Il mid-market che cresce veloce e guarda a mercati lontani

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MEDIE IMPRESE MOTORE DI SVILUPPO Il mid-market che cresce veloce e guarda a mercati lontani GE Capital

Contents Introduzione Gli autori di questa ricerca 1. Executive Summary 6 2. Il mid-market Italiano guarda i mercati lontani 8 3. Il mid-market Italiano è tornato a correre 4. Nel mid-market italiano si fa strada la crescita per acquisizioni 13 5. Cresce la flotta dei campioni di crescita del mid-market 14 6. Cosa frena il mid-market italiano 7. I mille volti dell internazionalizzazione del mid-market 18 8. Mid-market italiano nel mondo: dove e con quali forme organizzative? 20 9. Il dragone cinese visto dal mid-market 22 3

Introduzione Paolo Braghieri È giunta alla quarta edizione la nostra ricerca sul segmento del mid-market, in particolare sul ruolo che riveste nel mercato italiano e in quello di altri paesi europei come Francia, Germania e Gran Bretagna. Con la survey - condotta intervistando più di 1.000 executive e senior leader in Italiaabbiamo voluto indagare le strategie e le varie forme organizzative adottate da queste aziende per estendere la loro presenza su altri mercati e le motivazioni che le hanno portate ad aumentare i progetti di crescita attraverso fusioni e acquisizioni. Sono stati messi in evidenza inoltre gli ostacoli che devono essere superati per intraprendere un percorso di crescita ed è stato dedicato un capitolo agli investimenti in Cina. Dal nostro studio emerge un mid-market italiano che cresce ed è in salute in cui le aziende cercano nuove opportunità di sviluppo per poter colmare il divario con i competitor più affermati, focalizzandosi su investimenti, controllo dei costi, capacità di attrarre personale qualificato e forte attenzione a nuovi percorsi di crescita attraverso acquisizioni e fusioni. In GE Capital siamo da sempre forti sostenitori del mid-market e con questo studio abbiamo voluto approfondire le principali dinamiche del settore per meglio sostenerne i piani di crescita e aiutarle nelle loro sfide. Sono convinto che con la dovuta attenzione ai cambiamenti e agli investimenti richiesti dal mercato, le medie imprese italiane saranno protagoniste di percorsi di successo nei prossimi anni. Paolo Braghieri CEO, GE Capital Italy 4

Gli autori di questa ricerca Questo rapporto è stato scritto dai professori Paolo Gubitta (coordinatore), Bruno M. Parigi e Diego Campagnolo dell Università di Padova. Paolo Gubitta Università di Padova Paolo Gubitta (Ph.D. Università Ca Foscari di Venezia) è professore di organizzazione aziendale e imprese familiari all Università di Padova e direttore scientifico dell Area Imprenditorialità di CUOA Business School. Le sue ricerche sono focalizzate sull organizzazione delle piccole e medie imprese, l imprenditorialità e le società di servizi professionali. Bruno M. Parigi Università di Padova Bruno M. Parigi (Ph.D. Rutgers University, New Jersey) è professore di economia all Università di Padova. I suoi interessi di ricerca sono banking e corporate governance. Diego Campagnolo Università di Padova Diego Campagnolo (Ph.D. Università di Padova) è professore di organizzazione aziendale e strategia d impresa all Università di Padova. I suoi interessi di ricerca riguardano l evoluzione dei modelli di business e le strategie di crescita delle piccole e medie imprese. 5

1. Executive Summary Le imprese italiane del mid-market hanno ripreso a marciare in modo deciso, confermando il trend già rilevato nel 2014 e riducendo la distanza dai principali partner europei. Il mid-market, inoltre, segnala un cambio di passo nelle strategie di crescita, con una decisa virata verso la crescita per acquisizioni e fusioni. La necessità di velocizzare questo processo non lascia alternative alla ricerca di aziende target e alla realizzazione di unioni rapide. È la strada giusta, ma non è priva di ostacoli in termini sia di disponibilità di risorse finanziarie e accesso al mercato dei capitali, sia di competenze per gestire l integrazione delle strutture e dei comportamenti, come emerge dalle indicazioni proprio dei campioni di crescita. Il mid-market ha altresì potenziato la propensione all internazionalizzazione, anche attraverso forme più stabili e orientate al medio-lungo termine, come le alleanze e la creazione di joint-venture. Pur rimanendo ancorato ai mercati europei, il mid-market sta potenziando la presenza sul mercato cinese, a cui quest anno la ricerca dedica una sezione ad hoc. È la strada maestra per competere sullo scacchiere globale. Restano le incognite sul contesto di riferimento, nazionale e internazionale, che però sono al di fuori della portata delle decisioni imprenditoriali. È noto che nuovi ed importanti cambiamenti nella regolamentazione finanziaria sono intervenuti negli ultimi dodici mesi. Dal novembre 2014 le principali banche italiane sono soggette alla vigilanza della BCE, il che ha obbligato queste banche a sottoporsi ad una rigorosa operazione di valutazione dei loro bilanci, la cosiddetta asset quality review. Le metodologie usate hanno penalizzato talora ingiustamente le banche italiane, legate da relazioni di lungo periodo alle imprese affidate, relazioni difficilmente quantificabili secondo gli schemi richiesti dalla BCE, ma che hanno avuto il pregio di continuare ad erogare relativamente ampi volumi di credito alle imprese italiane del midmarket anche durante la crisi, mitigando il credit crunch. 6

Tabella1: Il mid-market: definizioni nazionali Paese Definizione di mid-market (fatturato annuo) Gran Bretagna 15m - 800m Germania 20m - 1mld Francia 10m - 500m Italia 5m - 250m La definizione di mid-market adottata per l Italia tiene conto del fatto che la struttura industriale italiana è stata dominata dall elevata presenza di imprese di piccola dimensione. Le ragioni che spiegano questo fatto sono ben note: la struttura del sistema finanziario ha sostenuto i progetti delle imprese, soprattutto con il capitale di debito e non con il capitale di rischio, rendendo più difficili percorsi di crescita ambiziosi e perpetuando situazioni di sottocapitalizzazione; l imprinting del diritto del lavoro italiano, che affonda le sue radici agli inizi degli anni Settanta, ha ridotto l incentivo a crescere, per non perdere i vantaggi dell applicazione di una normativa meno vincolante. Oggi, la situazione è molto cambiata e l approvazione del Jobs Act ha cambiato radicalmente il contesto, ma l impatto di quella struttura normativa non è ancora stato completamente superato; le specializzazioni settoriali dell industria italiana, che almeno in parte derivano dai primi due fattori descritti sopra: la minore disponibilità di capitali di rischio ha condotto molte imprese ad investire in settori con minori esigenze di investimenti ma anche con più basse prospettive di innovazione, che oggi sono quelli a minori tassi di crescita; la convenienza a rimanere piccoli ha spinto altre imprese a individuare nicchie limitate oppure a preferire posizioni di subfornitura per grandi imprese, perdendo quindi il contatto diretto con il mercato. Nel complesso, il sistema produttivo italiano si caratterizza per una dimensione media delle imprese italiane (sia per addetti sia per fatturato) più piccola rispetto a quella delle imprese degli altri Paesi EU-4 coinvolti nella ricerca. Alla luce di queste caratteristiche, e in linea con lo studio dell anno scorso, adottiamo una definizione più ristretta di mid-market rispetto agli altri Paesi, includendo le imprese con un fatturato compreso tra 5 e 250 milioni di euro. 7

figura 1: Sentiment sull andamento dell impresa, del settore e dei mercati. % di crescita attesa al netto delle diminuzioni. Italia Gran Bretagna Germania Francia 57 45 38 31 46 49 75 62 61 62 19 41 71 61 53 57 33 40 59 46 32 12 25 28 Impresa Settore Mercato regionale Mercato nazionale Mercato europeo Mercato mondiale 2. Il mid-market italiano guarda i mercati lontani Le medie imprese italiane stimano che saranno i mercati non domestici i luoghi nei quali si manifesteranno i maggiori tassi di crescita: questa percezione coinvolge sia il mercato europeo (46% per il mid-market italiano, a fronte del 19% della Gran Bretagna, del 33% della Germania e del 25% della Francia), sia i mercati più lontani. Su questo secondo fronte, per le imprese italiane la percezione è più marcata (49%) rispetto a Gran Bretagna (41%) e Germania (40%) e quasi doppia rispetto alla Francia (28%). Questi dati confermano quanto emerso già nel rapporto 2014: la debolezza della domanda interna, che impone alle nostre imprese di estendere le proprie strategie in modo sistematico in altri Paesi. Questa situazione accomuna Italia e Francia, mentre Gran Bretagna e Germania presentano una maggiore fiducia nella capacità di ripresa del mercato interno (Figura 1). Il quadro macro è segnato da importanti novità negli ultimi 12 mesi. La forte discesa del prezzo del petrolio ha ridotto significativamente la bolletta energetica italiana con effetti positivi sui costi delle imprese e sui bilanci delle famiglie mitigando la debolezza della domanda interna. La politica monetaria non tradizionale e molto espansiva introdotta dalla BCE nei mesi scorsi ha generato da un lato un sostanziale deprezzamento dell euro nei confronti del 8

figura 2: Sentiment sull andamento dei mercati: focus sull Italia. % di crescita/diminuzione attesa. % imprese con fatturato in crescita rispetto all anno precedente 63 52 26 56 38 52 32 20 49 26 20 59 40 23 59 42 24 % imprese con fatturato in diminuzione rispetto all anno precedente Impresa 6 15 Settore 28 Mercato regionale 14 34 23 Mercato nazionale 18 34 26 Mercato europeo 13 25 21 Mercato mondiale 10 24 22 Dato ricerca 2014 Dato ricerca 2013 dollaro stimolando l export, e dall altro ha ridotto sensibilmente il costo del finanziamento del debito pubblico, anche in questo caso con un impatto positivo sulla domanda interna italiana. Forse ancora più importante è il ruolo che tale politica monetaria ha giocato nel contenere le ricadute della crisi greca della prima metà del 2015 sui Paesi ad alto debito pubblico dell area euro. Mentre è troppo presto per capire gli effetti di lungo periodo della crisi greca, fin d ora si può dire che vi è stato solo contenuto aumento degli spread dei titoli pubblici dei Paesi più a rischio dell area euro, e che questo ha certamente beneficiato della determinazione della BCE e del venire meno di annose riserve al suo operato. Studi recenti mostrano che le banche con un forte radicamento nei territori hanno permesso di continuare ad erogare relativamente ampi volumi di credito alle PMI italiane anche durante la crisi. Il prezzo, peraltro moderato e non atteso è stato una non brillante performance delle banche italiane nell asset quality review della BCE. Pur essendo vero che la domanda interna rimane debole, i vertici delle imprese del mid-market italiano si dichiarano più fiduciosi nella ripresa rispetto al 2014, visto che anche i mercati regionali e nazionale risultano essere percepiti in ripresa (Figura 2). 9

figura 3: Sentiment sull andamento dei mercati : analisi per settore. Valori % al netto delle diminuzioni. Manifatturiero Distribuzione e Retailing Costruzioni Trasporti e Logistica Servizi alle imprese Servizi amministrativi 63 51 42 34 50 60 57 35 32 26 41 34 46 25 25 26 41 68 51 40 33 52 74 72 58 53 39 49 51 45 43 14 20 56 50 Impresa Settore Mercato regionale Mercato nazionale Mercato europeo Mercato mondiale Passando all analisi settoriale, si rilevano due fenomeni di interesse anche per le politiche industriali (Figura 3): il sentiment delle imprese manifatturiere e dei servizi professionali alle imprese continuano a muoversi in modo coerente, a conferma che l integrazione tra questi due comparti è uno dei tratti distintivi del capitalismo italiano, da cui possono emergere interessanti ipotesi di sviluppo; il comparto del retail presenta una flessione generalizzata, che è lo specchio delle difficoltà che la GDO e in generale le grandi superfici stanno sperimentando in Italia e riflette anche la loro lentezza nell avviare importanti processi di internazionalizzazione; il mondo della logistica e dei trasporti, invece, presenta un andamento positivo, che si inserisce nell onda di ripresa delle attività manifatturiere; il comparto delle costruzioni continua la fase di flessione, connessa alla persistente crisi di questo settore e alla difficoltà di queste imprese di accedere ai mercati internazionali; un dato interessante, infine, emerge dai servizi amministrativi, che sono spiegati dalla concorrenza dei servizi a distanza e dallo sviluppo delle nuove tecnologie. 10

figura 4: Andamento del fatturato negli ultimi 12 mesi: confronto tra Paesi % Aumento 2015 +2,5% +3,9% +4,0% +3,7% 2014 +2,0% +3,5% +4,0% +3,2% 2013 +0,2% +2,3% +2,4% +1,7% figura 5: Previsioni di fatturato per i prossimi 12 mesi: confronto tra Paesi % Aumento 2015 +3,8% +4,9% +3,8% +2,7% 2014 +3,8% +6,1% +4,8% +3,4% 2013 +0,5% +2,1% +1,7% +1,4% % imprese con fatturato in crescita rispetto all anno precedente % imprese con previsione di fatturato in crescita % imprese con fatturato in diminuzione rispetto all anno precedente Dato ricerca 2014 Dato ricerca 2013 Dato ricerca 2012 63 58 34 53 Italia 13 19 22 29 81 74 52 63 Gran Bretagna 6 13 19 81 76 48 72 Germania 6 6 6 14 72 67 45 65 Francia 9 12 13 % imprese con previsione di fatturato in diminuzione Dato ricerca 2014 Dato ricerca 2013 Dato ricerca 2012 57 52 26 34 Italia 8 15 30 74 66 47 46 Gran Bretagna 7 10 13 4 66 65 35 59 Germania 7 6 9 5 46 51 35 41 Francia 9 13 10 20 3. Il mid-market italiano è tornato a correre Il mid-market italiano appare in buona salute e pronto a ripartire a spron battuto in termini di propensione alla crescita, anche se con tassi meno elevati rispetto agli altri Paesi coinvolti nella ricerca: negli ultimi 12 mesi, il 63% ha registrato un incremento di fatturato: pur essendo inferiore rispetto agli altri Paesi (81% in Gran Bretagna, 81% in Germania, 72% in Francia), è una percentuale ben più consistente di quella rilevata negli anni precedenti; negli ultimi 12 mesi, il 13% ha visto invece una contrazione del fatturato: si tratta di un valore più elevato rispetto a Gran Bretagna (6%), Germania (6%) e Francia (9%), ma in progressivo calo rispetto alle tre rilevazioni precedenti (rispettivamente 19%, 22% e 29%); mediamente, negli ultimi 12 mesi l incremento complessivo è stato del 2,6%, in aumento rispetto a quanto rilevato nella ricerca del 2014 (+2,0%) (Figura 4). Questo scenario improntato alla fiducia è confermato dalle previsioni per i prossimi 12 mesi. Se è vero che dopo una fase di caduta così lunga e prolungata il rimbalzo del fatturato non è ancora così rilevante, è altrettanto vero che il nostro mid-market non perde terreno rispetto ai partner europei: il 57% stima che il fatturato crescerà (66% in Gran Bretagna, 66% in Germania, 46% in Francia); solo l 8% stima di ridurre il volume d affari (4% in Gran Bretagna, 5% in Germania, 9% in Francia); mediamente, nei prossimi 12 mesi le imprese del mid-market stimano un incremento del 3,8%, in linea con quello atteso nel 2014, che se da un lato è più basso rispetto a Gran Bretagna (+4,9%), dall altro è pari a quello della Germania (3,8%) e più alto della Francia (2,7%) (Figura 5).

figura 6: Andamento degli organici negli ultimi 12 mesi: confronto tra Paesi % Aumento 2015 +1,1% +2,5% +1,9% +1,2% 2014 +0,6% +1,8% +2,2% +0,9% 2013 +0,0% +0,6% +1,4% +0,6% figura 7: Previsioni andamento organici nei prossimi 12 mesi: confronto tra Paesi % Aumento 2015 +1,1% +2,5% +1,9% +1,2% 2014 +0,6% +1,8% +2,2% +0,9% 2013 +0,0% +0,6% +1,4% +0,6% % imprese con organico in crescita rispetto all anno precedente imprese con previsione organico in crescita nei prossimi 12 mesi % imprese con organico in diminuzione rispetto all anno precedente Dato ricerca 2014 Dato ricerca 2013 41 38 17 18 22 24 60 51 30 12 20 26 54 55 31 13 14 9 41 41 21 Italia Gran Bretagna Germania Francia 23 26 18 % imprese con previsione organico in declino nei prossimi 12 mesi Dato ricerca 2014 Dato ricerca 2013 34 33 32 8 15 32 48 41 41 7 12 23 39 40 40 7 10 22 26 27 34 Italia Gran Bretagna Germania Francia 8 20 23 Il quadro appena descritto, è confermato anche sul fronte delle dinamiche occupazionali. Considerato che al momento della rilevazione non era ancora entrato in vigore il Jobs Act, questa situazione fa ben sperare per il 2015. Negli ultimi 12 mesi, il 41% delle imprese del mid-markt italiano ha ampliato gli organici: si tratta di un valore più che doppio rispetto al 17% registrato due anni fa e in linea con la crescita già rilevata nel 2014. Preoccupa però che la percentuale di imprese che ha aumentato la propria forza lavoro sia inferiore rispetto a Gran Bretagna (+60%) e Germania (+54%) (Figura 6). È noto che la ripresa dell occupazione è la condizione essenziale per la ripresa della domanda interna, essendo difficile immaginare un allentamento della pressione fiscale. Da questo punto di vista, non si può non rilevare la diminuzione delle previsioni di nuove assunzioni nel 2015 del mid-market italiano (34% a fronte del 41% realizzato nel 2014), anche se il gap rispetto agli altri partner non è così marcato e risulta ampiamente superiore alla Francia (che si ferma al +26%) (Figura 7). 12

figura 8: Strategie di crescita figura 9: Percorsi di crescita nel corso del tempo Campioni di crescita Crescita sostenuta Crescita moderata Stabile o declino 2015 2014 2015 2014 2015 2014 2015 2014 28 41 Crescita per via interna Crescita con acquisizioni e fusioni Consolidamento Sopravvivenza 43 42 5 48 24 24 5 50 21 13 58 14 18 10 54 14 22 9 60 8 12 20 24 41 24 22 5 40 32 Crescita per via interna Crescita con acquisizioni e fusioni Consolidamento Sopravvivenza 4. Nel mid-market italiano si fa strada la crescita per acquisizioni Rispetto alle rilevazioni precedenti, si assiste ad un netto aumento dei progetti di crescita attraverso fusioni e acquisizioni: dal 9% del 2014 al % previsto per il 2015 (Figura 8). Questo scatto delle imprese del midmarket italiano può essere spiegato da due cause. Una riguarda i bassi tassi di interesse, che agiscono su due canali: da una lato rendono meno costosi i finanziamenti per le acquisizioni, dall altro spingendo verso l alto le valutazioni delle azioni rendono più facile le fusioni tramite scambi azionari. L altra ha a che fare con l urgenza di crescere rapidamente che non è compatibile con i tempi dello sviluppo organico. La crescita per linee esterne richiede la capacità di gestire un processo decisionale più complesso per la varietà di prospettive e per le competenze richieste (per esempio dal punto di vista negoziale e finanziario) e un processo di integrazione tra strutture e culture organizzative. La maggiore complessità delle operazioni di crescita per linee esterne si traduce in tassi di insuccesso rispetto alle prospettive iniziali particolarmente elevati, che raggiungono, secondo alcune statistiche il 70% dei casi. Detto in altri termini, è un opzione strategica non alla portata di tutti, ma solo delle aziende con un maggior livello di managerializzazione e più aggressive sul mercato. È anche per questa ragione, come emerge dalla Figura 9, che i processi di aggregazione per fusione e acquisizione sono praticati in prevalenza dai campioni di crescita, che tra il 2014 e il 2015 evidenziano un impennata nelle intenzioni di sviluppo per linee esterne (dal 24% al 42%). 13

figura 10: Chi cresce e chi no - rilevazione 2015 Fonte: Millward Brown and GE Capital mid-market survey 2015 Italia 8 figura : Chi cresce e chi no - rilevazione 2014 Italia 9 figura 12: Chi cresce e chi no nel confronto tra Paesi Fonte: Millward Brown and GE Capital mid-market survey 2015 Germania Francia 19 12 14 28 31 26 36 21 41 18 38 32 19 26 31 27 33 32 39 Gran Bretagna 35 EU-4 % Campioni di crescita (10% di crescita nel corso dell ultimo anno) % Crescita sostenuta (5-9% di crescita nel corso dell ultimo anno) % Crescita moderata (1-4% di crescita nel corso dell ultimo anno) % Stabile o declino (Crescita stabile o in declino nel corso dell ultimo anno) 5. Cresce la flotta dei campioni di crescita del mid-market Tra il 2014 e il 2015, è cresciuto il numero di aziende che ha potenziato le proprie prospettive di crescita: le imprese con il fatturato stabile o in declino si attestano al 36%, in costante riduzione rispetto alla rilevazione del 2014 (meno 5 punti) e del 2013 (meno 30 punti); il 33% delle imprese è in crescita moderata (incremento del fatturato tra 1% e 4%); le imprese in crescita sostenuta (incremento di fatturato nell ultimo anno tra 5% e 9%) sono pari al 21% e sono in aumento di 4 punti rispetto al 2014; le imprese campioni di crescita (almeno 10% di incremento del fatturato nell ultimo anno) si attestano all 8%, in leggera flessione rispetto al 9% del 2014. Nel complesso, quindi, si osserva una sensibile riduzione delle imprese con performance stabili o in declino, e allo stesso tempo aumentano le imprese che hanno dimostrato di saper crescere anche se con ritmi diversi (Figura 10 e Figura ) Nonostante il segnale sia positivo, in termini di confronto con altri Paesi, il midmarket italiano ha ancora qualche ritardo. Come si nota dalla Figura 12, infatti, il segmento italiano presenta: la più alta quota di imprese con fatturato stabile o in declino: 36%, in confronto al 26% della media EU4, al 19% della Germania e della Gran Bretagna, al 28% della Francia; la più bassa quota di campioni di crescita: 8%, a fronte dell % della media EU4, dell % della Gran Bretagna, del 12% della Germania e del 14% della Francia. Per quanto riguarda infine la ripartizione settoriale, il dato più significativo è la forte propensione alla crescita nel settore dei servizi amministrativi per le imprese, che è in linea con la progressiva integrazione delle imprese manifatturiere con i cosiddetti KIBS (knowledge intensive business services) (Figura 13). 14

figura 13: Chi cresce e chi no ripartizione settoriale 2015 2014 2015 2014 2015 2014 2015 2014 2015 2014 2015 2014 2015 2014 19 20 13 13 34 15 28 8 20 25 9 47 13 28 8 19 34 3 20 37 6 57 9 20 5 23 30 29 5 34 41 9 17 46 46 40 34 21 48 7 37 43 38 39 25 54 41 44 21 28 Costruzioni Trasporti e Logistica Servizi amministrativi Manifatturiero Altro Distribuzione e Retailing Servizi alle imprese Campioni di crescita Crescita sostenuta Crescita moderata Stabile o declino Crescita e capitale umano Oggi più che mai, i percorsi di crescita delle imprese dipendono dalla disponibilità di personale qualificato, in grado di apportare le competenze critiche per il business. Come già emerso nelle precedenti rilevazioni, le imprese del mid-market italiano hanno una chiara percezione dell importanza del capitale umano per la realizzazione dei piani di sviluppo e delle strategie per attirare e trattenere i collaboratori. Nelle ricerche del 2013 e 2014 era emerso che le principali criticità erano la capacità di offrire pacchetti retributivi competitivi (che risente negativamente del cuneo fiscale che appesantisce il costo del lavoro e riduce la retribuzione netta), la capacità di essere riconosciuti come aziende che supportano le idee e l innovazione, di proporre ambienti di lavoro confortevoli e interessanti e di disporre di sistemi formalizzati ed equi per la gestione delle carriere. La ricerca 2015 conferma questi trend di fondo e aggiunge un cambio di passo da parte del mid-market nelle intenzioni di incrementare il numero di laureati in azienda, con programmi di reclutamento ad hoc. 15

6. Cosa frena il mid-market italiano Il mid-market italiano è frenato da alcuni fattori che riducono quello slancio verso la crescita, di cui si è già fatto cenno. Si tratta di: fattori istituzionali, che riguardano l ambiente in cui le imprese operano e si riferiscono in particolare al costo delle materie prime e dell energia e alle condizioni dell attuale contesto economico, che in qualche modo le imprese subiscono; fattori organizzativi, riferibili all urgenza di riorganizzare i processi per contenere i costi di gestione e le spese direzionali ; fattori strategici, relativi ad alcune difficoltà nel contenere le minacce dei competitori affermati e la capacità delle imprese più grandi di attirare i talenti (Figura 14). Dal confronto con gli altri Paesi coinvolti nella ricerca, emergono alcuni elementi di diversità: in Gran Bretagna, primeggiano i fattori che riguardano la relazione con il mercato del lavoro generale e con quello manageriale in modo particolare: trovare competenze adeguate nel mercato locale del lavoro, trattenere le figure chiave di talento, competere con le imprese più grandi per i talenti; in Germania, oltre alle criticità sul mercato del lavoro (capacità di attrarre persone con le competenze adeguate, capacità di attrarre top manager di talento, trattenere le figure chiave di talento) emerge anche una certa preoccupazione per la pressione alla riduzione dei prezzi dei prodotti; in Francia, spiccano la criticità di disporre di un sufficiente capitale per sostenere la gestione operativa e le minacce di competitori affermati, seguite da alcune tensioni sul mercato del lavoro (capacità di attrarre top manager di talento, capacità di tenere elevati soddisfazione e morale dei collaboratori, capacità di attrarre persone con le competenze adeguate). All interno del mid-market italiano, la percezione della rilevanza dei freni alla crescita cambia in relazione alle performance delle imprese. Come emerge dalla Figura 15: i campioni di crescita si distinguono per l importanza attribuita all accesso alla finanza e ai mercati finanziari come fattori di traino alla crescita; le imprese in crescita sostenuta danno più rilevanza ai fattori organizzativi, come la capacità di riorganizzare i processi per contenere i costi di gestione e le spese direzionali e la capacità di elaborare pacchetti retribuitivi competitivi, che sono indispensabili per attirare manager di talento; le imprese in crescita moderata trovano i principali ostacoli all esterno dell impresa: dalla debolezza con le imprese più affermate per attirare talenti ai costi delle materie prime e dell energia, dalla necessità di districarsi nella struttura fiscale alle minacce dei competitori affermati; le imprese stabili o in declino individuano i fattori che riflettono la loro debolezza sul mercato: le minacce dei competitori affermati e le conseguenti difficoltà nell assicurarsi gli ordini, le minacce dell attuale contesto competitivo e i costi delle materie prime e dell energia. Per comprendere al meglio il contesto in cui opera il mid-market italiano, è interessante confrontare l evoluzione del ranking nel periodo 2012-2015 (Figura ): rimane costante la criticità di riorganizzare i processi interni per contenere i costi di gestione e le spese direzionali (presente dal 2013 al 2015); la pressione sulle dinamiche finanziarie si riduce (presente nel 2012 e 2013); aumenta la rilevanza dei fattori esterni all impresa, di natura economica generale (il contesto economico e i costi delle materie prime e dell energia), competitiva (concorrenti) e organizzativa.

figura 14: Ranking dei fattori che frenano la crescita (confronto tra Paesi) Italia Gran Bretagna Germania Francia Contenimento dei costi di gestione e delle spese direzionali Trovare competenze adeguate nel mercato locale del lavoro Capacità di attrarre persone con le competenze adeguate Disponibilità di adeguato capitale per la gestione operativa Minacce dei competitori affermati Trattenere le figure chiave di talento Capacità di attrarre top manager di talento Minacce dei competitori affermati Costo delle materie prime e dell energia Competere con le imprese più grandi per i talenti Pressione sui prezzi Capacità di attrarre top manager di talento Attuale contesto economico Attuale contesto economico Trattenere le figure chiave di talento Capacità di tenere elevati soddisfazione e morale dei collaboratori Competere con le imprese più grandi per i talenti Minacce dei competitori affermati Pressioni esterne di mercato (inflazione, cambi) Capacità di attrarre persone con le competenze adeguate figura 15: I fattori che frenano la crescita del mid-market italiano (confronto tra propensione alla crescita) Campioni di crescita Crescita sostenuta Crescita moderata Stabile o in declino Minacce dei competitori affermati Contenimento dei costi di gestione e delle spese direzionali Competere con le imprese più grandi per i talenti Minacce dei competitori affermati Contenimento del costo del lavoro per unità prodotta Fornire pacchetti retributivi competitivi Complessità del sistema di tassazione Efficacia nell assicurarsi ordini Accesso alla finanza Costo delle materie prime e dell energia Contenimento dei costi di gestione e delle spese direzionali Attuale contesto economico Accesso ai mercati finanziari Complessità del sistema di tassazione Costo delle materie prime e dell energia Contenimento dei costi di gestione e delle spese direzionali Minaccia di nuovi entranti nel mercato Attrarre manager di talento Minacce dei competitori affermati Costo delle materie prime e dell energia figura : Le sfide alla crescita del mid-market italiano: l evoluzione 2012-2015 Ricerca 2015 Ricerca 2014 Ricerca 2013 Ricerca 2012 Contenimento dei costi di gestione e delle spese direzionali Costo delle materie prime e dell energia Contenimento dei costi di gestione e delle spese direzionali Avere un cash flow prevedibile Minacce dei competitori affermati Contenimento dei costi di gestione e delle spese direzionali Accesso alla finanza Avere sufficiente capitale circolante Costo delle materie prime e dell energia Attuale contesto economico Costi di compliance Essere competitivi sul mercato del lavoro Attuale contesto economico Pressione sui prezzi Capacità di attrarre top manager di talento Complessità del sistema di tassazione Competere con le imprese più grandi per i talenti Competere con le imprese più grandi per i talenti Assicurarsi condizioni finanziarie favorevoli Accesso alla finanza 17

7. I mille volti dell internazionalizzazione del mid-market La vocazione delle medie imprese all internazionalizzazione è un dato acquisito e che non necessita di ulteriori commenti: più dell 80% delle imprese realizza almeno una parte del proprio fatturato oltre confine, con una crescita del 4% rispetto allo scorso anno (Figura 17). Per comprendere questo dato, è necessario approfondire i mercati di destinazione e le logiche sottese alla strategia di internazionalizzazione. Le imprese italiane continuano ad essere presenti maggiormente sul mercato europeo, che sempre più può essere identificato come un mercato domestico allargato e non come un mercato estero (15%), anche considerato il fatto che i principali mercati di destinazione sono Germania e Francia, seguite da Stati Uniti, Gran Bretagna, Svizzera e Spagna. Inoltre, il fatto che il 56% dei prodotti delle medie imprese siano destinati all Italia è un indice di preoccupazione, perché la domanda interna è debole e probabilmente tale resterà nel prossimo futuro. Questa preoccupazione è confermata dal fatto che anche le imprese campioni di crescita mantengono una presenza importante nel mercato italiano (50% del fatturato) e sugli altri mercati europei (un ulteriore 17%), a dimostrazione che c è ancora molta strada da fare sul fronte dei processi di internazionalizzazione (Figura 18). All interno di questo quadro, il mid-market italiano continua ad essere alla ricerca di nuovi mercati, che sono prevalentemente concentrati nell Eurozona (43%) (Figura 19). Alla base di questo orientamento, ci sono le consuete difficoltà che si sperimentano con i mercati lontani dal punto di vista logistico, culturale e istituzionale, che dalla nostra survey risultano essere: difficoltà a competere con gli operatori locali; difficoltà a competere con le altre imprese esportatrici; mancanza di capitali per l espansione; investimenti necessari per accedere ai nuovi mercati; complessità delle regolamentazioni locali. Le strategie di internazionalizzazione negli utlimi anni sono state controbilanciate da politiche di re-shoring, ovvero di rilocalizzazione nei Paesi di origine di attività precedentemente spostate in Paesi stranieri per ragioni di competitività o strategiche. Su questo fronte, la nostra survey indica che è necessario procedere con cautela sul tema e che il fenomeno è tutt altro che stabile, come dimostra la Figura 23, dalla quale emerge che dal 2014 al 2015, le intenzioni di riportare le attività in patria sono passate dal 39% al 35% per le attività facilmente spostabili (si pensi ad esempio ad alcuni servizi) e dal 31% al 28% per l intero mercato (Figura 20). Tutto ciò detto, ben il 47% delle medie imprese italiane si attende un incremento del fatturato proveniente dalle esportazioni (Figura 21). Il paragrafo successivo indica le modalità che le aziende pensano di adottare per raggiungere questo obiettivo. 18

figura 17: Propensione delle medie imprese all internazionalizzazione figura 18: Principali destinazioni dei prodotti e servizi delle medie imprese italiane Impresa che esportano Italia 19 Imprese che non esportano 15 Eurozona Altri Paesi UE 7 Medio Oriente Africa 5 Asia Pacifico 81 56 2 3 6 3 4 Nord America America Latina Non So figura 19: La ricerca di nuovi mercati del mid-market nei prossimi 5 anni figura 20: Re-shoring Sì Re-shoring nei prossimi 3 anni: un fenomeno ambiguo 21 Imprese con attività mobili Intero mid-market No 52 Non so % di propensione 35% (39% in 2014) 28% (31% in 2014) 28 % di non propensione 65% (61% in 2014) 72% (69% in 2014) figura 21: Previsioni di fatturato dalle esportazioni 10 Stabili In crescita 43 Non so 47 19

8. Mid-market italiano nel mondo: dove e con quali forme organizzative? Le modalità d entrata in un nuovo mercato sono sostanzialmente tre: strategie di esportazione, strategie di collaborazione e strategie di investimento diretto. La scelta della modalità d ingresso dipende principalmente dal grado di attrattività del paese di destinazione, dal rischio percepito del nuovo mercato, dalla distanza culturale e psicologica con il paese target e dalla quantità di risorse che l azienda intende investire. Le medie imprese italiane hanno optato per una internazionalizzazione abbastanza solida, che passa attraverso: accordi commerciali solo per esportazioni (50%); joint venture di minoranza con partner locali (42%); licenze e franchising (31%); joint venture di maggioranza con partner locali (30%) (Figura 22). Il quadro delle opzioni cambia marginalmente se si considerano le imprese che non sono ancora presenti all estero, ma che hanno pianificato di farlo. In questo caso, le opzioni preferite sono: accordi commerciali solo per esportazioni (34%); joint venture o alleanze di maggioranza o di minoranza con partner globali (28%); joint venture o alleanze di maggioranza o di minoranza con partner locali (24%); licenze e franchising (23%). 20

figura 22: La presenza italiana all estero: forme figura 23: La presenza italiana all estero: organizzazione Accordi commerciali solo per esportazioni 50 Team commerciale 38 Joint venture o alleanze di maggioranza con partner locali Licenze e franchising Joint venture o alleanze di minoranza con partner locali Joint venture o alleanze di maggioranza con partner globali Proprietà totale Joint venture o alleanze di minoranza con partner globali 42 31 30 17 7 7 Ufficio di rappresentanza Stabilimento di produzione Visita periodiche a scopi commerciali Svolgimento di alcuni processi (IT services, call center) Nulla al momento e non ci stiamo pensando Nulla al momento, ma ci stiamo pensando Non So 31 26 23 19 0 1 Attraverso accordi con partner del paese di destinazione, l impresa può avere facilmente accesso a competenze o a risorse di cui non dispone, strumentali perché il processo di internazionalizzazione possa essere più efficace. Esiste un ampia varietà di accordi attraverso i quali l impresa può mettere in pratica questa strategia di espansione internazionale: joint-venture, che prevedono la partecipazione al capitale di una nuova impresa; accordi contrattuali, con lo scopo di concedere una licenza per lo sfruttamento del proprio know how o l utilizzo del proprio marchio (accordi di licensing o di franchising); accordi di fornitura. Uno degli aspetti fondamentali nell ambito delle strategie di collaborazione internazionale è l apprendimento. Il ricorso ad accordi formalizzati per entrare e/o sviluppare la propria presenza nel mercato estero deve essere finalizzato ad apprendere dal partner le caratteristiche peculiari del mercato, le relazioni con i potenziali clienti, gli aspetti istituzionali e culturali che determinano in modo significativo il risultato che scaturisce dall intera operazione. In termini gestionali, ciò significa adottare soluzioni organizzative ad hoc quali: presenza sul posto di team commerciali (38%), di uffici di rappresentanza (31%) e di visite periodiche (23%), e solo in un momento successive passare alla presenza di siti di produzione in proprio o con accordi di collaborazione (26%) (Figura 23). 21

fig 24. La presenza delle imprese italiane in Cina Presente in Cina Settori 59 49 46 43 54 46 Attività amministrative Propensione alla Crescita Manufatturiero Distribuzione e Retailing Servizi alle imprese 32 36 Gran Bretagna Francia Germania EU-4 37 41 39 41 60 Campioni di crescita 55 Crescita sostenuta Crescita moderata Stabile o declino Presente in Cina Non presente in Cina 9. Il dragone cinese visto dal mid-market I dati sulla presenza delle medie imprese italiane in Cina mostrano segnali confortanti. Secondo i dati della ricerca italiana, il 46% delle imprese ha una qualche presenza nel Paese mostrando, in modo sorprendente, una propensione maggiore rispetto a Gran Bretagna (37%), Francia (41%) e Germania (39%). Il dato, come ragionevole attendersi, appare condizionato in modo sostanziale dalla presenza dei cosiddetti campioni di crescita e di quelli in crescita sostenuta che mostrano rispettivamente una presenza del 60% e del 55%, quasi doppia rispetto a quella delle imprese che appartengono alla categoria crescita moderata (32%) e stabili o in declino (36%). Adottando la lente settoriale, i servizi amministrativi e il manifatturiero rappresentano i due settori con maggiore presenza, 59% e 49% rispettivamente (Figura 24). Il dato sulla presenza in Cina delle medie imprese italiane conferma quanto già emerso rispetto ai mercati dai quali le imprese italiane si attendono le maggiori opportunità di crescita. La Cina infatti ottiene il 25% delle frequenze davanti a Stati Uniti (24%) e Germania (23%). La tipologia di attività in Cina aiuta a fare chiarezza sull ampiezza delle modalità e sulle possibili ragioni per le quali le imprese italiane sono presenti. Nel confronto con Francia, Gran Bretagna e Germania, emerge un maggior numero di imprese italiane che hanno stabilito attività commerciali nel Paese, cosi come impianti produttivi. Le imprese del mid-market italiano che dichiarano di avere team di vendita in Cina sono il 24% rispetto al 20% di Germania, 14% di Gran Bretagna e % della Francia. Allo stesso tempo, quelle che dichiarano di avere impianti produttivi in Cina sono il 17% contro il 22

figura 25: Quali attività in Cina Francia Gran Bretagna Germania Nulla al momento e non ci stiamo pensando 33 45 48 45 Team commerciale 24 14 20 Ufficio di rappresentanza 18 18 15 Nulla al momento, ma ci stiamo pensando 18 6 12 14 Stabilimento di produzione 17 10 12 Visita periodiche a scopi commerciali 12 10 Svolgimento di alcuni processi (IT services, call centre 13 15 8 12 Non so 3 7 3 3 % della Germania, il 12% della Gran Bretagna e il 10% della Francia. Questi dati segnalano una certa varietà anche nelle motivazioni per le quali le imprese italiane hanno scelto di essere in Cina e in qualche modo la maturità dei processi di internazionalizzazione di un certo numero di imprese che hanno deciso di essere presenti sia per ragioni produttive che per ragioni di mercato. Sotto questo profilo è altrettanto sorprendente il numero di quelle che hanno stabilito in Cina attività tipicamente di supporto al core business come servizi di IT e call center (13% del totale). La vitalità delle del mid-market trova conferma anche dalla più alta percentuale di imprese che dichiarano di avere intenzione di investire nel Paese nel prossimo futuro pur non essendo presenti attualmente. Si tratta rispettivamente del 18% delle imprese contro il 14% della Germania, il 12% della Gran Bretagna e il 10% della Francia (Figura 25). I dati che la survey raccoglie relativamente alla quota attuale e prospettica dei ricavi che le medie imprese italiane sono in grado di generare (o si aspettano di generare) in Cina ridimensiona, almeno in parte, il dato positivo che emerge sulla loro presenza. Le imprese intervistate dichiarano, infatti, che solo l % dei ricavi attuali sono generati in Cina, contro il 15% della Francia e il 12% della Germania. Solo quelle della Gran Bretagna dichiarano una quota di ricavi cinesi inferiore alla quota delle italiane (9%). Questo stesso ordine di classifica si conferma anche rispetto alle attese di crescita dei ricavi cinesi nei prossimi 5 anni senza segnalare sensibili aumenti nella quota sui ricavi totali che secondo le stime dovrebbe passare dall al 14%. 23

Peraltro, questi dati appaiono in linea con quanto emergeva in precedenza rispetto alle destinazioni dell export italiano, al peso percentuale delle prime tre aree di destinazione e alla classifica dei paesi dai quali le imprese italiane hanno avuto maggiori ritorni negli ultimi tre anni (Figura 26). Ampio è anche il panorama delle ragioni per le quali le medie imprese italiane hanno deciso di stabilirsi in Cina. La presenza di un mercato potenzialmente molto ampio e di aree a basso costo del lavoro sono le due principali ragioni indicate. A queste ragioni si aggiunge la disponibilità di materie prime. Interessante è osservare che il 29% delle medie imprese italiane dichiara di operare in Cina per avere accesso ad altri mercati internazionali. Questo configura la presenza in Cina con una logica di piattaforma produttiva e/o distributiva da cui si può più facilmente raggiungere altri mercati (Figura 27). Spostando l attenzione sulle ragioni per le quali le imprese dichiarano che non è conveniente operare in Cina emergono chiaramente ragioni di natura logistica (27% dei rispondenti), la complessità del mercato (21%) e la mancanza di conoscenza del contesto locale (18%) e problemi burocratici (18%). Nel confronto europeo, le ragioni indicate dalle imprese italiane sono sensibilmente diverse da quelle indicate dalle medie imprese di Francia, Gran Bretagna e Germania. Per ciascuno di questi tre paesi, la motivazione che ha ottenuto la maggiore frequenza di risposte è il non interesse da parte delle medie imprese all espansione internazionale, rispettivamente 22%, 28%, 28%, contro il 13% delle imprese italiane, mentre le motivazioni addotte dalle imprese italiane sono molto meno rilevanti. Se osserviamo per esempio il dato sulle difficoltà logistiche, solo il 12% delle medie imprese francesi, il % delle imprese della Gran Bretagna e il 17% delle imprese tedesche indicano questa come una motivazione rilevante (Figura 28). Durante l estate i mercati finanziari cinesi hanno iniziato a manifestare un certo livello di incertezza che si è tradotto in una significativa correzione delle loro performance. È oggettivo rilevare che la domanda interna cinese mostra un andamento non perfettamente in linea con le previsioni e che l economia cinese cresce a ritmi inferiori rispetto al passato, ma ad oggi è difficile trarre indicazioni precise sull impatto che questo periodo di incertezza potrà avere sull economia reale e sulle imprese italiane. Da un lato la crescita cinese (seppur rallentata) sembra ancorata su basi strutturali solide, dall altro problemi più importati potrebbero presentarsi nel momento in cui vi fosse una inversione di tendenza rilevante rispetto ai segnali positivi che provengono dagli Stati Uniti e (in misura più moderata) dall Europa. 24

figura 26: Volumi realizzati in Cina Fonte: Millward Brown and GE Capital mid-market survey 2014 Italia Francia Germania Gran Bretagna % di crescita in 5 anni 14 18 13 % Quota di ricavi attuale 15 12 9 figura 27: Le ragioni per andare ad investire in Cina Francia Gran Bretagna Germania Ampiezza del mercato 60 40 52 64 Basso costo del lavoro 42 41 38 39 Opportunità di incrementare le vendite 35 28 42 34 Maggiore efficienza 32 29 21 30 Accesso ai mercati internazionali 29 19 21 35 Disponibilità di materie prime 25 28 26 26 Avvicinarsi ai concorrenti e ai trend di mercato 18 14 20 25 Non possiamo non esserci 4 18 10 13 Supporto istituzionale e incentivi 1 4 4 4 Non so 1 1 1 1 figura 28: Cosa frena o ostacola l'investimento in Cina Francia Gran Bretagna Germania Aspetti logistici 27 12 17 Complessità dei mercati 21 18 14 Mancanza di conoscenza locale 18 13 24 13 Burocrazia 18 6 19 14 Difficoltà a trovare partner affidabili 14 15 15 Minore attrattività del mercato rispetto ad altri 14 18 Nessun interesse all espansione internazionale 13 22 28 28 Mancanza di servizi- prodotti specifici per la Cina 12 21 22 Mancanza di competenze linguistiche 10 15 19 14 Difficoltà di controllo delle attività 8 5 5 9 Dimensioni troppo grandi 7 4 10 2 Etica e cultura del business 6 6 12 Consapevolezza di essere in ritardo 2 2 2 2 Altro 2 10 7 3 25

. Metodologia È stato adottato un approccio collaborativo, basato su più fonti e centrato sui dati, attingendo a banche dati, fonti primarie e competenze accademiche nei quattro mercati europei analizzati. Analisi di banche dati: a. Eurostat b. BvD Amadeus Le definizioni di media impresa seguono una metodologia intuitiva ma oggettiva, usando l analisi dei punti di flesso a livello di mercato locale per individuare quella sezione dell economia che può essere definita «media». I punti di flesso sono emersi attraverso una triangolazione di tre fattori: fatturato, produttività e numero di dipendenti. Abbiamo tracciato il confine fra piccole, medie e grandi imprese nei punti in cui diversi parametri (per esempio i ricavi per dipendente) evidenziavano impennate relativamente importanti, lungo la linea delle dimensioni delle imprese. Indagine su un campione di Top Manager: a. Il campione è composto da 4.000 Executives e senior decision makers di aziende private e pubbliche rappresentative a livello nazionale in 4 Paesi: Francia, Germania, Italia, Gran Bretagna Il fatturato delle medie imprese riflette i parametri descritti in precedenza I dati dell inchiesta sono stati ponderati per garantirne la rappresentatività per regione e settore b. La maggior parte dell inchiesta è stata condotta attraverso interviste telefoniche (CATI) e via internet, assicurando un campione minimo di 1.000 intervistati per paese. c. Diretta ed eseguita da Millward Brown s Corporate Practise, specialisti nel fornire insight e consulenza sulla reputazione aziendale, sul coinvolgimento di stakeholder e sul contesto imprenditoriale più ampio. d. Condotta da Gennaio a Marzo 2015 26

Avvertenze Le informazioni e le opinioni contenute in questo documento provengono da fonti ritenute attendibili, ma esse non sono state verificate. Sebbene le informazioni contenute in questo documento sono state fornite in buona fede, né GE Capital Interbanca S.p.A., né alcuno dei suoi dipendenti, consulenti o rappresentanti rilasciano alcuna dichiarazione, garanzia o impegno, esplicita o implicita, in ordine al presente documento e nessuna responsabilità è accettata da nessuno di essi circa l esattezza, la completezza o ragionevolezza delle informazioni fornite. GE Capital Interbanca S.p.A. non si assume alcuna responsabilità per eventuali danni derivanti dall affidamento sulle informazioni e le opinioni contenute in questo documento. La presente ricerca ha mero scopo informativo e non è destinata a fornire consulenza strategica, legale, fiscale o contabile, inoltre, l affidamento sui dati della ricerca avviene a proprio esclusivo rischio. GE, General Electric Capital Corporation, il logo di GE e vari altri marchi e loghi utilizzati in questa pubblicazione sono marchi registrati, nomi commerciali e marchi utilizzati da General Electric Company. Nessuna parte di questa pubblicazione o di qualsiasi marchio o nome commerciale può essere usata, copiata, divulgata ovvero distribuita senza preventiva autorizzazione di GE Capital Interbanca S.p.A. Il presente documento contiene dichiarazioni previsionali riguardanti il futuro ( forward-looking statements ), ossia affermazioni relative a eventi futuri e non passati. Nel presente contesto, le dichiarazioni riguardanti il futuro spesso si riferiscono a performance finanziarie di mercato e a condizioni finanziarie future previste e spesso contengono termini quali attendersi, prevedere, intendere, pianificare, credere, cercare, capire, sarebbe o sarà. Le dichiarazioni riguardanti il futuro sono, per loro natura, relative a questioni con vario livello di incertezza. Tra le particolari incertezze che potrebbero far sì che i risultati effettivi siano materialmente diversi da quelli espressi nelle nostre dichiarazioni riguardanti il futuro vi sono, a titolo esemplificativo, il livello di domanda e performance finanziaria delle maggiori industrie a cui viene prestato servizio, l impatto delle normative e dei rischi di compliance legale, procedure legali, investigative e regolamentative, azioni strategiche, ivi comprese acquisizioni e disposizioni nonché positivi miglioramenti derivanti da acquisizioni di nuove collaborazioni; inoltre, svariati altri aspetti su scala nazionale, regionale, globale, ivi compresi quelli di natura politica, economica, commerciale, concorrenziale. Tali incertezze possono causare differenze sostanziali dei nostri risultati effettivi futuri rispetto a quelli espressi nelle nostre dichiarazioni riguardanti il futuro. Non ci impegniamo ad aggiornare le nostre affermazioni in prospettiva futura e la pubblicazione di questo documento non obbliga GE Capital Interbanca S.p.A. a fornire aggiornamenti, informazioni aggiuntive che potrebbero essere disponibili. GE Capital Interbanca S.p.A. Sede Legale: Corso Venezia, 56, 20121 Milano. Capitale sociale: Euro 217.335.282,00 i.v. Codice fiscale, partita IVA e numero d iscrizione al Registro delle Imprese di Milano: 00776620155. Iscritta all albo delle banche al n. 10685 ed all albo dei gruppi bancari quale capogruppo del Gruppo Bancario GE Capital Interbanca.Società soggetta all attività di direzione e coordinamento di GE Capital Corporation ai sensi degli artt. 2497 e ss. del codice civile. Aderente al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi e al Fondo Nazionale di Garanzia. 27