di arbusti. Dal punto di vista del comportamento alimentare sembra infatti conservarsi la predilezione per il pascolo di specie erbacee suffruticose o la brucatura di arbustive legnose: artemisia, ginestra, bacche di ginepro, elicriso, timo, salvia, rosmarino, varie specie di Rosaceae, tutte essenze responsabili di un eccellente e caratteristico aroma dei formaggi: i tradizionali pecorino delle crete e il cacio-fiore, fatto con caglio vegetale. La Pecora delle Crete è ancor oggi una tipica pecora a triplice attitudine. Per quanto riguarda la produzione della carne, sia il peso vivo che le rese al macello degli agnelli sono nettamente superiori nei confronti di altre razze presenti sul territorio. La qualità della carne è ancora oggi considerata molto elevata; la razza sembra quindi in grado di imporsi sul mercato locale ma gli allevatori lamentano molte difficoltà a competere nel mercato comunitario con i prezzi attuali, assolutamente non remunerativi per gli allevatori italiani. La lana ha perso progressivamente valore e attualmente resta invenduta rappresentando un costo notevole sia per la tosatura, che deve comunque essere fatta, che per i costi di smaltimento del prodotto. 8/48

La produzione di latte si è mantenuta su livelli più che soddisfacenti, probabilmente anche aumentati rispetto al secolo scorso. Attualmente però non si rileva produzione di formaggi per la vendita; solo pochi allevatori ne producono per consumo personale. L abbandono della caseificazione è avvenuto quando le norme in materia di igiene sono diventate, secondo gli allevatori, eccessivamente vincolanti; le strutture a disposizione risultavano inappropriate e gli ingenti investimenti necessari hanno soffocato le piccole produzioni tradizionali, sostituite, con l arrivo della pecora Sarda, da sistemi intensivi. Il tipico pecorino senese continua, però, a prodursi e vendersi come prodotto di eccellenza. Sette allevatori hanno inoltre risposto, sotto la guida di personale CIRSEMAF, ad una indagine aziendale che e stata eseguita seguendo un apposito questionario formulato per acquisire dati circa le condizioni in cui versa attualmente l allevamento della Pecora Amiatina e delle Crete senesi, riguardante: Eta dei titolari; Titolo di possesso della terra; Superfice aziendale e suo utilizzo ripartito tra foraggere, pascolo, bosco, altre colture; Altimetria; Numero di unità lavorative impegnate; Forma di conduzione; Patrimonio zootecnico aziendale di altre razze o specie; Numerosita dei greggi indicati dagli allevatori come amiatini autoctoni. Attualmente le poche aziende che allevano pecore dell Amiata sfruttano quasi esclusivamente la sola produzione di carne (agnello macellato a circa 40 giorni in corrispondenza del periodo natalizio o pasquale). Alcune aziende che negli scorsi decenni erano passate alla razza Sarda conservarono, fortunatamente, un piccolo gregge autoctono che, pur non essendo utilizzato in funzione delle proprie potenzialità produttive, non presentava costi aggiuntivi data la grande rusticità ed il grande adattamento al pascolo. In questi allevamenti le due razze sono state tenute separate sia per le esigenze alimentari ed ambientali diverse sia per non compromettere le attitudini di entrambe. In alcune aziende la razza Sarda è stata sostituita a sua volta con esemplari, di provenienza locale, della originaria popolazione autoctona amiatina, dopo che la depressione dei prezzi dei prodotti e l aumento dei costi di produzione, di norma più elevati per la Sarda, ha reso conveniente, per piccole realtà a gestione familiare, il ritorno a produzioni dai bassi costi e con razze più rustiche. Queste sono oggi apprezzate dati i minori rischi che comportano per gli allevatori, soprattutto quando gli input economici sono limitati e, come nella quasi totalità dei casi analizzati, la forma di conduzione è di coltivatore diretto e non c è ricorso a manodopera salariata. Solo in un caso su sette, infatti, vengono impegnate unità lavorative esterne, con cadenza stagionale. La media di unità lavorative impegnate è di 2,14 distribuite equamente tra uomini e donne data l origine familiare del lavoro. 9/48

La superficie aziendale totale è di 754. ha per una superficie media ad azienda che si attesta sui 107.71.00 ha. Tra queste, il valore massimo incontrato è di 240 ha ed il minimo di 39 ha. Tra le sette aziende considerate solo una si colloca su un valore vicino alla media (110 ha), due sono di estensione ben superiore (240. e 190. ha) e le rimanenti quattro vanno dai 39 ha minimi a 60 ha. Nelle figure 1-2 sono riportate le frequenze relative rispettivamente per le classi di estensione e le classi altimetriche. Tabella 1. Ripartizione aziende per classi di estensione N % da 0 a 10 ha 0 0 da 11 a 50ha 1 14,28 da 51 a 100ha 3 42,86 oltre 100ha 3 42,86 Figura 1. Diagramma frequenze relative delle aziende per classi di estensione sup. aziende da 0 a 10 ha da 11 a 50ha da 51 a 100ha oltre 100ha La superficie media aziendale ha valori ben superiori alla media istat nazionale ed è superiore alla classe più rappresentativa per l allevamento ovino che comprende aziende dai 50 ai 100 ha. Il dato ribadisce il carattere estensivo di queste produzioni e la natura montana o di alta collina di questi pascoli; dividendo le aziende per classi altimetriche, in base alla classificazione istat relativa all Italia centro-meridionale, emerge che solo una azienda, la maggiore per superficie, si trova in pianura, le altre sei si distribuiscono uniformemente in una fascia di alta collina ed in montagna con un massimo di 1000 mslm per un centro aziendale, il minore per superficie, e di 1.150 mslm per l estensione del pascolo. La ripartizione dei complessivi 754 ha è stata analizzata individuando quattro classi di destinazione: pascolo, coltivazione di foraggere, bosco, altre colture (destinate all alimentazione umana). La tabella 2 mostra che il pascolo, con 331 ha, è la frazione maggiormente rappresentata; le foraggere, coltivate su 285 ha, sono la seconda classe per estensione; il bosco interessa 100 ha ed infine varie colture quali ulivi, cereali o leguminose destinate al consumo umano, coprono appena 38 ha di superficie. 10/48

Figura 2 Diagramma frequenze relative per classi altimetriche classi altimetriche 0-300msla pianura 14% 700-1000msla montagna 43% 0-300msla pianura 300-700msla collina 700-1000msla montagna 300-700msla collina 43% La produzione delle foraggere è destinata prevalentemente alla nutrizione di altre specie (bovini, equini) e di ovini di razza sarda che, tranne in un solo caso, condividono l allevamento con le pecore amiatine; è significativo, infatti, che il solo caso tra i 7 di allevamento integralmente dedicato alle pecore amiatine destina alle foraggere solo 5.00.00 ha, cioè il valore minimo rilevato e molto sotto la media. Tabella 2. Totale, media e deviazione standard della quantità di superfice destinata a quattro classi di finalità Totale Media Dev. St. Pascolo 331 47,29 ±26,84 Foraggere 285 40,71 ±47,32 Bosco 100 14,29 ±17,41 altre colture 38 5,43 ±10,20 11/48

Figura 3. Diagramma delle frequenze relative della superficie aziendale divisa in classi di utilizzo altre colture 5,04% bosco 13,26% pascolo 43,90% foraggere 37,80% 0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35 0,4 0,45 0,5 Tabella 3. Superficie aziendale e Superficie in affitto sup. sup. in Aziende affitto azienda 1 240 170 azienda 2 110 10 azienda 3 190 100 Le tre aziende di maggiore estensione hanno anche terre in affitto per un totale di 280 ha, distribuiti come mostrato in tabella 3; la prima di queste è l unica che si avvale di unità lavorative stagionali. Le altre quattro aziende sono proprietarie dei loro poderi e coprono 214 ha complessivi; le superfici di proprietà in totale sono il 63% per 474 ha di estensione, il 37% delle superfici è, invece, in affitto. Le età dei titolari sono distribuite equamente tra le due classi anagrafiche riportate in figura 4. Si evidenzia l assenza di addetti al di sopra dei 65 anni il che sembrerebbe un buon presupposto per la futura pastorizia amiatina ma si segnala che all interno della prima classe (fino ai 45 anni) uno solo è il caso al di sotto di 40 anni ed è una donna di 29 anni. L età media è di 49 anni che rappresenta un fattore fortemente limitante per le future prospettive di recupero e impone interventi rapidi che possano tra l altro dare risultati nel breve periodo. Tabella 4. Distanza del centro aziendale dal più vicino centro abitato N % <5 km 2 28,57 >5 km 5 71,43 12/48

Figura 4. Diagramma frequenze assolute e relative dei titolari per classe di età eta' titolari 60 50 40 30 20 n % 10 0 fino a 45 da 46 a 65 oltre 65 I centri aziendali si trovano nel territorio di due comuni Roccalbegna ed Arcidosso e la distanza dal più vicino centro abitato è risultata in media di circa 8 km e solo in due casi la strada è sterrata per un tratto rilevante (>2km); si può quindi affermare che non ci sono forti limiti imposti dalle distanze e dalla viabilità. In tabella 4 sono espresse le frequenze assolute e percentuali di due gruppi di aziende: quelle che distano meno di 5 km e più di 5 km. Nei sette allevamenti interessati dall indagine sono stati selezionati i capi morfologicamente assegnabili al tipo genetico Pecora dell Amiata. Le misurazioni hanno riguardato circa 60 soggetti riproduttori e si è valutata l effettiva separazione esistente tra le diverse razze ovine all interno degli allevamenti. La numerosità del gregge è stata analizzata inserendo in quattro classi i dati ottenuti; le classi sono: 0-30, 31-60, 61-100 e più di 100 capi. Figura 5. Frequenze relative delle diverse classi di consistenza del gregge consistenza gregge %; 14% %; 58% %; 14% %; 14% 0-30 31-60 61-100 >100 La figura 5 mostra le frequenze con cui si sono distribuite le osservazioni. Le prime tre classi hanno un solo caso ciascuna mentre nella quarta ricadono ben 4 allevamenti su 7, attestandosi su un valore pari al 58%. Mediamente queste aziende posseggono 135,57 capi ciascuna, valore di poco superiore alla media 13/48

regionale che è di 107 capi/azienda (ISTAT), ma con valori massimi e minimi molto distanti (max 194; min 24) ad indicare che alcuni allevatori conservano queste pecore come reliquia riducendone, quindi, il numero a poche decine. Le greggi esaminate mostravano caratteri uniformi e concordi con i parametri della razza; quindi, in attesa di una successiva fase di studio per la caratterizzazione biometrica e genetica, le consistenze sono state valutate in modo empirico basandosi anche sulle dichiarazioni degli allevatori. La popolazione complessiva è risultata essere di 788 pecore e 23 arieti nei sette allevamenti in questione, ma non si esclude che altri esemplari possano trovarsi in altre aziende della zona; questi dati confermano il primo censimento effettuato nel 2006 che aveva individuato 18 allevamenti (molti piccolissimi e scarsamente rappresentativi), con 1.282 pecore e 36 arieti, in gran parte riferibili morfologicamente alla razza. Valutando le proporzioni tra i due dati la consistenza sembra attestarsi su quelle cifre che, seppure modeste, risulterebbero quindi di gran lunga superiori a quanto ipotizzato in una precedente comunicazione (Gallai et al., 2008). Ulteriori dati riguardanti la Pecora amiatina provengono dalle schede di descrizione morfologica. Per quanto riguarda la testa è da rilevare l assenza di tettole in tutti gli esemplari censiti ed il portamento orizzontale delle orecchie in 55 casi sui 56 disponibili; questo carattere è coerente con la descrizione fornita da Federconsorzi nel 1961 che attribuiva alla razza, appunto, orecchie piccole portate orizzontalmente. Le corna, come riportato in tabella 5, sono state rilevate nel 62% degli arieti; circa il 13% di questi presenta solo abbozzi e ben il 25% degli stessi è acorne; questo pare in contrasto con la scarsa presenza di maschi acorni che le fonti riportano, secondo le quali nel secolo scorso la percentuale di maschi con corna superava il 90%. Poiché però anche in passato, sia pure con incidenza minore, erano presenti montoni acorni, sembra opportuno, in questa fase di ridotta numerosità, non scartare a priori questi soggetti, ma utilizzarne i migliori, con cautela e parsimonia, al fine di non perdere complessi genici. (Giorgetti et al.) La variabilità presente nella razza è un retaggio di antichi apporti genetici di diverse razze-popolazioni e si riscontra maggiormente negli arieti che storicamente sono l oggetto di tali scambi. Tabella 5. Frequenze assolute e relative della presenza di corna nei maschi N % Si 5 62,50 No 2 25,00 Abbozzi 1 12,50 Le femmine (vedi tabella 6), per l 89% sono acorni, il 7% sono dotate di abbozzi ed il rimanente 4% è cornuta; anche nelle descrizioni storiche risultano per la maggior parte acorni. 14/48

Tabella 6. Frequenze assolute e relative della presenza di corna nelle femmine N % Si 2 3,70 No 48 88,89 Abbozzi 4 7,41 I dati sul vello rilevati riguardano il colore, la copertura e la densità (chiusura) validi per valutare il grado di merinizzazione e il pregio commerciale della lana. In tabella 7 sono riportate le frequenze dei quattro casi incontrati: completamente bianco, macchiato, nero macchiato bianco in testa, marrone. La quasi totalità degli individui è bianco, risultando nel 95,65% dei casi, mentre gli altri tre fenotipi i sono portati ognuno solo in un capo, totalizzando il rimanente 4,35%. Dal punto di vista della pigmentazione la popolazione conferma quanto segnalato in passato (anni 30) e riscontrato nella prima metà del secolo scorso. Tabella 7. Frequenze assolute e relative delle differenti pigmentazioni del vello n % Bianco 66 95,65 Macchiato 1 1,45 nero macchiato bianco in testa 1 1,45 Marrone 1 1,45 Le frequenze relative della copertura del vello nelle diverse regioni corporee sono illustrate in figura 6, mentre quelle assolute in tabella 8. Tabella 8. Frequenze assolute della copertura del vello per 5 regioni corporee Si No nd Ventre 41 28 0 Collo 69 0 0 Arti 30 39 0 Gomito 35 32 2 Testa 53 14 2 Il vello ha quindi una buona estensione ed indica un discreto grado di merinizzazione che sembra provenire dai passati scambi tra le popolazioni della Toscana meridionale e quelle umbro-marchigiane di razza Vissana, che già dalla seconda metà del 700 era interessata da incroci per accentuarne la merinizzazione. Ancora oggi alcuni allevatori amiatini tendono a chiamare vissane le loro pecore a testimoniare le antiche propaggini che questa razza aveva in Toscana. La variabilità riscontrata per la copertura lanosa sembra indicare ampie possibilità di miglioramento genetico, a partire da un materiale già di livello elevato. Il vello si può considerare di buona densità, nella totalità dei casi semi chiuso e quindi utile per la produzione che pur non rappresentando l attitudine principale integra il potenziale di questa razza a triplice attitudine. 15/48

Figura 6. frequenze relative della copertura del vello nelle diverse regioni del corpo Copertura vello testa gomito arti collo nd no si ventre 0 20 40 60 80 100 120 La mammella mostra uno sviluppo medio-scarso con attaccatura larga e forma simmetrica; la posizione dei capezzoli nel 57% dei casi è laterale a 60, nel 7% a 30 e nell altro 36% a 90, caratteristica sconveniente per la mungitura meccanica (tabella 9). Nell ottica di un recupero della produzione lattifera della razza e di una possibile adozione della mungitura meccanica sia l inclinazione dei capezzoli che lo sviluppo della mammella sono caratteri che andrebbero migliorati; è opportuno ricordare che in passato le ridotte dimensioni della mammella imponeva l esecuzione di più mungiture giornaliere, con notevole dispendio di tempo. Tabella 9. Frequenze assolute e relative dell inclinazione dei capezzoli rispetto alla verticale n % 30º 2 7,14 60º 16 57,14 90º 10 35,71 2.3. Conclusioni Il lavoro svolto ha permesso di individuare dal punto di vista morfologico una popolazione ovina riconducibile alla Pecora dell Amiata e delle Crete senesi che un tempo caratterizzava il territorio montuoso a sud della Toscana compreso tra le province di Siena e di Grosseto. 16/48

Le aziende esaminate in questa sede, pur ubicate nei due versanti senese e grossetano del Monte Amiata, ricadono tutte in provincia di Grosseto. La superficie media delle aziende in cui viene allevata è di poco superiore ai 100 ha, la forma di conduzione è diretto coltivatrice e l allevatore la possiede in gran parte in proprietà (solo le tre aziende più grandi hanno terreni in affitto). Le greggi hanno numerosità piuttosto ampia, con poco più di 135 capi in media, sono di origine locale, tramandati dalla famiglia che le alleva da generazioni e sono destinati alla produzione di carne. Tale destinazione produttiva risulta tuttavia attuata in maniera specializzata solo in 4 delle aziende censite: le altre tre possono essere considerate allevamenti reliquia con un numero di capi allevati inferiore a 50 e con un numero esiguo di agnelli macellati annualmente. La numerosità, benché allo stato attuale sia stato censito solo un campione delle aziende che dichiarano di possederla, sembra indicare una popolazione non a rischio di estinzione ma non stabile perché non visibile, non essendo riconosciuta né da un Registro Anagrafico né nel Repertorio Regionale delle risorse animali autoctone. La sopravvivenza della popolazione può essere assicurata solo dando prospettive produttive certe e remunerative che assicurino non solo la conservazione della risorsa genetica ma la sua effettiva utilizzazione. Gli ovini di questa razza risultano morfologicamente di taglia più contenuta rispetto all Appenninica ed alla Pomarancina, con statura più bassa e regione toracica più sviluppata. Più accentuato sembra inoltre il profilo leggermente montonino e le corna risultano presenti nel 62% dei maschi, inferiore a quanto era da attendersi, e nel 4% delle femmine coerentemente alle descrizioni storiche. Le pecore Amiatine sono caratterizzate, rispetto alle Pomarancine ed alle Appenniniche, da una struttura scheletrica più robusta, particolarmente adattate alla zona di montagna da cui prendono il nome e da una maggior estensione della copertura del vello, di migliore qualità rispetto a quello delle altre due razze toscane. La pecora Amiatina si presenta, dal punto di vista morfologico, come una razza potenzialmente adatta sia alla produzione di carne sia alla produzione di latte, con una mammella che, ancorché di sviluppo non abbondante, risulta simmetrica, ben attaccata e con inserzione dei capezzoli in una certa misura idonei alla mungitura meccanica. Non può inoltre essere dimenticata l attitudine alla produzione di lana, con vello semichiuso esteso alla testa, al collo, al ventre ed agli arti. Si ravvisa adesso la necessità di procedere con la rilevazione dei principali parametri biometrici e con le analisi genetiche mirate alla caratterizzazione della razza. 17/48

3) Attività di studio per la selezione, il recupero e la certificazione di razze ovine autoctone in Corsica 3.1. Origine e popolazione La pecora di razza Corsa fa parte delle razze ad attitudine lattifera del bacino del Mediterraneo. La sua presenza in Corsica si fa risalire a circa 8.000 anni fa, in seguito alla migrazione di popolazioni dalla Sardegna e dall'italia continentale. La popolazione di pecore di razza corsa ha raggiunto il picco massimo nel 1929 quando si contavano 340.000 capi per poi attestarsi intorno agli 85.000 capi, cui si devono aggiungere circa 15.000 pecore di razza sarda o incrociata. Non esiste un vero e proprio standard di razza, si tratta di animali a buona attitudine lattifera, di ridotte dimensioni, che possono presentare vello di colore diverso: bianco o nero ma anche rosso, grigio, marrone, nonché gradazioni di colori intermedi. Particolare attenzione è posta sulle pecore bianche, molto simili alle pecore sarde, che risultano tuttavia più grandi e prive di corna. La pecora di razza corsa è interessata da uno schema di selezione, iniziato nel 1986 dal FRESCOV, convertito in UPRA nel 1996. L obiettivo di selezione è la quantità di latte per lattazione e la resistenza genetica alla scrapie. 3.2. Sistema di allevamento La pecora di razza corsa risulta diffusa in tutta la Corsica, con differenze tra sud (35% dell effettivo) e nord dell isola. Il sistema di allevamento tradizionale si basa sulla doppia transumanza, a partire dai villaggi ubicati a media altitudine (400-800 metri) il gregge viene portato in montagna nel periodo estivo e in pianura durante l inverno. I pascoli di montagna sono in genere pascoli comunali ed appartengono, appunto, ai Comuni o alla Comunità Territoriale della Corsica. Tradizionalmente i greggi percorrevano l invistita (sorta di circuito predefinito) guidati dalle pecore più anziane o dagli arieti. Si tratta di sistemi antichissimi che seguono sempre gli stessi percorsi sin da tempi preistorici. Tale abitudine, ancora in uso, consente all allevatore di non sorvegliare il gregge in permanenza e di avere altre occupazioni durante la giornata. Alcuni allevatori praticano ancora l allevamento di tipo estensivo utilizzando le risorse foraggere naturali, solo in pochi utilizzano terreni di proprietà privata, mentre spesso possiedono terreni in affitto (basati su contratti spesso verbali) adibiti al pascolo o utilizzati per frutteti e vigneti. In questi casi le integrazioni alimentari sono scarse ma le produzioni si mantengono intorno alla media della razza o poco al di sotto. E presente anche un tipo di allevamento più intensivo, non transumante, che utilizza terreni irrigui e integrazioni nella dieta a base di fieno durante la stagione secca. Tuttavia non tutti questi allevamenti raggiungono elevati livelli produttivi, a causa della scarse competenze tecniche di alcuni allevatori. 18/48

Quale che sia il sistema di allevamento le pecore vivono in permanenza all esterno e rientrano in ovili aperti solo alla sera. Tutti gli allevatori sono proprietari dei loro greggi che hanno una consistenza media di 200 capi, con significative differenze che vanno dagli 80 a 1.000 animali. 3.3. Caratteristiche della razza Le caratteristiche principali della pecora corsa sono la rusticità e l adattabilità. Questa razza è infatti in grado di sopportare periodi di carenza alimentare, mantenendo discreti livelli produttivi; è adattata all allevamento di tipo transumante ed è dotata di spiccata resistenza alle malattie. Tradizionalmente munta a mano, è dotata di una spiccata attitudine a cedere il latte rapidamente. La pecora Corsa è dotata inoltre di grande plasticità, caratteristica che le consente, dopo cali produttivi dovuti a carenze alimentari nei periodi siccitosi, di recuperare discreti livelli produttivi con l arrivo delle piogge e la ripresa della crescita dell erba. Il ciclo riproduttivo prevede la stagione dei salti, di tipo naturale, tra maggio e giugno per le adulte e alla fine di agosto per le agnelle. L età al primo parto è compresa tra i 16 e i 18 mesi ma talvolta raggiunge i due anni. Il tasso di fertilità in estro naturale è dell 89%, con valori del 95% per le adulte e del 64% per le primipare. Sotto estro indotto (sincronizzazione ormonale), la fertilità media è del 68.3%, valore che, se paragonato ad altre razze (55-65%) conferma l ottima attitudine riproduttiva della razza. Il tasso di prolificità è del 113,5% sotto estro indotto e del 130% in inseminazione artificiale. La percentuale di rimonta e di riforma coincidono attestandosi intorno al 17%. La percentuale di pecore partorite che entrano in mungitura è del 91%, in quanto alcune pecore a fine carriera vengono fatte riprodurre pur non entrando in produzione. La produzione di latte media è di 110 litri in 168 giorni, con 116 litri in 180 giorni per le pecore adulte e 62 litri per le primipare di un anno. Esistono tuttavia notevoli differenze che vanno da produzioni di 50 o 60 litri in 160 o 180 giorni a 220 litri a 200 giorni. Il latte presenta un tenore in materia utile 1 di 132 g/litro. Esso veniva tradizionalmente utilizzato per arricchire in grasso alcuni formaggi ovini continentali, quali per esempio il Roquefort. La lana (circa 1 kg/capo anno) non rappresenta un introito per l allevatore ma piuttosto una spesa rappresentata dalla tosatura che nel mese maggio è praticata per lo più da tosatori professionali. La lana corsa, come quella sarda, è nota per essere una lana rustica, poco soffice, ma dotata di una grande resistenza e molto impermeabile. E caratterizzata da un estrema variabilità del colore, con quattro colori di base (écru, grigio, beige e nero) e delle sfumature che variano a seconda dell età dell animale. 1 msu = tenore grassi (g/l) + tenore proteine (g/l) 19/48

Raramente la lana di un singolo animale presenta colori uniformi: esistono infatti pecore bicolori e le giarre sono sempre di colore differente : nere negli animali grigi, bianche chiare in quelli écru e marroni nelle pecore beige. Anche i peli lunghi sono spesso di due colori, fatto che conferisce un aspetto chiné (screziato) molto interessante. 20/48

4) Attività di studio per la selezione, il recupero e la certificazione di razze ovine autoctone in Sardegna 4.1. Indagine storica In Sardegna la gestione delle risorse genetiche locali è stata molto differente nelle diverse specie. Negli ovini, per i quali esisteva una razza locale ben adattata all ambiente di origine con buon attitudine lattifera, si è operata la selezione per la produzione di latte e alcuni caratteri morfologici della razza autoctona in purezza, mentre nelle altre specie (suina, caprina e bovina) si è puntato sull incrocio, non sempre programmato, con razze migliorate. Originariamente la pecora di razza Sarda era di piccola taglia, con presenza di corna sia nei maschi che nelle femmine e con produzioni di latte basse se confrontate a quelle attuali. Tradizionalmente erano identificabili tre tipi morfologici: la pecora delle montagne, di mole ridotta, la pecora di media taglia, tipica delle colline e la pecora di taglia maggiore che popolava prevalentemente le grandi pianure (Passino, 1936, Bonelli 1950, Bonadonna 1976, Molina et al., 1991). La pecora di piccola taglia, tipica delle alture dell interno, poteva essere assimilata al tipo morfologico originario della razza Sarda. La selezione genetica per la pecora di razza Sarda è iniziata, in forma collettiva, nel 1927 con l istituzione del Libro Genealogico (LG) della razza Sarda e la creazione dell Ovile Sardo nei pressi di Monastir (CA) che consisteva in un allevamento nucleo nel quale le femmine provenienti da diversi allevamenti dell isola erano raggruppate e accoppiate con gli arieti provenienti dalle migliori madri (Passino, 1936). Finalità del libro genealogico era, oltre la fissazione di un preciso standard di razza (che comportava il colore bianco del vello e l assenza di corna in entrambi i sessi), il miglioramento dell attitudine lattifera attraverso la selezione per l incremento del latte munto per lattazione per capo. In seguito gli obiettivi della selezione sono stati ampliati e, stante la preminenza della produzione di latte, sono stati recentemente implementati la selezione per la morfologia mammaria, finalizzata a migliorare l attitudine alla mungitura meccanica (Carta et al.,1999; Casu et al., 2006) e la resistenza alla scrapie (Salaris et al., 2006). Lo schema di selezione della pecora di razza Sarda è gestito dalla Associazione Nazionale della Pastorizia (ASSONAPA) con il supporto tecnico e scientifico del Di.R.P.A. dell AGRIS Sardegna. Esso, così come i più efficienti schemi di selezione delle razze ovine da latte europee, si fonda sul principio della gestione piramidale della popolazione con all apice della piramide il Libro Genealogico (LG), dove si applicano i controlli funzionali delle produzioni, la valutazione genetica dei riproduttori, la fecondazione artificiale (FA) e la monta naturale (MN) controllata, e alla base della piramide il resto della popolazione, cosiddetta commerciale, che si approvvigiona di arieti dal LG (Barillet, 1997; Carta e Ugarte, 2003). Il LG conta circa 240,000 capi, in oltre un migliaio di allevamenti, a fronte di una popolazione commerciale, stimabile in circa 3,600,000 capi e 13,000 allevamenti. Nel corso degli anni, la gran parte della popolazione ovina della Sardegna si è andata uniformando verso un tipo di taglia media, fortemente produttivo, con 21/48

vello bianco e testa acorne. Tuttavia è ancora presente, nella zona sud-occidentale (Sulcis-Iglesiente) dell Isola e nell Ogliastra, una piccola popolazione di pecore nere che presentano dei caratteri ancestrali che sono andati via via scomparendo. Dal punto di vista fenotipico questi animali sono caratterizzati da: vello nero, che con l età può tendere al grigio; taglia piccola; presenza frequente di corna in entrambi i sessi; padiglioni auricolari ridotti o assenti. La presenza di caratteri ancestrali suggerisce che la pecora nera sia sfuggita, in parte, al processo di selezione che ha invece interessato la razza Sarda, in particolare nella regione di Arbus, probabilmente a causa del mantenimento di alcune attività artigianali proprie di questa zona della Sardegna quali la produzione del tipico coltello chiamato arburesa con il manico fabbricato in corno di pecora e del tradizionale tessuto nero di lana ruvida detto orbace o furesi (Piras et al., 2009). La cessata richiesta da parte del mercato del tessuto che si otteneva dalla lana di questi animali, l orbace, che veniva tradizionalmente utilizzato in passato per la manifattura di indumenti od oggetti di uso domestico come i tappeti, ma soprattutto per le divise militari durante il regime fascista, contribuisce a spiegare il declino di questa razza. La presenza di animali provvisti di orecchie di piccole dimensioni o addirittura privi dei padiglioni auricolari ha creato, inoltre, difficoltà quando è stato reso obbligatorio, in tutta la Comunità Europea, il tatuaggio auricolare ai fini dell identificazione individuale dei soggetti presenti in allevamento. L epidemia di febbre catarrale maligna degli ovini, che ha interessato la Sardegna a partire dal 2000, ha, inoltre, contribuito a diminuire ancor di più le consistenze della pecora nera soprattutto in quelle zone dell Isola dove erano presenti i nuclei più significativi quali il centro-sud (Carta et al., 2005). 4.2 Indagine sul territorio Il Dipartimento per la ricerca sulle produzioni animali (già Istituto Zootecnico e Caseario per la Sardegna) ha avviato da diversi anni un attività di ricerca mirata a caratterizzare le popolazioni animali autoctone della Sardegna e a formulare proposte organiche di gestione, conservazione e/o miglioramento genetico. Anche per quanto riguarda le pecore nere l approccio seguito ha previsto diverse azioni: - la ricognizione storica sui tipi genetici locali e i sistemi di allevamento utilizzati in passato nell Isola; - la caratterizzazione del territorio, del sistema di allevamento e dei prodotti tipici; - la valutazione produttiva e morfo-funzionale degli animali; - la caratterizzazione genetica attraverso loci marcatori neutrali; - la costituzione di allevamenti nucleo e banche del germoplasma. 22/48