Raccolta e caratterizzazione delle cellule cordonali



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Transcript:

Raccolta e caratterizzazione delle cellule cordonali Laura Salvaneschi, Cesare Perotti, Miryam Martinetti, Gianluca Viarengo, Claudia Del Fante, Paola Bergamaschi, Angela Maria Iannone, Lorella Torretta Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale - Centro di Immunologia dei Trapianti IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia (Responsabile: Dott.ssa Laura Salvaneschi) In this article we discuss umbilical cord blood banking program at local level and describe the modality of collection and characterization of cord blood units. We point out the relevance of the informed consent process: in our setting, maternal screening far from delivery permits to recruit high selected and motivated women, reduces the discharge of the collected units, increases the quality and safety of the banking. We also indicate that the storage time at 4 C extended to 48 hours from collection does not affect the quality of cord blood units and we demonstrate that it is possibly to preserve the clonogenicity of the haematopoietic progenitor without increasing the risk of microbial contamination. Therefore, if a meticolous operative schedule is respected, the probability of microbial contamination of cord blood units is very low and the contamination frequency tends to reduce with the experience of the staff qualified to collection. With the HLA genomic typing we demonstrate that the cord blood reservoir is not so far from that of adults, as initially expected from the first attempts of serological typing when much more cord blood units appeared homozygous to HLA-class I and II loci. Parole chiave: unità di sangue placentare, controllo microbiologico, tipizzazione HLA genomica Key words: cord blood unit, microbiological control, HLA genomic typing Introduzione Il trapianto di midollo classico e il trapianto di cellule staminali ottenute dal sangue periferico di un donatore Questo elaborato è stato oggetto di una relazione al XXXIV Convegno Nazionale di Studi di Medicina Trasfusionale (Rimini, 24-28 giugno 2000) Corrispondenza: Dott.ssa Laura Salvaneschi Via Coralli, 3 27100 Pavia consanguineo HLA identico è di documentato successo. Purtroppo molti pazienti (più del 50%) non possono beneficiare di questo trattamento per mancanza di un donatore compatibile. Oltre alla compatibilità HLA giocano un ruolo importante nel trapianto di midollo osseo: l'età del donatore e del ricevente, il tipo di malattia e lo stadio in cui la malattia si trova, la sierologia di donatore e ricevente riguardo all'infezione da Citomegalovirus, la terapia di condizionamento e la profilassi della Graft versus Host Disease (GvHD) o malattia del trapianto contro l'ospite. Numerosi studi indicano che fonti di cellule staminali alternative, come quelle ottenute dal sangue placentare, rispetto a quelle presenti nel midollo osseo possono offrire vantaggi a vario livello. È stato dimostrato che, con opportuni metodi di raccolta, è possibile ottenere dalla placenta dei neonati a termine una quantità di cellule staminali in grado di ricostituire l'emopoiesi dopo chemioterapia ablativa. La prima dimostrazione di questa possibilità risale al 1989; essa è stata seguita, in Europa, da oltre duecentocinquanta casi di trapianto con cellule staminali di origine placentare. I buoni risultati ottenuti hanno suggerito la realizzazione di Banche di cellule staminali del cordone ombelicale 1-4. I vantaggi biologici relativi all'utilizzo del sangue placentare sono numerosi e si possono sintetizzare come segue. - Rischio ridotto di malattia del trapianto contro l'ospite, in rapporto alla relativa immaturità delle cellule T placentari. Il ridotto rischio sembra essere legato ad una minore espressione degli antigeni HLA di classe II e permetterebbe l'utilizzo del sangue placentare per trapianti tra soggetti non imparentati o solo parzialmente compatibili. In effetti, nei casi di trapianto di sangue placentare, la GvHD è di più lieve entità, anche quando non sussiste una perfetta compatibilità tra donatore e ricevente 5,6,16. - Nonostante l'impiego del sangue placentare sia riservato LA TRASFUSIONE DEL SANGUE vol. 45 - num. 5 settembre - ottobre 2000 (247-252) 247

L Salvaneschi et al. al trapianto in pazienti pediatrici, il potenziale di crescita nelle colture a lungo termine delle cellule staminali di origine placentare appare superiore a quello delle cellule staminali di origine midollare. La possibilità attuale di disporre di citochine e fattori di crescita ha portato a sperimentare l'espansione in vitro delle cellule staminali cordonali, con la finalità di disporre di un numero di cellule sufficienti al trapianto di pazienti adulti 7. - Le cellule staminali di origine placentare possono essere conservate in azoto liquido per lunghi periodi, senza compromissione delle loro caratteristiche peculiari. I principali vantaggi offerti dalla disponibilità di cellule staminali ottenute da sangue placentare e conservate in banche di cellule criopreservate sono: 1- immediata disponibilità di unità che possono essere trapiantate; 2- assenza di rischio per il neonato e per la madre; 3- rischio molto basso di trasmissione di malattie infettive, anche per quanto concerne l'infezione da Citomegalovirus; 4- basso rischio di GvHD acuta; 5- possibilità di disporre anche di unità per minoranze etniche, attualmente poco rappresentate nei registri dei donatori di midollo. La donazione di sangue placentare è volontaria: il sangue placentare non può essere donato senza il consenso informato della madre, poiché: il tessuto placentare va considerato di appartenenza sia materna sia neonatale; la raccolta è effettuata, di solito, quando la placenta è ancorata all'utero; il rischio infettivo e genetico della donazione di sangue placentare può essere controllato solo attraverso la partecipazione attiva della madre. La donazione è anonima, anche se deve essere mantenuta la possibilità di risalire, pur con rigorose chiavi di accesso, al donatore per mettere a disposizione dello stesso il sangue placentare precedentemente donato, in caso di insorgenza di una patologia onco-ematologica con indicazione al trapianto. Anche nel caso in cui si venga a conoscenza di malattie a possibile trasmissione genetica insorte nel neonato dopo l'avvenuta validazione del sangue placentare, deve essere possibile accedere all'identificazione dell'unità, per la necessaria eliminazione dal registro. La sicurezza infettiva e genetica della donazione deve essere confermata dopo un periodo di osservazione (quarantena della donazione) da due a sei mesi. Per la tutela delle gravide e del personale ostetrico, la raccolta deve essere eseguita in sala parto in un clima di sicurezza assoluta sia per le partorienti sia per il personale addetto. Il consenso della partoriente alla donazione non obbliga il personale addetto alla raccolta qualora le circostanze al momento del parto siano sfavorevoli. Nessun interesse economico deve interferire con l'attività di raccolta né per il donatore né per chi esegue la raccolta stessa. Il responsabile della Banca di cellule placentari deve vigilare sulle modalità di utilizzo delle donazioni. Materiali e Metodi Una campagna per la divulgazione della donazione del sangue placentare è stata intrapresa nel Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale e nel reparto di Ostetricia dell'irccs Policlinico San Matteo a partire dal 1996; in rapida successione, hanno adottato la stessa strategia i reparti di Ostetricia degli Ospedali della provincia, afferenti al Servizio di Pavia. È stato, inoltre, preparato un documento informativo completo, chiaro, di facile comprensione, in grado di illustrare da un lato le modalità e le finalità della donazione e dall'altro le indicazioni dell'impiego del sangue placentare a scopo di trapianto. I centri di consultazione prenatale si sono organizzati per offrire alle mamme interessate la possibilità di conoscere nei dettagli le modalità ed il significato della donazione e per avere un primo e successivi colloqui, se necessario, con il medico per valutare eventuali controindicazioni alla donazione. In tal modo, possono essere arruolate donne gravide senza patologie genetiche o infettive. L'esclusione di una popolazione che non presenta i requisiti minimi di idoneità alla donazione evita un inutile spreco di risorse umane ed economiche, altrimenti inevitabile. Nel Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale dell'irccs Policlinico San Matteo di Pavia è operativo l'ambulatorio per la donazione del sangue placentare, che ha lo scopo di informare e selezionare le gestanti. Dopo l'arruolamento, la futura madre firma il consenso informato che esibirà al momento del ricovero per il parto. La valutazione anamnestica, che è eseguita in genere all'ultimo mese di gravidanza, si rivolge anche al padre ed alla fratria del nascituro. In questa occasione, si accerta che il decorso della gravidanza sia normale e che gli esami sierologici per lo screening infettivologico siano negativi. Al momento del parto, immediatamente dopo il clampaggio e la resezione del cordone ombelicale, è eseguito il prelievo di sangue placentare dal personale addetto, adeguatamente istruito per tale pratica, identificato nelle figure professionali dell'ostetrica presente in sala parto, del ginecologo o del medico del Servizio Trasfusionale. Le modalità del prelievo (eseguito nei parti a termine, sia per le vie naturali che in caso di parto cesareo, con placenta in utero, utilizzando la tecnica dell'early clumping) sono specificate dettagliatamente in un protocollo scritto. Il prelievo, nonostante la richiesta materna, può non essere eseguito, 248

Raccolta e caratterizzazione delle cellule cordonali qualora si realizzino documentabili situazioni sfavorevoli al momento del parto sia per problemi medici sia tecnicoorganizzativi. Per la raccolta nel nostro Servizio si utilizzano sacche dedicate (Maco Pharma, Turcoing, Francia). Il trasporto del sangue placentare dalla sala parto al centro di congelamento viene eseguito in condizioni idonee (a 4 C) e nel più breve tempo possibile. L'unità di sangue placentare viene presa in consegna dal personale del Servizio Trasfusionale ed accettata secondo precise e codificate norme operative interne. Prima del congelamento, vengono controllati: il volume della sacca ( 60 ml) e la cellularità totale ( 800 x 10 6 ). Se l'unità è considerata idonea, viene avviata al congelamento, previo allestimento dei prelievi per il controllo batteriologico (BacT/Alert FAN, Organon Teknica Corp, Durham, NC, USA). La caratterizzazione dell'unità è completata, nella fase successiva al congelamento, con l'esecuzione di: - vitalità e determinazione delle cellule progenitrici CD 34+ in citofluorimetria (FACSCalibur, Becton Dickinson, San Jose, CA, USA) con LDS 751; - colture cellulari a breve termine (14 giorni) (MethoCult, Stem Cell Technologies, Vancouver, BC, Canada); - tipizzazione HLA: la tipizzazione dei poliformismi HLA di classe I e II viene eseguita esclusivamente con tecniche genomiche. Per quanto riguarda la tipizzazione, definiamo a bassa risoluzione gli alleli HLA-A, B, DRB1, B3, B4, B5 (PCR- SSP). Ricorriamo alla tipizzazione ad alta risoluzione solo quando l'attribuzione di uno o più alleli risulta dubbia o nei casi in cui si trovino combinazioni aplotipiche inusuali. Tipizziamo sempre, ad alta risoluzione, gli alleli DQA1 (PCR- SSP) e DQB1 (PCR-RDB). Eseguiamo sempre la tipizzazione HLA della madre, al fine di verificare l'attribuzione della sacca attraverso la corrispondenza dell'aplotipo materno con il fenotipo ottenuto su sangue cordonale. Si è anche provveduto all'allestimento di una villoteca da un campione di tessuto placentare, prelevato al momento del parto. I villi coriali vengono selezionati e separati dalla parte deciduale materna, per ridurre al minimo la contaminazione materna del campione in esame. La villoteca costituisce una preziosa riserva di DNA, da utilizzare nella fase di accertamento pretrapiantologico. La villoteca può essere di aiuto anche nel caso che il DNA ottenuto dal campione dell'unità di sangue placentare non risponda ai requisiti qualitativi e/o quantitativi richiesti dagli standard interni. Il congelamento dell'unità di sangue placentare viene effettuata entro 48 ore dal prelievo con congelatore a discesa programmata, utilizzando il DMSO come agente crioprotettore. Lo stoccaggio avviene in azoto liquido a temperatura inferiore a -140 C in appositi contenitori riservati allo stoccaggio del sangue placentare. Il neonatologo esegue, entro il terzo Tabella I: controllo microbiologico delle unità di sangue placentare Colture batteriologiche positive 22/828 (2,6%) Microrganismi: - Bacteroides spp.4 - Acinetobacter coelticus 3 - Streptococcus agalactiae 3, Staphilococcus epidermidis 2, Staphilococcus hominis 2, E. coli 2 - Bacteroides ovatus 1, Bacteroides fragilis 1, Peptococcus soo. 1, Enterococcus spp. 1, Bacillus spp. 1, Clostridium spp. + Bacteroides fragilis 1 giorno dalla nascita, un controllo clinico del neonato, per escludere eventuali patologie trasmissibili con il sangue placentare. Un secondo controllo del neonato viene eseguito in periodo post-natale (dal 4 al 6 mese), contemporaneamente ad un prelievo di sangue materno per il secondo controllo virologico. La validazione dell'unità di sangue placentare rappresenta la possibilità di inserire nella Banca l'unità prelevata e di renderla disponibile per l'impiego clinico 8. Risultati Nell'Ambulatorio per l'arruolamento e la selezione delle donatrici di sangue placentare del nostro Servizio sono state effettuate, dal dicembre 1996 al maggio 2000, 777 visite; 47 gestanti (6%) non sono risultate idonee. Le cause principali di non idoneità sono da ascrivere a malattie autoimmuni materne (tiroiditi e diabete in particolare), a infezioni ed a recente profilassi antimalarica, mentre le patologie paterne trasmissibili incidono per il 13% circa sul totale delle cause che impediscono l'arruolamento 9. Nello stesso periodo, sono state raccolte n. 1.608 unità di sangue placentare, 928 delle quali sono giunte al congelamento (58% circa). I principali motivi di scarto precongelamento sono da attribuire al basso volume e/o alla bassa cellularità del campione, mentre dopo il congelamento i motivi più frequenti di scarto sono rappresentate dalla positività del controllo batteriologico e da cause di invalidazione tardiva materne e neonatali. La tabella I riporta i dati relativi al controllo microbiologico delle unità di sangue placentare. Sono state inoltre studiate 107 unità di sangue placentare, raccolte in presenza di tampone vaginale positivo: la positività era attribuibile nel 40% dei casi a germi Gram +, nel 31% a Gram- e nel 29% a miceti. Solo 4 (3,7%) delle 107 unità studiate sono risultate contaminate, ma in nessun caso sono stati riscontrati gli stessi germi isolati nel canale del parto 10. 249

L Salvaneschi et al. Tabella II: caratteristiche delle unità di sangue placentare in rapporto a diversi tempi di stoccaggio precongelamento 24 h 48h p Globuli bianchi (10 3 /µl) 8,5 8,7 0,71 Linfociti (10 3 /µl) 2,83 2,93 0,46 Monociti (10 3 /µl) 1,21 1,33 0,43 CD34+ (µl) 23,83 17,08 0,15 Colonie totali (10 4 ) 27,41 24,26 0,56 Tabella III: caratterizzazione delle unità di sangue placentare Vol. Medio Unità (ml) 84 (60-223) Cellularità media (x10 6 ) 1.104 (800-3.666) CD 34+ (%) 0,30 (0,03-2,4) Vitalità (%) 95 (92,0-99,9) Colonie totali (x 10 4 ) 179,34 Poiché il tempo di stoccaggio pre-congelamento è da considerarsi elemento critico, in quanto può influenzare la qualità delle cellule staminali placentari (24 ore di conservazione prima della manipolazione sono universalmente accettate come standard), abbiamo valutato la possibilità di prolungare a 48 ore il tempo di conservazione. La tabella II riporta i risultati dello studio, che dimostrano che: - la conservazione prolungata a 48 ore a 4 C non influenza la qualità delle unità raccolte; - il numero delle cellule mononucleate non è significativamente influenzato dal tempo di conservazione prolungato a 48 ore; - la capacità clonogenica delle cellule è conservata; - il rischio di contaminazione microbiologica non è aumentato 11. La tabella III evidenzia i dati relativi alla caratterizzazione delle unità di sangue placentare criopreservate nel nostro Servizio. Merita una segnalazione lo studio del ciclo cellulare con colture a breve e lungo termine (CFC, LTC- IC), che dimostra che il 96 ± 2% delle cellule CD34+ si trovano in fase G0-G1 e solo il 1,6 ± 0,4% si trovano in fase S. Tuttavia, mediante la tecnica della statina, si osserva che il 27% circa delle cellule CD34+ in fase G0/G1 è ciclante; l'incubazione con una miscela di fattori di crescita (IL3+SCF+G-CSF) aumenta, a 24 ore, la proporzione di cellule in fase S, senza ridurre il numero di progenitori. Ciò può avere importanti implicazioni future, quali, ad esempio, l'utilizzo di tecniche di transfer genico 12. Convinti dei vantaggi clinici offerti dal sangue placentare, da riferire alla naiveté degli elementi progenitori presenti ed alla pronta disponibilità di questa fonte di cellule staminali, ci siamo proposti di rispondere inizialmente al quesito se il parco delle cellule staminali cordonali fosse geneticamente distinto da quello dei donatori adulti, rappresentando una nuova popolazione. È noto, infatti, che la distribuzione degli alleli HLA, anche all'interno di una popolazione ristretta, è sottoposta ad una pressione selettiva operata dall'ambiente. Pertanto, l'aspettativa è che le frequenze HLA del neonato siano diverse da quelle dell'adulto e che il campione adulto sia più ricco di fenotipi eterozigoti rispetto alla nascita, in quanto questa condizione è in grado di conferire maggiori possibilità di difesa verso il repertorio patogenico ambientale. Ci si attende, invece, che fra i neonati si trovino combinazioni aplotipiche rare, a tutto vantaggio dei pazienti in attesa di trapianto. Abbiamo, pertanto, verificato la distanza genetica del parco di donatori di midollo adulti già arruolati nel registro pavese e residenti nella provincia; l'analisi genetica è stata approfondita con l'analisi delle frequenze aplotipiche HLA- A, -B ricavate per conta diretta sul campione neonatale e per calcolo statistico sul reservoir degli adulti (metodo del maximum likelihood, secondo Excoffier). Fra i due gruppi le differenze sono minime: i dieci aplotipi più frequenti nel campione neonatale sono gli stessi ritrovati nel reservoir adulto. L'analisi della varianza applicata alla distribuzione delle frequenze alleliche nelle due popolazioni non è risultata statisticamente significativa, dimostrando che i due reservoir sono parte di un'unica popolazione. Tuttavia, segnaliamo sette combinazioni aplotipiche DRB1; DQA1; DQB1assolutamente rare nella nostra popolazione. Il dato appare interessante perché nel Registro interno degli aplotipi rari, che conserviamo nel nostro Laboratorio, solo altre otto combinazioni altrettanto rare sono state riscontrate (sei in famiglie di bambini affetti da leucemia, IDDM, e due in donatori di midollo stranieri), ma nessuna fornita dai nostri donatori adulti 13,14. Usando il metodo statistico dell'analisi delle corrispondenze, che misura le distanze genetiche tra differenti popolazioni, abbiamo trovato due clusters principali, il primo costituito dai pazienti leucemici e dai cordoni, il secondo dai donatori di sangue e dai donatori di midollo. Poiché la maggioranza dei pazienti è costituita da bambini, si può supporre che l'età di per sé sia un elemento di somiglianza con il sangue placentare. Nella ricerca di diversità genetica ai geni HLA di classe II, si conferma la differenza fra cordoni e donatori di sangue e midollo. Avendo a disposizione i dati genetici ad alta risoluzione dei loci DQA1 e DQB1, abbiamo potuto valutare la frequenza del numero di eterodimeri di suscettibilità al 250

Raccolta e caratterizzazione delle cellule cordonali diabete mellito insulino-dipendente (IDDM) e al morbo celiaco nel reservoir dei cordoni. Ci si attendeva una frequenza aumentata, alla nascita, di condizioni immunogenetiche correlate a malattie ad insorgenza giovanile. Invece, non è stata trovata alcuna differenza statisticamente significativa rispetto agli adulti 15. L'omogeneità etnica dei due campioni, neonatale ed adulto, e la selezione stringente sullo stato di "sanità" dell'unità cordonale, operata sulla base di un'accurata anamnesi familiare fatta ai genitori prima della donazione, contribuiscono alla somiglianza fra il parco dei donatori di midollo adulti e neonati. Conclusioni L'esperienza maturata nel Servizio Trasfusionale di Pavia, grazie alla raccolta ed allo stoccaggio del sangue placentare, ha consentito di sviluppare alcuni campi di studio e di ricerca, che hanno dato risultati, a nostro avviso, apprezzabili. In primo luogo, lo screening materno effettuato nel terzo trimestre di gravidanza, non nell'immediata prossimità del parto, e il diretto coinvolgimento nell'arruolamento dello staff medicoinfermieristico del Servizio hanno permesso di attuare una selezione accurata delle gestanti, di raccogliere in maniera appropriata il consenso informato, di fare opera di divulgazione e promozione della donazione di sangue placentare e di realizzare un consistente risparmio di risorse. Inoltre, l'addestramento del personale delle sale parto e la periodica verifica delle modalità di raccolta si sono tradotte in una ottimale qualità delle unità di sangue placentare, come si evince dalle percentuali molto basse di contaminazione batteriologica e dall'osservazione che l'infezione del canale del parto non esercita un'influenza diretta sulla contaminazione delle unità raccolte. La necessità di eseguire senza interruzioni la caratterizzazione ed il congelamento delle unità di sangue placentare pervenute dai reparti di Ostetricia ci ha, poi, indotti a valutare gli effetti di diversi tempi di stoccaggio pre-congelamento e ad accettare come standard 48 ore di conservazione pre-manipolazione. Per quanto riguarda la tipizzazione HLA, infine, abbiamo colto l'opportunità di confrontare i dati di 676 cordoni con quelli di uno studio multicentrico sui neonati a rischio di diabete di tipo I. Nel nostro reservoir, i genotipi ad alto e medio rischio mostrano una frequenza ridotta in maniera statisticamente significativa rispetto a quella rilevata su campioni di neonati non selezionati. Riassunto Il tema centrale del lavoro è l'organizzazione della raccolta e la caratterizzazione delle unità di sangue placentare. Si mette in particolare evidenza l'importanza del consenso informato alla donazione di sangue cordonale, rilasciato prima dell'inizio del travaglio di parto. La possibilità di effettuare lo screening materno durante il terzo trimestre di gravidanza permette di reclutare donne motivate, di attuare un'accurata selezione e, quindi, di ridurre il numero di unità scartate, aumentando la qualità e la sicurezza del materiale raccolto. Inoltre, abbiamo dimostrato che è possibile prolungare a 48 ore il tempo di conservazione delle unità raccolte prima della manipolazione, in quanto numero e clonogenicità dei progenitori emopoietici sono mantenuti, peraltro senza aumento del rischio di contaminazione microbiologica. La probabilità di contaminazione microbiologica, d'altra parte, è molto bassa e tende a ridursi ulteriormente se l'addestramento del personale delle sale parto è ben condotto e se si esegue una periodica verifica delle modalità di raccolta. La tipizzazione HLA genomica, infine, ha consentito di dimostrare che il reservoir neonatale è molto simile a quello dei donatori di midollo adulti e risente della selezione operata in occasione dell'arruolamento materno. Bibliografia 1) Rubinstein P, Rosenfield RE, Adamson JW, Stevens CE: Stored placental blood for unrelated bone marrow reconstitution. Blood, 81, 1679, 1993. 2) Kurtzberg J, Laughlin M, Graham ML et al.: Placental blood as a source of hematopoietic stem cells for transplantation into unrelated recipients. N Engl J Med, 335, 157, 1996. 3) Laporte J-P, Gorin N-C, Rubinstein P, Lesage S et al.: Cordblood transplantation from an unrelated donor in an adult with chronic myelogenous leukemia. N Engl J Med, 335, 167, 1996. 4) Silberstein LE, Jefferies LC: Placental-blood banking. A new frontier in transfusion medicine. N Engl J Med, 335, 199, 1996. 5) Gluckman E, Rocha V, Boyer-Chammard A et al. for the Eurocord Transplant Group and the European Blood and Marrow Transplantation Group: Outcome of cord-blood transplantation from related and unrelated donors. N Engl J Med, 337, 373, 1997. 6) Locatelli F, Rocha V, Chestang C et al.: Factors associated with outcome after cord blood transplantation in children with acute leukemia. Blood, 93, 1, 1999. 7) Sirchia G, Rebulla P: Placental/umbilical cord blood transplantation. Haematologica, 84, 738, 1999. 251

L Salvaneschi et al. 8) Torretta L, Perotti C, Luccotti C et al.: Cord Blood (CB) banking: experience of a newly born centre. Bone Marrow Transpl, 21(S1), 22, 1998. 9) Salvaneschi L, Perotti C, Torretta L et al.: Maternal screening before delivery is an effective procedure to improve the quality in cord blood banking. Transfusion, 39, 131, 1999. 10) Perotti C, Torretta L, La Torre R et al.: Risk of microbial contamination in cord blood banking. Vox Sang, 74 (S1), 37, 1998. 11) Salvaneschi L, Perotti C, Torretta L et al.: Extended storage of cord blood cells before cryopreservation. VI Regional European Congress of ISBT, Abstracts: 69, 1999. 12) Rossi V, Lucotti C, Malabarba L et al.: Cell cycle distribution of progenitor cells derived from umbilical cord blood. Haematologica, 84, 213, 1999. 13) Vaniglia F, Iannone A, Martinetti M et al.: HLA class I and II molecular study on 120 cord blood units, collected for unrelated bone marrow transplantation. Eur J Immunogen, 25(S1), 30, 1998. 14) Iannone A, Martinetti M, Vaniglia F et al.: Umbilical cord blood and adult bone marrow donor registries in Pavia (Northern Italy): are they immunogenetically differing reservoires? Vox Sang; 74(S1), 39, 1998. 15) Martinetti M, Vaniglia F, Iannone A et al.: Analysis of predisposition to HLA-DQ α/β restricted diseases and genetic diversity in umbilical cord blood units. VI Regional European Congress of ISBT, Abstracts: 76, 1999. 16) Torretta L, Perotti C, Locatelli F et al.: Transfusion demand in cord blood transplantation. Br J Haematol, 102, 216, 1998. 252