ESITI SCOLASTICI E COMPORTAMENTALI, FAMIGLIA E SERVIZI PER L INFANZIA. Fondazione Giovanni Agnelli



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ESITI SCOLASTICI E COMPORTAMENTALI, FAMIGLIA E SERVIZI PER L INFANZIA di Daniela Del Boca e Silvia Pasqua (Università di Torino, CHILD e Collegio Carlo Alberto) Sintesi della ricerca Dicembre 2010 1

Con la crescita dell occupazione femminile, quale ruolo per l asilo e per i servizi per l infanzia? Esiste a livello internazionale evidenza che al di là dell utile funzione di custodia per i genitori che lavorano - il ruolo del childcare può essere positivo e auspicabile anche per lo sviluppo cognitivo e comportamentale del bambino? Qual è oggi la situazione italiana, dal punto di vista sia dell offerta di servizi sia della domanda da parte delle famiglie? E quali le indicazioni di policies per il nostro Paese? A questi interrogativi, raramente al centro del dibattito pubblico italiano, prova a dare alcune risposte la ricerca Esiti scolastici e comportamentali, famiglia e servizi per l infanzia, promosso dalla Fondazione Giovanni Agnelli e realizzato da Daniela Del Boca e Silvia Pasqua (Università di Torino, CHILD e Collegio Carlo Alberto). Molti studi hanno dimostrato che il tempo dedicato ai bambini nei primi anni di vita è cruciale per il loro sviluppo cognitivo e comportamentale futuro. La crescita del lavoro femminile delle donne con bambini piccoli ha, però, fatto diminuire il tempo trascorso dai genitori con i figli e ciò può avere un effetto potenzialmente negativo sul benessere dei bambini e sul loro sviluppo. Tuttavia, vanno valutati due elementi: da un lato, le famiglie dove le donne lavorano hanno in media maggiori risorse economiche per l investimento nel capitale umano dei loro figli; dall altro, è ragionevole assumere che lo sviluppo cognitivo e comportamentale e il benessere dei bambini dipendano anche dalla qualità delle soluzioni che i genitori scelgono come cura dei bambini, per compensare la propria assenza durante l orario di lavoro (nonni, baby sitter, nidi). Questa ipotesi trova sostegno negli argomenti del premio Nobel 2000 per l Economia James Heckman, che ha dimostrato che se si investe nei primi anni di vita del bambino l effetto sul suo sviluppo cognitivo e comportamentale è molto più forte e duraturo di investimenti che avvengano più tardi nella vita. In Italia il dibattito sul ruolo non solo di custodia del childcare è stato finora trascurato, per diverse ragioni: forse a causa della ancor bassa percentuale di mamme che lavorano e dell altrettanto bassa natalità (e, perciò, del minore numero di bambini su cui ogni famiglia deve investire), ma anche per l oggettiva carenza di servizi per l infanzia, anche in quelle aree dove l occupazione femminile è cresciuta ed è oggi a livelli consistenti. I recenti dati Ocse mostrano, peraltro, che l Italia spende molto meno di altri paesi per i bambini in età pre-scolare, relativamente alla spesa per i bambini più grandi (che è invece circa la stessa della media Ocse). 2

Le limitate risorse investite in Italia spiegano in parte perché la disponibilità di asili nidi sia ancora ben al di sotto della media europea. Un ruolo importante hanno, però, anche radicate convinzioni di natura culturale, in particolare quella secondo cui i bambini stanno meglio con la mamma, o comunque nei primi anni di vita un accudimento in ambiente familiare sia preferibile per il loro sviluppo. Non è, tuttavia, necessario negare tali convinzioni per sostenere le ragioni a favore di un forte incremento quantitativo e qualitativo di un servizio di childcare nel nostro Paese. Ragioni che, però, richiedono il conforto dei dati empirici. Ciò fino a oggi è stato difficile, perché nessuna ricerca in Italia era in grado di esplorare la relazione tra esiti scolastici e comportamentali dei bambini, investimenti dei genitori in termini di tempo e scelte scolastiche. Nessuna fonte statistica, infatti, riportava fino ad oggi informazioni su tutte le tre variabili. Solo nel corso del 2010 sono state rese disponibili alcune fonti statistiche che permettono di esplorare questa relazione: grazie a ISFOL (2008), l INVALSI (2009-2010) e una banca dati del Dipartimento di Psicologia dell Università di Torino si può iniziare a mettere in relazione gli esiti cognitivi o comportamentali dei bambini con una serie di informazioni socioeconomiche relative alle famiglie, nonché con informazioni sul lavoro materno e l utilizzo del e scuola d infanzia nei primi anni di vita. Lo studio ha utilizzato questi nuovi dati, che pure hanno ancora molti limiti, giungendo ad alcune conclusioni di rilievo: 1) Il lavoro della madre, riducendo il tempo dedicato ai figli, ha effetti negativi sui risultati scolastici e comportamentali dei bambini. 2) Questi effetti negativi sono compensati dalla frequenza di servizi per l infanzia. E, prevedibilmente, la compensazione è maggiore se il servizio è di qualità e non si limita alla semplice custodia del bimbo. 3) Infatti, la qualità del servizio di childcare riveste un ruolo centrale nel determinare effetti benefici sullo sviluppo cognitivo e comportamentale complessivo dei bambini, anche se gli indicatori di qualità per il momento a disposizione sono ancora limitati. Ad esempio, l aver frequentato il aumenta in modo considerevole la probabilità di ottenere buoni punteggi nella scuola primaria, ma anche successivamente alla scuola media e alla scuola superiore. 4) Gli effetti positivi del childcare sono maggiori per i bambini che provengono da famiglie più svantaggiate e con più bassi livelli d istruzione. 3

Alla luce dello stato attuale dei servizi per l infanzia in Italia (si veda l Appendice per un quadro di massima), i nostri risultati di ricerca permettono di trarre alcune ovvie indicazioni di policies per il futuro. Occorrono: (i) investimenti consistenti per aumentare la disponibilità di asili e renderne più omogenea l offerta sul territorio nazionale. Le liste d attesa sono ancora troppo lunghe, i divari territoriali troppo ampi e l auspicato aumento dell occupazione femminile farà crescere ulteriormente la domanda per il servizio. Per dare una stima esemplificativa: per avere in Campania una percentuale di bambini che va al analoga a quella del Piemonte, occorrerebbe investire annualmente tra i 70 e i 127 milioni di euro (includendo solo i costi di gestione). In Calabria il dato si aggira tra i 21 e i 38 milioni di euro. (ii) investimenti sulla qualità del servizio pubblico e un costante monitoraggio del servizio privato, affinché raggiunga e mantenga standard qualitativi elevati. Dagli investimenti in quantità e qualità dei servizi per l infanzia potrebbe trarre particolare beneficio lo sviluppo cognitivo e comportamentale dei bambini provenienti da contesti sociali e culturali svantaggiati. In questo senso, il childcare serve a compensare le diseguaglianze e per aiutare le istituzioni ad intervenire laddove non è possibile un intervento diretto all interno della famiglia. Su un piano culturale, è necessario inoltre impegnarsi affinché il ruolo educativo e di socializzazione precoce svolto dai servizi per l infanzia anche in Italia (dove peraltro la quota di figli unici è elevatissima) sia pienamente riconosciuto e accettato. Non solo, dunque, come luogo di custodia e cura fisica dei bambini mentre la madre lavora, ma anche come parte di un percorso educativo che, in quanto tale, contribuisce al processo di sviluppo cognitivo e comportamentale dei bambini. Quest ultimo come detto può essere descritto come un processo essenzialmente cumulativo e la ricerca internazionale conferma i benefici che investimenti precoci e di qualità possono apportarvi. Il childcare non è naturalmente la panacea di ogni problema di benessere e sviluppo dei figli di genitori che lavorano. Gli studi internazionali confermano l importanza del tempo (e della sua qualità) che ambedue i genitori trascorrono con i loro figli nei primi anni di vita. Per questo il potenziamento dei servizi per l infanzia è solo il tassello di un mosaico più ampio, dove devono trovare posto anche un utilizzo dei congedi parentali più flessibili e meglio distribuiti fra i genitori nonché un intonazione delle politiche fiscali più amichevole verso le famiglie con figli. 4

APPENDICE 5

FIGURA 1 QUANTI BAMBINI VANNO AL NIDO E ALLA SCUOLA MATERNA Percentuale di utilizzo di childcare formale e informale (2007) Bambini 0-2 Bambini 3-5 formale informale formale informale Italia 24 20 90 3 Spagna 39 16 91 2 Francia 42 8 95 2 Grecia 13 38 63 13 Belgio 45 13 99 0 Svezia 48 0.5 92 0.2 Danimarca 72 1.2 85 0 Fonte EU-SILC (European Survey Income and Living Conditions) - dati 2007 Confrontando la proporzione di famiglie che usano servizi di childcare formale (pubblici e privati, full time e part time) in Italia, si osserva una forte differenza tra le classi di età 0-2 e 3-5. I bambini 3-5 che frequentano childcare formale sono circa il 90% e questa proporzione è più alta che in altri paesi Europei. I bambini 0-2 che frequentano il childcare sono solo il 23%, una proporzione più bassa che in altri paesi, e vi è un uso più alto childcare informale (nonni, baby sitters, amici) analogamente a quanto avviene in Grecia. 6

FIGURA 2 I NIDI IN ITALIA: LE DIFFERENZE TERRITORIALI Tassi di copertura dei nidi per regione 2009 Fonte: ISTAT (2010), L offerta comunale di asili e altri servizi socio-educativi per la prima infanzia. La disponibilità di childcare per i bambini 0-2 nelle varie regioni italiane risente di una forte disomogeneità territoriale: i servizi sono molto concentrati geograficamente in alcune regioni e quasi assenti in altre. La disponibilità di posti pubblici è alta in Emilia Romagna, Toscana e Umbria con una percentuale di bambini che usufruisce dei servizi superiore al 25%, mentre nelle regioni del Sud varia tra iol 6% e il 13%. Gli orari dei nidi pubblici sono più limitati che in altri paesi europei, soprattutto nelle aree del Mezzogiorno, e poco coerenti con l orario di lavoro prevalente in Italia, ovvero un orario fulltime particolarmente lungo rispetto al resto d Europa. Ciascun comune può decidere gli orari degli asili, ma in media il numero di ore massimo in cui si può lasciare un bambino all asilo è di 8 ore e il numero minimo si aggira intorno alle 5 ore (a Trento anche solo per 3 ore e mezza). Nel Sud Italia, in particolare, gli orari sono particolarmente ridotti, tanto che a Napoli i nidi comunali in media consentono al massimo di lasciare i bambini per 6 ore e mezza. 7

FIGURA 3 QUANTO COSTA IL NIDO ALLE FAMIGLIE E AGLI ENTI LOCALI Spesa media mensile per regione, anni scolastici 2007/2008 e 2008/2009. Note: i valori riportati si riferiscono agli asili comunali. Per Basilicata e Puglia si fa riferimento soltanto al servizio di asilo a tempo corto; per Calabria, Molise, Sardegna e Sicilia la retta mensile riportata comprende sia il tempo corto che il tempo lungo. Fonte: Cittadinanzattiva, Osservatorio Prezzi e Tariffe, 2010. La spesa media mensile per una famiglia che ha un bambino all asilo comunale è di 300 euro. Questa spesa varia da regione a regione: 221 euro nelle regioni del Sud e 364 al Nord, con un lieve aumento rispetto all anno precedente Per quanto riguarda la copertura dei costi, in media in Italia i costi sono coperti per circa il 60% dall ente locale erogante e per il restante 40% dalle rette degli utenti. La situazione varia però a seconda della regioni. Mediamente la spesa mensile sostenuta dai comuni italiani (in cui è presente il servizio) per ciascun bambino frequentante (considerando 10 mesi di frequenza all anno) è di circa 600 euro, con un massimo di 892 euro in Valle d Aosta ed un minimo di circa 285 euro in Basilicata. 8

FIGURA 4 NIDI PUBBLICI E NIDI PRIVATI Servizi educativi secondo la titolarità pubblica o privata, per regione, 2008 Note: dati non disponibili per Sicilia e Sardegna; i dati per la Provincia Autonoma di Trento, Campania e Puglia comprendono soltanto gli asili pubblici. Fonte: Istituto degli Innocenti (2010), Monitoraggio del piano di sviluppo dei servizi socio-educativi per prima infanzia_rapporto al 31 Dicembre 2008. Il numero di nidi del settore privato è passato dal 7% del totale nel 1997, al 20% nel 2000, al 39% nel 2005 e al 42% nel 2008. Anche la distribuzione tra pubblico e privato sia molto diversa tra regione e regione, per esempio in Emilia e Toscana prevale il servizio pubblico rispetto alla Lombardia dove prevale il privato. La recente crescita dei nidi privati risponde sia alla mancanza di servizi pubblici specialmente nelle regioni del Sud, ma anche alla crescente domanda di flessibilità di orario e di calendario dovuta anche ai cambiamenti delle strutture familiari (più famiglie separate e più famiglie senza nonni vicini). 9

FIGURA 5 FREQUENZA AL NIDO ED ESITI SCOLASTICI Nord Centro Sud Madre che lavora Madre non lavora II Primaria 2009-10 V Primaria 2009-10 Italiano Matematica Italiano Matematica Ha frequentato il * 67.53 62.67 71.26 65.92 * 65.88 62.30 70.50 65.15 Ha frequentato il 67.03 61.02 71.17 65.02 65.06 59.74 70.53 63.91 Ha frequentato il 68.19 62.66 71.41 65.69 66.51 61.64 70.69 64.26 Ha frequentato il 68.00 64.03 71.31 65.63 66.74 64.06 70.39 65.10 Ha frequentato il 69.62 63.73 72.98 67.31 68.51 63.16 72.67 66.61 Ha frequentato il 61.96 60.15 67.06 62.60 63.39 61.61 66.47 63.88 Immigrati ** 52.24 53.89 59.79 57.23 Ha frequentato il 54.04 54.85 61.04 57.91 Fonte: elaborazioni su dati Invalsi * la differenza fra la media dei voti dei bambini che hanno frequentato il e quella dei voti dei bambini che non lo hanno frequentato è statisticamente significativa, sia per italiano che per matematica ** Studente con cittadinanza non italiana I dati INVALSI 2009-2010 coprono l'universo delle scuole, includono anche i bambini della II elementare e su nostro suggerimento nei questionari è stata introdotta la domanda se i bambini hanno frequentato un asilo. I dati della II e della V elementare mostrano che i bambini che hanno frequentato il hanno punteggi più alti sia in italiano sia in matematica. I bambini con cittadinanza straniera hanno punteggi molto inferiori: 13 punti in meno che, però, migliorano se hanno frequentato un. 10