Vipassana e la dipendenza



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Vipassana e la dipendenza una nuova teoria sulla dipendenza, una nuova prospettiva d intervento di Gerhard Scholz * Il problema del desiderio nell insegnamento del Buddha Una nuova teoria sulla dipendenza - L importanza delle reazioni mentali - Lo schema della dipendenza - Il desiderio compulsivo - La creazione della dipendenza - La perdita di autonomia - Una nuova prospettiva d intervento: la consapevolezza e l equanimità - L esperienza dell impermanenza delle sensazioni e l eliminazione delle reazioni - L esercizio pratico. * Scholz G. Ricercatore sociale, ha studiato Scienze politiche e sociali. Si è specializzato presso l Istituto Meilener nella terapia di coppia sistemica e terapia della famiglia, e con il corso di formazione per dirigenti in sviluppo organizzativo sistemico (con Peter Senge del MIT Usa). Fondatore e direttore del Centro per la Terapia della dipendenza Start Again (www. startagain.ch) dal 1990 al 2000. 1

Il problema del desiderio nell insegnamento del Buddha Il dottor C. Alan Marlatt, direttore dell Istituto di Ricerca sulla dipendenza di Seattle, U.S.A., rinomato analista della tossicodipendenza, ha definito grave lacuna il non considerare le conoscenze buddhiste sulla natura problematica del desiderio, da parte di chi studia il fenomeno della dipendenza: Secondo le scuole di pensiero orientali - e particolarmente il buddhismo - desiderio e avversione, e cioè il desiderio del piacere e il rifiuto del dolore, sono, sul piano mentale, le due facce della stessa medaglia. La mente, nel tentativo di perseguire i suoi attaccamenti, si aggrappa a questi ultimi con desiderio spasmodico, con bramosia. Per il buddhista, la bramosia è attaccamento basato sull ego che alimenta l insaziabile ricerca del piacere, ed è alla radice di tutta la sofferenza. Soltanto dopo avere riconosciuto questa Nobile Verità, potremo cominciare ad affrancarci dal peso e dai lacci della dipendenza. Poiché tradizioni orientali quali il buddhismo hanno per ben 2500 anni definito la bramosia come concetto chiave nella psicologia dell attaccamento, il fatto che i moderni teorici eliminino questo interessante vocabolo dal lessico della dipendenza, appare quantomeno presuntuoso. (Marlatt, C.A., in British Journal of Addiction, 1987, p. 42 e ss.) Un importante indicazione sulla direzione in cui esplorare, ricercare e lavorare, in concreto. Si tratta, 2

tuttavia, di un indicazione che occorre precisare e illustrare in dettaglio; solo così, potrà servire agli esperti della dipendenza come base per una migliore comprensione delle possibilità e dell efficacia della meditazione buddhista, quale strumento di lavoro. Gli autori dell opera a cui Marlatt si riferisce nel commento sopra riportato, immediatamente si chiedono quale applicazione teorica possa avere il concetto bramosia (taóhá), in assenza di una spiegazione soddisfacente: Marlatt cita l antica tradizione buddhista per dichiarare che bramosia è un vocabolo di tutto rispetto, che non dev essere tralasciato con leggerezza. Naturalmente noi non chiediamo che questa parola sia omessa, ma che sia usata con precauzione. Sfortunatamente, le scritture ce la presentano in modo controverso. Taóhá, che in pali è una parola chiave, non sembra poter essere tradotta in inglese con un unico vocabolo. Taóhá significa letteralmente sete ; i termini sete, intenzione, volizione e karma denominano la stessa cosa, e cioè il desiderio, la volontà di essere, di esistere, di continuare ad esistere, di diventare qualche cosa di più, di accumulare sempre di più. Humphreys, nel darcene la traduzione in una singola parola, generalmente suggerisce desiderio. Non siamo persuasi che delle traduzioni insoddisfacenti della parola taóhá offrano una soluzione che ne permetta un uso scientifico in inglese. (Kozlowski, L. & Wilkinson, A.D., in British Journal of Addiction, 1987, 82 p.490). 3

Presso Start Again (Ricominciare) centro terapeutico per tossicodipendenti a Zurigo, è stata elaborata una definizione teorica della dipendenza, basata su studi analitici dei test e sull esperienza maturata nel lavoro quotidiano con tossicodipendenti. Questa concezione, in cui l elemento mentale della bramosia (taóhá) viene rafforzato dai fattori che ne sono all origine, e cioè le sensazioni, potrebbe essere descritta come segue. Una nuova teoria sulla dipendenza Nel Saíyutta-nikáya (parte V, p. 218) * sono descritte sensazioni (vedaná) di diverso tipo che, secondo la situazione, sono percepite, a ogni istante, nel corpo; vi sorgono come risultato del contatto di un organo dei sensi con un oggetto sensoriale e sono all origine della bramosia (taóhá). Si possono dividere in tre tipi: piacevoli (sukha), spiacevoli (dukkha) e neutre (adukkhamasukha). Altre sensazioni mentali piacevoli (somanassa), come la gioia, e spiacevoli (domanassa), come la tristezza, sono incluse in sukha, dukkha e adukkhamasukha. Negli stadi iniziali dell uso della droga, la sua assunzione, provocata dalla bramosia, causa sensazioni fisiche piacevoli. Chi si droga viene allora a essere coinvolto in esse, poiché non ha la capacità di prendere le distanze da ciò che sperimenta. In lui si sviluppa la bramosia, perché gode di questa condizione che percepisce come piacevole. È da qui * Saíyutta Nikáya è una sezione del Canone pali o Tipiþaka, la raccolta di tutti i discorsi del Buddha. 4

che hanno inizio le difficoltà. Chi fa uso di droga ignora la transitorietà delle gradevoli sensazioni fisiche. Il suo equilibrio, già sconvolto - infatti, egli ricorre alla droga perché è già dominato dalla bramosia - diventa ancora più instabile. In lui si sviluppa il desiderio compulsivo per le sensazioni fisiche piacevoli. Pertanto, l assunzione di droghe rappresenta tanto il risultato quanto la causa della bramosia. Chi si droga non è consapevole del desiderio sottile e occulto, ma acutissimo, che lo spinge verso il piacere (rágánusaya), cioè di questo condizionamento mentale profondamente radicato. E non è neppure consapevole che la droga suscita in lui attaccamento, cioè che in lui si alimenta sempre più il desiderio impellente che continui quella condizione, percepita come piacevole. La bramosia è ancora più intensa, perché non si è fatta l esperienza dell impermanenza delle sensazioni: il loro sorgere (samudaya), il loro passare (attaógaman), l attaccamento cui danno luogo (assada), il pericolo che rappresentano (ádinava), il loro prevalere (nissaraóa). Dalla bramosia (taóhá) nasce l attaccamento (upádána); attaccamento dei sensi (kámupádána) definito forte nei. Attaccamento dei sensi significa aggrapparsi alla sensorialità degli oggetti fisici. La particella upa significa fermo, tenace, per cui qui attaccamento ha il significato di mantenere la presa. Che cosa significa, qui, attaccamento al desiderio dei sensi? In questo caso, concupiscenza per i desideri dei sensi, avidità per i desideri dei sensi, 5

godimento dei desideri dei sensi, smania per i desideri dei sensi, coinvolgimento nei desideri dei sensi, febbre dei desideri dei sensi, esaltazione per i desideri dei sensi; ecco che cos è l attaccamento ai desideri dei sensi. (Dhammapada 1214) Subentra allora una bramosia consolidata, radicalizzata per effetto della precedente bramosia, che ne è la condizione e il supporto. * La bramosia (taóhá) può essere paragonata allo struggimento per un oggetto che non si possiede: è l avidità del ladro che, nell oscurità, allunga la mano verso l oggetto che vuole rubare. L attaccamento (upádána) è l atto di ghermire e tenere stretto l oggetto. Bramosia e attaccamento sono diametralmente opposti ad appagamento e sobrietà. Sono alla radice della sofferenza insita nel cercare di possedere cose e nel trattenerle. In questo senso, la prima assunzione di droga, causata dalla bramosia, produce generalmente una sensazione piacevole (chi non sperimenta una sensazione piacevole di solito smette). Questa sensazione piacevole dà luogo a una valutazione positiva dell esperienza, e si crea ulteriore bramosia. Di conseguenza, ci si aggrappa, si rimane cioè invischiati sensualmente nell esperienza, o nella schiavitù, o nel piacere. Frutto della volontà (cetaná), quest attaccamento sensuale è a sua volta, all origine del processo sensuale del divenire (káma-bhava). L ansia e la sofferenza * Dal Visudhimagga p. 658, Trad. di Bikkhu Nanamoli, Colombo, Sri Lanka, 1956. 6

insite nella precarietà della situazione conducono a una nuova produzione d attaccamento. Perciò il fatto che la precedente assunzione di droga sia stata piacevole, crea le premesse per un nuovo ricorso alla droga. Questa sequenza porta allo sviluppo della dipendenza fisica, ma non spiega il comportamento che deriva dall assuefazione e che prende completo possesso della persona. Per questo è importante capire le leggi che regolano l interazione tra sensazione fisica e bramosia. Náma: la mente - è il termine usato per indicare i quattro aggregati mentali: vedaná: sensazione saññá: percezione saòkhára: reazione o formazione o condizionamento mentale viññáóa: coscienza Tuttavia, quest ordine che appare nei testi canonici, cambia nella teoria e nella pratica della percezione in: viññáóa - coscienza - cioè la conoscenza che, ad esempio, un suono è entrato in contatto con l organo dell udito, saññá - percezione - e cioè riconoscimento e valutazione: buono o cattivo, piacevole o spiacevole vedaná - sensazione. Qui la sensazione - e questo è importante - sorge già nel momento in cui, ad esempio, il suono entra in contatto con l orecchio, ma è soltanto dopo che la percezione l ha 7

riconosciuta e valutata, che la sensazione, a seconda della valutazione, diventa piacevole o spiacevole. Per esempio, un suono entra, la percezione riconosce in esso parole d apprezzamento. L ego è coinvolto, quindi il giudizio è positivo e, di conseguenza, si percepiscono sensazioni piacevoli. Le sensazioni sorgono nel corpo e sono percepite dalla mente. * L importanza delle reazioni mentali A questo punto del processo mentale, si scopre quale sia veramente il seme che dà i frutti karmici: è il saòkhára, la reazione mentale. Si tratta di un seme che è piantato ogni istante, poiché la mente è permanentemente in balìa di attrazione e repulsione. I saòkhára sono di tre tipi: 1. Quelli che producono un impressione leggera. 2. Quelli che producono un impronta un po più profonda. 3. Quelli che producono un impronta molto profonda. L uso di droga dà luogo a reazioni mentali che lasciano un segno molto profondo. Non per niente l astensione da ogni tipo d intossicanti è uno dei cinque precetti morali. Infatti l assunzione d intossicanti provoca ondate d agitazione mentale che rendono impossibili sia la concentrazione sia l acquisizione della saggezza. * Goenka S.N., Vipassana è per tutti, Artestampa, Modena, 2013; parte seconda, Riassunti dei Discorsi. 8

I saòkhára sono regolati da due leggi: 1. La legge di proliferazione, quando si è coinvolti in essi. 2. La legge di eliminazione, quando sia esercitata un osservazione equanime e pienamente consapevole. Ogni reazione mentale è per natura transitoria: sorge per passare. É moltiplicata quando si reagisce con bramosia o avversione alla sensazione fisica. La bramosia, e cioè il desiderio di sperimentare le sensazioni provocate dalla natura farmaco-dinamica delle droghe, diventa perciò la radice da cui si riproducono le reazioni mentali e, conseguentemente, la causa del crescere della sofferenza. Desiderio e avversione nei confronti delle sensazioni fisiche sono la manifestazione dei saòkhára di bramosia. Il loro accumularsi mantiene in moto la ruota del continuo coinvolgimento nella droga. Come risultato, si ha una crescente perdita d equilibrio mentale. Lo schema della dipendenza C è assunzione di droga. A causa della sua intrinseca forza fisiologica, sorge una sensazione fisica. L abitudine mentale inconscia è costantemente in contatto con le sensazioni. Quest abitudine è la reazione mentale di bramosia verso di esse. In tal modo una reazione moltiplica le reazioni. Il tossicodipendente reagisce con desiderio se le sensazioni sono piacevoli, e con avversione, desiderando cioè che se ne vadano, se 9

sono sgradevoli. Non appena nella mente sorge una reazione di desiderio compulsivo, si manifesta una sensazione piacevole (e l avversione è accompagnata da una sensazione spiacevole). Immediatamente, a causa dell abitudine a reagire con bramosia, avviene una nuova produzione di bramosia, che ha come caratteristica la reazione alle sensazioni piacevoli. In questo modo, il tossicodipendente continua a rinnovare e accrescere il proprio attaccamento, cioè l accresciuta bramosia. A questo, segue il processo sensorio del divenire, che porta dolore e disperazione - provocati dal tentativo infruttuoso di mantenere quello stato - e alla moltiplicazione della reazione di desiderio. Di conseguenza, lo stimolo esterno della droga diventa, a lungo andare, sempre più secondario: il problema è l attaccamento al desiderio compulsivo. Il desiderio compulsivo Il solo desiderio di droga significa, di per se, perdita di equilibrio mentale, e quindi sofferenza. Tuttavia, la vera trappola, molto più disastrosa, è la schiavitù nei confronti del desiderio; perché attraverso il meccanismo di sensazione e desiderio, e la moltiplicazione delle reazioni mentali, il desiderio diventa desiderio per il gusto di desiderare, la compulsione si trasforma in desiderio ed infine nell abitudine di desiderare in continuazione, ovvero diventa dipendenza. Nella vita del tossicodipendente si manifesta come intensa agitazione e confusione. 10

Il fatto che il tossicodipendente non abbia la minima idea di come avvenga questo coinvolgimento, non fa che moltiplicare la sofferenza. Il tutto avviene con grande rapidità, a un livello fisiopsichico profondo. Questo processo continua anche quando l individuo non è sotto l influenza della droga. Ogni volta che pensa agli effetti della droga, genera desiderio. Questo è accompagnato da una sensazione, perché tutto ciò che si produce nella mente dà luogo a una sensazione del corpo. L oggetto della percezione è la memoria, e la memoria è il risultato di attività mentali esistenti, e cioè l insieme delle informazioni accumulate anche nell inconscio. La sensazione corporea genera agitazione mentale al livello inconscio, ma, a un livello superficiale, il tossicodipendente accoglie con piacere la sensazione suscitata dal desiderio. Sperimentandone la gradevolezza, vuole prolungarla; quando il desiderio è soddisfatto, la sensazione piacevole che accompagnava questo desiderio se ne va. Perciò il tossicodipendente ricomincia immediatamente a generare desiderio, in modo da assicurare la continuità delle sensazioni piacevoli. A causa di questo processo, la dipendenza dal desiderio continua ad aumentare. Per ottenere certe sensazioni, il tossicodipendente seguita a generare bramosia e attaccamento, compromettendo sempre di più l equilibrio mentale, e aumentando la propria sofferenza. La successiva assunzione di droga è prestabilita per soddisfare la bramosia in aumento; però non fa che sviluppare il desiderio per il desiderio. 11

La creazione della dipendenza La capacità di gestire la propria mancanza di equilibrio mentale nei confronti delle sensazioni è in continua diminuzione. Il senso di bramosia smania per essere soddisfatto... e così via. L aumento di bramosia fa sì che il ricorso alla droga, a lungo andare - a parità di qualità, quantità e metodo d assunzione, - non produca più la soddisfazione dei sensi iniziale. Va sottolineato che l impatto della droga può soltanto essere il fattore scatenante di un fenomeno che ha sempre più un carattere autonomo. Il crearsi della dipendenza viene auto-stimolato dalle reazioni mentali alle sensazioni fisiche che si sperimentano. Le sensazioni prodotte della droga sono la causa della bramosia mentale che, a sua volta, si manifesta sotto forma di sensazioni. Queste sensazioni producono nuova bramosia. Di conseguenza, col tempo, si crea un attaccamento che, con la proliferazione delle formazioni mentali, diventa di nuovo attaccamento alla bramosia. Poiché è questa bramosia che aumenta sempre di più, è la bramosia stessa che diventa un problema, e che si trasforma in sofferenza. L oggetto di coinvolgimento di fondo non è più la dipendenza dalla droga, ma la dipendenza dalla bramosia. E l oggetto della bramosia gradualmente diventa secondario; ne sono la prova, tra l altro, la politossicomania e l abbandono della droga per l alcol. Il fatto è che, a ogni assunzione di droga, la mente perde il proprio equilibrio. Dalla bramosia, sempre di più, nasce il desiderio per il desiderio. Questo desiderio 12

in continuo aumento dà luogo a un assuefazione al desiderio, che diventa avidità senza limiti. L intenzione di sfuggire alle sensazioni spiacevoli e di crearne piacevoli per mezzo della droga, proprio per l intensificarsi della bramosia, fa sì, paradossalmente, che sia la stessa sensazione di fuga dallo spiacevole al piacevole a trasformarsi in droga. La perdita di autonomia Ciò implica il pericolo che la persona sprofondi in un processo di perdita di autonomia. Questo accade perché le sostanze che alterano la percezione, sono di nuovo usate come agenti nella situazione difficile, da loro causata, in primis. Il coinvolgimento sociale prodotto dalla dipendenza procede da questa compulsione. Questo elemento cruciale nello sviluppo della dipendenza è radicato in un processo sociale d interazione. Sequenze d interazioni che hanno un valore sociale paragonabile alla normale acquisizione di comportamento, favoriscono o ostacolano il consolidamento del processo di dipendenza. In ogni caso, il problema chiave resta mentale, ed è il succedersi di bramosia e sensazioni come principio dominante, e la graduale perdita d equilibrio mentale. L assunzione di droga genera perdita di equilibrio nel senso che provoca un costante aumento della bramosia nei confronti delle sensazioni fisiche. Questo meccanismo poi s intreccia con i piccoli e grandi processi sociali d interazione. 13

Una nuova prospettiva d intervento: la consapevolezza e l equanimità. Occorre intervenire in due modi. In primo luogo, va infranta la barriera tra mente conscia e inconscia, in modo che la parte conscia, nella maggior parte dei casi ignara delle sensazioni, diventi ricettiva e capace d esperire le sensazioni, di cui l inconscio è di fatto sempre consapevole. L inconscio è infatti in contatto permanente con i processi biochimici che regolano i mutamenti delle sensazioni fisiche. L altro modo riguarda la condizione di equanimità. Il mezzo per raggiungere questo stato mentale è l esercizio dell osservazione equanime (o col giusto distacco) con la comprensione dell impermanenza delle sensazioni (aniccánupassi viharati). Osservando le sensazioni con obiettività, anche solo per qualche istante, il tossicodipendente ne determina l estinzione (váyánupassi viharati). Non si attacca a esse (viragánupassi viharati) ma constata che svaniscono (nirodhánupassi viharati), e a poco a poco si sottrae al loro potere. A questo modo egli gradualmente sradica le tendenze latenti (anusaya) che lo avevano fino ad allora dominato. Quando percepisce una sensazione spiacevole, si allena a non lasciarsene coinvolgere. E il suo stato mentale è sempre più equilibrato e indisturbato. Il tossicodipendente procede allo stesso modo nei confronti delle sensazioni fisiche piacevoli. Le percepisce per quello che sono - sensazioni piacevoli - ma non rimane impigliato in esse. Si rende conto, 14

a livello di esperienza, che la loro vera natura è la transitorietà, per cui non reagisce a esse con desiderio, perché ciò non farebbe che produrre sofferenza. Non si attacca a queste sensazioni perché sa che, prima o poi, sono destinate a passare. Evitando di reagire con bramosia alle sensazioni fisiche egli sradica la bramosia che è in lui, perché la bramosia sorge a causa delle sensazioni. Anche quando sperimenta sensazioni neutre, se mantiene una profonda calma mentale, non è tentato di reagire con desiderio. Questi fenomeni lo lasciano imperturbato, poiché egli comprende che questo tipo di sensazioni, al pari degli altri due, ha carattere impermanente. Quando il tossicodipendente impara a osservare con equanimità le sensazioni che si manifestano in lui - in modo da rendersi conto che si tratta di fenomeni transitori - egli mette in moto il processo di eliminazione delle reazioni mentali (saòkhára). L esperienza dell impermanenza delle sensazioni e l eliminazione delle reazioni Anche la caratteristica principale del saòkhára è di sorgere e svanire: come ogni altro fenomeno è impermanente. Esso è prodotto dal coinvolgimento reattivo della mente che desidera: è così che nasce, si sviluppa e si mantiene in moto. Se però per l esperienza diretta a livello di sensazioni fisiche, si acquista la conoscenza dell impermanenza, la vera 15

natura delle cose, e si osserva in modo soggettivamente oggettivo, il processo di accrescimento si arresta, e inizia quello di eliminazione. Per esempio si produce una certa reazione mentale, accompagnata da una sensazione fisica. Se il tossicodipendente è in grado di mantenere equanimità nei confronti della sensazione, la reazione mentale perde la sua forza e si estingue. E strato dopo strato, le reazioni accumulate nell inconscio, cominciano a emergere in superficie e, se si rimane equanimi, anch esse saranno eliminate. Il tossicodipendente è libero dalla dipendenza nella misura in cui riesce a sradicare i saòkhára (profondi condizionamenti di reazione) di bramosia; si libera completamente dall attrazione della droga quando sono tutti stati eliminati. L esercizio pratico Tuttavia, ogni individuo deve sottoporsi concretamente a questo processo. Per acquisire autonomia, cioè l indipendenza dai radicati modelli di comportamento mentale relativi alla dipendenza dalla bramosia, non è sufficiente il lavoro intellettuale; perché la dipendenza non è, come molti ritengono, anche un problema psicofisico, ma è prima di tutto un problema psicofisico. L autonomia è una qualità mentale: la capacità di agire sulle sensazioni che si manifestano, senza bramosia (invece di essere la vittima impotente dei condizionamenti di desiderio e avversione). Solo dopo questo sovvertimento mentale, è possibile passare all azione, cioè a un atti- 16

vità rivolta all esterno. Attività che incomincia a interagire con l autonomia come qualità mentale. Più questi due fattori si integrano e si sostengono l un l altro, meglio si presenta il processo di guarigione. Revisione a cura della Biblioteca Vipassana, 2013 17