LOMBARDIA: TEMI DI INTERESSE E PROSPETTIVE PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI RADIOATTIVI



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LOMBARDIA: TEMI DI INTERESSE E PROSPETTIVE PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI RADIOATTIVI Scopo del documento In Lombardia, numerose attività ordinarie quali quelle di tipo sanitario, industriale e di ricerca comportano la continua produzione di rifiuti radioattivi; particolare rilievo, inoltre, assume il fenomeno della presenza di sorgenti radioattive dismesse nel ciclo del recupero di rottami ferrosi e non, che ha causato lo sviluppo di incidenti in aziende del settore, con la produzione di cospicue quantità di rifiuti radioattivi che in larga misura sono conservati presso lo stesso sito produttivo. Per tale motivo, si crede opportuna un analisi dell attuale quadro tecnico normativo, da considerare sotto la specifica luce dei temi e dei problemi in evidenza in Lombardia. Sullo sfondo: le prospettive relative alla realizzazione del Deposito Nazionale previsto dal D.Lgs. 31/10 ed i contenuti della Direttiva 2011/70 Euratom. Quadro di riferimento Non esiste un sito nazionale per la gestione di lungo periodo dei rifiuti radioattivi, ma solo impianti che fanno capo a strutture pubbliche (es. Enea-Nucleco), ormai prossimi alla saturazione da molti anni, nei quali sono state accumulate sorgenti dismesse o materiali contaminati, in attesa di un diverso, più stabile destino. La risorsa residua è molto contenuta, e per questo essa viene assoggettata ad una gestione estremamente restrittiva. L unica soluzione per la gestione di rifiuti radioattivi in via definitiva, attualmente, è rappresentata dall invio di detti materiali presso impianti esteri. La soluzione non è universale, in quando condizionata dalla disponibilità di impianti, dall assetto autorizzativo che caratterizza questi impianti e, non secondariamente, da problemi di costo. Il panorama strategico nazionale è dominato dalla necessità di medio termine di gestire i rifiuti radioattivi ad alta attività, eredità dell esercizio delle centrali elettronucleari italiane ormai dismesse, inviati in impianti esteri per il ritrattamento, oltre che dalla esigenza, di più breve termine, di disporre di un sito per la gestione della grande massa dei rifiuti di medio e basso livello derivante dallo smantellamento degli impianti. Oltre al panorama legato alla produzione elettronucleare, occorre considerare comunque che attività ordinarie quali quelle di tipo sanitario, industriale e di ricerca comportano la continua produzione di rifiuti radioattivi; la presenza, episodica ma non rara, di sorgenti radioattive dismesse nel ciclo del recupero di rottami ferrosi e non, ha causato lo sviluppo di incidenti in aziende del settore, con la produzione di notevoli quantità di rifiuti radioattivi 1

che in larga misura sono conservati presso lo stesso sito produttivo, anche per periodi ultradecennali. Il fabbisogno per la gestione dei rifiuti radioattivi di origine non elettronucleare, in Lombardia, rappresenta una quota significativa del fabbisogno nazionale, con una dimensione qualiquantitativa ben superiore a quelle delle altre regioni italiane, viste le dimensioni di scala e il peso sociale, produttivo, economico, sanitario della regione. Per la Lombardia, di conseguenza, il tema della gestione dei rifiuti radioattivi è da considerare particolarmente rilevante e ciò richiama grande attenzione verso le evoluzioni del quadro legislativo, nazionale ed internazionale, e tecnico. Dal punto di vista normativo, il quadro presenta forti elementi di complessità: compaiono elementi storici (il D.Lgs 230/95), elementi nazionali prospettici (il D.Lgs. 31/10), elementi fortemente evolutivi di natura comunitaria (la recentissima direttiva 2011/70/Euratom). L interazione di questi diversi piani legislativi e le prospettive che ne derivano sono discusse in dettaglio nel seguito di questo documento. Una breve rassegna della situazione dei rifiuti radioattivi prodotti in Lombardia In alcuni settori o campi di attività, la produzione o comunque la presenza di rifiuti radioattivi assume un certo rilievo: - Settore Sanitario Radiofarmaci, sorgenti non sigillate L uso di radiofarmaci o di composti radioattivi, sia nelle attività diagnostiche in vivo o in vitro o di ricerca sia nelle attività terapeutiche, ha richiesto, da tempo, una particolare strutturazione del sistema, composto dalla implementazione di apposite facilities e da modalità di gestione all interno delle strutture che producono tali rifiuti. Il sistema, anche in base a specifici regolamenti imposti dalle autorità competenti sulla scorta di indicazioni regionali, prevede un mix di iniziative quali: a) gestione dei rifiuti a più breve emivita all interno delle strutture sanitarie che li producono, sino a decadimento completo e successivo smaltimento come rifiuto sanitario ordinario; b) ritiro da parte di Aziende autorizzate per il successivo smaltimento/trattamento/decadimento presso impianti autorizzati, per i rifiuti con caratteristiche meno idonee ad un decadimento in situ o qualora le condizioni logistiche dell impianto produttore non permettano la gestione locale; c) istruzione dei pazienti e familiari per la gestione degli escreti e deiezioni di pazienti ambulatoriali sottoposti a indagini/trattamenti di medicina nucleare. 2

La situazione della gestione di questo tipo di rifiuti è da considerarsi stabilizzata, sebbene talvolta le soluzioni adottate risentano della carenza di un deposito di riferimento che potrebbe contribuire ad alleggerire logisticamente alcune realtà sanitarie. Va comunque chiarito il ruolo delle aziende del settore che effettuano il ritiro per la gestione off site dei rifiuti radioattivi di questa classe. Sorgenti sigillate, sorgenti non dispersive Nelle strutture sanitarie sono presenti macchinari contenenti sorgenti, anche di notevole attività, quali: irraggiatori per irradiazione esterna o dispositivi e relativi preparati per radioterapia endocavitaria, interstiziale, endolumeale, sterilizzatori, ecc. A causa del decadimento o per evoluzione tecnologica, le sorgenti presenti in questi dispositivi divengono un rifiuto, con caratteristiche di rischio molto particolari. In passato si sono verificate significative situazioni anomale legate alla cattiva gestione di questo tipo di materiale; attualmente la situazione è da considerarsi assoggettata ad un adeguato regime gestionale anche nella fase di fine vita della sorgenti; i siti per l allontanamento definitivo delle sorgenti sono però reperibili con crescente difficoltà. Un capitolo a sé è rappresentato dal tema della gestione dei componenti delle macchine acceleratrici di particelle che sono da considerare come radiocontaminati a causa di fenomeni di attivazione. Questi dispositivi possono inoltre contenere collimatori, diaframmi, altri componenti in Uranio Depleto. Ad oggi, la soluzione per questo tipo di problemi è estremamente articolata e complessa: uno stesso macchinario potrebbe essere scomposto in componenti da inviare in tre destini differenti, nazionale, europeo, extraeuropeo in funzione della loro tipologia, dimensione, livello di attivazione. Si osserva che la causa più significativa di incidenti legati al ritrovamento di sorgenti fuori controllo consiste nel trascorrere del tempo e nella perdita di memoria se la sorgente non viene prontamente allontanata dopo la sua dismissione dal servizio. La pronta accessibilità ad un sito per l allontanamento delle sorgenti dismesse è di conseguenza essenziale anche al fine di limitare gravi incidenti. Comunque, al fine di precisare alcuni aspetti di carattere ambientale relativi alla gestione dei rifiuti radioattivi di origine sanitaria, in Lombardia, è stata recentemente programmata, in coordinamento tra D.G. Sanità ed ARPA, un apposita rilevazione presso le strutture sanitarie presenti in regione. - Settore Industriale Produzione di rifiuti radioattivi nel corso delle attività correnti La gestione dei rifiuti, derivanti sia dall uso di sorgenti non sigillate (ad es. attività di ricerca nel campo farmaceutico) sia di sorgenti sigillate (ad es. gammagrafia industriale, controlli di spessore e di livello) è del tutto simile alla gestione dei rifiuti derivanti dal campo sanitario, così come sono simili le problematiche presenti. 3

Rifiuti presenti nelle aziende a causa di contaminazione radioattiva introdotta in modo inconsapevole nei cicli produttivi A partire dal 1990, anche la Lombardia ha avuto dolenti prove della suscettibilità delle aziende del settore del recupero dei materiali ferrosi e non ferrosi ad essere colpite da fenomeni di contaminazione, anche estesa. La causa di questi fenomeni è l inserimento all interno dei cicli produttivi di sorgenti radioattive probabilmente contenute in rottami di apparati medici o industriali dismessi o di residui, come scorie, colaticci, granelle, contaminati da precedenti incidenti; è stata evocata la possibilità che materiale proveniente dallo smantellamento di impianti che presentavano elevati livelli di contaminazione (impianti nucleari, flotta nucleare, ecc.) si sia insinuato nel circuito commerciale internazionale dei rottami. Si sono verificati casi di materiali semilavorati di importazione, ad esempio lamiere, con livelli significativi di contaminazione radioattiva. La situazione di aperta emergenza dei primi anni 90 è stata gestita anche attraverso ordinanze contingibili e urgenti del Presidente della Giunta Lombarda e disposizioni temporanee statali e per controllo alle frontiere dei materiali ferrosi di importazione. Successivamente, il D.Lgs. 230/95 ha introdotto l obbligo, dettato nel suo art. 157, di effettuazione di controlli negli impianti in cui il rischio di presenza incidentale di sorgenti radioattive è stato ritenuto significativo. Il tema è stato ripreso e precisato con il D.Lgs. 1 giugno 2011 n. 100, che detta, inter alia, il regime della sorveglianza radiometrica su materiali o prodotti semilavorati metallici, modificando e integrando l assetto precedente. L inserimento nel ciclo produttivo di sorgenti non individuate ha comportato notevoli fenomeni di contaminazione radioattiva, con la conseguente necessità di provvedere alla decontaminazione delle aziende colpite e con la produzione di quantità estremamente rilevanti di rifiuti radioattivi. Tali rifiuti radioattivi, per carenza di un sito, nazionale o meno, per il loro smaltimento, frequentemente sono ancora conservati all interno delle aziende, costituendo, se non un problema immediato dal punto di vista sanitario e ambientale, quantomeno un forte vincolo per il riuso delle aree, sia per eventuali sviluppi aziendali sia per una loro possibile variazione di destinazione d uso. Il rischio di perdita di memoria storica, inoltre, costituisce una realistica eventualità, con conseguenze imprevedibili dal punto della radioprotezione. ARPA Lombardia, nel settembre del 2011, ha prodotto un primo censimento delle aziende e dei siti nei quali sono attualmente conservati rifiuti generati dall inserimento nel ciclo produttivo di materiali radiocontaminati, partendo dai dati reperibili nei propri archivi, forse non esaustivi, spesso recuperati in documentazione risalente a prima della costituzione di Arpa stessa, avvenuta nel 1999. Un primo quadro di insieme, secondo le informazioni disponibili, è così riassumibile: numero di siti censiti: 8 peso totale del materiale radiocontaminato presente: 1900 t circa volume totale: 1500 m 3 circa 4

radionuclidi principali rilevati: cesio 137, cobalto 60, americio 241, radio 226 range attività presenti: da alcuni bequerel ad alcune migliaia di bequerel per grammo Le giacenze risalgono, in alcuni casi, ad oltre 20 anni fa e le condizioni di stoccaggio sono molto variegate, così come le forme di vigilanza poste in essere. Casi di rilievo si succedono nel tempo con una certa regolarità: anche nel luglio 2011 si è verificato un caso di contemporanea contaminazione radioattiva in due aziende dello stesso gruppo industriale. Esaminando la situazione dal punto di vista normativo, questi depositi sono controversi. Queste situazioni non trovano una chiara collocazione all interno del contesto normativo; i depositi vengono definiti, necessariamente, come temporanei non essendo giustificata la loro stabilizzazione nelle aziende che li detengono; normalmente la detenzione non è oggetto di un apposito atto autorizzativo a causa delle condizioni emergenziali in cui vengono effettuati i ritrovamenti. La conservazione in sito è comunque necessitata, considerando che non esiste alcuna possibilità di smaltimento o comunque di allontanamento dei materiali per l assenza di strutture nazionali idonee alla loro ricezione e presa in carico definitiva o almeno per la loro gestione di lungo termine. - Discariche La presenza di contaminazione radioattiva in impianti industriali ha avuto talora come effetto che discariche di servizio autorizzate abbiano patito intensi fenomeni di contaminazione. In un caso di questo tipo, verificatosi negli anni 90, è stato deciso di procedere con una messa in sicurezza in situ tale da minimizzare le conseguenze radiologiche sull ambiente, considerato che fu valutato come improponibile lo svuotamento del corpo di discarica. Si è verificato inoltre almeno un caso di ritrovamento di una discarica abusiva contenente quantità significative di contaminanti radioattivi. Qualora le evoluzioni nel tempo della situazione ambientale richiedessero l estrazione dei materiali contaminati presenti non sarebbe in alcun modo disponibile un sito per la loro gestione in sicurezza. - Rifiuti radioattivi di origine naturale L utilizzazione, non a fini nucleari, di alcune sostanze naturali provoca la produzione di sottoprodotti comunque significativamente radioattivi, normati in maniera non del tutto chiara nel sistema normativo italiano. Infatti, il quadro degli aspetti protezionistici inerenti 5

tali lavorazioni è ben descritto nell allegato III bis del D.Lgs. 230/95, mentre il quadro della gestione dei materiali di risulta da dette operazioni, una volta che dovessero essere allontanati dal sito che li ha prodotti, risulta complesso e di non univoca interpretazione. Al di là degli aspetti meramente normativi, esiste un problema sostanziale di individuazione di un destino coerente con le caratteristiche di rischio del materiale. In sintesi, tanto per i settori sanitario e industriale, quanto per la gestione dei rifiuti derivanti da incidenti, è avvertita in modo intenso la necessità di un sito di smaltimento o di deposito a lungo termine, come integrazione, completamento e chiusura definitiva dei cicli di gestione locale. Gli aspetti tecnici, sociali, economici per la realizzazione di un tale sito non sono tra gli argomenti di questa relazione. Si intende comunque chiarire il contesto normativo di una simile iniziativa e mettere in luce il fatto che l Unione Europea chiede al Paese, attraverso una recentissima direttiva, che venga individuata una soluzione al problema, entro tempi stretti. Prospettive per una soluzione alla luce della legislazione nazionale e della direttiva comunitaria La legislazione nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi è contenuta, principalmente, nel D.Lgs. 230/95 e s.m.i. che, all interno dei capi IV, VI, VII, detta il regime normativo in tema di gestione, deposito, trasporto, smaltimento nell ambiente dei rifiuti radioattivi. La normativa è applicabile ai rifiuti radioattivi di qualsiasi genere. Una prospettiva concreta per la realizzazione di un impianto per la gestione di medio termine dei rifiuti radioattivi è contenuta nel D.Lgs. 31/10, titolo III, che prevede la realizzazione di un Deposito Nazionale, assegna a SOGIN le responsabilità per la sua realizzazione e detta l iter per la sua localizzazione. La realizzazione era concepita nel quadro dello sviluppo di un nuovo sistema elettronucleare italiano ma, oggi, il suo sviluppo è comunque necessario per la gestione di rifiuti qui brevemente descritti e per la gestione dei rifiuti derivanti dalla pregressa attività elettronucleare; segnatamente, non è possibile concepire alcun programma di decommissioning degli impianti nucleari esistenti sul territorio nazionale senza che sia disponibile un idonea struttura per la gestione off site di quantità considerevoli di rifiuti radioattivi della più disparata specie e qualità. Comunque, il referendum abrogativo di giugno 2011 non ha inciso sulla possibilità di realizzazione di tale struttura. Il Deposito Nazionale, così come previsto dal D.Lgs. 31/10 non è da confondersi con il Deposito Geologico di profondità per lo smaltimento definitivo dei rifiuti radioattivi, struttura questa che, dopo la critica vicenda di Scanzano Ionico, è stata tolta dagli ordini del giorno tecnici e politici sull argomento. 6

La situazione dovrà essere comunque nuovamente presa in considerazione alla luce della recente DIRETTIVA 2011/70/EURATOM DEL CONSIGLIO del 19 luglio 2011 che istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi. La direttiva ha lo scopo di armonizzare i comportamenti dei Paesi dell Unione europea in una fase che, al momento del concepimento della direttiva stessa, appariva di forte espansione dell energia nucleare e, di conseguenza, delle criticità connesse alla produzione dei rifiuti radioattivi. Rimane intatto il suo valore, comunque, alla luce delle esigenze di gestione omogenea dei rifiuti elettronucleari già esistenti, dei rifiuti radioattivi non elettronucleari, della esigenza di traguardare verso una soluzione definitiva per lo smaltimento dei rifiuti più pericolosi, sviluppando il tema dei siti geologici profondi. L Unione, con la direttiva, prende posizione in merito al complesso quadro mondiale di gestione dei rifiuti radioattivi, che vede tutti i paesi produttori di energia nucleare e i paesi che hanno sviluppato un arsenale nucleare impegnati per la realizzazione di risorse che costituiscano il tassello finale dei cicli tecnologici nucleari. La base tecnica condivisa sulla quale la Direttiva si fonda è rappresentata dai documenti dell Agenzia Internazionale per l Energia Atomica, recepiti anche in sede politica da vari paesi aderenti alla IAEA, tra cui anche l Italia, attraverso la sottoscrizione della Convenzione Congiunta sulla sicurezza della gestione del combustibile nucleare irraggiato e dei rifiuti radioattivi adottata nella Conferenza Diplomatica della IAEA di Vienna del 1997. La Direttiva comunitaria si rifà ampiamente ai contenuti di tale Convenzione Congiunta. Tra i vari elementi di interesse contenuti nella direttiva, tre appaiono di particolare rilievo: 1) Gli Stati membri sono tenuti ad adottare entro il 23 agosto 2013 un Quadro Nazionale per la gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi, nel quale deve essere previsto un apposito programma nazionale per l attuazione della politica di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. Il programma nazionale deve a sua volta contenere i progetti o piani e soluzioni tecniche per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi dalla generazione fino allo smaltimento. Devono essere indicate esplicitamente le risorse economiche per la realizzazione del programma. 2) La Commissione esercita un ruolo di vigilanza specifico sulla applicazione della Direttiva e, a tale fine, gli Stati membri devono trasmettere alla Commissione il contenuto del loro programma nazionale al più presto e comunque entro il 23 agosto 2015. 3) I rifiuti radioattivi sono smaltiti nello Stato membro in cui sono stati generati, in un sito che sia ritenuto idoneo sulla base di criteri stabiliti dalla Commissione, a meno di accordi con altri stati membri, per utilizzare un impianto di smaltimento situato in uno di essi. Meno probabile, visto il contenuto della Direttiva, l accesso a risorse di Paesi non comunitari. 7

La gestione dei rifiuti radioattivi di bassa attività: esperienze europee e casi di studio Vari Paesi dell Unione Europea hanno affrontato e risolto il problema della gestione dei rifiuti radioattivi di attività modesta o relativamente modesta (very low level wastes - VLLW), che rappresentano una frazione significativa del problema soprattutto dal punto di vista dei volumi coinvolti, frazione meno critica relativamente al rischio intrinseco. Regno Unito, Spagna e Francia in particolare, si sono dotati di soluzioni tecnologiche concettualmente avanzate per la gestione dei rifiuti VLL. Questi tipi di depositi sono inseriti, in tali Paesi, in una strategia generale di gestione dell intero spettro delle tipologie di rifiuti radioattivi e coprono, per logica e strutturazione tecnica, le esigenze di base simili a quelle presenti in Italia in relazione a molte categorie di rifiuti di origine non nucleare o derivanti dallo smantellamento degli impianti nucleari. I modelli tecnologici e la collocazione territoriale degli impianti di questo tipo già realizzati in Europa rappresentano di conseguenza un utile elemento di riferimento per lo sviluppo della strategia nazionale di gestione dei rifiuti radioattivi, relativamente a questa fascia del problema. Quale caso di studio, in allegato è presentata una breve descrizione del deposito francese Morvilliers, progettato per ospitare 650.000 m 3 di rifiuti radioattivi VLL, con la prospettiva di coprire le esigenze di gestione di questo tipo di rifiuti prodotti in Francia in un arco temporale 30 anni. Il modello concettuale prevede una gestione dei rifiuti radioattivi analoga a quanto previsto per rifiuti pericolosi convenzionali, non radioattivi; si prevede l individuazione di un sito di caratteristiche geologiche idonee a garantire livelli di sicurezza per un periodo di tempo esteso ad alcune centinaia di anni, periodo trascorso il quale il rischio di tipo radiologico può dirsi non più significativo. Altri aspetti di rilievo per la soluzione del problema dei rifiuti radioattivi in Italia Alcuni aspetti di carattere tecnico ed amministrativo sembrano condizionare significativamente il percorso per il raggiungimento degli obiettivi indicati dalla normativa comunitaria, e comunque incidono considerevolmente sulla capacità nazionale di gestione dei rifiuti radioattivi di origine sia elettronucleare che non. Gli argomenti che si crede prioritario affrontare sono si seguito ricordati: l aggiornamento della normativa tecnica nazionale, ancora attestata sulla guida tecnica n. 26 (Enea Disp 1987), armonizzandola alla normativa tecnica IAEA; la sincronizzazione della normativa inerente i rifiuti radioattivi con quella relativa ai rifiuti di tipo convenzionale; un intervento normativo chiaro ed esaustivo a revisione della attuale legislazione per la gestione dei NORM (Naturally Occurring Radioactive Material) e TENORM (Technologically 8

Enhanced Naturally Occurring Radioactive Material) sia relativamente alla disciplina delle attività sia relativamente alla gestione dei rifiuti appartenenti a quest area; una revisione dell impianto normativo relativo alle autorizzazioni e alle attività di gestione, acquisizione, manipolazione dei rifiuti radioattivi; la revisione della normativa relativa al trasporto delle sorgenti e dei rifiuti radioattivi, anch essa obsoleta e non armonizzata con le direttive comunitarie ed internazionali; un censimento a livello nazionale delle risorse per la gestione dei rifiuti radioattivi di origine non elettronucleare. Tali argomenti dovrebbero essere affrontati attraverso azioni di natura tecnica, nel quadro delle competenze di ISPRA, piuttosto che attraverso azioni del legislatore nazionale. Il reperimento di soluzioni alle problematiche citate renderebbe significativamente più semplice la gestione dei rifiuti radioattivi, di qualsiasi origine, in Italia. Conclusioni Esiste una concreta esigenza di gestione dei rifiuti radioattivi, indipendentemente dalle recenti scelte nazionali relative all attività elettronucleare. In Lombardia, in particolare, esistono situazioni diffuse, di tipo ordinario e straordinario, che risentono o potranno risentire dell assenza di risorse per la messa in sicurezza a medio e lungo termine dei rifiuti radioattivi. Sono accessibili soluzioni tecnologiche sul modello di quanto già praticato in altri Paesi dell Unione Europea. Contemporaneamente, si osserva che il quadro che emerge dalla Direttiva 2011/70/Euratom rende necessaria, per il Paese, la definizione di azioni dettagliate per la gestione delle varie tipologie di rifiuti radioattivi. La Direttiva cade su di un terreno parzialmente dissodato dal D.Lgs. 31/10, che prevede la realizzazione di un Deposito Nazionale. L obsolescenza del quadro tecnico e normativo nazionale relativo alla gestione dei rifiuti radioattivi costituisce un limite considerevole all implementazione tanto delle azioni necessarie all applicazione della direttiva comunitaria quanto di soluzioni per la gestione delle criticità presenti. L orizzonte temporale per la definizione dei Piani e dei Programmi nazionali, come richiesti dalla Commissione Europea, è molto ravvicinato, e occorre che le conseguenti iniziative considerino adeguatamente tutti gli aspetti del problema, tra cui quelli qui richiamati. 9

Allegato: Caso di Studio Gestione dei rifiuti radioattivi VLL in ambito europeo: il deposito francese Morvilliers Lo smaltimento dei rifiuti radioattivi solidi a bassissimo contenuto di radioattività VLLW è praticato da decenni in diversi paesi, per assolvere alle necessità dell industria nucleare (decommissioning degli impianti afferenti al ciclo del combustibile) e non-nucleare, in particolare di quella metallurgica. Nell Unione Europea paesi quali Regno Unito, Francia e Spagna sono all avanguardia in questo settore e da anni dispongono di siti di smaltimento realizzati secondo moderni concetti di tutela ambientale e salvaguardia delle popolazioni; tra questi il deposito Clifton Marsh inglese, quello di El Cabril in Spagna e il sito di Morvilliers in Francia. Il deposito francese per rifiuti radioattivi VLLW di Morvilliers è ubicato in un area di 45 ettari nell omonimo comune, adiacente il deposito di L Aube (quest ultimo è destinato allo smaltimento dei rifiuti ad attività bassa o intermedia a vita breve, tipo quello che il governo ha attribuito a SOGIN). Il deposito di Morvilliers sfrutta le favorevoli condizioni geologiche presenti nell area: in particolare un livello argilloso superficiale con spessore variabile da 15 m a 25 m, in cui sono state ricavate le trincee che ospitano i rifiuti. Queste ultime, raggiunta la saturazione, vengono riempite con materiale inerte (generalmente sabbia) e coperte con un sistema di capping costituito da una membrana in HDPE e un livello di argilla, per assolvere alle funzioni di ridondanza e complementarietà nell isolamento del sistema; una delle prime necessità è infatti quella di impedire, o 10

quanto meno limitare, l ingresso delle acque meteoriche o più in generale di ruscellamento superficiale. Questo approccio risponde alle comuni e ormai consolidate esigenze di smaltimento previste per i rifiuti pericolosi convenzionali non radioattivi. L attività di smaltimento è iniziata nell ottobre del 2003, per una capacità totale di circa 650.000 m 3, con una previsione originaria del tasso di smaltimento pari a circa 25.000 m 3 all anno, poi aumentato nel 2009 a 35.000 m 3 all anno. Sono quindi previsti circa 30 anni di attività, al termine dei quali sarà attuato un periodo di controllo istituzionale di durata trentennale. L agenzia Andra, deputata alla gestione di lungo termine dei rifiuti radioattivi francesi, nel 2009 ne ha aggiornato l inventario, aumentando le stime dei quantitativi prodotti nella gestione del programma nucleare francese per i decenni a venire: nel 2030 si prevede il raggiungimento di 850.000 m 3 di rifiuti VLLW (pari a circa il 47% di tutti i rifiuti radioattivi d oltralpe), quindi ben al di sopra del volume ammissibile per il deposito di Morvilliers. Per questo motivo, oltre agli eventuali interventi per minimizzarne i volumi, quali il miglioramento del processo di compattazione, si sta fattivamente ipotizzando il riutilizzo di questi materiali, visto il ridotto quantitativo di radioattività, ad esempio mediante il riciclo dei rottami metallici dopo eventuale decontaminazione o l impiego dei residui cementizi delle demolizioni come materiali di riempimento delle stesse trincee e del deposito. La disponibilità in Italia di una struttura similare, di capacità più bassa (qualche centinaio di migliaia di m 3 ), che possa ospitare tutti i rifiuti che non provengono dalle installazioni nucleari, da un lato permetterebbe di dare soluzione alle problematiche di smaltimento dei NORM e TENORM e altri rifiuti a bassissimo livello di radioattività e, dall altro, di farlo a costi sensibilmente più contenuti rispetto a quelli che caratterizzano la gestione dei rifiuti di alta attività, evitando anche di dover sovradimensionare il deposito dei rifiuti nucleari di II categoria che dovrà essere realizzato da SOGIN. La disponibilità nazionale di un deposito di questo tipo eliminerebbe o quantomeno limiterebbe consistentemente l esigenza di reperire in Paesi esteri siti di smaltimento definitivo, con costi estremamente elevati. 11