IL COACHING: ALCUNE CONSIDERAZIONI. Coaching e Training. Il coach deve conoscere i suoi atleti. di Andrea Lazzari *



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Transcript:

IL COACHING: ALCUNE CONSIDERAZIONI. di Andrea Lazzari * Coaching e Training Nelle moderne discipline sportive di squadra, la figura dell allenatore assume in se diversi compiti, tutti ugualmente importanti al raggiungimento dei risultati agonistici e di crescita degli atleti. Negli Stati Uniti, dove una profonda passione per lo sport si intreccia con una maniacale abitudine a sviscerare e catalogare tutti gli aspetti della psicologia umana, sono talvolta presenti due allenatori per ciascuna squadra, complementari tra loro ma con compiti sostanzialmente differenti: Il Coach ed il Trainer. Il primo ha la responsabilità dell organizzazione della squadra e dell affiatamento della stessa, sceglie le tattiche da adottare e gli schemi da usare, concentrando il suo lavoro sul gruppo e sui rapporti tecnici e personali al suo interno. Il secondo invece lavora principalmente sullo sviluppo delle capacità individuali degli atleti, sia fisiche che tecniche, garantendo la crescita atletica e psicologica degli atleti che fanno parte del gruppo. Nel nostro paese le due attività vengono solitamente svolte, con l eccezione dei grandi team, da un'unica persona. Questo sistema presenta sia vantaggi che svantaggi, che non voglio analizzare in questa sede. Preferisco invece concentrare l attenzione sull attività di coaching, termine che in maniera molto limitativa viene inteso come gestione del gruppo ; A mio parere infatti l attività di coaching non si limita alla sola costituzione e gestione delle relazioni di squadra, ma comprende anche la ricerca della massima motivazione e volontà del singolo nel lavorare con gli altri per il raggiungimento degli obiettivi comuni. E risaputo difatti che in qualsiasi attività sportiva 1 conta la performance, ed è importante aumentarla; contano le motivazioni e l identificazione con il compito; conta la competitività regolamentata. Il rapporto di coaching è quindi, il rapporto che si instaura e dovrebbe instaurarsi tra chi con molta esperienza è in grado di guidare, di far emergere le capacità, di assistere l atleta più o meno giovane nell affrontare le sfide agonistiche e di gruppo. Di conseguenza la qualità del gruppo e il suo grado di amalgama dipenderà dall investimento che lo staff tecnico ha fatto nell attività di coaching. Il coach ha una visione globale del lavoro di squadra, degli obiettivi da raggiungere, delle posizioni di ciascun giocatore, riconosce le potenzialità e le caratteristiche di ciascuno attribuendo ruolo, posizioni, compiti e obiettivi funzionali alla squadra nel suo complesso e alla realizzazione individuale. Il coach deve conoscere i suoi atleti Spesso si sente l affermazione che la squadra si fa nello spogliatoio più che sul campo di allenamento: questo significa che l allenatore deve partire dal clima relazionale, inteso come senso di partecipazione ed integrazione, fiducia di ciascun giocatore in sé e negli altri. Il coach deve saper 1 Ci sono pareri contrastanti sulla definizione del concetto di Sport. Io sono d accordo con una delle definizioni più classiche, cioè che lo sport è un Attività motoria finalizzata al superamento di un avversario tramite competizioni regolamentate. Secondo questa definizione un attività per essere considerata sport deve avere necessariamente due componenti: L attività motoria e delle competizioni regolamentate contro uno o più avversari. 1

ascoltare, comprendere le aspirazioni e gli obiettivi individuali integrandoli con le aspirazioni e gli obiettivi della squadra. Il coach deve saper valutare le competenze e capacità manifeste e le potenzialità di ciascun giocatore: l osservazione, il dialogo, la sperimentazione, il monitoraggio delle prestazioni lo aiuteranno a guidare ciascun atleta verso il successo personale e di squadra. A volte l allenatore ha la sensazione di non essere "seguito" dai propri atleti, di non ricevere da loro le risposte attese; ma la responsabilità è sempre degli atleti? Analizziamo due dimensioni fondamentali del rapporto di allenatore-atleta (ma anche atleta-atleta): * L indipendenza o la dipendenza di pensiero * L attività o la passività della collaborazione Seguendo questo schema possiamo individuare quattro caratteristiche estreme che schematizzano l atteggiamento degli atleti in palestra. 1. Pensiero indipendente: atleti con idee proprie che esercitano spesso la loro capacita di critica, costruttiva o negativa 2. Pensiero dipendente: atleti che "non pensano", che devono essere guidati in tutto e eseguono alla lettera ciò che gli viene richiesto, senza adattamento alle situazioni. 3. Coinvolgimento attivo: atleti che assumono iniziativa, che si fanno carico delle cose, che si attivano e motivano autonomamente 4. Coinvolgimento passivo: atleti che hanno bisogno di essere pungolati, che richiedono supervisione continua. Gli atleti del quadro A hanno un pensiero acritico e una partecipazione che necessita di continua supervisione. Sono giocatori che hanno disinvestito totalmente. Possono trovarsi in questa posizione per la disabitudine alla collaborazione (derivata spesso dalle stagioni precedenti), per un clima fortemente valutativo e per una forte centralizzazione decisionale. Allenatori rigidi, che delegano poche scelte all atleta, ruoli di gruppo fortemente prescritti e scarsa attenzione ad un sistema premiante fondato sul raggiungimento di risultati, possono produrre atleti di questo tipo. 2

I giocatori di tipo B sono dei buoni "gregari", degli esecutori precisi, coinvolti attivamente in palestra a volte al limite del sacrificio, ma con scarsa o nulla capacità innovativa. La paura di fare delle scelte proprie, la paura della punizione, scarsa attenzione dell allenatore alle idee personali ed alle esperienze personali di ciascuno, possono indurre l atleta a "non pensare" con la propria testa. Gli atleti con caratteristiche di tipo C esercitano la propria indipendenza di pensiero contro quasi tutte le scelte organizzative: sono scontenti e brontolano, sono ostili e non collaborativi. A volte il giocatore può ritrovarsi in questa posizione dopo una delusione, o a seguito di un disconoscimento di una attività o iniziativa. Sono però degli atleti dotati normalmente di grandi capacità, e se si riesce a ottenere la loro fiducia e farli diventare collaboratori attivi, si possono trasformare in atleti di tipo D, quelli che ogni allenatore vorrebbe avere (ma è proprio così?): persone che esercitano un pensiero critico e autonomo, attivamente orientati agli obiettivi della squadra; prendono iniziative, si assumono responsabilità, si motivano autonomamente, sono creativi e innovativi. Sono in altre parole, validi allenatori di se stessi. Ovviamente non tutte le persone hanno le caratteristiche di questo giocatore "eccellente", però è vero che tutti possono, in misure e dimensioni diverse, avvicinarsi all eccellenza; l eccellenza va costruita ed alimentata. Un atleta eccellente non riconosciuto o mal guidato può diventare un giocatore ostile e viceversa. Ovviamente ci sono attitudini, tendenze e capacità legate alla personalità del giocatore, ma molto, moltissimo può fare l attività di coaching svolta dall allenatore. Ricercare l eccellenza durante l allenamento. Abbiamo sicuramente capito che il tipo D rappresenta il giocatore ideale; ma una squadra composta da atleti di questo tipo, oltre ad essere un utopia, non rappresenta probabilmente il miglior assetto di gruppo possibile. Nella nostra attività da Coach dobbiamo sicuramente tentare di aumentare la predisposizione al pensiero indipendente e alla attività nella collaborazione, spingendo i nostri atleti verso il modello D, ma non sempre è possibile modificare delle caratteristiche caratteriali che hanno le loro radici nell ambiente sociale e familiare in cui è cresciuto e tuttora vive l individuo-atleta. Perciò tra i compiti del Coach vi è anche l affiancare in palestra atleti con caratteristiche diverse in modo da creare dei transfer positivi tra di essi, facendo attenzione a creare gruppi di lavoro compatibili per garantire la massima resa possibile degli esercizi. Per fare alcuni esempi, in esercizi a coppie ho ottenuto buoni risultati facendo lavorare insieme gli atleti di tipo D con quelli con caratteristiche A (l atleta D si comporta da allenatore e stimola il compagno tenendolo sotto pressione ); ma buoni risultati si ottengono anche accoppiando C e B (B spinge C a eseguire con diligenza l esercizio e non offre spunti polemici). Ho riscontrato invece problemi nel far lavorare insieme atleti C con atleti D oppure A con B. Ovviamente il Coach, nella ricerca dei migliori gruppi di lavoro possibili, deve tenere conto parallelamente delle caratteristiche tecniche degli atleti, non solo di quelle attitudinali finora descritte. Nel lavoro in gruppi di tre o più persone valgono più o meno le stesse considerazioni; cerchiamo però di evitare di isolare un singolo atleta con caratteristiche di collaboratore attivo (B o D) in un gruppo composto di collaboratori passivi (A o C), perché potrebbe non riuscire a trascinare gli altri e di conseguenza subire l esercizio appiattendosi sul rendimento medio dei compagni. Oltre che attraverso la creazione di gruppi di lavoro ottimali, la ricerca dell eccellenza nel lavoro in palestra (intesa come raggiungimento del miglior risultato possibile con le risorse umane, logistiche 3

e temporali a disposizione), passa soprattutto per la motivazione dell atleta e per il grado di soddisfazione che ottiene nell eseguire un esercizio. Il Coach può agire durante l allenamento sulla motivazione dell atleta, tramite la trasmissione di segnali di diverso tipo che influenzano l atleta in maniera differente secondo la sua predisposizione al pensiero indipendente e alla collaborazione attiva. I segnali principalmente utilizzati sono: * Istruzioni tecnico/tattiche * Richiamo individuale dell'attenzione * Rimproveri o complimenti individuali a seguito di un azione. * Richiesta individuale di compiti extra o semplificati. Descrivere una casistica precisa sull uso di questi sistemi è troppo complesso e forse impossibile a causa delle troppe variabili in gioco. Sta quindi alla abilità del Coach valutare il momento, la persona e la situazione per decidere come intervenire. E da notare però che l uso di questi stimoli durante l allenamento e la gara, anche un semplice bravo (complimento individuale) al momento giusto, può cambiare notevolmente l atteggiamento di un giocatore verso l esercizio che sta svolgendo, molto più di qualsiasi istruzione tecnica, che in certi momenti può essere sopportata male dall atleta e avere effetti negativi sulla sua motivazione. L ottimizzazione dei rapporti tra giocatori Uno dei compiti più difficili del coach - ma anche uno dei più importanti - è individuare tempestivamente tutti gli elementi relazionali che, all interno del gruppo, devono essere stabilizzati, modificati o semplicemente tenuti sotto costante osservazione. Ogni volta che si modifica l assetto del gruppo, con l inserimento di nuovi atleti e la partenza di altri, il coach deve tenere sotto controllo il processo di formazione dei rapporti interpersonali tra gli atleti, creandosi al più presto un quadro completo delle relazioni che si instaurano all interno del gruppo. Durante lo svolgersi della stagione agonistica, dovrà poi tenere sotto controllo l evolversi dei rapporti tra gli atleti, perché questi probabilmente si modificheranno, anche notevolmente, in funzione delle prestazioni e dei comportamenti in palestra nonché, talvolta, a causa dell instaurarsi di relazioni extrasportive tra alcuni atleti. Queste informazioni sui rapporti interpersonali che si stabiliscono all interno del gruppo consentono al coach di valutare, già dai primi allenamenti, dove è possibile agire per ridurre gli effetti di eventuali attriti caratteriali, ponendo così gli atleti in condizione di esprimere al meglio, durante la competizione, il patrimonio tecnico sviluppato in allenamento; di trasformare cioè la capacità tecnica in prestazione. Ma come agire? E essenziale che il coach intervenga in particolare sui parametri che possono costituire la base della collaborazione tra gli atleti, finalizzata ovviamente alla prestazione del gruppo. Questi parametri sono gli stessi che influenzano il rapporto di collaborazione coach-atleta, e cioè: massima fiducia reciproca; rispetto e tolleranza verso l altro; sviluppo delle capacità empatiche; comprensione (che non significa essere d'accordo su tutto). 4

Il sistema più semplice, e probabilmente anche il migliore, che possiamo utilizzare per sviluppare al massimo i primi due aspetti dell elenco precedente tra le persone che lavorano con noi in palestra è di esternare per primi - con le parole e con i fatti - grande fiducia, comprensione e rispetto verso ciascun componente del gruppo. Infatti uno degli errori principali che un coach può commettere è quello di rivelare ad qualche elemento della squadra, a voce o mediante semplici atteggiamenti, le proprie (eventuali) perplessità tecniche o personali su altri componenti del gruppo. E invece importante che, se una conversazione con uno o più atleti riguarda dei compagni assenti, il coach metta in risalto gli aspetti positivi, umani e sportivi, di questi ultimi; senza però minimizzare troppo i lati negativi (cosa che porterebbe a far credere ai partecipanti alla discussione che non siete in grado di valutare correttamente la situazione) ma semplicemente mettendone in evidenza le qualità e ribadendo la fiducia nelle loro capacità, anche se solo potenziali. Possiamo così agire sulla fiducia reciproca tra gli atleti, contemporaneamente migliorando il rispetto reciproco all interno della squadra. Un altro aspetto del lavoro del coach, meno evidente ma altrettanto importante, è lo sviluppo della comprensione reciproca e della capacità empatica 2 degli atleti, intesa come capacità di immedesimarsi nel compagno fin quasi a sentire le sue emozioni, i suoi desideri, le sue idee. Quando, genericamente, si dice che in una certa squadra si è formato un buon gruppo, probabilmente vuol dire che in quella squadra gli atleti hanno sviluppato un livello di comprensione ed empatia reciproca tale da sopperire ad eventuali problemi dei compagni con maggiore facilità di altri gruppi. Ma come si possono migliorare questi ultimi due aspetti relazionali? Non è facile indicare un metodo univoco, ma bisogna notare che queste capacità vengono sviluppate in particolare nei primi anni in cui un atleta si avvicina allo sport, perciò è molto importante lavorarci nei settori giovanili, non tollerando atteggiamenti egocentrici da parte degli atleti e cercando di far provare a ciascun atleta ruoli e compiti diversi da quelli abituali, possibilmente facendogli provare le difficoltà che incontrano i compagni nel svolgere i propri ruoli. Il rapporto Coach-atleti Durante l attività in palestra è importante andare oltre la sostanza dell'informazione fornita ai propri atleti in un determinato contesto. Bisogna sempre considerare con molta attenzione la scelta del momento più favorevole per trasmettere le informazioni ed è necessario valutare accuratamente la loro presentazione, che deve essere dosata con cura. La scelta del coach di parlare durante un esercizio o un azione di gara invece che durante una pausa dell allenamento o della competizione deve essere attentamente ponderata, poiché gli effetti sul recepimento dell informazione da parte degli atleti possono essere molto differenti, in funzione della situazione e delle attitudini degli atleti stessi. Trasmettere un informazione all atleta durante l azione permette di intervenire tempestivamente sull esecuzione del compito tecnico o tattico, ma soprattutto aiuta a mantenere alto il livello di concentrazione delle persone a cui ci si è rivolti. Bisogna però tener presente che non tutti gli atleti sono capaci di acquisire le informazioni ricevute durante lo svolgimento di un attività motoria complessa; perciò ritengo che durante attività complesse, che richiedono molta concentrazione da parte degli atleti (ed in particolare durante esercizi globali o gare) sia preferibile utilizzare le pause 2 Il concetto di empatia (dal greco "empátheia" passione), nato in ambito psicologico e sviluppato in particolare dal tedesco Theodor Lipps, tende a dare una spiegazione della reazione psicologica ai fatti estetici. Nello sport si evidenzia in particolare nello spettatore che si immedesima nelle gesta del suo campione preferito, arrivando a provare quasi le sue stesse emozioni. 5

per trasmettere le informazioni agli atleti. Diverso il caso in cui è stata proposta un attività motorialmente semplice o comunque ben conosciuta dall atleta (potrebbe trattarsi di un esercizio che gli atleti hanno già svolto molte volte in precedenza o un esercitazione sintetica che coinvolga schemi motori ben acquisiti): in questo caso infatti si può, a mio parere, sfruttare a pieno la possibilità di parlare agli atleti durante l esecuzione dell attività - con informazioni comunque brevi e coincise - lasciando le spiegazioni più dettagliate alle pause successive. Guardando l attività in palestra da questo punto di vista, Il coaching diventa quindi, in misura sempre più decisiva, una forma metodica di comunicazione tra gli atleti (oppure la squadra) ed il coach. L'obiettivo di tale comunicazione è il raggiungimento degli obiettivi individuali e di squadra che atleti ed allenatore si sono posti all inizio dell attività. Alla luce di quanto affermato, si dovrà fare in modo che allenamento e coaching si svolgano mediante un dialogo amichevole che al contempo diviene una sfida pedagogica. Per l ottenimento del miglior risultato tecnico, il coach deve essere interessato alla crescita personale dell'individuo e orientarsi verso il concetto primario di "maturità", accompagnando l'atleta nella sua ricerca dei propri limiti della capacità prestativa, per i quali egli è in grado di rispondere nelle situazioni estreme. In questo senso diviene pertanto un contributo d'affiancamento per un processo di crescita che va al di là dello sport. Una maggiore autonomia, una migliore autoefficacia e la relativa sensazione di competenza sono le colonne portanti del divenire maturi. L'obiettivo di un qualsiasi processo educativo è l'autonomia. Perciò uno dei punti di arrivo del processo di allenamento è la creazione di atleti e di un gruppo in grado di autoallenarsi. L'autocoaching rappresenta quindi una prospettiva molto interessante che può portare ad incrementare notevolmente il rendimento delle ore trascorse ad allenarsi. A mio parere è importante formare nell atleta una consapevolezza orientata verso i compiti e non focalizzata sugli errori. Ciò può essere creato preferendo un sistema di organizzazione del lavoro in palestra premiante rispetto ad un sistema punitivo. I metodi punitivi portano l atleta a mettere in secondo piano l esecuzione complessiva delle attività e dei gesti tecnici rispetto alla loro finalità ultima, limitando perciò la capacità dell atleta di verificare e gestire autonomamente il proprio allenamento nella sua complessità, portandolo a confondere il raggiungimento del risultato con la corretta esecuzione dell esercizio. Condurre la gara Il coaching durante la competizione è da concepire quale misura di assistenza orientata verso il fare oppure il tralasciare - anche in condizioni di gara sfavorevoli - ciò che più contribuisce alla migliore resa individuale della prestazione. Rispetto all allenamento, questo porta a comportamenti differenti del coach nei confronti degli atleti che sta guidando in gara: A mio parere è importante infatti tenere alto il livello di concentrazione negli atleti evoluti (quelli che possiedono schemi motori diversi e ben collaudati, capaci cioè di adattarsi al meglio alle diverse situazioni imposte dalle caratteristiche dell avversario), affidandoli dei compiti anche complessi che stimolino a sfruttare al massimo le loro elevate capacità tecniche e tattiche. Viceversa, con gli atleti meno esperti o tecnicamente meno dotati, è preferibile ricondurre la gara all esecuzione di pochi compiti elementari e ben definiti, compiti però a cui è necessario istruire ed allenare scrupolosamente l atleta, in particolare nelle sedute di allenamento immediatamente precedenti alla gara. Oltre ad una differenziazione dei compiti in funzione delle capacità degli atleti a cui si rivolge, il coach deve ovviamente adattare il suo modo di assistere gli atleti in campo alle situazioni agonistiche che si verificano nel corso del confronto. Questo adattamento consiste in un lavoro continuo del coach finalizzato a portare e mantenere i suoi atleti ad un livello di concentrazione e di stress emotivo il più costante possibile durante tutta la durata della gara. 6

Durante la fase di riscaldamento precedente la gara il coach deve portare con gradualità i suoi atleti ad un livello di attenzione e di stress tale da consentire la massima resa delle abilità tecniche e tattiche di ciascun atleta. E da notare che se spesso durante i minuti che preludono la gara è necessario incrementare questi livelli (incontri contro avversari deboli o gare di importanza secondaria), talvolta sarà invece necessario diminuirli (avversari molto forti, finali o altre gare importanti). A questo scopo il coach può intervenire sugli atleti e sul gruppo complessivo con richiami verbali, ma anche variando l intensità degli esercizi proposti durante il riscaldamento e nelle fasi preparatorie alla competizione. Una volta iniziata la gara il coach, oltre a assistere i suoi giocatori ed il collettivo nell esecuzione dei compiti tecnici e tattici assegnati in precedenza, cercherà di mantenere ottimale l equilibrio nervoso tra tensione e tranquillità, elevando una o l altra componente a seconda delle fasi della gara che si stanno attraversando. Per spiegare questo concetto prendiamo ad esempio una partita di pallavolo. Normalmente, nelle fasi iniziali di ciascuna fase di gioco (set) o anche quando si sta vincendo con un grande margine di punteggio, la tensione tende ad essere troppo bassa. In questi casi il coach è tenuto ad intervenire cercando di aumentare la tensione nei propri atleti, anche utilizzando, se il calo di tensione diviene preoccupante, un interruzione regolamentare del gioco. Viceversa capita spesso che, durante una fase molto combattuta della gara o quando si avvicina la fase finale dei set, l eccessiva tensione possa portare ad un peggioramento nell esecuzione dei compiti assegnati, individuali o collettivi. In questo caso il coach cercherà di tranquillizzare gli atleti maggiormente interessati dalla situazione di stress, intervenendo anche in questo caso con tutti i mezzi consentiti dal regolamento, dal richiamo verbale all interruzione di gioco. Riassumendo quanto detto in precedenza, si deve mettere in evidenza una differenza importante tra la conduzione dell allenamento e della gara: infatti, in linea di principio, l'allenamento mira essenzialmente allo sviluppo prestativo, mentre un buon coaching in gara dovrebbe permettere l'ottima estrinsecazione della prestazione sviluppata in allenamento, e questo si può ottenere tramite il raggiungimento ed il mantenimento nell atleta in gara di un equilibrio emotivo costante che massimizzi il rendimento delle abilità dell atleta stesso. Nota dell autore. Nella preparazione di questo articolo, mi sono documentato su diversi lavori pubblicati su internet - troppo numerosi per elencarli tutti - di autori più o meno noti ma che ringrazio per aver reso disponibili i loro scritti sulla rete, consentendomi di approfondire l argomento con relativa facilità; tra questi voglio ricordare lo scritto di Arturo Hotz, intitolato L'alta scuola del coaching in allenamento ed in competizione. Oltre che dalle pubblicazioni sul coaching sportivo, ho preso in prestito alcuni concetti propri della formazione degli adulti e del Business Coaching, applicati solitamente alla gestione dei dipendenti e dei gruppi di lavoro all interno delle aziende. In questo campo si stanno sviluppando delle teorie molto innovative che possono, a mio parere, essere trasportate con successo nel mondo dello sport. * Andrea Lazzari è allenatore FIPAV di 3 grado. Per contattarlo scrivete all'indirizzo isolavolley@tiscali.it 7