MINACCIA AGGRAVATA DALL USO DI UN ARMA 273 PAOLO VENEZIANI ATTO PROCESSUALE N. 8 MINACCIA AGGRAVATA DALL USO DI UN ARMA LA TRACCIA In primo grado, Mario Rossi è stato riconosciuto colpevole del delitto di cui all art. 612, primo e secondo comma, c.p., commesso in Milano, per avere minacciato il vicino sig. Bianchi con il proprio fucile, legittimamente detenuto, e condannato ad una pena pecuniaria, concesse le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante. In sede di merito è stato accertato che il Rossi, durante un acceso diverbio con il condomino Bianchi, si è allontanato rientrando nel proprio appartamento, per uscirne poco dopo portando con sé un fucile, e profferendo all indirizzo del Bianchi (rimasto nell atrio di ingresso) la frase adesso voglio vedere se mi fai ancora paura. In secondo grado, la sentenza di condanna è stata integralmente confermata. In particolare, nonostante sia emerso pacificamente come il fucile non sia mai stato puntato verso il Bianchi, entrambi i giudici di merito non hanno dubitato che l arma anzidetta fosse stata appresa, impugnata ed esibita dall imputato al solo scopo di minacciare ed impaurire il suo avversario. Inoltre, la condanna si è fondata sulla considerazione che la semplice esibizione dell arma all avversario, in un contesto di elevata litigiosità, fosse pacificamente più che sufficiente a far intendere al predetto che di quell arma il possessore era propenso e disposto a far uso contro di lui; e che quindi tale condotta fosse idonea ad intimorirlo, secondo la comune sensibilità dell uomo medio. Il candidato, assunte le vesti del legale Tizio, rediga l atto del caso, nell interesse del Rossi, il quale intende altresì revocare il precedente difensore.
274 PARTE SECONDA / ATTI DI DIRITTO PENALE LE NORME DI RIFERIMENTO art. 52 c.p.; art. 339 c.p.; art. 612, commi 1 e 2, c.p.; artt. 571, 606 c.p.p. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE F. DASSANO, voce Minaccia (diritto penale), in Enc. dir., XXVI, Milano, 1976, 334 ss.; E. MEZZETTI, voce Violenza privata e minaccia, in Dig. disc. pen., XV, Torino, 1999, 264 ss. MASSIME GIURISPRUDENZIALI Cass., Sez. V, 24-9-1984, n. 7355, RV165667. Le frasi intimidatrici espresse in forma condizionata non integrano gli estremi del reato di minaccia, quando siano dirette non già a restringere la libertà psichica del soggetto passivo, bensì a prevenirne un azione illecita, rappresentandogli la reazione legittima determinata da un suo comportamento. Cass., Sez. V, 15-2-2007 (dep. 27-2-2007), n. 7106/06. La minaccia è un comportamento comunicativo. Quando il giudizio penale richiede l interpretazione di fatti comunicativi, le regole del linguaggio e della comunicazione costituiscono il criterio di inferenza (premessa maggiore) che, muovendo dal testo della comunicazione o comunque dalla struttura del messaggio (premessa minore), consente di pervenire alla conclusione interpretativa. Sicché le valutazioni del giudice del merito sono censurabili solo quando si fondino su criteri interpretativi inaccettabili (difetto della giustificazione esterna) ovvero applichino scorrettamente tali criteri (difetto della giustificazione interna). La stessa individuazione del contesto comunicativo che contribuisce a definire il significato di un documento o di un affermazione o di un qualsiasi messaggio, invero, comporta una selezione dei fatti e delle situazioni rilevanti, che è propria del giudizio di merito. Sicché, quando l interpretazione del significato di un testo o di un qualsiasi fatto comunicativo è sorretta da un adeguata motivazione, essa è incensurabile nel giudizio di legittimità. (Nel caso di specie, è stata ritenuta illogica la motivazione dei giudici di merito, che avevano preso in considerazione il solo fatto dell imputato di aver impugnato un arma, prescindendo dalla frase contestualmente pronunciata dal medesimo, tale da manifestare un intento puramente difensivo).
MINACCIA AGGRAVATA DALL USO DI UN ARMA 275 L ATTO CORTE DI CASSAZIONE Sezione Penale assegnanda Per il tramite della Cancelleria della Corte d Appello di Milano RICORSO PER CASSAZIONE (artt. 571, 606 c.p.p.) Il sottoscritto avv. Tizio, del Foro di... con studio in..., via..., iscritto all Albo speciale degli Avvocati cassazionisti, in qualità di difensore di Rossi Mario, nato a..., il... in forza di nomina con procura speciale in calce al presente atto, PROPONE RICORSO PER CASSAZIONE ai sensi dell art. 606, 1 comma, lett. b) ed e), c.p.p., avverso la sentenza della Corte d Appello di Milano,... Sezione penale, in data... (dep....) n.... R. Sent., con la quale e con riferimento al capo in cui è stata confermata l appellata sentenza del Tribunale di Milano in composizione monocratica in data..., n..... R. Sent., di condanna del Rossi alla pena di euro... di multa, oltre al pagamento delle spese processuali, per il delitto di cui all art. 612, 1 e 2 comma, c.p., in relazione all art. 339 c.p. (in Milano, il...), per i seguenti MOTIVI 1. Inosservanza ed erronea applicazione dell art. 612 c.p. (art. 606, 1 comma, lett. b), c.p.p.), sotto il profilo dell insussistenza del fatto tipico di minaccia. 1.1. Le conclusioni cui sono giunti i Giudici di merito in punto di qualificazione giuridica del comportamento tenuto da Rossi Mario risultano viziate da un interpretazione dell art. 612 c.p., erronea e sicuramente difforme dallo spirito dei consolidati insegnamenti della Suprema Corte circa l interpretazione della struttura oggettiva del fatto tipico di minaccia. Giova premettere in sintesi l aspetto centrale della vicenda, per come è stato ricostruito nella sentenza della Corte d Appello di Milano (pag....): il Rossi, nel corso di un contrasto verbale con Bianchi, entrò nel proprio appartamento e ne uscì subito dopo impugnando un fucile e pronunciando la frase adesso voglio vedere se mi fai ancora paura. Al fine di un corretto inquadramento della condotta del Rossi, non si può prescindere innanzitutto da una valutazione congiunta, sia dell azione consistita nel ritornare al cospetto del Bianchi con l arma, sia della frase rivolta al medesimo: adesso voglio vedere se mi fai ancora paura. La frase in questione non contiene, a ben vedere, alcuna minaccia. Mentre nella prima fase della disputa, evidentemente, il Rossi si è sentito impaurito dal Bianchi, tanto da essere indotto a munirsi dell arma, in questa seconda fase il Rossi medesimo si è limitato a manifestare al proprio antagonista di non essere più intimorito, di non avere più paura (essendo, ora, armato).
276 PARTE SECONDA / ATTI DI DIRITTO PENALE 1.2. E del resto, il fatto tipico di cui all art. 612 c.p. richiede la minaccia di un ingiusto danno. Ebbene, quale sia il danno ingiusto minacciato dal Rossi all indirizzo del Bianchi, non è stato scritto nelle motivazioni delle sentenze di merito; né poteva essere diversamente, per la semplice ragione che questo estremo pur necessario ai fini dell integrazione degli estremi oggettivi del delitto in esame - non si ravvisa in atti. Sul punto, le osservazioni in diritto contenute nell impugnata sentenza (laddove si ritiene indubbio che il litigio in corso imponesse di ritenere che l arma anzidetta fosse stata appresa, impugnata ed esibita dall imputato al solo scopo di minacciare ed impaurire il suo avversario), oltre a risultare sostanzialmente apodittiche, non tengono conto della necessità di apprezzare l ingiustizia del danno minacciato. 1.3. Inoltre, come puntualmente chiarito da codesta Suprema Corte, le frasi intimidatrici espresse in forma condizionata non integrano gli estremi del reato di minaccia, quando siano dirette non già a restringere la libertà psichica del soggetto passivo, bensì a prevenirne un azione illecita, rappresentandogli la reazione legittima determinata da un suo comportamento (Cass., Sez. V, 24-09-1984, n. 7355, RV165667). Tale massima può a fortiori essere richiamata nel caso di specie, in cui la frase del Rossi si presta ad essere al più interpretata (non già come la minaccia di un male ingiusto, ma) alla stregua di una manifestazione della volontà di difendersi legittimamente, nel contesto di un litigio in corso, qualora il proprio antagonista avesse inteso aggredirlo. 1.4. Erroneamente, dunque, l impugnata sentenza focalizza l attenzione in via pressoché esclusiva su quella parte della condotta consistita nell apprendere ed esibire l arma, pretendendo di qualificare il fatto solo alla luce di tale aspetto, isolandolo dalla frase pronunziata (se non addirittura ricavando arbitrariamente da quest ultima un significato intimidatorio ad essa estraneo) e dall ulteriore contesto. In altri termini, il caso di specie presenta tutta una serie di peculiarità, che inducono a ritenere non corretta la conclusione cui perviene la Corte d Appello di Milano, secondo cui la semplice esibizione dell arma all avversario, in un contesto di elevata litigiosità, era pacificamente più che sufficiente a far intendere al predetto che di quell arma il possessore era propenso e disposto a far uso contro di lui; e quindi era idonea ad intimorirlo, secondo la comune sensibilità dell uomo medio. Vero è infatti che, secondo la Corte di Cassazione, anche la mera esibizione di un arma potrebbe costituire comportamento idoneo a incutere timore, realizzando pertanto il delitto di minaccia grave. Tuttavia, come si ritiene di avere chiarito poc anzi, la condotta dell imputato, per come emersa in sede di merito, risulta ben più articolata: sicché, laddove valutata nel suo complesso, non può essere qualificabile come minacciosa. Si ritiene, più precisamente, che tale valutazione complessiva non possa prescindere dal dato pacifico che l esibizione dell arma è stata accompagnata da una frase priva di reale contenuto intimidatorio, meramente diretta a negare l esistenza di un sentimento di paura in capo a colui che l ha profferita (in sostanza: non ho paura, o adesso non mi fai più paura, ovvero testualmente adesso voglio vedere se mi fai ancora paura ), o al più implicitamente allusiva ad un intento difensivo. Si tratta invero di elementi che, seppure emersi in sede di merito, non sono stati adeguatamente valutati nella loro rilevanza ai fini di una corretta interpretazione dell art. 612 c.p.
MINACCIA AGGRAVATA DALL USO DI UN ARMA 277 Alla luce di tali elementi, va esclusa in diritto - già sul piano oggettivo - la sussistenza del fatto tipico di minaccia. 2. Inosservanza ed erronea applicazione dell art. 612 c.p., in relazione all art. 43, 1 comma, c.p. (art. 606, 1 comma, lett. b), c.p.p.), sotto il profilo dell insussistenza del dolo. 2.1. Nella denegata ipotesi che Codesto Onorevole Collegio ritenesse infondate le censure sopra esposte, si deve sottolineare come in ogni caso, e quantomeno il presente giudizio avrebbe dovuto concludersi in sede di merito con una pronunzia assolutoria con la formula perché il fatto non costituisce reato, stante l evidente difetto di dolo in capo al Rossi. Invero, gli elementi già sottolineati in sede di esposizione del primo motivo di ricorso, quand anche non fossero reputati sufficienti ad escludere sotto il profilo oggettivo la minaccia, paiono indubitabilmente incompatibili con la volontà di minacciare un danno ingiusto. La sentenza impugnata erroneamente prescinde da una verifica circa l effettiva sussistenza dell elemento soggettivo, pretendendo di desumere il dolo dalla condotta di esibizione dell arma, e dall oggettiva idoneità della condotta medesima ad incutere timore: una sorta di dolus in re ipsa, la cui inaccettabilità è da molto tempo un punto fermo negli insegnamenti della Suprema Corte. 2.2. Ma non solo: la sentenza d appello ha trascurato di valutare in maniera corretta la rilevanza in diritto gli elementi fattuali, che in modo inequivoco inducono ad escludere che il Rossi si sia rappresentato ed abbia voluto realizzare un fatto di minaccia in pregiudizio del Bianchi. E precisamente: 2.2.1. La già citata frase pronunziata dal Rossi non pare affatto denotare una volontà di minaccia; al più forse, potrebbe evocare l intenzione di difendersi, qualora l antagonista dovesse insistere nella sua condotta aggressiva. 2.2.2. L arma, in base a quanto emerso in sede di merito, non è mai stata puntata dal Rossi contro il Bianchi. 3. Manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo della sentenza impugnata (art. 606, 1 comma, lett. e), c.p.p.). 3.1. Secondo la Corte d Appello di Milano, la condotta del Rossi, sotto un profilo logico-ricostruttivo, non si presterebbe a interpretazioni diverse ed alternative rispetto alla minaccia. In realtà, dal punto di vista logico, la conferma della sentenza di condanna di primo grado poggia su una serie di forzature nella ricostruzione della vicenda, di particolare evidenza sotto il profilo dell elemento psicologico del reato. Dalla condotta, come si è visto, i Giudici milanesi pretendono di desumere l elemento soggettivo del delitto ascritto all imputato, escludendo ogni differente interpretazione. Al contrario, è manifestamente più logico ritenere che l atteggiamento del Rossi sia incompatibile con il dolo della minaccia. Il Rossi prende infatti l arma, ma nella sua intenzione - non per minacciare
278 PARTE SECONDA / ATTI DI DIRITTO PENALE l avversario, quanto per non avere più paura di lui, come si desume dalla frase pronunziata. In quest ottica, appare frutto di un manifesto salto logico il ravvisare la volontà del Rossi di minacciare al Bianchi un danno, e per di più un danno avvertito come ingiusto dall imputato. Per tali motivi, il sottoscritto ricorrente CHIEDE che codesta Ecc.ma Corte di Cassazione voglia annullare senza rinvio l impugnata sentenza perché il fatto non sussiste, ovvero, in subordine, perché il fatto non costituisce reato. Con osservanza Milano,.... (f.to avv. Tizio) NOMINA DEL DIFENSORE con PROCURA SPECIALE ed ELEZIONE DI DOMICILIO Il sottoscritto Rossi Mario, nato a..., il... ivi residente, via..., n...., revocando ogni precedente nomina ed elezione di domicilio, nomina quale difensore di fiducia l avv. Tizio, del Foro di..., con studio in..., via..., n...., iscritto all Albo speciale degli Avvocati cassazionisti, eleggendo domicilio presso lo studio del difensore medesimo, nonché conferendo allo stesso apposito mandato ex artt. 571, c.3 e 613 c.p.p., nonché procura speciale per la proposizione del suesteso ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d Appello di Milano,... Sezione penale, in data... (dep....), n.... R. Sent., con la quale è stata confermata l appellata sentenza del Tribunale di Milano in composizione monocratica in data..., n.... R. Sent., di condanna del sottoscritto Rossi Mario alla pena di euro... di multa, oltre al pagamento delle spese processuali, per il delitto di cui all art. 612, 1 e 2 comma, c.p., in relazione all art. 339 c.p., nonché per il deposito del ricorso per cassazione medesimo, ed ogni ulteriore incombente. Milano,... (f.to Rossi Mario) É autentica (f.to avv. Tizio)