Cass. civ. Sez. I, 1 luglio 2015, n. 13506.



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Il giudice può delegare i servizi sociali ad intervenire nella vita familiare ma non può imporre ai genitori di effettuare percorsi psicoterapeutici o di sostegno alla genitorialità Cass. civ. Sez. I, 1 luglio 2015, n. 13506. La prescrizione resa dal tribunale che, nel disporre sull affido del minore, ordini ai genitori di sottoporsi ad un percorso psicoterapeutico individuale e ad un percorso di sostegno alla genitorialità da seguire insieme, è lesiva del diritto alla libertà personale costituzionalmente garantito ed alla disposizione che vieta la imposizione, se non nei casi previsti dalla legge, di trattamenti sanitari. Tale prescrizione, pur volendola ritenere inidonea ad imporre un vero e proprio obbligo a carico delle parti, comunque le condiziona ad effettuare un percorso psicoterapeutico individuale e di coppia, in tal modo confliggendo con l art. 32 della Costituzione, fermo restando, in ogni caso, che la stessa esula dai poteri del giudice investito della controversia sull affidamento dei minori, anche qualora disposta con la finalità del superamento di una condizione di immaturità della coppia genitoriale, che impedisce un reciproco rispetto dei rispettivi ruoli (come nella specie rilevato dal CTU, ove, invece, deve ritenersi legittima la previsione concernente il conferimento del mandato al Servizio sociale, in quanto collegata alla possibilità di adottare e modificare i provvedimenti che concernono il minore). Una sentenza che farà molto discutere. L occasione era troppo ghiotta e la prima sezione della Cassazione non se l è fatta sfuggire! La Corte annulla la prescrizione contenuta in un decreto della Corte d appello, di Firenze, sostanzialmente confermativo di un provvedimento del tribunale per i minorenni di quella città, con cui si era prescritto a due genitori di sottoporsi ad un percorso psicoterapeutico individuale e ad un percorso di sostegno alla genitorialità, ritenendo questa prescrizione lesiva del diritto alla libertà personale costituzionalmente garantito ed alla disposizione che vieta la imposizione, se non nei casi previsti dalla legge, di trattamenti sanitari. La sentenza della prima sezione della Cassazione appare del tutto condivisibile perché certamente la libertà individuale non ammette restrizioni o trattamenti terapeutici se non per disposizione di legge (art. 13 e 32 cost.). E fortunatamente la legge non prevede nulla del genere. Nessun genitore pertanto può essere avviato obbligatoriamente ad un percorso psicoterapeutico personale o di sostegno alla genitorialità, per quanto nobile possa essere l intenzione di chi emette una tale prescrizione. Solo lo stato di necessità (art. 54 c.p.) o il rispetto delle procedure cui fanno riferimento gli articoli 34 e 35 della legge 833/78 consentono trattamenti sanitari obbligatori. Ma qui si è di fronte a gravi alterazioni comportamentali che richiedono interventi urgenti di tipo costrittivo. Sul versante dell inadeguatezza o della conflittualità genitoriale l art. 337-octies del codice civile prevede che il giudice, a tutela dell interesse morale e materiale e dei figli, possa al più favorire ed anche prospettare l accesso dei genitori ad un percorso di mediazione familiare ottenuto il loro consenso. Pertanto il consenso è l ineliminabile presupposto di qualsiasi intervento sulla persona a nulla rilevando che l intervento si proponga obiettivi terapeutici o solo di chiarificazione personale, di sostegno alla genitorialità o di mediazione del conflitto. E questo indipendentemente da chi sia il soggetto che proponga o imponga questi obiettivi: sia esso il giudice ovvero il servizio sociale. Le buone intenzioni che possono guidare queste prescrizioni non rendono il provvedimento legittimo. 1

Anche da un punto di vista non giuridico l imposizione di percorsi di psicoterapia, sostegno o mediazione non è mai una soluzione plausibile. Per la semplice considerazione che il consenso non è solo un presupposto di legittimità ma anche un presupposto di fattibilità. Si insegna che nessun obiettivo psicoterapeutico o di mediazione familiare è possibile se manca l adesione delle parti. Ed è per questo che appare giusto contrastare le proposte (se ancora ve ne fossero) di chi vorrebbe imporre la mediazione familiare a tutti i costi nelle procedure di separazione. Detto questo, è necessario anche chiedersi, però, quale possa essere nell ambito delle procedure giudiziarie una modalità legittima per richiamare i genitori, ove ciò si rendesse necessario, a comportamenti corretti verso i figli e rispettosi della bigenitorialità. La prima sezione della Cassazione nella sentenza che qui si commenta indica come pienamente legittimo il mandato di osservazione e di intervento conferito dai giudici al servizio sociale nella prospettiva utile per il giudice di adottare e modificare i provvedimenti che concernono il minore. D altro lato la stessa legittimità dell affidamento al servizio sociale del minore non è mai stata messa in discussione (Cass. 11421/2014; 10291/2014; 784/2012; 25290/2008). Quindi i servizi del territorio possono legittimamente essere chiamati dal giudice a prendere in carico le problematiche del nucleo familiare. Tutta la storia del diritto familiare e minorile attesta questa interconnessione alla quale peraltro la stessa legge dà un supporto normativo molto preciso (per esempio la legge 405/75 sui consultori familiari; l art. 23 DPR 616/77 sulle competenze dei Comuni rispetto ai provvedimenti dell autorità giudiziaria concernenti i minori; la legge 328/2000 sul sistema integrato di interventi e servizi sociali). Nello spirito che deve animare gli interventi di sostegno alla persona, alla famiglia e ai minori oltre che nella prospettiva di un corretto rapporto tra i servizi amministrativi e l autorità giudiziaria, devono essere i servizi del territorio, quindi, a suggerire i percorsi e le opportunità di sostegno genitoriale o psicoterapeutico. Anche attraverso il convenzionamento e la collaborazione con i centri e le strutture del privato sociale e del volontariato. Non esiste una via giudiziaria che possa surrogare queste funzioni di welfare. Ai tribunali spetta il compito, invece, di valutare (con le garanzie del procedimento) quali provvedimenti relativi all affidamento (art. 337-bis e seguenti del codice civile) o alla responsabilità genitoriale (art. 330, 333 c.c.) si rendano necessari per garantire la tutela dei diritti del minore, in seguito al rifiuto o al cattivo uso delle indicazioni, delle risorse e delle opportunità offerte alla famiglia nelle situazioni di conflitto genitoriale. La sentenza della Cassazione che qui si commenta offre lo spunto quindi per delineare nuovamente il quadro dei corretti rapporti tra tribunali e servizi del territorio. Ed in questa direzione sarebbe opportuno che quanti prima si eliminassero quelle duplicazioni di interventi in sede giudiziaria che né l attuale art. 38 disp. att. c.c. né i progetti di riforma dell ordinamento giudiziario per la famiglia sembrano in grado di prospettare con sufficiente concretezza e ragionevolezza. L obiettivo deve restare quello di un unico giudice della famiglia distribuito sul territorio in sezioni specializzate presso i tribunali (e non di diversi giudici sovrapposti uno sull altro ed esposti al continuo conflitto di attribuzioni). 2

Cass. civ. Sez. I, 1 luglio 2015, n. 13506. (omissis) Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FORTE Fabrizio - Presidente - Dott. DIDONE Antonio - Consigliere - Dott. GENOVESE Francesco Antonio - Consigliere - Dott. BISOGNI Giacinto - rel. Consigliere - Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere - ha pronunciato la seguente: Rilevato che l. I1 30 luglio 2009 L.M. ha depositato ricorso al Tribunale per i minorenni di Firenze con il quale ha chiesto l affidamento del figlio F.E.C. M., nato a Siena il 26 giugno 2006 dall unione con G.B., esponendo i seguenti fatti. 2. Già dal 2007 erano insorti fra i genitori gravi conflitti che avevano portato alla rottura dell unione e alla proposizione di una serie di azioni giudiziali per ottenere l affidamento del piccolo F.. Nel 2008 G.B. e L.M. avevano sottoscritto un accordo che prevedeva l affidamento condiviso del figlio, l impegno di partecipare a un percorso di mediazione familiare e la possibilità per G.B. di vivere con il minore presso l abitazione di proprietà di L.M.. Tale accordo però non aveva avuto una piena esecuzione e si dimostrava impossibile una sua modifica consensuale che lo rendesse pienamente attuabile. 3. Si è costituita G.B. che ha chiesto l affidamento condiviso del figlio con collocazione presso di lei, assegnazione della casa familiare, regolamentazione del diritto di visita e determinazione del contributo del padre al mantenimento. 4. I1 Tribunale per i minorenni di Firenze ha disposto consulenza tecnica affidata al servizio sociale e all esito, con decreto del 15 marzo 2011, ha disposto l affidamento condiviso di F. con collocamento presso il padre, dando facoltà a G.B. di tenere con sé il figlio secondo la disciplina descritta nella motivazione del decreto, prescrivendo ai genitori di rivolgersi al servizio sociale per ricevere informazioni e farsi indirizzare verso un percorso di mediazione familiare, dando mandato al servizio sociale e alla U.O.P. di Siena di seguire la situazione del minore con interventi di sostegno, orientamento e controllo mirati alla diminuzione del conflitto genitoriale e alla ricerca di ulteriori accordi che terranno conto della crescita del minore. 5. Avverso il decreto hanno proposto separati ricorsi la B. e il M.. Quest ultimo ha richiesto l affidamento esclusivo del figlio. 6. La Corte di appello, riuniti i procedimenti, ha disposto nuova CTU. Il 3 luglio 2012 è stata depositata la relazione del consulente tecnico cui è stata allegata una bozza di accordo sottoscritto dalle parti in cui viene previsto l affidamento condiviso con collocamento presso il padre, percorso di mediazione a sostegno della genitorialità, organizzazione del regime di visita, previsione di un periodo di monitoraggio da parte della Corte di appello. La Corte di appello ha affidato al CTU il compito di depositare una relazione sull esito del monitoraggio. La nuova relazione del CTU ha dato atto dell esito negativo del percorso di mediazione a causa della immaturità della coppia genitoriale, ancora troppo coinvolta nel conflitto personale che rende impossibile un confronto autonomo tra i due genitori e necessario un percorso di sostegno e cura per entrambi, al fine di giungere a un reciproco rispetto dei ruoli, essenziale per garantire la loro collaborazione necessaria per la cura e l educazione del figlio. Per altro verso la relazione del consulente ha dato atto del rispetto degli accordi assunti dalle parti e della mancanza di disagi da parte del minore ascrivibili alla collocazione prevalente presso il padre. 7. La Corte di appello, con decreto del 18 aprile 2013, ha confermato le statuizioni del T.M. relative all affidamento condiviso e alla collocazione e domiciliazione prevalente presso il padre ribadendo la indicazione per cui, laddove, il pomeriggio, il padre sia impegnato nell attività lavorativa e non possa occuparsi personalmente del figlio, si rivolga prioritariamente alla madre, verificandone la disponibilità, prima di chiedere l ausilio di altri familiari o di terzi estranei. E stato confermato anche il mandato ai servizi sociali di monitorare il rispetto delle statuizioni e la condizione del minore. 8. Ricorre per cassazione L.M. affidandosi a due motivi di impugnazione con i quali deduce: a) violazione e/o falsa applicazione dell art. 155 c.c. in relazione all art. 360 n. 3 c.p.c.; b) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2, 13, 32, 111 della Costituzione e dell art. 155 sexies c.c. in relazione all art. 360 n. 3 c.p.c. 9. Si difende con controricorso G.B. che propone a sua volta ricorso incidentale basato su due motivi di impugnazione con i quali deduce: a) la violazione e falsa applicazione degli artt. 155 c.c., 111 Cost., 8 3

C.E.D.U. nonché vizio di motivazione comportante la violazione di legge del giusto processo ai sensi dell art. 111 Cost.; b) violazione e falsa applicazione di legge, violazione dell art. 111 Cost., dell art. 360 n. 5 c.p.c. e dell art. 195 c.p.c. 10. L.M. replica con controricorso al ricorso incidentale. 11. Con il primo motivo del ricorso principale L.M. contesta la statuizione che lo obbliga a contattare preventivamente la B. per verificare la disponibilità ad occuparsi del figlio qualora egli sia impegnato nell attività lavorativa senza poterlo tenere con sé, seppure coadiuvato dalla nonna o dalla baby-sitter. 12. Con il secondo motivo del ricorso principale contesta la legittimità della statuizione che obbliga i genitori a sottoporsi a un percorso psicoterapeutico individuale. 13. Con il primo motivo del ricorso incidentale G.B. rileva che il collocamento del figlio F. Emanuele presso il padre è, a tutt oggi, sfornito di una motivazione logico-giuridica definibile come tale. Inoltre lamenta che alla dichiarazione della Corte di parziale accoglimento del suo reclamo corrisponda in realtà una sostanziale conferma degli spazi di tempo del figlio riservati alla madre. Il provvedimento che la preferisce rispetto ad altri soggetti, nel caso in cui il padre collocatario sia impedito a stare con il figlio, perché impegnato in attività lavorativa, è del tutto inattuabile, secondo la ricorrente incidentale, data la forte conflittualità dei genitori e la volontà del M. di allontanare il figlio da lei cosicché tale regolamentazione inattuabile si trasforma in un sostanziale affido esclusivo al padre il quale limita ai soli giorni rigorosamente indicati nel provvedimento il diritto di visita della madre. 14. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione del principio del contraddittorio e del giusto processo in quanto il consulente, dopo aver prospettato nella relazione una volontà delle parti di definire consensualmente il conflitto e dopo essersi reso conto del fallimento della mediazione, avrebbe dovuto rispettare il diritto di difesa e consentire alle parti di formulare le proprie osservazioni come esplicitamente richiesto dalla consulente di parte. Ritenuto che Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile in quanto investe una disposizione non decisoria né definitiva e, pertanto, non ricorribile per cassazione. La prescrizione impugnata, infatti, è sottoponibile in qualsiasi momento dalle parti al riesame del giudice competente, il quale ben potrà revocarla o modificarla nel corso e all esito del mandato conferito al Servizio Sociale e all UOP di Siena. Inoltre, la disposizione che si ritiene violata con il motivo in esame, è volta prioritariamente alla tutela dell interesse del minore. È dunque chiaro che, in base a questa necessaria lettura dell art. 155 c.c., con la prescrizione impugnata che peraltro si autodefinisce come indicazione si chiede esclusivamente ai genitori una collaborazione, volta al superamento della persistente conflittualità che contraddistingue il loro rapporto, al solo fine di assicurare al minore la possibilità di crescere con un rapporto sereno e costante con entrambi i genitori, specificamente con riguardo alle situazioni in cui la possibilità per il genitore non collocatario di occuparsi del figlio è facilmente realizzabile. Né può ritenersi che la indicazione della Corte di appello debba essere interpretata come una rigida imposizione di un obbligo di consultazione, volta per volta, a carico del genitore collocatario come è stato prospettato dal ricorrente ovvero come una inutile previsione rimessa alla volontà del genitore collocatario, come è stato rilevato dalla ricorrente incidentale, proprio perché l indicazione della Corte di appello si inquadra nel mandato conferito al Servizio sociale e all UOP di Siena, finalizzato al rispetto delle disposizioni in materia di frequentazione madre-figlio e all osservazione delle condizioni del minore con interventi di sostegno, orientamento e controllo, mirati alla riduzione del conflitto. Evidente pertanto che il rispetto della disposizione presuppone una cooperazione fra i genitori da realizzare con l ausilio e il controllo del Servizio sociale e che in questa prospettiva solo una reciproca programmazione dell attività professionale e del tempo aggiuntivo da dedicare al figlio potrà consentire l operatività di una indicazione finalizzata a garantire un ampia frequentazione fra la madre e il figlio e la piena fruizione da parte del minore del suo diritto alla bigenitorialità. Infine il motivo di ricorso non coglie la ratio decidendi perché la Corte di appello ha determinato con precisione il tempo di permanenza del minore con i suoi genitori e non ha affatto escluso che il genitore collocatario possa rivolgersi a terzi per essere coadiuvato nella cura del figlio quando è impegnato nella sua attività professionale ma ha prescritto, come si è detto, a entrambi i genitori una cooperazione finalizzata all interesse del minore e affidata al controllo e al sostegno del Servizio sociale. I1 secondo motivo del ricorso principale è invece fondato in quanto la prescrizione ai genitori di sottoporsi ad un percorso psicoterapeutico individuale e a un percorso di sostegno alla genitorialità da seguire insieme è lesiva del diritto alla libertà personale costituzionalmente garantito e alla disposizione che vieta l imposizione, se non nei casi previsti dalla legge, di trattamenti sanitari. Tale prescrizione, pur volendo ritenere che non imponga un vero obbligo a carico delle parti, comunque le condiziona ad effettuare un percorso psicoterapeutico individuale e di coppia confliggendo così con l art. 32 della Costituzione. Inoltre non tiene conto del penetrante intervento, affidato dallo stesso giudice di merito, al Servizio sociale che si giustifica in quanto strettamente collegato all osservazione del minore e al sostegno dei genitori nel concreto esercizio della responsabilità genitoriale. Laddove la prescrizione di un percorso psicoterapeutico individuale e di sostegno alla genitorialità da seguire in coppia esula dai poteri del giudice investito della controversia sull affidamento 4

dei minori anche se viene disposta con la finalità del superamento di una condizione, rilevata dal CTU, di immaturità della coppia genitoriale che impedisce un reciproco rispetto dei rispettivi ruoli. Mentre infatti la previsione del mandato conferito al Servizio sociale resta collegata alla possibilità di adottare e modificare i provvedimenti che concernono il minore, la prescrizione di un percorso terapeutico ai genitori è connotata da una finalità estranea al giudizio quale quella di realizzare una maturazione personale dei genitori che non può che rimanere affidata al loro diritto di auto-determinazione. Il ricorso incidentale è infondato in quanto la decisione dei giudici della Corte d Appello di Firenze di confermare la collocazione del minore presso il padre dipende dall esito positivo che il CTU ha riferito circa il periodo di monitoraggio relativamente a detto collocamento, che peraltro era stato oggetto di uno specifico accordo tra le parti. Tale decisione, pertanto, non implica un giudizio negativo circa l adeguatezza genitoriale della madre o circa la possibilità di collocare il minore presso la stessa, bensì afferma con una motivazione per relationem al decreto emesso in primo grado nonché fondata sull esito della CTU disposta in secondo grado che non sussistono i presupposti per una modifica della previsione del collocamento del minore presso il padre, tenuto conto delle informazioni positive sul periodo trascorso con domiciliazione prevalente presso il padre durante il quale non risultano essere stati ostacolati in alcun modo gli incontri con la madre. Inoltre non sussiste la dedotta indeterminatezza del rinvio alla regolamentazione degli incontri madreminore così come indicata in motivazione. Il secondo motivo del ricorso incidentale è infondato sia perché dalla stessa esposizione della ricorrente non risulta la concessione di un termine ex art. 195 c.p.c. con specifico riferimento all elaborato peritale finale. Per altro verso non risulta contestata l affermazione della difesa del M. per cui non è stata tempestivamente sollevata alcuna eccezione di nullità della C.T.U. da parte della B. che conseguentemente in ipotesi deve ritenersi comunque sanata (cfr. Cass. Civ. sezione II n. 1744 del 24 gennaio 2013 e Cass. Civ. sezione I, n. 24966 del 10 dicembre 2010, secondo cui l eccezione di nullità della consulenza tecnica d ufficio, dedotta per vizi procedurali inerenti alle operazioni peritali, avendo carattere relativo, resta sanata se non fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito, per tale intendendosi anche l udienza successiva al deposito, nella quale il giudice abbia rinviato la causa per consentire l esame della relazione, poiché la denuncia di detto inadempimento formale non richiede la conoscenza del contenuto della relazione). Va pertanto dichiarato inammissibile il primo motivo del ricorso principale, accolto il secondo motivo dello stesso ricorso con conseguente cassazione del decreto impugnato e decisione nel merito di revoca della prescrizione ai genitori di sottoporsi ad un percorso psico-terapeutico individuale oltre a un percorso di sostegno alla genitorialità da seguire insieme. Va infine respinto il ricorso incidentale. In considerazione dell oggetto e dell esito del giudizio le spese processuali devono essere interamente compensate. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso principale, accoglie il secondo motivo e decidendo nel merito, cassa il decreto impugnato nei limiti del motivo accolto. Rigetta il ricorso incidentale. Spese compensate. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003. 5