FONDO PATRIMONIALE: REVOCATORIA ORDINARIA" Cass. Civ. 22878/12 commento e testo



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FONDO PATRIMONIALE: REVOCATORIA ORDINARIA" Cass. Civ. 22878/12 commento e testo Rosaria CONVERSO P&D.IT Il patrimonio di chi esercita attività imprenditoriale o professionale è sempre potenzialmente suscettibile di aggressione da parte di creditori insoddisfatti. L'imprenditore individuale risponde, di fatto, dei debiti relativi alla propria attività con tutto il suo patrimonio (presente e futuro); parimenti il socio di società di persone. Ma anche chi gestisce l'azienda attraverso una società di capitali (s.r.l. o s.p.a.), non è immune da rischi; ed infatti, pur non rispondendo direttamente dei debiti, deve sovente sottoscrivere fideiussioni e/o garanzie personali; può, inoltre, essere chiamato a rispondere, in proprio, quale amministratore. Il professionista, d altro canto, è esposto a richieste di risarcimento da parte dei clienti, soprattutto se è membro di un collegio sindacale. In ragione delle vigenti normative in materia, attualmente, anche chi ha un incarico dirigenziale, in un'impresa o un ente pubblico, è oggi gravato da responsabilità sempre crescenti nei termini appena descritti.. Per ovviare ai descritti inconvenienti, imprenditori e professionisti ricorrono laddove è possibile al singolare espediente del fondo patrimoniale. Si tratta di un vincolo costituito, con atto notarile, su alcuni beni, che vengono destinati a far fronte alle necessità della famiglia (oltre a quelle primarie, anche a quella del mantenimento del tenore di vita liberamente scelto dai coniugi).

I beni compresi nel fondo patrimoniale e i loro redditi non sono soggetti a esecuzione forzata per i debiti che il creditore sapeva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia. Tra questi rientrano tutti i debiti contratti nell esercizio di un impresa commerciale e/o, comunque, di un attività professionale, ma anche, secondo l opinione prevalente, i debiti derivanti da obblighi di risarcimento dei danni, da sanzioni penali o amministrative e, da ultimo anche gli obblighi fiscali. Ancorché non esista un idonea base normativa in merito, le Corti di merito e di legittimità nazionali hanno sancito, infatti, che anche i debiti fiscali devono fermarsi di fronte ai beni costituiti in fondo patrimoniale, se non si tratta di debiti sorti per soddisfare i bisogni della famiglia (si cfr.no, ex multis, Cass. Civ., 7 luglio 2009, n. 15862 e Commissione Tributaria di Milano 20 dicembre 2010, n. 437). Il beneficio interessa tutti i debiti estranei ai bisogni della famiglia. Tuttavia, per i debiti anteriori alla costituzione del fondo patrimoniale, i creditori possono impugnare la costituzione del fondo, esercitando l azione revocatoria fallimentare (entro due anni dalla costituzione del fondo) oppure la revocatoria ordinaria (entro cinque anni, ricorrendone i presupposti). I coniugi, inoltre, devono sempre dimostrare che il creditore sapeva che il debito era stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia. Il fondo patrimoniale, dunque, non può mai essere utilizzato per sottrarsi al pagamento di debiti preesistenti. Esso può costituirsi su beni di proprietà di uno solo dei coniugi o di entrambi. Di solito è utilizzato per gli immobili (id est, case, fabbricati di ogni genere, terreni edificabili o agricoli), ma può comprendere anche titoli di credito (per esempio azioni di s.p.a., ma non quote di s.r.l.) o beni mobili registrati (autoveicoli, imbarcazioni, aeromobili).

La costituzione del fondo non comporta il trasferimento dei beni: essi restano, infatti, intestati a chi ne era già proprietario. In qualsiasi momento è possibile con un nuovo atto notarile comprendere altri beni nel fondo patrimoniale, già costituito. Ancorché il fondo patrimoniale possa essere costituito anche da una persona diversa dai coniugi, la circostanza è assai rara a causa dei dubbi sulla situazione dei beni di proprietà di una persona, ma destinati a soddisfare le esigenze di altri. L amministrazione ordinaria dei beni del fondo spetta a entrambi i coniugi disgiuntamente, secondo le regole della comunione legale. E', tuttavia, necessario il consenso di entrambi i coniugi per la vendita dei beni costituiti in fondo patrimoniale, anche se il proprietario è uno solo di essi. Lo stesso vale per tutti gli atti dispositivi, come per esempio la costituzione di un diritto di usufrutto sul bene, ovvero la concessione di ipoteca a garanzia di un mutuo. Se nella famiglia ci sono figli di minorenni, la vendita dei beni compresi nel fondo patrimoniale deve essere autorizzata dal tribunale. Regola, questa, derogabile inserendo nell'atto costitutivo del fondo una clausola che consente di disporre dei beni senza bisogno dell'autorizzazione del tribunale, anche in presenza di figli minori. In questo caso è possibile vendere liberamente i beni o stipulare un mutuo, concedendo quale garanzia un'ipoteca sui beni personali compresi nel fondo patrimoniale.

La sentenza in commento affonda un caso di revocatoria ordinaria di un bene immobile inserito nel fondo patrimoniale successivamente all insorgere di un debito. L'azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua esperibilità, la sola esistenza di un debito e non, anche, la concreta esigibilità dello stesso. In tale prospettiva è stato affermato, pertanto, che, prestata fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore principale connesse a un'apertura di credito, gli atti dispositivi del fideiussore, successivi all'apertura di credito e alla prestazione della fideiussione, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti alla predetta azione, ai sensi dell'art. 2901 c.c., n. 1, prima parte, in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore (scientia damni) e al fattore oggettivo dell'avvenuto accreditamento. L'insorgenza del credito va, infatti, apprezzata con riferimento al momento dell'accreditamento e non a quello, eventualmente successivo, dell'effettivo prelievo da parte del debitore principale della somma messa a sua disposizione (si confr.no Cass. Civ., 15 febbraio 2011, n. 3676; Cass. Civ. 29 gennaio 2010, n. 2066; Cass. civ. 9 aprile 2009, n. 8680). Nel caso di specie, il giudice di merito ha accertato che i crediti azionati dalle appellanti traevano origine da fideiussioni prestate dai coniugi per affidamenti subito revocati. La costituzione del fondo era successiva alla prestazione delle fideiussioni e alla loro revoca. Nessun dubbio, quindi, circa l'anteriorità del credito vantato dai creditori, rispetto all'atto di costituzione del fondo patrimoniale. Cassazione civile sez. VI, 12 dicembre 2012, n. 22878 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE 3 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FINOCCHIARO Mario - Presidente

- Dott. AMENDOLA Adelaide - rel. Consigliere - Dott. AMBROSIO Annamaria - Consigliere - Dott. GIACALONE Giovanni - Consigliere - Dott. DE STEFANO Franco - Consigliere - ha pronunciato la seguente: ordinanza sul ricorso 11693/2011 proposto da: S.O. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VOLSINIO 8/A, presso lo studio dell'avvocato PICCARRETA CATALDO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MANOTTO SIRO, MASSIMILIANO MANETTI giusta procura speciale in calce al ricorso; - ricorrente - contro BANCA POPOLARE DI VICENZA (OMISSIS), in persona del Vice Presidente del Consiglio di Amministrazione, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 3, presso lo studio dell'avvocato ZANETTIN PIERANTONIO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato BARBIERI LELIO giusta procura in calce al controricorso; - controricorrente - contro ITALFONOIARIO SPA nella sua qualità di procuratore della CASTELLO FINANCE SRL (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LEONIDA BISSOLATI 76, presso lo studio dell'avvocato GARGANI BENEDETTO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati FAGGIN FRANCO, FANCHIN GIUSEPPE giusta procura in calce al controricorso; - controricorrente - e contro BANCA ANTONIANA POPOLARE VENETA, INTESA SAN PAOLO SPA, UNICREDIT BANCA DI IMPRESA SPA, CAPITALIA SPA;

- intimate - avverso la sentenza n. 2358/2010 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA del 19/04/2010, depositata il 25/11/2010; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/11/2012 dal Consigliere Relatore Dott. ADELAIDE AMANDOLA; udito l'avvocato Zanettin Pierantonio difensore della controricorrente (Banca Popolare di Vicenza) che si riporta agli scritti; è presente il P.G. in persona del Dott. AURELIO GOLIA che si riporta alla relazione scritta. FATTO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE E' stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti, "Il relatore, cons. Adelaide Amendola esaminati gli atti, osserva: 1. Con citazione notificata il 3 marzo 1993 Banca Intesa s.p.a. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Vicenza I. B., S.O. e I.M.G. e, premesso di essere creditrice, nei confronti dei primi, della somma di lire 609.451.140, oltre accessori, in forza di decreto ingiuntivo del 28 giugno 1990, chiese, per quanto qui interessa, che venisse dichiarato inefficace nei suoi confronti, l'atto in data 23 maggio 1990, con il quale i coniugi I.B. e S. O. avevano costituito in fondo patrimoniale un immobile sito in (OMISSIS). Nella causa così instaurata, intervennero Banca Popolare di Vicenza, Banca Antoniana Ambrosiana Veneta, Unicredit Banca d'impresa e Capitalia s.p.a., anch'esse agendo in revocatoria. I convenuti, costituitisi in giudizio, contestarono le avverse pretese. Con sentenza del 25 ottobre 2006 il giudice adito rigettò la domanda. Proposto gravame da Intesa San Paolo s.p.a. (già Banca Intesa s.p.a.), da Banca Popolare di Vicenza e da Castello Finance s.r.l., cessionaria del credito controverso, la Corte d'appello di Venezia, in data 14 aprile 2011, in riforma della decisione impugnata, ha dichiarato inefficace, nei confronti delle impugnanti l'atto in data 23 maggio 1990, di costituzione del fondo patrimoniale. 2. Avverso detta pronuncia ricorre per cassazione S. O., formulando due motivi e notificando l'atto a Banca di Vicenza s.c.a.r.l., a Castello Finance s.r.l., a Intesa San Paolo s.p.a, a Banca Antonveneta, a Capitalia s.p.a., a Unicredit Banca d'impresa s.p.a.. Resistono con due distinti controricorsi Banca Popolare di Vicenza s.c.a.r.l. e Castello Finance s.r.l.. 3. Il ricorso è soggetto, in ragione della data della sentenza impugnata, successiva al 4 luglio 2009, alla disciplina dettata dall'art. 360 bis, inserito dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. a). Esso può pertanto essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi rigettato. 4. Nei due motivi di ricorso, denunciando vizi motivazionali in ordine alla questione della soggezione a revocatoria ordinaria dell'atto di costituzione del fondo patrimoniale successivo all'apertura di credito e alla prestazione di garanzia, nonchè violazione dell'art. 2901 cod. civ., ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la ricorrente critica l'assunto del giudice di merito secondo cui, prestata la fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore connesse a un'apertura di credito, l'atto dispositivo di costituzione del fondo patrimoniale posto successivamente in essere sarebbe soggetto a revocatoria ex art.

2901 c.c., n. 1, in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza di arrecare danno al creditore. Sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, avrebbe dovuto essere verificata la sussistenza del requisite della dolosa preordinazione in danno del creditore. Aggiunge che il giudice di merito avrebbe fatto malgoverno del materiale probatorio acquisito, non avendo considerato nè l'esigenza che aveva indotto i disponenti alla costituzione del fondo la necessità di salvaguardare la figlia I.C., gravemente disabile - nè la consistenza, per vero notevole, del loro patrimonio. 5. Le censure non hanno pregio per le ragioni che seguono. E pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che l'atto di costituzione del fondo patrimoniale, anche quando è posto in essere dagli stessi coniugi, costituisce negozio a titolo gratuito che può essere dichiarato inefficace nei confronti del creditore, qualora ricorrano le condizioni di cui all'art. 2901 c.c., n. 1 (confr. Cass. civ. 18 ottobre 2011, n. 21492; Cass. civ. 7 ottobre 2008, n. 24757). A ciò aggiungasi che l'azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua esperibilità, la sola esistenza di un debito, e non anche la concreta esigibilità dello stesso. In tale prospettiva è stato quindi affermato che, prestata fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore principale connesse a un'apertura di credito, gli atti dispositivi del fideiussore successivi all'apertura di credito e alla prestazione della fideiussione, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti alla predetta azione, ai sensi dell'art. 2901 c.c., n. 1, prima parte, in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore (c.d. scientia damni) e al fattore oggettivo dell'avvenuto accreditamento. Ciò in quanto l'insorgenza del credito va apprezzata con riferimento al momento dell'accreditamento e non a quello, eventualmente successivo, dell'effettivo prelievo da parte del debitore principale della somma messa a sua disposizione (confr. Cass. civ. 15 febbraio 2011, n. 3676; Cass. civ. 29 gennaio 2010, n. 2066; Cass. civ. 9 aprile 2009, n. 8680). 6. Venendo al caso di specie, il giudice di merito ha accertato che i crediti azionati dalle appellanti traevano origine da fideiussioni prestate dai coniugi I., il 14 novembre 1986, in favore di Big Big s.r.l., e il 15 marzo 1990, in favore di ISP; che già il 15 giugno dello stesso anno era intervenuta la revoca degli affidamenti; che medio tempore, erano maturati debiti per quasi quattro miliardi di lire ed erano stati chiesti ed emessi svariati decreti ingiuntivi. In tale contesto non par dubbio che l'anteriorità del credito vantato dalle appellanti, rispetto all'atto di costituzione del fondo patrimoniale, intervenuto in data 23 maggio 1990, è stata correttamente affermata dalla Corte territoriale. 7. Infine le argomentazioni volte a contestare il positivo apprezzamento, da parte del decidente, dei requisiti propri dell'azione revocatoria, attraverso la surrettizia evocazione di violazioni di legge e di vizi motivazionali, in realtà inesistenti, mirano a sollecitare una rivalutazione dei fatti e delle prove preclusa alla Corte Regolatrice. Valga al riguardo considerare che sia l'eventus damni, che la conoscenza del pregiudizio che l'atto arreca alle ragioni del creditore sono oggetto di un giudizio devoluto al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità ove, come nella fattispecie, congruamente motivato (confr. Cass. civ. 17 agosto 2011, n. 17327; Cass. civ. 7 ottobre 2008, n. 24757). 8. La manifesta infondatezza del ricorso esime dall'ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti di I. B., litisconsorte necessario (confr. Cass. civ. 27 gennaio 2012, n. 1242). E invero, il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 cod. proc. civ.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, comportamenti tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio e delle garanzie difensive dei soggetti nella cui sfera giuridica l'atto finale è destinato a esplicare i suoi effetti. In tale prospettiva è stato quindi affermato che, in

caso di ricorso per cassazione prima facie infondato, appare superflua, pur potendone sussistere i presupposti, la fissazione del termine ex art. 331 cod. proc. civ. per l'integrazione del contraddittorio, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell'effettività dei diritti processuali delle parti (confr. Cass. civ. 18 ottobre 2011, n. 21494; Cass. civ. 8 febbraio 2010, n. 2723)". Ritiene il collegio di dovere fare proprio il contenuto della sopra trascritta relazione, alla quale la ricorrente non ha del resto neppure replicato. Il ricorso va pertanto rigettato. Segue la condanna dell'impugnante al pagamento delle spese di giudizio. P.Q.M. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 12.200 (di cui Euro 200 per esborsi), oltre IVA e CPA, come per legge, in favore della Banca Popolare di Vicenza, e in Euro 7.200 (di cui 200 per esborsi), oltre IVA e CPA, come per legge, in favore di Castello Finance s.r.l.. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 novembre 2012. Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2012