La crisi della (non) democrazia Roma, 3-5 ottobre 2008 Obiettivo della conferenza è quello di affrontare il tema della crisi della democrazia in tutti i suoi aspetti principali, mettendo a confronto le analisi scientifiche e le proposte politiche, con la speranza di poter rappresentare uno strumento di raccolta e confronto per le iniziative di riforma esistenti. A questo scopo la conferenza è articolata in un convegno, con ampi spazi di confronto tra relatori e partecipanti, e un BarCamp aperto alla partecipazione di associazioni, comitati, blogger, attivisti e singoli cittadini interessati agli strumenti della partecipazione politica e al tema della riforma delle democrazia. Il BarCamp è un tipo di incontro caratterizzato dalla mancanza di una scaletta prefissata di relatori e in cui non esiste un pubblico passivo. Argomenti di discussione e relatori si propongono inizialmente sul sito internet, e il giorno del BarCamp si ritrovano in un luogo informale dove hanno a disposizione una sala per discutere con i partecipanti. In Italia se ne sono organizzati già diversi con la partecipazione di centinaia di persone. La conferenza ha la partnership di Upter e Fondaca.
Programma provvisorio Roma, luogo da definire Venerdì 3 ottobre Convegno Partecipazione e cittadinanza nella crisi della (non) democrazia ore 10-11 Saluti delle autorità Introduzione ai lavori da parte degli organizzatori ore 11,30 Prima sessione: L'Italia è ancora una democrazia? Andrea Pugiotto professore di diritto costituzionale Università di Ferrara Oreste Massari professore di scienza politica Università La Sapienza Gianfranco Pasquino professore di scienza politica Università di Bologna Discussione ore 12,30 Seconda sessione: Economia, beni comuni e cultura della cittadinanza Stefano Bartolini (confermato) professore di economia Università di Siena Discussione Ore 13,30-15 pausa pranzo ore 15 Sessione speciale organizzata da Cittadinanzattiva e Fondazione per la cittadinanza attiva Presentazione del rapporto sull'italia del Civil Soiciety Index La società civile tra eredità e sfide, Rubettino, 2008 Giovanni Moro presidente di FONDACA Teresa Petrangolini Segretario Generale Cittadinanzattiva altri interlocutori scelti da Fondaca
ore 17 Sessione finale: Quali riforme istituzionali per nuove forme di partecipazione politica Pier Vincenzo Uleri politologo Università di Firenze Luigi Bobbio professore di Scienza Politica Università di Torino Gerry Stoker professore di governance University of Southampton, autore del libro Perché la politica è importante. Come far funzionare la democrazia Discussione Sabato 4 ottobre BarCamp: Esperimenti democratici
Inizio ore 9 Università popolare di Roma - Via 4 Novembre, 157 Sito: http://barcamp.org/demcamp http://www.fainotizia.it/demcamp Per BarCamp s'intende un tipo di incontro caratterizzato dalla mancanza di una scaletta prefissata di relatori e in cui non esiste un pubblico passivo. I partecipanti all'evento hanno infatti la possibilità di proporre in prima persona una presentazione o un tema di discussione, a cui seguirà una discussione con i presenti. I temi di discussione sono generalmente selezionati prima dell'inizio del Barcamp sulla base dell'interesse suscitato tra i partecipanti attraverso l'apposito sito internet (http://www.barcamp.org/). Gli interventi sono liberi e possono durare fino a 20 minuti. In ogni caso è previsto uno spazio per le domande e la discussione. Obiettivo del BarCamp è quello di coinvolgere più direttamente le associazioni, i comitati di cittadini, i singoli attivisti, le organizzazioni civiche in un confronto, anche propositivo, sugli strumenti a disposizione dei cittadini per attivarsi sulle questioni di loro interesse e stabilire un confronto con le istituzioni. Domenica 5 ottobre Tavola rotonda conclusiva
Presentazione Assistiamo al paradosso per cui se la democrazia è oggi il modello di governo più popolare in quasi tutti i paesi del mondo, nei paesi democratici il parlamento e i rappresentanti eletti godono della fiducia solo di una esigua minoranza della società, assai meno di organizzazioni religiose, forze dell'ordine e altre istituzioni non democratiche. I partiti politici sono sempre meno agenzie della società civile, organizzazioni attraverso cui si realizza la partecipazione politica dei cittadini, e sempre più apparati dello Stato. Le loro risorse, sia economiche che di legittimità politica, derivano ormai quasi esclusivamente dalle istituzioni e dall'accesso ai mass media, piuttosto che dalle iscrizioni e dall'attività volontaria dei sostenitori. Come affermano due autorevoli studiosi dei partiti politici, Peter Mair e Richard Katz, la democrazia elettorale è sempre più percepita come mezzo attraverso cui i governanti controllano i governati piuttosto che viceversa. In molti paesi si assiste a una deriva autoritaria delle istituzioni democratiche caratterizzata da un consenso di massa nei confronti di provvedimenti che, dal contrasto all immigrazione clandestina alla sicurezza, dalle emergenze ambientali alla minaccia terroristica, prevedono molto spesso la sospensione di diritti umani fondamentali. La crescente diseguaglianza economica nelle società democratiche si traduce in un crescente divario di accesso alle risorse necessarie per influenzare le decisioni politiche. Secondo uno dei maggiori politologi viventi, Robert A. Dahl, il vantaggio complessivo in termini di potere, istruzione, disponibilità economiche dei ceti privilegiati può diventare talmente forte che, anche se i ceti meno fortunati costituiscono la maggioranza dei cittadini, il disequilibrio di risorse disponibili li rende incapaci, e forse anche riluttanti, a compiere lo sforzo necessario per vincere le forze della disuguaglianza schierate contro di essi. Se aggiungiamo che il tempo messo a disposizione dai cittadini per attività politiche è in costante diminuzione, mentre aumenta a livelli sempre più elevati il costo dell attività politica, appare realistico il rischio che ci si trovi vicini alla fine dell'aspirazione della democrazia al raggiungimento dell'uguaglianza politica tra i cittadini. Nel mondo indaffarato dei mercati, dell espressione individuale di sé, e nell'erosione della cultura pubblica prodotta dal consumismo, c'è il pericolo che i cittadini stiano perdendo non solo la volontà, ma anche le capacità necessarie per fare politica. Tutto sembra illusoriamente affidato alle sole scelte individuali, al di fuori delle quali agisce il destino, il prodotto di forze che non possiamo sperare di capire e non dovremmo desiderare di controllare. Il crescente disimpegno dei cittadini dalla vita politica e la perdita della fiducia nella capacità di cambiamento dell'azione collettiva, mostrano come sia fuorviante misurare il benessere delle società unicamente sulla base del prodotto interno lordo. In Italia questi fenomeni sono ancora più accentuati a causa del livello di illegalità raggiunto dalle istituzioni, dei privilegi e degenerazioni del sistema partitocratico, della collusione tra poteri pubblici e interessi privati, della scarsa autonomia delle agenzie preposte al controllo del potere politico. La deriva oligarchica riscontrabile anche nelle altre democrazie, in Italia si è accompagnata a una condizione di illegalità e quindi irresponsabilità del potere
politico. La disillusione e il cinismo diffuso tra i cittadini rendono ancora più difficile il cambiamento e il controllo democratico del potere politico, favorendo così il consolidarsi di questo assetto in una nuova forma di regime. Si potrebbe leggere l'attuale clima di sfiducia come un umore ciclico destinato ad essere sostituito da una nuova ondata di partecipazione e entusiasmo. Ma da cosa può arrivare questa inversione di tendenza? Secondo autorevoli studiosi è il tempo di sostituire alla cultura del consumo una nuova cultura della cittadinanza. Questo è il compito principale delle forze politiche e sociali che vogliano difendere la democrazia. Allo stesso tempo, occorre rivitalizzare le istituzioni classiche e disegnarne di nuove per creare una nuova arena civica che renda possibile una politica amatoriale, in cui non sia richiesto ai cittadini di divenire degli specialisti o di partecipare costantemente, ma gli siano dati gli strumenti per attivare procedure democratiche sulle questioni che sono per loro più importanti. Occorre evitare la tentazione di voler superare la democrazia rappresentativa, o immaginare formule deliberative che presuppongono la possibilità di un accordo razionale in grado di far venir meno il conflitto tra visioni. Il conflitto è ineliminabile dalla politica, ed è proprio grazie al conflitto con il potere che le minoranze sono riuscite a coinvolgere l'opinione pubblica nelle loro cause. Allo stesso tempo occorre diffidare di quelle forme di democrazia partecipativa calate dall'alto. Gli strumenti della democrazia dovrebbero essere concepiti anche allo scopo di consentire a conflitti soffocati dalla classe politica di venire al centro dell agorà grazie all'azione dei cittadini. Non ci sono soltanto ragioni civili a favore di un rinnovata partecipazione politica. Se i sistemi politici democratici vogliono riuscire a governare il ritmo rapido dei cambiamenti e la crescente complessità sociale ed economica, la partecipazione dei cittadini dovrebbe rappresentare una risorsa indispensabile. Più partecipazione significa infatti più informazioni immesse nel processo decisionale, un apprendimento più efficace da parte del sistema politico, e quindi politiche migliori. La sfida del XXI secolo è disegnare un sistema politico che sappia rispondere a queste aspirazioni. Per l'italia questa sfida deve accompagnarsi a un percorso di rientro delle istituzioni nella legalità democratica. Per informazioni: internet@radioradicale.it