Responsabilità penale dei Pubblici ufficiali

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Pag.1 Responsabilità penale dei Pubblici ufficiali ( e qualifica di polizia giudiziaria) di Avv. Rosa Bertuzzi In base alla lettera dell art. 97 Cost., i pubblici ufficiali sono tenuti ad assicurare il buon andamento e l imparzialità della Pubblica Amministrazione, e rispondono personalmente. Il pubblico ufficiale è persona incaricata di pubbliche funzioni, la sua mansione genera effetti giuridici dotati di peculiare tutela, ma un anche far sorgere tipologie aggravate di responsabilità. L incaricato di pubblico servizio è un impiegato dello Stato, di un ente pubblico, o una persona che svolge, permanentemente o temporaneamente, un pubblico servizio. Il Codice penale agli artt. 357 e 358 c.p., determina precisamente cosa si intende per pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio. Art. 357 c.p. Nozione del pubblico ufficiale 1. Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. 2. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi. Art. 358 c.p. Nozione della persona incaricata di un pubblico servizio 1. Agli effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio.. Per pubblico servizio si deve intendere un attività regolata attraverso le stesse modalità della pubblica funzione, ma contraddistinta dalla carenza dei poteri specifici di quest ultima.

Pag.2 Corte di Cassazione penale, sez. VI, sentenza n. 11417 del 21 febbraio 2003 Al fine di individuare se l'attività svolta da un soggetto possa essere qualificata come pubblica, ai sensi e per gli effetti di cui agli art. 357 e 358 c.p., ha rilievo esclusivo la natura delle funzioni esercitate, che devono essere inquadrabili tra quelle della p.a. Non rilevano invece la forma giuridica dell'ente e la sua costituzione secondo le norme del diritto pubblico, nè lo svolgimento della sua attività in regime di monopolio, nè tanto meno il rapporto di lavoro subordinato dell'agente con l'organismo datore di lavoro. Nell'ambito dei soggetti che svolgono pubbliche funzioni, la qualifica di pubblico ufficiale è poi riservata a coloro che formano o concorrano a formare la volontà della p.a. o che svolgono tale attività per mezzo di poteri autoritativi o certificativi, mentre quella di incaricato di pubblico è assegnata dalla legge in via residuale a coloro che non svolgono pubbliche funzioni ma che non curino neppure mansioni di ordine o non prestino opera semplicemente materiale. Integra pertanto il reato di peculato l'appropriazione dei compensi dovuti all'enel per la fornitura di energia elettrica ad opera dell'incaricato dell'ente alla riscossione dei suddetti pagamenti con poteri di transazione e di concessione di dilazioni nei confronti di utenti morosi e di disporre i distacchi della fornitura. Corte di Cassazione penale del 7 giugno 2001 La qualifica di pubblico ufficiale, ai sensi dell'art. 357 c.p. (come modificato dalle leggi 86/1990 e 181/92), deve esser riconosciuta a quei soggetti che, pubblici dipendenti o semplici privati, possono e debbono - quale che sia la loro posizione soggettiva - formare e manifestare, nell'ambito di una potestà regolata dal diritto pubblico, la volontà della p.a., ovvero esercitare, indipendentemente da formali investiture, poteri autoritativi, deliberativi o certificativi, disgiuntamente e non cumulativamente considerati. Il potere non deve solo essere assegnato al soggetto, ma questi deve effettivamente e concretamente essere esercitato. Corte di Cassazione penale, sentenza n. 21730 del 17 aprile 2001 Per la configurazione del reato di cui all'art. 651 c.p., è necessario che il soggetto il quale richieda ad altri i fornire le sue generalità, oltre che essere in servizio permanente, eserciti in concreto le pubbliche funzioni, giacché la nozione di "servizio permanente" è diversa da quella di "esercizio delle funzioni", implicando essa che il dipendente pubblico può in ogni momento intervenire per esercitare i propri compiti, ma non che egli in concreto al momento li eserciti. Nella maggioranza delle fattispecie il pubblico ufficiale è anche un pubblico dipendente, ma a volte le due qualifiche non concorrono. Il pubblico ufficiale può essere: - un dipendente pubblico. - un privato professionista incaricato dello svolgimento di compiti di un pubblico potere. - un lavoratore dipendente che nell ambito del proprio rapporto di lavoro svolge funzioni pubbliche.

Pag.3 Il pubblico ufficiale in materia di responsabilità è connotato da: a) determinate fattispecie di responsabilità penale. b) responsabilità disciplinare (quando il pubblico ufficiale è un dipendente). c) responsabilità patrimoniale. Per quanto riguarda la responsabilità penale, il Codice penale la dispone al Capo I Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. Tali reati sono contraddistinti dalla qualifica del soggetto attivo di pubblico ufficiale. Gli interessi lesi sono il corretto funzionamento della Pubblica amministrazione e il suo prestigio. Si ricorda, come per ogni altro reato, che deve sussistere il nesso di causalità tra la condotta illecita realizzata e la funzione esercitata dal pubblico ufficiale. Inoltre si sottolinea che un pubblico ufficiale, nello svolgimento delle propria attività, se perfezione altri reati (comuni, es: omicidio, lesioni, furto.), la pena sarà aggravata dalla funzione che svolge. Vi è solo una deroga, il c.d. principio di specialità, per il quale, se il reato posto in essere po rientrare nella fattispecie di un determinato reato classificato tra i delitti dei pubblici ufficiali, quello non concorrerà con gli altri reati. Infatti in tal caso verrà applicato il reato previsto specificatamente per il pubblico ufficiale. Iniziamo la disamina dei diversi reati dei pubblici ufficiali: 1) Peculato Articolo 314c.p.: Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da tre a dieci anni. Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni, quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita. La condotta sanzionata dal reato è l appropriazione di denaro o di altra cosa mobile altrui. Per appropriazione si deve intendere che il pubblico ufficiale utilizza i beni come se fossero personali. Il soggetto attivo deve essere cosciente dell attività posta in essere, infatti è richiesti il dolo, come elemento soggettivo. Non si perfezione l appropriazione se il pubblico ufficiale non ha la totale coscienza che il bene appartiene ad altri. Il reato non sussiste in caso di errore di fatto sull appartenenza ad altrui o alla pubblica amministrazione della cosa, errore su legge extra penale cagionato da fraintendimento di leggi o provvedimenti che assegnano ad altri la cosa o ne impediscono l uso. Si verifica il peculato d uso, ipotesi minore, quando il pubblico ufficiale utilizza la cosa, provvedendo successivamente alla restituzione. Ipotesi pratiche :

Pag.4 Corte di Cassazione penale, Sez. fer., sentenza n. 34086 del 8 settembre 2011 Deve essere confermata la condanna di peculato per il geometra comunale che intascava soldi versati dai cittadini per la definizione di pratiche edilizie onerose. Non è rilevante che l'appropriazione derivi da un corretto e legittimo esercizio delle funzioni o da un esercizio di fatto. Corte di Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n.36718 del 06 luglio 2011 In tema di peculato, l'utilizzo da parte del sindaco di un carta di credito dell'ente locale non integra la fattispecie delittuosa quando lo stesso provvede a fornire una rendicontazione delle spese che dimostri la realizzazione di uno scopo pubblico e non la canalizzazione verso uno scopo privato. Corte di Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n 26812 del 15 giugno 2011 La fattispecie di impossessamento, consumata dal custode che non sia proprietario del mezzo o che non agisca in concorso col proprietario o nel suo interesse e che si realizzi con la condotta di abusiva circolazione di mezzo sottoposto a sequestro, configura il delitto di peculato. Corte di Cassazione penale, Sez. VI,sentenza n. 27981 del 12 maggio 2011 Commette il delitto di peculato il portalettere che si impossessi di un vaglia postale di cui abbia la disponibilità per ragioni del suo servizio, riscuotendone successivamente l'importo, atteso che lo stesso assume nel caso di specie la qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio in ragione dei compiti di certificazione della consegna e della ricezione della specifica tipologia di corrispondenza in oggetto. Corte di Cassazione penale, sentenza n. 42817 del 8 novembre 2002. La guardia particolare giurata che conduce un furgone portavalori, quando svolge attività di vigilanza e custodia di beni mobili di proprietà dell'ente Poste, che ancorché trasformato in società per azioni esplica servizi pubblici, ha la qualifica di incaricato di un pubblico servizio ai sensi dell'art. 358 c.p. e pertanto, qualora si appropri di tali beni a lui affidati e dei quali ha il possesso, ricorrono tutti gli elementi per configurare il delitto di cui all'art. 314 c.p.. Il pubblico ufficiale non può essere ritenuto responsabile quando l oggetto del peculato sono beni di modesto valore. Corte di Cassazione penale, sentenza n. 37018 del 15 ottobre 2002. Ai fini dell'integrazione del delitto di peculato (art. 314 c.p.) la cosa mobile altrui, di cui l'agente si appropria, deve avere valore apprezzabile, posto che le cose prive di valore non rivestono alcun interesse per il diritto, e tale valore sussiste nell'ipotesi di banconote false, che rivestono valore economico sia per la

Pag.5 p.a., che ha interesse ad eliminare il bene dalla circolazione monetaria, sia per il soggetto attivo del reato avendo esse un indubbio valore commerciale. Come prima accennato è escluso il peculato, in mancanza di dolo, cioè quando la condotta del pubblico ufficiale non è diretta a trasgredire le normative, infatti nel caso di inattività è stentatamente riconducibile il reato. Ufficio Indagini Preliminari Milano, 12 luglio 2002. Nel reato previsto dall'art. 314 c.p. la prova del dolo, in aderenza all'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, non può ritenersi sussistente se fondata esclusivamente su mere presunzioni o astratte congetture, piuttosto che su concreti dati fattuali. In particolare il dolo non può essere presunto semplicemente dalla mera inattività dello stesso imputato, ossia dalla prova che egli abbia tenuto un comportamento divergente da quello ideale impostogli normativamente. Altrimenti, lungi dal ricostruire sulla base di dati di fatto sintomatici la realtà psicologica che ha informato il comportamento del prevenuto, l'indagine sconfinerebbe dal campo del dolo in quello della colpa, la cui sussistenza presuppone proprio il mero accertamento di una condotta antidoverosa. Corte di Cassazione penale, sentenza n. 30751 del 24 giugno 2002 La condotta del dipendente pubblico consistita nella ripetuta utilizzazione, per effettuare chiamate personali, dell'utenza telefonica di cui è titolare una p.a., concretizza la fattispecie del peculato prevista dall'art. 314 c.p., effettuandosi con tale utilizzo l'appropriazione delle energie entrate a far parte delle disponibilità della p.a. e indispensabili per le conversazioni telefoniche. Corte di Cassazione penale, sentenza n. 3883 del 14 novembre 2001 Integra il reato di peculato comune, di cui all'art. 314, comma 1 c.p., e non quello di peculato d'uso, previsto dal successivo comma 2, l'utilizzazione, da parte del dipendente, del telefono d'ufficio per lunghe e ripetute conversazioni personali. Il fatto lesivo, infatti, si sostanzia non nell'uso dell'apparecchio telefonico quale oggetto fisico, bensì nell'appropriazione, che attraverso tale uso si consegue, delle energie formate da impulsi elettronici occorrenti per le conversazioni telefoniche anche in considerazione del fatto che tali energie non sono immediatamente restituibili, dopo l'uso (e lo stesso eventuale rimborso delle somme corrispondenti all'entità dell'utilizzo non potrebbe che valere come ristoro del danno arrecato).

Pag.6 2) Peculato mediante profitto dell errore altrui Art. 316 c.p. Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, il quale, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, giovandosi dell'errore altrui, riceve o ritiene indebitamente, per sè o per un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Tale reato è molto simile al peculato generico, in quanto il reato perfezionale è il medesimo ma il grado l intenzionalità è minore. Infatti il pubblico ufficiale è spronato dell errore di un'altra persona. 3) Concussione Art. 317 c.p.: Il pubblico ufficiale o l incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. La condotta richiesta è integrata quando il pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio abusando, svolge un attività contraria ai sui doveri di ufficio. Si determina una strumentalizzazione illegale dei poteri attribuiti all agente attivo del reato, influendo sulla determinazione individuale del cittadino. Infatti il pubblico ufficiale incaricato di un pubblico servizio induce il soggetto passivo a dare o promettere beni non dovuti. Casi pratici: Corte di Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 38165 del 27 settembre 2011 Se l'infermiera dell'inail chiede soldi per portare avanti una pratica di infortunio, non commette il reato di truffa, ma di concussione. Infatti, le vittime, nel caso di specie, non hanno deciso di pagare perché ingannate da inesistenti poteri dell'imputata, ma perché timorose di un «blocco», minacciato dall'infermiera, della pratica di liquidazione dell'indennizzo. Corte di Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 34106 del 06 giugno 2011 Integra il tentativo di concussione per induzione la condotta dell'ufficiale giudiziario il quale, dopo essersi introdotto nell'abitazione della vittima per eseguire un pignoramento mobiliare, solleciti la stessa a dargli o promettergli delle prestazioni sessuali prospettandole la possibilità di una più favorevole valutazione dei beni da sottoporre all'esecuzione.

Pag.7 Corte di Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 17303 del 20 aprile 2011 Integra il delitto di concussione la promessa di denaro fatta dal privato al pubblico ufficiale, anche se la stessa sia sorretta dalla speranza che un efficace intervento delle forze dell'ordine ne impedisca l'adempimento, non potendosi ritenere sufficiente ad escludere il "metus publicae potestatis" la sola circostanza che il soggetto passivo si sia rivolto alla forze di polizia, per sottrarsi alle pretese dell'autore del reato. (Fattispecie in cui la denuncia del privato era stata presentata prima della consegna del denaro). Corte di Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 16335 del 12 aprile 2011 In tema di distinzione tra i reati di corruzione e concussione, non è ravvisabile l'ipotesi della concussione cosiddetta "ambientale" qualora il privato si inserisca in un sistema nel quale il mercanteggiamento dei pubblici poteri e la pratica della "tangente" sia costante, atteso che in tale situazione viene a mancare completamente lo stato di soggezione del privato, che tende ad assicurarsi vantaggi illeciti, approfittando dei meccanismi criminosi e divenendo anch'egli protagonista del sistema. (In applicazione di tale principio la S.C. ha ritenuto corretta la configurazione del reato di corruzione nella condotta di un privato che aveva promesso all'impiegato di un ufficio anagrafe una somma di denaro per agevolare il rilascio di un certificato di residenza). Corte di Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 31341 del 16 marzo 2011 Sussiste il tentativo di concussione nell'ipotesi in cui l'atto di prevaricazione del pubblico ufficiale sia finalizzato al soddisfacimento di un proprio credito o del credito di terze persone. Corte di Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 10792 del 15 febbraio 2011 Non integra il reato di concussione la condotta di chi, nel corso di una comunicazione telefonica, richiede ad un soggetto terzo un comportamento più garbato, non sussistendo nella specie l'elemento dell'utilità, intesa quale vantaggio per la persona, materiale o morale, patrimoniale o non patrimoniale, oggettivamente apprezzabile, consistente tanto in un dare quanto in un "facere" e ritenuto rilevante dalla consuetudine o dal convincimento comune (in applicazione del suesposto principio, la Corte ha escluso la responsabilità penale nei confronti di un pubblico ufficiale che aveva invitato il Presidente di un associazione a comportarsi "in una maniera più garbata" con la direttrice, sua amica, pena interventi ispettivi presso l'ente). Corte di Cassazione penale, sentenza n. 52 dell 8 novembre 2002 La costrizione o induzione che caratterizza l'ipotesi di concussione (art. 317 c.p.) non si identifica nella superiorità, nell'influenza o nell'autorità che il pubblico ufficiale può vantare rispetto al privato e, correlativamente, nella soggezione connaturata al rapporto privato-pubblica amministrazione, occorrendo, ai fini dell'integrazione del reato, una costrizione o induzione qualificata, ossia prodotta dal pubblico ufficiale con l'abuso della sua qualità o dei suoi poteri, sicché la successiva promessa o azione indebita è l'effetto di siffatta costrizione o induzione e cioè, conseguenza della coazione psicologica esercitata dal

Pag.8 pubblico ufficiale sul privato mediante l'abuso della sua qualità o dei suoi poteri. Ne consegue che un'indebita richiesta di denaro non è sufficiente ad integrare l'abuso di cui all'art. 317 c.p. ma integra, ove sia rifiutata, il reato di istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.). Si deve prendere in considerazione l ipotesi di concussione ambientale, in tale caso è l ambiente sociale che è attraversato e uniformato a condotte illegali del pubblico ufficiale. Corte di Cassazione penale, sentenza n. 1170 del 19 ottobre 2001 Ai fini dell'individuazione del requisito della volontà prevaricatrice e condizionante da parte dell'agente pubblico, in relazione a quella forma particolare di concussione per induzione che va sotto il nome di concussione ambientale, rilevano sia la cornice storico-fattuale idonea a rendere meno formale il comportamento condizionante del funzionario pubblico, che deve comunque sussistere ai fini della configurabilità del delitto di concussione, sia l'esistenza di un sistema di mercanteggiamento dei pubblici poteri in cui il privato liberamente si inserisce per trarne, mediante corruzione, illecito vantaggio. Appare interessante il caso del pubblico ufficiale che, indossando una divisa, esercita in modo improprio la sua autorità. Corte di Cassazione penale, sez. VI, 24 gennaio 2001 Integra gli estremi del delitto di concussione il fatto di presentarsi in divisa e farsi presentare come comandante di una tenenza della guardia di finanza, sottolineando con ciò i propri poteri discrezionali in ordine al controllo fiscale, e cosi inducendo alcuni commercianti alla consegna gratuita di più mazzi di fiori, di uova pasquali e di una torta, nonché di più sacchetti di pesce. Tribunale di Piacenza, sentenza del 11 dicembre 2000 L ipotesi può comporsi anche nell indiretta rappresentazione di eventuali pregiudizi causati dal mancato intervento del pubblico ufficiale. In tema di concussione, la condotta di "induzione per persuasione" è ravvisabile qualora il pubblico ufficiale operi in modo da ingenerare nel soggetto privato il convincimento di dover sottostare alle sue decisioni per evitare il pericolo di subire un pregiudizio. 4) Corruzione Art. 318 c.p. Corruzione per un atto d'ufficio 1. Il pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve, per sé o per un terzo, in denaro od altra utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. 2. Se il pubblico ufficiale riceve la retribuzione per un atto d'ufficio da lui già compiuto, la pena è della reclusione fino ad un anno.

Pag.9 Art. 319 c.p. Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio 1. Il pubblico ufficiale (357), che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da due a cinque anni (32- quater). Art. 319-bis c.p. Circostanze aggravanti 1. La pena è aumentata se il fatto di cui all'art. 319 ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene (32- quater). Art. 319-ter c.p. Corruzione in atti giudiziari 1. Se i fatti indicati negli artt. 318 e 319 sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica la pena della reclusione da tre a otto anni. 2. Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da quattro a dodici anni; se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da sei a venti anni. Art. 320 c.p. Corruzione di persona incaricata di un pubblico sevizio 1. Le disposizioni dell'art. 319 si applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio; quelle di cui all'art. 318 si applicano anche alla persona incaricata di un pubblico servizio, qualora rivesta la qualità di pubblico impiegato (32- quater). Art. 322 c.p. Istigazione alla corruzione 1. Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un pubblico ufficiale (357) o ad un incaricato di un pubblico servizio (358) che riveste la qualità di pubblico impiegato, per indurlo a compiere un atto del suo ufficio, soggiace, qualora I'offerta o la promessa non sia accettata alla pena stabilita nel primo comma dell'art. 318, ridotta di un terzo (32 quater). 2. Se l'offerta o la promessa è fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio ad omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il colpevole soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nell'art. 319, ridotta di un terzo.

Pag.10 3. La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualità di pubblico impiegato che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilità da parte di un privato per le finalità indicate dall'art. 318. 3. La pena di cui al secondo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilità da parte di un privato per le finalità indicate dall'art. 319. Il reato si perfezione anche quando il pubblico ufficiale non è in servizio, infatti la condotta deve essere attinente alla sua condizione. Tribunale di Perugia, 9 gennaio 2002 Non riveste la qualifica di pubblico ufficiale un colonnello della Guardia di Finanza sospeso precauzionalmente dall'impiego che, come tale, non può dirsi titolare di alcuna pubblica funzione. Conseguentemente non è ravvisabile nel suoi confronti il delitto di corruzione per atti contrari al doveri d'ufficio, non potendo questi, all'epoca dei fatti, esercitare alcun tipo di potere autoritativo o certificativo. Anche per tale reato è richiesto il dolo, cioè il soggetto attivo deve essere consapevole di compiere un atto del proprio ufficio e ricevere un compenso non dovuto. La condotta è sia attiva o omissiva. Corte di Cassazione penale, Sez. VI, del 9 maggio 2001 In tutte le forme del delitto di corruzione, la somma percepita dal pubblico ufficiale costituisce prezzo del reato ogni qual volta sia stata data e ricevuta come controprestazione per lo svolgimento dell'azione illecita o per l'adozione di illecite modalità di esecuzione delle attività di per se stesse conformi ai doveri di ufficio. Corte di Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 22638 del 28 marzo 2001 Per l'accertamento del reato di corruzione propria commesso dagli appartenenti alla Guardia di Finanza, non occorre individuare quale sia esattamente l'atto contrario ai doveri d'ufficio, oggetto dell'accordo illecito negoziato per far sfuggire una società commerciale ai controlli contabili, ma basta che sia stata accertata una grave violazione a tali doveri nella conduzione delle attività istituzionali loro demandate. Il reato si perfeziona mediante l accordo, anche se il pubblico ufficiale non esegue l attività. Il privato non patisce l azione del pubblico ufficiale, ma la stabilisce. Tribunale di Roma con sentenza del 20 luglio 2000. Posto che, al fine di individuare l'esatto discrimine tra la corruzione e la concussione, non è di per sè decisivo l'eventuale vantaggio che derivi al privato dall'accettazione della proposta illecita del pubblico ufficiale, purché si valuti nella singola fattispecie che il "lucrum captandum" ha costituito la necessaria conseguenza dell'eliminazione del danno ingiusto e non, piuttosto, la finalità esclusiva o prevalente del valore offerto dal pubblico ufficiale o a lui richiesto, deve invece attribuirsi rilievo all'esistenza o meno di una situazione idonea a determinare uno stato di soggezione del cittadino nei confronti del funzionario, nella quale possono anche indistintamente comporsi aspettative di eventuali benevolenze nella gestione della

Pag.11 cosa pubblica o timori di possibili danni, il tutto comunque affidato ad un'autonoma discrezionalità dell'agente pubblico che vale ad escludere il rapporto paritario con il privato. Corte di Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1170 del 19 ottobre 2001 Il criterio per distinguere la concussione dalla corruzione propria è quello del rapporto tra le volontà dei soggetti. In particolare nella corruzione esso è paritario e implica la libera convergenza delle medesime verso un comune obbiettivo illecito ai danni della p.a.; mentre nella concussione il pubblico agente esprime una volontà costrittiva o induttiva che condiziona il libero esplicarsi di quella del privato, il quale, per evitare maggiori pregiudizi, deve sottostare alle ingiuste pretese del primo. Elemento necessariamente comune alle due figure è l'esistenza di una indebita erogazione del privato al pubblico agente. Elemento eventualmente comune (e necessario solo nella corruzione propria) è un esercizio antigiuridico dei propri compiti da parte del pubblico agente. Elemento, infine, discriminante tra le due figure è la presenza, nella concussione (e l'assenza, nella corruzione), di una volontà prevaricatrice e condizionante da parte del pubblico agente. Ne consegue che, in presenza dei primi due elementi - il mancato accertamento del terzo conduce necessariamente, ad escludere che il fatto oggetto di valutazione possa essere considerato come concussione. Come prima osservato, esistono diversi tipi di corruzione: 1) Corruzione passiva: - impropria: il pubblico ufficiale riceve compensi per compiere un atto del suo ufficio. - impropria successiva: se il pubblico ufficiale ha da tempo completo l atto del suo ufficio e per questo riscuote il compenso. - propria: il pubblico ufficiale che per omettere un atto del suo ufficio riceve dal privato un compenso 2) Corruzione propria: il corruttore può anche non essere un pubblico ufficiale. Consistente nel ricevere vantaggi per compiere un atto comunque dovuto dall ufficio. Corte di Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 45147 del 14 novembre 2001. La configurabilità del reato di corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio (art. 319 c.p.), pur quando questi siano formalmente legittimi, presuppone che trattisi di atti la cui emanazione avrebbe comunque richiesto una corretta valutazione discrezionale, la cui omissione viene quindi a costituire la vera ragione della contrarietà ai doveri d'ufficio. Mancando il suddetto presupposto il reato configurabile è quello di corruzione per atti d'ufficio (art. 318 c.p.). Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che costituisce corruzione per atto d'ufficio e non per atto contrario ai doveri d'ufficio quella costituita dalla retribuzione di pubblici ufficiali addetti ad una conservatoria di registri immobiliari per il sollecito rilascio dei certificati richiesti, atteso che tale attività non implicava alcuna valutazione discrezionale). 3) Corruzione impropria: il pubblico ufficiale riceve compensi per svolgere atti rientranti nel suo potere discrezionale o comunque tenuto al compimento dell atto. Corte di Cassazione penale, sentenza n. 1905 del 14 novembre 2001

Pag.12 La c.d. "corruzione propria" prevista dall'art. 319 c.p. non è ravvisabile in relazione al compimento di atti nei quali non esiste alcuno spazio di discrezionalità suscettibile di essere usato per favorire il corruttore, in quanto gli atti compiuti dal pubblico ufficiale in cambio di una illecita retribuzione mantengono la loro natura di atti conformi ai doveri di ufficio, nè tale natura viene meno in dipendenza del numero degli atti per i quali è stata accettata la retribuzione poiché il commercio di una pluralità di pratiche amministrative, per numerose che esse siano, non comporta il complessivo asservimento delle funzioni pubbliche agli interessi privati e non trasforma i singoli atti compiuti in atti contrari ai doveri d'ufficio (in applicazione di tale principio la Corte ha ravvisato il reato di "corruzione impropria", di cui all'art. 318 c.p., nella condotta consistente nell'abituale accettazione di compensi da parte di impiegati di una Conservatoria immobiliare per il rilascio in tempi più celeri di certificati catastali attestanti il vero). Corte di Cassazione penale, sentenza n. 1905 del 14 novembre 2001 n.1905: La c.d. "corruzione propria" prevista dall'art. 319 c.p. non è ravvisabile in relazione al compimento di atti nei quali non esiste alcuno spazio di discrezionalità suscettibile di essere usato per favorire il corruttore, in quanto gli atti compiuti dal pubblico ufficiale in cambio di una illecita retribuzione mantengono la loro natura di atti conformi ai doveri di ufficio, nè tale natura viene meno in dipendenza del numero degli atti per i quali è stata accettata la retribuzione poiché il commercio di una pluralità di pratiche amministrative, per numerose che esse siano, non comporta il complessivo asservimento delle funzioni pubbliche agli interessi privati e non trasforma i singoli atti compiuti in atti contrari ai doveri d'ufficio (in applicazione di tale principio la Corte ha ravvisato il reato di "corruzione impropria", di cui all'art. 318 c.p., nella condotta consistente nell'abituale accettazione di compensi da parte di impiegati di una Conservatoria immobiliare per il rilascio in tempi più celeri di certificati catastali attestanti il vero). Per chiarire meglio il concetto corruzione impropria si ritiene opportuna prendere in considerazione la sentenza: Corte di Cassazione penale, sentenza n. 32938 del giugno 2001 n.32938: Ai fini della configurabilità del reato di corruzione propria, non è indispensabile l'illegittimità dell'atto in quanto è sufficiente che la funzione del pubblico ufficiale sia assoggettata, per denaro, ad interessi estranei alla p.a. Si configura il reato di corruzione propria quanto sono richiesti atti contrari di doveri di ufficio. I regali di modesto valore non realizzato il reato di corruzione se assegnati per atti attinenti ai doveri di uffici, mentre se effettuati con lo scopo di ottenere atti contrari ai doveri di ufficio, si configura la corruzione. Corte di Cassazione penale, sentenza n. 30268 del 9 luglio 2002. Per la configurabilità del delitto di istigazione alla corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio non rileva la tenuità della somma di denaro o del valore della cosa offerta al pubblico ufficiale. Le piccole regalie d'uso possono escludere la configurabilità soltanto del reato di corruzione per il compimento di un atto di ufficio, previsto dall'art. 318 c.p., giammai quello di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio previsto dall'art. 319 c.p., perché solo nel primo caso è possibile ritenere che il piccolo donativo di cortesia non abbia avuto influenza nella formazione dell'atto stesso.

Pag.13 Il pubblico ufficiale agente o ufficiale di polizia giudiziaria, in forza della particolare qualifica, può costituire un aggravante. Corte di Cassazione, sentenza n. 11402 del 6 febbraio 2002 In relazione al reato di corruzione, commesso dal comandante di una sezione "verifiche fiscali" della guardia di finanza, in occasione di controlli fiscali effettuati su alcune società, il diniego delle attenuanti generiche da parte del giudice di merito è congruamente motivato se riferito alla posizione del capo pattuglia e al conseguente ruolo di garanzia da questi tradito. In tali casi si riferiscono alla si di corruzione attiva, matura dal cittadino nei confronti del pubblico ufficiale. La Cassazione determina i limiti e l estensione del concorso nella corruzione. Corte di Cassazione penale, sentenza 7240 Non è ravvisabile il concorso nel reato di corruzione propria da parte dell'imprenditore che, nell'ambito di un rapporto privatistico con altro imprenditore, aggiudicatario di un appalto pubblico in forza di un accordo corruttivo da lui raggiunto con i pubblici ufficiali responsabili della stazione appaltante, stipuli con il detto aggiudicatario un contratto di subappalto per l'esecuzione di parte delle opere e s'impegni a versare al subappaltante una percentuale sull'importo dei lavori; ciò perché la regolamentazione concordata del subappalto non supera la soglia interna del rapporto privatistico e non va ad integrarsi con la posizione del corrotto, a meno che non si provi, mediante concreti elementi fattuali, che essa abbia inciso o sia andata concretamente ad inserirsi, rafforzandola o integrandola, nell'attività corruttiva alla quale si è esposto in prima persona il subappaltante. L istigazione alla corruzione è rubricato autonomamente e si configura quando si tenta di corrompere il pubblico ufficiale destinandogli denaro o altra utilità. Anche chi tenta di corrompere il pubblico ufficiale e non riesce è già colpevole. Se la promessa è finalizzata ad un atto contrario ai doveri d ufficio o all omissione si configura l istigazione alla corruzione propria. La proposta deve realizzarsi in atti idoneamente a generare la corruzione. Tribunale Perugia, del 24 gennaio 2002 Il delitto di istigazione alla corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio si configura con la semplice offerta o promessa di denaro o altra utilità, purché seria, potenzialmente e funzionalmente idonea ad indurre il destinatario a compiere un atto contrario al doveri d'ufficio, tale da determinare una rilevante probabilità di causare nel pubblico ufficiale o nell'incaricato di un pubblico servizio un turbamento psichico, sì che sorga il pericolo che lo stesso accetti l'offerta o la promessa di denaro o altra utilità, la cui tenuità non soltanto non esclude il reato, ma addirittura lo può rendere maggiormente lesivo del prestigio del pubblico ufficiale, ritenuta persona suscettibile di venir meno al doveri accettando un'offerta anche minima.

Pag.14 Corte di Cassazione penale, Sez. VI, del 30 ottobre 1997 La sollecitazione del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio di cui all'art. 322 comma 4 c.p., collegata ad un comportamento contrario ai doveri d'ufficio, deve presentare un minimo di serietà e concretezza. Il comportamento dell istigatore può essere vario ma deve essere desumibile la finalità corruttrice, anche attraverso allusioni o illazioni. Corte di Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 37402 del 13 ottobre 2011 Integra il delitto di istigazione alla corruzione la condotta di colui che formuli un'offerta in cui la determinazione dell'oggetto sia rimessa allo stesso pubblico ufficiale che si intende corrompere. (Fattispecie di promessa di dazione formulata dal soggetto agente nei seguenti termini : "vi dò quello che volete"). Corte di Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 37042 del 05 ottobre 2011 Pur in assenza di un'offerta determinata, la frase "vi do quello che volete, se mi lasciate andare", se rivolta a due pubblici ufficiali, integra il reato di istigazione alla corruzione (nella specie, l'imputato aver offerto denaro a degli agenti della Polizia Stradale, i quali, nel corso di un controllo avevano verificato la falsità dell'attestazione dell'avvenuta revisione dell'autovettura condotta dall'imputato stesso). Corte di Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 26266 del 01 aprile 2011 In tema di reati contro la P.A., nel caso di una indebita richiesta di denaro da parte del pubblico ufficiale, che venga rifiutata dal privato, non ricorre il delitto di concussione, ma è configurabile quello di istigazione alla corruzione, previsto dall'art. 322 comma terzo, cod. pen., in quanto difettano gli elementi della costrizione o della induzione nei confronti del privato, prodotta dal pubblico ufficiale con l'abuso della sua qualità o dei suoi poteri. Corte di Cassazione penale, sentenza n. 2678 del 29 gennaio 1998 In tema di istigazione alla corruzione, per l'integrazione del reato è sufficiente la semplice offerta o promessa, purché sia caratterizzata da adeguata serietà e sia in grado di turbare psicologicamente il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio sì che sorga il pericolo che lo stesso accetti l'offerta o la promessa. Non è necessario perciò che l'offerta abbia una giustificazione, nè che sia specificata l'utilità promessa, nè quantificata la somma di denaro, essendo sufficiente la prospettazione, da parte dell'agente, dello scambio illecito. Corte di Cassazione penale 30 ottobre 1997 Secondo la disciplina vigente, la istigazione alla corruzione è una fattispecie autonoma di delitto consumato e si sostanzia in una ipotesi allargata di tentativo di corruzione antecedente, che perciò non è

Pag.15 astrattamente configurabile anche in applicazione del principio di specialità, con conseguente irrilevanza della desistenza. Successivamente l offerta, la condotta si tramuta in reato. Corte di Cassazione penale del 30 ottobre 1997 Poiché l'istigazione alla corruzione si consuma con l'offerta del privato o con la sollecitazione del soggetto pubblico, non è ipotizzabile la desistenza che postula l'interruzione dell'azione tipica prima del suo realizzarsi. L'istigazione alla corruzione di cui all'art. 322 c.p. - come riformulato dalla l. n. 86 del 1990 - sostanziandosi in un'ipotesi allargata di tentativo, normativamente configurato come fattispecie autonoma, per effetto del principio di specialità, esclude la configurabilità del tentativo di corruzione. La banale offerta implica la consumazione del reato di istigazione alla corruzione, non si può configurare il tentativo di reato. Anche nelle recenti sentenze la Suprema Corte non ha modificato il suo indirizzo Corte di Cassazione penale sez. I, sentenza n. 25242 del 16 maggio 2011 Il dipendente ospedaliero che avverta sollecitamente gli impresari di pompe funebri del decesso imminente o già avvenuto dei ricoverati, pone in essere un atto contrario ai doveri d'ufficio, suscettibile di assumere rilievo come elemento di una condotta corruttiva, poiché attraverso la rivelazione di notizie d'ufficio riservate o segrete per i terzi, e delle quali non ha, comunque, disponibilità, viola i doveri di correttezza ed imparzialità posti a carico dei pubblici dipendenti. Corte di Cassazione penale sez. I, sentenza n. 22938 del 10 maggio 2011 Integra il delitto di corruzione propria, e non quello di corruzione impropria, l'agente di polizia giudiziaria che si presti, dietro corrispettivo, a recapitare clandestinamente ad un detenuto corrispondenza, cibarie ed altri generi di consumo, perchè tali fatti si qualificano come contrari ai doveri d'ufficio. Corte di Cassazione penale sez. VI, sentenza n. 1635 del 12 aprile 2011 In tema di distinzione tra i reati di corruzione e concussione, non è ravvisabile l'ipotesi della concussione cosiddetta "ambientale" qualora il privato si inserisca in un sistema nel quale il mercanteggiamento dei pubblici poteri e la pratica della "tangente" sia costante, atteso che in tale situazione viene a mancare completamente lo stato di soggezione del privato, che tende ad assicurarsi vantaggi illeciti, approfittando dei meccanismi criminosi e divenendo anch'egli protagonista del sistema. Corte di Cassazione penale sez. VI, sentenza n. 25694 del 11 gennaio 2011 Non integra la fattispecie di concussione la condotta di semplice richiesta di denaro o altre utilità da parte del pubblico ufficiale in presenza di situazioni di mera pressione ambientale, senza però che questi abbia

Pag.16 posto in essere atti di costrizione o d induzione, non potendosi fare applicazione analogica della norma incriminatrice, imperniata inequivocabilmente sullo stato di soggezione della vittima provocato dalla condotta del pubblico ufficiale. Corte di Cassazione penale sez. VI, sentenza n. 38650 del 05 ottobre 2010 Ai fini della individuazione degli elementi differenziali tra i reati di corruzione e di concussione, occorre avere riguardo al rapporto tra le volontà dei soggetti, che nella corruzione è paritario ed implica la libera convergenza delle medesime verso la realizzazione di un comune obiettivo illecito, mentre nella concussione è caratterizzato dalla presenza di una volontà costrittiva o induttiva del pubblico ufficiale, condizionante la libera formazione di quella del privato, il quale si determina alla dazione, ovvero alla promessa, soggiacendo all'ingiusta pretesa del primo solo per evitare un pregiudizio maggiore. 5) Abuso d ufficio Art. 323 c.p. Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti intenzionalmente procura a sè o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità. La condotta deve essere inerente le funzioni svolte dal pubblico ufficiale. Il dolo, quindi la volontà deve essere rivolta alla violazione di norme di legge (e di regolamento) e procurare ad altri un vantaggio o un danno ingiusti. Non sussiste un vantaggio per il pubblico ufficiale. La condotta costituente il reato può risultare anche in un conflitto di interessi, in qui il pubblico ufficiale, non si astiene e opera a danno o vantaggio proprio di parente. Corte di Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 42577 del 22 settembre 2009 Il carattere sussidiario e residuale del reato di abuso d ufficio comporta che, qualora la condotta addebitata si esaurisca nella commissione di un fatto qualificabile come falso ideologico, l agente debba rispondere solo di tale reato e non anche dell abuso d ufficio, da considerare assorbito nell altro, a nulla rilevando, in contrario, la diversità dei beni giuridici protetti dalle due norme incriminatrici (Fattispecie di falso ideologico in certificati).

Pag.17 Tribunale Bari, Sez. riesame, del 25 giugno 2009 In assenza di danno patrimoniale per la p.a., lluso per fini personali dei beni pubblici da parte di un dipendente pubblico integra il delitto di abuso ddufficio e non il peculato, proprio per llassenza di un danno economicamente apprezzabile. Tribunale Milano, Sez. IV, sentenza n. 3139 del 12 marzo 2009 In relazione al reato di abuso ddufficio, deve risponderne il medico che, nella sua qualifica di p.u. e nello svolgimento delle sue funzioni, viola sistematicamente e consapevolmente il sistema della legge relativa alle prestazioni sanitarie in regime di S.s.n., ed in particolare la normativa relativa ai ricoveri per operazioni chirurgiche di cui al d.lg. 30 dicembre 1992 n. 502 e successive modificazioni. Ai sensi di tale normativa, e dei decreti attuativi di riferimento del Ministero della sanità e del Presidente del Consiglio dei ministri (d.m. Sanità 28 dicembre 1992 e n. 332 del 1999; d.p.c.m. 29 novembre 2001) llerogazione di protesi è una prestazione propria del S.s.n.; tale previsione ha l obbiettivo di offrire il "recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, dipendenti da qualunque causa", (premessa al d.m. del 1999 citato). Corte di Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5026 del 25 settembre 2008 L inosservanza o la mancata o l erronea applicazione di una norma collettiva contrattuale, relativa alla disciplina applicabile ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, non implica una violazione di legge o di regolamento idonea ad integrare la fattispecie di reato di abuso d ufficio. Tale principio è la conseguenza della privatizzazione del pubblico impiego; l art. 2 d.lg. n.29/93, poi trasfuso nel d.lg. n. 165/01, infatti, ha privatizzato tale rapporto sottoponendolo pertanto alla disciplina privatistica del lavoro subordinato. Corte di Cassazione penale, sentenza n. 34264 del 20 settembre 2002 In tema di abuso di ufficio, la volontà colpevole può assumere solo la forma del dolo intenzionale e non anche quella del dolo eventuale, giacché l'illecito si configura come reato di evento e l'elemento soggettivo consiste nella coscienza e volontà del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio di abusare dei poteri inerenti alle sue funzioni ed il danno altrui o l'ingiusto vantaggio devono essere, alternativamente o congiuntamente, presi di mira dall'agente e non semplicemente cagionati come risultato accessorio della sua condotta. Non si perfezione l abuso d ufficio quando il pubblico ufficiale agisca contro la legge o il regolamento per arrecare vantaggio all amministrazione.

Pag.18 Corte di Cassazione penale, sentenza n. 42839, del 22 novembre 2002 n.42839 In tema di abuso di ufficio, nella formulazione dell'art. 323 c.p. introdotta dalla l. 16 luglio 1997 n. 234, l'uso dell'avverbio "intenzionalmente" per qualificare il dolo ha voluto limitare il sindacato del giudice penale a quelle condotte del pubblico ufficiale dirette, come conseguenza immediatamente perseguita, a procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale o ad arrecare un ingiusto danno. Ne deriva che, qualora nello svolgimento della funzione amministrativa il pubblico ufficiale si prefigga di realizzare un interesse pubblico legittimamente affidato all'agente dall'ordinamento (non un fine privato per quanto lecito, non un fine collettivo, nè un fine privato di un ente pubblico e nemmeno un fine politico), pur giungendo alla violazione di legge e realizzando un vantaggio al privato, deve escludersi la sussistenza del reato. Vi è di più tra il pubblico ufficiale ed il terzo deve sussistere una collusione (naturalmente deve mancare il vantaggio per il pubblico ufficiale perché altrimenti abbiamo la truffa. Non basta pertanto una semplice azione illegittima. Ufficio indagini preliminari Trento 18 settembre 2002 Poiché l'azione del reo nel reato di abuso d'ufficio deve essere condotta intenzionalmente, non basta che l'agente si rappresenti il vantaggio che ne deriva al privato, ma vi deve essere la prova concreta di una collusione fra il privato stesso ed il pubblico ufficiale Tribunale di Messina 11 ottobre 2002 Ritenuto che l'illegittimità dell'atto amministrativo costituisce semplicemente uno degli elementi del reato di abuso di ufficio, per la configurazione del reato è altresì necessario che sussista il nesso di causalità tra l'atto illegittimo e il vantaggio o il danno, che, oltre all'atto, l'ingiustizia riguardi anche l'evento, che la violazione di legge sia stata consapevolmente posta in essere dal pubblico ufficiale e che quest'ultimo abbia agito al fine precipuo di procurare a soggetti individuati un vantaggio patrimoniale ovvero un danno patrimoniale o non patrimoniale. Deve sussistere la violazione di specifiche norme di legge o regolamento. Corte di Cassazione penale, sentenza n. 6600 del 3 aprile 2002 La condotta del sindaco di un comune che, a seguito di una discussione privata, fa assoluto divieto ad un arbitro di calcio di accedere a qualsiasi titolo e per qualsiasi motivo ed a tempo indeterminato nello stadio comunale, pur se affetta da grave sviamento di potere, essendo solo genericamente illegale, non può qualificarsi come attività viziata da violazione di legge idonea ad integrare il reato di abuso di ufficio ai sensi dell'art. 323 c.p.

Pag.19 6) Rifiuto d atti d ufficio o omissione Art. 328 codice penale Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. Fuori dei casi previsti dal primo comma il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a 1.032 euro. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa. Tale reato si configura quando il pubblico ufficiale si rifiuta di compiere un atto L atto in questione è l atto amministrativo in generale. L atto che il pubblico ufficiale deve compiere senza ritardo o la richiesta scritta dal privato questa non viene eseguita entro trenta giorni. Il rifiuto deve essere illegittimo. Se ci sono ordini che prevedono l omissione o siano presenti situazioni di necessità o forza maggiore, il reato non si configura. Corte di Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 34402 del 20 luglio 2011 In tema di rifiuto di atti di ufficio, il medico di guardia sull'autoambulanza del servizio 118 è tenuto ad effettuare tutti gli interventi richiesti qualora sia posto al corrente, da parte di personale sanitario, di una grave sintomatologia del paziente, avendo l'obbligo di attivarsi con urgenza (nella specie, la Corte ha confermato la condanna nei confronti di un medico di turno sull'autoambulanza del servizio 118 che si era rifiutato di trasportare un paziente presso la struttura ospedaliera, così come richiesto in via urgente dal medico della comunità terapeutica presso cui il paziente era ricoverato, a nulla rilevando l'eccezione formale sollevata dall'imputato in merito alla irregolarità della richiesta di intervento, non filtrata dalla centrale operativa del servizio 118, presso cui svolgeva servizio, ma formulata direttamente da un altro sanitario). Uff. Indagini preliminari Pescara, del 02 marzo 2011 Affinché possa configurarsi il reato di rifiuto di atti di ufficio previsto dall'art. 328 comma 2 c.p.p., occorre che l'atto domandato sia dovuto, ovvero che si tratti di un atto vincolato, con esclusione di qualsiasi scelta discrezionale sui tempi e sui modi della sua emanazione. Solo in tale ipotesi il pubblico ufficiale è tenuto, ricorrendo tutte le condizioni di fatto e di diritto necessarie, a compiere l'atto richiesto, ovvero, in mancanza delle condizioni stesse o in presenza di altre cause impeditive, a darne ragione, prima del decorso del termine di giorni trenta. Ai fini della configurabilità del reato "de quo" le richieste dei privati devono essere formalizzate almeno nei termini della diffida ad adempiere