LA PESCA INN NEL MEDITERRANEO Ripercussioni sociali, economiche e ambientali Avoid By Catch FONDO EUROPEO PESCA PROGRAMMAZIONE 2007-2013 Osservatorio nazionale della pesca UNIONE EUROPEA FAI FEDERPESCA
LA PESCA INN NEL MEDITERRANEO Ripercussioni sociali, economiche e ambientali La pesca INN nel Mediterraneo La pesca illegale, non regolamentata e non registrata (INN) è senza dubbio uno dei motivi dell'eccessivo sfruttamento delle risorse di pesca nel Mar Mediterraneo e della concorrenza sleale tra i pescatori. Le stime precise dei danni economici causati da pesca INN, sia in termini di perdita di ricavi che di impatto sulle risorse biologiche e sugli ecosistemi marini, non possono essere facilmente valutati. Tuttavia, in generale, la pesca INN nel Mediterraneo porta alle seguenti conseguenze: - Deterioramento degli stock ittici e degli habitat, - Perdita economica in termini di mancate imposte sulle vendite, - Mancato reddito a causa della perdita di pesci, - Perdita di reddito e di occupazione in altri settori e attività della filiera ittica - Perdita di biodiversità, - Problemi sociali e politici, come la perdita di vite umane e danni in generale. Esempi di pesca illegale in Mediterraneo Gli effetti e l'impatto delle pratiche di pesca illegale sulla vita marina nel Mar Mediterraneo sono diverse a seconda degli attrezzi da pesca, della stagione e della zona. - Sui fondali, la pesca a strascico produce grande impatto sulle praterie di fanerogame marine, distrugge comunità bentonica e comporta la perdita di habitat per molte specie, come spugne endemiche. - In generale è noto come molte specie sono in declino nel Mediterraneo anche a causa della pesca eccessiva, del by catch e della pesca illegale. BY CATCH DI SPECIE PROTETTE In Mediterraneo le catture di specie non target, riguardano spesso specie protette: - uccelli marini, in particolare marangone dal ciuffo e gabbiano corso, che hanno alti tassi di mortalità il by catch è causato per lo più delle reti da posta derivanti e dei palangari; - la tartaruga marina Caretta Caretta e la tartaruga verde Chelonia mydas, che vengono catturate in particolare con le reti a strascico da fondo e, in misura minore, dai palangari di superficie utilizzati per la pesca al pesce spada; - cetacei, più comunemente la stenella striata (Stenella coeruleoalba), il delfino comune (Delphinus delphis), il capodoglio (Physeter catodon) e la balenottera comune (Balaenoptera physalus). La causa principale delle catture è l'utilizzo illegale di reti da posta derivanti. Per ridurre le catture accessorie di specie non target, sono state adottate alcune raccomandazioni dagli organismi internazionali e sono state attuate misure per ridurre il by catch. In accordo con la risoluzione 44/225 e 46/215 adottata nel 1989 e nel 1991 dall'assemblea generale delle Nazioni Unite, è stata concordata una moratoria a livello mondiale relativa alla pesca con grandi reti pelagiche derivanti. Nel 1992, l'unione europea ha vietato nel Mediterraneo la pesca con reti da posta derivanti di lunghezza superiore a 2,5 km, così come ha poi fatto anche la Commissione generale pesca per il
Mediterraneo (CGPM- GFCM in inglese) nel 1997 con una risoluzione vincolante. La stessa decisione è stata adottata dall'iccat. Tutte le attività di pesca al di fuori di questo quadro giuridico rientrano in quella che si definisce pesca illegale. La Pesca INN e l'uso di reti derivanti illegali nel Mediterraneo sono quindi strettamente connesse. Negli ultimi anni, è stato segnalato un numero crescente di catture di cetacei. In un primo momento è stato notato in termini di incremento di spiaggiamenti, in particolare nel Mar Ligure. È stato anche osservato che una buona percentuale degli animali spiaggiati mostrava segni evidenti di impigliamento nelle reti. Nonostante l'evidenza dei fatti, le reti derivanti di grandi dimensioni sono ancora utilizzate in diverse aree del Mediterraneo. Gli organi per la gestione della pesca in Mediterraneo Il Mediterraneo, per quanto ristretto rispetto a molte altre realtà, costituisce un ottimo esempio a livello mondiale di evoluzione storica dei rapporti tra stati nella condivisione delle risorse ittiche. È caratterizzato, infatti, da una significativa eterogeneità culturale ed economica dei diversi paesi che vi si affacciano: l attività alieutica dei 22 paesi rivieraschi assume estrema importanza per le numerose comunità di pescatori presenti lungo le coste soprattutto come impatto sociale e occupazionale. Nel descrivere la realtà di bacino e gli organi coinvolti nella sua gestione, è necessario considerare sia l enorme varietà di mestieri e di tipologie di pesca presenti, tutte interagenti fra loro e, in certa misura, interdipendenti, sia la grandissima ricchezza di specie e di risorse ittiche e marine, anch esse fortemente interdipendenti tra loro. I mestieri, le specie e le risorse, soprattutto quelle condivise, devono essere considerati infatti nella loro generale coesistenza e interdipendenza nel valutare le possibilità di gestione partecipata tra gli stati rivieraschi. Un ulteriore problema è rappresentato dal divario socio- economico presente tra i paesi mediterranei appartenenti all Unione Europea (PUEM) e i paesi terzi mediterranei (PTM). Per questi ultimi, infatti, l attività di pesca costituisce un indispensabile strumento per il soddisfacimento dei bisogni alimentari, soprattutto per le comunità costiere di pescatori. Negli ultimi anni, inoltre, nei PTM è stato registrato un netto incremento del consumo dei prodotti ittici sia in termini assoluti che pro capite. In questo quadro, che riporta in estrema sintesi gli elementi caratterizzanti la pesca mediterranea, si colloca la contrazione produttiva dell attività di pesca nel bacino, avvenuta principalmente negli ultimi anni. Diversi fattori concorrono a determinare questo trend in diminuzione tra cui il ridimensionamento della flotta europea imposto dalla normativa comunitaria e in vigore nei singoli paesi, nonché il sovra sfruttamento che ha interessato numerosi stock. La pressione di pesca delle risorse e i casi di evidente declino degli stock preoccupano principalmente gli stessi Stati costieri mediterranei che vedono messo a repentaglio il loro patrimonio di risorse ittiche, sotto il profilo economico, commerciale e sociale. Risulta quindi sempre più importante una gestione coordinata delle risorse, che sono in molti casi risorse condivise, sia perché presenti in acque internazionali, sia perché appartenenti a specie pelagiche, e quindi migratrici, ad alto valore commerciale. Per questa serie di motivi negli anni più recenti, si è fatta sentire con sempre maggiore insistenza, l esigenza di una vera e propria gestione condivisa del Mare Mediterraneo. I rapporti tra nazioni nell utilizzo delle risorse condivise, infatti, sono caratterizzati in molti casi da complesse dinamiche che sono alla base della possibilità di indirizzare la gestione della pesca verso lo sfruttamento sostenibile e razionalmente condiviso degli stocks.
La gestione della pesca: la Commissione Generale per la pesca nel Mediterraneo L'Organo gestore della pesca in mediterraneo è la GFCM, è l organismo regionale, in ambito FAO, investito del compito di promuovere lo sviluppo, la conservazione, la gestione razionale e lo sviluppo sostenibile dell acquacoltura così come la migliore utilizzazione delle risorse marine con particolare riguardo agli aspetti socio- economici nel Mediterraneo e nel Mar Nero (zona FAO n 37). Data la notevole eterogeneità economica e culturale dei paesi che partecipano alla gestione delle risorse ittiche, si ritiene che nell ambito Mediterraneo un punto di fondamentale importanza, negli interventi per la conservazione delle risorse, sia proprio quello incentrato sull esame degli aspetti economici e commerciali dell industria della pesca (Accordo GFCM, Art. III). Da notare che le misure gestionali di intervento della GFCM sono basate su un robusto supporto scientifico garantito da apposite strutture di ricerca. Sarebbe auspicabile, quindi, che gli Stati Membri collaborassero effettivamente per la gestione sostenibile delle risorse, applicando nella loro legislazione nazionale le misure (quantomeno quelle urgenti) raccomandate dal GFCM. Nello specifico, inoltre, le risoluzioni riguardano regolamenti di gestione di attrezzi e stock in netto declino già da decenni. A titolo di esempio, basti il caso del tonno la cui pesca venne regolamentata dal GFCM già nel 1997 per le reti a circuizione nei periodi di maggior presenza di giovanili (Res. GFCM 97/3). Nella definizione delle raccomandazioni e risoluzioni, notevole attenzione è posta nella valutazione dello stato delle risorse alieutiche, ruolo che viene svolto dal Comitato Scientifico Consultivo (SAC) e dal Comitato acquacoltura (CAQ) istituiti nel 1997. Il compito fondamentale di queste istituzioni consiste proprio nel fornire la indicazioni di partenza per la gestione sostenibile delle risorse. LA SITUAZIONE ITALIANA In Italia sono segnalati molti casi di pesca illegale ogni anno, anche in relazione all'uso di piccole reti collocate in aree protette di fronte ad estuari. Inoltre, la vendita delle catture derivanti dalla pesca illegale, effettuata con pescherecci a palangari è comune, anche da parte dei pescatori non commerciali. Non esistono al momento dati certi relativi ai ricavi generati da questo e altri tipi di pesca INN. Sebbene minima per una sola operazione, la quantità totale dei ricavi potrebbe essere molto elevata. Gli attrezzi che vengono impiegati in questa pratica illegale sono per lo più tramagli e palangari. In Italia come altrove, uno dei problemi fondamentali dell'esistenza della pesca illegale è la carenza di controlli. In Italia si ritiene che la maggior parte degli stock ittici costieri siano drasticamente ridotti. Le possibili soluzioni al problema comportano sicuramente una politica di controllo dello sforzo di pesca e un maggiore coinvolgimento anche da parte dei cittadini nell'individuare le violazioni.
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