"CHI DECIDE QUANTO VALE UN DANNO BIOLOGICO?" - Antonello NEGRO



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"CHI DECIDE QUANTO VALE UN DANNO BIOLOGICO?" - Antonello NEGRO 1. La fattispecie. In seguito ad un sinistro stradale un uomo subiva un danno biologico permanente di grado ridotto (accertato, in giudizio, nella misura del 3,5% di IP). La vittima dell'incidente lamentava anche conseguenze dinamiche della lesione nella vita di tutti i giorni (in particolare per un parziale impedimento dell'attività sportiva). Il Tribunale di Tivoli, quale giudice di appello, ha modificato la pronuncia del Giudice di Pace sia in punto responsabilità che in punto quantificazione del danno. Nel calcolare l'entità del danno non patrimoniale spettante al leso secondo i criteri di liquidazione indicati nell'art. 139 del codice delle assicurazioni, il Tribunale ha ritenuto non sufficiente il quantum del risarcimento ed ha indicato come più equi e corretti i valori stabiliti nelle tabelle milanesi del 2011. Per tale motivo l'estensore della sentenza ha reputato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del citato articolo 139 del codice delle assicurazioni con riferimento a diversi articoli della Costituzione (artt. 2, 3, 24, 32 e 76) ed anche con riferimento alla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell Uomo (artt. 1, 3 e 8). 2. Le motivazioni. L'ordinanza del Tribunale di Tivoli è incentrata sui criteri di liquidazione del danno biologico e dei connessi ulteriori danni non patrimoniali originati da un sinistro stradale. Il legislatore, con il codice delle assicurazioni (artt. 138 e 139 del d.lg.. 7.9.2005, n. 209), ha previsto un metodo obbligatorio di quantificazione e monetizzazione del danno biologico. L'ambito di applicazione di tali norme è limitato ai sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti ed è operativo solo per le invalidità permanenti comprese tra l'1% ed il 9% (ovvero per le lesioni definite "di lieve entità"). Il criterio indicato dal citato art. 139 prevede l'utilizzo di un punto progressivamente crescente - in misura più che proporzionale - legato all'età del leso. L'importo aggiornato al giugno 2012, per il primo punto di invalidità, è pari ad Euro 783,33, mentre il danno da inabilità temporanea totale o assoluta è pari ad Euro 45,70 per giorno. Detti importi vengono aggiornati ogni anno mediante un decreto ministeriale che tiene conto della variazione dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati accertata dall'istat. L'art. 138 del codice delle assicurazioni riguarda, invece, le invalidità permanenti superiori al 9% (definite "di non lieve entità") e stabilisce la futura predisposizione (ad oggi non attuata) di una tabella unica da approvare secondo i criteri indicati nell art. 139. Occorre precisare che il Consiglio dei Ministri ha approvato (con provvedimento del 3.8.2011), un regolamento recante la tabella delle menomazioni alla integrità psicofisica comprese tra dieci e cento punti di invalidità, ma dette tabelle non sono divenute legge dello Stato e, anzi, hanno registrato forti critiche tra cui una mozione parlamentare - la n. 100743 del 2011 - ed un parere negativo del Consiglio di Stato. Il codice delle assicurazioni prevede un possibile aumento rispetto alla somma risultante dalle citate tabelle di cui agli artt. 138 e 139: per le lesioni di lieve entità tale aumento è stato contenuto nella misura massima del 20% (con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato), mentre per ciò che concerne le lesioni non lievi l importo può essere aumentato fino ad un massimo del 30% (nel solo caso in cui la lesione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali). Al di fuori dell'ambito di applicazione del codice delle assicurazioni vengono applicate oggi, pressoché in tutte le sedi giudiziarie, le tabelle milanesi del 2011, tabelle indicate dalla Corte di Cassazione come quelle da utilizzare su tutto il territorio nazionale (Cass. 7.6.2011, n. 12408).

Le tabelle milanesi prevedono la liquidazione congiunta del danno biologico statico, del danno biologico dinamico (personalizzato per le particolari condizioni soggettive) e del danno morale; il primo punto di invalidità permanente - comprendente tutte le citate voci di danno - è oggi pari ad Euro 1.375,00, mentre il danno non patrimoniale (biologico e morale) da invalidità temporanea è compreso tra un minimo di Euro 91,00 ed un massimo di Euro 136,00 per ogni giorno. Come è facile notare, si tratta di somme più elevate rispetto a quelle ottenute seguendo i criteri dettati dal codice delle assicurazioni, e la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Tivoli nella sentenza in commento verte proprio su detta disparità. 3. Le questioni di legittimità costituzionale. Nel caso deciso dal Tribunale di Tivoli - ovvero una lesione di lieve entità conseguente ad un sinistro derivante dalla circolazione dei veicoli - era (ed è) obbligatoria l'applicazione delle tabelle di legge di cui all'art. 139 del codice delle assicurazioni. A giudizio del Tribunale, come accennato, la somma ottenuta tenendo conto delle compromissioni dinamiche del danno biologico della vittima non è satisfattiva del pregiudizio sofferto in quanto insufficiente e contraria all equità (secondo i calcoli del giudice la somma da versare è pari a 5.400,00 Euro contro i 12.800,00 Euro raggiunti applicando le tabelle milanesi con adeguamento equitativo). Per tale ragione il Tribunale ha osservato che l'aumento personalizzato nel limite massimo del 20% non consente di individuare un interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 139 del d.lg. 7.9.2005, n. 209. Il giudice, in particolare, ha ravvisato una violazione dell'art. 32 della Costituzione in quanto - ed è questo, in sostanza, il cuore della motivazione - vi è una disparità di trattamento tra il risarcimento di un danno alla persona cagionato da un sinistro derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti rispetto al risarcimento concesso, sulla base delle tabelle milanesi, per ogni altro tipo di illecito. Ulteriori profili di illegittimità costituzionale sono stati individuati sia nella (asserita) impossibilità di risarcire il danno morale, sia nel fatto che la lesione biologica derivante da sinistro stradale si riverbera anche sull'attività familiare e sulla vita privata (tutelate dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell Uomo e, ad avviso del giudice, non sufficientemente considerate con l'applicazione delle tabelle di legge). Senza dubbio l'art. 139 del codice delle assicurazioni presenta alcuni problemi interpretativi. Anzitutto occorre precisare che le somme liquidate mediante i criteri indicati in detta norma sono - contrariamente a quanto affermato in talune pronunce - relative al solo danno biologico comprensivo degli aspetti dinamici e non riguardano in alcun modo il danno morale. L'art. 139, infatti, definisce il danno biologico come la lesione temporanea o permanente all'integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medicolegale che esplica un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito. Nessun cenno viene fatto alla sofferenza interiore che, di tutta evidenza, non è compresa negli importi liquidabili a tale titolo. E' con le sentenze di San Martino delle Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 11.11.2008, n. 26972) che ci si è posti il problema della liquidazione del danno morale "congiuntamente" al biologico. Eppure le Sezioni Unite si sono limitate ad affermare, in merito, che determina duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale - in presenza di una lesione dell'integrità psicofisica - ove quest'ultimo venga automaticamente liquidato in percentuale (da un terzo alla metà) rispetto al primo, con la conseguente necessità di valutare in concreto le effettive sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza. In caso di applicazione delle tabelle di legge, dunque, non è affatto impedita la liquidazione "aggiuntiva" del danno morale che, tuttavia, non può più essere liquidato automaticamente con una percentuale di quanto riconosciuto a titolo di danno biologico.

Non condivisibile, allora, è quanto osservato dalla Cassazione nella già citata pronuncia del 2011 (Cass. 7.6.2011, n. 12408) nella parte in cui si afferma che, nel caso di lesioni derivanti dalla circolazione di veicoli a motore e di natanti, il danno morale deve essere contenuto nell'aumento massimo di un quinto. Preferibile è il diverso orientamento espresso nel 2012 dalla medesima Corte, sezione lavoro, per la quale la fattispecie del danno morale, da intendersi come voce integrante la più ampia categoria del danno non patrimoniale, trova rinnovata espressione in recenti interventi normativi (tra cui il d.p.r. 3.3.2009, n. 37 ed il d.p.r. 30.10.2009, n. 181), che distinguono tra la "voce" di danno c.d. biologico, da un canto, e la "voce" di danno morale, dall'altro, con la conseguenza che da siffatta distinzione il giudice del merito non può prescindere (Cass., sez. lav., 5.4.2012, n. 5473). Non è pertanto vero che il codice delle assicurazioni impedisce la liquidazione del danno morale e tale lettura dell'art. 139 d. legis. 7.9.2005, n. 209 lo rende conforme ai principi dettati dalla Costituzione. Un più consistente problema si pone con riferimento al danno esistenziale (sia che lo si consideri voce di danno autonoma - come ritengo che sia - o categoria descrittiva): il limite dell'adeguamento equitativo non superiore ad un quinto vale per ogni tipo di danno esistenziale-biologico? Come accennato, la definizione del danno biologico contenuta nel codice delle assicurazioni coinvolge gli aspetti dinamici della lesione ed il danno esistenziale è, innegabilmente, una categoria più ampia, una sovracategoria comprensiva sia dei pregiudizi esistenziali di origine biologica, sia dei pregiudizi esistenziali non dipendenti da una lesione alla salute. In presenza di una lesione psicofisica sarà probabile (anzi, pressoché inevitabile) il verificarsi di un peggioramento della qualità di vita del leso (aspetto c.d. dinamico) ed in detta ipotesi sussiste una sovrapposizione tra danno biologico e danno esistenziale (che non potrà essere liquidato una seconda volta, ma dovrà essere compreso nell'aumento di un quinto). Tuttavia, se la lesione ha cagionato particolari mutamenti in senso negativo nella vita di tutti i giorni comportando modifiche non strettamente correlate a quel tipo di danno fisico, allora sussisterà un ulteriore pregiudizio tale da richiedere una separata valutazione e liquidazione (anche oltre i valori di cui alle tabelle di legge). Il risarcimento di una lesione che ha conseguenze dinamiche (anche non standard) ben può essere limitato ad un aumento di un quinto secondo quanto previsto ex art. 139 del codice delle assicurazioni e ciò in quanto una microinvalidità, di norma e salvo prova contraria, non comporta rilevanti (ulteriori) conseguenze nella vita del leso. Se, invece, il fatto illecito ha impedito alla vittima lo svolgimento di particolari attività non legate intrinsecamente alla lesione e non sostituibili con altre del medesimo valore (ad esempio la rottura di una gamba patita da un anziano il quale, in conseguenza di ciò, non potrà più andare a trovare la figlia invalida che abita all'altro capo della città), allora il danno - ulteriore e tipicamente esistenziale - dovrà essere provato (non presunto) e, quindi, autonomamente valutato e liquidato in via equitativa. In sostanza si tratta di verificare se il pregiudizio (esistenziale) non è strettamente legato e proporzionato alla lesione psicofisica e se costituisce un danno autonomo, nel qual caso sarà risarcibile a prescindere dall'entità e dalla monetizzazione della lesione alla salute. Così interpretando l'art. 139 del codice delle assicurazioni è ben possibile ritenerlo conforme alla Costituzione. 4. L'aspetto dinamico di una lesione. Nel caso di specie - così risulta dalla motivazione - la vittima del sinistro svolgeva molti sport - windsurf, calcio, football americano, vela e spinning - e nell'ordinanza in commento si afferma che è "fatto notorio" che le intense attività sportive praticate in maniera amatoriale dal danneggiato siano da ritenere in parte compromesse in seguito alla lesione accertata (che non consentirebbe più di praticarle allo stesso livello).

Dalla lettura della motivazione, però, non è dato comprendere se vi sia stata un'approfondita indagine medico-legale in tal senso. Non si può fare a meno di rilevare che nel caso di specie si è in presenza di un'invalidità permanente piuttosto contenuta, per cui è necessaria la prova positiva (ovvero non basata sulla semplice presunzione) degli aspetti dinamici "non standard" della lesione. Se la vittima subisce un'invalidità permanente del 30% o anche del 20% ad un arto, è di certo probabile che la stessa non possa più praticare - del tutto o allo stesso livello di prima - taluni sport. Una microlesione, invece, non sempre (anzi, di rado) pregiudica le attività della vittima e, dunque, detto pregiudizio dovrà essere debitamente provato. 5. Il costo di una polizza auto. Altro punto essenziale della pronuncia in esame riguarda la (innegabile) disparità di trattamento tra la vittima di un sinistro derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti e la vittima di altro fatto illecito. E' possibile una tale differenza nel risarcimento del danno? A questo interrogativo aveva già fornito una risposta la Corte di Cassazione (Cass. 7.6.2011, n. 12408). In detta sentenza la Corte ha osservato, con riferimento all'art. 139 del codice delle assicurazioni, che la ratio legis della disparità è da individuare nel fine del contenimento dei premi assicurativi anche tenuto conto del fatto che i costi complessivamente affrontati dalle società di assicurazione per l'indennizzo delle micropermanenti sono superiori a quelli sopportati per i risarcimenti da lesioni comportanti postumi più gravi. In merito il Tribunale di Tivoli è giunto a dubitare dell'utilità dell obbligo a contrarre per i malfunzionamenti del sistema risarcitorio in genere ed anche per la politica imprenditoriale tenuta da molte società di assicurazione che avrebbe portato all'innalzamento insostenibile dei costi, specie in alcune zone del Paese. Per il giudice, inoltre, sarebbe da attribuire alla modulistica contrattuale non favorevole alla parte debole, alle limitazioni ed alle franchigie di polizza, alla normativa in materia ed al frequente diniego dei risarcimenti operato dalle società di assicurazione, la necessità di ricorrere a "lunghi, costosi e faticosi iter giudiziari". In questi passaggi l'ordinanza, per molti versi apprezzabile, presta il fianco a qualche critica. Temo che gli alti costi delle polizze in alcune Regioni, i malfunzionamenti del sistema risarcitorio, la lunghezza ed il non perfetto funzionamento dell'iter giudiziario ed il numero di cause instaurate abbiano più di un padre noto. Inoltre è un dato oggettivo che nel nostro Paese vi è un'anomala frequenza di microlesioni invalidanti rispetto ad altri nostri vicini europei (e non credo che gli italiani siano fisicamente più fragili degli altri). Il problema del costo delle polizze in un mercato regolato dall'assicurazione obbligatoria appare certamente complesso (più di quanto emerge dall'ordinanza). E' ovvio che un danneggiato è più felice se viene risarcito con una somma superiore a quella indicata nel codice delle assicurazioni (o anche nelle tabelle milanesi) così come è evidente che nessuno vorrebbe pagare premi elevati per circolare sulle strade, ma le due cose - come una coperta troppo corta - sono strettamente correlate. Neppure credo che sia una soluzione praticabile porre a carico dell'assicurato la differenza tra le somme riconosciute in forza delle tabelle milanesi e le somme liquidate ex art. 139 del codice delle assicurazioni: così facendo si perderebbe il senso dell'assicurazione obbligatoria e, molto probabilmente, ogni automobilista si vedrebbe costretto a stipulare altra polizza aggiuntiva non obbligatoria e dai costi presumibilmente molto elevati. E' pur vero che per le micropermanenti gli importi potrebbero essere aumentati dal legislatore, così come potrebbe essere aumentato il margine di discrezionalità del giudice, ma una riforma in tal senso non può prescindere da altri contemporanei interventi volti a limitare il risarcimento di danni inesistenti.

Di certo, e questo non emerge nell'analisi contenuta nell'ordinanza in commento, sarebbe auspicabile un maggiore rigore, da parte di tutti gli addetti al settore (giudici compresi), nel valutare le microinvalidità. A conferma dell'esistenza di tale problema lo stesso legislatore, con la l. 24.3.2012, n. 27, ha introdotto alcune modifiche all'art. 139 del codice delle assicurazioni precisando che le lesioni di lieve entità che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente ed ha stabilito, altresì, che il danno per lesioni di lieve entità è risarcito solo a seguito di riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l'esistenza della lesione. La norma non ha una felice formulazione (pur potendo essere costituzionalmente interpretata), ma l'intento del legislatore è chiaro, così come è ovvia la causa del suo intervento. 6. Il giusto valore del danno biologico. La lettura dell'ordinanza del Tribunale di Tivoli offre lo spunto anche per meditare sul valore del danno biologico. Essendo impossibile riportare il leso nello stesso stato in cui si trovava in precedenza, il risarcimento consiste - in estrema sintesi - nel procurargli, tramite il denaro, dei vantaggi con i quali compensare gli svantaggi cagionati dalla lesione. Ebbene, a chi spetta stabilire quale sia il giusto quantum del risarcimento? A mio avviso la somma base (comprendente l'aspetto dinamico standard) dovrebbe essere indicata dal legislatore - e non dal singolo Tribunale - proprio per la diversità di funzioni tra i due poteri dello Stato. Non si tratta certo di una critica alle tabelle milanesi, che sono ottimamente realizzate, ma di una necessaria ripartizione di funzioni. E' poi necessario che il singolo magistrato possa operare un adeguamento di tali somme in base al caso concreto (con limiti più elastici di quelli indicati nel codice delle assicurazioni) al fine di procedere all'integrale risarcimento del danno alla persona, elemento, quest'ultimo, sottolineato dalle stese Sezioni Unite nelle sentenze di San Martino. Nel creare le tabelle di legge il legislatore, pur con i correttivi ritenuti opportuni, non deve però trascurare di prendere in considerazione le tabelle più diffuse (quantomeno come parametro di riferimento) o ignorare quanto fino ad oggi è stato fatto in sua vece (ed il regolamento recante la tabella delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra dieci e cento punti di invalidità, approvato dal Consiglio dei Ministri il 3.8.2011, non sembra proprio un buon avvio).